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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

MACCHINE A DISCHI PER PROVE

DI USURA, LUBRIFICAZIONE,

ATTRITO, PITTING E GRIPPAGGIO

In questo capitolo si riportano le caratteristiche principali delle macchine a dischi, per prove di simulazione del contatto fra le dentature di un ingranaggio, reperibili sul mercato e la loro classificazione in funzione dei parametri operativi, delle misure effettuabili e del tipo di danneggiamento rilevabile.

Successivamente si esegue un'analisi dei parametri operativi delle prove, sia di quelli indipendenti che di quelli dipendenti dal tipo di macchina a dischi da laboratorio usata, e si presentano gli strumenti di misura più idonei degli stessi parametri.

Infine sulla base di quanto visto vengono fornite le motivazioni che portano alla scelta definitiva della macchina a dischi oggetto di progettazione nell'ambito di questa tesi di laurea.

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1.1 LE MACCHINE DI PROVA A DISCHI

Le varie macchine di prova a dischi da laboratorio devono consentire la simulazione delle condizioni reali d'impiego dei lubrificanti e dei materiali nelle più disparate situazioni. Esse non sono facilmente confrontabili tra loro in quanto si differenziano nei carichi e nelle velocità che si possono raggiungere, nel tipo di ambiente che si può realizzare e così via.

La tabella 1-1 pur non esaurendo il numero dei dispositivi di prova da laboratorio esistenti, ne contiene certamente i più diffusi. Per ogni macchina sono riportati:

 Le condizioni operative come la geometria, le caratteristiche dell'accoppiamento meccanico ed il dispositivo di carico impiegato.

 I parametri che possono essere raccolti dai dispositivi di misura installati.  Indicazioni sui provini e sui tipi di prova per le quali la macchina è stata

concepita.

Le figure riportate di seguito ed i riferimenti bibliografici consentono un ulteriore approfondimento delle caratteristiche costruttive e delle prestazioni delle singole macchine.

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Geometria e caratteristiche accoppiamento mecccanico Nome della macchina di prova Sistema di carico Capacita' di misura Provini Tipo di valutazione Note Due dischi ad assi sghembi rotanti. Di Smith. Idraulico o pneumatico.

Spessore medio del meato tramite misura di capacità. Forza di attrito mediante dinamometro. Acciaio. Proprietà tribologiche di olii, grassi e lubrificanti solidi. Vedi figura 1-1. Due dischi ad assi paralleli rotanti. Roller contact fatigue tester. Idraulico o pneumatico. Forza di attrito mediante dinamometro. Pressione di contatto con l'uso di manganina (trasduttore piezoresistivo). Usura. Acciaio AISI 52100. Macropitting e micropitting. Vedi figura 1-2. Due dischi ad assi paralleli rotanti. SAE machine. Molla calibrata.

Forza di attrito tramite dinamometro.

Pressione di contatto con l'uso di manganina (trasduttore piezoresistivo). Usura. Velocità. Acciaio, leghe ferrose e non, plastiche. Grippaggio. Caratteristiche dei lubrificanti per 0 < λ < 3. Riferi. biblio. [1] e [2] Due dischi ad assi paralleli rotanti. Di Bell, Sibley, Orcutt ed Allen. Pesi sospesi.

Spessore medio del meato mediante raggi x. Acciaio. Grippaggio. Caratteristiche dei lubrificanti per 0 < λ < 3. Vedi figura 1-3(c). Due cilindri ad assi sghembi (a 90°) rotanti. Di Kirk ed Archard. Pesi sospesi.

Spessore medio del meato tramite misura di capacità. Forza di attrito mediante dinamometro. Acciaio. Proprietà tribologiche di olii, grassi e lubrificanti solidi. Vedi figura 1-3(d). Due dischi ad assi paralleli controrotanti. Amsler. Molla calibrata.

Forza di attrito tramite dinamometro.

Pressione di contatto con l'uso di manganina (trasduttore piezoresistivo). Velocità. Acciaio, leghe ferrose e non, plastiche. Grippaggio. Caratteristiche dei lubrificanti per 0 < λ < 3. Riferi. biblio. [1] e [2]. Quattro dischi ad assi paralleli rotanti. Di Crook. Pesi sospesi. Forma e spessore medio del meato tramite misura di capacità. Forza d'attrito tramite calcolo del momento d'attrito. Acciaio. Caratteristiche dei lubrificanti per 0 < λ < 3. Vedi figura 1-3(e).

Tabella 1-1. Descrizione schematica dei dispositivi a dischi per prove di attrito, macropitting, micropitting, grippaggio e lubrificazione.

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Geometria e caratteristiche accoppiamento meccanico Nome della macchina di prova Sistema di carico Capacita' di misura Provini Tipo di valutazione Note Due dischi ad assi paralleli rotanti. Di Bell, Kannel ed Allen. Pesi sospesi.

Pressione nella zona del contatto con l'uso di manganina (trasduttore piezoresistivo). Acciaio. Grippaggio. Caratteristiche dei lubrificanti per 0 < λ < 3. Vedi figura 1-3(f). Due cilindri ad assi sghembi rotanti. Reichert. Pesi sospesi. Forza di attrito tramite dinamometro. Usura. Acciaio. Proprietà tribologiche di olii, grassi e lubrificanti solidi. Riferi. biblio. [3]. Due dischi ad assi paralleli rotanti. Di Crook. Pesi sospesi.

Spessore medio del meato tramite misura di capacità. Forza di attrito mediante dinamometro. Acciaio. Grippaggio. Caratteristiche dei lubrificanti per 0 < λ < 3. Vedi figura 1-3(b). Due dischi ad assi paralleli rotanti. Di Merrit. Pesi sospesi. Momento di attrito mediante dinamometro. Acciaio. Grippaggio. Caratteristiche dei lubrificanti per 0 < λ < 3. Vedi figura 1-3(a). Due dischi ad assi paralleli rotanti. Geared roller tester - Caterpiller gear tester. Idraulico o pneumatico. Forza di attrito tramite dinamometro. Pressione di contatto con l'uso di manganina (trasduttore piezoresistivo). Velocità. Usura. Temperatura mediante termocoppie. Provini in acciaio di dimensioni diverse. Macropitting e micropitting. Riferi. biblio. [4]. Due dischi ad assi paralleli rotanti. Di Hartnett e Kannel . Pesi sospesi. Forma e spessore medio del meato mediante raggi x. Pressione di contatto con l'uso di manganina (trasduttore piezoresistivo). Usura. Acciaio. Grippaggio. Caratteristiche dei lubrificanti per 0 < λ < 3. Vedi figura 1-4.

Tabella 1-1 (continuazione). Descrizione schematica dei dispositivi a dischi per prove di attrito, macropitting, micropitting, grippaggio e lubrificazione.

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Figura 1-1. Macchina di Smith adue dischi ad assi sghembi rotanti.

Figura 1-2. Macchina Roller contact fatigue tester a due dischi ad assi paralleli rotanti.

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(7)

Occorre osservare che, proprio grazie alle caratteristiche delle macchine da prova elencate nelle tabelle 1-1, è possibile, mediante modifiche alle metodologie di prova, adattare le macchine per la conoscenza delle proprietà più svariate dell'accoppiamento meccanico a dischi come la valutazione delle proprietà tribologiche dei materiali (acciai, leghe ferrose e non ferrose, materie plastiche, ceramici) o dei loro trattamenti superficiali oppure la valutazione dei metodi atti a migliorare la risposta all'usura e all'attrito dell'ingranaggio.

Tale adattamento è soprattutto evidente nelle macchine di costruzione più recente che hanno un'elevata versatilità nell'uso di provini di materiale differente, nelle variazioni dei parametri e nel numero di misure che si possono effettuare.

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1.2 PARAMETRI OPERATIVI DELLE MACCHINE DI

PROVA A DISCHI DA LABORATORIO

L'obbiettivo di un piano di prove è quello di ottenere informazioni sul comportamento di un materiale o di un lubrificante in determinate condizioni di lavoro. Le prove di laboratorio vanno eseguite riproducendo e controllando accuratamente tutti i fattori in gioco e i dati vanno interpretati con attenzione, se si vuole avere correlazione tra le prove di laboratorio e la situazione reale in studio oppure corrispondenza tra i risultati ottenuti su macchine diverse.

La macchina di prova deve, quindi, fornire i parametri della condizione di prova che si desidera imporre all'accoppiamento meccanico e allo stesso tempo consentirne la misurazione, onde poter ottenere dati relativi al pitting, al grippaggio, all'usura, all'attrito e al lubrificante.

In generale i parametri indipendenti dal tipo di macchina a dischi usata nella prova sono:

 Lo stato delle superfici a contatto.  Il lubrificante.

 I materiali dei provini a dischi.  La durata della prova.

Invece, tra i parametri dipendenti dalla macchina si possono elencare:  La geometria dell'accoppiamento meccanico.

 La velocità ed il tipo di moto.  Il regime di lubrificazione.  La forma e l'area di contatto.

 Le pressioni, le tensioni e le deformazioni nell'area di contatto.  L'altezza e la forma del meato nell'area di contatto.

 L'ambiente.

I parametri che si possono misurare (nel prossimo paragrafo 1.3 sono descritti gli strumenti di misura) sono:

 L'usura.  L'attrito.

 Lo spessore del lubrificante.

 Il carico e la pressione di contatto.  La velocità.

 La temperatura nella zona di contatto.

Diversi sono, quindi, i parametri che vanno tenuti presenti al fine di orientare la scelta verso il dispositivo più idoneo. Tali parametri vengono di seguito passati in rassegna.

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1.2.1 LA GEOMETRIA E LE CARATTERISTICHE

DELL'ACCOPPIAMENTO MECCANICO

Tutte le macchine a dischi da laboratorio hanno in comune la geometria dell'accoppiamento meccanico in prova costituito da due provini a forma di disco pressati tra loro.

In figura 1-5 sono presentate, invece, le caratteristiche dell'accoppiamento meccanico: per ogni accoppiamento sono riportati la direzione del moto V di entrambi i provini e la direzione d'applicazione del carico P.

V2 V1 P ( f ) ( e ) P V1 V2 ( d ) ( c ) ( b ) ( a ) V2 V1 V2 V1 V1 ≠ V2 V1 = V2 V2 V1 V1 P P P P V2

Figura 1-5. Geometria e caratteristiche dell'accoppiamento meccanico in prova.

Si evince dalla figura 1-5 che le caratteristiche dell'accoppiamento sono le seguenti:  Dischi ad assi paralleli rotanti con velocità periferiche uguali (a).

 Dischi ad assi paralleli rotanti con velocità periferiche diverse (b).  Dischi ad assi paralleli controrotanti (c).

 Dischi ad assi paralleli, uno rotante e l'altro oscillante (d).  Dischi ad assi sghembi rotanti (e).

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Si ricorda, tenendo anche conto dell'eventuale bombatura dei provini, che la geometria e le caratteristiche dell'accoppiamento meccanico influenzano il tipo di moto (unidirezionale di strisciamento e/o rotolamento, oscillatorio di strisciamento e/o rotolamento), la forma teorica del contatto (linea o punto), la natura del contatto (periodico o permanente), la forma di micropitting (striscia cilindrica, anulare od ellissoidale), l'area di micropitting (costante o variabile) ed infine i valori iniziali e le evoluzioni, con l'avanzamento del micropitting, del carico e delle tensioni nell'area di contatto.

1.2.2 LA VELOCITA' ED IL TIPO DI MOTO

Il tipo di moto (rotolamento, strisciamento, rotolamento-strisciamento) è realizzato muovendo entrambi i componenti dell'accoppiamento meccanico oppure uno rispetto all'altro. Il moto può essere unidirezionale, in tal caso è quasi sempre rotatorio, oppure oscillatorio.

Alcune macchine a dischi dispongono di motore ad una sola velocità fissa ma con la possibilità di variare il rapporto di trasmissione mediante pulegge o ruote dentate. Tali macchine consentono di effettuare prove a determinate velocità, oltre ad essere economiche.

Se, invece, si è interessati a stabilire la velocità alla quale avviene un determinato fenomeno, occorre servirsi di una macchina con motore a variazione continua e senza strappi della velocità che consente, tra l'altro, il passaggio attraverso i tre regimi di lubrificazione (fluida, mista, limite).

La scelta tra i due dispositivi dipende dal fatto che la velocità influisca o meno sulla situazione critica indagata.

1.2.3 LO STATO DELLE SUPERFICI A CONTATTO

Le superfici dei dischi a contatto non sono ovviamente perfettamente lisce e regolari, ma sono caratterizzate da irregolarità superficiali sia macrogeometriche che microgeometriche. Gli errori macrogeometrici rappresentano la differenza tra il profilo ideale, costituito da una superficie liscia, ed il profilo tecnico, proprio della forma della superficie (rilevabile convenzionalmente con un palpatore sferico); gli errori microgeometrici rappresentano invece le deviazioni superficiali dal profilo tecnico che vanno a dar forma al profilo reale. Quest'ultimo tipo di irregolarità viene chiamata rugosità superficiale e può essere caratterizzata per mezzo di diversi parametri. Il parametro più semplice è la rugosità media Ra definita come l'ampiezza

del valore medio aritmetico, in un tratto di lunghezza opportuna L, dei valori assoluti delle deviazioni |y| del profilo reale rispetto alla linea media:

(11)

L

Ra = (1/L) ∫ |y| dx

0

Un altro parametro utilizzato è la rugosità media quadratica Rq definita come la

radice quadrata della media, in un tratto di lunghezza opportuna L, dei quadrati delle deviazioni y del profilo reale rispetto alla linea media:

L

Rq = [(1/L) ∫ y 2

dx]1/2 0

La rugosità media è insufficiente per una caratterizzazione delle superfici, proprio per la sua definizione di media. Ciò si può comprendere considerando la figura 1-6 in cui sono schematicamente rappresentate due superfici diverse fra loro ma con la stessa rugosità Ra ; dalla stessa figura si evince, invece, che la rugosità media quadratica è

più sensibile poiché fornisce indicazioni sul campo di variazione delle altezze del profilo, tuttavia risulta anch'essa insufficiente.

Ra = 0.25*a Rq = 0.41*a Kp = 0.5 Ra = 0.25*a Rq = 0.29*a Kp = 0.8 a

Figura 1-6. Esempi di tessiture superficiali aventi la stessa rugosità Ra , ma diversa

rugosità Rq e fattore di forma Kp.

Un altro parametro che è usato nel caso in cui la superficie presenta un numero considerevole d'irregolarità rispetto all'altezza media, per esempio picchi o valli "isolate", è il parametro Rz che tiene conto della differenza media picco-valle di dieci

punti che si discostano di più rispetto alla linea media del profilo: 5 5

Rz = (1/5) ( Σ ypi - Σ yvi )

i=1 i=1

dove ypi e yvi rappresentano le quote rispettivamente dei picchi e delle valli rispetto

alla linea media. A questi si aggiunge la rugosità totale Rt che è data dalla distanza fra

la cresta più alta ed il solco più profondo compresi nella lunghezza del tratto di misura L.

Riferendosi sempre alla figura 1-6, utili informazioni possono essere ricavati anche dal fattore di forma Kp , detto grado di riempimento del profilo, definito come il

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rapporto fra la rugosità media massima interna Ri e la rugosità media massima Rc =

Ri + Re , con Re rugosità media massima esterna. Ri è la media della profondità dei

solchi rispetto alla linea media del profilo mentre Re è la media delle altezze dei

picchi, così come mostrato in figura 1-7. Il grado di riempimento tende ad uno quando Re tende a zero mentre tende a zero quando Ri tende a zero.

Ri Re

Rc

Figura 1-7. Rugosità medie massime.

La rugosità superficiale influenza la meccanica dei contatti tra le superfici dei dischi (nei prossimi paragrafi si parlerà anche dell'influenza della tessitura superficiale). Innanzitutto è necessario specificare che quando le due superfici sono tra loro pressate da un carico normale FN solo alcune asperità vengono effettivamente a

contatto, per cui l'area reale di contatto Ar = ∑ N

Ai è la somma delle singole aree Ai

che si hanno in corrispondenza delle N asperità a contatto. Per valori di FN molto

bassi Ar è minore dell'area nominale An che si ottiene applicando la teoria di Hertz e

la pressione agente su ogni asperità a contatto è tale da indurre la deformazione plastica delle stesse con conseguente formazione di giunzioni plastiche nelle zone di contatto come mostrato in figura 1-8, all'equilibrio si avrà FN = ∑

N

pYAi = pYAr con

pY pressione di snervamento. All'aumentare di FN aumenta l'area reale in quanto

aumenta il numero delle giunzioni plastiche N = Ar/πr 2

= FN/pYπr 2

mentre il loro raggio r rimane invariato, se invece il carico diventa elevato Ar tende ad An con

diminuzione di N e crescita di r (quando Ar = An si ha una sola giunzione).

DEFORMAZIONI PLASTICHE

DEFORMAZIONI ELASTICHE

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1.2.4 IL LUBRIFICANTE

Nella maggior parte delle macchine a dischi viste in precedenza l'impiego d'olio, di origine minerale o sintetica, come lubrificante è di gran lunga prevalente. Gli oli minerali sono miscele di idrocarburi ottenuti dal petrolio e sono catalogati come paraffinici o naftenici in base alla struttura degli idrocarburi, invece gli oli sintetici sono costituiti da differenti famiglie di molecole organiche, o a base di silicio, e presentano caratteristiche superiori ad alta temperatura od alta pressione. Il lubrificante ad olio svolge due funzioni fondamentali:

 Riduce l'attrito.

 Impedisce o, per lo meno, diminuisce il grippaggio e l'usura.

Questi obiettivi sono raggiunti mediante l'immissione di lubrificante nella zona delle superfici di contatto e con la conseguente formazione di una pellicola d'olio portante. Altre funzioni espletate sono: la protezione contro la corrosione, l'eliminazione del calore generato dai dischi per attrito, l'eliminazione d'impurità e di particelle dovute all'usura per mezzo di un opportuno filtraggio dell'olio.

I lubrificanti, inoltre, contengono sostanze attive per aumentare la protezione alla corrosione ed alla resistenza all'invecchiamento, ed additivi chimici (molto impiegati sono gli EP nel caso di elevate pressioni di contatto) per ridurre ulteriormente il grippaggio ed incrementare la capacità di carico del velo portante. Gli additivi negli oli reagiscono con le superfici metalliche dei dischi e costituiscono dei prodotti di reazione che, in un certo qual modo sostituiscono l'azione separatrice del film nel caso ve ne sia carenza.

Generalmente la scelta per un corretto impiego dell'olio dovrebbe aver luogo, prima di tutto, in base alla valutazione delle principali proprietà del lubrificante, come la viscosità dinamica µ, le caratteristiche termiche e la densità ρ, e successivamente in base agli additivi.

La densità dipende dalla temperatura T secondo la seguente relazione: ρ(T) = ρ0 [1 - ξ(T - T0)]

con ξ = 0.4 ÷ 0.8 * 10-3 K-1 .

Come per tutti i liquidi anche per l'olio la densità varia molto poco con la pressione p, tuttavia nella lubrificazione elastoidrodinamica EHD a causa delle elevate pressioni che si sviluppano nel meato (dell'ordine dei GPa) occorre tenere conto di tale variazione, anche perché può avere effetti nel calcolo dello spessore minimo del meato, con la seguente legge:

(14)

con γ1 = 0.6 * 10-9 m2/N e γ2 = 1.7 * 10-9 m2/N [5].

In generale valori plausibili per la densità degli oli minerali sono ρ = 850 ÷ 890 Kg/m3 per quelli paraffinici e ρ = 900 ÷ 930 Kg/m3 per i naftenici.

La viscosità dinamica µ è il principale parametro del lubrificante che determina le prestazioni anti-attrito e portanti dello stesso, essa rappresenta, se si considera il lubrificante Newtoniano, la costante di proporzionalità tra le tensioni tangenziali τ che si oppongono allo scorrimento relativo dei filetti fluidi ed il gradiente di velocità secondo la relazione seguente:

τ = µ * du/dy

con u velocità del fluido e y coordinata lungo l'altezza del meato.

Nel caso di lubrificazione EHD la viscosità dinamica dipende anche dal valore di pressione del lubrificante oltre che dalla sua temperatura. La dipendenza dalla temperatura T è di tipo esponenziale secondo la seguente relazione:

µ = µ0 e -β(T-T0)

dove µ0 è il valore di viscosità alla temperatura di esercizio ed alla pressione

atmosferica, mentre β è un coefficiente che può essere ricavato da dati sperimentali. Anche la dipendenza dalla pressione p è di tipo esponenziale secondo la seguente relazione proposta da Barus:

µ = µ0 e αp

con α modulo di piezoviscosità.

Un lubrificante con buone proprietà anti-grippaggio deve possedere un elevato modulo di piezoviscosità. Sia µ0 che α sono dipendenti a loro volta dalla temperatura

del lubrificante ed il loro calcolo in funzione di questa variabile e a pressione atmosferica si può eseguire utilizzando le seguenti formule:

µ0 = 6.31 * 10^{- 5 + G * [1 + (T/135)]-S}

α = [0.6 + 0.965 * log10(µ0)] *10 -8

.

Le costanti S e G possono essere calcolate, noto il valore della viscosità del lubrificante a due diverse temperature T1 e T2 , utilizzando le seguenti formule:

S = log10[log10(µ2/6.31*10 -5

)/log10(µ1/6.31*10 -5

(15)

G = [log10(µ1/6.31*10-5)]/[1+(T1/135)-S] .

Un andamento tipico della viscosità dinamica µ0 e del modulo di piezoviscosità, a

pressione atmosferica, in funzione della temperatura è riportato in figura 1-9.

0 20 40 60 80 100 0.1 0.05 0.2 0.15 0 µ0 [Ns/m²] T[°C] 0 50 100 150 200 3 2.25 1.5 0.75 0 ×10^-8 α [1/Pa] T[°C]

Figura 1-9. Viscosità dinamica µ0 e modulo di piezoviscosità al variare della

temperatura.

Per il calcolo della viscosità dinamica µ alle diverse temperature si può anche sfruttare la definizione di viscosità cinematica ν = µ/ρ andando a misurare sperimentalmente la densità e la viscosità cinematica ad almeno due temperature.

1.2.5 IL REGIME DI LUBRIFICAZIONE

Il film di lubrificante tra le superfici è definito sulla base della teoria della lubrificazione elastoidrodinamica EHD, della quale si parlerà in questo paragrafo. In figura 1-10 è riportato l'andamento dello spessore del film in un contatto tra due cilindri, considerati infinitamente lunghi, secondo la teoria EHD che tiene anche conto dell'elasticità dei corpi e della variazione con la pressione della viscosità dell'olio (lubrificante piezoviscoso).

Secondo tale teoria l'andamento dello spessore del film è determinato fondamentalmente dalla velocità media u = (u1 + u2)/2, dalla viscosità dinamica µ0

riferita alla temperatura di esercizio ed alla pressione atmosferica, e dal modulo di piezoviscosità α. Il carico normale FN esercita un'influenza solo limitata, poiché

all'aumentare del carico, aumenta la viscosità ed aumentano anche le superfici di contatto in seguito alle deformazioni dei corpi.

(16)

u

1

,u

2

= velocità

periferiche dei

h

0

= altezza

nella zona

centrale

del meato

h

min

= altezza

minima del

meato

R

1

R

2

Lato

efflusso

Lato

F

N

u

2

u

1

F

N

Deformazione

h

0

h

min

Figura 1-10. Il film di lubrificante secondo la teoria dell' elastoidrodinamica EHL.

Per definire i vari regimi di lubrificazione si faccia riferimento al diagramma rappresentato in figura 1-11, dove il coefficiente d'attrito f è espresso in funzione dell'altezza specifica del meato

Λ = hmin/(Rq12 + Rq22)1/2

con Rq rugosità superficiale media quadratica dei corpi 1 e 2 a contatto.

1 3 f Λ lubrificazione limite lubrificazione mista lubrificazione fluida

Figura 1-11. Definizione dei regimi di lubrificazione mediante l'andamento del coefficiente di attrito in funzione dell'altezza specifica del meato.

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Dal diagramma si distinguono tre grandi regioni:  Lubrificazione fluida per λ>3.

 Lubrificazione mista per 1<λ<3.  Lubrificazione limite per λ<1.

Nel regime di lubrificazione fluida il lubrificante non consente il contatto tra le asperità superficiali e riduce drasticamente l'usura ed il grippaggio in quanto è in grado di esercitare una spinta sulle superfici accoppiate. La spinta appartiene ad una delle seguenti categorie :

 Idrostatica se il lubrificante è in pressione per azione di una pompa esterna.  Idrodinamica quando si hanno variazioni di velocità relativa tra il lubrificante

e le superfici (si ricorda che la parte d'olio a contatto con la superficie vi aderisce mentre sono i filetti sottostanti che hanno una differente velocità rispetto alla superficie).

 Elastoidrodinamica quando si ha una deformazione elastica delle superfici a contatto che causa variazioni di sezione.

Nel regime di lubrificazione mista il lubrificante esercita una spinta di separazione delle superfici a contatto, ma tuttavia si hanno lo stesso delle microsaldature tra le asperità che provocano un aumento della temperatura locale e dell'usura; in questa situazione l'efficacia del lubrificante dipende dalla rugosità superficiale.

Nel caso della lubrificazione limite lo spessore del lubrificante è piccolo rispetto alla rugosità superficiale, si possono avere interruzioni della lubrificazione con contatti diretti tra i due componenti che generano elevate forze di attrito ed accelerano il grippaggio; ad ogni modo il lubrificante riesce in una certa misura a contenere l'attrito ed il grippaggio se possiede la capacità di bagnare le superfici e di essere adsorbito poiché in tal modo evita che il contatto tra le asperità sia completamente a secco.

In particolare la lubrificazione elastoidrodinamica EHL, relativa soprattutto al caso di coppie non conformi, può essere considerata come il caso più generale di lubrificazione basata sull'azione combinata di tre meccanismi:

Effetto idrodinamico: aumento della pressione nel meato dovuto sia alla velocità relativa delle superfici che alla geometria delle stesse.

Deformazione dei solidi: la pressione che si verifica nel film di lubrificante è tale da indurre nei dischi deformazioni almeno dello stesso ordine di grandezza dello spessore del film stesso; sia lo schiacciamento dei solidi che l'andamento della pressione nel meato risultano molto simili a quello che si verifica nel contatto Hertziano.

Piezoviscosità: la viscosità del lubrificante aumenta all'aumentare della pressione, tuttavia l'incremento della viscosità nella zona centrale del contatto

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ha un'influenza trascurabile sullo spessore del meato rispetto ad un incremento nella zona di ingresso.

Dunque nell'ambito della lubrificazione elastoidrodinamica EHL possono essere ritrovati anche gli altri regimi come suoi casi limiti a seconda di quali effetti prevalgono fra la deformazione elastica dei solidi e la piezoviscosità.

Infine si ricorda che un'importante funzione dell'olio nel regime di lubrificazione fluida è quella di asportare il calore prodotto dall'attrito.

La conoscenza della minima e della massima temperatura raggiunta dall'olio in esercizio è importante per garantire la funzionalità del lubrificante e dell'accoppiamento stesso. Difatti l'uso di lubrificanti liquidi, ad esempio, è limitato da una temperatura minima d'esercizio che potrebbe solidificarlo rendendolo inadeguato per l'applicazione, e da una temperatura massima d'esercizio che potrebbe ossidarlo o comprometterne la viscosità.

Nel caso di lubrificazione limite non si richiede all'olio tanto di asportare calore, piuttosto di ridurre l'attrito. Ad ogni modo anche in questo caso occorre che il lubrificante non superi una certa temperatura massima (temperatura di flash) a livello delle asperità onde evitare il grippaggio.

1.2.6 AREA DI CONTATTO: PRESSIONE, TENSIONI,

DEFORMAZIONI, ATTRITO ED ALTEZZA DEL MEATO

Due ruote dentate costituenti un ingranaggio vengono a contatto attraverso elementi di superficie per mezzo delle quali ciascun componente esercita sull'altro una forza alla quale si deve il passaggio di energia fra i componenti stessi durante il moto relativo. In seguito a tale moto l'ingranaggio dissipa energia per attrito ed inoltre può perdere materia sotto forma di frammenti per danneggiamento.

Dal punto di vista geometrico, essendo diversi i profili dei due corpi, il contatto è di tipo non conforme e se i corpi fossero rigidi avverrebbe lungo una linea oppure in un punto, se invece consideriamo le deformazioni elastiche subite dai solidi allora il contatto sarà un'area rettangolare di larghezza finita oppure una circonferenza.

Per poter studiare il campo di tensioni e deformazioni che s'instaura nella zona di contatto, Buckingham [6] osservò che la vaiolatura sulla superficie del dente si verifica in maniera predominante in prossimità della circonferenza primitiva e per questo ha assimilato una coppia di denti dritti a contatto con due cilindri di raggi pari ai raggi di curvatura delle evolventi di cerchio, consentendo in tal modo uno studio più semplice delle dentature attraverso l'utilizzo di provini a forma di disco.

(19)

La prima macchina a dischi, basata sull'intuizione di Buckingham, per simulare il funzionamento di ruote dentate è stata introdotta da Merrit nel 1935 (vedi tabella 1-1), macchina che è considerata "l'antenata" delle successive attrezzature per lo studio sperimentale dei principali parametri caratterizzanti la lubrificazione elastoidrodinamica.

Solo nel 1959 però, grazie agli esperimenti di Dowson ed Higginson che consentono di arrivare alla soluzione dell'equazione di Reynolds relativa alla comprensione dei fenomeni idrodinamici [5], si raggiungono i primi risultati significativi relativi alla pressione di contatto e all'altezza del meato per il problema dell' EHL nel caso del contatto lineare isotermo con solo rotolamento fra due superfici cilindriche lisce, tenendo conto dell'elasticità dei corpi e della variazione con la pressione della viscosità del lubrificante. Considerate le due superfici cilindriche lisce di raggi R1 e

R2 infinitamente lunghe e premute l'una contro l'altra da una forza normale FN , essi

riducono il caso, dal punto di vista analitico, a quello di un cilindro elastico di raggio equivalente

R = R1*R2/(R1+R2) (1.1)

ed un piano rigido delimitanti il meato purchè la larghezza della zona effettivamente interessata dalla lubrificazione sia molto più piccola di R1 e R2 (in prossimità del

centro del contatto è possibile approssimare il cilindro di raggio R con una parabola di opportuna equazione).

In questo studio si determinano l'area di contatto, l'altezza del meato, la pressione e le tensioni nei contatti EHD:

- Il campo di tensioni e deformazioni genera un'area di contatto di estensione finita An = 2ab dove a = [8FNR1R2/πb(R1 + R2)E'] 1/2 = [8ωR1R2/π(R1 + R2)E'] 1/2 (1.2) è la semilarghezza dell'area di contatto rettangolare, con

E' = 2 * [(1 - ν1 2 )/E1 + (1 - ν2 2 )/E2] -1 (1.3)

modulo elastico ridotto del cilindro equivalente (E1, ν1, E2, ν2 sono rispettivamente i

moduli elastici di Young ed i coefficienti di Poisson dei cilindri 1 e 2), mentre b è la lunghezza della generatrice di contatto e ω=FN/b il carico per unità di lunghezza.

- Lo spessore del film d'olio, mostrato in figura 1-12, è costante nella parte centrale del contatto h0 con restrizione nella zona d'uscita dove assume il valore minimo hm .

- L'andamento della pressione secondo la teoria EHL, mostrato in figura 1-12, è simile a quello Hertziano semiellittico

(20)

p = (2FN/πab) * [1 - (y/a)2]1/2 = (2ω/πa) * [1 - (y/a)2]1/2

valido per superfici lisce ed elastiche, nella parte centrale del contatto con un picco di pressione nella zona di uscita. La pressione massima

pmax = 2FN/πab = 2ω/πa (1.4)

si raggiunge in corrispondenza di y = 0 poiché la deformazione è maggiore in questo punto mentre ai bordi della zona di contatto la pressione si annulla.

- In corrispondenza di y = 0, l'andamento al di sotto della superficie delle tensioni principali di compressione σx, σy, σz e della tensione tangenziale massima τmax (per il

criterio di Tresca τmax = σeq/2 dove σeq è lo sforzo equivalente) è schematizzato in

figura 1-13 dalla quale si evince chein superficie, cioè per z = 0, si ha σy = σz = pmax e σx = 2νpmax

conτmax che raggiungeil suo massimo valore di τMAX = 0,3pmax ad una distanza dalla

superficie pari a zm = 0,78a.

E=8 E' E2 E1 h0 hmin FN u' R Z Y Distribuzione della pressione secondo la teoria elastoidrodinamica Distribuzione della pressione secondo Hertz

pmax 2a R1 R2 FN u2 u1 FN

Figura 1-12. Andamento della pressione ed altezza del meato per due cilindri elastici lubrificati con olio piezoviscoso secondo la teoria dell'elastoidrodinamica EHL.

(21)

Figura 1-13. Andamento delle tensioni lungo l'asse z (si faccia riferimento alla figura 1-12).

Nota la distribuzione della pressione è possibile calcolare il tensore degli sforzi e di conseguenza sia la tensione tangenziale massima in ogni punto dei solidi che le deformazioni. Dalle deformazioni, integrando le equazioni di congruenza, è possibile determinare a meno di una costante arbitraria gli spostamenti dei punti della superficie; ad esempio lo spostamento causato dalla pressione p agente su una striscia compresa fra y = yi ed y = y0 posta ad y = s è pari a:

y0

uz = - [(1 - ν 2

)/πE] ∫ p(s)ln(y - s)2ds + cost. yi

Inoltre, Dowson ed Higginson nel loro studio, dopo aver introdotto i parametri adimensionali di carico W = FN/bRE', di velocità U = uµ0/RE' e del materiale G =

αE', scoprono l'effetto dei vari parametri sulla forma del meato e sull'andamento della pressione, trovando così la grande influenza di G (materiali) ed U (velocità) e la piccola di W (carico) sull'altezza del picco di pressione e su quella del meato come mostrato nella figura 1-14 tratta da [5].

Dimostrano infine che l'effetto della variazione della densità con la pressione non è molto marcato poiché tenendone conto si ha una riduzione dell'altezza del picco della pressione e più o meno la stessa altezza minima del meato.

(22)

W = 3×10^-4

W = 3×10^-5

U = 10^-11

U = 10^-12

G = 2500

G = 5000

Y/a

Y/a

h[m]

×

10^-7

p[N/m]×10^8

1 2 3 4 5 6 -2 -1 0 +1 12 10 8 6 4 2 +1 0 -1 -2 -2 -1 0 +1 2 4 6 8 10 12 +1 0 -1 -2 6 5 4 3 2 1

p[N/m]×10^8

h[m]

×

10^-7

Y/a

Y/a

Y/a

Y/a

h[m]

×

10^-7

p[N/m]×10^8

1 2 3 4 5 6 -2 -1 0 +1 12 10 8 6 4 2 +1 0 -1 -2

Figura 1-14. Andamento della pressione e dello spessore del meato per diversi valori di G, U, e W (G=5000, U=10^-11, W=3*10^-5 dove non specificato altrimenti).

La presenza, in direzione y, della forza tangenziale di contatto (forza d'attrito) FT =

tAr , con t tensione tangenziale superficiale di taglio, modifica il campo di sforzi e

deformazioni definito prima con la teoria di Hertz. E' chiamato coefficiente d'attrito il rapporto f = FT/FN = t/pY dipendente dai materiali che costituiscono l'ingranaggio,

dalla rugosità, dallo strato semisolido di ossido superficiale, dal carico normale applicato, dalla velocità di strisciamento; la dipendenza da tutti questi fattori spiega perché il coefficiente d'attrito possa assumere valori tra loro molto diversi anche per lo stesso tipo di ingranaggio. Le principali cause fisiche responsabili dell'attrito sono l'adesione in corrispondenza delle zone di contatto reale (teoria dell'adesione sviluppata da Bowden e Tabor [7]) e lo spostamento di materiale conseguente agli urti fra le asperità.

In figura 1-15 è riportato l'andamento della tensione tangenziale superficiale di taglio t = fpY e la conseguente deformazione εyindotta sulla superficie del cilindro elastico

che striscia da sinistra verso destra contro il piano rigido nel caso in cui il coefficiente di attrito f sia considerato uniforme su tutta la zona di contatto. Dalla figura si evince come la tensione tangenziale di taglio abbia un andamento semiellittico in quanto è proporzionale alla pressione mentre la deformazione ha un andamento lineare.

(23)

+fp

max

-fa/2R

t

ε

-a

+a

F

T

Figura 1-15. Andamento della deformazione εyindotta sulla superficie dalla tensione

tangenziale superficiale di taglio t.

In figura 1-16 è riportato, nel caso di contatto cilindro-cilindro, il rapporto σeq/pmax in

funzione della distanza dalla superficie all'interno dei cilindri in corrispondenza di y = 0. Si può notare come con f >0.25, la tensione equivalente σeq(e quindi la tensione

tangenziale massima τmax = σeq/2) sulle superfici a contatto sia maggiore del valore

massimo che raggiunge nello strato subsuperficiale per f = 0. Quindi all'aumentare di f il valore massimo della tensione equivalente σeq si sposta verso la superficie,

facendo si che l'eventuale deformazione plastica inizi in superficie e per carichi minori rispetto alla condizione f = 0.

Infatti a causa del moto relativo caratterizzato dalla velocità di strisciamento, le giunzioni tra le asperità si staccano in corrispondenza di una tensione di taglio critica per poi risaldarsi in un altro punto. Questa tensione di taglio favorisce la deformazione plastica alle asperità che tende ad accumularsi ad ogni sollecitazione e a propagare all'interno del materiale.

0 1 2 0.4 0.6 Z/a σeq/pmax σeq/pmax Z/a 0.6 0.4 2 1 0 σeq/pmax Z/a 0.6 0.4 2 1 0 σeq/pmax Z/a 0.6 0.4 2 1 0 f = 0 f = 0.1 f = 0.2 f = 0.3 f=0

Figura 1-16. Andamento dello sforzo equivalente lungo l'asse z in corrispondenza di y = 0 nel caso di contatto cilindro-cilindro.

(24)

Pertanto se il coefficiente d'attrito f è piccolo (inferiore a 0.15) le interazioni tra le asperità sono di piccola intensità e si possono considerare lisce le superfici di contatto e valida la teoria di Hertz. Se f è elevato (superiore a 0.3) l'approssimazione di superfici lisce e la teoria di Hertz non sono più valide perchè occorre considerare l'interazione tra le asperità, in tal caso è sempre presente la deformazione plastica superficiale che dipenderà dal carico applicato, dal coefficiente d'attrito, dallo strisciamento e dalla durezza del materiale.

La scelta del valore corretto del coefficiente d'attrito nella fase di progetto può essere fatta ricorrendo ai dati della letteratura tecnica previa conoscenza delle condizioni sperimentali, cui si riferiscono i dati ottenuti, da confrontare con quelle del nostro sistema. Ma la cosa migliore sarebbe condurre delle prove sperimentali vicine alle condizioni d'esercizio. In tabella 1-2 sono riportati, a titolo di esempio, alcuni valori tipici del coefficiente di attrito per le dentature.

MARERIALE SU LUBRIFICANTE f

Acciaio dolce Acciaio dolce --- 0.62

Acciaio austenitico Acciaio austenitico --- 1

Acciaio Acciaio Light machine oil 0.16

Acciaio Acciaio Thick gear oil 0.12

Acciaio Acciaio Extreme pressure oil 0.1

Acciaio Acciaio Grafite 0.07 ÷ 0.13

Acciaio Acciaio MoS2 0.07 ÷ 0.1

PTFE Acciaio --- 0.05

Metallo bianco Acciaio --- 0.21

Ferodo Acciaio --- 0.5 ÷ 0.6

Ghisa grigia Acciaio --- 0.17 ÷ 0.24

Ghisa grigia Ghisa grigia --- 0.8

Tabella 1-2. Coefficiente di attrito.

Gran parte delle considerazioni fatte sui contatti di linea possono essere ripetute per i contatti di punto, ottenuti premendo ad esempio due cilindri ad assi sghembi con una forza normale FN . L'area di contatto è una circonferenza di raggio a = (3FNR/2E')

1/3

e l'andamento della pressione secondo la teoria di Hertz è di tipo ellissoidale p =

(3FN/2πa 2

){1 - [(x2 + y2)/a2]}1/2 e raggiunge il suo valore massimo pmax = 3FN/2πa 2

al centro del contatto (per x = y = 0), ma a differenza di quanto avviene per i contatti di linea al bordo della zona di contatto si hanno delle tensioni di trazione. Anche in questo caso il valore massimo τMAX = 0.31pmax della tensione tangenziale massima si

verifica al di sotto della superficie ad una profondità di zm = 0.47a. Nel caso di

(25)

cui la τmax acquisisce il suo valore massimo ed un aumento della tensione di trazione

nella parte posteriore del bordo della zona di contatto fino a raggiungere il valore massimo di σmax = pmax{[(1 - 2ν)/3] + (π/8)(4 + ν)f}.

La pressione nell'area di contatto e l'altezza del meato, oltre che dai parametri visti (W, G, U, f), dipendono anche dalla temperatura, dal comportamento non-Newtoniano dei lubrificanti e dallo stato delle superfici (rugosità superficiale); di seguito si riportano i principali risultati ottenuti da vari studiosi su tali dipendenze a partire da quelli relativi alla temperatura.

Nel 1964 Cheng e Sternlicht (come due anni più tardi Dowson e Whitaker) cercano di risolvere il problema matematico della EHL per contatti lineari tenendo in considerazione gli effetti della temperatura tramite l'equazione dell'energia e della trasmissione del calore per i solidi delimitanti il meato. Essi scoprono così che i risultati fondamentali di Dowson ed Higginson, visti in precedenza per i contatti lineari isotermi, permangono, soprattutto per quello che riguarda l'andamento della pressione e la forma del meato, mentre la stima del coefficiente d'attrito risulta diversa da quella del caso isotermo.

Hamrock e Jacobson cercano di risolvere il problema della EHL mettendo in conto il comportamento non-Newtoniano del lubrificante nei contatti lineari. Nel modello da loro adottato [8] l'olio si comporta come perfettamente Newtoniano, ossia sussiste la proporzionalità fra tensione tangenziale τ e velocità di scorrimento γ, fino ad un valore limite della tensione tangenziale τL (dipendente dalla pressione); una volta

raggiunto questo valore il comportamento è perfettamente plastico, cioè τ = τL(p),

con la tensione tangenziale limite funzione lineare della pressione secondo la relazione τL(p) = τL0 + λp con λ = 0.05 ÷ 0.1 e τL0 dell'ordine di 0.01 GPa. Un

comportamento simile del lubrificante, comunemente denominato visco-plastico, è rappresentato in figura 1-17 dove è diagrammata sperimentalmente la tensione τ in funzione della velocità γ per il lubrificante polyphenyl ether (5P4E) a 60 °C, appare chiaro che al crescere della pressione la tensione limite è sempre più elevata ma viene raggiunta per valori sempre inferiori della velocità di scorrimento [9]. Tale modello, insieme ad una accurata considerazione dei fenomeni termici, permette di valutare correttamente il coefficiente di attrito.

10^-5 10^-4 10^-3 10^-2 10^-1 1 10 10^2 10^2 10^3 10^4 10^5 10^6 10^7 10^8 pressione di contatto pari a 0.37 GPa pressione di contatto pari a 0.40 GPa comportamento newtoniano comportamento non newtoniano γ[1/s] t [Pa]

Figura 1-17. Tensione tangenziale in funzione della velocità di scorrimento per il lubrificante polyphenyl ether a 60 °C [9].

(26)

Per quanto riguarda l'influenza della rugosità superficiale sulla pressione di contatto e l'altezza del meato, oltre alla difficoltà di risolvere le equazioni che contengono i termini dovuti ad essa, esiste anche il problema di simulare adeguatamente i difetti superficiali con opportune espressioni analitiche.

Majumdar ed Hamrock [10] studiano il caso di un contatto lineare considerando una certa rugosità superficiale mediante l'introduzione di opportuni parametri nelle equazioni. Fra i vari risultati ottenuti rilevano che a parità d'altezza centrale del meato con l'aumentare della rugosità superficiale il carico diminuisce, che lo spessore del film d'olio nella regione di contatto si mantiene maggiormente costante e che il picco di pressione è inferiore a quello del caso di superfici idealmente lisce; in particolare notano come la presenza delle asperità crei un altro microfenomeno di EHL (altri picchi di pressione in corrispondenza dei bordi dei solchi) che si sovrappone al principale.

Sempre nel contatto lineare, Prakash e Czichos [11] studiano anche l'influenza della direzione della rugosità mostrando che la capacità di carico è maggiore nel caso della rugosità trasversale che non nel caso in cui è invece nella stessa direzione del moto. Goglia, Conry e Cusano [12] mostrano invece come l'altezza del meato è maggiore rispetto al caso liscio se i difetti superficiali sono proprio all'ingresso e leggermente minore se nelle zone prossime all'ingresso.

Altri parametri, come il tipo di lubrificante ed il regime di lubrificazione, influiscono sulle tensioni.

In regime fluido, con le superfici dei componenti separate dal film, l'attrito ad esempio dipenderà dalla resistenza al taglio del lubrificante che deriva dalla sua viscosità, la quale è influenzata dalla pressione e dalla temperatura come si è visto. In regime limite le asperità delle superfici vengono a contatto generando giunzioni plastiche, vale a dire microsaldature, la cui entità dipende dalle tensioni sia tangenziali che normali.

La conoscenza del campo di sollecitazione nell'area di contatto è necessaria per confrontare i parametri operativi tra macchine a dischi che possiedono differenti caratteristiche dell'accoppiamento meccanico e per mettere in correlazione il dispositivo di laboratorio con la macchina che si vuole simulare.

Il problema del confronto tra le diverse macchine di prova può essere risolto ricorrendo al calcolo dello stato delle pressioni (carico applicato sull'area di contatto) nelle condizioni iniziali della prova, quando il regime di lubrificazione è limite con conseguente contatto certo delle superfici. Come si è visto in questo paragrafo, quando il tipo di contatto tra le due superfici è di tipo non conforme (puntiforme o lineare), per il calcolo delle pressioni si può ricorre alla teoria di Hertz [13,14,15] prendendo in considerazione l'area hertziana, funzione dell'entità della deformazione dei dischi accoppiati nell'intorno del punto o della linea di contatto. Per la teoria di Hertz le pressioni risultano tanto maggiori quanto più le due superfici a contatto si discostano tra loro nell'intorno del punto o della linea di contatto, vale a dire quanto maggiore è la curvatura.

(27)

La tabella 1-3 riporta le formule matematiche della dimensione dell'area di contatto hertziana e della pressione massima di contatto (in assenza di moto relativo e di lubrificante), per ognuno dei tipi di accoppiamento meccanico considerato.

Per finire si fa una considerazione sui dispositivi di carico necessari per fornire la forza di compressione FN ai provini a disco. Il dispositivo di carico più usato nelle

macchine di prova a dischi è dato dall'attuatore idraulico oppure pneumatico o a molla che permettono di variare il carico in modo graduale. Molto impiegato è anche il sistema a pesi sospesi per la semplicità d'applicazione del carico. E' disponibile pure un sistema magnetico usato però in casi molto particolari, come ad esempio le prove sotto vuoto. La forza FN prodotta dal dispositivo di carico può essere

opportunamente amplificata mediante un sistema di leve.

Caratteristiche accoppiamento meccanico Dimensioni area di contatto hertziano Pressione massima nell'area hertziana Note Cilindro contro cilindro (contatto su una generatrice) 2a E2 E1 R1 R2 FN 4FN(k1+k2)R1R21/2 a =   L(R1+R2)  Se E1=E2 , ν1=ν2=0.3 allora k1=k2 e pertanto risulta:  FNR1R2 1/2 a = 1.524  EL(R1+R2)

pmax = 1.272pmed = 4FN/π2La

Se E1=E2 , ν1=ν2=0.3 allora k1=k2 e pertanto risulta: EFN(R1+R2) 1/2 pmax = 0.418   LR1R2  a : semilarghezza area di contatto rettangolare [mm]. L : lunghezza della generatrice di contatto [mm]. k1=(1-ν1 2 )/πE1 , k2=(1-ν22)/πE2:

costanti elastiche dei provini [mm2/N]. Cilindro contro piano 2a E1 R1 FN 4FN(k1+k2)R1 1/2 a =   L  Se E1=E2 , ν1=ν2=0.3 allora k1=k2 e pertanto risulta: FNR11/2 a = 1.524   LE  pmax = 4FN/π2La Se E1=E2 , ν1=ν2=0.3 allora k1=k2 e pertanto risulta: EFN1/2 pmax = 0.418  LR1 ν : coefficiente di Poisson [adimensionale]. E : modulo di Young [N/mm2].

pmax, pmed : pressione

massima e media nell'area hertziana [N/mm2]. E2 E1 R2 R1 D C FN 1.5πFN(k1+k2)R1R2 1/3 C = α   (R1+R2)  1.5πFN(k1+k2)R1R21/3 D = β   (R1+R2)  Se E1=E2 , ν1=ν2=0.3 allora k1=k2 e pertanto risulta:  FNR1R2 1/3 C = 1.398α  E(R1+R2)  FNR1R2 1/3 D = 1.398β  E(R1+R2) pmax = 1.5pmed = 1.5FN/πCD Se E1=E2 , ν1=ν2=0.3 allora k1=k2 e pertanto risulta: 0.244 E2FN(R1+R2) 21/3 pmax=    αβ   (R1R2)2  C, D : semiasse maggiore e minore dell'area di contatto ellittica [mm]. α, β : coefficienti dipendenti dall'angolo ausiliario φ definito dalla relazione R2-R1 cosφ =  R2+R1 [adimensionali].

Tabella 1-3. Formule di calcolo dell'area e della pressione massima di contatto hertziana per le tipiche caratteristiche d'accoppiamento meccanico considerate.

(28)

1.2.7 LE CONDIZIONI AMBIENTALI

L'ambiente in cui opera un accoppiamento a dischi è definito:

Dal tipo di atmosfera (ossidante o riducente o inerte, aria o vuoto).

Dalla quantità e dal modo in cui il lubrificante è apportato nella zona di contatto (con circolazione, a getto, a nebbia, ecc.).

Dall'umidità.

Dalla temperatura (vicino alle superfici di contatto e lontano da esse).

Il lubrificante, del quale, nelle dentature per usi aerospaziali, se ne usano pochi tipi ma di diversi fornitori e, soprattutto, con differenti possibilità d'erogazione, influisce principalmente sul grippaggio e sul calore generato tra le superfici in contatto in moto relativo. In regime di lubrificazione limite, quando lo spessore del film è piccolo rispetto alla rugosità superficiale, si sviluppano elevate forze d'attrito che accelerano il grippaggio ed aumentano la temperatura locale a causa del contatto metallo-metallo. Nel caso invece del regime di lubrificazione fluido, il velo di lubrificante tra le superfici a contatto è abbastanza spesso da evitare il contatto metallo-metallo riducendo il coefficiente d'attrito e di conseguenza anche il grippaggio ed il calore sulle superfici. Per ottimizzare, quindi, le condizioni di lubrificazione occorre massimizzare lo spessore specifico del film Λ attraverso i seguenti interventi: aumentare lo spessore minimo del meato hmin (elevate viscosità, elevate velocità,

basse temperature, bassi valori di rugosità) oppure diminuire la rugosità media quadratica Rq (equipaggiare l'impianto di lubrificazione con un filtro per l'olio,

applicazione di un rivestimento sulla superficie dei dischi, rodaggio).

L'umidità influisce sulle caratteristiche dei materiali a contatto variando la forza d'attrito e può modificare le proprietà dei lubrificanti solidi (mentre non influisce sui lubrificanti liquidi a causa della ridotta affinità di questi con l'acqua).

La temperatura è senz'altro il parametro ambientale più importante poichè condiziona in modo rilevante un po’ tutte le variabili in gioco. L'aumento della temperatura genera: una dilatazione dei materiali a contatto con conseguente variazioni nelle tolleranze dell'accoppiamento, una degradazione del lubrificante che diminuisce la sua viscosità e la sua capacità portante, una trasformazione di tipo metallurgico nei materiali con conseguente cambiamento della durezza, una variazione del coefficiente d'attrito e nell'usura. La presenza del lubrificante abbatte la temperatura o comunque si oppone al suo aumento.

In generale le condizioni ambientali costituiscono una delle prestazioni che la macchina di prova a dischi è in grado di assicurare. Difatti molte macchine dispongono di un sistema di regolazione e controllo dell'umidità attorno all'accoppiamento meccanico, di un sistema di termostatazione che assicura il blocco del valore della temperatura, di camere in cui fluisce del gas per creare un'atmosfera inerte. Altre volte, invece, le condizioni ambientali si realizzano eseguendo delle modifiche sulle stesse macchine di prova.

(29)

1.3 STRUMENTI DI MISURA DEI PARAMETRI

Negli studi di elastoidrodinamica compiuti con l'ausilio delle macchine di prova a dischi, i principali parametri che vengono misurati sono lo spessore del meato per la valutazione del contatto diretto o meno fra le asperità delle superfici, il carico applicato e l'andamento della pressione per una corretta valutazione delle tensioni nei dischi a contatto, la forza di attrito per conseguire informazioni sulle perdite energetiche e gli effetti termici, la temperatura per avere garanzie sulle caratteristiche del lubrificante e del corpo dei dischi, l'usura per determinare il tipo di danneggiamento superficiale (micropitting, macropitting e grippaggio).

1.3.1 MISURA DELLO SPESSORE DEL MEATO

Per un contatto non conforme tra due dischi le principali tecniche di misura adottate possono essere classificate in misure di resistenza elettrica, misure di capacità (effettuate sulle macchine di Smith, di Kirk ed Archard, di Crook), misure con raggi x (effettuate sulle macchine di Bell, Sibley, Orcutt ed Allen, e di Hartnett e Kannel) e misure mediante diffrazione di raggi laser.

MISURE DI RESISTENZA ELETTRICA. Questo metodo si basa sul fatto che la resistenza del sistema costituito dai dischi e dal lubrificante interposto assume un valore dell'ordine di 109 Ω se vi è separazione completa fra le superfici oppure tende rapidamente a zero se vi è contatto fra le asperità. Le condizioni delle superfici dei due dischi e la presenza di particelle contaminanti nel lubrificante influenzano in modo complesso il valore misurato della resistenza rendendo questo metodo utilizzabile quando interessi solamente ravvisare la rottura del film d'olio.

A titolo d'esempio in figura 1-18 sono riportati gli andamenti della resistenza, per valori del carico FN di 44.5 N, 89 N, 133 N, 178 N, in funzione della posizione

d'ingranamento fra due denti di ruote dentate aventi velocità rotazionali di 2500 rpm e lubrificate con olio minerale con viscosità di 0.13 Pas e temperatura d'ingresso di 60 °C [16]. Si noti la diminuzione della resistenza, e quindi l'aumento dei contatti tra le asperità metalliche, all'aumentare del carico.

Ω Ω Ω tempo tempo tempo tempo FN = 178 N FN = 133 N FN = 89 N FN = 44.5 N 0 10^9 P P P 0 10^9 P P P 0 P P P Ω P P P 0

Figura 1-18. Andamento della resistenza del lubrificante in funzione della posizione d'ingranamento fra denti di ruote dentate per diversi valori del carico FN .

(30)

MISURE DI CAPACITA'. Questo metodo si basa su una relazione esistente tra lo spessore del meato, la permittività dello spazio libero, la costante dialettrica dell'olio e la superficie dei dischi a contatto. Per eseguire gli esperimenti si fa evaporare [17] un elettrodo di cromo o wolframio su un disco (figura 1-19(a)) e lo si collega secondo un determinato schema elettrico (figura 1-19(b)), così facendo la variazione di capacità del lubrificante che si verifica durante il passaggio dell'elettrodo nella zona del meato genera una variazione di tensione ai capi della resistenza; dal valore del segnale elettrico si risale all'altezza del meato mediante una semplice formula di proporzionalità fra la tensione registrata sull'oscilloscopio (figura 1-19(c)) ed il rapporto tra la costante dielettrica del lubrificante e lo spessore del meato.

v elettrodo (a)

(b)

(c)

Figura 1-19. Schema del dispositivo per la misura dello spessore del meato col metodo capacitivo e traccia sull'oscilloscopio.

Questo metodo di misura che valuta la capacità del film d'olio tra i dischi a contatto consente anche l'individuazione della forma del meato oltre che la misura del suo spessore centrale h0 e di quello minimo hmin .

MISURE CON RAGGI X. In questo metodo viene impiegato un fascio di raggi x parallelo e ben allineato con il piano tangente comune ai due dischi, quindi dal conteggio, mediante un contatore Geiger, dei raggi passati oltre la zona del contatto si ricava lo spessore del meato sfruttando il fatto che il lubrificante assorbe di meno rispetto ai provini metallici.

Ciascun lubrificante, però, ha un proprio comportamento rispetto ai raggi x e quindi prima della prova si devono eseguire delle tarature. In figura 1-20 sono riportate alcune curve di calibrazione ottenute da Bell e Kannel [18], nel caso di contatto tra due dischi, per diversi tipi di lubrificante.

(31)

silicone polifeniletere triestere diestere olio minerale nessun olio

conteggio raggi X [unità/s]

6000

4000

2000

0

0

2

4

6

8

10

12

14

Figura 1-20. Curve di calibrazione.

MISURE MEDIANTE DIFFRAZIONE DI RAGGI LASER. Questo metodo si basa su una relazione esistente fra lo spessore del meato, la distanza fra le frange dell'immagine di diffrazione (ottenuta da un raggio di luce monocromatica passante attraverso il meato), la distanza tra il meato e lo schermo su cui è proiettata l'immagine, e la lunghezza d'onda del fascio di luce. Poiché il lubrificante interposto genera distorsioni nelle frange, si fa uso, quindi, di formule empiriche che consentano di risalire ai valori dello spessore del meato partendo dai valori ottenuti con la teoria della diffrazione (l'ampiezza delle bande di diffrazione è inversamente proporzionale allo spessore del meato).

1.3.2 MISURA DELLA PRESSIONE

Per un contatto non conforme tra due dischi la principale tecnica di misura adottata è costituita dall'uso della manganina che è una sostanza piezoresistiva formata da rame, nichel e manganese, la cui caratteristica è quella di variare la propria resistenza elettrica al variare della pressione (misure effettuate sulle macchine Roller contact fatigue tester, SAE machine, Amsler, Geared roller tester-Caterpiller gear tester, di Bell, Kannel ed Allen, e di Hartnett e Kannel). Difatti la deposizione sulla superficie del disco di una sottile striscia di manganina (larga 0.05 mm e spessa 0.1 µm) isolata e protetta fra due strati di allumina (di spessore pari a 1 µm) con due "gambe" per il collegamento elettrico, consente di risalire alle variazioni di pressione a partire da quelle della sua resistenza elettrica.

In figura 1-21 è riportato schematicamente il dispositivo usato da Hartnett e Kannel per la misura della pressione con tale metodo [19].

(32)

provino controprovino gamba del trasduttore trasduttore di pressione (manganina)

Figura 1-21. Schema di dispositivo per la misura della pressione con manganina.

1.3.3 MISURA DELL' ATTRITO

Per un contatto non conforme tra due dischi la principale tecnica di misura adottata è costituita dall'uso di dinamometri (misure effettuate con le macchine Roller contact fatigue tester, Geared roller tester-Caterpiller gear tester, SAE machine, Amsler, Reichert, di Kirk ed Archard, di Crook, di Merrit, di Smith) o celle di carico che consentono di valutare, in funzione della velocità di strisciamento ∆u = (u2 - u1), la

forza o il momento d'attrito che si sviluppa tra due dischi premuti l'uno contro l'altro con un carico costante e a determinata velocità di rotolamento u = (u2 + u1)/2.

Rispetto al momento d'attrito, il metodo di misura della forza d'attrito risulta più semplice ed è effettuato con l'opportuno posizionamento degli assi di rotazione dei provini e con l'impiego di aste o cuscinetti a gas ad attrito trascurabile (rispetto a quello che si sviluppa nella zona del contatto in studio).

In figura 1-22 sono riportati i valori del coefficiente d'attrito al variare della velocità di strisciamento nell'ipotesi prima fatta di carico e velocità di rotolamento costante (e quindi lo sono anche la pressione e lo spessore del meato).

∆u/u lineare non lineare termica 0.40 GPa 0.51 GPa 0.68 GPa 1.03 GPa Pressione media di contatto pmed : 0.04 0.03 0.02 0.01 0 0 0.02 0.04 0.06 0.08

Figura 1-22. Andamento del coefficiente d'attrito in funzione del rapporto di strisciamento ∆u/u per vari carichi.

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In queste curve, ottenute da Johnson e Tevaarwerk [20], sono individuabili la zona di comportamento lineare, non lineare e quella termica in cui vi è un calo del coefficiente d'attrito all'aumentare dello strisciamento a causa degli effetti termici.

1.3.4 MISURA DELLA TEMPERATURA

Per un contatto non conforme tra due dischi le principali tecniche di misura adottate possono essere classificate in misure con termocoppie (misure effettuate sulla macchina Geared roller tester-Caterpiller gear tester) e misure con film termoresistivo.

MISURE CON TERMOCOPPIE. La temperatura sulla superficie a contatto, in genere all'ingresso o all'uscita del meato, si ottiene, nota la conducibilità termica dei materiali, mediante una termocoppia collocata, in maniera opportuna, il più vicino possibile all'area di contatto. Ad esempio le termocoppie, in lega di platino-nichel, sono incassate in uno dei dischi a contatto oppure vengono depositate [21], mediante vaporizzazione, sulla sua superficie sotto forma di strati sottili (2 µm di spessore) isolati e protetti fra due strati di materiale ceramico (Al2O3).

MISURE CON FILM TERMORESISTIVI. Questo metodo è analogo a quello della manganina per la misura della pressione. In questo caso la sostanza utilizzata è il titanio la cui resistenza elettrica varia con la temperatura. Anche qui viene depositata [22] sulla superficie del disco una sottilissima striscia (larga 0.015 mm e spessa 0.03 µm) isolata e protetta da due strati di ossido di silicio.

1.3.5 MISURA DELL'USURA

L'usura può essere misurata in vari modi (misure effettuate sulle macchine Roller contact fatigue tester, SAE machine, Reichert, Geared roller tester-Caterpiller gear tester, Di Hartnett e Kannel). Ad esempio si possono utilizzare trasduttori di spostamento o micrometri che misurano in continuo la profondità dell'impronta d'usura dei dischi dando l'evoluzione dell'usura nel tempo; occorre dire, però, che questo tipo di misura è influenzata dalla presenza di particelle abrasive (o frammenti di usura) all'interfaccia delle superfici a contatto e dalla dilatazione termica del materiale.

Più semplicemente può essere determinata alla fine della prova andando a misurare la perdita di peso dei provini o le dimensione dell'impronta d'usura oppure si effettua l'esame dei detriti di usura; tale metodo, però, non fornisce l'usura ma il suo tasso che non tiene conto dell'evoluzione temporale dell'usura.

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Esistono, infine, altri strumenti di misura dell'usura che fanno parte integrante della macchina di prova come i dispositivi ottici di cui si parlerà in seguito.

1.3.6 ALTRI TIPI DI MISURA

La misura della velocità (misure effettuate sulle macchine SAE machine, Amsler, Geared roller tester-Caterpiller gear tester) si può eseguire per mezzo di dinamo tachimetriche, sistemi fotoelettrici, sistemi magnetici.

Qualora le macchine non ne siano già dotate, è possibile equipaggiarle con un contatore di cicli che ha il vantaggio di fornire una accurata misura del percorso totale.

Quanto più grande è il numero degli strumenti, atti a misurare i parametri del sistema tribologico, presenti sulla macchina di prova, tanto maggiore è la versatilità della stessa macchina.

E' per questo motivo che alcune macchine di prova da laboratorio elencate in tabella 1-1, possono essere equipaggiate di diversi dispositivi di misura per lo stesso parametro.

(35)

1.4 LA CLASSIFICAZIONE DELLE MACCHINE DI

PROVA A DISCHI

Facendo riferimento a quanto fin qui discusso, è possibile classificare le macchine di prova a dischi in due modi differenti:

In funzione dei parametri operativi (descritto nello schema di figura 1-23). In funzione del tipo di danneggiamento analizzabile e del tipo di misura

effettuabile (così come descritto nello schema di figura 1-24).

L'analisi dei due schemi permette d'individuare la macchina di prova da progettare che più si adatta allo studio dei fenomeni tribologici.

PARAMETRI OPERATIVI REGIME DI LUBRIFICAZ. FLUIDO MISTO LIMITE TIPO DI MOTO RELATIVO UNIDIREZIO. OSCILLATOR. ROTOLAM. STRISCIA. ROTOLAM. E STRISCI. ROTOLAM. STRIACIA. ROTOLAM. E STRISCI PRESSIONE DI CONTATTO AMBIENTE TEMPERAT. BASSA AMBIENTE ALTA ATMOSFERA ARIA VUOTO

Figura 1-23. Classificazione delle macchine di prova a dischi in funzione dei parametri operativi. DANNEGGIAMENTO ANALIZZABILE E MISURE EFFETTUABILI TIPOLOGIA DI USURA MACROPITTING E MICROPITTING GRIPPAGGIO USURA ABRASIVA FRETTING USURA ATTRITO PRESSIONE DI CONTATTO VELOCITA' TEMPERATURA AL CONTATTO SPESSORE FILM MISURE

Figura 1-24. Classificazione delle macchine di prova a dischi in funzione dei danneggiamenti e delle misure rilevabili.

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1.5 SCELTA DELLA MACCHINA DI PROVA OGGETTO

DI TESI

In base a quanto è stato detto finora si comprende che il tipo di macchina di prova condiziona il manifestarsi di un determinato meccanismo di usura anziché di un altro. Infatti la forma d'usura (adesiva, grippaggio, macropitting, micropitting, abrasiva, da fatica per flessione, ecc.) oltre che dalle proprietà del lubrificante e del materiale, dipende pure dalla natura del contatto e dal tipo di moto realizzabile con il dispositivo di prova.

Anche il regime di lubrificazione, che s'instaura tra i dischi a contatto, è condizionato dal dispositivo di prova, in quanto dipende dal carico applicato, dalla velocità e dalla temperatura oltre che dalla rugosità superficiale.

Pertanto la scelta di una macchina a dischi per prove d'usura, grippaggio, pitting, lubrificazione ed attrito deve necessariamente tenere conto della natura dei fenomeni tribologici che si vuole indagare e dell'esigenza di riprodurre, il più vicino possibile alla situazione reale dell'ingranaggio che si è voluto simulare, le condizioni sperimentali e l'ambiente in cui questi fenomeni si verificano (vale a dire le opportune capacità operative in termini di livelli di carico, di velocità, di temperatura, il tipo di atmosfera, la geometria del contatto, ecc.); occorre ovviamente tenere in considerazione anche l'entità dell'usura e dell'attrito analizzabili, ed anche il tipo di misure effettuabili.

Inoltre, rientrano nella scelta della macchina di prova anche la possibilità della ripetibilità delle prove (ossia la capacità di realizzare più volte lo stesso esperimento nello stesso modo) e della riproducibilità delle prove (ossia la concordanza tra i risultati di prove eseguite con la stessa macchina in laboratori diversi), gli aspetti economici legati al suo utilizzo, la qualità dei risultati ottenuti e l'affidabilità della stessa macchina.

Da quanto detto finora è chiaro che la scelta del dispositivo di prova più idoneo a soddisfare le particolari esigenze del ricercatore, non può che rappresentare un compromesso tra gli strumenti e le metodologie atti ad acquisire gli elementi del progetto (i parametri operativi, i lubrificanti e i materiali) utili allo sviluppo della macchina a dischi.

La macchina di prova a dischi, di cui nei prossimi capitoli sarà illustrato il progetto concettuale, presenta una geometria dell'accoppiamento meccanico appartenente alla tipologia disco-contro-disco, dove due dischi di determinato diametro montati su due alberi paralleli (è previsto un errore massimo di parallelismo) vengono pressati, durante la prova, l'uno contro l'altro lungo la generatrice realizzando un contatto lineare non conforme che si traduce in un area rettangolare a causa della deformabilità dei provini (si usa l'approssimazione di Buckingham discussa in 1.2.6).

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Con questa macchina a dischi si deve poter eseguire diversi tipi di moto in modo da consentire l'esecuzione di prove di rotolamento, di strisciamento e di rotolamento-strisciamento sia in presenza di lubrificante che a secco.

Occorre garantire anche lo studio del comportamento a grippaggio dei materiali e dei lubrificanti facendo ruotare i due dischi nello stesso verso, ma con differente velocità di rotazione, in modo da ottenere velocità di strisciamento molto elevate, continuando sempre ad assicurare il contatto di tipo non conforme.

Infine tale macchina deve essere in grado di simulare il macropitting ed il micropitting eseguendo prove con differenti valori del fattore lambda Λ e a diversi valori della massima pressione hertziana pmax . La comparsa del danneggiamento

superficiale di macropitting o micropitting viene decretato ispezionando lo stato della superficie dei provini, ad intervalli di tempo prestabiliti, mediante strumenti visivi oppure controllando le variazioni dell'andamento del coefficiente di attrito durante la prova.

Figura

Tabella  1-1.  Descrizione  schematica  dei  dispositivi  a  dischi  per  prove  di  attrito,  macropitting, micropitting, grippaggio e lubrificazione
Tabella 1-1 (continuazione). Descrizione schematica dei dispositivi a dischi per prove  di attrito, macropitting, micropitting, grippaggio e lubrificazione
Figura  1-2.  Macchina Roller  contact  fatigue  tester  a  due  dischi  ad  assi  paralleli  rotanti
Figura 1-5. Geometria e caratteristiche dell'accoppiamento meccanico in prova.
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Riferimenti

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