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Cap. 1.5 – Lo stress e le diverse attività biologiche

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Academic year: 2021

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Cap. 1.5 – Lo stress e le diverse attività biologiche

Nel nostro lavoro consideriamo gli animali in diverse condizioni biologiche e di attività, soffermandoci perciò su uno stress determinato da differenti tipologie di lavoro.

Si possono mettere in correlazione quindi i parametri dello stress con una diminuzione eccessiva delle fonti energetiche muscolari “immediate” (ATP, glicogeno muscolare) e “lente” (glicogeno epatico, grasso, proteine), con l’accumulo progressivo di metaboliti o l’aumento attività enzimatiche potenzialmente tossiche (piruvato, urea, corpi chetonici, LDH), con l’aumento del lattato e della cortisolemia, con le ariazivoni del pH ematico e tissutale ed infine con variazioni di idratazione cellulare e/o del bilancio elettrolitico, in particolare per diminuzione di calcio e potassio intracellulare (dovute a perdite di acqua ed elettroliti). Ne conseguono sofferenze a livello cellulare, sia di tipo funzionale che strutturale.

Molto importante è l’ambiente che può influenzare fortemente la prestazione dell’animale o comunque le sue risposte organiche.

Infatti l’aumento della cortisolemia, del lattato e del piruvato indotto da condizioni stressanti, come visto in precedenza, o da conduzione non adeguata dell’allenamento, determina diminuzione delle performance: in particolare l’aumento del lattato dipende dall’aumento dell’intensità dell’esercizio, mentre quello della cortisolemia dipende dalla durata della prova.

Sono coinvolti anche altri fattori, quali vari parametri enzimatici (CPK, PK, LDH) oltre all’apparato cardiocircolatorio e respiratorio, determinando un certo adattamento funzionale e la glicemia, che inizialmente aumenta (regressione insulinica) per andare poi verso un

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L’insulina infatti è un prodotto delle cellule beta delle isole pancreatiche, la sua secrezione è regolata dai livelli ematici di glucosio ed è il principale ormone anabolizzante nei mammiferi

Ha azione regolatoria su: • glucosio

• glicogeno • grassi • aminoacidi

Aumenta in conseguenza ad iperglicemia, elevata quantità di amminoacidi e cortisolo.

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Diverse sono le condizioni stressanti in cui i può ritrovare un animale, sia di tipo ambientale che patologico.

Nel caso di animali atleti, in cui si cerca di ottenere una buona preparazione atletica, e quindi un certo grado di adattamento fisiologico dell’organismo, occorre un equilibrio tra i vari fattori in modo da ottenere una compensazione nei confronti dello squilibrio omeostatico che si viene ad avere.

Al contrario, nel caso di carichi eccessivi e di insufficienti tempi di

recupero, non solo non si otterranno i risultati cercati ma ci si troverà di fronte ad una “sindrome da sovraccarico”, causa di stress.

Può essere chiamata in causa anche la componente psicologica come nel caso di tensione dovuta ad una prestazione: in questo caso ovviamente concorrono anche le differenze individuali nell’adattarsi ad una determinata situazione.

Se la suddetta condizione persiste nel tempo o il soggetto subisce una sorta di assuefazione oppure sviluppa una avversione che si traduce in stress cronico.

Lo stress può insorgere anche da problemi logistici: raggruppare in un unico luogo, soprattutto se ristretto, più soggetti della stessa specie può portare o all’accettazione dei consimili, e quindi alla socializzazione, oppure alla lotta, come conseguenza dell’istinto di predominio sul territorio.

Soprattutto la seconda condizione è generatrice di stress e le colluttazioni stesse provocano ferite che risultano dolorose e quindi stressanti per l’animale.

Canili con condizioni ambientali sfavorevoli e condizioni igieniche carenti predispongono i cani a patologie, quali la Tracheobronchite infettiva o “tosse da canili”, che possono essere causa di stress.

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Sbalzi di temperatura e l’esposizione a temperature estreme, sia calde che fredde, provocano una forte tensione nel soggetto, così come gradi elevati di umidità che possono provocare disturbi a lvello dell’apparato respiratorio.

Nel caso di permanenza in luoghi in cui viene meno l’igiene e la profilassi insorgono facilmente patologie gastrointestinali e infestazioni da parassiti: Erlichia, Babesia, Salmonella, Escherichia Coli, Ancylostoma Caninum, Trichuris Vulpis e Coccidi.

Ma anche condizioni di nutrizione scarse, dovute ad un’alimentazione che non tiene conto dei reali fabbisogni del soggetto in questione, o di disidratazione, così come pure la stanchezza fisica (come nel caso di cani sottoposti ad attività agonostiche ma mal allenati) hanno effetti negativi sull’animale.

In tutti questi fattori bisogna poi tenere conto della componente individuale poiché diversi soggetti, seppur sottoposti ad eguali condizioni, reagiscono in maniera differente.

Stressori, stimoli o agenti che suscitano la risposta biologica aspecifica del soggetto:

• Ambiente fisico: strutture, pavimentazione, contenimento, alimentazione

• Climatici: temperatura, umidità, ventilazione, microclima, polverosità • Ambiente chimico: presenza di gas, pulizia ambientale

• Malattie cliniche e sub-cliniche: virus, parassiti, infiammazioni.. • Altri: orario e modalita’ manipolazioni, effetto stockman…

Sono stati fatto diversi studi in proposito in svariate situazioni: sono stati valutati i risultati per esempio dopo permanenza in canile (Gazzano et al., 2004), considerando anche eventuali interazioni dell’uomo con l’animale (Beerda et al., 1998), in animali sottoposti a sforzi muscolari e

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ad attività sportiva (Preziuso et al., 2000), in cani in allenamento dopo prove di obbedienza e di attacco confrontandoli con soggetti di controllo. Lo stress conseguente alla permanenza in una canile è una situazione frequente per gli animali.

Vivere in un canile significa spesso isolamento dai con specifici, carenza di contatti con gli esseri umani, mancanza di controllo sull’ambiente e di stimoli.

Tutto questo determina un impoverimento del suo benessere che si manifesta anche con comportamenti stereotipati o anormali.

Per avere una valutazione complessiva della situazione è stato affrontato globalmente il problema considerando:

ƒ stress dei cani al momento dell’ingresso in canile e durante l’adattamento a medio termine tramite osservazioni comportamentali e misurazione del cortisolo fecale e plasmatici

ƒ stress cronico degli animali ospitati da un lungo periodo di tempo tramite l’osservazione dei diversi atteggiamenti

Complessivamente gli studi fin qui condotti hanno evidenziato una fase molto critica per il benessere dei cani al momento dell’ingresso in canile e per i due mesi successivi.

I cani mostrano un adattamento progressivo all’ambiente, ma mostrano anche di migliorare il comportamento a seguito di arricchimento sociale. Questo suggerisce che il benessere dei cani lungodegenti sia impoverito soprattutto per quanto riguarda il contatto umano (Pataccini et al.).

Una visione globale delle problematiche relative al benessere dei cani alloggiati si ottiene attraverso l'analisi della risposta del sistema ipotalamo-ipofisi-ghiandole surrenali HPA (un sistema tipicamente attivato durante fasi di stress) a differenti stadi della permanenza dei cani in canile, come è avvenuto in uno studio effettuato presso il Canile

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La valutazione dello stress che caratterizza questi animali è stata ottenuta attraverso gli adattamenti fisiologici e comportamentali che esso comporta.

La risposta dei cani alla vita di canile, ma anche a qualsiasi altro agente stressante, è molto varia a causa di differenze individuali nel temperamento: per questo motivo, alcuni riescono ad adattarsi al confinamento, altri si sforzano di farlo.

Ne conseguono diversi gradi di stress.

La differenza nella risposta, che i singoli animali riescono a dare, dipende molto anche dalla loro storia precedente.

Nei sette mesi, 159 cani sono entrati al canile, 80 dei quali (52 maschi e 28 femmine) sono rientrati nello studio.

Nella prima fase, quando arriva l’animale al canile (giorno 0), un cane è sistemato in uno dei box singoli della sezione adibita all'isolamento,

dove rimane per almeno dieci giorni.. Trascorsi i dieci giorni, il cane è stato trasferito in uno dei box, spesso

multipli, della stecca di adozione.

Nella seconda fase dello studio, sono stati costruiti tre gruppi distinti per confrontare i dati (comportamentali e fisiologici) di gruppi indipendenti di cani presenti in canile da tempi diversi (pochi giorni, 2 mesi e più di 2 anni).

Questo studio ha evidenziato differenze significative fra il comportamento dei randagi e quello dei cani di proprietà: i cani randagi manifestano meno comportamenti di stress di quelli di proprietà. L'alta concentrazione di cortisolo plasmatico, riscontrato nei cani, indipendentemente dalla loro provenienza, durante i primi dieci giorni di isolamento, è indice dello stress acuto cui gli animali sono stati

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rimangono in canile almeno due mesi, manifestano una diminuzione dei segnali di stress, che però non spariscono, indicando un parziale adattamento comportamentale alla reclusione.

Gli altri comportamenti, invece, non subiscono modificazioni significative, forse perché l'ambiente in cui gli animali si trovano (il box)

non permette loro margini di libertà. Questa diminuzione, nella manifestazione comportamentale dello stress,

è rimarcata da una contemporanea e significativa diminuzione della concentrazione del cortisolo plasmatico e fecale nel tempo.

È importante però ricordare che ognuno di questi cani attua in realtà una particolare strategia adattativa: alcuni riescono ad adeguare il loro comportamento alle risorse a disposizione; altri si adattano passando da uno stato completamente apatico ad uno più naturale; altri ancora sembrano non abituarsi per niente, esibendo sempre maggiori segnali di stress.

I lungodegenti, residenti in canile da almeno due anni, possono essere considerati come un gruppo di controllo che ha trovato un equilibrio nella quotidianità dello stress a cui sono sottoposti. II comportamento di questi cani non differisce sostanzialmente da quello dei cani appena entrati o in canile da due mesi, se non nel minor livello di attenzione, che questi animali prestano agli stimoli provenienti dall'ambiente, e nella minor frequenza di vocalizzazioni. Il quadro complessivo che scaturisce dal confronto fra i cani lungodegenti e gli altri due gruppi non evidenzia un completo adattamento alla situazione, perché i cani continuano a manifestare comportamenti di stress ed hanno un profilo piuttosto apatico.

Questo suggerisce che la vita in canile rappresenta una situazione di stress cronico che impoverisce il benessere dei cani.

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Al contrario, a livello fisiologico si assiste ad una generale diminuzione della risposta.

Il valore medio di cortisolo plasmatico dei lungodegenti è, in realtà, praticamente identico a quello di cani che vivono in famiglia (Hennessy et al. 1997).

Questo riscontro porta ad ipotizzare che, nei lungodegenti, il sistema HPA si sia effettivamente adattato alla condizione. In generale, l'esposizione ripetuta allo stesso agente stressante determina una perdita della risposta di stress che coinvolge la desensibilizzazione agli elementi stimolatori.

Ciò sottolinea l’importanza del dosaggio del cortisolo plasmatico per monitorare lo stato di benessere del cane che può risultare compromesso dalla permanenza in un ambiente particolarmente povero di stimoli sociali o alterato da stimoli che ne aumentino lo stress.

A questo scopo diversi autori hanno effettuato prove con animali provenienti da popolazioni eterogenee o dalla stessa popolazione, con cani di razze differenti o appartenenti alla stessa razza, con soggetti dello stesso sesso o con gruppi misti di maschi e femmine, analizzando i risultati in campioni omogenei o eterogenei per quanto riguarda l’età; in questo modo si è cercato di valutare le variazioni dipendenti da uno o più di questi parametri.

Sono state studiate le risposte a 6 diversi stimoli più o meno avversi di animali eterogenei per quanto riguarda la razza, il sesso, l’età e la storia di vita: i cani sono stati spinti verso il pavimento, tirati attraverso una corda, sottoposti all’apertura di un ombrello con lo sperimentatore che indossava maschera, cappotto e cappello; oppure è stato fatto cadere nel centro del canile un sacchetto; o ancora sono stati applicati suoni di una certa intensità e stimoli elettrici.

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Tutto sempre con l’approvazione del comitato per l’etica (Beerda et al., 1998)

Per quel che riguarda il nostro studio la cortisolemia rappresenta un indice ormonale il cui incremento sembra essere maggiormente correlato alla durata dell’impegno piuttosto che all’intensità dello sforzo, fattore che invece influenza considerevolmente il lattato.

E’ un ormone la cui liberazione avviene specificamente in condizioni di stress, nel tentativo di contrastarlo e di risolverlo.

Nel cane è stato riscontrato un rapporto inverso tra la concentrazione di cortisolo e quella di IgA salivari (correlazione logaritmica negativa), che può perciò essere utilizzata come parametro specifico di valutazione dello stato funzionale dell’animale.

Nei vari studi è stato anche monitorato il ritmo circadiano della secrezione di cortisolo nell’arco della giornata: gi sperimentatori hanno considerato tre gruppi di cani della stessa razza, eterogenei per quanto riguarda il sesso e l’età.

Questi sono stati sottoposti ad attività diverse, quali la comune routine quotidiana senza pressioni fisiche né emozionali, scopi sperimentali (campionamento del sangue) ed operazioni varie (secondo le necessità della polizia) e sono stati analizzati i risultati nell’arco delle 24 ore (Kolevska, 2003).

Altri autori hanno studiato i diversi effetti sul cortisolo in base al tipo di alloggio dell’animale e di esercizio a cui veniva sottoposto.

Anche in questo caso i gruppi (quattro), sono eterogenei per età, peso e figliata (cani della stessa figliata sono stati volutamente separati) ma appartengono alla stessa razza.

Ognuno è stato valutato in base alla propria condizione: nel primo gruppo gli animali sono stati esercitati individulamente, nel secondo

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terzo non sono stati esercitati e l’ultimo gruppo è rimasto nelle gabbie durante il periodo di esercizio (Clark et al., 1997).

Osservazioni delle risposte dopo somministrazione I.M. di ACTH e dopo uno stressogeno naturale (accensione di un aspirapolvere) hanno permesso di confrontare le concentrazioni dell’ormone sia nel sangue che anche nella saliva di 6 fratelli maschi (Vincent et al., 1992).

Alcuni hanno studiato gli effetti sul cortisolo da parte degli ormoni della crescita in cani giovani ed anziani (Bhatti et al., 2005).

Col passare del tempo le discipline sportive in cui viene impiegato il cane sono incrementate, utilizzando varie razze diverse morfologicamente, costituzionalmente e nel lavoro (per quanto riguarda l’entità dello sforzo e la sua durata) (Mariani et al., 1998).

Studi su questo argomento sono stati effettuati anche su altre specie animali, tra cui cavalli sottoposti ad attività sportiva.

L’esposizione ad un evento eccitante (rumori dell’ippodromo) attiva sia il sistema simpatico che la surrenale, mentre esperienze emotive sconosciute (un rumore nuovo) determinano una forte produzione d’adrenalina soltanto da parte del surrene.

In seguito ad un’analisi della correlazione tra sistema simpatico e asse ipofisi-surrene, è stato dimostrato (Mattina et al.,1980) che il livello ormonale iniziale influenza la successiva attivazione del sistema esposto a situazioni stressanti.

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