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APPROPRIATEZZA Formazione per il governo clinico

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(1)

Formazione per il governo clinico

APPROPRIATEZZA

(2)

PRIMA PARTE – Background, definizioni, modelli concettuali

Appropriatezza

Concetto complesso e

multidimensionale, con diverse

prospettive di lettura

(3)

PRIMA PARTE – Background, definizioni, modelli concettuali

Appropriato:

• adeguato

• preciso

• calzante

• opportuno

(dizionario Zingarelli)

(4)

PRIMA PARTE – Background, definizioni, modelli concettuali

Si riferisce a:

• espressione verbale

• comportamento

• azione

• scelta

adatta, conveniente, giusta per la situazione

(5)

PRIMA PARTE – Background, definizioni, modelli concettuali

Appropriatezza in ambito sanitario:

• una cura è appropriata se si associa a un beneficio netto ovvero quando massimizza il beneficio/minimizza il

rischio per il paziente

• c’è un punto prima del quale e uno oltre il quale un

servizio diventa inappropriato

(6)

PRIMA PARTE – Background, definizioni, modelli concettuali

L’appropriatezza

• comporta implicazioni dirette e indirette riguardanti

• la procedura corretta sul paziente giusto al momento opportuno e nel setting più adatto

• va misurata per evitare che la complessità delle cure

mediche non determini il mancato godimento di cure

necessarie ovvero cure inutili

(7)

PRIMA PARTE – Definizioni (1)

• Le varie definizioni proposte implicano “effetti positivi per il paziente” (revisione del 2008 ha identificato 14 definizioni di alttettanti articoli èubblicati nel1996-2006)

• La definizione RAND ha introdotto i concetti di “rischi” e

“benefici”

(8)

PRIMA PARTE – Definizioni (2)

La definizione RAND si applica a un paziente “medio”

che si presenta ad un medico “medio”:

una procedura è appropriata se: il beneficio atteso supera le eventuali conseguenze negative con un margine sufficientemente ampio, tale da ritenere che valga la pena effettuarla

viene considerata inappropriata una procedura il cui

rischio sia superiore ai benefici attesi.

(9)

PRIMA PARTE – Definizioni (4)

• Definizioni degli anni ’80-’90: risposta adeguata ai bisogni del singolo paziente

• Successivamente viene considerata la variabile “costi

sanitari” (in crescita e dato il mutato contesto

economico): i third-payer mettono un freno al rimborso

delle prestazioni fornite

(10)

PRIMA PARTE – Definizioni (5)

Definizione complessa: processo decisionale che

assicura il massimo beneficio netto per la salute del

paziente, nell’ambito delle risorse che la società rende

disponibili”

(11)

PRIMA PARTE – Definizioni (6)

Il giudizio di appropriatezza dipende dai medici

interpellati, dal luogo dove vivono, dal peso di evidenze e

di esiti, da pazienti e famiglie, dalle risorse di un

determinato sistema sanitario e infine dai valori prevalenti

sia nel sistema stesso sia nella società in cui si è

sviluppato.

(12)

PRIMA PARTE –Europa (1)

• Raccomandazione n. 17 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa (1997): appropriatezza elencata tra “le componenti potenziali della qualità dell’assistenza sanitaria”

• Convenzione di Oviedo sui Diritti dell’Uomo e la

biomedicina (1997), all’art.3, gli Stati firmatari della

Convenzione si impegnano a garantire un “accesso equo a

cure della salute di qualità appropriata”

(13)

PRIMA PARTE –Europa (2)

• Workshop Ufficio regionale europeo WHO (2000) in collaborazione con il Ministero della Salute tedesco:

riconosciuta la definizione RAND, per quanto generica e

ripreso il report del Director of Research and Development

of the Department of Health (1993)

(14)

PRIMA PARTE –Europa (3)

• selezione sulla base di prove dell’intervento con la

maggiore probabilità di produrre gli esiti di salute attesi

• soddisfatti determinati criteri

• disponibili competenze tecniche e altre risorse per prestazione con uno standard sufficiente

• modalità accettabili dal paziente

• informazioni al paziente e suo coinvolgimento

• preferenze del paziente (scelta tra interventi efficaci) avversi che si potrebbero verificare.

• contesto sociale e culturale

• giustizia nell’allocazione delle risorse

(15)

PRIMA PARTE –Italia (1)

• PSN1998-2000: criterio per definizione LEA (D.Lgs 229/99)

• Appropriatezza organizzativa dell’assistenza

ospedaliera (liste DRG a rischio di inappropriatezza)

• Appropriatezza clinica è l’oggetto del SNLG (PSN 1998-2000) coordinato dall’ISS

• definizione complesso (differenza efficacia,

efficienza…)

(16)

PRIMA PARTE –Italia (2)

Definizione Glossario Ministero della Salute.

L’appropriatezza definisce un intervento sanitario

(preventivo, diagnostico, terapeutico, riabilitativo)

correlato al bisogno del paziente (o della collettività),

fornito nei modi e nei tempi adeguati, sulla base di

standard riconosciuti, con un bilancio positivo tra

benefici, rischi e costi

(17)

PRIMA PARTE – Varie definizioni

(18)

PRIMA PARTE – Varie definizione

(19)

PRIMA PARTE – Concetti correlati (1)

L’appropriatezza è una dimensione della qualità dell’assistenza e, data la sua complessità e

multidimensionalità, sono molti i termini ad essa correlati

(20)

PRIMA PARTE –Concetti correlati (2)

• Efficacia nella pratica clinica (effectiveness): grado in cui i miglioramenti di salute raggiungibili sono

effettivamente raggiunti

• Efficacia teorica (efficacy): l’abilità della scienza e

della tecnologia sanitaria di produrre miglioramenti nella

salute quando usate nelle condizioni più favorevoli

(21)

PRIMA PARTE – Concetti correlati (3)

Equità: capacità del sistema di rispondere ai bisogni di gruppi e singole persone, sulla base dei possibili benefici, indipendentemente da fattori quali età, etnia, genere,

disabilità, livello socioeconomico, scolarità

(22)

PRIMA PARTE – Concetti correlati (4)

Efficienza: rapporto tra risorse impiegate e l’intervento

erogato, considerando anche le modalità di applicazione

delle risorse.

(23)

PRIMA PARTE – Concetti correlati (5)

Necessità clinica (uno dei modi per descrivere

l’appropriatezza da parte finanziatori negli Stati Uniti e in Canada e per definire i criteri di rimborso dei servizi): i servizi clinicamente necessari sono “quelli di cui un

paziente ha bisogno per sottrarsi a conseguenze negative

sulla propria salute”.

(24)

PRIMA PARTE – Concetti correlati (6)

Servizi necessari o critici: quelli destinati a un “paziente in determinate condizioni tali da indurre il medico a

effettuare un certo trattamento, poiché il non farlo

costituirebbe una scelta deleteria per la salute del

paziente”.

(25)

PRIMA PARTE – Concetti correlati (7)

Variabilità della pratica clinico-assistenziale (geografica, organizzativa, professionale): le differenze nel ricorso ai

servizi risultano da più fattori combinati:

• caratteristiche pazienti (socio-demografiche, gravità clinica)

• attitudini professionisti (scuola di riferimento, orientamento personale, meodo di pagamento vigente)

• il contesto istituzionale e organizzativo.

(26)

PRIMA PARTE – Appropriatezza clinica e organizzativa (1)

• Appropriateness of a service, appropriatezza clinica

• Appropriateness of setting, determinante della appropriatezza organizzativa.

Lavis ed Anderson (fine anni ’90)

(27)

PRIMA PARTE – Appropriatezza clinica e organizzativa (2)

Appropriatezza clinica

•livello di efficacia di una prestazione per un particolare paziente

•determinata in base a informazioni cliniche e diagnostiche

•orienta verso l’intervento sanitario verosimilmente benefico (simile a RAND)

•non considera i costi

(28)

PRIMA PARTE – Appropriatezza clinica e organizzativa (3)

Appropriatezza organizzativa

•identifica la situazione in cui l’intervento viene erogato (ambito assistenziale, professionisti coinvolti)

•considera l’appropriata quantità di risorse (efficienza operativa), quindi la relazione costi-efficacia

•utile per verificare corrispondenza tra asistenza teoricamente

richiesta e assistenza concretamente offerta

(29)

PRIMA PARTE – Sovra/sotto-utilizzo

• l’appropriatezza non è concetto dicotomico (appropriato vs inappropriato) ma un continuum di situazioni a

diversa “intensità” di appropriatezza.

• concetto di appropriatezza va inquadratao nel contesto di sottoutilizzo (under-use) e sovrautilizzo (over-use) delle prestazioni

Sharpe e Faden (fine anni ’90)

(30)

PRIMA PARTE – Prospettive (1)

L’equilibrio tra benefici e rischi della definizione di

appropriatezza proposta dalla RAND deve essere letto

secondo almeno tre prospettive

(31)

PRIMA PARTE – Prospettive (2)

1) Livello di evidenza, classifica interventi sanitari in base a rapporto rischi-benefici:

• fortemente raccomandabili (o fortemente

controindicati), quando il rapporto è dimostrato da RCT conclusivi o replicati

• raccomandati (o controindicati), quando il rapporto è dimostrato da un RCT o una revisione sistematica o altri studi di buona qualità

• potenzialmente benefici (o dannosi), con equilibrio tra

benefici e rischi incerto, quando sono disponibili solo case

report o studi clinici non controllati

(32)

PRIMA PARTE – Prospettive (3)

2) Prospettiva dei pazienti, che contribuire alla determinazione dell’appropriatezza:

• rispetto ad un “paziente medio”: le informazioni su esiti e misure contribuiscono alle stime di efficacia

• rispetto al “singolo paziente”: mirata sull’accettabilità della cura (intervento è accettabile o desiderabile se “liberamente accettato da un paziente informato o da un suo

rappresentante”)

(33)

PRIMA PARTE – Prospettive (4)

3) Prospettiva della società (sempre più importante in conseguenza dell’incremento dei costi):

• una società deve definire gli obiettivi di salute che si è disposti a perseguire

• in base a evidenze scientifiche, valori etici condivisi

dalla società, elementi relativi alla distribuzione sociale

o alla necessità di contenere i costi

(34)

SECONDA PARTE – Variazioni della pratica clinica (1)

• Variazioni delle pratiche clinico-assistenziali tra aree

geografiche, organizzazioni sanitarie, gestione di pazienti

• Evidenziate già dagli anni ’40 (chirurgia)

• Rapporto del King’s Fund Institute (1988) ricostruisce storia delle variazioni per esplorare allocazione risorse, variazioni di performance, variabilità geografica

nell’accesso alle cure e nell’utilizzo dei servizi da parte di popolazioni residenti in determinate aree

• Differenze di equità, efficienza e sicurezza

• Rimangono sostanzialmente invariate

(35)

SECONDA PARTE – Variazioni della pratica clinica (2)

• Questione della variabilità desiderabile (“positiva”) rispetto a indesiderata (“negativa”)

• Se le differenze evidenzia inappropriatezza:

– quali sono le cure alle quali attribuire le differenze?

– dove la frequenza di cure inappropriate è più elevata (c’è sovra- utilizzo da parte di regioni/strutture o professionisti?)

– dove la frequenza di cure inappropriate è più bassa c’è sotto- utilizzo)?

• O la frequenza ottimale sta da qualche parte nel mezzo o al di là dell’uno o dell’altro estremo?” (modificato da

Evans)

(36)

SECONDA PARTE – Variazioni della pratica clinica (3)

• Non esiste una relazione chiara e ripetibile tra appropriatezza e variabilità geografica

• Differenze risultano da combinazione di diversi fattori (pazienti, professionisti, organizzazione e contesto)

• … La difficoltà consiste nel ridurre la quota di variabilità

“cattiva” (limiti professionali, fallimenti) e quella buona”

(esigenze dei singoli pazienti) (modificato da Mulley)

(37)

SECONDA PARTE – Cause delle variazioni (1)

Fattori che comportano ricorso a prestazioni:

•fattori riconducibili al paziente: gravità clinica, convinzioni e percezioni sulla malattia, fiducia, inclinazione al rischio decisionale, tipo di comunità e famiglia, influenza medico curante, suggerimenti

•fattori inerenti il sistema dell’offerta: disponibilità di servizi nella zona di residenza, distanze geografiche, organizzazione (orari, tempi d’attesa, numero di posti letto), sistemi di finanziamento e incentivazione

•fattori riguardanti il professionista: competenza, adesione a

linee guida, esperienza.

(38)

SECONDA PARTE – Cause delle variazioni (2)

Variations in Health Care.

The King’s Fund, 2011

(39)

SECONDA PARTE – Metodi e misure delle variazioni

L’identificazione dei fattori che possono spiegare le

differenze di utilizzo di servizi o di prestazioni sanitarie

costituisce una sfida concreta, che implica la costruzione e

la validazione di ipotesi e di modelli statistici

(40)

SECONDA PARTE – Metodi (1)

Small-area variation analysis (SAV)

• metodologia di analisi dei servizi sanitari, nota già negli anni ‘30 e diffusasi negli anni ’80-’90

• mira a descrivere le differenze geografiche nella

distribuzione di un fenomeno (per esempio il ricorso a un

determinato servizio o prestazione sanitaria, la frequenza di

una patologia) e dare spiegazioni in termini di attitudini dei

professionisti, caratteristiche dei pazienti, fattori ambientali

(41)

SECONDA PARTE – Metodi (2)

Differenze di pratica clinica:

• secondo aree geografiche di residenza

• secondo singoli ospedali o servizi (in questo caso è

necessario affrontare specifici problemi di metodo

inerenti, ad esempio, il referral bias, il case-mix)

(42)

SECONDA PARTE – Metodi (3)

Referral bias

•è un selection bias, che si verifica quando si confrontano gruppi differenti come comparabili

•accade di interpretare le differenze come effetto di variabili in studio, mentre sono invece intrinseche ai gruppi a confronto

•si verifica quando le preferenze degli individui o le pratiche

locali influiscono sulla selezione, i professionisti applicano

criteri diagnostici o terapeutici diversi

(43)

SECONDA PARTE – Metodi (4)

Case-mix

•è una caratteristica misurabile di gruppi o popolazioni utile per descrivere e quantificare la diversità della casistica con probabilità diversa di esiti, complicanze e eventi

•non tenerne conto determina distorsioni nei risultati delle osservazioni, errate interpretazioni, decisioni e interventi scorretti/dannosi

•la variabilità del case mix viene trattata attraverso procedure

di case mix adjustment

(44)

SECONDA PARTE – Misure (1)

Variations in Health Care.

The King’s Fund, 2011

(45)

SECONDA PARTE – Misure (2)

• Range differenza tra il valore più alto e il valore più basso osservati. È una misura intuitiva ma fortemente

influenzata dai valori estremi.

• Range interquartile distanza tra il primo quartile (che corrisponde al 25° percentile) e il terzo quartile (il 75°

percentile). Anche questa misura è abbastanza intuitiva e meno influenzata dagli estremi: tuttavia è basata su due sole osservazioni.

• …

(46)

SECONDA PARTE – Misure (3)

• …

• Quoziente tra gli estremi rapporto tra il valore più alto e il più basso. Facilmente comprensibile, ha gli stessi limiti delle due precedenti misure di range.

• Deviazione standard (DS) misura il grado di dispersione dei dati rispetto alla media. Relativamente intuitiva e

basata su tutte le osservazioni. Non fornisce alcuna informazione sul pattern di variazione.

• …

(47)

SECONDA PARTE – Misure (4)

• ….

• Coefficiente di variazione (CV) rapporto tra DS e media.

Ha il vantaggio di poter essere usata per confrontare le variazioni tra dati espressi con differenti unità di misura.

Tuttavia, non consente l’aggiustamento per le variazioni intra-area (ad es. le variazioni casuali), è sensibile a

piccoli cambiamenti se il valore della media è molto

vicino allo 0 e non è intuitiva come le misure più semplici

• …

(48)

SECONDA PARTE – Misure (5)

• ….

• Componente sistematica di variazione (SCV) è fondata su un modello che considera il numero di eventi osservati in relazione al numero atteso secondo la distribuzione per età e genere della popolazione in studio. Consente

l’aggiustamento per le variazioni intra-area.

(49)

SECONDA PARTE – Esempio tonsillectomia (1)

• Storicamente, parecchi studi sulle differenze di pratica clinica si sono concentrati sull’intervento chirurgico di tonsillectomia

• Glover (1938) osservò che la frequenza della

tonsillectomia variava fino a 20 volte tra i vari quartieri di Londra.

• Più o meno nello stesso periodo fu condotto a New York

uno studio su 1.000 bambini in età scolare con tonsilliti

aute ricorrente

(50)

SECONDA PARTE – Esempio tonsillectomia (2)

Risultati: il 61% dei bambini aveva già subito una

tonsillectomia; il rimanente 39% fu visitato da un gruppo di

medici scolastici, che raccomandarono l’intervento nel 45%; il

rimanente 55% fu visitato da un altro gruppo di medici che

raccomandarono l’intervento nel 46%; infine, i bambini ai

quali, per due volte di seguito, non era stata consigliata la

tonsillectomia furono inviati a un terzo gruppo di medici che

consigliarono l’intervento nel 44% dei casi. In definitiva, se

tutti i bambini a cui era stata raccomandata la procedura

l’avessero effettivamente subita, sarebbero stati operati 935

su 1000.

(51)

SECONDA PARTE – Esempio tonsillectomia (3)

• Revisione Cochrane: intervento efficace nei bambini con tonsillite grave e ricorrente (per malattia più lieve

indicazioni modeste), ma persistono differenze di 7 volte

• In Italia “Appropriatezza e sicurezza degli interventi di tonsillectomia e/o adenoidectomia” (documento PNLG 2003) poi Linea Guida (2008)

• Riduzione interventi di chirurgia tonsillare e variazioni

geografiche ( tasso per 10.000 da 10,5 nel 2002 a 9,4 nel

2004)

(52)

SECONDA PARTE – Esempio procedure chirurgiche (1)

• Procedure chirurgiche comuni/di provata efficacia (Inghilterra 2009-2010): sostituzione o revisione

protesica di anca e ginocchio, rimozione di cataratta, angioplastica coronarica, colecistectomia e by pass aorto-coronarico

• Frequenze variabili tra un Primary Care Trust (PCT) e

l’altro

(53)

SECONDA PARTE – Esempio procedure chirurgiche (2)

Variations in Health Care.

The King’s Fund, 2011

(54)

SECONDA PARTE – Esempio procedure chirurgiche (3)

• Persistenza nel tempo delle variazioni: confronto tra 2005- 2006 e 2009-2010, per tre procedure comuni: sostituzione protesica dell’anca, rimozione di cataratta e tonsillectomia

• Al di là delle variazioni, nel tempo il ricorso alle procedure si è mantenuto sostanzialmente invariato nei diversi centri

• Le differenze nel ricorso agli interventi sanitari sarebbero

correlate al grado di consenso professionale minore è il

consenso, maggiori le differenze (come nella

tonsillectomia)

(55)

SECONDA PARTE – Esempio procedure chirurgiche (4)

Variations in Health Care.

The King’s Fund, 2011

(56)

SECONDA PARTE – Esempio procedure chirurgiche (5)

L’osservazione del ricorso alle sei procedure a bassa efficacia (isterectomia per via addominale,

miringotomia, tonsillectomia, isteroscopia,

isterectomia per via vaginale, puntura lombare) sembra associato alle condizioni socio-economiche, con un

ricorso più elevato per le persone di condizioni più disagiate misurate da uno specifico indice di

deprivazione.

(57)

SECONDA PARTE – Indi ce di deprivazione

Il concetto di deprivazione:

•usato da diverse discipline

•associato a misure/indicatori in grado di quantificare lo stato di bisogno degli individui che abitano in una certa zona

•tradizione con finalità epidemiologiche riferita a singole cause di mortalità o singole patologie

•introdotti diversi indicatori di deprivazione per esaminare

come condizioni socioeconomiche diverse comportino

differenze nella mortalità e nell’efficacia dei trattamenti.

(58)

SECONDA PARTE – Esempio tonsillectomia - deprivazione

• Esempio tonsillectomia (periodo ampio da Glover a dati Department of Health): connessione tra differenze di utilizzo degli interventi sanitari e il rischio di disuguaglianze nell’accesso alle cure, determinate più da condizioni cliniche o preferenze dei pazienti, quanto dalle condizioni socio-economiche.

• Quando la procedura approvata dalla comunità medica,

ricorso maggiore tra bambini di famiglie benestanti, con

evidenze su appropriatezza da parte dei medici e

istruzione/informazione della popolazione, ricorso prevale

tra persone svantaggiate (overuse)

(59)

SECONDA PARTE – Esempio malattia coronarica (1)

•Esempio malattia coronarica (opzioni: by pass, angioplastica, terapia medica; scelta in base a gravità ed estensione della malattia, età, comorbosità e condizioni generali di salute)

•La letteratura internazionale ha documentato, in diversi

ospedali o aree geografiche, differenze nel ricorso a

BPAC o PCI fino a 5-10 volte.

(60)

SECONDA PARTE – Esempio malattia coronarica (2)

Due spiegazioni per le differenze:

• soglia variabile per scelta del trattamento (incertezza negli stadi precoci di malattia riguardo a possibile beneficio, tipo di paziente, stadio della malattia)

• processo decisionale imperfetto: i pazienti delegano al

medico, il medico non inquadra il paziente e non ne

comprende le preferenze (fondamentale l’informazione al

paziente)

(61)

SECONDA PARTE – MDI

Multiple Deprivation Index (MDI): usato in analisi prodotte nel Regno Unito e diffuse dai Department for Communities and Local Government.

Considera diverse componenti (nel 2007, 7 ambiti):

1) reddito

2) occupazione

3) condizioni di salute e disabilità 4) istruzione, competenze e training

5) barriere relative a condizione abitativa e uso servizi 6) criminalità

7) ambiente di vita

(62)

SECONDA PARTE – Esempio protesi d’anca (1)

Intervento protesi d’anca come esempio di differenze e disuguaglianze:

•Associazione negativa tra ricoveri per intervento di sostituzione protesica dell’anca e misure di bisogno socio- sanitario, come il Multiple Deprivation Index (MDI): i pazienti più poveri hanno minore probabilità di essere sottoposti all’intervento.

• …

(63)

SECONDA PARTE – Esempio protesi d’anca (2)

• …

• I pazienti in condizioni di svantaggio socio-economico riferiscono uno stato di salute peggiore (Patient Reported Outcomes Measurements, PROMs del NHS: Oxford Hip Score e indice di qualità della vita EQ-5D del 2009-2010):

valori più bassi per i pazienti con indice di deprivazione più elevato.

• Inoltre, questi pazienti provengono da aree geografiche con minor tasso di sostituzione protesica dell’anca

• …

(64)

SECONDA PARTE – Esempio protesi d’anca (2)

• …

• La relazione tra deprivazione e intervento di protesi d’anca agisce quindi su due livelli: i pazienti “più poveri” hanno meno probabilità di essere sottoposti all’intervento pur avendone necessità e, nel momento in cui vi accedono, dichiarano di “stare peggio” rispetto ai pazienti più benestanti. Quest’ultima osservazione potrebbe trovare diverse spiegazioni: grado più elevato di comorbosità, ritardo nell’accesso all’intervento e quindi condizioni più gravi, o altri fattori riconducibili alla condizione socio- economica.

• …

(65)

SECONDA PARTE – Esempio protesi d’anca (2)

• …

• Esistono quindi chiare evidenze della disuguaglianza di accesso alla sostituzione protesica dell’anca in Inghilterra, i cui determinanti principali risultano essere l’età, il genere, la deprivazione, la residenza in aree rurali e l’etnia.

• Osservazioni analoghe sono state fatte per altre procedure,

come la rivascolarizzazione coronarica e l’intervento di

cataratta.

(66)

SECONDA PARTE – PRO

• Patient Reported Outcome (PRO): terminologia

“ombrello” che identifica approccio/metodologia orientati a cogliere il punto di vista dei pazienti, piuttosto che

adottare la tradizionale prospettiva clinica o professionale sugli outcome

• I PRO possono essere raccolti attraverso questionari auto- compilati o attraverso interviste

• Al concetto di PRO è connesso quello di Patient Reported

Outcomes Measurements (PROMs), che identifica una

gamma di strumenti di rilevazione e misurazione

(67)

SECONDA PARTE – Strumenti rilevazione e misurazione (1)

Generali, se rivolti alla valutazione della qualità di vita o alla valutazione soggettiva dello stato di salute:

•SF-36 Health Survey

•SF-12 Health Survey

•Sickness Impact Profile

•Nottingham Health Profile

•Health Utilities Index

•Quality of Well-Being Scale

•EuroQol-EQ-5D

•Consumer Assessment of Healthcare Providers and

Systems-CAHPS

(68)

SECONDA PARTE – Strumenti rilevazione e misurazione (2)

Specifici per patologia:

• Adult Asthma Quality of Life Questionnaire-AQLQ, per i pazienti adulti con asma

• Kidney Disease Quality of Life Instrument, per i pazienti con malattie renali

• Oxford Hip Score, per i pazienti sottoposti a intervento di

protesi d’anca

(69)

SECONDA PARTE – Esempio day surgery (1)

• Day surgery (DS) in 20 anni ha modificato organizzazione dei servizi sanitari: numero elevato di interventi chirurgici in regime diurno, con vantaggi per i pazienti (maggiore tempestività, minor rischio di infezioni, minor rischio di rinvii e ritardi, più sereno e rapido rientro a casa) e per l’efficienza del sistema (notevole riduzione dei giorni di degenza).

• Nel NHS il 70% interventi sono effettuati in DS, con notevoli differenze geografiche (Audit Commission anni

’90 sulle 25 procedure maggiormente cost-effective in DS

(70)

SECONDA PARTE – Esempio day surgery (2)

• Inghilterra: 2009-2010 1 milione di procedure candidate a DS, il 20% delle quali non effettuate in DS: 67-87% tra le varie strutture.

• Cataratta: variazioni minime (88-100%); tonsillectomia e colecistectomia laparoscopica: sotto-utilizzo

• Alcune procedure: associazione negativa con indicatori di svantaggio socio-economico

• Circoncisione, resezione transuretrale Ca vescica, tunnel carpale, artroscopia, cataratta: prevale degenza ordinaria

• Secondo Audit Commission contano caratteristiche offerta

(infrastrutture, attitudine clinica dei professionisti)

(71)

TERZA PARTE – La misura dell’appropriatezza (1)

• La misura dell’appropriatezza coinvolge clinici, ricercatori, manager e policymaker.

• I processi formali e condivisi di valutazione appropriatezza hanno come obiettivo:

– valutazione qualità assistenza

– elaborazione di raccomandazioni per la pratica clinica

– predisposizione di strumenti di supporto pratico al lavoro dei clinici

– identificazione di aree per ulteriore ricerca

(72)

TERZA PARTE – La misura dell’appropriatezza (2)

• Necessari strumenti e metodi di misurazione e monitoraggio

• Criteri espliciti, condivisi, scientificamente fondati

• Valutazioni individuali o collettive, effettuate da esperti.

• La valutazione di appropriatezza dei ricoveri

ospedalieri si effettuare tramite le cartelle cliniche e dei database amministrativi grazie a strumenti come i

PRUO e i DRG ad elevato rischio di inappropriatezza

(73)

TERZA PARTE – PRO (1)

• Anni ’90-2000 i protocolli per la valutazione di appropriatezza del ricovero di adulti e bambini, si sono diffusi e concretizzati nei Protocolli di Revisione d’Uso dell’Ospedale (PRUO)

• Poi uso ridimensionato

• Messi a punto da Laboratorio di Epidemiologia clinica

dell’Istituto Mario Negri di Milano, dell’Ospedale San

Gerardo di Monza e dell’Ospedale Niguarda di Milano in

base al Pediatric Appropriateness Evaluation Protocol

(AEP), strumento per raccolta guidata di informazioni

dalla cartella clinica, attraverso set di criteri e standard

(74)

TERZA PARTE – PRO (2)

• Elaborati tenendo conto: gravità della malattia e condizioni dei pazienti, intensità assistenza e prestazioni in ciascun giorno di degenza

• Griglia per definire inappropriatezza ricovero e/o giornate di degenza

• Studi ospedali americani: ricoveri inappropriate compresi tra 8% e 25%

• Studi fine anni ‘80 in Italia: ricoveri inappropriati del 26%

(Ospedale San Gerardo di Monza) e 28% (Ospedale di

Aosta)

(75)

TERZA PARTE – PRO (3)

• PRUO struttura simile AEP: 18 criteri espliciti, indipendenti dalla diagnosi, relativi a condizioni del paziente e complessità del trattamento

• Giudizio di congruità del ricovero quando soddisfatto almeno un criterio

• Va considerata la fase di campionamento: casuale o in base a valutazioni specifiche e contingenti (campione di “convenienza”)

• I ricoveri selezionati in funzione della giornata di degenza e si risale a ritroso all’ammissione per valutarne l’appropriatezza oppure in base alle nuove ammissioni seguite poi nel corso della degenza.

(76)

TERZA PARTE – PRO (4)

Gli altri aspetti per pianificazione, conduzione e interpretazione di studi basati sul PRUO sono:

•setting dello studio (tipologia e caratteristiche ospedale, grado di specializzazione, presenza di specifici reparti e servizi diagnostici, area geografica etc.)

•case-mix dei pazienti

•timing della rilevazione, poiché la raccolta di informazioni

può essere concorrente o retrospettiva.

(77)

TERZA PARTE – DRG (1)

DRG a elevato rischio di in appropriatezza

•Primo elenco di 43 DRG a elevato rischio inappropriatezza nel DPCM 29/11/2001, all. 2.C (Definizione dei livelli essenziali di assistenza)

•Riesaminata Progetto Mattoni e formulata la definizione:

DRG che presentano un valore “anomalo” rispetto al

corrispondente valore nazionale della percentuale di ricoveri

effettuati in regime diurno e/o in regime ordinario con

degenza inferiore a 2 giorni.

(78)

TERZA PARTE – DRG (2)

• Individuati DRG nuovi e aggiuntivi e creata nuova lista nazionale di 55 DRG potenzialmente inappropriati dal punto di vista organizzativo

• Stima di inappropriatezza basata su dati amministrativi reperibili e di raccolta economica forniti dalla SDO

• Limiti: qualità (rappresentazione/codifica delle condizioni

cliniche e dell’assistenza possono essere condizionate da

uso per il pagamento della prestazione; non c’è garanzia

completezza/accuratezza informazioni; manca riferimento

al contesto)

(79)

TERZA PARTE – DRG (3)

• Valutazione di appropriatezza a partire da dati amministrativi interessante per immediata disponibilità della informazioni su processi ed esiti

• Vantaggio di uniformità anche per quanto riguarda i problemi di qualità della codifica

• Utilizzo dei dati amministrativi non per valutare

appropriatezza del singolo ricovero, ma piuttosto per stime

di frequenza e di inappropriatezza su insiemi anche

piuttosto ampi di ricoveri, monitorandone l’andamento nel

tempo

(80)

TERZA PARTE – DRG (4)

• Lo studio dei ricoveri ospedalieri inappropriati, effettuati in regime ordinario per prestazioni potenzialmente

eseguibili a livello ambulatoriale o in ricovero diurno, è stato condotto in diverse esperienze del Nord America, utilizzando le diagnosi principali di dimissione, come quelle proposte dal Medicare core editor, o i DRG o

sistemi più complessi, come MEDISGRPS, che, nati nella

realtà americana, presentano…

(81)

TERZA PARTE – DRG (4)

…non pochi problemi di trasferibilità in Paesi con una

diversa organizzazione dei servizi socio-sanitari e diverse attitudini alla codifica amministrativa dei dati sanitari. La loro diffusione in Italia è stata scarsa o nulla. In pochi

casi, come è avvenuto per il sistema APR-DRG (All

Patient Refined DRG) e per il “Disease Staging”,

l’utilizzo è stato circoscritto ad alcune esperienze.

(82)

TERZA PARTE – Italia, APR-DRG (1)

• In Italia con sistema informativo ospedaliero, vari tentativi di ottenere stime di appropriatezza dei ricoveri attraverso SDO, inizio 1995

• APR-DRG considera oltre complessità assistenziale la gravità clinica (superati limiti dati amministrativi)

• Limite: poiché il metodo assegna ruolo determinante alle

diagnosi secondarie, necessaria compilazione completa

e accurata SDO

(83)

TERZA PARTE – Italia, APR-DRG (2)

• 341 DRG non differenziati per età, patologie concomitanti e/o complicanze;

• 43 categorie finali per pazienti in età neonatale (0-28 giorni al ricovero, peso alla nascita quale variabile classificatoria

• 4 sottoclassi di severità e 4 sottoclassi di rischio di morte (minori o assenti, moderate, maggiori, estreme), assegnate da algoritmo che considera delle diagnosi secondarie;

sottoclassi descrivono l’impatto della gravità clinica su

assorbimento risorse e su mortalità

(84)

TERZA PARTE – Metodo RAND

• RAND/UCLA Appropriateness Method, RAM:

sviluppato a metà degli anni ‘80, nell’ambito di studio più ampio, il RAND Corporation/University of California Los Angeles - UCLA Health Services Utilisation Study, come strumento di misura del sovra/sottoutilizzo di procedure mediche e chirurgiche

• E’ variazione del metodo Delphi, anche se considerato

“metodo per la costruzione del consenso”

• Obiettivo: identificare le situazioni di accordo o

disaccordo tra esperti, lasciando opportunità di discussione

(85)

TERZA PARTE – Metodo Delphi

• Sviluppato anni ‘90 presso la RAND

• Applicato per previsioni politico-militari, tecnologiche ed economiche

• Utilizzato in varie situazioni sulla salute e medicina

• Si articola in cicli ripetuti, in cui viene inviato questionario

a gruppo di esperti che rispondono anonimamente; risultati

sintetizzati in tabelle e restituiti al gruppo; segue

reiterazione di revisioni del questionario fino alla

convergenza di opinioni sul tema affrontato o fino alla

stabilizzazione delle risposte degli esperti

(86)

TERZA PARTE – Tecnica NGT

• Tecnica del Gruppo Nominale (Nominal Group Technique, NGT): processo strutturato in cui i partecipanti scrivono tutte le idee sul tema

• Seguono: descrizione dell’idea più rilevante e discussione;

ordinamento su scala numerica delle valutazioni sui temi da parte di ciascuno, aggregazione e analisi dei risultati

• RAM talvolta confuso con NGT, mentre inizia con una

lista molto strutturata di indicazioni cliniche e la

discussione è strettamente collegata alle misurazioni

dell’appropriatezza

(87)

TERZA PARTE – Conferenza Consenso

• Consensus Development Conference, o Conferenza di Consenso (CC), metodo per la valutazione collettiva sviluppato dai NIH

• Paesi europei hanno poi sviluppato varianti del metodo

• Raccoglie gruppo eterogeneo di stakeholder (medici, ricercatori, cittadini, società scientifiche ecc.) che rispondono a quesiti pre- definiti ed esprimono dichiarazioni con accettabile livello di consenso

• Prevede: revisione letteratura, sintesi conoscenze disponibili, presentazioni di esperti, discussione plenaria

• Si prolunga per 2 o più giorni e si conclude con documento scritto di consenso

(88)

TERZA PARTE – Criteri RAND appropriatezza (1)

• Appropriatezza secondo RAND riconducibile a rapporto tra peso relativo di rischi e benefici degli interventi medici o chirurgici.

• Si definisce “appropriata” una procedura in cui “i benefici

attesi per la salute (ad es. l’aumento dell’aspettativa di vita,

il sollievo dal dolore, la riduzione dell’ansia, il

miglioramento della capacità funzionale) superi le previste

conseguenze negative (es. mortalità, morbosità, ansia,

dolore, tempo sottratto al lavoro) con un margine

sufficientemente ampio tale da giustificare la procedura,

senza tener conto dei costi”.

(89)

TERZA PARTE – Criteri RAND appropriatezza (2)

• I trial clinici randomizzati sono insufficienti nel fornire evidenze applicabili alla vastissima gamma di situazioni clinico assistenzialirispetto alle quali i clinici devono fare scelte quotidiane

• Necessità metodo che combinasse evidenze scientifiche

con giudizio clinico collettivo, con presa di posizione

esplicita su appropriatezza

(90)

TERZA PARTE – Risultati RAND (1)

• Negli Stati Uniti applicato a bypass, angioplastica, endoarterectomia, chirurgia aneurisma aorta addominale, endoscopia diagnostica gastrointestinale, cataratta, colecistectomia, isterectomia, timpanostomia, manipolazione del rachide

• Diffusosi in molti Paesi compresa l’Italia e applicato a

iperplasia prostatica benigna, laminectomia, cancro

mammella e sostituzione protesica dell’anca

(91)

TERZA PARTE – Risultati RAND (2)

• Risultato importante: osservazione di mancata relazione tra volume delle procedure in diverse aree geografiche e livelli di appropriatezza (ipotesi iniziale)

• Proporzione di procedure inappropriate non era associata

al numero di procedure suggerendo che sia il

sottoutilizzo, sia il sovrautilizzo possono verificarsi

contemporaneamente nella stessa area.

(92)

TERZA PARTE – Sovrautilizzo (overuse)

• Si verifica quando farmaco/trattamento somministrati

senza giustificazione (tipico antibiotici, esami strumentali)

• L’overuse di cure è particolarmente evidente nel

trattamento di malattie croniche (ospedalizzazione per diabete)

• Frutto di eccesso strutture di cura per acuti e mancanza

infrastrutture per l’assistenza ai malati cronici in altri tipi

di setting

(93)

TERZA PARTE – Sottoutilizzo (underuse)

• Si verifica quando non somministrate cure necessarie/non usate pratiche di provata efficacia (tipico terapia

antitrombotica in chirurgia addominale e ortopedica,

esame della retina nei pazienti diabetici, screening cancro della mammella, vaccino antinfluenzale ultra65enni

• Frutto della discontinuità nelle cure quando più medici

coinvolti su stesso paziente e della mancanza di procedure

e sistemi che facilitino accesso ai servizi necessari

(94)

TERZA PARTE – Schema RAND /UCLA

(95)

TERZA PARTE – Fasi RAND (1)

Identificazione e selezione del problema clinico

•Vanno identificati problemi di tipo clinico, esclusi quelli di carattere economico e/o organizzativo

•Nella selezione del problema clinico ruolo di fattori

contribuenti a formulare rilevanza: elevata frequenza di

utilizzo della procedura, costi elevati, rischio elevato di

complicanze (mortalità, morbosità), importanti variazioni

geografiche, procedure di uso controverso, buone probabilità

terapeutiche o diagnostiche, qualità evidenze

(96)

TERZA PARTE – Fasi RAND (2)

Revisione della letteratura scientifica

•finalizzata a valutazione appropriatezza, va effettuata in base a revisioni Cochrane o su criteri meno stringenti (trial controllati), in assenza dei quali vanno considerati studi di coorte o case series

•Fornisce supporto per formulazione giudizi degli esperti

•E’ punto di partenza per la definizione degli scenari clinici

•Va riassunta in tavole e tabelle, consegnata agli esperti come

riferimento in tutti i casi di disaccordo

(97)

TERZA PARTE – Fasi RAND (3)

Costruzione scenari clinici o “indicazioni”

•Lista delle “indicazioni” è il documento di lavoro principale per il panel

•Elaborata, in forma di matrice, elenco “scenari” o “indicazioni, per classificare i pazienti che potrebbero essere candidati all’intervento in questione.

•Requisiti indicazioni:

a) esaustive,

b) mutualmente esclusive, c) omogenee

d) gestibili

(98)

TERZA PARTE – Fasi RAND (4)

Panel di esperti

•Costituzione del panel fase cruciale

•Criteri selezione dipendono dal contesto

•Negli USA, numero compreso tra 9 e 11 e selezione attraverso il coinvolgimento Società Scientifiche

•Criteri di selezione:

– Multidisciplinarietà – Credibilità

– Disponibilità

(99)

TERZA PARTE – Fasi RAND (5)

Prima valutazione di appropriatezza

•E’ primo passo della vera e propria attribuzione del giudizio di appropriatezza

•Ogni membro del gruppo di esperti esprime per ciascuno degli scenari proposti un giudizio su scala da 1 a 9

(1=sicuramente inappropriato, 9=sicuramente appropriato, 5=incerto)

•Ogni membro del panel deve fare riferimento sia alla

propria esperienza e giudizio clinico, sia alle evidenze

scientifiche disponibili

(100)

TERZA PARTE – Fasi RAND (6)

Seconda valutazione di appropriatezza

•Durante riunione collegiale coordinata da moderatore esperto

•Analisi risultati della prima valutazione e discussione eventuali diversità di opinioni

•Ogni membro riceve un report con i risultati della prima valutazione, scenario per scenario, che consente confronto del proprio giudizio con quello espresso dagli altri esperti e con quello medio, mantenendo reciproca segretezza, e con il giudizio medio

•…

(101)

TERZA PARTE – Fasi RAND (6)

Seconda valutazione di appropriatezza

•…

•Discussione su aree di disaccordo

•Non necessario consenso ad ogni costo, anzi

•Al termine del meeting, ulteriore valutazione degli scenari

clinici

(102)

TERZA PARTE – Fasi RAND (7)

Valutazione di necessità

•Necessità più stringente che appropriatezza: benefici superano talmente rischi che medico deve offrirla/prescriverla

•“La cura in questione appare così chiaramente la cosa giusta da fare che il medico considererebbe non etico il non prescriverla e, nel caso non la prescrivese, potrebbe prevedere una denuncia da parte del paziente”

•Necessario un 3°e anche un 4° ciclo valutazioni (via mail)

•I componenti rivalutano subset indicazioni giudicate appropriate (punteggio mediano di 7-9 senza disaccordo)

•Stessa scala di punteggi altri round

(103)

TERZA PARTE – Fasi RAND (8)

Analisi dei risultati

•Punto cruciale della classificazione degli scenari

•In accordo:” esclusi 2 giudizi estremi, i rimanenti scenari cadono in 1 delle 3 “regioni” di punteggio (1-3, 4-6, 7-9)

•In disaccordo: rimossi 2 giudizi estremi, i rimanenti scenari cadono in tutte e 3 le “regioni”, anche con 1 solo giudizio

•Dubbie: scenari che non rientrano nei precedenti

•Nella pratica, la distribuzione dei risultati e le situazioni di

disaccordo determinano situazioni complesse, analizzate con

metodi statistici

(104)

TERZA PARTE – Fasi RAND (9)

Utilizzo dei risultati

• Criteri di appropriatezza disponibili alla fine del processo possono essere usati per: misurare retrospettivamente

sovrautilizzo, indagare prospetticamente sovrautilizzo o

sottoutilizzo, elaborare linee guida, predisporre strumenti di

supporto alle decisioni “sul campo” dei clinici, identificare

aree di incertezza che meritano l’avvio di ricerche cliniche

mirate

(105)

TERZA PARTE – Limiti RAND

• Soggettività della valutazione: medici esperti chiamati a giudicare l’appropriatezza possono basare le scelte su aspetti tra loro diversi, intendere diversamente concetto di beneficio e di rapporto rischio/beneficio

• Difficoltà di coinvolgere altre figure professionali e

sociali (amministratori sanitari, economisti e

rappresentanti dell’utenza o delle associazioni di

pazienti)

(106)

TERZA PARTE – Conclusioni RAND

• RAND consente produrre criteri utilizzabili per pazienti

“reali” e non indicazioni generali per pazienti “teorici”, utili sia per valutare e monitorare qualità assistenza sia per produrre linee-guida

• il processo di produzione delle valutazioni è considerato

“poco oggettivo”; per migliorare metodologia, vanno

resi espliciti i criteri di valutazione

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