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al fine di consentire al giudice di avvalersi degli uffici di esecuzione penale esterna per individuare gli enti o le associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per reati di violenza domestica e di genere e gli specifici percorsi di recupero previsti dalla stessa norma. Viene altresì previsto che qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero, ivi compresa una sola assenza, costituisce inadempimento rilevante ai fini della revoca della sospensione, ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n. 1, del codice penale. Viene al contempo modificato l’articolo 18-bis delle disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale, in modo da prevedere che la sentenza, al momento del suo passaggio in giudicato, sia comunicata all’ufficio di esecuzione penale esterna, affinché lo stesso accerti l’effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e, nel caso di inadempimento di uno qualsiasi degli obblighi imposti, ne dia immediata comunicazione al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza, il quale attiverà conseguentemente il procedimento di esecuzione per la revoca della sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n. 1, del codice penale. Viene altresì previsto, per garantire la tempestiva informazione in ordine ad eventuali inadempimenti, che gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero diano immediata comunicazione all’ufficio di esecuzione penale esterna di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero.
L’articolo 8 reca un’armonizzazione degli effetti penali della violazione delle misure coercitive ex articoli 282-bis e 283-ter del codice di procedura penale e della violazione degli ordini di protezione emessi ex articolo 342-ter, primo comma, del codice civile, estendendo la medesima disciplina contenuta nell’articolo 387-bis del codice penale (che prevede il reato di violazione delle misure cautelari adottate dal giudice penale dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa nonché di violazione del provvedimento di allontanamento d’urgenza dalla casa familiare adottato dalla polizia giudiziaria previa autorizzazione del pubblico ministero) anche alla violazione degli ordini di protezione emessi dal giudice in sede civile.
L’articolo 9 interviene al fine di garantire la comunicazione di eventi potenzialmente rilevanti (quali l’estinzione, la revoca o la sostituzione delle misure coercitive) per il corretto svolgimento di competenze istituzionali del prefetto (per l’adozione di misure di vigilanza dinamica) e del Questore (per la valutazione in materia di misure di prevenzione).
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L’articolo 10 introduce una provvisionale a titolo di ristoro “anticipato”, in favore della vittima o, in caso di morte, degli aventi diritto che, in conseguenza dei delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima, e deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso, commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, vengano a trovarsi in stato di bisogno.
L’articolo 11 stabilisce che, per i reati di cui all’articolo 362, comma 1-ter, del codice di procedura penale (tentato omicidio ovvero, nelle forme consumate o tentate, maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, violenza sessuale di gruppo, atti persecutori, nonché talune ipotesi aggravate di lesioni personali e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso) commessi in ambito di violenza domestica, l’organo di polizia che procede a seguito di denuncia o querela, se dai primi accertamenti emergono concreti e rilevanti elementi di pericolo di reiterazione della condotta, ne dà comunicazione al prefetto che, sulla base delle valutazioni espresse nell’ambito delle riunioni di coordinamento di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133, può adottare misure di vigilanza dinamica a tutela della persona offesa. È, inoltre, stabilito che le misure adottate siano sottoposte a la revisione trimestrale.
L’articolo 12 prevede, nei casi di cui all’articolo 387-bis del codice penale (“Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”), la possibilità dell’arresto, anche fuori dei casi di flagranza (in cui l’arresto è obbligatorio), non oltre quarantotto ore dal fatto di reato, in tal modo consentendo l’arresto anche se il soggetto, al momento di arrivo delle forze dell’ordine, si sia allontanato; detto arresto è possibile qualora risulti inequivocabilmente dalla documentazione video o fotografica l’autore del fatto.
4. SCHEMA di decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previsto dall’articolo 1, commi da 1015 a 1022, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023”, in materia di rimborso delle spese legali a favore degli imputati assolti
L’Ufficio, a seguito della partecipazione a numerosi incontri con le altre articolazioni interne al Ministero, ha collaborato con il Dipartimento per gli affari di giustizia nella stesura del
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testo finale del decreto ministeriale in materia di rimborso spese per gli imputati assolti previsto dai commi 1015 e seguenti della legge 30 dicembre 2020, n. 178, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023”.
Il decreto si compone di sette articoli, diretti, in primo luogo, a dettare le definizioni rilevanti per la sua applicazione (articolo 1) e a fissare i requisiti di accesso al rimborso delle spese legali (articolo 2).
Inoltre, l’intervento disciplina le modalità di presentazione dell’istanza diretta ad avere accesso al fondo (articolo 3), i criteri di valutazione delle istanze (articolo 4) e la procedura di verifica (articolo 5), integrando e dando compiuta sistemazione ad una disciplina che nella fonte primaria era del tutto incompleta.
5. SCHEMA di decreto del Ministro della giustizia recante disposizioni per l’individuazione delle prestazioni funzionali alle operazioni di intercettazione e per la determinazione delle relative tariffe
Il regolamento è previsto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 154 del 4 luglio 2017, il quale all’articolo 1, commi 88, 89, 90 e 91, ha previsto l’adozione di nuove disposizioni per la ristrutturazione e la razionalizzazione delle spese relative alle prestazioni di cui all’articolo 5, comma 1, lettera i-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 (testo unico in materia di spese di giustizia).
Con decreto del 29 marzo 2017, il Ministro della giustizia ha istituito uno specifico gruppo di lavoro incaricato di effettuare il complesso lavoro di ricognizione, analisi ed elaborazione necessario all’adozione dei decreti interministeriali sia per le prestazioni obbligatorie sia per quelle funzionali, allo scopo di assicurare una maggiore omogeneizzazione sul territorio nazionale della spese per le intercettazioni, garantendo che le prestazioni siano effettuate secondo criteri qualitativi elevati e che il costo non sia del tutto svincolato dai valori effettivi della prestazione. Il tutto, allo scopo di ricondurre a razionalità quelle spese e, al contempo, di dare certezza agli operatori che offrono quelle prestazioni sul livello qualitativo richiesto e sulla remunerazione effettiva di esse.
Con riguardo alle prestazioni cd funzionali alle operazioni di intercettazione, lo schema di decreto elaborato, quindi, in primo luogo, individua le prestazioni funzionali e determina le tariffe per ogni singola tipologia di prestazione, ma detta anche norme specifiche dirette a
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guidare l’operatore nell’attività di liquidazione e specifica gli obblighi dei fornitori delle prestazioni, in relazione ai livelli qualitativi e quantitativi minimi dei servizi offerti e alle modalità di conservazione e gestione dei dati raccolti.
A seguito dell’attiva partecipazione al tavolo di lavoro, l’Ufficio ha collaborato nella stesura del testo definitivo, che è stato perfezionato anche a seguito dell’interlocuzione attiva con le Commissioni parlamentari competenti.
6. SCHEMA di decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, “Determinazione delle modalità di svolgimento da parte dei detenuti ed internati dell’attività di autoconsumo, anche mediante l’uso di beni e servizi dell’amministrazione penitenziaria”
Lo schema di decreto interministeriale ha provveduto a disciplinare – come imposto dal comma 12 dell’articolo 20 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (ordinamento penitenziario), per effetto della modifica apportata dal decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 124 – le concrete modalità, per i detenuti e gli internati, di alternare, o anche di sostituire del tutto, la tradizionale attività lavorativa svolta a norma del citato articolo 20, O.P., con l’attività di produzione di beni da destinare all’autoconsumo.
Oltre a individuare, in via generale, la procedura di ammissione a tale attività, differenziando le regole per l’accesso a seconda che il detenuto o l’internato intenda per essa essere o meno esonerato dalla normale attività lavorativa, si sono poi stabiliti i criteri per la destinazione dei beni eventualmente prodotti in eccedenza rispetto alle necessità alimentari del soggetto ammesso all’attività in regime di autoconsumo, prevedendo che essi possano essere destinati anche agli altri detenuti ed internati presenti nella struttura detentiva, nonché devoluti in beneficienza in favore di associazioni di volontariato.
7. SCHEMA di decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno, concernente “Regolamento recante la disciplina del trattamento di dati personali relativi a condanne penali e reati, ai sensi dell’articolo 2-octies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”
Con il regolamento in esame si è inteso dare corso a quanto previsto dall’articolo 2-octies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, codice in materia di protezione dei dati personali (Codice), rubricato “Principi relativi al trattamento di dati relativi a condanne penali e reati”.
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La norma, fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51 (che dà attuazione alla direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati), si occupa del “trattamento di dati personali relativi a condanne penali e a reati o a connesse misure di sicurezza sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, del Regolamento, che non avviene sotto il controllo dell’autorità pubblica” e, in via principale (al comma 1) stabilisce, che il trattamento “è consentito, ai sensi dell’articolo 10 del medesimo Regolamento, solo se autorizzato da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento, che prevedano garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati”.
Una previsione che dà contenuto al citato articolo 10 del regolamento 27 aprile 2016, n.
2016/679/UE, del Parlamento Europeo relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, il quale prevede, per quel che qui interessa, che “il trattamento dei dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, deve avvenire soltanto sotto il controllo dell’autorità pubblica o se il trattamento è autorizzato dal diritto dell’Unione o degli Stati membri che preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati”.
Nel sistema normativo così delineato, quindi, il “trattamento dei dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza” o avviene “sotto il controllo dell’autorità pubblica” (e riceve una propria disciplina estranea al presente intervento normativo) oppure deve essere “autorizzato dal diritto dell’Unione o degli Stati membri che preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati”.
Il presente regolamento, pertanto, individua ed autorizza i trattamenti non già autorizzati da norme di diritto dell’Unione o degli Stati membri, venendo in tal modo a costituire la norma di diritto legittimante, prevedendo, altresì, garanzie appropriate, laddove non previste per i trattamenti già autorizzati.
Questa duplice finalità del decreto è esplicitata nell’articolo 1 (Oggetto), ove si prevede al comma 1 che “il presente regolamento individua, in attuazione dell’articolo 2-octies, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 recante ‘Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al Regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016,
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relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE’ i trattamenti di dati personali relativi a condanne penali e reati che non avvengono sotto il controllo dell’autorità pubblica e che non sono già autorizzati da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento” e al comma 2 che “il presente regolamento disciplina, altresì, le garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati da assicurare rispetto ai trattamenti di cui al comma 1 nei casi di cui ai commi 2, 4 e 6 dell’articolo 2-octies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.
Gli ambiti di intervento di cui alla previsione dell’articolo 2-octies, comma 3, sono stati individuati nei settori elencati dal comma 3 dell’articolo 2-octies, i quali, peraltro, corrispondono agli ambiti rispetto ai quali, nel precedente regime normativo, per consentire il trattamento, erano intervenute autorizzazioni generali del Garante per la protezione dei dati personali.
In aggiunta, peraltro, il comma 6 dello stesso articolo 2-octies attribuisce al medesimo regolamento un ulteriore compito specifico, che consiste nell’autorizzare, di concerto con il Ministro dell’interno, “il trattamento dei dati di cui all’articolo 10 del Regolamento, effettuato in attuazione di protocolli di intesa per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata, stipulati con il Ministero dell’interno o con le prefetture-UTG”, individuando “le tipologie dei dati trattati, gli interessati, le operazioni di trattamento eseguibili, anche in relazione all’aggiornamento e alla conservazione”, nonché “le garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati”.
Una previsione che si ricollega alle precedenti in quanto non attiene al trattamento effettuato dal soggetto pubblico parte del protocollo, ma dal soggetto privato che, proprio in forza del protocollo, debba trattare dati giudiziari per le finalità del protocollo medesimo.
Infine, si è anche tenuto conto del fatto che l’articolo 6-bis, comma 1-bis, ultimo periodo, del decreto legislativo 6 settembre 1989 n. 322, inserito dall’articolo 9, comma 6-bis, lettera c), del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, prevede che “per i trattamenti dei dati personali di cui all’articolo 10 del citato regolamento (UE) 2016/679 effettuati per fini statistici di interesse pubblico rilevante ai sensi del citato articolo 2-sexies, comma 2, lettera cc), del codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003 trova applicazione l’articolo 2-octies del medesimo codice”.
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Lo schema di regolamento si compone di 14 articoli: i primi quattro individuano l’oggetto (articolo 1), le definizioni (articolo 2), la base giuridica (articolo 3) e le garanzie comuni a tutti i trattamenti (articolo 4).
Le disposizioni successive disciplinano i singoli trattamenti, ossia quelli effettuati:
nell’ambito del rapporto di lavoro (articolo 5); per ragioni di onorabilità, per la verifica o l’accertamento dei requisiti di onorabilità, requisiti soggettivi e presupposti interdittivi (articolo 6); dalle imprese in ambito assicurativo (articolo 7); per la tutela dei diritti e, quindi, per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria, amministrativa o stragiudiziale (articolo 8); per finalità di verifica della solidità, solvibilità ed affidabilità, laddove necessario all’analisi della situazione economica, finanziaria e patrimoniale, propedeutica all’instaurazione, avvio e gestione di nuovi rapporti commerciali ed idonea all’assolvimento di obblighi normativi (articolo 9); nell’ambito di un’attività di investigazione privata (articolo 10); nell’ambito delle professioni intellettuali (articolo 11); ai sensi dell’articolo 6-bis, comma 1-bis, del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e, quindi, effettuato per fini statistici di interesse pubblico rilevante ai sensi degli articoli 2-sexies, comma 2, lettera cc), e 108 del Codice da parte dei soggetti che fanno parte del Sistema statistico nazionale (articolo 12); in attuazione di protocolli di intesa per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata, stipulati con il Ministero dell’interno o con le prefetture-UTG (articolo 13).
L’articolo 14 reca la clausola di invarianza finanziaria.
In ossequio allo specifico iter regolamentare contemplato dall’articolo 2-octies, comma 2, del Codice, il 21 maggio 2021 sono stati trasmessi al Garante per la protezione dei dati personali lo schema del presente regolamento e le pertinenti relazioni di accompagnamento.
Il 2 luglio 2021 il Garante ha trasmesso parere favorevole con osservazioni e raccomandazioni, parzialmente condivise dall’Ufficio legislativo (che ha, conseguentemente, apportato alcune modifiche alle disposizioni regolamentari).
Lo schema di decreto è stato quindi trasmesso al Ministero dell’interno, per il prescritto concerto.
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8. SCHEMA di decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, “Criteri per l’accesso alle risorse del fondo istituito nello stato di previsione del Ministero della giustizia dall’articolo 1, comma 573, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, da destinarsi a progetti di formazione di eccellenza al fine di promuovere la cultura giuridica in materia di diritto penale internazionale e di tutela dei diritti umani”
Il decreto interministeriale disciplina il fondo da destinare a progetti di formazione di eccellenza previsto dall’articolo 1, comma 573, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (“Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023”).
Al fine di provvedere al finanziamento dei progetti di formazione, si è innanzitutto provveduto all’istituzione presso il Ministero della giustizia di un’apposita Commissione di valutazione presieduta dal Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia e da 4 componenti esperti, rispettivamente designati dal Consiglio nazionale forense, dal Consiglio universitario nazionale, dalla Scuola nazionale dell’amministrazione e dalla Scuola superiore della magistratura. È stato espressamente previsto che, ove lo ritenga necessario, la Commissione possa acquisire il parere dell’Agenzia di valutazione del sistema universitario (ANVUR).
Il provvedimento, oltre a disciplinare la tempistica di svolgimento della procedura, determina le condizioni di ammissione delle domande di partecipazione al finanziamento dei progetti e i criteri per la valutazione dei medesimi sulla base di due distinte graduatorie, da formarsi l’una per gli enti e le associazioni di diritto privato, l’altra per gli enti pubblici di ricerca.
VI. Legge europea 2019-2020
1. DISEGNO DI LEGGE, “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2019-2020”
a. Articolo 13 (Disposizioni in materia di immissione sul mercato e uso di precursori di esplosivi. Attuazione del regolamento (UE) 2019/1148)
L’articolo reca disposizioni per l’integrazione delle attività di controllo finalizzate all’attuazione del regolamento (UE) n. 2019/1148, relativo all’immissione sul mercato e all’uso di precursori di esplosivi, nell’organizzazione strutturata già esistente per il controllo dei prodotti chimici di cui al regolamento (CE) n. 1907/2006.
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Sono state, pertanto, apportate modifiche al decreto legislativo 14 settembre 2009, n. 133, recante la disciplina sanzionatoria per le violazioni al regolamento (CE) n. 1907/2006, che viene articolato in tre capi, in modo da mantenere nel primo e nel terzo, rispettivamente, le originarie disposizioni sanzionatorie e finali, collocando, invece, nel secondo capo quelle, di nuovo conio, relative al regolamento (UE) n. 2019/1148.
La stesura del provvedimento è stata pressoché integralmente curata dall’Ufficio legislativo, che ha elaborato l’intero impianto delle norme sanzionatorie, con cui – tra l’altro – si è intervenuto anche sugli articoli 678-bis e 679-bis del codice penale e sulle pertinenti previsioni contenute nel decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2015, n. 43.
b. Articolo 19 (Disposizioni per l’adeguamento alla direttiva 2013/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 agosto 2013, relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione e che sostituisce la decisione quadro 2005/222/GAI del Consiglio – Procedura di infrazione n. 2019/2033)
L’intervento è finalizzato a far fronte a due contestazioni elevate dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia nell’ambito della procedura di infrazione n. 2019/2033, avviata ai sensi dell’articolo 258 TFUE con nota C(2019)4765 del 15 luglio 2019 e concernente l’implementazione della direttiva 2013/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 agosto 2013, relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione e che sostituisce la decisione quadro 2005/222/GAI del Consiglio.
Al fine di conformare integralmente l’ordinamento alle previsioni di cui all’articolo 7 della direttiva, si è innanzitutto reso necessario modificare l’articolo 617-quinquies del codice penale, ampliandone l’alveo applicativo ed estendendone (conseguentemente) la descrizione del relativo oggetto materiale, al fine di ricomprendervi anche le condotte relative agli strumenti atti all’intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche. Nel contesto dell’intervento, si anche è reso necessario innalzare i limiti edittali di pena per la fattispecie base e le ipotesi aggravate del delitto di intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazione informatiche o telematiche di cui all’articolo 617-quater del codice penale, attualmente fissati in misura corrispondente nel massimo e, addirittura, inferiore nel minimo a quelli relativi alle condotte prodromiche di cui all’articolo 617-quinquies del codice penale.
Considerato inoltre che le norme interessate dalle modifiche costituiscono, essenzialmente, una ‘estensione’ alle comunicazioni informatiche e telematiche della tutela già apprestata alle comunicazioni telegrafiche e telefoniche dagli articoli 617 e 617-bis del codice penale, ragioni
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di coerenza sistematica hanno suggerito intervenire anche su tali disposizioni in termini corrispondenti a quelli sopra illustrati.
Quanto alla seconda contestazione elevata dalla Commissione, fondata sull’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva (a mente del quale le condotte criminose da essa contemplate debbono essere assoggettate ad una pena massima di almeno due anni), è stato modificato l’articolo 615-quater del codice penale, relativo alla detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici e telematici, che solo per le fattispecie aggravate di cui al capoverso presenta una cornice sanzionatoria rispettosa del limite anzidetto. Per tale ragione, la proposta novella innalza da uno a due anni di reclusione il limite massimo di pena previsto per il reato di cui all’articolo 615-quater, primo comma, del codice penale e da due a tre anni quello relativo alle fattispecie aggravate di cui al secondo comma. Queste ultime sono state, inoltre, riallineate al catalogo già contenuto nell’articolo 617-quater del codice penale, attualmente oggetto di richiamo solo parziale.
Sempre ragioni di coerenza sistematica con le modifiche, sopra descritte, relative alle condotte prodromiche alle attività di intercettazione illecita, sono alla base degli ulteriori interventi operati sulla disposizione in questione, nonché – in minor misura – sul successivo articolo 615-quinquies del codice penale, concernente le apparecchiature e i dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico.
c. Articolo 20 (Disposizioni per l’adeguamento alla direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio – Procedura di infrazione n. 2018/2335; caso EU- Pilot 9373/18/Home)
L’intervento normativo è stato imposto dalla necessità di adeguare la normativa italiana alla direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio (di seguito, Direttiva).
Con nota del 25 gennaio 2019, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, contestando il mancato corretto adeguamento alla Direttiva, trasposta nella legislazione nazionale con decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 39 (procedura di infrazione n. 2018/2335 e caso EU-Pilot 9373/18/Home)
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In seguito alla risposta alle contestazioni inviata alla Commissione europea dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in data 4 aprile 2019 e alle ulteriori interlocuzioni con la stessa Commissione e con le altre amministrazioni coinvolte, si è ritenuto necessario intervenire sulla normativa vigente, modificando talune norme del codice penale.
Si è introdotta all’articolo 600-quater del codice penale una nuova fattispecie di reato, criminalizzando anche il mero accesso, attraverso l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione, a materiale pedopornografico, indipendentemente e a prescindere dall’avvenuta acquisizione di tale materiale, che è, invece, richiesta ai fini dell’integrazione del reato di cui al primo comma. L’accesso punibile dovrà essere, oltre che consapevole, anche privo di giustificato motivo.
Si è, inoltre, introdotta, negli articoli 602-ter, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609- undecies del codice penale, la circostanza aggravante dell’essere derivato dal fatto pericolo di vita per il minore.
Inoltre, sono state introdotte, relativamente ai delitti di cui agli articoli 609-quater e 609- undecies del codice penale, ulteriori circostanze aggravanti (se il reato è commesso da più persone riunite; se il reato è commesso da persona che fa parte di un’associazione a delinquere e al fine di agevolarne l’attività; se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave).
Si è, infine, introdotta all’articolo 609-quater del codice penale una nuova fattispecie di reato in ottemperanza alla previsione di cui all’articolo 3, paragrafo 5, lettera i) della Direttiva, la quale impone agli Stati membri di punire chiunque compia atti sessuali con un minore e a tal fine abusi di una posizione riconosciuta di fiducia, autorità o influenza sul minore.
d. Articolo 26 (Disposizioni sanzionatorie in materia di abusi di mercato – Procedura di infrazione 2019/2130)
Al fine di recepire i rilievi della Commissione e, al tempo stesso, razionalizzare l’assetto sanzionatorio complessivo delle fattispecie penali di market abuse, si apportano alcune modifiche al decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58, recante “Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF)”, concernenti:
- l’ambito di applicazione delle fattispecie incriminatrici dell’abuso di informazioni privilegiate, di cui all’articolo 184 TUF, e di manipolazione del mercato, di cui all’articolo 185 TUF;
- il perimetro delle esenzioni dalla disciplina della direttiva, sì come disegnato dall’articolo 183 TUF;
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- la mancata criminalizzazione dell’insider cd. secondario (ossia del soggetto che abbia ottenuto l’informazione privilegiata a qualsiasi titolo) nel caso di abuso o comunicazione illecita di informazioni privilegiate;
- le sanzioni penali previste per le persone fisiche, con particolare riguardo ai profili di violazione del regime sanzionatorio minimo imposto dalla direttiva per gli abusi di mercato riguardanti strumenti finanziari scambiati in un sistema multilaterale di negoziazione (MTF) o in un sistema organizzato di negoziazione (OTF) o altri strumenti, come i credit default swap e i contratti differenziali;
- la disciplina della confisca penale (articolo 186 TUF), che viene omologata a quella dettata per la corrispondente misura ablatoria conseguente alla commissione dell’illecito amministrativo (articolo 187-sexies TUF), secondo un modello conforme alla normativa europea.
Il comma 1, lettera a), allinea la formulazione dell’articolo 182 TUF, concernente l’ambito di applicazione delle disposizioni sanzionatorie penali e amministrative dei fatti di market abuse, alla definizione di “strumenti finanziari” contenuta nell’ articolo 180 TUF e all’ambito applicativo della direttiva MAD II (articolo 1), oltre che del regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (articolo 2). Il comma 1, lettera b) sana una lacuna nell’area delle esenzioni dalla disciplina della direttiva prodottasi a seguito della riformulazione dell’articolo 183 TUF ad opera del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 107. Il comma 1, lettera c), riformula la fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 184 TUF e ne ridefinisce il trattamento sanzionatorio.
Viene innanzi tutto modificata la rubrica dell’articolo, mediante il richiamo alle tre diverse tipologie di condotte punite: l’abuso di informazioni privilegiate (la ‘classica’ condotta di insider trading), la raccomandazione o l’induzione di altri alla commissione di abuso di informazioni privilegiate (cd. tuyautage) e la comunicazione illecita di informazioni privilegiate (cd. tipping).
Si interviene poi a estendere la punibilità al cd. insider secondario e a ridisegnare il complessivo apparato sanzionatorio delle fattispecie incriminatrici. Il comma 1, lettera d), attraverso la abrogazione del comma 2-bis dell’articolo 185 TUF, interviene sul reato di manipolazione di mercato con un effetto speculare a quello prodotto sull’articolo 184 TUF, parificando il trattamento sanzionatorio delle violazioni riguardanti strumenti finanziari scambiati su mercati regolamentari a quello delle violazioni riguardanti strumenti scambiati su MTF, OTF, OTC, derivati e quote di emissioni. Il comma 1, lettera e), modifica la
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disciplina della confisca di cui all’articolo 187 TUF, circoscrivendone l’ambito applicativo al solo profitto del reato e non anche al prodotto e ai mezzi utilizzati per commetterlo.
e. Emendamento (Disposizioni per l’adeguamento alla direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari – Procedura di infrazione n. 2021/2075)
L’intervento correttivo trae origine dalla necessità di dar seguito ai rilievi formulati dalla Commissione europea nell’ambito della procedura di infrazione n. 2021/2075, avviata nei confronti dell’Italia ai sensi dell’articolo 258 TFUE con nota C(2021)4364 final del 15 luglio 2021 e concernente l’implementazione della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari (di seguito, la direttiva).
Nella lettera di costituzione in mora la Commissione contesta, in particolare, la mancata attuazione dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva “nella misura in cui impone di informare un altro adulto idoneo della privazione della libertà personale del minore e dei relativi motivi, qualora sia contrario all’interesse superiore del minore informarne il titolare della potestà genitoriale”.
Dal momento che tale possibilità di deroga non risulta espressamente contemplata dalla nostra normativa sul processo minorile, e in particolare dall’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 448/1988, con la disposizione in esame si interviene sul comma 1 della norma al fine di chiarire che “quando risulta necessario a salvaguardare il superiore interesse del minorenne, in luogo dell’esercente la responsabilità genitoriale, dell’arresto o del fermo è informata altra persona idonea maggiorenne”.
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VII. Legge di delegazione europea 2021
1. LEGGE DI DELEGA al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti normativi dell’Unione europea – Legge di delegazione europea (articoli 3, 6, 8, 9, 13 e 14)
a. Articolo 3 (Princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/2121, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere)
L’articolo 3 della legge europea 2021, all’articolo 3, detta i princìpi e i criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/2021, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere.
Con la norma in questione si intende perseguire uno scopo più ampio rispetto al mero recepimento delle disposizioni e princìpi vincolanti dettati dal legislatore europeo per le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere, mirando all’adozione di una disciplina completa delle operazioni societarie che hanno rilevanza transfrontaliera.
Si prevede, in particolare, l’estensione della disciplina comunitaria alle società diverse dalle società di capitali, a condizione che siano iscritte nel registro delle imprese, con esclusione delle società cooperative a mutualità prevalente, ed agli altri enti che esercitano, con forme diverse da quelle societarie, un’attività di impresa.
È prevista anche l’estensione, nei limiti di compatibilità della disciplina comunitaria che presuppone l’esistenza di una normativa armonizzata tra i Paesi interessati alla singola operazione transfrontaliera, alle trasformazioni, fusioni e scissioni alle quali partecipano o dalle quali risultano:
- società che, pur essendo soggette alla legge di uno Stato membro, non hanno la sede statutaria, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale nel territorio dell’Unione europea;
- società regolate dalla legge di altro Stato anche non appartenente alla Unione europea.
Si evidenzia che l’esigenza di dettare una disciplina completa riguarda anche le operazioni che comportano il trasferimento del patrimonio a società preesistenti, benché si tratti di fattispecie non disciplinata dalla direttiva del cui recepimento si tratta, ma esistenti nel diritto nazionale, e le operazioni indicative del fenomeno noto come “scissione tramite scorporo” che invece è previsto dalla direttiva.
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Sempre nell’ottica di predisporre un quadro normativo completo e coerente si sono considerati anche i casi di trasferimento di sede all’estero senza mutamento di legge regolatrice da parte di società soggetta alla legge italiana. Tale fenomeno è, allo stato, privo di idonea disciplina, e potrebbe risultare necessario adottare un regime transitorio applicabile ai trasferimenti aventi data anteriore a quella di adozione del decreto delegato.
Altri specifici criteri di delega riguardano la tutela giurisdizionale da accordare rispetto agli atti, ma anche all’inerzia, dell’autorità competente al rilascio del certificato preliminare o all’esecuzione del controllo di legalità, e anche per la tutela della posizione dei creditori anteriori all’iscrizione nel registro delle imprese del progetto di operazione transfrontaliera, oltre agli strumenti già previsti dal decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 108 (che reca disposizioni attuative della direttiva 2005/56/CE sulle fusioni transfrontaliere delle società di capitali).
La delega consente anche la modifica del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, sulle sezioni specializzate in materia di impresa alla quale sarà attribuita la competenza a conoscere delle procedure giurisdizionali concernenti le operazioni transfrontaliere.
Sono poi previsti specifici criteri di delega finalizzati alla tutela del creditori pubblici al fine di consentire l’utilizzo di specifici canali informativi per verificare l’esistenza di obbligazioni verso amministrazioni o enti pubblici in capo alla società interessata alla singola operazione transfrontaliera e di individuare gli effetti del mancato adempimento o del mancato rilascio delle garanzie eventualmente richieste per il buon esito dei controlli previsti dalla direttiva e per il completamento dell’operazione societaria in corso.
Si evidenzia la particolare importanza, inoltre, del criterio di delega relativo alla definizione del concetto di operazione abusiva o fraudolenta, che la direttiva formula in termini di clausola generale “evasione o elusione del diritto dell’Unione o nazionale, ovvero per scopi criminali” e di quello finalizzato ad agevolare lo scambio dei certificati preliminari tra autorità competenti, trattandosi di documenti redatti secondo regole non omogenee in quanto dettate da ciascun ordinamento nazionale.
Infine, sono stati individuati criteri di delega in tema di disposizioni transitorie, per quanto riguarda, in particolare, il periodo di tempo che intercorre tra l’adozione della legge di delegazione europea e l’adozione dei decreti delegati di recepimento, dovendosi coordinare l’applicazione, in questo periodo, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 108, alle operazioni di fusione transfrontaliera che poi ricadranno nell’ambito di applicazione della direttiva 2019/2121.
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In particolare, si è ritenuto necessario, nel silenzio della direttiva, elaborare un principio di delega per l’individuazione della disciplina applicabile alla fusione transfrontaliera posta in essere tra società soggette alla legge di due Stati dei quali solo uno ha recepito la direttiva 2005/56/CE.
b. Articolo 6 (Princìpi e criteri direttivi per il compiuto adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/1939 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea, cd. EPPO)
L’articolo 6 del disegno di legge contiene i principi e i criteri direttivi per il compiuto adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/1939 del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea (di seguito, EPPO), le cui disposizioni di adeguamento sono state adottate con decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 9.
A seguito dell’entrata in vigore del decreto, il Ministro della giustizia ha concluso con il Procuratore europeo l’accordo previsto dall’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento e dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 9 del 2021, con cui si è provveduto alla determinazione del numero complessivo dei procuratori europei delegati e della relativa distribuzione territoriale e funzionale.
In particolare, per quanto è qui di interesse rilevare, il contingente di procuratori europei delegati assegnati al nostro paese è stato quantificato in venti unità full-time, da destinarsi a nove sedi di servizio, individuate – ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo – presso altrettante procure distrettuali.
In sette uffici è stata prevista la presenza di due procuratori europei delegati, mentre alle rimanenti sedi, di dimensioni maggiori, sono assegnati tre magistrati.
Essendo il numero delle sedi di servizio dei Procuratori europei delegati pari a circa un terzo del numero complessivo dei distretti di Corte di appello, a ciascuna sede sono stati ricollegati – sotto un profilo di natura puramente organizzativa (e non, per quanto in precedenza detto, di vera e propria “competenza”) – due o più distretti.
Ciò comporterà inevitabilmente che, soprattutto nella fase processuale, i Procuratori europei delegati saranno tenuti a spostamenti frequenti (e, talora, di non breve durata), con evidente possibile pregiudizio per l’efficiente assolvimento dei compiti ad essi assegnati.
Al fine di contenere, nei limiti del possibile, le negative ricadute di tale profilo di criticità, con il criterio di delega in esame si prevede, dunque, di “modificare la disciplina della competenza prevista dal codice di procedura penale in modo da concentrare sugli uffici giudiziari