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Capitolo 3

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

Analisi reologica dei fluidi

3.1 Scelta del fluido

Questo lavoro di tesi è incentrato sullo studio del miscelamento negli stoccaggi agitati. E’ di importanza fondamentale scegliere un fluido da usare nel sistema sperimentale, che sia rispondente, il più possibile, alle caratteristiche reologiche del generico prodotto finito.

Un’altra importante necessità è che il sistema sia sufficientemente limpido, in modo da poter effettuare l’analisi colorimetrica e l’analisi dell’immagine. Saranno descritte nei seguenti capitoli, per ora basta sapere che tramite il loro utilizzo si potrà caratterizzare qualitativamente e quantitativamente l’ evoluzione del miscelamento nel vessel agitato.

L’utilizzo di un generico prodotto finito è da escludere vista la totale opacità del fluido, conferita dall’ ossido di titanio e delle varie cariche che sono in sospensione.

Per far concordare le due necessità, i fluidi usati usualmente in letteratura per creare un sistema ad elevata viscosità, come soluzioni acqua-glicerina [2] [3], soluzioni acqua-glucosio [4] [5] [6], soluzioni acquose di sciroppo di mais [7] [8], soluzione acquose di carbossimetilcellulosa (CMC) [9], soluzioni acquose di gomma di xantano [9], non sono utilizzabili perché differiscono evidentemente dal comportamento reologico voluto, pur avendo un’ elevata limpidezza.

E’ stato scelto come fluido da utilizzare la soluzione acquosa di idrossietilcellulosa, che rappresenta la base di una qualsiasi pittura all’acqua, prodotta nell’ impianto Materis Paint Italia di Porcari. Essa rappresenta un buon compromesso tra la limpidezza e il comportamento reologico voluti.

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2

In particolare l’impianto produce quattro diverse tipologie di soluzioni acquose a base cellulosica, che si differenziano sia per la tipologia di polimero usato, che per la sua quantità massica rispetto al totale di soluzione:

Soluzione HEC 3%: prodotta per solubilizzazione dell’ idrossietilcellulosa HEC 4500, in quantità pari al 3% in peso del totale. Nella figura seguente è stata riportata la corrispondente macromolecola.

Fig 3.1: Struttura molecolare dell’ idrossietilcellulosa HEC 4500

Soluzione NATROSOL HBXR 2.5% : prodotta per solubilizzazione dell’ idrossietilcellulosa HEC 15000, in quantità pari al 2.5% in peso del totale. Nella figura seguente è stata riportata la corrispondente macromolecola.

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3

Soluzione PLUS 2.4% : prodotta per solubilizzazione dell’ idrossietilcellulosa THIX 1000, in quantità pari al 2.4% in peso del totale. Nella figura seguente è stata riportata la corrispondente macromolecola.

Fig 3.3: Struttura molecolare dell’ idrossietilcellulosa THIX 1000

Soluzione Carbossiguar: prodotta per solubilizzazione prima della carbossi metil cellulosa (CMC) Blanose, che dà una soluzione a bassa viscosità. Successivamente ad essa viene aggiunta il componente guar, che è invece una miscela di polisaccaridi di origine naturale ad alta viscosità. La preparazione viene eseguita seguendo questo ordine, in quanto se venisse fatta al contrario ci sarebbe il rischio di formazioni di grumi. Nella figura sottostante è riportata la corrispondente macromolecola per la carbossi metil cellulosa.

Figura 3.4: Struttura molecolare della carbossi metil cellulosa Blanose, i sostituenti R indicano H oppure CH2COONa, mentre n fa riferimento al numero di monomeri di cui si compone la

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4

Tutte le tipologie di soluzioni a base cellulosica descritte precedentemente sono state sottoposte all’analisi reologica.

3.2 Comportamento reologico

Prima di scendere nel particolare delle analisi effettuate in questo lavoro di tesi, è necessaria una descrizione dei comportamenti reologici tipicamente riscontrati nel campo delle vernici a base acquosa.

Tali soluzioni polimeriche diluite si discostano dal modello di fluido Newtoniano, in cui lo sforzo di taglio (shear stress) esercitato sul fluido è proporzionale al gradiente di velocità (shear rate). La costante di proporzionalità è la viscosità dinamica del fluido, che è una proprietà fisica del sistema. Per questa tipologia di fluido tale proprietà fisica è indipendente dallo sforzo applicato ed è solo funzione della temperatura e della pressione. La relazione costitutiva è la seguente:

=

In cui τ rappresenta lo sforzo di taglio, v la velocità del fluido, z una generica coordinata

spaziale lungo la quale vi è una variazione di velocità e μ la viscosità dinamica del fluido.

In letteratura [10] è indicato come comportamento generale delle vernici a base acquosa quello pseudoplastico (shear thinning), oppure quello viscoelastico. Questo può essere accompagnato anche dalla manifestazione di caratteristiche tixotropiche e/o visco-elastiche; di seguito saranno descritte le peculiarità di ogni comportamento e saranno inoltre indicati gli approcci modellistici disponibili.

Una sostanza pseudoplastica [11] è caratterizzata da una viscosità apparente, data dal rapporto tra shear stress e shear rate, che diminuisce con l'aumentare dello sforzo di taglio applicato al fluido. Inoltre, se si effettuano misurazioni della viscosità, su una gamma sufficientemente ampia di shear rate, la maggior parte delle soluzioni polimeriche mostra regioni a viscosità costante, sia a γ molto bassi che a molto elevati. Per cui essa decresce da un valore μ0 fino ad

un valore µ

∞ con l’aumento dello sforzo applicato al fluido. La figura seguente riporta tale andamento.

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5

Figura 3.5: Andamento della viscosità apparente in funzione dello shear rate per un generico fluido pseudoplastico

Evidentemente, sia il tasso di diminuzione della viscosità apparente, sia i valori di μ0 e µ

dipendono dal particolare sistema analizzato.

Numerose espressioni matematiche di varie forme e complessità sono disponibili in letteratura per modellare le caratteristiche pseudo plastiche di un fluido [11]; alcune rappresentano i semplici tentativi di interpolazione dei dati di shear stress (τ) e di shear rate(γ), mentre altri hanno qualche base teorica nella meccanica statistica, per esempio l'estensione della teoria cinetica applicata allo stato liquido, o la teoria del rate processes. Di seguito viene riportata solo una selezione di quelli più largamente usati.

Il modello della legge di potenza (anche chiamato modello di Ostwald-De Waele) si basa sul fatto che l’andamento dello shear stress rispetto allo shear rate per fluidi pseudoplastici, tracciato su un grafico in coordinate logaritmiche, può essere approssimato da una linea retta; quindi questa parte della curva di flusso può essere descritta tramite la seguente equazione.

=

I parametri del modello sono n e K, noti rispettivamente come indice della legge di potenza e coefficiente di consistenza del fluido. Per un fluido Newtoniano n è uguale a 1 ,mentre per una sostanza pseudoplastica n è compreso tra 0 e 1. Minore è il valore dell'indice n, maggiore

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6

è il grado di pseudoplasticità. Generalmente, l'applicabilità dell’equazione precedente è limitata ad una gamma ristretta di shear rate, quindi i valori di n ed K sono dipendenti da quest’ultimo. Inoltre, prevede valori irrealisticamente di infinito e di zero della viscosità apparente nei limiti di shear rate molto bassi e molto alti, rispettivamente. Nonostante queste carenze, rimane il modello più largamente utilizzato in tutta la reologia.

Sulla base della teoria del rate processes, Ree e Eyring (1965) svilupparono la seguente relazione costitutiva per il comportamento pseudoplastico:

=

dove R1 e θE sono i due parametri del modello. In un certo senso, l’equazione precedente

rappresenta il primo tentativo di ottenere una spiegazione di massima basata sul comportamento a livello molecolare di un fluido pseudoplastico.

Sutterby (1966) ha modificato l'equazione precedente per conseguire una maggiore flessibilità nel fitting dei dati di shear stress / shear rate con l'introduzione di un altro parametro e qualche leggero cambiamento.

=

Per il limite di shear rate tendente a zero, l’equazione prevede una viscosità costante (µ0).

Generalmente, un unico insieme di valori dei parametri del modello (µ0, θE, A0) può essere

usato per approssimare la curva di flusso su una gamma ragionevole di shear rate, compresa la regione in cui lo shear rate tende a zero

Un'altra evoluzione della correlazione di Ree e Eyring (Salt et al., 1951) è stata ottenuta aggiungendo un termine costante all’equazione originale, il cosiddetto modello Powell-Eyring.

=

+

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7

Il modello di Cross (1965), partendo dal presupposto che la pesudoplasticità è causata dalla formazione e la ripartizione dei legami strutturali o unità strutturali, fornisce un’equazione basata su tre costanti.

!

!

=

1

1 + (# )

$ %&

dove µ0 e µ∞ sono rispettivamente i valori di viscosità quando lo shear rate tende a zero e quando tende a infinito e λ è un coefficiente con unità di misura di un tempo. Cross ha riportato interpolazioni soddisfacenti per una vasta gamma di sistemi pseudoplastici. Molti lavori successivi hanno riferito di un miglioramento significativo nei dati di viscosità sostituendo 1/4 all’esponente 2/3.

Il modello di Carreau (1972), ha la sua origine nelle teorie di rete molecolare per un fluido pseudoplastico:

!

!

= [1 + (# )

$

]

( ) )$

dove µ0 e µ∞ sono rispettivamente i valori di viscosità quando lo shear rate tende a zero e

quando tende a infinito, e n (<1) e λ sono due parametri per il fitting della curva. Tale equazione è stata successivamente modificata introducendo un altro parametro, per migliorare il grado di adattamento ai dati sperimentali nella zona in cui si registrano valori intermedi di viscosità rispetto ai due limiti estremi (Yasuda, 1979).

I modelli presentati finora sono esempi della forma = *( ), mentre il modello a tre parametri di Ellis è riportato in forma inversa.

=

1 + +

$ ⁄

-.)

dove µ0 è la viscosità quando lo shear rate tende a zero, τ1/2 è un parametro del modello che

indica il valore dello sforzo di taglio al quale la viscosità apparente è scesa ad un valore di (µ0/2), α, che è sempre maggiore di 1, è una misura dell’importanza del comportamento

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8

del profilo di velocità da una distribuzione delle tensioni nota, ma rende l'operazione inversa complicata.

La classe dei materiali visco-plastici [11] è caratterizzata dalla presenza di uno yield stress (τ0) che deve essere superato prima che il fluido si deformi o fluisca. Va notato che una

sostanza che manifesta tale comportamento non è realmente un fluido secondo la definizione fisica rigorosa. Si può tuttavia spiegare questo tipo di comportamento postulando che la sostanza a riposo è costituita da una struttura tridimensionale che ha rigidità/resistenza sufficiente per resistere ad una qualsiasi sollecitazione esterna inferiore a τ0. Per livelli di

stress superiori a τ0, la struttura si disintegra e il materiale si comporta come un fluido

viscoso. Un fluido con una curva di flusso lineare per | τ | > | τ0 | è chiamato fluido di

Bingham ed è caratterizzato da un valore costante di viscosità. Una sostanza che possiede uno yield stress e una curva di flusso non lineare (per | τ | > | τ0 |) è semplicemente noto come

materiale visco-plastico. Nella figura seguente sono riportati questi due andamenti.

Figura 3.6: Andamento tipico dello shear stress in funzione dello shear rate per fluidi di Bingham e fluidi viscoplastici

Nel caso delle vernici ad acqua, l’unico comportamento possibile è quello visco-plastico, dunque di seguito saranno riportati solo i modelli relativi ad esso.

Nel corso degli anni, numerose espressioni empiriche sono stati proposte in letteratura, ma un modello basato su una qualche base teorica deve ancora emergere. Alcune espressioni semplici e ampiamente utilizzate sono riportate di seguito.

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9

I modelli di Bingham e di Casson [11] sono tra i più adottati; nonostante ciò non saranno descritti, visto che entrambi predicono, nella zona oltre lo yield stress, un comportamento di tipo Newtoniano.

Il modello di Herschel-Bulkley è una generalizzazione del modello di Bingham, in cui la dipendenza lineare del gradiente di velocità è stata sostituita dalla legge di potenza. Il modello a tre parametri viene riportato di seguito.

=

/

+ 0( ) 1 >

/

= 0 1 <

/

Esso è più flessibile rispetto ai precedentemente nominati e generalmente interpola in maniera soddisfacente i dati sperimentali su una più ampia gamma di condizioni.

Per molti materiali industrialmente importanti, le proprietà di flusso dipendono sia dallo shear stress che dal tempo in cui lo sforzo viene applicato [11].

I materiali tixotropici, quando vengono deformati con uno shear rate costante, a seguito di un periodo di riposo, manifestano una diminuzione della viscosità apparente: ciò avviene per la progressiva disgregazione della loro struttura interna. Poiché il numero di legami strutturali da rompere diminuisce al passare del tempo, anche il tasso di variazione di viscosità si abbasserà fino a fermarsi. Un altro comportamento tipico di questa tipologia di fluido è che, a riposo, le strutture globulari si riformano, e la viscosità ritorna a crescere in maniera completamente reversibile. Se viene effettuato un esperimento in cui il gradiente di velocità è costantemente aumentato con un tasso costante, da zero ad un valore massimo, per poi diminuire alla stessa velocità e tornare nuovamente a zero, si ottiene come risultato una curva di flusso che presenta un’isteresi. L'altezza, la forma e l'area racchiusa dal ciclo dipendono dai parametri cinematici quali la durata e la frequenza dello sforzo applicato e il ciclo di deformazioni subite precedentemente dal campione. Un esempio di tale curva è riportato nella figura seguente.

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Figura 3.7: Curva di isteresi temporale per un sistema che esibisce comportamento tixotropico

Nella teoria classica dell’ elasticità [11], lo stress applicato su un corpo è direttamente proporzionale alla deformazione. In questo ambito si applica le legge di Hooke, il coefficiente di proporzionalità tra sforzo e deformazione è chiamato modulo di Young (E).

= 5

7

6

Quando un solido si deforma entro il limite elastico, ritorna nella sua forma originale alla rimozione dello stress. Tuttavia, se la tensione applicata supera il limite di snervamento, non si verifica più il recupero completo, e si avrà anche dello scorrimento: in altre parole, il solido si sarà deformato irreversibilmente. Il comportamento opposto è caratteristico dei fluidi newtoniani, per i quali la sollecitazione di taglio è proporzionale al gradiente di velocità. Molte sostanze manifestano effetti sia elastici che viscosi in circostanze adeguate, per cui hanno la peculiarità di riuscire a raccogliere una parte dell’energia che viene fornita dall’esterno, e di dissipare la restante parte. Numerosi fenomeni insoliti sono associati con tale comportamento, detto visco-elastico.

Si consideri il flusso stazionario unidimensionale di un fluido, gli sforzi che si sviluppano in tal caso sono mostrati nella seguente figura, in cui è raffigurato un elemento cubico di materiale compreso tra due piani.

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Figura 3.8: Elemento di fluido soggetto a un flusso unidirezionale lungo x

Per la natura del flusso, le componenti lungo y e lungo z del vettore di velocità sono nulle. Oltre al sollecitazione di taglio τyx, ci sono anche tre tensioni normali indicate con Pxx, Pyy, e

Pzz. Weissenberg (1947) fu il primo a notare che il movimento di un fluido visco-elastico

comporta sollecitazioni normali disuguali:

899 : 8;; : 8<<

Le tre tensioni normali possono essere trovate facilmente tramite due misurazioni indipendenti in un flusso unidirezionale stazionario.

In realtà si determinano le differenze (Pxx - Pyy) e (Pyy - Pzz), essendo più facili da calcolare

rispetto alle singole sollecitazioni. Prendono il nome di N1 ed N2 e si usano solitamente

insieme a τyx per descrivere il comportamento reologico di un fluido visco-elastico in

funzione del gradiente di velocità.

Queste differenze possono essere valutate tramite esperimenti in cui si applica al fluido un programma di sforzi di taglio oscillatori o costanti

Le equazioni per la successiva modellazione del fenomeno devono essere molto elaborate, in modo da descrivere il comportamento reale del fluido in maniera adeguata. I primi tentativi di descrizione quantitativa del comportamento viscoelastico si sono basati sul concetto di una combinazione lineare di proprietà viscose ed elastiche.

Il modello di Maxwell rappresenta la pietra miliare dei cosiddetti modelli visco-elastici lineari. Secondo Maxwell il comportamento visco-elastico si può modellare inserendo in serie un

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elemento viscoso (dissipatore viscoso anche noto come dashpot) e un elemento elastico (molla), come si può vedere dall’equazione seguente:

+ # =

La caratteristica che la distingue da un fluido newtoniano è il secondo termine a sinistra, che riflette l’influenza del tasso di variazione dello sforzo di taglio, pesato con un tempo di rilassamento, λ0. Una caratteristica importante del fluido di Maxwell è che si comporta in

maniera predominante come un fluido.

Una risposta più tendente al solido si ottiene considerando il cosiddetto modello Kelvin-Voigt. Infine il modello di Maxwell in serie con il Kelvin-Voigt dà luogo al modello di Burgers. La loro schematizzazione è riportata nella seguente figura.

Figura 3.9: Schematizzazione di vari modelli per la descrizione del comportamento visco-elastico. In particolare la figura a) descrive il modello di Mawwell, la figura b) descrive il modello di Kelvin-Voigt, la figura c) descrive il modello di Burgers.

La misura e la modellazione di un sistema visco-elastico è molto difficoltosa, per cui questo lavoro di tesi si prefigge solamente l’individuazione di tale comportamento reologico tramite l’osservazione di evidenze macroscopiche. In particolare, per le soluzioni a base cellulosica analizzatei, si evidenzia il fenomeno della risalita della soluzione lungo l’albero rotante, come si vedrà nei capitoli successivi.

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3.3 Apparecchiatura e metodi per l’analisi

La strumentazione usata per effettuare l’analisi reologica delle soluzioni a base cellulosica è il modello PHYSICA RHEO-LOGIC OS200. Si compone di una base cilindrica fissata sul corpo dell’apparecchiatura, in cui viene inserita la parte fissa del sistema di misurazione. Quest’ultima è costituita da un contenitore cilindrico cavo all’interno del quale si inserisce il fluido si da esaminare.

Figura 3.10: Parte fissa del reometro PHYSICA RHEO-LOGIC OS200

La seconda parte di cui si compone il reometro è il corpo cilindrico rotante, fissato sulla parte superiore dello strumento.

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In un generico test a controllo di shear rate [12], il corpo cilindrico interno, a contatto con il campione, viene fatto ruotare secondo un prefissato protocollo di lavoro. L’input che l’apparecchiatura dà al sistema è una velocità di rotazione angolare. La coppia resistente sperimentata dal cilindro interno, che ruota subendo l’attrito dato dal campione, viene misurata per mezzo di un sensore di forza. La procedura di funzionamento della strumentazione è resa più chiara nel seguente diagramma a blocchi.

Figura 3.12: Schema a blocchi che sintetizza il funzionamento del reometro PHYSICA RHEO-LOGIC OS200 per un test in controllo di shear rate.

Il motore inizia a ruotare con una velocità angolare preselezionata dall’operatore (nv) tramite

la modulazione della corrente elettrica (I), raggiungendo dunque una determinata coppia (MA). Il campione, sottoposto ad analisi, causerà una coppia resistente (MS) addizionale e si

avrà una velocità di rotazione (nact) leggermente ridotta rispetto a quella desiderata. In

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misura correttiva. Quando la velocità desiderata viene raggiunta, allora la coppia resistente agente sull’albero rotante può essere misurata.

La determinazione dei parametri reologici [12] da parte dell’apparecchiatura è basata sul concetto che se la distanza tra i due cilindri concentrici è molto minore delle dimensioni dei loro raggi, allora si può assumere idealmente una distribuzione lineare di shear rate e di shear stress lungo il profilo del fluido. Per questo reometro il vincolo è dato sul rapporto tra il raggio interno e quello esterno:

= =

> ?

@9?

≤ 1.1

Inoltre tutta la geometria del sistema di misurazione è standardizzata [12], per cui sono presenti vincoli costruttivi ulteriori, come riportato nella figura seguente.

Figura 3.13 Geometria standardizzata del sistema di misurazione

C

>

≥ 3 ;

C′

>

≥ 1;

C′′

>

~1;

I >

≤ 0.3; 90° ≤ L ≤ 150°

In cui L” rappresenta la lunghezza di albero immersa nel fluido.

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Lo sforzo di taglio rappresentativo della condizione del fluido è solitamente calcolato come la media aritmetica tra i suoi valori sulla superficie interna e quella esterna.

La coppia registrata dalla strumentazione viene convertita in shear stress dividendola per l’area su cui è applicata, per il caso semplificato di geometria cilindrica l’equazione è la seguente:

=

N

O =

P

O =

1

2S

P

$

C

Nel caso del reometro utilizzato la relazione è leggermente più complessa:

=

1 + =

2=

$$

2S

P

>$

T

U

In cui δ è il rapporto tra il raggio esterno e quello interno e CL è un coefficiente d’ attrito

correttivo determinato empiricamente.

Lo shear rate rappresentativo della condizione del fluido è indicato come la media aritmetica tra i valori sulla superficie interna e quella esterna ed è calcolato con la seguente formula:

= V ∙

1 + =

=

$

− 1

$ In cui ω indica la velocità angolare di rotazione dell’albero.

La viscosità del sistema può essere calcolata di conseguenza, basandosi sulla sua definizione di rapporto tra lo shear stress e lo shear rate.

Dopo aver spiegato il funzionamento del reometro e le modalità con cui effettua le misurazioni si passa a descrivere la configurazione utilizzata per l’analisi delle soluzioni a base cellulosica.

Sono disponibili varie geometrie standardizzate dell’apparato di misurazione, che si differenziano per l’intervallo di viscosità misurabile. In particolare con i fluidi da esaminare che possono arrivare a viscosità anche di 20 Pa∙s è stato scelto il modello a cilindri concentrici

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Intervallo di shear rate misurabile (1/s) 1.291 - 1033

Intervallo di shear stress misurabile (Pa) 11.42 – 1141.8

Intervallo di viscosità misurabile (Pa∙s) 0.672 - 500

Volume di campione necessario (ml) 3

Tabella 3.1: Dati di targa del modello a cilindri concentrici MS-Z4 DIN

La scelta del programma per l’analisi delle soluzioni a base cellulosica è stato valutato considerando i possibili comportamenti riscontrabili di pseudoplasticità e tixotropia.

In letteratura [10] viene evidenziata la necessità di un’analisi non stazionaria del flusso, da affiancare a quella stazionaria, tipicamente effettuata.

La soluzione proposta è programma con una prima parte in cui il fluido viene sottoposto ad una rampa crescente di shear rate, necessaria ad evidenziare comportamenti tixotropici, dipendenti dal tempo. La seconda parte della prova avviene immediatamente dopo la fine della prima, per evitare il riformarsi delle strutture globulari e il conseguente aumento di viscosità per la reversibilità della tixotropia. Dunque sarà applicata una rampa decrescente con lo stesso range di valori di shear rate per poter evidenziare solo il comportamento stazionario del fluido.L’intervallo di input dati al sistema va da 1 1/s a 1000 1/s in un tempo di cinque minuti per la prima parte del programma e da 1000 1/s a 1 1/s sempre in cinque minuti per la seconda parte. La figura seguente mostra il programma di analisi descritto in precedenza.

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Figura 3.14: Programma di analisi reologico per una generico campione

In un solo esperimento si può ottenere sia l’andamento massimo della viscosità dalla rampa crescente, che contiene oltre alla componente pseudoplastica anche quella tixotropica, sia un valore più basso della viscosità, nella rampa decrescente, visto che la diminuzione di viscosità in funzione del tempo è cessata.

Il calcolo delle proprietà visco-elastiche del fluido necessiterebbe di un analisi in cui un programma di stress oscillatori viene applicato al campione in modo da poter effettuare il calcolo dello shear stress, insieme allo storage modulus (G’) e al loss modulus (G”). Il primo dei due moduli indica la quantità di energia raccolta dal sistema rispetto al totale ricevuto, ed è un indice delle proprietà elastiche del sistema. Il secondo dei due moduli indica la quantità di energia dissipata in calore dal sistema rispetto al totale ricevuto, ed è un indice delle proprietà viscose del sistema.

Il reometro disponibile non consente l’effettuazione di un’ analisi con frequenza oscillatoria. Per tale ragione non sarà svolta una caratterizzazione delle proprietà visco-elastiche del sistema.

La presenza di uno yield stress e dunque l’ esistenza di un comportamento viscoplastico verrà effettuata semplicemente graficando i dati di shear rate e di shear stress. Sarà investigata la presenza o meno di una zona iniziale del grafico in cui γ si mantiene nullo e invece si registrano valori di shear stress maggiori di zero.

3.4 Risultati dell’analisi reologica

0 200 400 600 800 1000 1200 0 100 200 300 400 500 600 700 γ (1 /s ) t (s) primo step secondo step

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La visualizzazione dei dati risultanti dall’analisi reologica è solitamente rappresentata in grafici in cui la viscosità apparente è riportata come variabile dipendente dello shear rate ( ) [10].

Ciò nonostante è più intelligente e utile graficare l’andamento della viscosità in funzione dello shear stress. In primo luogo, la sollecitazione di taglio è la variabile reologica più fisicamente significativa da considerare indipendente poichè è la causa del flusso, mentre il tasso di deformazione risultante è una variabile evidentemente dipendente. Secondariamente, un grafico shear stress/viscosità è più chiaro, in generale le caratteristiche strutturali della soluzione polimerica sono più evidenti. Curve shear rate/viscosità, forniscono una rappresentazione distorta del comportamento strutturale e una minore risoluzione. Quanto detto viene evidenziato dal confronto delle due tipologie di grafico, effettuati per la stessa soluzione cellulosica.

Figura 3.15: Andamento della viscosità al variare dello shear stress per un campione di soluzione NATROSOL HBXR 2.5% 0 2 4 6 8 10 12 14 16 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 µ (P a ·s ) τ(Pa)

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20

Figura 3.16: Andamento della viscosità al variare dello shear rate per un campione di soluzione NATROSOL HBXR 2.5%

E’ evidente che nella seconda figura la risoluzione del fenomeno fisico è stata abbassata in maniera rilevante rispetto alla prima.

Di seguito si riportano i risultati per due delle quattro tipologie di soluzioni, perché più rilevanti per questo lavoro di tesi. I grafici relativi alle altre due soluzioni sono riportati in allegato.

Nei grafici seguenti sono riportati i risultati per la soluzione HEC 3%. 0 2 4 6 8 10 12 14 16 0 200 400 600 800 1000 1200 µ (P a ·s ) γ (1/s)

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21

Figura 3.17: Andamento della viscosità al variare dello shear stress per un campione di soluzione HEC 3%

Dalla figura si può notare la presenza di un’isteresi tra la rampa d’andata e quella di ritorno, indice della presenza di un comportamento tixotropico. Per sforzi di taglio oltre i 270 – 280 Pa la curva superiore non è più distinguibile da quella inferiore; ciò indica che la viscosità cessa di diminuire col tempo. Questi valori di shear stress corrispondono a un tempo trascorso dall’inizio della prova compreso tra i 65 e gli 80 secondi, per cui il fenomeno è di breve durata.

Osservando la curva più in basso si può notare una diminuzione della viscosità con l’aumento dello sforzo di taglio a cui viene sottoposto il fluido, inoltre la pendenza della curva diminuisce all’aumentare dello sforzo di taglio. Ciò è un evidenza del comportamento pseudoplastico della miscela.

Di seguito sono riportati i risultati per la soluzione NATROSOL HBXR 2.5%. 0 2 4 6 8 10 12 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 µ (P a ·s ) τ(Pa)

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22

Figura 3.18: Andamento della viscosità al variare dello shear stress per un campione di soluzione NATROSOL HBXR 2.5%

I commenti sull’ evidenza di un comportamento tixotropico e pseudoplastico sono analoghi a quelli fatti per il caso precedente. Per sforzi di taglio oltre i 335 – 345 Pa la viscosità cessa di diminuire col tempo, ciò corrisponde a un tempo trascorso dall’inizio della prova compreso tra i 120 e i 145 secondi. Il fenomeno è breve, ma comunque più duraturo rispetto alla soluzione HEC 3%.

Infine si riporta il confronto le due soluzioni a base cellulosica. 0 2 4 6 8 10 12 14 16 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 µ (P a ·s ) τ(Pa)

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23

Figura 3.19: Confronto tra la soluzione HEC3% e la soluzione NATROSOL HBXR 2.5%

La soluzione HEC 3% ha un comportamento tixotropico meno evidente rispetto alla soluzione NATROSOL HBXR 2.5%. La sua variazione globale di viscosità è di circa 11 Pa·s. La soluzione NATROSOL HBXR 2.5%, in cui l’isteresi è evidente e si esaurisce in tempi più lunghi rispetto all’altro sistema. Ha un range più ampio di variazione di viscosità, poco al di sotto dei 14 Pa·s. Globalmente è quest’ultima soluzione a mostrare viscosità più elevate entro tutto l’ intervallo esaminato di shear stress.

Un altro utile metodo di visualizzazione dei risultati è riportare lo shear stress in funzione dello shear rate [12], [13]. Ciò permette di evidenziare il comportamento pseudoplastico del sistema e il comportamento elastico del fluido a bassi sforzi di taglio.

Sono riportati, per i due tipi di soluzione, un primo grafico per individuare la presenza di un eventuale yield stress nel fluido e un secondo in cui sono stati derivati i parametri caratteristici per un modello reologico, tramite interpolazione dei dati sperimentali. E’ stata utilizzata la legge di potenza, dato che, nonostante la sua semplicità, riesce ad interpolare in maniera esaustiva i dati sperimentali.

Di seguito si riportano i risultati per la soluzione HEC 3%. 0 2 4 6 8 10 12 14 16 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 µ (P a ·s ) τ(Pa) NATROSOL HBXR 2.5% HEC 3%

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24

Figura 3.20: Prolungamento della parte rettilinea iniziale per evidenziare la presenza di yield stress per un campione di soluzione HEC 3%

I primi punti sperimentali non giacciono sull’asse delle ordinate e il segmento che li congiunge non è verticale. La presenza di un comportamento visco-elastico del fluido a bassi sforzi di taglio sarebbe evidenziata dal fatto che il segmento in figura dovrebbe giacere sull’asse dello sforzo di taglio. Di conseguenza sembra che non sia presente uno yield stress, comunque si deve considerare che l’analisi è limitata dal numero di dati sperimentali disponibili a bassi sforzi di taglio.

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450

0,00E+00 2,00E+02 4,00E+02 6,00E+02 8,00E+02 1,00E+03 1,20E+03

τ (P a ) γ(1/s) dati sperimentali prolungamento parte iniziale

(25)

25

Figura 3.21: Interpolazione dei dati sperimentali con la legge di potenza per un campione di soluzione HEC 3%

L’ interpolazione con la legge di potenza dà buoni risultati con un coefficiente di determinazione (R2) di 0.9985. I parametri estrapolati per il modello reologico sono K pari a 55.147 ed n pari a 0.2938. Il valore ottenuto del secondo coefficiente è indicativo dell’elevato grado di pseudoplasticità della soluzione.

Si passa ora all’esame della soluzione NATROSOL HBXR 2.5%.

y = 55,147x0,2938 R² = 0,9985 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450

0,00E+00 2,00E+02 4,00E+02 6,00E+02 8,00E+02 1,00E+03 1,20E+03

τ (P a ) γ(1/s) dati sperimentali Interpolazione

(26)

26

Figura 3.22: Prolungamento della parte rettilinea iniziale per evidenziare la presenza di yield stress per un campione di soluzione NATROSOL HBXR 2.5%

Figura 3.23: Interpolazione dei dati sperimentali con la legge di potenza per un campione di soluzione NATROSOL HBXR 2.5% 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 0 200 400 600 800 1000 1200 τ (P a ) γ(1/s) dati sperimentali

prolungamento parte iniziale

y = 82,152x0,2384 R² = 0,9963 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 0 200 400 600 800 1000 1200 τ (P a ) γ(1/s) dati sperimentali interpolazione

(27)

27

Per il primo dei due grafici le considerazioni sono analoghe a quelle effettuate per la soluzione HEC 3%. Nella seconda figura l’interpolazione con la legge di potenza dà un coefficiente di determinazione (R2) di 0.9963. I parametri estrapolati per il modello reologico sono K pari a 82.152 ed n pari a 0.2384. Il valore ottenuto di n è indice dell’elevata pseudoplasticità della soluzione, superiore anche alla soluzione HEC 3%.

Figura

Fig 3.1: Struttura molecolare dell’ idrossietilcellulosa HEC 4500
Figura 3.4: Struttura molecolare della carbossi metil cellulosa Blanose, i sostituenti R indicano H oppure  CH 2 COONa, mentre n fa riferimento al numero di monomeri di cui si compone la
Figura 3.5: Andamento della viscosità apparente in funzione dello shear rate per un generico fluido  pseudoplastico
Figura  3.6:  Andamento  tipico  dello  shear  stress  in  funzione  dello  shear  rate  per  fluidi  di  Bingham e fluidi viscoplastici
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