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85 /20 16 pu bb l. il 0 6 /1 2 /2 0 1

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(1)

N. R.G. 2001/2015

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D’APPELLO DI BARI La Corte di Appello di Bari, Prima Sezione Civile, composta dai signori magistrati:

1. Dott. Vittorio Gaeta - Presidente 2. Dott. Teresa Liuni - Consigliere

3. Dott. Maria Mitola - Consigliere rel./est.

riservata la causa all'udienza del 12 luglio 2016 ha pronunziato nel procedimento n. 2001/2015 RG la seguente SENTENZA

Sull'appello proposto con atto di citazione notificato il 20 maggio 2016 da:

ministero dell'interno; COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BARI (Avvocatura Distrettuale dello Stato),

CONTRO

, nata nelle Mauritius il 28.09.1971 (Avv. STRAZIOTA Angela)

avverso l'ordinanza del Tribunale di Bari, emessa il 12.11.2015 nel giudizio n. 1948/2015.

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato il 12.02.2015, , proveniente dalle MAURITIUS, deduceva che, premesso che la competente Commissione le aveva ingiustamente negato il riconoscimento della protezione internazionale, aveva adito il Tribunale di Bari chiedendo di riconoscerle, in riforma della predetta decisione, in via principale, il diritto d'asilo nel territorio dello Stato italiano ex art. 10 della Carta Costituzionale e, in via gradata, il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari; il Tribunale accoglieva il ricorso, disponendo la protezione sussidiaria.

Appella, per la riforma della decisione e l'accoglimento della domanda, il Ministero dell'Interno e la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Bari, denunciando plurimi motivi; il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello ha depositato nota scritta chiedendo il rigetto dell'appello; l'appellata si è costituita in giudizio con comparsa del 11.07.2016, contestando l'appello e chiedendone il rigetto.

L'appellante ha eccepito, in primis, l'inammissibilità della domanda sin dal primo giudizio rilevando l'impossibilità di contestare ex art. 35 d.lgs. 25/2008 il mancato riconoscimento della protezione umanitaria; ha censurato la decisione del giudice di prime cure nella parte in cui, riconoscendo alla richiedente la protezione sussidiaria, si è pronunciato ultra petita partium, in quanto tale protezione non era mai stata richiesta dalla controparte ed, infine, nel merito, ha rilevato l'errata valutazione, da parte del giudice di prime cure, del

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Sentenza n. 1185/2016 pubbl. il 06/12/2016 RG n. 2001/2015

portato della norma di cui agli artt. 5 e 14 d.lgs. 251/2007, in quanto le circostanze riferite dalla richiedente, poste a fondamento della domanda di protezione, attengono alla sua sfera privata ed economica, non avendo la straniera fatto alcun cenno a situazioni di conflitto interno nel suo paese, comunque inesistenti nella zona di provenienza della stessa e che, infine, alcun ragionevole sforzo aveva compiuto per circostanziare la sua domanda.

Parta appellata, invece, ha eccepito l'inammissibilità dell'atto di appello, sostenendo che essendo stata la notifica effettuata da parte dell'Avvocatura, in data 11.12.2015, presso il precedente domicilio del difensore costituito, e pertanto non andata a buon fine, fosse spirato il termine di 30 giorni dalla comunicazione dell'ordinanza per la proposizione dell'impugnazione.

***

Preliminarmente, va respinta l'eccezione sollevata da parte appellata, circa l'inammissibilità dell'atto di appello per decadenza dei termini previsti dalla legge, in quanto essendo la prima notifica nulla ma non inesistente, con ordinanza del 13.05.2016 questa Corte aveva assegnato nuovo termine per la notifica dell'appello (da effettuarsi entro il 10.06.2016), termine che l'Amministrazione appellante aveva effettivamente rispettato.

Va altresì respinta la censura del Ministero, di inammissibilità della domanda, sul rilievo che la legge, a suo dire, non prevede la possibilità di impugnare davanti al G.O., il provvedimento che non ha riconosciuto la misura protettiva del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

Infatti, "la controversia riguardante la domanda di rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto la situazione giuridica soggettiva dello straniero ha natura di diritto soggettivo, da annoverare tra i diritti umani fondamentali che godono della protezione costituzionale apprestata dall'art. 2 Cost. e dell'art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Tale situazione giuridica non può essere conseguentemente degradata ad interesse legittimo per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo, cui può essere affidato solo l'accertamento dei presupposti di fatto che legittimano la protezione umanitaria, nell'esercizio di una mera discrezionalità tecnica, essendo il bilanciamento degli interessi e delle situazioni costituzionalmente tutelate riservato esclusivamente al legislatore" (Cass. civ., Sez. Unite, 09/09/2009, n. 19393; nello stesso senso, si veda: Sez. Unite, ord. 16/09/2010, n. 19577).

Anche la censura relativa alla violazione e falsa applicazione, da parte del giudice di prime cure, dell'art. 112 c.p.c., nella parte in cui il giudice di primo grado aveva concesso la protezione sussidiaria allo straniero, senza che quest'ultimo, a detta della controparte, ne avesse fatto richiesta, limitando, invece, la propria domanda al riconoscimento di un generico diritto di asilo e in subordine alla concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non coglie nel segno, in quanto, così come chiarito dalla Sentenza n. 14998/2015 della Cass.

Sez V-1: "In tema di protezione internazionale dello straniero, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi dell'art. 14, lett. b) e c) del d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251, non è onere del richiedente fornire una precisa qualificazione giuridica della tipologia di misura di protezione invocata, ma è onere del giudice, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui all'art. 8, comma 3, del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, verificare se la situazione di esposizione a pericolo per l'incolumità fisica indicata dal ricorrente e astrattamente sussumibile in entrambe le tipologie tipizzate di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rientro al momento della decisione".

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Nel merito l'appello è fondato

Nella specie, la straniera, sentita dalla competente Commissione, assumeva d'essere cittadina delle Mauritius, proveniente da Riviere Des Creole, di praticare la religione indu, di aver studiato per sei anni, sino a quando le cattive condizioni di salute del padre, l'avevano costretta a lavorare come sarta in una fabbrica che, però, aveva chiuso dieci anni prima; di essere sposata e di avere un figlio, di essere andata via dal proprio Paese per sottrarsi alle continue violenze che le venivano inferte dal marito, un uomo dedito all'eccessivo consumo di alcool, nonché molto violento; che anche la cognata ed altri membri della famiglia del marito la picchiavano quotidianamente per motivi religiosi, in quanto la richiedente era di religione indù, mentre, il marito e la relativa famiglia erano Tamil; di aver trascorso una vacanza in Italia per un mese e mezzo, in compagnia di una signora, nell'anno 2010, ma di essere ritornata nel suo Paese, nonostante i problemi con il marito fossero, all'epoca, già gravi; di essere emigrata in Italia, successivamente nel 2012, dopo aver affidato il figlio a suo fratello ma costui non aveva i mezzi per assicurare al figlio la possibilità di studiare; se avesse potuto non avrebbe più lasciato il suo Paese.

Così era fuggita poiché non poteva più sopportare di essere picchiata dal marito e dalla famiglia di quest'ultimo, e perché temeva che il figlio, vedendo come il padre trattava la mamma, potesse, un giorno, imitarlo.

Si rileva che la Commissione territoriale di Bari non ha riconosciuto la meritevole di protezione sia in considerazione della genericità, lacunosità e contraddittorietà dei fatti descritti sia in considerazione della radicale carenza di qualsivoglia riscontro tale da fondare un giudizio di verosimiglianza del denunciato pericolo.

Il Tribunale di Bari, invece, aveva riconosciuto il diritto della richiedente alla protezione sussidiaria, sulla base della circostanza per cui la stessa ritornando in patria, si sarebbe trovata in una situazione di peculiare debolezza e difficoltà nell''esercizio dei suoi diritti fondamentali ed esposta al rischio effettivo di un danno particolarmente grave.

La Corte, contrariamente alla decisione del Tribunale, ritiene che la vicenda narrata dalla richiedente sia incoerente e contraddittoria. Infatti la medesima, in sede di audizione personale, prima afferma aver subito un matrimonio combinato, ma poi ammette di essersi sposata in modo del tutto libero; dichiara di aver lasciato per la prima volta il suo Paese nel 2012 quando, in realtà, era giunta in Italia per la prima volta nel 2010 e, in tale periodo, nonostante i rapporti con il coniuge si fossero già irrimediabilmente deteriorati, aveva deciso di ritornare nel proprio Paese, a dimostrazione del fatto che godeva di sostanziale libertà di movimento; la descrizione fornita dalla richiedente è, altresì, priva di un qualsiasi riscontro nella parte in cui non ha indicato alcuna plausibile ragione per ritenere che le Autorità del Paese di origine non avessero o avrebbero potuto proteggerla dalle minacce del marito e della famiglia di quest'ultimo.

I fatti allegati pertanto non palesano alcuna delle condizioni richieste per la concessione della protezione internazionale né del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Pertanto la situazione illustrata da i non contiene alcun elemento utile per ritenere concedibile lo status di rifugiato o il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. A conforto di tale assunto soccorre altresì la circostanza che la richiedente, a fronte di un ingresso in Italia nel mese di marzo dell'anno 2012, si sia risolta a presentare istanza di protezione internazionale solo in data 03.07.2014, evidentemente perché alla ricerca di migliori condizioni di vita.

Da:GAETAVITTORIOEmessoDa:ARUBAPECS.P.A.NGCA3Serial#:3eb7477bfd9c9ff94245b72ec560c321-FirmatoDa:MITOLAMARIAEmessoDa:POSTECOMCA3Serial#:5bebd

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Sentenza n. 1185/2016 pubbl. il 06/12/2016 RG n. 2001/2015

Inoltre va ribadito, quanto alla richiesta di protezione sussidiaria, come l'art.14 del d.lgs. 251/07 attribuisce il diritto di protezione sussidiaria in caso di danni gravi rappresentati da "condanna di morte o all'esecuzione della pena di morte", "tortura o altra forma di trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine", "minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale".

In ogni caso deve trattarsi di atti persecutori o rischi gravi che riguardano direttamente il richiedente non potendosi fare riferimento al solo contesto nazionale del paese di provenienza.

Si osserva inoltre che, sempre con riferimento all'invocato riconoscimento della protezione sussidiaria, nelle MAURITIUS allo stato attuale non si assiste ad un conflitto armato in atto e la tolleranza religiosa consente alle varie comunità di interagire in un clima di massimo rispetto della libertà religiosa, tale da non giustificare la concessione della invocata protezione sussidiaria.

D'altra parte, come chiarito dalle sentenze Diakitè del 30.01.2014 della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e, prima ancora, dalla sentenza Elgafaji del 17.02.2009, anche la sola esistenza del conflitto armato è elemento idoneo a giustificare la protezione sussidiaria, misura comunque di carattere eccezionale, non già di per sé ed in modo autosufficiente, ma nella misura in cui si rilevi che gli scontri armati in atto costituiscano una minaccia grave ed individuale alla vita del richiedente asilo.

Conseguentemente, al cospetto della vicenda narrata, intrinsecamente poco conferente rispetto all'esistenza delle situazioni sopra descritte, non si ritiene sussistano le condizioni per la concessione di tale protezione.

Va, quindi, riformata l'ordinanza del Tribunale oggi impugnata con conseguente conferma del provvedimento del 13.11.2014 emesso dalla COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BARI di rigetto della domanda di protezione internazionale e umanitaria.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

In accoglimento dell'appello del Ministero dell'Interno e in riforma dell'ordinanza del Tribunale di Bari del 12.11.2015 nel giudizio n. 1948/2015, rigetta integralmente la domanda proposta da MOOTTEN Sandia.

Condanna alla rifusione delle spese di giudizio in favore del Ministero appellato che liquida in

€ 2.000,00 oltre rimborso forfettario nella misura del 15% e ulteriori accessori di legge.

Così deciso in data 21.07.2016 Il consigliere estensore (dr. Maria Mitola)

IL PRESIDENTE (dr. Vittorio Gaeta)

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