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INCUBO DI UNA NOTTE DI MEZZA TEMPRA

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Academic year: 2022

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I

NCUBO DI UNA

N

OTTE DI

M

EZZA

T

EMPRA

Era una Notte qualsiasi per me. Un classico giro sulla Tempra per scaricare la tensione settimanale del lavoro e per combattere l'insonnia che mi attanagliava. Una Notte come tante altre.

Le strade del mio paese non sono numerose quanto quelle di una grande città, ed è quindi molto difficile riuscire a girare per troppo tempo senza annoiarsi e desiderare di fermarsi, soprattutto considerato il caro benzina che non è di poco conto nel momento in cui schiacci sul gas e ti accorgi che le tacchette della benzina saltano. Una, due, tre, e dopo poco ti accorgi che il serbatoio è quasi vuoto, e per questo motivo occorre fare rifornimento. Con un'auto parca e di notevole autonomia come la mia è difficile rimanere a secco obiettivamente, ma la parsimonia va sempre assecondata quando le necessità economiche lo impongono. E così, dopo aver scorso il lungo vialone del mio paese, che costeggia proprio il lago, trovai un parcheggio nella zona alta e optai per una passeggiata. Aprii il vano portaoggetti per infilare il lettore CD, e come lo aprii, notai un pacchetto di sigarette. Che strano per me, io non fumo. Erano del mio migliore amico, un pacchetto ormai vuoto con dentro una sola sigaretta, roba da buttarla via e nemmeno riportargliela. Scesi dall'auto con il pacchetto in mano, chiusi la macchina e mi avviai verso il primo cestino.

Non ho mai capito alcune assurdità italiane, come quella di non mettere i cestini in paese, che se devi buttare qualcosa sei costretto o a lanciarlo per terra, oppure devi farti tutto il centro cittadino prima di trovare un cassonetto. Mi diressi verso il primo cestino che sapevo essere vicino, proprio davanti al lungolago. Camminando, osservavo il pacchetto, domandandomi una sola sigaretta cosa ci stesse a fare, ovvero sia, perché il mio amico non si fosse fumato anche quella, e colto da questi pensieri mi accorsi di aver raggiunto l'agognato cestino. Presi il pacchetto pronto per buttarlo. Ebbi un'incertezza. L'incertezza prese il sopravvento.

"Non fumi Gabri, che cavolo fai?"

Era come una forza curiosa più potente di me. E' strana a descriversi, ma quando una cosa non ti capita mai, davvero non trovi le parole per esprimere quello che provi al momento.

"Gabri, piantala e butta questo pacchetto".

Esitavo. Perché?

"Gabri, butta questo maledetto pacchetto!!!!!!!".

Come l'ultimo pensiero scorse nella testa, avevo aperto il pacchetto ed estratto l'unica sigaretta. A posto con la coscienza, avevo buttato il pacchetto, ma mi ero tenuto la sigaretta. Da semi piromane che sono, tengo sempre con me un accendino, che solitamente non ha scopo, tranne bruciare cose inutili, ma in quel caso era destinato all'utilizzo originario per cui era stato progettato; accendere una sigaretta. Come la misi in bocca mi venne da tossire, e mi accorsi che non solo era un'esperienza disgustosa, ma che nemmeno sapevo il motivo per cui lo stavo facendo. Tossii notevolmente, ma insistetti a fumare, con la cenere che mi andava negli occhi e le narici che puzzavano, ma ormai c'ero dentro, dovevo finirla. Camminando camminando, la sigaretta era a metà, ed io ero già nel pieno centro del paese, davanti all'edicola del lago. Mi avvicinai al lago stesso, guardando dalla ringhiera verso il manto lacustre. La sigaretta era finita nel frattempo, e la gettai nel cestino che era proprio accanto. Tossii ancora un po', e poi smisi.

Il cielo era limpido, con una mezza luna a contornare la scena. Il lago era quieto, non un filo di vento in quella Notte di metà Ottobre. E ogni mio pensiero era dedicato al

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lavoro, alla vita in generale e ad ogni cosa futile che potesse occupare la mia mente.

Non era quello lo scenario adatto.

"Cielo, sono davanti a questo splendore di panorama e penso al lavoro?" pensai.

"Devo essere malato".

Lo ero? Forse.

"Passeggiata finita, si torna a casa".

Era finita davvero? Non ne fui così sicuro quando mi voltai.

"Ma che cazzo..."

Era una ragazza, fissa davanti a me. Ma non era una come tante altre; aveva un pesante trucco sugli occhi, stile Kiss se volessi essere diretto nel descriverla. Aveva il rossetto che le contornava le labbra, e due occhi dalle iridi scure dei quali erano esaltate le pupille bianche. I capelli erano di un castano molto intenso, al buio risultavano neri come la Notte. Vestiva con una specie di completino da ballerina, con una gonnellina e delle lunghe calze, ma senza scarpe, e cosa un po' strana, teneva in mano un cilindro.

Tutto il completo era di un solo colore; nero.

Dato che nel fine settimana è abbastanza solito che ci siano feste o cose del genere, qualcuno vestito a quel modo poteva non essere la cosa più strana del mondo; feste, si beve, ci si diverte, e si va in giro per il paese tra amici a fare caciara. E questa signorina non sembrava un'eccezione alla regola, salvo un dettaglio; dov'erano gli amici?

Dopo un secondo di inquietudine, presi la parola;

"'Sera".

Non ricevetti risposta.

Nemmeno un fiato.

"Buona Sera" incalzai.

Nemmeno al secondo tentativo, nessuna risposta, nessun fiato.

Ero al quanto in imbarazzo, e mi sentivo un po' come se non sapessi come uscire dalla situazione. Aspettavo un qualche segno da parte di questa persona, che mi fissava con gli occhi scuri e il make-up pesante senza un'apparente motivo. Ad un certo punto, sembrò muoversi. Portò il cilindro all'altezza del ventre, piegò la gamba all'indietro e abbassò il capo accennando ad un inchino.

Cominciavo a pensare che si trattasse di un mimo, di quelli che non parlano e fanno solo dei gesti per esprimersi; lo interpretai come il suo buona sera e mi divincolai dalla persona. Come le passavo accanto mi seguì con lo sguardo. Me ne stavo andando, e non stavo guardando dietro, ma avevo come la sensazione di essere osservato, e quando mi girai con la coda dell'occhio, notai che la ragazza mi stava effettivamente fissando immobile. Rigirai subito lo sguardo come a far finta di non essermi mai voltato, colto da un imbarazzo inquieto che non sapevo descrivere. Quegli occhi, quel trucco, quel bizzarro completo, erano davvero qualcosa che in quella Notte lacustre non sapevo spiegare. Mi avviai rapidamente verso la mia auto, e mentre camminavo verso la Tempra mi girai numerose volte per vedere che dietro non ci fosse nessuno. Ero come attanagliato da uno strano senso di inquietudine, come se ci fosse una presenza che mi seguiva, ma ero anche consapevole che ero suggestionato dal bizzarro incontro appena avvenuto. La strada mi sembrava molto diversa mentre la percorrevo a ritroso, come se i lampioni non illuminassero poi così bene, e per questo motivo, anziché ripassare esattamente dalla stessa strada di prima, quella del lungolago, poco illuminata, percorsi la strada principale del paese godendo della luce dei lampioni. Vedevo già in lontananza la sagoma del mio veicolo, e sentivo il mio rifugio farsi più vicino. Salii in macchina, girai le chiavi nel quadro e feci rollare i 75 cavalli del mio veicolo, ripresi la strada e feci inversione per tornare indietro. E come feci questo, successe l'inaspettato.

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"Oh, bontà divina".

Cos'era?

Cosa significava?

Volevo una spiegazione logica che non potevo avere.

Inchiodai. Ai 20 orari a cui stavo andando era quasi impossibile, ma mi dette questa sensazione pigiare a fondo il freno per evitare di investire quel qualcuno in mezzo alla strada. E come ne identificai la figura, mi si gelò il sangue. Era lei, la ragazza col trucco da mimo.

I fari della mia auto le davano un'aurea spettrale che era il peggiore degli incubi. Se prima ero convinto che fosse solo una ragazza uscita da una festa, nel momento in cui i fari le si stagliarono contro illuminandola, pensai che fosse un fantasma dei miei incubi più recogniti. Ma razionalizzai. O almeno, ci provai.

"Che diamine succede? Che ci fa in mezzo alla strada."

Non si spostava. Non faceva niente. Solo una cosa; portò il cilindro al ventre, tese la gamba all'indietro e chinò il capo, esattamente come prima.

Ero freddo come un coltello appena tirato fuori da un frigo. Il sangue mi si congelava nelle vene come il freon del condizionatore di un'auto. Fu l'istinto a guidarmi; innestai la retro, presi una bella rincorsa e girai la macchina di 180°, poi innestai la prima e me la filai più veloce della luce. La guardavo nello specchietto retrovisore, sempre lì immobile, senza fare niente, con il suo cilindro in mano, la sua gonnellina, le sue calze nere. Ma non avevo alcuna intenzione di fissarla troppo, perché dal raziocinio iniziale ero passato a terrore indescrivibile incontrollato. Anche se ero nelle stradine di paese, stavo correndo come un pazzo. Imbucai la prima svolta utile a destra, nel tentativo di trovare un'alternativa per tornare a casa. Correvo in strade larghe poco più di due metri e mezzo a circa 40 kilometri orari, con un'auto larga ben un metro e 70, ed ero al limite dal toccare gli specchietti o rifarmi la fiancata, ma quel terrore non se ne andava. Fatto tutto il percorso alternativo per ritornare in centro, scesi dalla parte alta del paese mi ritrovai nel vialone principale. Inchiodai solo mezzo secondo prima di immettermi nella via principale, guardai a destra e sinistra se arrivava qualcuno, poi sgommai in prima e ripresi la mia fuga cieca. Ma da cosa fuggivo effettivamente? Perché scappavo come se fossi inseguito da un mostro? E perché ero tanto suggestionato da quella ragazza mimo? Tutte domande che non avevano tempo per ricevere risposta, mentre a 70 kilometri orari prendevo una curva stretta in pieno centro urbano, e come passò il momento di massima sterzata...

GGGGGNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNN

Inchiodai che più forte non potevo!!!!! La macchina scodò non di poco e si fermò a pochissimi centimetri da quel qualcosa che mi ostacolava il percorso!!!! E chi era?????

Chi era?????????????

Era lei, ANCORA LEI!!!!!!

Portò il cilindro all'altezza del ventre, tese la gamba all'indietro e chinò il capo come in segno di saluto.

"Cielo, tutto questo non può essere vero!!!!!".

Mentre il sudore scivolava lungo la mia schiena e il viso mi si gelava al solo contrasto con la mia temperatura interna, sentii di nuovo quella forza che mi spingeva a innestare la retro e riprendere la mia corsa. Sgommai fino a far bruciare gli pneumatici, innestai la prima e nuovo fumo dalle gomme, almeno metà dei copertoni andati. Mi inserii nell'unica strada libera, che purtroppo era in pieno contromano, ma ero talmente accecato dal terrore che non avevo cognizione di giusto e sbagliato, quello che mi premeva era solo la mia salvezza. Scappavo da qualcosa che non sapevo definire, da

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qualcosa che non aveva senso, da qualcosa che forse non era nemmeno niente di particolare, ma che per me, nel mio assurdo irraziocinio, era il fantasma di un incubo dal quale non riuscivo a svegliarmi. Percorsi circa 400 metri dal luogo dell'ultimo incontro, e mi trovavo a 90 kilometri orari in pieno contromano lungo il secondo viale principale del paese, totalmente incosciente di quello che stavo facendo. Vedevo le auto accanto come figurine immobili, scorrevano velocissime, ma in realtà ero io che sfrecciavo a velocità oscena in contromano, e ormai ero quasi arrivato all'attracco dei traghetti che....

LAMPEGGIANTI AUTO BLU SCURA, SCRITTA CARABINIERI, PROPRIO DAVANTI A ME A SBARRARMI LA STRADA

GNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNNN

Scodai per circa 40 metri, la macchina si mise completamente di traverso e si fermò a 10 metri scarsi dalla Stilo dei Carabinieri. Lasciai una striscia di battistrada lunghissima sull'asfalto, e l'auto dei carabinieri che era preposta a sbarrarmi la strada spalancò le portiere, facendo scendere due agenti armati di Beretta 92FS che non esitarono a intimarmi l'alt.

"Fermo, mani in alto!!!!!! Scendi dal veicolo!!!!!!"

Era quasi un sollievo per me, non sentivo più nemmeno il terrore della presenza.

Quelle pistole spiegate erano la mia salvezza dal mostro ineffabile che mi perseguitava.

Aprii la portiera, alzai completamente le mani e scesi gridando;

"Non sparate, non sparate, sono disarmato e non oppongo alcuna resistenza".

Mi avviai verso di loro senza indugio e misi ben in vista le mie mani. Uno dei due agenti mise nella fondina la Beretta e prese una torcia, che mi puntò contro con un fascio di luce molto potente che quasi mi accecò.

"Ci divertiamo ad andare in contromano eh? Ci divertiamo a fottercene delle leggi!!!"

Quello con la torcia era alquanto facinoroso, quello con la pistola meno.

"Allora, dove cazzo vai a 100 all'ora in contromano, eh????"

Era alquanto fuori di sé, ma lo capivo, si era visto una scatola da 1000 kili di lamiera che quasi gli si sfracellava contro.

"Patente e libretto, dai cazzo!!!!!"

Mentre anche il secondo agente riponeva la Beretta nella fondina, si avvicinarono entrambi a me. Uno guardava il mio veicolo, il secondo faceva attenzione che non avessi armi.

"Abbassa le mani, non fare scherzi, capito????"

Non ero affatto turbato da quanto accadeva, anzi, tutto sembrava normalissimo, e nemmeno me ne preoccupavo.

"Allora, parla, che cazzo facevi sfrecciando in contromano??? Eh, tossico del sabato sera!!!!! Sei sbronzo, vero??? Fa sentire l'alito"

E mentre non avevo nemmeno la forza di proferir parola, il cuore riprese improvvisamente a palpitare.

"Ehi, ma che...."

E la tensione a salire.

"Oh, signorina non c'è niente da vedere".

E l'angoscia mi attanagliava, e non respiravo più, non respiravo, soffocavo...

"Signorina, la prego, si allontani".

E il mio cuore moriva da quanto picchiava forte.

"Signorina, cosa sta facendo??? Ehi Gianni, che cazzo fa, s'inchina, ma chi è????"

E allora non vedevo più niente, se non che la fuga di nuovo...

"Cosa fa in giro a quest'ora, signorina, risponda, cosa fa in giro...."

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BRRRRUUUUUMMMMMMMMMMMM OH CIELO

NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO SANTO

CIELOOOOOOOOOOOOOOO

Una macchina arrivò sfrecciando dalla curva a velocità elevatissima, non sfiorò nemmeno il freno mentre scodò, perse il controllo e si schiantò frontalmente contro i due carabinieri, che furono spiaccicati completamente contro le lamiere della Stilo. La forza d'urto fu tale che la macchina fu spinta 5 metri indietro maciullando i corpi dei due agenti, e gli schizzi di sangue giunsero fino a me. Mi ero allontanato prima dell'impatto, il senso di fuga. Appena si era fermata dalla forza di inerzia ero corso a vedere se c'era qualcosa da fare per il guidatore dell'auto investitrice, ma era tutto inutile; aveva sfondato il parabrezza con la testa ed era stato decapitato dal vetro stesso.

Metà del collo era dentro l'auto, e la restante metà mozzata era sul cofano, con la sua testa grondante di sangue. I corpi degli agenti erano irriconoscibili; erano incastrati dentro le lamiere con tutte le viscere che venivano fuori, e una scia di sangue lunga un paio di metri. Il braccio di uno degli agenti era stato segato dalle lamiere del cofano ed era per terra a pochi metri. Inorridivo, ma il mio senso di angoscia non era dovuto alla scena terribile.

Mi voltai. Proprio dietro la mia macchina illesa. Portò il cappello all'altezza del ventre, tese la gamba all'indietro e chinò il capo, tutto questo sempre fissandomi, con i suoi occhi scuri contornati dal pesante trucco. E senza nemmeno domandarmi cosa volesse, salii in macchina e non pensai troppo al da farsi; innestai la prima, sgasai al massimo di giri e mi defilai più rapidamente possibile.

L'incubo aveva raggiunto livelli indescrivibili, e non ero più in grado di razionalizzare su niente. Presi la provinciale che conduce al paese giusto vicino al mio, sfrecciai lungo questa strada buia totalmente priva di illuminazione prendendo le curve al limite. Non riuscivo a pensare a nient'altro che fuggire, era l'unica cosa che mi veniva in mente, e mentre continuavo a correre più forte che potevo premendo totalmente sul gas, non ero capace di definire nemmeno io il motivo di questo incubo ad occhi aperti, non ero in grado neanch'io di capire se stesse succedendo davvero o se fosse solo il parto della mia mente malata, e forse ero folle, e forse avevo perso la testa, e forse non sapevo nemmeno perché diavolo avevo fumato quella sigaretta o bevuto quella birra, e nemmeno capivo cosa diavolo stavo cercando di fare con la mia fuga ma...

"Oh mio...."

L'entrata del paese era proprio lì.

300 metri da me.

La vedevo coi fari, era proprio davanti al cimitero.

L'entrata del paese era proprio davanti al cimitero.

Ma non era sola.

Non era la sola cosa che vedevo.

C'era anche lei.

Anche lei era davanti al cimitero.

Anche lei era davanti al cimitero che si trova all'entrata del paese.

La vedevo coi fari che si trovava a 300 metri da me proprio davanti al cimitero che si trova all'entrata del paese.

E quando fui più vicino cacciai l'ennesima inchiodata della nottata. La macchina scodò di meno, era più sotto controllo nonostante avessi schiacciato di forza il freno a circa 120 kilometri orari. Tutto questo, per fermarmi giusto a 40 metri da lei. Lei, sempre lei.

Lei sempre lei.

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Lei sempre lei, la figura spettrale che mi perseguitava da tutta la Notte. La figura spettrale vestita con una gonnellina scura, delle lunghe calze nere da ballerina, il trucco pesante che offuscava completamente gli occhi, i lunghi capelli castano scuro e il cilindro in mano. Mai in testa, sempre in mano.

Mentre arrendevole mi fermavo con i fari completamente puntati su di lei, la sagoma scura della mia auto cominciava a riflettere i primi barlumi dell'alba. Fievoli e impercettibili, ma presenti. Il motore ruggiva fiero e combattente, come se non temesse niente e nessuno, e come se non vivesse nel mio stesso arcigno terrore. I 4 cilindri rollavano vigorosi scatenando i 75 cavalli nascosti dentro il cofano, e i fari aggressivi puntavano l'obiettivo senza perderlo di vista. La fiera Tempra bramava vendetta contro l'oscura figura che aveva infestato la mia Notte insonne. La fiera Tempra era pronta a combattere per portare alto il vessillo della vittoria. La fiera Tempra non temeva niente e nessuno, che fosse di questo mondo, o di un qualsiasi universo maligno dal quale la misteriosa figura femminile potesse essere venuta.

La ragazza dei miei incubi ripeté il gesto già collaudato; si chinò, portò il cilindro all'altezza del ventre e tese la gamba all'indietro. Quel nobile quanto inquietante gesto che aveva ripetuto tutta la Notte stava per giungere al termine.

Innestai la prima, sgasai con la frizione premuta facendo ruggire i 4 cilindri del mio bolide, premetti a fondo il gas iniettando tutta la benzina benzina possibile dentro il corpo farfallato e sgommai lanciandomi contro la nera figura. I 40 metri scorsero in un lampo, senza esitare centrai la ragazza che volò dritta sul mio parabrezza coprendo quasi completamente con i lunghi capelli scuri tutta la mia visuale, e con le bianchissime pupille contornate dal nero del trucco mi fissò con uno sguardo demoniaco, uno sguardo che solo il diavolo in persona poteva aver incarnato, uno sguardo che il male stesso non era in grado di descrivere. Non sogghignava, non aveva espressione, non muoveva le labbra e non faceva assolutamente niente, come se nemmeno si trovasse sul mio cofano dopo che l'avevo travolta, eppure in quel suo sguardo c'era qualcosa di luciferino che nemmeno il più folle dei folli riuscirebbe a fantasticare. E come guardavo la sua statica espressione del viso, inchiodai nuovamente facendo volare a parecchi metri di distanza da me la diabolica creatura.

Non ci fu sangue.

Non ci furono grida di dolore.

Non ci furono cambiamenti di espressione.

Cadde a terra e lì rimase.

Non sapevo nemmeno io cosa pensare, se spegnere il motore e scendere dall'auto gridando allo scampato pericolo e all'incubo finito oppure tenermi in all'erta nel caso di una qualsiasi ripresa di vita da parte della figura. E così fu.

La creatura si rialzò. Si sollevò sul busto e rimase guardandosi attorno. Io ero fermo e armato dentro il mio veicolo. Non temevo, almeno in quel momento.

La figura si alzò in piedi e prese a camminare, e mentre io ero già pronto a investirla nuovamente, lei non sembrava preoccuparsi di me. Voltò il suo sguardo verso il cimitero.

Non capivo.

Ero dubbioso.

Si dirigeva con passo fermo verso il cimitero, ne aprì il cancello non so con quale misteriosa magia, e vi penetrò come se nulla fosse. Posteggiai il veicolo a bordo strada.

Scesi dalla Tempra e, seppur con un certo timore nell'entrare dentro un cimitero a quell'ora, seguii la misteriosa figura. La vidi svanire dentro una tomba di famiglia.

Avevo lasciato la Tempra con la portiera aperta, casomai si presentasse la situazione di

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dover fuggire. Mentre ero all'ingresso del cimitero, notavo tutti i lumini accesi che creavano l'ambiente inquietante e spettrale. Era una scena che nemmeno io stesso sarei stato in grado di concepire se non l'avessi vista, e il terrore che in quel momento bloccava le mie gambe mi impedì di seguire la figura fin nel suo luogo di rifugio, rimasi pertanto lì, all'ingresso di quell'ospizio per cadaveri, fissando tutto e niente, nell'attesa che forse qualche altra mostruosità sbucasse da una tomba qualsiasi.

"Magari non era sola, magari ce ne sono delle altre"

Ma il mio pensiero fu subito offuscato da un suono forte e acuto che proveniva da fuori, un suono che solitamente suscita timore in chi lo sente, ma che per me non aveva niente di inquietante o terrificante, pur essendo negativo per me in quello specifico contesto. I lumini cominciarono a riflettere un po' di blu, nel cuore di quella Notte avida di stelle.

Circondarono la mia auto, bloccarono completamente ogni via di fuga, e come mi apprestavo ad uscire mi ritrovai contro circa 15 bocche di fuoco, pronte a perforarmi alla prima mossa sbagliata. Ma io di mosse sbagliate non ne avevo da fare. Uno degli agenti si era già preoccupato di togliere le chiavi dal quadro della mia Tempra, mentre due, con le pistole ben spiegate, mi si avvicinavano farfugliando cose che non capivo, e mentre le mie mani erano alzate, loro me le portarono dietro la schiena e mi ammanettarono. Un carro attrezzi era già pronto a portare via la mia Tempra e mentre sedevo sul sedile posteriore della Stilo dei carabinieri, potevo vedere il cavo che la caricava a bordo.

Mi hanno fatto 1000 domande alle quali non ho saputo rispondere, e al termine del tutto l'unica accusa che è rimasta in piedi contro di me è stata quella di omissione di soccorso, con l'attenuante che soccorso o meno, tutti coloro che erano rimasti coinvolti nel terribile incidente in pieno centro Laveno erano deceduti sul colpo, e quindi ogni mia azione era superflua. Sapevano di me solo perché qualcuno aveva segnalato una grossa berlina scura allontanarsi dal luogo dell'accaduto, ma niente di più. Sarei stato libero nel giro di poche ore, con una multa da pagare o qualcosa di simile. Ma questo non mi angustiava affatto.

Per niente.

No, perché mentre io mi trovo nella mia comoda cella, con tutti i comfort possibili in attesa di essere rilasciato, ho avuto modo di scrivere quanto mi è accaduto e assolutamente non mi è mancato niente, nemmeno la compagnia. Sì, perché in tutto il mio "soggiorno" in gattabuia ho avuto la compagnia silenziosa e assolutamente deliziosa di qualcuno che non sembrava intenzionato a lasciarmi in pace, a quanto denotavo. E ormai, mi ci ero abituato. Ormai era la consuetudine. Ormai mi ero abituato alla consuetudine di quel suo gesto;

"Portare il cilindro all'altezza del ventre, tendere all'indietro la gamba e chinare il capo in un gentile e nobile saluto".

Gabriele Funaro, Notte del 14 Ottobre 2010

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