CAPITOLO 2 MATERIALI E METODI
2.1 PRINCIPI DI BASE 2.1.1 IL CALORE
Il calore è uno dei tanti modi in cui si manifesta l’energia in generale.
Un corpo contiene sempre una certa quantità di calore, che ne stabilisce un certo livello di temperatura. Come grandezza fisica, il calore è a tutti gli effetti un’energia: ha cioè attitudine a sviluppare un lavoro. L’unità di misura tradizionale del calore è la kilocaloria (kcal, anche se quella unificata su base internazionale è il joule (J) e, indirettamente, anche il wattora (Wh).
1 kcal = 4.186 J 1 kcal = 1.163 Wh
La trasmissione del calore riguarda tutti quei processi fisici nei quali una certa quantità di energia termica è trasferita da un sistema all’altro a causa di una differenza di temperatura. Tali processi avvengono secondo i principi della termodinamica di Clausius :
¾ l’energia termica ceduta da un sistema è uguale a quella ricevuta dall’altro,
¾ il calore passa da un corpo caldo a quello più freddo.
In accordo col secondo principio, due sistemi a diversa temperatura se posti in intimo contatto tenderanno a livellare le loro temperature fino a che non raggiungono lo stesso livello termico, ovvero l’equilibrio termico.
Da ciò deriva che la condizione essenziale perché ci sia passaggio di calore da un corpo ad un altro e quindi anche da un ambiente ad un altro, è che esista una differenza di temperatura fra gli stessi.
E’ molto importante anche la rapidità con cui avviene il processo di
scambio termico e quindi la quantità di calore scambiata nell’unità di
tempo, ovvero la potenza termica W che si misura in Watt.
2.1.2 LE MODALITA’ DI SCAMBIO TERMICO
Abbiamo affermato che la trasmissione del calore è un fenomeno spontaneo che avviene da un corpo caldo ad un altro freddo, fino a che raggiungono la stessa temperatura, quella di equilibrio termico. Le modalità secondo cui il calore si trasmette fra corpi (o ambienti) a temperatura diversa sono tre: conduzione, convezione, irraggiamento.
Tutti e tre i modi possono avvenire contemporaneamente, ma è opportuno considerare ogni modalità di trasferimento in ognuno dei particolari casi.
2.1.2.1 CONDUZIONE
Il trasferimento di calore avviene tra due corpi che sono messi a contatto diretto o all’interno di uno stesso corpo, senza un apprezzabile spostamento delle particelle dei corpi. E’ un fenomeno caratteristico dei corpi solidi, anche se può avvenire in misura modesta nei liquidi e nei gas (per esempio quando vengono riscaldati dall’alto). La trasmissione per conduzione è un fenomeno che avviene a causa degli urti reciproci conseguenti alle vibrazioni degli atomi o delle molecole. Fourier dimostrò che la quantità di calore che si trasmette da una faccia all’altra di una parete per conduzione è data dalla seguente formula:
Q = (λ / s) · (Ts
i–Ts
e) · S · t
In cui :
Q = quantità di calore trasmessa (Kcal)
λ = coefficiente di conducibilità interna (kcal/h m °C) s = spessore della parete (m)
Ts
i= temperatura della faccia interna (più calda) (°C) Ts
e= temperatura della faccia esterna (meno calda) (°C) S = superficie della parete (m²)
t = tempo (h)
2.1.2.2 CONVEZIONE
La trasmissione del calore per convezione si verifica quando almeno uno dei due corpi interessati è un fluido (acqua, aria, ecc.) e la trasmissione del calore è associata ad un trasferimento di materia. In un corpo a temperatura non uniforme, con zone più calde e altre più fredde, si generano continui movimenti delle particelle del fluido (moti convettivi) per effetto combinato della differenza di temperatura e della velocità del fluido stesso. Queste particelle trasportano con loro il calore posseduto e lo trasmettono a quelle più fredde, rispetto a loro, che incontrano durante lo spostamento all’interno del corpo. Questo fenomeno prende il nome di convezione naturale. Quando invece i moti delle particelle sono imposti da cause meccaniche quali una pompa o il vento, il fenomeno prende il nome di convezione forzata. Ad esempio si ha convezione quando tra due corpi circola un fluido intermedio (detto fluido termovettore), che si riscalda a contatto con il corpo caldo, e poi cede calore quando viene a contatto con il corpo freddo.
Lo studio teorico della convezione, al contrario della conduzione, presenta notevoli difficoltà, per cui il metodo su cui ci si basa per affrontare il problema è fondato sulla rilevazione di dati sperimentali che permettono di identificare quali sono le grandezze fisiche da cui dipende il fenomeno.
Si consideri ad esempio un fluido caldo a contatto con una parete
fredda; dopo un certo periodo la temperatura osservata nella massa
fluida rimane costante per poi decrescere nello strato immediatamente a
contatto con la parete. Questo sottile strato (film) di fluido venendo a
contatto con la parete si muove meno rispetto a tutto il resto del fluido
stesso, per cui attraverso esso la trasmissione del calore avviene per
conduzione. La formazione di questo film è dovuta all’azione combinata
delle forze di adesione tra fluido e corpo ed alla viscosità del fluido; il
suo spessore è unzione della natura del fluido e della velocità con cui
esso si muove sulla parete.
La conseguenza di quanto detto è che, in condizione di regime, la quantità di calore trasmessa può essere espressa dalla seguente formula:
Q = f
c· S · ΔT · t In cui:
Q = quantità di calore in (Kcal) S = superficie della parete (m²) ΔT = differenza di temperatura (K) t = tempo (h)
f
c= fattore di convezione superficiale (kcal/h m²K ), di difficile determinazione, che dipende da:
- natura del fluido - viscosità del fluido
- dal fatto che sia la parete a cedere calore al fluido o viceversa - dalla velocità del fluido rispetto alla parete
- dalla disposizione della parete rispetto alla direzione del moto del fluido.
2.1.2.3 IRRAGGIAMENTO
Il calore viene scambiato mediante emissione e conseguente assorbimento di radiazione elettromagnetica attraverso lo spazio, in modo analogo con cui avviene la trasmissione della radiazione solare.
Ogni corpo caldo, infatti, emette nello spazio circostante radiazioni elettromagnetiche in quantità proporzionale alla sua temperatura, quando questa è diversa dallo zero assoluto. Di questa energia, le radiazioni infrarosse sono quelle responsabili della gran parte di calore che viene trasferito. Se queste radiazioni vanno a colpire un corpo potranno essere riflesse, trasmesse o assorbite e, in quest’ultimo caso, il corpo si riscalda, aumentando la propria temperatura.
A differenza delle altre due modalità di scambio termico, l’irraggiamento
non richiede presenza di un mezzo perché vi sia trasmissione di energia.
La radiazione che genera la trasmissione di calore è legata allo stato energetico degli atomi che la costituiscono.
Un’ ipotesi da fare nello studio della trasmissione del calore per irraggiamento è quella di assimilare tutti i corpi a dei corpi grigi (poiché il corpo nero, che assorbe teoricamente tutte le radiazioni senza rifletterne alcuna, non esiste in natura).
La trasmissione del calore per irraggiamento è regolata dalla legge di Stefen-Boltzmann, secondo cui la quantità di calore irradiata da un corpo è proporzionale alla quarta potenza della temperatura assoluta della sua superficie:
Q = σ
o· T
4· t
σ
o= coefficiente di irradiazione che dipende dalle condizioni fisiche delle condizioni fisiche della superficie e dalla natura del corpo è detta costante di Stefen-Boltzmann e vale 5,668 · 10
-12W/cm
2K
4T = temperatura (K) t = tempo (h)
Se si considera un materiale qualsiasi, messo a disposizione dalle tecniche moderne, esso risulta sempre assimilabile ad un corpo grigio con buona approssimazione. Se chiamiamo S la sua superficie ed a il suo coefficiente di assorbimento, si può scrivere:
Q = σ
o· a · S · T
4· t
Il fatto che compaia nella formula il coefficiente di assorbimento è in accordo col principio fisico per cui ogni corpo emette energia in modo proporzionale alla sua capacità di assorbirla.
2.1.2.4 FORME MISTE DI TRASMISSIONE : ADDUZIONE
A seconda delle caratteristiche fisiche dei corpi (densità, trasparenza,
predominante una modalità rispetto alle altre, anche se spesso si verifica contemporaneamente in tutti e tre i modi descritti.
In una stanza dove il pavimento e il soffitto sono a temperature diverse (T
PAV> T
SOF) il calore è scambiato sia per convezione (il flusso andrà dal pavimento più caldo al soffitto freddo e l’aria funge da mezzo termovettore) sia per irraggiamento (il pavimento e il soffitto irradiano calore proporzionalmente alle loro temperature). Dopo un certo tempo, il calore totale scambiato è dato dalla somma del calore scambiato tramite i due singoli fenomeni.
Se si analizza la trasmissione attraverso una parete multistrato di una stanza verso l’ambiente esterno, il calore fluirà per conduzione, seguendo il gradiente di temperatura, attraversando in maniera differente gli strati a seconda delle proprietà fisiche dei materiali che compongono. Dalla superficie esterna della parete il calore verrà poi
ceduto all’aria tramite convezione e irraggiamento.
Dato che questi fenomeni sono difficilmente identificabili singolarmente e separabili nei loro effetti, si parla di trasmissione del calore per conduzione esterna o per adduzione.
In questi casi la quantità di calore trasmessa è data dalla relazione seguente:
Q = h · S · (T
1– T
2) · t
In cui:
h = fattore di adduzione (W/m
2K) S = superficie limite del corpo (m
2)
(T
1– T
2) = differenza di temperatura fra la superficie limite del corpo che riceve calore e l’ambiente (K)
t = tempo (h)
Condizione necessaria per la validità di questa formula è che i due
fenomeni, conduzione e irraggiamento, siano regolati dalle stesse
temperature T
1e T
2.
2.2 FISICA TECNICA APPLICATA ALLA CASA BIOCLIMATICA
Il calore prodotto all’interno dell’edificio non si può accumulare ma tende a disperdersi verso l’esterno. In inverno la temperatura interna degli edifici è superiore a quella esterna per cui si stabilisce un flusso di calore che tende a migrare dall’interno verso l’esterno attraverso l’involucro dell’edificio, ossia attraverso le chiusure verticali (pareti perimetrali), le chiusure orizzontali superiori (coperture) e le chiusure orizzontali inferiori (solai contro terra). Questo flusso di calore determina delle dispersioni e quindi per riuscire a mantenere dentro l’abitazione il valore di temperatura voluto, è necessario ripristinare di continuo la quantità di calore che fuoriesce attraverso gli impianti di riscaldamento.
I materiali componenti una parete che separa due ambienti a temperature differenti offrono una resistenza al passaggio del calore che varia in relazione diretta allo spessore del materiale e in relazione inversa alla sua “facilità” a trasmettere il calore (trasmittanza termica U). La resistenza termica (R) di una parete sarà data dalla somma delle differenti resistenze dei diversi strati che il flusso di calore incontrerà lungo il percorso dall’elemento più caldo a quello freddo. La coibentazione svolge la duplice funzione di contrastare, ma non annullare, la dispersione del calore verso l’esterno in inverno e la sua entrata dal di fuori in estate, tramite la presenza di una barriera isolante: questo è l’elemento tecnico che maggiormente contribuisce a ridurre della trasmissione termica creando una resistenza capace di frenare il flusso di calore. Per scegliere al meglio un elemento isolante bisogna prenderne in considerazione le caratteristiche fisico-tecniche.
2.2.1 CONDUTTIVITA’ TERMICA λ
Per conduttività termica si intende la quantità di calore che viene
trasmessa nell’unità di tempo attraverso 1 m² di superficie di uno strato
del materiale spesso 1 m quando la temperatura tra le due superfici opposte piane parallele differisca di 1 °C. L’unità di misura è il Watt per metro e grado Kelvin (W/m K). Materiali che conducono male il calore sono buoni isolanti termici e quindi si adattano bene per l’isolamento.
La conduttività termica di un materiale dipende soprattutto dal suo peso specifico, dalla temperatura e dal grado di umidità. Il valore ideale del peso specifico varia grosso modo tra i 20 kg/m
3e 100 kg/m
3. A temperature molto basse migliora leggermente l’azione isolante dei materiali e viceversa. Infine anche il grado di umidità diminuisce l’azione isolante di un materiale di costruzione.
Le percentuali di aria o gas racchiusi in un elemento di costruzione e il modo in cui sono racchiusi possono migliorare radicalmente la conduttività termica. Ad esempio in una finestra doppia il vetro è di per sé un ottimo conduttore ma lo strato d’aria o gas presente tra le due lastre ostacola la conduzione termica e si ha quindi un’azione isolante.
Sullo stesso principio si basa la struttura dei mattoni da costruzione.
Questi non sono pieni all’interno ma presentano molti fori contenenti aria disposti in vario ordine. Poiché nel muro finito lo strato d’aria è chiuso e statico rispetto l’esterno, fa da isolante. Grossomodo vale la regola secondo cui un mattone presenta caratteristiche d’isolane migliori quanto più è poroso. Lo svantaggio sta nel fatto che un’eccessiva porosità ha effetti negativi sulle caratteristiche di staticità e isolamento acustico
2.2.2 CAPACITA’ TERMICA c
La capacità termica c indica la quantità di calore necessaria per
riscaldare di 1°C la massa di 1 kg di un certo materiale, misurata in
(J/kg K). Quanto maggiore sarà questo valore, tanto più il materiale
saprà accumulare calore e trattenerlo per più tempo, reagendo
lentamente al riscaldamento e raffreddamento. In questo modo
intercorrerà più tempo affinché una variazione di temperatura esterna
determini una corrispondente variazione interna: tale tempo è detto
sfasamento e si calcola in base al peso specifico, la conduttività e la capacità termica. Tutti i materiali con basso peso specifico, ossia quelli di origine organica-sintetica, e i materiali fibrosi di origine minerale, mostrano scarse capacità di accumulo di calore.
2.2.3 RESISTENZA ALLA DIFFUSIONE DI VAPOR D’ACQUA µ
La resistenza alla diffusione di vapore acqueo µ indica l’opposizione di un certo materiale al trasporto di vapore all’interno dell’elemento strutturale. Se il vapore condensa all’interno dell’elemento strutturale e lo infradicia, questo perde il suo potere isolante (l’acqua è un buon conduttore).
Il valore di µ varia da 1 all’infinito: se è <50 si ha diffusione elevata; se invece è fino a 500 il materiale è detto frenante; infine se ha valori >500 il materiale è una barriera al vapore, cioè ha una diffusione bassissima.
Materiali che si oppongono o rallentano il passaggio del vapore non hanno in genere effetti positivi, poiché non permettono la traspirazione.
Questo coefficiente è importante per valutare la durata di vita di un materiale, dipendente dal montaggio, che deve essere eseguito a regola d’arte, e da problemi legati alla formazione di condense e muffe. A questo riguardo sarà opportuno scegliere materiali traspiranti, che quindi non resistono alla diffusione del vapore in modo tale che l’umidità che si accumula fuoriesce facilmente e non genera danno permanenti alla costruzione.
2.2.4 PROFONDITA’ DI PENETRAZIONE b
Indica con quanta velocità un materiale da costruzione assorbe o cede calore. Viene calcolata con la seguente formula:
b = ( λ · c · ρ )
1/2dove ρ è la densità del materiale (kg/m
3).
Viene misurata in kJ/(m
2h
1/2K). Toccando un materiale con un alto valore di b questo cede velocemente il calore e il materiale è percepito come freddo.
2.2.5 RESISTENZA TERMICA R
La resistenza termica R, misurata in (m
2K/W), è calcolata come segue:
R = s / λ
Dove:
s = spessore di uno strato della parete (m) λ = conduttività termica (W/mK)
Quando si hanno elementi strutturali a più strati (ad es. parete composta da intonaco interno, muro in mattoni, isolante, intonaco esterno) il calcolo viene fatto per ogni strato singolarmente. Per elementi disomogenei (ad es. i laterizi sono costituiti nelle partizioni orizzontali e verticali anche da cemento o malta) o in caso di presenza di intercapedine d’aria, si devono considerare valori di calcolo differenti.
Per determinare la resistenza termica di questi strati si deve far riferimento non alla conduttività ma alla conduttanza termica unitaria C (W/m
2K), i cui valori per le principali tipologie di chiusure sono forniti dalla norma UNI 10355. Nel caso di intercapedine d’aria, per spessori tra 2 e 10 cm si ha:
per strato verticale inserito in parete = 6,4 m
2K/W per strato orizzontale inserito in solaio = 7 m
2K/W per sup. orizzontale inserito in vespaio = 5,2 m
2K/W
Per il calcolo della resistenza bisogna anche considerare le resistenze
termiche superficiali: la resistenza termica d’ammissione e la resistenza
termica d’emissione dell’intero pacchetto d’involucro. Le resistenze
termiche superficiali tengono conto della trasmissione d’energia dall’aria
alla superficie degli elementi di costruzione. La resistenza termica
d’ammissione rappresenta l’inverso del coefficiente di adduzione interno h
intespresso in W/m
2K e la resistenza termica d’emissione rappresenta l’inverso del coefficiente di adduzione esterno h
est.
Se si considera una parete dell’involucro edilizio o una qualunque altra parte dell’edificio che disperde calore, secondo la norma UNI 7357-74, i coefficienti avranno i seguenti valori:
h
intper sup. orizzontale ascendente = 8 W/m
2K h
intper sup. verticale = 7 W/m
2K
h
intper sup. orizzontale discendente = 5 W/m
2K
h
estper sup. verticale e orizzontale ascendente = 20 W/m
2K h
estper sup. orizzontali discendente = 14 W/m
2K
Quindi, i valori di resistenza termica superficiali saranno:
R
SI= 1/ h
intR
SE= 1/ h
estChiusura verticale 0.123 0.043
Chiusura orizzontale 0.107 0.043
TAB 2.1 valori di resistenze termiche superficiali (ROCKWOOL)
In definitiva, il calcolo della resistenza termica totale sarà:
R
TOT= R
SI+ R
1+ R
2+ 1/C + … + R
n+ R
SEDove:
R
SI= Resistenza termica superficiale interna
R
1, R
2, … , R
n= resistenza termica di ogni strato
R
SE= resistenza termica superficiale esterna
C = conduttanza termica
2.2.6 TRASMITTANZA TERMICA U
Normalmente per valutare il comportamento di una barriera termica come può essere un muro, si utilizza la trasmittanza termica globale interno-esterno U.
Essa misura la quantità di calore per unità di tempo (cioè la potenza termica) che attraversa un metro quadrato di involucro quando tra le 2 facce c’è una differenza di temperatura di 1 grado Kelvin, ed è infatti misurata in (W/m
2K). È definita dall’inverso della somma delle resistenze termiche R degli strati che costituiscono la chiusura. A bassi valori di trasmittanza termica corrisponde una minore dispersione del calore e una migliore coibentazione.
U = 1/R
A causa delle diverse conduttività termiche dei materiali è necessario far variare i loro spessori per ottenere lo stesso valore di U: ad esempio un isolante con λ=0,035 W/mK dello spessore di 10 cm ha lo stesso potere isolante di un muro in cemento armato (λ=0,7 W/mK) di 6 metri!
2.3 IL FABBISOGNO ENERGETICO DI UN EDIFICIO
Gli edifici consumano energia per soddisfare bisogni diversi, quali:
¾ climatizzazione invernale e produzione di acqua calda per usi igienico sanitari
¾ climatizzazione estiva
¾ ventilazione
¾ illuminazione
¾ impianti tecnici in genere
La quantità di calore che deve essere fornito all’ambiente interno di un
edificio per mantenere condizioni di comfort e quindi una temperatura
ottimale (20° C) è definita fabbisogno termico di riscaldamento o
fabbisogno di energia termica utile (UNI EN 832). Per soddisfare tale
fabbisogno è necessario un sistema di riscaldamento: il fabbisogno di energia primaria è la quantità di energia da fornire al sistema di riscaldamento per soddisfare il fabbisogno di calore e dipende quindi dal rendimento energetico degli impianti.
Secondo la direttiva 2002/91/CE il rendimento energetico di un edificio è la quantità di energia effettivamente consumata o si prevede possa essere necessaria per soddisfare i bisogni di riscaldamento delle stanze, dell’acqua, di raffrescamento, ventilazione e illuminazione.
2.3.1 METODOLOGIE DI CALCOLO
Per quanto riguarda la climatizzazione invernale degli edifici nel rispetto dei criteri di uso razionale dell’energia e contenimento dei consumi, la normativa attualmente in vigore a cui si deve fare riferimento è il D.Lg 192/2005 coordinato col D.Lg 311/2006 e si devono anche considerare la normativa UNI EN 832, riformulazione europea della superata UNI 10344, e la UNI 10348. Precedentemente, in Italia il riferimento erano la legge 10/91, compendiata dai decreti attuativi (DPR 412/93 e norme UNI, UNI EN ISO) e la Direttiva 2002/91/CE del Parlamento Europeo.
E’ stato il DPR 412/1993 (attuazione della Legge 10/91) per primo a introdurre una metodologia per la valutazione globale della qualità energetica di un edificio: progettazione, costruzione, esercizio di edifici civili e industriali viene regolata da metodi e limiti per la massima potenza energetica dissipata, per l’energia primaria consumata stagionalmente, e per l’efficienza complessiva del sistema. La legge 10/91 aveva fissato come criteri per determinare le prestazioni energetiche:
¾ Coefficiente volumico di dispersione termica Cd (W/m
3K) ovvero la
potenza termica dispersa attraverso le chiusure opache e
trasparenti dell’edificio per unità di gradiente termico ed unità di
volume riscaldato. In questo coefficiente venivano però trascurati gli
apporti di calore dovuti all’irraggiamento solare ed ai carichi interni
(illuminazione, persone, macchinari).
¾ Il FEN, ovvero il fabbisogno energetico (di energia primaria) stagionale dell’edificio. È il valore del fabbisogno di energia primaria richiesto dalla costruzione per la climatizzazione invernale, ovvero la massima quantità di energia primaria che può essere richiesta in un anno per mantenere gli ambienti alla temperatura costante di 20 °C con opportuno ricambio d’aria. Tale valore doveva essere inferiore al valore limite fissato nella UNI 10379
¾ η
g, rendimento globale medio stagionale, limite inferiore all’efficienza complessiva del sistema edilizio-impiantistico.
Nel D.Lg 192/05, di recepimento della direttiva n. 2002/91/CE, anche per il settore italiano dell'edilizia vengono stabiliti i criteri, le condizioni e le modalità al fine di migliorare le prestazioni energetiche degli edifici per : “favorire lo sviluppo, la valorizzazione e l’integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica, introducendo, inoltre, una metodologia di calcolo, i requisiti della prestazione energetica per il contenimento dei consumi, nonché le modalità di esercizio e di conduzione degli impianti termici".
Vi sono delle novità rispetto alla precedente valutazione delle prestazioni energetiche dell’edificio: dal 1 gennaio 2006 al calcolo e verifica di Cd è sostituito l’obbligo del rispetto, per strutture opache e vetrate, dei valori limite della trasmittanza termica U indicati nell’Allegato C del decreto stesso. I valori limite riportati nelle tabelle sono espressi in funzione della zona climatica, e del rapporto di forma dell’edificio S/V (S, espressa in metri quadrati, è la superficie che delimita verso l’esterno ovvero verso ambienti non dotati di impianto di riscaldamento, e V è il volume lordo, espresso in metri cubi, delle parti di edificio riscaldate, definito dalle superfici che lo delimitano).
Il rendimento energetico dell'edificio è definito come “la quantità annua
di energia effettivamente consumata o che si prevede possa essere
necessaria per soddisfare i vari bisogni connessi ad un uso standard
dell'edificio, compresi la climatizzazione invernale e estiva, la
preparazione dell’acqua calda per usi igienici sanitari, la ventilazione e
l'illuminazione. Tale quantità viene espressa da uno o più descrittori
che tengono conto della coibentazione, delle caratteristiche tecniche e di installazione, della progettazione e della posizione in relazione agli aspetti climatici, dell'esposizione al sole e dell'influenza delle strutture adiacenti, dell'esistenza di sistemi di trasformazione propria di energia e degli altri fattori, compreso il clima degli ambienti interni, che influenzano il fabbisogno energetico”.
La norma tecnica UNI 832 è lo strumento necessario per il calcolo dell’
energia termica di riscaldamento e , al posto del FEN, di un nuovo descrittore della prestazione energetica dell’edificio: il fabbisogno annuo di energia primaria (kWh/m
2a) necessario per il riscaldamento, produzione di acqua calda, raffrescamento estivo, illuminazione e apparecchi elettrici. Tale parametro rappresenta, a tutti gli effetti, il consumo totale di combustibile ed energia elettrica del sistema “edificio- impianto” , e dovrà essere confrontato coi valori di legge, differenziati per zona climatica, indicati nell’Allegato C della norma stessa.
Nel decreto Il calcolo si basa sulla valutazione del bilancio energetico giornaliero in regime stazionario , che prende in considerazione in termini di apporti:
¾ energia primaria necessaria per il funzionamento della centrale termica;
¾ apporti gratuiti di energia dovuta a sorgenti interne (luci, persone, apparecchiature) e alla radiazione solare (attraverso le superfici opache e vetrate), mediante un fattore di utilizzo.
Per quanto riguarda invece le perdite, queste sono costituite da:
¾ energia dispersa per trasmissione con l’ambiente esterno e il terreno;
¾ energia dispersa attraverso i ponti termici;
¾ energia dispersa per ventilazione;
¾ energia persa dall’impianto termico nelle fasi di produzione, regolazione, distribuzione ed emissione di calore.
Si dovrà quindi tenere conto di quelle grandezze che prendono parte agli
scambi termici, definendo oltretutto lo spazio a cui estendere il bilancio
(zona climatica) e le sue caratteristiche medie mensili.
L’ubicazione dell’edificio, sia in relazione ai fattori geografici (collocazione territoriale, altitudine, ecc) che climatici (esposizione al sole, vento ed altri agenti atmosferici) è determinante per la valutazione della temperatura di riferimento dell’ambiente esterno.
La struttura è altresì da considerare sia dal punto di vista architettonico che in relazione agli altri materiali utilizzati che alla vicinanza con altri stabili.
Infine, si dovrà tener conto delle caratteristiche dell’ impianto termico e le sue condizioni di utilizzo.
2.3.2 DATI CLIMATICI
Considerato che il flusso termico che interessa l’edificio dipende dalla differenza di temperatura tra l’ambiente interno ed esterno, è necessario individuare quelle grandezze che influenzano tale scambio, quali la temperatura dell’aria esterna e l’irradiazione solare.
Il primo passo consiste nell’individuare la zona climatica e i relativi gradi giorno che caratterizzano il luogo di interesse. Nel DPR 412/93 i gradi giorno di una località, sono definiti come “la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale convenzionale di riscaldamento, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura dell'ambiente, convenzionalmente fissata a 20 gradi centigradi, e la temperatura media esterna giornaliera; l'unità di misura utilizzata è il grado giorno (GG)”.
GG = gg · (20 - T
m)
Dove:
gg = numero di giorni di riscaldamento acceso T
m= temperatura media giornaliera esterna
Il decreto suddivide il territorio nazionale in sei zone climatiche in
funzione dei gradi-giorno:
ZONE CLIMATICHE GRADI GIORNO
Zona A fino a 600
Zona B da 601 a 900
Zona C da 901 a 1400
Zona D da 1401 a 2100
Zona E da 2101 a 3000
Zona F oltre 3000
TAB 2.2 Gradi-giorno e relative zone climatiche (DPR 412/93)
Nella tabella nell’Allegato A del suddetto decreto sono elencati (con riferimento alla casa comunale) l’altitudine, i gradi giorno e la zona climatica di ciascun comune del territorio nazionale.
Relativamente alle zone climatiche, sono fissati i limiti massimi, riferiti a periodo annuale, di esercizio dell’impianto termico ed alla durata giornaliera di attivazione.
Per quanto riguarda l’irradiazione (o irraggiamento) solare si fa riferimento alle norme UNI 10349 e UNI EN 832, che permettono di ricavare sia il valore I dell’irradiazione solare mensile, che dell’irradiazione solare totale mensile per unità di area, I
s.
2.3.3 DATI RELATIVI ALL’EDIFICIO
La temperatura ottimale dell’ambiente in un edificio dipenderà dalla categoria in cui esso stesso ricade. Nel più volte menzionato DPR 412/93 i valori massimi di temperatura sono fissati in:
¾ 18°C ± 2°C di tolleranza per edifici “adibiti ad attività industriali, artigianali ed assimilabili”;
¾ 20°C ± 2°C di tolleranza per edifici in categoria diversa dalla
precedente.
2.3.4 FABBISOGNO DI ENERGIA TERMICA STAGIONALE PER IL RISCALDAMENTO Q
hIl fabbisogno ideale di energia termica utile Q
h(kJ o kWh) è un parametro che identifica la qualità dell’isolamento termico dell’edificio ed è il dato fondamentale di ingresso per il calcolo dei fabbisogni energetici effettivi. Secondo la norma UNI 832, a tale fabbisogno ideale andranno poi sottratte le perdite eventualmente recuperate dal sistema di riscaldamento e si dovrà poi tener conto delle perdite di emissione e regolazione.
Q
hè calcolato supponendo un funzionamento continuo degli impianti di riscaldamento, cioè al mantenimento di una temperatura interna dell’edificio costante nel tempo. Esso è dato da:
Q
h= Σ Q
l– η
uQ
gdove:
Q
l= energia dissipata;
η
u= fattore di utilizzo, che tiene conto del comportamento dinamico dell’edificio (inerzia termica delle strutture);
Q
g= contributo dovuto agli apporti energetici gratuiti (solari e interni).
2.3.5 ENERGIA DISSIPATA
Le dispersioni di calore sono quelle relative alla trasmissione attraverso l’involucro verso l’esterno e verso locali non riscaldati, ai ponti termici e alla ventilazione dei locali.
Q
l= Q
t+ Q
p+ Q
vDove:
Q
t= energia dispersa attraverso l’involucro;
Q
p= energia dispersa attraverso i ponti termici;
Q
v= energia dispersa per ventilazione.
2.3.5.1 ENERGIA DISPERSA ATTRAVERSO L’INVOLUCRO
Le dispersioni tramite le chiusure opache, le pareti, sono dovute, come già analizzato, dalle diverse caratteristiche geometriche, fisiche e strutturali dei materiali che le compongono, che sono più o meno trasmittenti, assorbenti o riflettenti il calore. La potenza termica W
t(Watt) dissipata per dispersioni termiche attraverso le chiusure opache sarà:
W
t= U · A · ΔT
Dove:
U = trasmittanza termica (W/m
2K);
A = area della superficie di scambio (m
2);
ΔT = differenza di temperatura tra l’interno (20°C) e l’esterno.
Si vuole ora valutare l’energia termica dispersa in una determinata zona, riscaldata a temperatura uniforme, durante un certo periodo di tempo, ad esempio in inverno.
Si ipotizza sempre una situazione costante di massimo fabbisogno prevedibile, con valore di temperatura interna di 20°C ed un minimo di temperatura esterna.:
Q
t= 86400 · gg · ΔT · Σ AU (Joule)
In cui:
86400 = secondi del giorno;
gg = numero di giorni di riscaldamento acceso;
ΔT = differenza di temperatura tra l’interno e l’esterno;
Σ AU = sommatoria dei prodotti tra tutte le trasmittanze termiche per le relative superfici dell’involucro edilizio.
Se si vuole invece esprimere l’energia in Wh:
Q
t= 24 · gg · ΔT · Σ AU
Dove 24 sono le ore del giorno.
Tenendo conto che gg · ΔT = GG (gradi giorno), ed utilizzando il coefficiente di dispersione volumica Cd si può scrivere tale formula con un’altra espressione:
Q
t= Cd · V · GG · 86400 (J)
Q
t= Cd · V · GG · 24 · 1000 (kWh)
Dove:
V = volume lordo degli ambienti riscaldati.
2.3.5.2 ENERGIA DISPERSA ATTRAVERSO I PONTI TERMICI
Normalmente il calcolo delle dispersioni termiche di un edificio viene svolto considerando che le temperature interne ed esterne siano costanti (Regime Termico Stazionario). Questo significa che il "flusso termico" che si instaura attraverso il muro è costante e che le linee isoterme che descrivono i vari strati di temperatura nelle varie sezioni del muro, sono perfettamente parallele alle superfici del muro stesso.
Nella realtà questa ipotesi di distribuzione della temperatura per piani paralleli non risulta mai verificata perché la parete non è mai completamente omogenea e tanto meno di lunghezza indefinita. Si pensi, ad esempio, proprio ad una parete realizzata con blocchi di laterizio, la cui struttura non è omogenea ma formata da setti di argilla cotta, cavità di aria, malta dei giunti, malta di intonaco.
Di conseguenza l'andamento della temperatura all'interno della generica
parete non è costante ma varia in relazione al tipo di disomogeneità o di
configurazione geometrica.
Figura 2.1 I ponti termici possono essere causati da discontinuità dei materiali o da discontinuità geometriche (www.laterificiopugliese.it).
In generale si può dire che i ponti termici possono essere generati dalle seguenti circostanze:
¾ disomogeneità termica dei materiali che compongono uno strato (ad esempio la composizione di un solaio o la presenza di un pilastro di cemento armato in una parete di materiale diverso;
¾ disomogeneità geometrica (angoli di parete o incroci ecc.).
La presenza di un ponte termico comporta, in generale, una diversa distribuzione delle temperature sia superficiali che interne al diaframma e quindi un aumento della quantità di calore disperso.
La quantità di calore dispersa dai ponti termici Q
p(kWh), viene solitamente calcolata utilizzando la formula :
Q
p= U · A · (Ti −Te) + Ψ · L · (Ti −Te)
essendo:
U = trasmittanza della parete ( W/m
2K) A = area della superficie della parete ( m
2)
(Ti - Te) = differenza di temperatura tra ambiente interno ed esterno
Ψ = coefficiente di trasmissione termica lineare del ponte termico,
tabulata (W/mK)
L = lunghezza del ponte termico ( m )
2.3.5.3 ENERGIA DISPERSA PER VENTILAZIONE
Per quanto riguarda invece le perdite di calore dovute alla ventilazione, per una stanza abitata sarà raccomandabile avere un ricambio di mezzo volume all’ora, per i bagni il valore opportuno è di 2 volumi d’aria all’ora e per la cucina di 1 volume all’ora.
Impostando come valore di riferimento 0,5 vol/h, il calore disperso per ventilazione Q
v(kWh) sarà:
Q
v= 0.5 · 0.34 · V · GG · (24/1000)
Dove:
V = volume lordo dei locali riscaldati (m
3)
2.3.6 APPORTI ENERGETICI GRATUITI
L’energia dovuta agli apporti energetici gratuiti Q
gè data da:
Q
g= Q
s+ Q
lDove:
Q
s= contributo dovuto alla radiazione solare;
Q
i= apporto di energia dovuto alle sorgenti interne:
2.3.6.1 APPORTI DOVUTI ALLA RADIAZIONE SOLARE
Per il calcolo del contributo dovuto alla radiazione solare Q
svengono
qua considerati solo i contributi dovuti alla radiazione solare che
penetra nella zona riscaldata attraverso i componenti trasparenti
(finestre), essendo usualmente trascurabili gli apporti dovuti alle
superfici esterne opache.
Nel caso si ritenga che questi apporti siano importanti o vengano utilizzati componenti edilizi speciali (serre solari, etc.) vanno effettuati calcoli più dettagliati come suggerito dalla UNI 10344 Appendice F o EN 832 Annex D.
Il contributo dovuto alla radiazione solare Q
s(kJ) è dato in generale da:
che, in kWh sarà:
Dove:
I
s,j =irradiazione solare globale stagionale incidente sulla parete con esposizione j espressa in MJ;
e = numero di esposizioni;
A
e,ji =area equivalente della i-esima superficie trasparente (porta, finestra, etc.) con esposizione j ;
v = numero di pareti con esposizione j;
L’area equivalente di una superficie trasparente A
e, quale una finestra, viene determinata come segue:
A
e= A
s· F
s· F
c· F
f· g
Dove:
A
s= area lorda del serramento (m
2);
F
s= fattore di schermatura, compreso tra 0 e 1, che tiene conto di eventuali ostruzioni esterne dovute all’orografia o ad altri elementi;
F
c= coefficiente di riduzione dovuto a schermi interni e/o esterni
(tendaggi o similari);
F
f= coefficiente di riduzione dovuto al telaio (rapporto tra superficie vetrata netta e superficie totale) che in assenza di dati specifici può essere assunto pari a 0,87;
g = fattore di trasparenza dell’elemento vetrato.
Il fattore di trasparenza g è il valore medio su tutti gli angoli di incidenza che, mancando di dati specifici, può essere assunto pari all’85% del coefficiente di trasparenza determinato per il raggio solare perpendicolare alla superficie del vetro. In assenza di dati forniti dal costruttore g può essere desunto dalla tabella seguente per alcuni tipi di vetro di uso più comune.
TIPO DI VETRO g
Vetro singolo 0,82
Doppio vetro 0,70
Triplo vetro 0,60
TAB 2.3 : Fattore di trasparenza medio per alcuni tipi di vetri (UNI 10344)
2.3.6.2 APPORTI DOVUTI A SORGENTI INTERNE
Le sorgenti interne di energia termica presenti all’interno di uno spazio chiuso sono generalmente dovute a occupanti, apparecchiature elettriche, di illuminazione, di cottura, acqua sanitaria reflua. A titolo di esempio basta pensare ad un adulto a riposo, il quale cede all’ambiente circa 125 kcal/h (145 W), per evaporazione, convezione e irraggiamento.
L’energia mensile fornita dagli apporti interni Q
i(Wh) è data da:
Q
i= (Σ (a · A
p)) · gg · 3600 Dove:
a = potenza media fornita dagli apporti interni per unità di superficie del paimento (W/m
2)
Gli apporti interni medi di calore sono ricavati in funzione della
destinazione d’uso dei locali e della superficie lorda S:
DESTINAZIONE D’USO APPORTI GLOBALI UNITA’ DI MISURA Appartamenti con S fino a 200 m
26,25 – 0,02 · S W/m
2Appartamenti con S oltre i 200 m
2450 W
Edifici adibiti ad uffici 6 W/m
2Edifici adibiti ad attività commerciali 8 W/m
2TAB 2.4 : Valori globali degli apporti gratuiti (Raccomandazioni CTI)