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Elenco cause di licenziamento per giusta causa

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Elenco cause di licenziamento per giusta causa

written by Redazione | 13/10/2019

Quando il datore di lavoro può licenziare in tronco senza preavviso:

ecco dove trovare l’elenco e come ricavare i possibili motivi.

Quando si parla di licenziamento, si pensa spesso a un atto arbitrario del datore di lavoro. C’è invece chi, più informato, sa che il licenziamento può avvenire solo al ricorrere di determinate cause e magari ne cerca l’elenco in qualche norma o nel contratto di lavoro. La realtà è a metà: la legge individua solo dei generali motivi da cui può scaturire un licenziamento, ma lascia poi all’interprete – in prima battuta il datore di lavoro e, in caso di contestazione, il giudice – il compito di individuare i casi concreti.

Se ci tieni al tuo posto e non vuoi perderlo, immagino che ti interessi conoscere l’elenco delle cause di licenziamento per giusta causa. Posto che non troverai da nessuna parte un elenco così completo, posso tuttavia darti alcuni importanti informazioni in merito da cui potrai individuare i comportamenti più gravi che comportano la perdita del rapporto di lavoro.

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In verità, non è così difficile intuire in quali casi il contratto di lavoro può essere sciolto. Potresti già pensare al fallimento dell’azienda o, più semplicemente, a una crisi non transitoria con perdita di clientela e di commesse; è altresì il caso di comportamenti gravi del dipendete, posti in malafede, che violano gli impegni contrattuali. Ma oltre a queste ipotesi-limite c’è una “zona grigia” per comprendere la quale è necessario operare alcuni chiarimenti.

Allora se ti interessa sapere come iniziare a stilare l’elenco delle cause di licenziamento per giusta causa non ti resta che leggere qui di seguito.

Che cos’è il licenziamento per giusta causa

Cominciamo dalle definizioni: cosa significa licenziamento per giusta causa?

Volendo spiegare le cose nel modo più semplice possibile possiamo dire che esistono solo due cause di licenziamento:

quello per ragioni legate all’andamento e all’organizzazione dell’azienda: è il cosiddetto licenziamento per giustificato motivo oggettivo che scatta, ad esempio, tutte le volte in cui non ci sono soldi a sufficienza per pagare gli stipendi o quando il capo decide di cancellare le mansioni a cui sei adibito o quando il tuo posto è stato sostituito da un computer o ancora se di te si può fare a meno perché, tutto sommato, le tue mansioni possono essere assorbite da altri colleghi;

quello per ragioni legate al comportamento del dipendente: è il cosiddetto licenziamento disciplinare. In questo caso, non vi rientrano solo le condotte commesse in malafede, ma anche quelle per negligenza e mancanza di cura per la propria attività. Pensa, ad esempio, a tutti quei casi in cui una guardia giurata si allontana dal posto di guardia o quando un lavoratore ruba in azienda; ma è anche il caso di chi finge di essere malato per non andare a lavoro o chiede dei permessi speciali per badare ai genitori disabili per fare invece il ponte.

Nell’ambito del licenziamento disciplinare, si possono aprire due ipotesi diverse:

il licenziamento in tronco o anche detto licenziamento per giusta

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causa, che è quello per condotte talmente gravi da non consentire la prosecuzione del rapporto per anche un giorno. In questo caso quindi non viene dato preavviso e il lavoratore, dal giorno dopo il licenziamento, è tenuto a restare a casa e non riceve più lo stipendio (salvo quello già maturato);

il licenziamento per giustificato motivo soggettivo che resta sempre un licenziamento disciplinare, tuttavia legato a comportamenti meno gravi, ma comunque tali da implicare la risoluzione del rapporto di lavoro. Qui al dipendente viene dato il preavviso.

Quali comportamenti fanno scattare il licenziamento per giusta causa?

Come abbiamo appena detto, il licenziamento per giusta causa racchiude quei comportamenti del lavoratore tanto gravi da far dubitare al suo capo che la successiva prestazione – da erogare durante il periodo di preavviso – possa essere eseguita correttamente. Pensa al caso del lavoratore che finge di essere malato per andare in gita con gli amici o a chi aggredisce fisicamente il proprio superiore.

Se anche, come ti dicevo, non esiste un elenco dei motivi che fanno scattare il licenziamento per giusta causa, la Cassazione ha fornito alcune indicazioni.

Controlla il contratto collettivo di lavoro

Per conoscere l’elenco dei comportamenti che fanno scattare il licenziamento per giusta causa, la prima cosa che devi fare è leggere il cosiddetto Ccnl, ossia il contratto collettivo nazionale di lavoro. Qui, di solito, sono indicate determinate ipotesi che possono consentire al datore di risolvere il rapporto di lavoro. Il fatto che un determinato comportamento sia elencato nel contratto di lavoro come causa di licenziamento non significa che il datore sia tenuto a provvedere in tal senso, potendo anche decidere di “perdonare” il proprio dipendente.

Viceversa, se il Ccnl, nel descrivere un determinato comportamento, prescrive per esso una sanzione meno grave del licenziamento – come ad esempio la sospensione o l’ammonimento – l’azienda non può far scattare il licenziamento.

La regola è, dunque, la seguente: il datore non può mai applicare una sanzione

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più grave di quella prevista dal contratto collettivo ma è libero di applicarne una meno grave.

Ad esempio, se il Ccnl dovesse prevedere, per chi si assenta senza giustificazione per un giorno, la sospensione dal soldo e dal servizio per due giorni, non potrebbe mai essere applicata una sanzione più grave o il licenziamento.

Al contrario, se il Ccnl prevede il licenziamento, il datore può anche optare per una sanzione meno grave.

Dunque il contratto collettivo è il primo documento da cui devi partire per trovare l’elenco delle cause che comportano il licenziamento in tronco.

Se il Ccnl non dice nulla

Che fare, infine, se un determinato illecito disciplinare non viene elencato nel Ccnl?

Qui, la Cassazione è stata più severa. Secondo i giudici supremi, il concetto di

«giusta causa di licenziamento» discende dalla legge, sicché il datore è libero di risolvere il rapporto quando, a suo giudizio, la violazione commessa dal dipendente è sufficientemente grave da recidere ogni legame di fiducia con l’azienda. In pratica, tutto è rimesso alla scelta del datore. Che comunque resta contestabile dal dipendente nei successivi 60 giorni e impugnabile con ricorso in tribunale entro 180 giorni. Sarà poi il giudice a dire se il datore ha fatto bene o male.

Una cosa è certa: la giurisprudenza ha indicato alcune delle cause che comportano il licenziamento per giusta causa. Si tratta di cause che, nella gran parte delle ipotesi, implicano il dolo, ossia la malafede, ma talvolta possono scaturire anche da un comportamento colpevole e imprudente, anche se non volontario (come quello di chi si addormenta, mentre dovrebbe svolgere il turno).

Ecco alcune delle cause che hanno comportato il licenziamento in tronco:

condanne penali collegate a comportamenti particolarmente disdicevoli per l’immagine dell’azienda, anche se non commessi durante il proprio turno;

assenza ingiustificata per più giorni senza comunicazioni al datore o senza invio di certificato medico;

prolungata assenza alla visita fiscale per il lavoratore in malattia;

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falsa malattia;

utilizzo dei permessi 104 per finalità diverse da quella di prestare assistenza al familiare disabile;

svolgimento di lavoro per altra azienda concorrente con il datore di lavoro;

atti di insubordinazione contro il capo o contro i superiori gerarchici come violenze fisiche e aggressioni verbali;

furto in azienda;

utilizzo della cassa senza emissione di scontrini;

prelievo non autorizzato dalla cassa del negozio;

spaccio di droga durante il rapporto di lavoro;

abusi sessuali ai danni di colleghe di lavoro.

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