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3 Il sistema retributivo di Fiat Chrysler Automobiles, che tipo di

partecipazione?

Sommario: 3.1 Il sistema partecipativo. – 3.2 Direzioni della partecipazione in Italia. – 3.3 Il World Class

Manufacturing e la partecipazione. – 3.4 La partecipazione nel nuovo sistema retributivo.

Questo capitolo analizza l’aspetto partecipativo, sia del modello organizzativo adottato da Fiat Chrysler Automobiles (FCA), sia del nuovo sistema retributivo premiale. Il World Class Manufacturing e il sistema retributivo sono legati profondamente, e come sottolineato dall’azienda stessa, fanno parte di un’ampia strategia di cambiamento organizzativo. Tanto la piena applicazione del World Class Manufacturing, quanto l’efficacia del nuovo sistema retributivo, che consiste nel collegare la retribuzione alle performance dei lavoratori, necessitano della partecipazione di questi ultimi al raggiungimento degli obiettivi dell’impresa. Nei paragrafi che seguono, si mettono in evidenza le criticità del World Class Manufacturing riguardo all’aspetto partecipativo. Si sottolinea che il nuovo sistema retributivo premiale è quasi totalmente variabile e per questo comporta un forte rischio per i lavoratori, che potrebbe essere bilanciato da più partecipazione, intesa come possibilità reale da parte dei lavoratori di influenzare le decisioni dell’impresa. L’efficacia del nuovo sistema premiale dipenderà molto dalla reale possibilità, per i rappresentanti dei lavoratori, di influire sulle decisioni attraverso gli organi preposti alla partecipazione: Commissioni paritetiche e Consiglio delle Rappresentanze Sindacali Aziendali (RSA). L’auspicio è che non diventino strumenti di partecipazione apparente. Nel capitolo, con valenza comparativa, si fa un accenno a un’altra realtà industriale, la Lamborghini che spesso è presa a modello dai metalmeccanici della CGIL per contrapporla a FCA.

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3.1 Il sistema partecipativo

L’analisi svolta fino a ora sul sistema retributivo di FCA mostra un legame forte con il modello organizzativo del World Class Manufacturing adottato da FIAT dal 2005. Sono due elementi profondamente legati che comportano entrambi un approccio partecipativo di gestione delle risorse umane. La produzione snella, oltre al just in time e agli altri approcci del toyotismo, richiede una qualche forma di cooperazione dei lavoratori tanto alla pianificazione dei processi produttivi, quanto alla delineazione delle strategie dell’impresa.

Come abbiamo visto, dall’analisi svolta nei precedenti capitoli, la crisi, la bassa produttività, i cambiamenti tecnologici, organizzativi, la globalizzazione, richiedono sistemi di partecipazione dei lavoratori. La partecipazione è necessaria pure per riequilibrare i rapporti tra capitale e lavoro, che negli ultimi anni hanno comportato il peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. Assistiamo a una profonda crisi dei sindacati: “E’ entrato in crisi in maniera ancora più forte il sistema di rappresentanza delle imprese, dove si vede ormai una divaricazione netta tra piccole e medie fabbriche da un lato, e grandi gruppi dall’altro, con un ruolo decisivo del caso FIAT attraverso la sua uscita da Confindustria” (Carrieri, Nerozzi, Treu, 2015, p. 8). Si assiste a un processo di disintermediazione, in cui le relazioni tra azienda e lavoratori divengono dirette. Maggiormente in sofferenza è il livello confederale della rappresentanza, sia dal lato dei lavoratori, sia da quello dei datori di lavoro. Assistiamo, in queste settimane, alla stasi delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici.

La partecipazione dei lavoratori alle strategie dell’impresa ha una serie di ricadute positive. Innanzitutto s’istaura un clima organizzativo positivo tra direzione aziendale e lavoratori, le informazioni circolano di più, le forme retributive collegate alla performance possono favorire la partecipazione. Grazie ad un maggior coinvolgimento dei lavoratori si possono migliorare alcuni aspetti organizzativi del lavoro.

Il tema della partecipazione dei lavoratori in Italia è molto dibattuto, a livello teorico se ne discute molto, ma appaiono assenti le condizioni necessarie per una sua effettiva partecipazione (Treu, 2015, p. 335). Nel nostro Paese persistono profonde spaccature nel mondo sindacale, come si può vedere dalle stesse vicende di FCA. “Ulteriori elementi sul tema sono desumibili dall’Indagine Invind, condotta annualmente dalla Banca d’Italia tra le imprese industriali e dei servizi (Banca d’Italia, 2015) e che, nel

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89 2014, ha raccolto informazioni circa la partecipazione dei lavoratori e la comunicazione dei piani aziendali presso le aziende con almeno 50 addetti. La metà delle imprese ha dichiarato di praticare esclusivamente le forme strutturate di consultazione e informazione dei lavoratori previste dal Contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento” (D’Amuri, Giorgiantonio, 2015, p. 68).

Nel dibattito sulla partecipazione dei lavoratori, si usano indistintamente diversi termini per indicarla. Per avere un quadro più definito bisogna sapere che: “Nel lessico e nelle definizioni del diritto dell’Unione Europea esiste, da tempo, un termine nuovo - coinvolgimento dei lavoratori (nella terminologia inglese “employee involvement”) - che descrive qualsiasi meccanismo, ivi comprese l’informazione, consultazione e partecipazione, mediante la quale i rappresentanti dei lavoratori possono esercitare un’influenza sulle decisioni che devono essere adottate e che allude, dunque, ad ogni congegno utile a coinvolgere i lavoratori (i.e.: i loro rappresentanti) nei processi decisionali dell’impresa” (Alaimo, 2014, p. 6).

Ai fini dell’analisi appare utile definire la partecipazione come uno strumento che contribuisca sia agli aspetti organizzativi, sia a quelli di natura strategica, senza intaccare la responsabilità gestionale dei manager. L’obiettivo di questo tipo di partecipazione è fortificare l’influenza dei lavoratori e dei loro rappresentanti riguardo alle decisioni sulle strategie dell’impresa. Da qui in poi, s’identificheranno come coinvolgimento e cooperazione le forme di partecipazione che non incidono sulle scelte aziendali. La partecipazione presuppone che ci sia un senso di comunanza degli interessi all’interno dell’organizzazione. Secondo questa definizione la partecipazione dei lavoratori si sposta sul lato dei processi decisionali. In questo senso, non s’intende superare la contrapposizione tra gli interessi dei lavoratori e del datore di lavoro, ma di cooperare su interessi comuni. Le imprese rimangono un luogo in cui ognuno riveste il proprio ruolo, ma questo non esclude una condivisione delle decisioni tra lavoratori e azienda con un ruolo più o meno marcato dei sindacati. Questo tipo di partecipazione difficilmente si può sviluppare nel nostro Paese senza l’intervento legislativo, è auspicabile: “Una sorta di strada di soft law che lasci alle parti la scelta della forma partecipativa ottimale in ragione delle loro convenienze e priorità” (Carrieri, Nerozzi, Treu, 2015, p. 25). Partendo da questa definizione di partecipazione si possono utilizzare diverse strade e diversi strumenti che, in ogni caso, devono condurre a un ruolo consistente dei lavoratori nella decisione delle strategie d’impresa.

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90 Possiamo elencare tre tipi di coinvolgimento dei lavoratori che si sono attuati nel nostro Paese: partecipazione economica, welfare aziendale, partecipazione diretta: “La partecipazione economica dei lavoratori ai risultati dell’impresa è presente nella tradizione delle relazioni industriali come premio di produzione o con altre formule ed è stato l’istituto più diffuso nella contrattazione di secondo livello” (Baglioni, 2015, p. 292). Questo tipo di partecipazione economica non presuppone necessariamente una cooperazione nelle scelte strategiche, quindi non può considerarsi sempre come reale partecipazione.

Gli interventi per valorizzare la partecipazione in Italia molto spesso si sono limitati all’osservanza di direttive europee (cinque dal 2001), nonostante già in Costituzione (articolo 46) la partecipazione sia prevista. Essenzialmente il coinvolgimento che si è realizzato riguarda l’informazione e la consultazione. Quando si parla d’informazione, s’intende ogni tipo di scambio informativo del datore di lavoro nei confronti dei rappresentanti dei lavoratori, per consultazione s’intende ogni tipo di confronto e scambio tra datore di lavoro e rappresentanti dei lavoratori: “I diritti d’informazione e consultazione, in particolare, riguardano le seguenti questioni attinenti alla attività d’impresa: a) l’andamento recente e prevedibile dell’impresa e la sua situazione economica; b) la situazione e l’andamento prevedibile dell’occupazione nell’impresa, gli eventuali rischi per i livelli occupazionali e le relative misure di contrasto; c) decisioni suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti dell’organizzazione del lavoro e dei contratti di lavoro (ad esempio, esternalizzazioni dell’attività)” (D’Amuri, Giorgiantonio, 2015, p. 70).

Dall’analisi del primo capitolo abbiamo visto lo stimolo a sviluppare relazioni industriali che favoriscano la contrattazione di secondo livello. La contrattazione decentrata è deputata non solo a spronare la crescita della produttività, ma può anche favorire la partecipazione. Questo aspetto rappresenta una novità nel sistema italiano. In passato esisteva una netta separazione tra contrattazione e partecipazione. La contrapposizione tra contrattazione e partecipazione è coerente con una concezione conflittuale la quale, nella tutela dei diritti dei lavoratori, sostiene che la contrattazione è in alternativa alla partecipazione. In ogni caso, questi propositi vengono meno davanti alla scarsa diffusione della contrattazione di secondo livello nel sistema produttivo italiano. Si può sostenere che l’azienda è il luogo ideale di sviluppo della partecipazione, infatti: “Anche nei Paesi dove l’impulso e la regolazione delle forme partecipative sono venuti dal

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91 legislatore, queste forme si sono affermate nell’impresa, perché hanno trovato a questo livello i motivi per una diffusione che ha dato l’impronta al sistema. La Germania è il caso emblematico” (Treu, 2015, p. 338). In Italia manca sia un contributo del Legislatore a favorire la partecipazione, sia un nuovo impulso alle relazioni industriali. Contributi significativi, in questo senso, possono arrivare solo dalle imprese.

Con l’uscita dal sistema di relazioni industriali italiano, l’applicazione del World Class Manufacturing, la fusione con Chrysler, l’applicazione del Contratto Specifico di primo livello e l’introduzione del nuovo sistema retributivo premiale, FIAT sembra avere adottato due tipi di “partecipazione”: la partecipazione diretta, nell’applicazione del modello organizzativo e la partecipazione economica con il sistema retributivo premiale. Come abbiamo detto, sia il coinvolgimento diretto dei lavoratori attraverso il sistema organizzativo, sia attraverso la retribuzione legata ai risultati, possono rappresentare degli strumenti per raggiungere la partecipazione intesa come possibilità di influire alle decisioni, ma in se stesse non sono vera partecipazione.

3.2 Direzioni della partecipazione in Italia

In Italia sono due le direzioni della partecipazione percorse dalle aziende italiane. Da un lato abbiamo le aziende che si sono concentrate sull’applicazione di nuovi modelli organizzativi, soprattutto il World Class Manufacturing, esempio emblematico è la stessa FCA. Un’altra via percorsa è quella del modello tedesco, del quale troviamo applicazione nel tessuto produttivo dell’Emilia-Romagna.

Nella prima categoria di aziende, il cambiamento organizzativo essenzialmente è arrivato dall’alto. In queste realtà si è ritenuto necessario attuare un mutamento organizzativo per mettere in atto strategie volte non tanto alla partecipazione dei lavoratori, definita in precedenza come possibilità di influire sulle decisioni, ma a rimanere competitivi nel mercato globale o riuscire a conquistare nuovi spazi. È evidente che cambiare l’assetto organizzativo comporta problemi significativi attinenti le relazioni industriali e a un diverso ruolo dei lavoratori, e quindi una maggiore flessibilità interna. In Italia, molto spesso, le relazioni industriali hanno avuto come unica funzione la contrattazione e non la partecipazione del sindacato per la ricerca di miglioramenti innovativi: “Infatti, un sistema produttivo che cerca di assecondare la domanda del cliente nei tempi e nella qualità, facendo ricorso a risorse tecnologiche, di magazzino e di spazi

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92 sempre meno ridondanti non può fare a meno dell’intenzionalità e affidabilità attiva del lavoro” (Ponzellini, Della Rocca, 2015, p. 60). Molti esempi positivi, di aziende che si sono innovate, ci provengono da alcune realtà produttive italiane, le quali hanno applicato il World Class manufacturing (Carrieri, Nerozzi, Treu, 2015). Dall’esperienza si vede che le aziende che applicano il World Class Manufacturing cercano di mantenere l’intero processo produttivo in Italia, in ogni caso la progettazione è qualcosa cui non si vuole rinunciare. In queste organizzazioni, man mano che il percorso innovativo avanza, si aprono nuovi margini di cooperazione per i lavoratori, si va dall’informazione e consultazione a un coinvolgimento diretto dei team.

Nell’applicazione del World Class Manufacturing, un aspetto considerato molto importante, al fine di rendere sostanziale la cooperazione, è la possibilità che hanno i lavoratori di fornire suggerimenti per il miglioramento del processo produttivo. In queste nuove forme organizzative si cerca di estrapolare la massima produttività nei processi in cui è centrale il lavoro umano e non l’aspetto tecnologico. Ai lavoratori, quindi, non si chiede tanto uno sforzo fisico, ma un’azione intelligente che possa godere di spazi di discrezionalità e autonomia. Si parla in questo senso di partecipazione cognitiva intesa come: “La volontà e la capacità di acquisire, condividere e utilizzare la conoscenza (propria e dell’organizzazione) per migliorare i luoghi di lavoro, i prodotti e i processi produttivi e organizzativi” (Tronti, 2015, p. 17). Pur all’interno di schemi predeterminati dall’azienda, si riconosce il ruolo cruciale del lavoratore per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Sicuramente sia il World Class Manufacturing, sia i sistemi di suggerimenti per migliorare il processo produttivo possono favorire il cambiamento culturale, ma solo se funzionano veramente. Abbiamo visto in FCA, che non solo i premi per i suggerimenti sono considerati inadeguati dai lavoratori, ma spesso non ricevono risposta da parte dell’azienda. Questo non è un aspetto da sottovalutare, perché la mancanza di riscontro da parte dell’azienda può generare un senso di smarrimento e di non valorizzazione nei lavoratori. “Ci troviamo di fronte a modalità di partecipazione a bassa formalizzazione. Si tratta, non di meno, di partecipazione non individuali ma collettive, nel senso che i lavoratori esercitano la loro partecipazione all’interno di strutture collettive più o meno formalizzate, come team, gruppi di qualità, gruppi ad hoc o all’interno della fabbrica concepita come fabbrica partecipativa” (Pero, Ponzellini, 2015, p. 65).

L’altra via alla partecipazione è quella emiliana della Lamborghini e della Ducati che si rifà direttamente al modello tedesco. Lamborghini e Ducati fanno parte del gruppo

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93 Volkswagen. In queste realtà un ruolo fondamentale è ricoperto dalle rappresentanze sindacali. In Emilia-Romagna l’assetto delle relazioni industriali è ben strutturato, c’è una forte presenza dei sindacati e la disponibilità delle aziende a negoziare. In queste imprese la partecipazione si articola su tre livelli: informazione, consultazione e codeterminazione. L’informazione è fornita all’inizio di ogni pianificazione strategica. La consultazione consente ai rappresentanti dei lavoratori di poter intervenire, al fine di scongiurare eventi negativi, prima che le strategie siano applicate. “Il diritto di codeterminazione, infine, significa che i rappresentanti locali dei lavoratori possono approvare, controllare e prendere delle iniziative nell’ambito di qualsiasi attività decisionale o responsabilità condivisa. L’approvazione deve essere richiesta prima che una qualsiasi misura sia applicata” (Tellyohann, 2015, p. 80). Molto spesso la CGIL, nel criticare il percorso intrapreso da FCA, contrappone il modello Lamborghini.

La FIOM-CGIL considera la Lamborghini, un’azienda esempio di chi vuole aumentare la competitività senza peggiorare le condizioni dei lavoratori. Nel nuovo contratto di Lamborghini non si aumentano gli orari e i turni di lavoro, c’è un’attenzione particolare ai diritti dei lavoratori con un sistema dei permessi rafforzato e la possibilità di accrescere le esperienze di studio. “Per quanto riguarda la parte economica, l’ipotesi di accordo prevede un aumento strutturale delle retribuzioni pari al 5% della retribuzione di un 5° livello metalmeccanico (88,47 euro) in due tranche di pari importo al 1/1/2016 e al 1/10/2017. Si tratta di un aumento uguale per tutti, che incide su tutti gli istituti della busta paga e su 14 mensilità. Al salario fisso si aggiungono le rivalutazioni di tutte le indennità presenti in azienda, a partire da quella per i lavoratori che operano sulle linee di montaggio (che passa da 30 euro a 40 euro mensili per 14 mensilità con decorrenza immediata) e l'incremento dei valori del Premio di Risultato che arrivano a un valore medio nel triennio 2015-2017 pari a 2500 euro” (FIOM-CGIL, 2016, p. 4), ed è in fase di sperimentazione un premio retributivo di team. Gli organi centrali nella esplicazione della partecipazione in quest’azienda sono le Commissioni tecniche bilaterali (CTB), le quali hanno una composizione paritetica e compiti diversi dalla RSU. Le Commissioni bilaterali si occupano d’informazione, consultazione e proposte su temi specifici; la negoziazione è lasciata ai rappresentanti sindacali. C’è una CTB che si occupa del premio di risultato che è legato non solo a parametri di redditività, ma anche di qualità. Una CTB si occupa degli aspetti organizzativi del lavoro, tempi, ritmi e condizioni di lavoro. I sindacati hanno diritto di intervenire sui cambiamenti del processo produttivo: “Complessivamente, le CTB hanno portato anche a un rafforzamento delle strutture sindacali a livello aziendale, in quanto le

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94 materie di contrattazione, attraverso il lavoro delle CTB, sono state estese e i temi sono stati trattati più in profondità” (Tellyohann, 2015, p. 87).

3.3 Il World Class Manufacturing e la partecipazione

La lean production è un modello organizzativo che necessita della cooperazione tra i lavoratori e tra questi e l’azienda. Bisogna ridurre al minimo i conflitti e diversificare i flussi d’informazione. Le metodologie della produzione snella richiedono, pur se con ritmi vincolanti, un ruolo dei lavoratori che va oltre le proprie mansioni: “Per esempio, agli operai è spesso richiesto di effettuare piccoli interventi di manutenzione, di effettuare in autonomia piccole variazioni delle procedure, di cooperare coi colleghi per la soluzione di problemi legati alle tecnologie o al funzionamento dei processi, di prendersi cura dei materiali e degli attrezzi di lavoro, di risparmiare sui consumi energetici, di prevenire guasti alle macchine e infortuni ecc.” (Ponzellini, Della Rocca, 2015, p. 61). La cooperazione non può essere soltanto tecnica ma anche sociale, solo in questo modo possono trovarsi soluzioni ai problemi che possano essere accettate da tutti. Come vedremo in FCA, esistono molte criticità riguardo all’aspetto partecipativo. Il cambiamento organizzativo può essere semplice da realizzare, ma il cambiamento culturale è molto più difficile, soprattutto in una realtà come quella della FIAT, che ha alle spalle anni di esperienze sociali e produttive: “Ve ne sono tre, in particolare, degni di menzione: una concezione burocratica e centralistica del potere che mal si concilia con la spinta al decentramento del potere di regolazione; una concezione del controllo esercitato preferenzialmente tramite le procedure e la supervisione gerarchica anziché tramite i risul-tati; una visione del conflitto come patologia sociale che deve essere prevenuta e, quando possibile, repressa; non si tratta solo del conflitto sindacale, ma anche del conflitto organizzativo che accompagna fisiologicamente la negoziazione organizzativa tra persone, ruoli, enti, funzioni, propria delle attività di problem setting e problem solving che percorrono le organizzazioni intrinsecamente evolutive e della possibilità di realizzare una condizione d’integrità organizzativa” (Cerruti, 2015, pp. 40-41).

La cooperazione su cui si basa il World Class Manufacturing è una cooperazione diretta, cioè è il coinvolgimento dei lavoratori e non del sindacato, quindi in questo senso non si partecipa alle strategie dell’impresa. Il coinvolgimento in FCA, e più in generale nel modello World Class Manufacturing, si esplica soprattutto nel team working. La

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95 cooperazione che s’instaura è in funzione di favorire il lavoro di squadra attraverso il contributo tanto dei lavoratori, quanto dell’azienda. In questo modo i lavoratori possono elaborare informazioni e fornire suggerimenti per il miglioramento del processo produttivo.

Ancora una volta possiamo avere delle risposte a tal proposito, dalla già citata ricerca “Le persone e la fabbrica”, proposta dalla FIM-CISL sull’applicazione del World Class Manufacturing in FCA. Non è un caso che le opinioni dei lavoratori sono più critiche nei confronti del World Class Manufacturing riguardo all’aspetto partecipativo. Per esempio riguardo alla possibilità di dare suggerimenti e di ricevere in cambio un riconoscimento, oltre la metà del campione dichiara che non solo non riceve un riconoscimento per i suggerimenti forniti, ma non ha avuto dall’azienda nessuna risposta. Il parere sul grado di collaborazione tra i colleghi, fatto molto rilevante per un modello organizzativo basato sul team, divide i giudizi in modo uguale tra positivi e negativi. Il 56% degli interpellati ritiene che il tempo per discutere dei problemi nel team sia insufficiente. Un giudizio positivo è attribuito alla figura del team leader, che come abbiamo visto precedentemente non è gerarchicamente superiore agli altri lavoratori del team, quindi a lungo andare questa figura poco definita potrebbe mostrare delle criticità: “Il nuovo modo di lavorare sovverte poi i canoni anagrafici tradizionali: un elemento di criticità è dato dalla frequente imposizione di team leader di età più giovane dei membri dei gruppi che sono chiamati a coordinare. Infine, la formazione dei team leader non sem-pre sembra sufficiente” (Corazza, 2015, p. 85). Il Segretario della FIM-CISL, alla domanda sulle criticità del WCM e dell’aspetto partecipativo sostiene: “Nella nostra ricerca emergevano due elementi critici: l’assenza di un sistema premiante e di partecipazione dei lavoratori e delle loro rappresentanze. Con il sistema premiante abbiamo colmato queste due lacune; naturalmente le soluzioni che abbiamo individuato non sono esaustive ma vanno nella direzione giusta. Abbiamo definito un’apposita commissione dove le direzioni di stabilimento insieme alle rappresentanze sindacali analizzeranno gli obiettivi e definiranno le azioni di intervento che servano a migliorare il WCM e l’efficienza di stabilimento” (Bentivogli, 2016, pp. 41-42).

Il coinvolgimento diretto dei lavoratori nell’applicazione del World Class Manufacturing in FCA, non solo presenta molte criticità, ma considerando la partecipazione come l’occasione di azienda e lavoratori di prendere decisioni in comune, non rappresenta una vera forma di partecipazione. Questo modello organizzativo può

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96 rappresentare una strada verso la partecipazione che in questo caso appare assente. Tutto questo dimostra che nonostante un cambio della veste organizzativa, in FCA ancora si fa difficoltà a superare i vecchi modelli. Per quanto riguarda l’aspetto organizzativo, quindi, non c’è codecisione e complessa appare anche la stessa negoziazione con le organizzazioni sindacali. Il World Class Manufacturing non conferisce agli operai il ruolo di determinare il proprio ritmo di lavoro, questo è ancora vincolato dalla linea di produzione. In ogni caso, i lavoratori sentono migliorate le proprie condizioni: “Nelle realtà osservate, la responsabilità individuale del lavoratore appare aumentata dovunque; l’autonomia invece è più critica, vista la pervasività dei sistemi di controllo in parte incorporati nell’automazione, in parte nel controllo sociale proprio del lavoro in team. Tuttavia, una certa delega verso il basso del potere manageriale appare evidente e rappresenta l’aspetto indiscutibile del passaggio al post-fordismo” Ponzellini, Della Rocca, 2015, p. 63). In FCA vive una contraddizione di fondo e cioè da un lato il modello organizzativo richiede una maggiore cooperazione dei lavoratori per ricevere da questi i contributi necessari ad attuare un miglioramento continuo, dall’altro lato la cooperazione può avvenire solo nei binari proposti dall’azienda, non c’è un vero spazio di autonomia (Cerruti, 2015, p. 50).

3.4 La partecipazione nel nuovo sistema retributivo

Il sistema retributivo è stato presentato dall’azienda come uno strumento coerente per realizzare la partecipazione dei lavoratori agli obiettivi del gruppo. Nei precedenti paragrafi abbiamo visto come il coinvolgimento dei lavoratori al World Class Manufacturing presenta molte criticità. Esiste una connessione profonda tra il World Class Manufacturing e il nuovo sistema retributivo, non si può comprendere a pieno il nuovo assetto retributivo se non s’inserisce nel quadro generale di applicazione del modello organizzativo: “Tra le novità del World Class Manufacturing vi è infatti la capacità di rendere più misurabili i risultati, il che potrà avere un impatto anche sulla definizione dei nuovi parametri in base ai quali erogare gli elementi addizionali della retribuzione” (Corazza, 2015, p. 85).

Il World Class Manufacturing, individuando nel team l’organo che uniforma la prestazione lavorativa, comporta necessariamente un appiattimento gerarchico, soprattutto ai fini della definizione della retribuzione, non a caso, come abbiamo visto, la semplificazione dell’inquadramento professionale dei lavoratori in FCA avviene in

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97 funzione del nuovo sistema retributivo, con lo scopo di individuare facilmente una paga base cui associare i due bonus retributivi.

Il principio base di qualsiasi assetto partecipativo è che si possa influire sulle decisioni prima che queste siano assunte. Come abbiamo visto nei precedenti capitoli, la retribuzione variabile comporta un forte rischio, che deve essere sostenuto dai lavoratori. Il rischio è sostenibile se è bilanciato dalla possibilità di poter contribuire in maniera incisiva sulle strategie dell’impresa. Secondo Bentivogli: “Questa è la ragione per la quale, nell’accordo sono previste commissioni paritetiche sopra i duemila dipendenti, finanche al livello della vecchia Unità Tecnologica Elementare (UTE) (l’area più micro che c’è nello stabilimento). Tale scelta consente alle rappresentanze sindacali di essere dentro i percorsi di efficienza e non subire a posteriori i risultati delle inefficienze; le rappresentanze possono affrontare insieme all’azienda tutti i problemi che si verificano di volta in volta e cercare soprattutto di prevenirli” (Bentivogli, 2015, p. 662).

Per i sindacati firmatari, il nuovo sistema retributivo rappresenta un azzardo perché la retribuzione diventa quasi completamente variabile, ma il bilanciamento di quest’aspetto con una vera partecipazione e tutt’altro che semplice da realizzare. Sembra evidente, anche ai sindacati, che la partecipazione da realizzare non è quella del coinvolgimento diretto previsto da lean production, ma bisogna attuare la partecipazione indiretta che può incidere sulle scelte strategiche dell’azienda. In questo senso, il rinnovo del Contratto collettivo di Lavoro specifico di primo livello (CCSL) del 7 luglio 2015 introduce tre organismi con l’intento di favorire la partecipazione: la Commissione paritetica, la Commissione World Class Manufacturing, il Consiglio delle Rappresentanza Sindacale Aziendale (RSA). Le Commissioni paritetiche dovrebbero avere il ruolo di esaminare il Bilancio di sostenibilità, supervisionare l’andamento produttivo e occupazionale: “Inoltre, alla Commissione è stato attribuito il compito di individuare forme più ampie di partecipazione dei lavoratori, anche approfondendo esperienze di altri paesi” (D’Amuri, Giorgiantonio, 2015, p. 75). La Commissione World Class Manufacturing nelle unità produttive oltre i 1.500 dipendenti informa sull’andamento dell’unità produttiva e sull’applicazione del World Class Manufacturing. Le organizzazioni sindacali firmatarie del CCSL eleggono i membri del Consiglio delle RSA. I sindacati per designare i rappresentanti delle Commissioni devono avere raggiunto l’8% dei consensi alle elezioni delle RSA, questo rappresenta una grande novità perché nei precedenti contratti non era prevista una soglia di sbarramento e quindi tutti i sindacati firmatari avevano la possibilità di nominare i propri rappresentanti nelle

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98 Commissioni. L’istituzione degli organi preposti alla partecipazione è solo un passo verso il percorso di un sostanziale coinvolgimento dei lavoratori. Molto dipende dalla volontà dei sindacati, che sono tanti e spesso divisi fra di loro; soprattutto, molto dipenderà dalla volontà dell’azienda. La necessità di un’assunzione di responsabilità da parte dei soggetti coinvolti traspare chiaramente dalle parole del Segretario Generale della FIM-CISL Bentivogli: “Per fornire le adeguate competenze abbiamo anche definito e svolto appositi corsi di formazione paritetici per i rispettivi componenti. Questo processo facilità l’assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti, anche di quelli aziendali che spesso hanno mostrato più resistenza al cambiamento di quelli sindacali” (Bentivogli, 2016, p. 42). Come abbiamo detto la retribuzione variabile e incentivante, legata alle performance, può essere considerata una forma di coinvolgimento economico che è definita come partecipazione economica che deve essere accompagnata da una reale influenza dei lavoratori sulle decisioni dell’azienda. Le criticità maggiori di questa struttura atta a favorire la partecipazione, possono riscontrarsi nell’organo delle Commissioni paritetiche. Gli organi paritetici possono rappresentare un punto di partenza alla cooperazione tra azienda e rappresentanti dei lavoratori, c’è da dire che nel passato non hanno funzionato secondo questi propositi. In queste commissioni possono prevalere due tipi di culture in sostituzione della partecipazione: l’antagonismo e il paternalismo.

Riguardo al Consiglio delle RSA troviamo le novità più evidenti. Il Consiglio è prerogativa dei sindacati firmatari del contratto, nel workshop sul nuovo sistema retributivo di FCA il Segretario Generale della FIM-CISL Marco Bentivogli, a questo proposito ha sostenuto che: “La FIM all’inizio di quest’anno ha proposto di fare un’elezione generalizzata anche all’unica organizzazione sindacale che era rimasta fuori e che era rientrata post sentenza della Corte costituzionale, e l’abbiamo fatto non chiedendo di sottoscrivere il contratto FIAT-CSDL, ma costruendo un regolamento che, da un lato, mutua i principi del Testo unico CGIL-CISL-UIL-Confindustria e, dall’altro, comprende anche i punti sul principio di maggioranza e di esigibilità che sono nel contratto FIAT” (Bentivogli, 2015, p. 663). La FIOM-CGIL non ha aderito alle regole per l’elezione dei rappresentanti e li ha eletti autonomamente. Le decisioni nel Consiglio sono prese a maggioranza e attraverso regole condivise. Questo sistema cerca di sviare il problema, che molto spesso si presenta nelle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU), cioè che la minoranza non si adegua alle decisioni prese dalla maggioranza.

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99 Il meccanismo di funzionamento di questo sistema sembra un meccanismo a catena, infatti è il Consiglio delle RSA che nomina i rappresentanti delle Commissioni paritetiche che dovrebbero influire sulle strategie dell’azienda, se il Consiglio non riesce a dare senso alle Commissioni, allora il sistema è destinato a fallire. Le situazioni che potrebbero presentarsi sono diverse: è possibile che le difficili relazioni tra i sindacati danneggino il funzionamento del Consiglio e di conseguenza delle Commissioni paritetiche, oppure che l’azienda non abbia l’interesse a rendere veramente effettiva la partecipazione strategica dei rappresentanti dei lavoratori e quindi, mancando di volontà, si rifugi nella semplice informazione e consultazione, nell’apparenza di fare partecipazione e poi decida autonomamente le strategie aziendali.

L’analisi mostra come in FCA la partecipazione, tanto annunciata, non c’è. Il coinvolgimento attraverso il modello organizzativo presenta gravi carenze sia sotto l’aspetto di cooperazione tra colleghi nel team, sia nel rapporto tra lavoratori e direzione aziendale, il dialogo per i suggerimenti di miglioramento dei processi produttivi è molto complicato. I sindacati dovrebbero cercare d’inserirsi nello spazio lasciato dall’azienda, soprattutto attraverso la formazione professionale. La partecipazione economica del sistema retributivo premiale non basta a creare le condizioni per un’effettiva cooperazione tra azienda e lavoratori e le Commissioni paritetiche difficilmente potranno favorire la reale influenza dei lavoratori alle decisioni dell’azienda. L’Ig Metall in Germania, l’UAW negli Stati Uniti si presentano all’aziende come rappresentanze forti e unitarie e quindi maggiormente legittimate a contrattare. In Italia gli stessi sindacati firmatari del contratto di FCA (FIM-CISL, UILM-UIL, FISMIC, Associazione Quadri Fiat) sono profondamente divisi fra di loro. Queste divisioni limitano pesantemente la portata partecipativa dei rappresentanti dei lavoratori. È molto probabile che il rapporto di asimmetria tra azienda e rappresentanti dei lavoratori continui a persistere. La via percorsa dalla FIOM-CGIL è più chiara: porsi come forza di opposizione. Questa strategia, probabilmente, a lungo andare perderà la sua forza e sposterà la FIOM-CGIL dalle fabbriche all’arena politica.

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