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Ayl et al 1992

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Academic year: 2021

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5. DISCUSSIONE

Il MCT cutaneo canino ha un comportamento biologico estremamente variabile e può essere caratterizzato da masse con caratteristiche benigne così come da masse a carattere maligno accompagnate da diffusione metastatica della malattia (Bostock 1973; Thamm e Vail 2001). In generale, lo stadio clinico della malattia riflette la combinazione di importanti fattori prognostici ed è considerato il dato più affidabile da prendere in considerazione per selezionare la modalità di trattamento più adeguata e stimare l’evoluzione che avrà la malattia nel paziente (Bostock 1973; Ayl et al 1992; Turrel et al 1988).

Nel caso del MCT del cane, il coinvolgimento del linfonodo è menzionato in molti studi come un fattore prognostico rilevante; di conseguenza, la valutazione del linfonodo regionale risulta essere una parte importante della procedura di stadiazione del tumore secondo il sistema di classificazione delineato dal WHO (Owen 1980;

Murphy et al 2006; Thamm et al 1999). Quando il LR è interessato da diffusione metastatica, il MCT cutaneo è soggetto ad una prognosi più infausta e dovrebbe essere gestito da un punto di vista terapeutico in maniera più aggressiva (Murphy et al 2006; Douglas et al 1999; Cahalane et al 2004). Difatti, i cani con MCT di stadio II o IV (con evidenti metastasi al LN) mostrano un tempo di sopravvivenza più breve rispetto ai cani con MCT di stadio I o III (senza metastasi evidenti) (Murphy et al 2006). Pertanto, un’accurata valutazione del LR eseguita pre-operativamente potrebbe essere di aiuto nell’identificare i pazienti con LN-positivi e mettere in atto una terapia diretta. In effetti, identificare un LR come negativo risparmia i cani da una completa linfoadenectomia regionale che in questo caso risulta chiaramente

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inutile. Alcuni studi hanno riportato una morbilità notevole derivante dalla dissezione del LN e un tasso di complicazioni oscillanti dal 25% al 61% (Beitsch e Balch 1992;

Baas et al 1992; Hughes e Thomas 1999). L’infezione della ferita, la formazione di un sieroma, un’ematoma e un linfedema costituiscono complicazioni comuni (Wrightson et al 2003; Wasserberg 2004). Inoltre, secondo l’ipotesi di sorveglianza immunitaria stipulata da Burnet (1970), il sistema immunitario è continuamente sensibilizzato per fornire un aiuto nel prevenire lo sviluppo del tumore. Il LR rappresenta il primo organo linfoide in grado di fornire una barriera nei confronti dell’invasione linfatica della neoplasia e, quindi, è la prima struttura che incontrano gli antigeni tumorali rilasciati dal tumore primario nel circolo linfatico, con conseguente attivazione dei linfociti (Kim et al 2006). La conseguenza è che lasciando in loco i LNs che non mostrano coinvolgimento metastatico si beneficia il cane di una migliore riposta immunitaria. D’altra parte, il riconoscimento dei LR positivi fornisce il mezzo per predire quali animali dovranno essere sottoposti a linfoadenectomia regionale, associata probabilmente ad una chemioterapia adiuvante.

Il processo di diffusione delle cellule tumorali attraverso la via linfatica non è un evento casuale, ma segue uno schema ordinato e prevedibile (Borgstein e Meijer 1998). Infatti i LR che si trovano più vicino al tumore primario sono selettivamente

“down-regolati” da fattori prodotti dal tumore ed è questa “down-regulation” che facilita lo sviluppo e la progressione di metastasi tumorali precoci (Cochran et al 2001). Quindi identificando il percorso della linfa dal sito principale al bacino linfatico regionale, si può identificare il LN o i LNs che probabilmente contengono le metastasi (Borgstein e Meijer 1998). Tali LNs vengono denominati “linfonodi sentinella” (LS). La biopsia del LS viene ampliamente eseguita in medicina umana per lo studio del melanoma e del cancro al seno. Questo termine, però, non può

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essere applicato ai LNs presi in esame nel seguente studio dal momento che esso consegue alla mappatura linfatica intraoperatoria ottenuta inserendo un colorante blu a livello intradermico, seguita da un’attenta esplorazione chirurgica del bacino regionale (Morton et al 1992).

Nel MCT canino, il significato clinico di metastasi occulta al LN non è stato completamente chiarito. Considerando che la disseminazione della metastasi si verifica attraverso i vasi linfatici, sarebbe oltremodo scontato che le micrometastasi progredissero ai LR e al di là di questi, conferendo implicazioni prognostiche.

Attualmente, il sistema di stadiazione WHO che delinea la classificazione del MCT secondo 4 stadi, considera semplicemente lo stato del LR come positivo o negativo valutato mediante parametri istopatologici, linfoangiografia o altre procedure diagnostiche (Owen 1980). Sebbene la malattia macrometastatica è relativamente facile da diagnosticare per mezzo della valutazione citologica o istologica, le micrometastasi così come la malattia clinicamente occulta sono piuttosto complesse da identificare e rappresentano quindi una sfida diagnostica. Per questa ragione, viene impiegato uno sforzo continuo nella stadiazione del MCT del paziente affinché essa sia effettuata in maniera accurata.

Per quanto riguarda l’esame citologico, questo rappresenta una delle migliori tecniche per la valutazione del LR, in quanto è di ordine pratico, rapido, efficiente e poco costoso. Tuttavia, nel caso del MCT, si assiste ad una mancanza di dati specifici in letteratura medianti i quali definire in maniera obiettiva lo stato del LR. Secondo i risultati ottenuti da uno studio eseguito da Ayl et al 1992, è possibile ritrovare MCs in LNs normali in quantità ridotte (in media 5 MCs per campione citologico, in un range variabile da 1 a 16), mentre la percentuale può essere leggermente aumentata nel caso in cui ci troviamo davanti ad un LN reattivo o iperplastico (Raskin 2001;

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Thamm e Vail 2007; Bookbinder et al 1992). Diversi autori hanno lavorato in questa direzione, cercando di valutare i LNs in modo da evidenziare la presenza di metastasi nei cani con MCT.

Dall’osservazione di tutti questi studi emerge la considerazione che la valutazione dei MCs contenuti nei LNs è soggettiva. Quindi l’interpretazione del coinvolgimento linfonodale, in particolare quanto sono trattati casi dubbi, è inconsistente e non riproducibile.

Con questa tesi si è cercato di migliorare l’accuratezza nel determinare la carica micrometastatica del LR mediante l’utilizzo dell’analisi morfometrica nucleare computerizzata. Allo scopo di standardizzare tale tecnica, è stato messo in atto uno studio preliminare nei confronti dell’affidabilità della colorazione DQ nel rilevare la presenza dei MCs. L’utilizzo della colorazione DQ rispetto ad altri tipi di colorazione, infatti, presenta molti vantaggi tra i quali la rapidità nell’esecuzione, l’esistenza della stessa in commercio pronta per l’uso, il basso costo e il fatto che rappresenta la colorazione routinariamente adottato dalla maggior parte dei professionisti (Scott e Stckham 2000). I risultati ottenuti da questo studio non hanno mostrato alcuna differenza tra la colorazione MGG e la colorazione DQ nell’identificazione dei MCs. Tale esito conferma l’opinione condivisa da numerosi studiosi i quali sostengono che i MCs colorati con DQ sono perfettamente riconoscibili e che, quindi, la convinzione ampiamente diffusa che la suddetta colorazione non sarebbe in grado di permettere il riconoscimento di queste cellule è priva di fondamenta. La colorazione DQ, infatti, presenta difficoltà solamente nell’identificazione dei basofili del cane ma non dei suoi mastociti.

In numerosi lavori scientifici (Langenbach et al 1992; Cahalane et al 2004;

Thamm et al 2006), i MCs contenuti nei LNs sono stati espressi sottoforma di un

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numero assoluto. Considerando il fatto che la cellularità del preparato citologico è molto variabile, in questa tesi è stato ritenuto più appropriato esprime la quantità di MCs presenti sottoforma di percentuale rispetto al numero totale di cellule contate, piuttosto che di numero assoluto.

Comparando le percentuali ottenute, sono state evidenziate differenze statisticamente significative tra la percentuale di MCs calcolata nei cani con stadio clinico II e IV della malattia (Sottogruppo 3.3) rispetto a quella calcolata in tutti gli altri gruppi, risultando in tal modo utile nella stadiazione. Tuttavia, dai risultati ottenuti, è emerso che alcuni pazienti oggetto di studio presentavano valori limite tra distinti stadi della malattia (Sottogruppo 3.2), il che suggerisce la necessità di ulteriori indagini.

È ben documentato in letteratura che la forma nucleare rappresenta un fattore critico per la caratterizzazione di molte proliferazioni neoplastiche (Wydner et al 1991). In particolare, l’irregolarità della forma nucleare è comunemente valutata al fine di stabilire il grado della trasformazione neoplastica (Wydner et al 1991). In letteratura veterinaria si ritrovano numerose relazione esistente tra questo ed il grado istologico, le quali corroborano questa affermazione mostrando che i MCTs indifferenziati tendono a presentare anomalie nucleari come ad esempio lobulazioni e rientranze (Patnaik et al 1984; Strefezzi et al 2003). Non deve essere tralasciato, comunque, che la descrizione della circolarità del nucleo è strettamente dipendente dall’operatore mentre il valore intrinseco della morfometria sta nel fatto che essa consente di eseguire misurazioni oggettive e che i dati sono ottenuti rapidamente attraverso l’uso dell’analisi microscopica convenzionale, munita di uno speciale supporto computerizzato.

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In questo studio, sono stati analizzati 5 parametri nucleari attraverso la citomorfometria computerizzata. Questi includono l’MNA e l’MNP per la valutazione della dimensione del nucleo, il rapporto LS e l’FF per la caratterizzazione della forma nucleare, e l’NACV per la valutazione dell’anisocariosi, allo scopo di mostrare la presenza di metastasi nei cani con MCT cutaneo. L’attuale risultato, sebbene preliminare, dimostra che l’area nucleare ed il perimetro nucleare costituiscono i più appropriati parametri morfometrici nucleari per differenziare i MCs neoplastici da quelli non neoplastici nei LNs di cani con MCT cutaneo, rappresentando così elementi predittivi del rischio di un comportamento biologico aggressivo del tumore.

Secondo quanto è risultato dalla ricerca, i nuclei appartenenti ai MCs neoplastici sembrano essere di grandi dimensioni. In realtà, MNA e MNP erano significativamente più elevati nei cani con LN-positivi (Sottogruppo 3.3) rispetto a quelli con LN-negativi (Sottogruppo 3.1). Anche nel Sottogruppo 3.2 MNA e MNP sono risultati elevati suggerendo una probabile carica micrometastatica. Ponendo la condizione che la morfometria nucleare non deve essere eseguita sui MCs nei quali i granuli oscurano il nucleo, si dovrebbe supporre che è stata involontariamente e preferenzialmente selezionata una popolazione di MCs poco differenziati. Per valutare l’affidabilità della morfometria è stato considerato importante l’esame di follow-up. Infatti, i MCs provenienti dai cani senza malattia metastatica in via di sviluppo (Sottogruppo 3.1) hanno mostrato valori di MNA e MNP simili a quelli calcolati nel Gruppo 2, ma minori rispetto a quelli del Sottogruppo 3.3. Ciò indica quindi che il numero dei granuli potrebbe non essere elusivo del grado di differenziazione del tumore ma potrebbe indicare pure una degranulazione.

Riferendosi invece al valore FF, esso ha mostrato una differenza statisticamente

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significativa tra il Sottogruppo 3.1 e il Sottogruppo 3.3 suggerendo che i nuclei che presentano forma ellittica potrebbero coincidere con MCs metastatici. Benché la stessa differenza statistica è stata riscontrata anche tra il Sottogruppo 3.2 e il Sottogruppo 3.3, il valore FF del Sottogruppo 3.2 è stato inferiore rispetto a quello del Gruppo 2 e del Sottogruppo 3.1. Questo risultato potrebbe essere spiegato con l’alta variabilità della deviazione standard tra i diversi gruppi. Allo stesso modo, non sono state evidenziate in maniera chiara differenze statistiche nei confronti del rapporto LS e gli autori hanno potuto apprezzare solo una tendenza verso l’ellitticità nel Sottogruppo 3.2 così come nel Sottogruppo 3.3, il che suggerisce la presenza di nuclei neoplastici. Parimenti i dati riguardanti NACV hanno mostrato una tendenza verso l’anisocariosi, anche se non sono state individuate differenze statistiche tra i vari gruppi. Di conseguenza, si può dedurre che la combinazione di tutti questi parametri nucleari può essere di aiuto nel discriminare lo stato di un LR. In realtà, tutti quei cani che presentavano RL inconcludenti e che per questo risultavano molti critici in termini di creazione di un trattamento adeguato (Sottogruppo 3.2), hanno mostrato un alto valore di MNA e una tendenza dei nuclei alla forma ellittica i quali fanno pensare ad un origine neoplastica delle cellule infiltranti. L’evoluzione clinica di questi pazienti ha poi confermato i dati della morfometria.

La micrometastasi può essere definita come un microscopico (più piccolo di 2 mm) deposito di cellule maligne distinte dalla lesione primaria (Foulds 1954;

Jendraschak e Sage 1996). La potenzialità di eludere la sorveglianza immunitaria, invadere il letto vascolare e svilupparsi come malattia macroscopica ha portato a rivolgere una considerevole attenzione al concetto di micrometastasi (Murray et al 1996). Tuttavia al momento il significato clinico di micrometastasi non è stato completamente chiarito ed è ancora oggetto di dibattito. Nonostante questo sussiste

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la prova che queste cellule tumorali possano diffondersi al di là dei LR conferendo in tal modo complicazioni nella prognosi. L’evidenza clinica dei 4 cani con carica micrometastica (Sottogruppo 3.2) sembra a sostegno di questa teoria dal momento che tutti gli animali hanno poi sviluppato metastasi a distanza.

In conclusione, la morfometria nucleare computerizzata contribuisce ad aumentare la sensibilità diagnostica e ha la caratteristica di essere un metodo pratico in quanto è obiettivo, ampliamente applicabile alla valutazione clinico-patologica dei LNs. Inoltre, questa tecnica permette l’individuazione degli animali aventi prognosi infausta e che, pertanto, potrebbero beneficiare di una linfoadenectomia regionale e potenzialmente di una terapia adiuvante, differenziandoli da quelli che potrebbero essere salvati da questi ulteriori trattamenti.

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