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F I P ro t. C S M n . A -7 1 2 5 2 /2 0 1 6 d el 0 1 /1 2 /2 0 1 6

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Testo completo

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TRIBUNALE ORDINARIO di NAPOLI PRIMA BIS SEZIONE CIVILE

in composizione monocratica nella persona delia dott.ssa Cecilia Cavaceppi ha pronunciato la seguente

ORDINANZA ai sensi deH’art. 702 bis c.p.c.

nel procedimento iscritto al n. 32940 del Ruolo Generale degli affari non contenzioso dell’anno 2014, promossa da

_ » rappresentato e difeso dail’avv.

COPPOLA ANTONIO, elettivamente domiciliato in VIA UMBERTO 1° 34 SANT’ANASTASIA, come da procura in atti;

RICORRENTE CONTRO

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro prò tempore, domiciliato presso la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione intemazionale di Caserta

RESISTENTE CONTUMACE e con l’intervento dei Pubblico Ministero presso il Tribunale

OGGETTO: riconoscimento protezione internazionale

Ragioni di fatto e di diritto delia decisione

Con ricorso depositato il 16.12.2014 ha proposto impugnazione avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Caserta del 01.10.2014, notificato il 19.11.2014 con il quale la Commissione decideva di non rinnovare il parere favorevole alla protezione umanitaria.

Il ricorrente ha chiesto il riconoscimento: a) della protezione sussidiaria; b) della protezione umanitaria.

Deduceva altresi la illegittimità del provvedimento impugnato per violazione della legge 241/1990.

Il Pubblico Ministero è intervenuto facendo pervenire parere scritto.

Il Giudice, sentito il difensore all’udienza del 15 marzo 2016, si è riservato dì provvedere.

Quanto ai vizi di legittimità del provvedimento impugnato si rileva, preliminarmente, che il presente non è un giudizio sull’atto ovvero sulla legittimità de!

provvedimento amministrativo ma un giudizio sul rapporto cioè sulla spettanza o meno del bene della vita richiesto dal ricorrente e quindi il diritto alla protezione internazione nelle sue diverse forme come confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità che

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ha ritenuto che “il giudizio introdotto dal ricorso dell’interessato avverso il rigetto dell’istanza di protezione intemazionale da parte dell’apposita Commissione, non ha ad oggetto il provvedimento amministrativo, bensì il diritto soggettivo dell'istante alla protezione invocata. E infatti la legge (d.igs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 10 cit.) stabilisce che la sentenza del tribunale può contenere, alternativamente, il rigetto del ricorso ovvero il riconoscimento delio status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria, e non anche il puro e semplice annullamento del provvedimento delia Commissione" (cfr. Cass., ord, 9.12.2011 n. 26480) e premesso che con la domanda di protezione internazionale, ancorché indistinta, i! richiedente ha diritto aìi'esame delle condizioni di riconoscimento delle due misure di protezione internazionale, previste nelle Direttive, ma senza escludere la possibilità del rilascio di un permesso sostenuto da ragioni umanitarie o da obblighi internazionali o costituzionali diversi da quelli derivanti dal citato art. 3 CEDU (ormai ricompreso espressamente nella protezione sussidiaria) o da quelli indicati nei D.Lgs. n, 251 del 2007, art, 14, ietl. c), (la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno od intemazionale cfr. Cass. 24.3,2011, n. 6480) nei merito si osserva quanto segue.

In relazione alia domanda di protezione intemazionale limitata alla protezione sussidiaria ed a quella umanitaria, come da domanda contenuta nel ricorso introduttivo, si osserva quanto segue.

Il ricorrente sentito dalla Commissione territoriale il 1.10.2014 il ricorrente ha confermato di essere espatriato nel 2005 a causa del conflitto tra l’etnia bono, di cui faceva parte, e quella degli ashanti conflitto legato alla proprietà di alcuni terreni che gli ashanti rivendicavano come propri; che ne era nato un conflitto in cui erano stati uccisi la madre ed il fratello e non anche il padre, re della città; il ricorrente dichiarava di essere ritornato in patria nel febbraio 2013 per ritornare in Italia nel maggio del medesimo anno per portare la moglie ed i figli ad Accra. Peraltro il ricorrente dichiarava che ritornato nel villaggio “la gente credeva che andassi a reclamare la proprietà di mio padre” morto durante l’assenza del ricorrente nel 2011.

Quanto ai motivi che l’avevano indotto a espatriare e a chiedere la protezione intemazionale ha dichiarato innanzi alla Commissione territoriale di Caserta di essere espatriato per contrasti familiari avuti con la famiglia patema in relazione alia proprietà di un terreno questione non portata all’attenzione delle autorità locali e per la quale il ricorrente ha dichiarato di temere la pratica anche nei suoi confronti della magia nera, ciò che lo aveva indotto a fuggire dal Paese di origine.

Dunque il ricorrente pone a fondamento della domanda di protezione il conflitto familiare con la propria famiglia in relazione alla proprietà di un terreno.

L’art. 3 D.igs. n.251/2007 prevede che neH’esaminare i fatti e le circostanze poste a fondamento della domanda di protezione si debbano valutare principalmente:

a) tutti i fatti pertinenti che riguardano il Paese d’origine al momento dell’adozione della decisione;

b) le dichiarazioni e dì documenti pertinenti presentati dal richiedente, che deve rendere noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o gravi danni;

c) della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente.

Nel caso in cui il richiedente non sia in grado di suffragare con prove taluni elementi delle sue dichiarazioni l’autorità competente a decidere sulla domanda può ritenerle comunque provate se è ragionevole e plausibile che :

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a) il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda;

b) tutti gli elementi pertinenti in suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornitura un’idonea motivazione dell'eventuale mancanza di altri elementi significativi;

e) le dichiarazioni del richiedente sono coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso di cui si dispone;

d) il richiedente ha presentato la domanda di protezione il prima possibile, a meno che egli non dimostri di aver avuto un giustificato motivo per ritardarla;

e) dai riscontri effettuati il richiedente è, in generale, plausibile.

Le dichiarazioni rese dal ricorrente nel corso del procedimento, sfornite di elementi oggettivi di prova legati alla sua situazione personale, presentano problematiche particolari di credibilità, esaminate alia luce dei criteri di cui all’ art, 3 comma 5 D.igs.

n. 251/2007 sebbene non siano stati sollevati dubbi né devono sollevarsi in questa sede, in particolare, sul fatto che il richiedente sia effettivamente originario del Ghana.

Le dichiarazioni rese dal ricorrente in relazione alle motivazioni che lo avrebbero spinto ad espatriare non rilevano ai fini della dichiarazione di protezione sussidiaria.

Non ricorre nel caso in esame alcuna delie ipotesi di cui ail’art. 14 D.igs n.251/2007.

Come si è detto in precedenza il ricorrente non ha narrato episodi della sua vita che possano, ragionevolmente, esporlo alla condanna a morte in caso dì rimpatrio, ovvero a subire trattamenti inumani o degradanti in ciò considerato che il ricorrente in effetti nel 2013 rientrava nel Paese d origine per rimanerci circa tre mesi prima di espatriare nuovamente,

Detto comportamento consente al Tribunale di ritenere poco probabile detto rischio di morte (in caso contrario probabilmente il ricorrente non sarebbe rientrato); si aggiunga inoltre che la circostanza riferita dallo stesso ricorrente che rientrato nel villaggio nel 2013 avrebbe sentito delle voci con minacce di morte nei suoi confronti appare quantomeno generica e non sufficientemente circostanziata.

Ora vero è (cfr. rapporto Ministero Interno Commissione Nazionale Asilo) che in Ghana vi sono ogni anno numerose dispute e controversie sulla proprietà della terra, alcune delle quali si traducono in violenze localizzate; che ci sono tensioni tra e all'interno di alcuni gruppi etnici nelle regioni settentrionali che possono all’improvviso diventare violente; tuttavia le autorità governative stanno lavorando per ridurre il livello di tensione e di violenza in queste aree.

Poco verosimile poi è il narrato relativamente al fatto che il rientro del ricorrente in patria possa essere visto ed interpretato come atto per subentrare nelle terre contese con la tribù degli ashanti.

Seppure si volesse ritenere che il ricorrente fosse il figlio di un chief cioè di un capo tribù, (cfr. Refworld- Ghana; Information on thè chieftaincy process and how peopie are desiooled and enstooled, by whom, and whether thè govemment gets invoived http://www.refworld.org/ciri-bin/texis/vtx/rwmain7docid~3ae6ad8a20 non per questo il suo rimpatrio può determinare sic et simpliciter il diritto a subentrare automaticaticamente nella proprietà delle terre e conseguentemente come atto di rivendica delle medesime.

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Ed invero per come è organizzata la società tradizionale west-africana, non si prevede una successione diretta, similmente a quanto avviene in molte altre società regali; si suole optare, invece, una scelta tra vari pretendenti scelti tra figli e nipoti, e talvolta anche fratelli. La responsabilità della scelta spetta agli anziani della famiglia reale, oppure al consiglio degli anziani delle famiglie più importanti; talvolta anche ai ministri di stato se non, in ultima analisi, ad una donna di rango regale e di una certa esperienza (cfr. Chieftaincy oggi- Il caso dei Ghana, 2003, Alessandro Suzzi Valli:

http://www.anse-egypt.corn/articles/Suzzi- Valli_Chieftainey.pdf).

A ciò si aggiunga la considerazione che se tutti i chiefs sono 'identificati' con un certo territorio, pur tuttavia la famiglia reale non ne detiene sempre il possesso. Molte terre appartengono ad importanti famiglie, ma non a quella reale elemento questo che potrebbe spiegare perché le autorità locali non siano mai state adite dal ricorrente nonostante il conflitto tribale dal medesimo dedotto,

Dunque il quadro sopra riportato appare in contrasto con il narrato del ricorrente, non coerente con le informazioni socio politiche acquisite sul Paese di provenienza ciò che induce questo Tribunale a rendere poco attendibile le dichiarazioni dallo stesso rese, Stante la inattendibilità del narrato deve escludersi tanto il pericolo di esecuzione di una condanna a morte quanto di trattamenti inumani degradanti o di torture.

Parimenti non sussiste in Gana una violenza indiscriminata derivante da conflitto armato e che le principali criticità in detto Paese riguardano l'uso eccessivo della forza da parte delia polizia che ha causato morti e feriti; la detenzione preventiva prolungata;

gli arresti arbitrari di giornalisti; la corruzione in tutti i rami del governo; la violenza contro donne e bambini, tra cui le mutilazioni genitali femminili / escissione (FGM / C);

la discriminazione sociale contro le donne, le persone con disabilità e le persone con HIV / AIDS; gli omicidi etnici e la violenza giustiziera; Sa discriminazione etnica e la violenza di matrice politica; la discriminazione sociale nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT), categorie alle quali il ricorrente risulta estraneo.

Infine non ricorrono i presupposti per il riconoscimento dei gravi motivi di carattere umanitario, ostativi all’allontan amento del ricorrente dai territorio nazionale.

A partire dall’entrata in vigore del decreto legislativo n.25Ì/2G07, che ha introdotto la figura della protezione sussidiaria, l’esame delia posizione del richiedente asilo deve avvenire in modo unitario e complessivo e, ove non vi siano i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, si deve valutare se sussista comunque un obbligo di protezione, in considerazione del rischio prospettato, in base ad aitri impegni internazionali assunti dall’Italia, diversi da quelli riconducibili ai casi contemplati daìi’art.3 CEDU.

In tal caso, ove venga accertata la sussistenza di rischi connessi al rimpatrio non coperti dalPambito di applicazione di tale disposizione, deve essere riconosciuta la forma residuale di protezione, comunemente denominata “umanitaria”.

1 fatti posti a base della domanda in esame rispetto ai quali si possa configurare un concreto rischio di rimpatrio non evidenziano un rischio diverso da quello in astratto riconducibile all’ipotesi di cui afl’art. 3 CEDU, implicitamente ma chiaramente richiamato dali’art. 19 comma 1 D.igs. 25 luglio 1998, n.286 che costituisce la base normativa principale per l’individuazione degli ulteriori impegni di protezione verso i richiedenti asilo che l’Italia ha assunto, accanto a quelli ricavabili dalla sottoscrizione delle convenzioni intemazionali.

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La norma citata “divieti di espulsione e di respingimento. Disposizioni in materia di categorie vulnerabili” così prevede :

1 In nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere reinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione,

2) non è consentita l’espulsione, salvo che nei casi previsti dall’art. 13 comma 1 nei confronti :

a) degli stranieri minori di anni 18, salvo il diritto di seguire il genitore o l’affidatario espulsi;

b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto deìl’art.9;

c) degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana;

d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivo alla nascita del figlio cui provvedono;

2 bis 11 respingimento o l’esecuzione dell’espulsione di persone affette da disabilità, degli anziani, dei componenti di famiglie monoparentali con figli minori nonché di minori, ovvero delle vittime di grandi violenze psicologiche, fisiche o sessuali sono effettuate con modalità compatibili con le singole situazioni personali, debitamente accertate.

Sulla base di quanto emerge dagli atti di causa si deve escludere che il ricorrente rientri tra le categorie di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 19 Testo Unico Immigrazione per le quali è vietata Tespulsione.

Non residuano spazi per la valutazione della ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, non essendo individuabili - in questo specifico caso - ulteriori obblighi internazionali assunti dall’Italia e che il contratto di lavoro occasionale prodotto in atti non assurge di per sé a sufficiente motivo di integrazione in ciò considerato peraltro che detto contratto si riferisce ad un periodo di tempo troppo breve di circa un anno abbastanza risalente nel tempo (2014).

Il ricorso deve, quindi, essere respinto.

Le spese vanno dichiarate irripetibili tenuto anche conto della mancata costituzione in giudizio da parte del Ministero,

All’udienza di discussione, la difesa ha chiesto la liquidazione dei compensi spettanti al difensore del ricorrente, ammesso al gratuito patrocinio.

La richiesta deve essere accolta, e la liquidazione viene effettuata con separata ordinanza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso proposto dù' 'nato in Gana l’Il.Ol.l983;

spese di lite irripetìbili;

liquida il compenso spettante al difensore del ricorrente ammesso al gratuito patrocinio con separata ordinanza.

Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di competenza.

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