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COMPARTO CASEARIO
“C
ostruzione di scenari alternativi per l’azienda da latte del 2030”, più conosciuto con l’acronimo Innova Latte 2030, è un proget- to biennale di ricerca finanziato dalla Regione Emilia-Romagna e coordinato dal Crpa che si è posto l’obiettivo di capire quale sarà l’evoluzione del settore lattiero-caseario e, in particolare, degli allevamenti emiliano-romagnoli nei prossimi 20 anni. Partner del progetto sono state l’Università di Bologna, l’Università olandese di Wageningen e la Fondazione Rosselli, mentre InterPuls, azien- da reggiana operante nella componentistica per gli impianti di mungitura, ha collaborato e sostenuto l’iniziativa.Per meglio comprendere quale fosse lo status quo delle aziende e interpretare i possibili cambiamen- ti sono state condotte analisi approfondite in sei aziende campione. Le indagini hanno riguardato:
1) i costi di produzione (con l’utilizzo del software Milk Money);
2) il benessere animale (con il metodo IBA);
3) l’impronta di carbonio (Carbon footprint).
In questo articolo vengono riportati i risultati rela- tivi all’analisi dell’impronta di carbonio correlato alla produzione di latte in due aziende che produ- cono latte alimentare in pianura (LA1P, LA2P) e
“Innova latte 2030” svela
l'impronta di carbonio
STEFANO PIGNEDOLI LAURA VALLI ALBERTO MENGHI CRPA spa, Reggio Emilia
Un progetto per quantificare l’impatto dei gas serra in sei aziende. I risultati evidenziano l’importanza dell’alimen- tazione, le tecniche colturali e le emissioni enteriche.
Tab. 1 - CaraTTerisTiChe delleaziende Campione.
AzIENDE produzione kg latte/anno n. vacche kg/vacca/anno
Azienda 1 pianura (LA1P) Latte alimentare 602.160 75 8029
Azienda 2 pianura (LA2P) Latte alimentare 4.715.000 596 7911
Azienda 3 pianura (PR1P) Parmigiano-Reggiano 400.000 80 5000
Azienda 4 pianura (PR2P) Parmigiano-Reggiano 1.250.000 137 9124
Azienda 5 montagna (PR3M) Parmigiano-Reggiano 1.150.000 170 6765
Azienda 6 montagna (PR4M) Parmigiano-Reggiano 500.000 70 7143
LA= latte alimentare; PR=Parmigiano-Reggiano; P=pianura; M=montagna
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cerca e sperimentazione
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in quattro aziende che producono latte per la tra- sformazione in Parmigiano-Reggiano, delle quali due in pianura (PR1P, PR2P) e due in montagna (PR3M, PR4M) (tabella 1).
Calcolare l’impronta di carbonio significa quan- tificare le emissioni di gas serra (Greenhouse gas o GHG) correlate a una determinata produzione, misurandole in termini di emissioni di CO2 equi- valente. La CO2 equivalente è un’unità di misura che permette una valutazione aggregata di tutti i gas che di fatto contribuiscono all’effetto serra e che, per le produzioni agricole, sono - oltre alla
CO2 - il metano e il protossido di azoto. L’unità funzionale, ossia l’unità di riferimento rispetto alla quale sono stati determinati gli impatti ambientali ed energetici, è il chilogrammo di latte prodotto.
Confini del sistema
e valutazione dell’impatto
Per il calcolo dell’impronta di carbonio i confi- ni del sistema a monte dell’azienda includono gli input principali che riguardano la produzione del latte, mentre a valle ci si è fermati ai cancelli dall’azienda (from cradle to gate, cioè dalla culla al cancello), ossia non si sono considerati i processi di trasporto e trasformazione che avvengono al di fuori dei confini aziendali e, quindi, non stretta- mente connessi con la produzione di latte.
Le analisi sono basate sul Life Cycle Assessment o LCA, cioè l’analisi del ciclo della vita di un pro- dotto con il calcolo delle emissioni in atmosfera di CO2 equivalente.
Per il calcolo dell’impronta del carbonio è stato utilizzato il programma SimaPro 7.3.2, con il me- todo IPCC 2007 GWP 100a (Global Warming Potential, cioé l’impatto sull’effetto serra valutato su un arco temporale di cent’anni).
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Analisi dei risultati
In tabella 2 sono riportati i risultati ottenuti in ter- mini di emissioni di CO2-eq riferiti alla produzio- ne di un chilogrammo di latte, per le diverse realtà sottoposte ad indagine.
I valori rilevati sono compresi tra il minimo di 0,864 kg CO2-eq/kg latte e il massimo di 0,978 kg CO2-eq/kg latte, con una differenza del 12%.
Le aziende che hanno registrato i valori di emis- sioni GHG per kg di latte più elevati sono state quelle poste in zone di montagna (PR3M, PR4M).
In entrambe queste aziende è presente un impian- to di essiccazione del foraggio sfuso. Ciò comporta un aumento della spesa energetica dovuto alla tec- nica di essiccazione in due tempi, che prevede una fase di essiccazione in fienile. Inoltre i terreni decli- vi, le maggiori difficoltà nei trasporti, unitamente alle minori rese produttive, comportano inevitabili maggiori oneri relativi ai consumi di gasolio, con aggravi in termini di emissioni GHG.
Le due aziende che producono latte per Parmigia- no-Reggiano localizzate in pianura presentano, di conseguenza, valori inferiori alle aziende di mon- tagna: in media 0,916 kg CO2-eq /kg di latte per le prime, contro 0,973kg CO2-eq /kg di latte per le seconde.
Il valore più basso stimato per l’azienda PR1P è at- tribuibile al fatto che qui la fertilizzazione è basata esclusivamente su concimi organici e la razione ali- mentare prevede un minor uso di mangimi con- centrati. Inoltre le emissione enteriche delle bovine sono risultate inferiori alla media a causa della loro minore produttività.
Se si confrontano le due aziende di pianura che pro- ducono latte alimentare con le due di pianura che producono latte per Parmigiano-Reggiano non si notano significative differenze: le emissioni GHG per kg di latte sono in media di poco inferiori nelle prime: 0,899 contro 0,916 kg CO2-eq /kg latte.
Con il calcolo delle emissioni riferite all’unità di prodotto, oltre al livello degli input energetici e di mezzi tecnici, entra in gioco, nel determinare le emissioni, anche il livello produttivo: a parità di input tecnici, produzioni elevate permettono di ottenere significative riduzioni delle emissioni poi- ché queste vengono diluite su quantità maggiori di prodotto. Nelle stalle per latte alimentare, a fronte di maggiori impatti per input e per lavorazioni, si deve quindi considerare la migliore produttività per capo: circa 8.000 kg latte/capo/anno contro i 7.000 kg latte/capo/anno delle aziende da Parmi- giano-Reggiano.
Nel grafico 1 si evidenzia come, in percentuale, le emissioni dirette degli animali, ossia le emissioni
enteriche, e quelle derivanti dalla produzione degli alimenti presentano i fattori di maggiore impat- to. Più basse risultano le emissioni delle deiezioni e quelle derivate dall’utilizzo delle strutture per la gestione delle operazioni di stalla, dai servizi sani- tari e dai rifiuti.
Le variabili aziendali sulle quali si può agire
Questa analisi, anche se limitata in termini di nu- mero di casi analizzati, permette di capire su quali variabili aziendali è possibile agire per ridurre si- gnificativamente le emissioni GHG nei limiti ter- ritoriali e di filiera in cui l’azienda opera.
È necessario, dunque, concentrarsi sugli aspetti le- gati all’alimentazione, limitando ad esempio l’uso dei concimi di sintesi a favore della concimazione organica e mediante una ottimizzazione nell’uso degli effluenti di allevamento, scegliendo mangimi concentrati di provenienza locale e optando, ove possibile, per tecniche colturali che prevedono la minima lavorazione del terreno e un’accurata ge- stione delle rotazioni.
È possibile, inoltre, agire anche sulle emissioni da deiezione, soprattutto sfruttando il recupero ener- getico con impianti per la produzione di biogas.
CATEGORIA D’IMPATTO IPCC GWP 100°
Unità kg CO2-eq/kg latte
LA1P 0,864
LA2P 0,933
PR1P 0,879
PR2P 0,953
PR3M 0,968
PR4M 0,978
LA= latte alimentare; PR=Parmigiano-Reggiano;
P=pianura; M=montagna
Tab. 2 -
emissioni diCo2-eq
perkgdilaTTe.
graf. 1 - peso perCenTuale dellediverse CaTegorie
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