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N- 20 j o Novembre 1947
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QUINDICINALE A CURA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA DI TORINO
CONSIGLIO DI REDAZIONE
dott. A U G U S T O B A R G O N I
prof. dott. A R R I G O B O R D I N
prof. avv. ANTONIO CALANDRA
dott. G I A C O M O F R I S ETTI
prof. dott. SILVIO G O L Z I O
prof. dott. F R A N C E S C O
P A L A Z Z I - T R I V E L L I
*
prof. d o t t . L U C I A N O GIRETTI D i r e t t o r e d o t t . A U G U S T O B A R G O N I C o n d i r e t t o r e r e s p o n s a b i l e !IL TRISTE CASO DEL SIGNOR CLAYTON
Nei circoli ufficiali di Washington sogliono
chia-marlo con il nomignolo di « Volontà » e davvero se lo
merita, il segaligno William Lockhart Clayton, il quale
dall'alto dei suoi tredici lustri può guardare con o r
-goglio ad una tipica vita di americano « riuscito »,
co-stretto, a tredici anni, ad abbandonare gli studi per
far lo scritturale di cancelleria e finito poi per
diven-tare il capitano di una delle più grandi organizzazioni
commerciali del suo paese per il commercio e
l'espor-tazione del cotone. Fortissimamente volle e divenne
grande esportatore. Così, quando il governo degli Stati
Uniti ebbe a nominarlo Sottosegretario di Stato e ad
affidargli ili compito di dare impulso al commercio
internazionale nel mondo intero, molti credettero che
« Volontà » l'avrebbe spuntata e ce l'avrebbe fatta a
tenere a galla almeno la parte economica della Carta
Atlantica: qutìlla non ancora colata miseramente a
picco nel m a r e delle illusioni umane, quella ove le
potenze firmatarie, agli articoli cinque e sei,
espri-mono l'intenzione di favorire un'intensa collaborazione
economica f r e ile nazioni, p e r garantire a tutti migliori
condizioni di lavoro, più alto tenore di vita e
sicu-rezza sociale, e assicurano di desiderare che la pace
sia tale da procurare a ognuno libertà completa dal
timore e dal bisogno.
Il signor Clayton cominciò benissimo. Già in
docu-menti diplomatici del 1945 che portan la sua firma,
e in particolare in un opuscolo diramato allora a molti
paesi, Clayton dimostrò di avere infuso lo spirito di
Cobden — anch'egli commerciante in calicò e altre
cotonate — scrivendo che nel mondo è impossibile
s f r u t t a r e a sufficienza strumenti di produzione, se non
vengono parallelamente aumentate le .possibilità di
commercio, consumo e impiego; che l'umanità, giunta
al bivio capace di condurre alla catastrofe finale, deve
scegliere tra la continuazione dell'antagonismo
guer-riero o la collaborazione, tra la spada di Sigfrido o
la colomba della pace; che se si preferisce la pace
occorre allora creare degli istituti comuni, delle
cooperative del buon senso, e commerciare oltre f r o n
-tiere liberate dalle muraglie cinesi dei dazi doganali
e altre pastoie protezionistiche, perchè il benessere
degli uomini non è ostacolato dalla penuria di beni,
ma — invece — dall'utilizzazione insufficiente delle
capacità produttive; perchè, infine, il legame tra
l'im-piego delle forze di lavoro, la produzione e il consumo
può venire soltanto assicurato dagli scamhi e quindi
si può lavorare, produrre e
consu-m a r e soltanto se si scaconsu-mbia, e non
a l t r i m e n t i .
Continuò poi, Clayton, con
entu-siasmo degno della sua grande
cau-sa. e nei mesi scorsi lo vedemmo a
Ginevra, sede delle riunioni p e r la
formulazione della carta dell'ITO,
l'organizzzazione internazionale per
il commercio; a Parigi, per animare
le discussioni dei Sedici interessati
al piano del Generale Marshall; a
Londra, per spronare i cugini
bri-l'organizzazione internazionale per
ierenze discriminatorie imperiali.
Sembrava che scritti e azione del
Sottosegretario americano, tutti
im-pregnati dal soffio generoso e
intel-ligente degli ideali di liberi commerci tra i popoli,
fos-sero animati dalla presenza confortatrice degli spiriti
di Turgot, Smith, Bastiat, Mill, Cavour e degli altri
grandi che in passato indicarono qual sia l'unica via
per assicurare la realizzazione delle aspirazioni
popo-lari alla pace ed al benessere.
Purtroppo, però, il signor Clayton ha dovuto
con-statare di persona di qual forza gigantesca dispongano
ancora in questa vecchia e pazza Europa i nazionalismi
male intesi, le aspirazioni imbecilli al microcosmo
autarchico, gli egoismi sfruttatori di pseudoproduttori
posti >dalla protezione in ingiuste posizioni
monopoli-stiche. La sua famosa volontà ha cozzato contro il
portone di bronzo dei « vested interests », degli
inte-ressi precostituiti e cresciuti nelle mefitiche serre
protezionistiche, e si è spezzata le corna. Il 10 di
set-tembre, a Parigi, Clayton ammoni ancora: « Se non
riusciamo ad abbassare le barriere e a rendere
possi-bile una grande espansione della produzione, della
di-stribuzione e del consumo dei beni nel mondo, ci
ri-m a n e ben poco da s p e r a r e che l'aiuto ari-mericano
all'Europa raggiunga lo scopo prefisso o rappresenti
qualche cosa di più di un provvedimento per tappare
un buco ». Era, questo ammonimento, l'ultimo ch'egli
intendeva dare ai sedici europei che all'invito — loro
rivolto da Marshall — di aiutarsi per venire poi
aiu-tati, non hanno saputo rispondere altrimenti che
chie-dendo aiuti altrui, proprio per tappar buchi; ma senza
aiutarsi in nessun modo, senza decidersi a chiudere
definitivamente, almeno in parte, le falle minaccianti
sempre più il naufragio finale di questo
sgangheratis-simo rottame europeo.
Ed ora il signor Clayton se n'è andato. Ha presentato
le sue dimissioni, lasciando ad altri il compito di
ve-nire a capo della nostra confusione e della nostra
miseria.
Ma si tratta di caso assai triste. Perchè, via il
com-merciante in cotonate dagli ideali liberoscambisti alla
Cobden, rimangono altri di lui meno idealmente
ispi-rati; via l'aspirante al ritorno a quel mondo unico già
esistente quando non v'erano frontiere economiche,
possono apparire in scena aspiranti a «grandi spazi»;
via il borghese Clayton, rimane il generale Marshall e,
al bivio dei destini dell'umanità, la strada della
co-lomba può purtroppo cedere il posto a quella orribile,
della .spada.
*SOMMARIO:
Il t r i s t e c a s o del S i g n o r C l a y t o n pag Il « P i a n o q u a d r i e n n a l e di sviluppo * d e l l ' e c o n o m i a i t a l i a n a » del Pro-fessor S a r a c e n o (***] pag Espansione del c r e d i t o e p r e z z i (S. Golzio) pag S o n o c o l p e v o l i le b a n c h e ? (G. Alpino) pag Ma che c o s ' è q u e s t a d i s c i p l i n a ? (L. Giretti) . . . pag La casa C a r p a n o (L. Salme) . . . . pagRosa dei venti pag
M e r c a t i pag, 13 Rassegna b o r s a - v a l o r i pag. |.S Il p r o b l e m a d e l l a crisi e c o n o m i c o
IL «PIANO QUADRIENNALE DI SVILUPPO DELL'ECONOMIA ITALIANA»
DEL. R R O F . S A R A C E N O
I termini « piano » o « pianificazione » sono divenuti^
come si suol dire, di moda; senza per questo acquistare
in precisione. Come è stato da più parti rilevato, in
economia, come in ogni altra attività, l'uomo civile
tende a prevedere e predisporre l'avvenire, quindi a
costruire piani che continuamente sono corretti e
mo-dificati alla luce dell'esperienza, durante la loro stessa
esecuzione. Ogni imprenditore — industriale,
commer-ciante, banchiere — prepara, sia pure tacitamente, i
suoi piani. Inconsciamente lo stesso fa il consumatore.
Non è dunque che nelle epoche anteriori a questa
odier-na, tutta invasata dall'idea della pianificazione, gli
av-venimenti economici si svolgessero casualmente e con
difetto assoluto di previdenza. La novità delle teorie
oggi dominanti sta piuttosto in questo: che la
previ-sione e la predisposizione delle azioni economiche non
sono affidate all'individuo capitalista responsabile, ma
ad organi statali che più o meno esprimono la volontà
dèlia ¡collettività. In breve, agli interventi statali
sal-tuari e ispirati a situazioni contingenti, si sostituisce
un intervento continuo organico e integrale,
predispo-sto in anticipo per un lungo periodo di anni. Ciò
al-meno è nelle intenzioni dei pianificatori. Giacché, e
so-prattutto in uno stato democratico, l'intervento del
Go-verno nell'economia varia continuamente secondo
l'in-contro o il compromesso della volontà dei partiti e
del corpo elettorale, rispondenti agli interessi dei vari
gruppi, ceti, classi o ripartizioni geografiche. Per
scen-dere nel concreto gran parte del piano Saraceno è
de-dicata ad una redistribuzione del reddito nazionale a
favore delle aree depresse meridionali attraverso una
apposita localizzazione dei lavori pubblici e delle
im-prese edilizie nel Sud. Ora per quanto gli organi
con-sultivi del Governo in materia economica, ed il
Go-verno stesso, possano approvare e predisporre nei
mi-nimi particolari un piano di tal fatta, o qualsiasi altro,
la sua esecuzione, durante un certo numero di anni,
verrà continuamente ostacolata e modificata, fino a l
-l'abbandono completo dell'idea originale che lo
ispi-rava, man mano che si verifichino spostamenti nella
forza rispettiva elettorale e politica dei gruppi
econo-mici delle varie regioni.
Dalle precedenti osservazioni, per nulla peregrine in
verità, consegue che di piano pluriennale può parlarsi
solo in un paese in cui il regime politico dia assoluta
garanzia di stabilità al Governo per un lungo numero
di anni, e cioè di poca rispondenza ai mutamenti degli
interessi e delle opinioni del pubblico. Se poi un tale
Governo, un tale regime dittatoriale, sia per altri
aspetti opportuno, se sia compatibile con le esigenze
fondamentali della libertà e dignità umana, ciò*è qui
fuori questione.
Affinchè un piano pluriennale si realizzi e divenga
qualcosa di più di una pura affermazione verbale, è
necessario, oltre a una notevole stabilità di Governo,
quasi dittatoriale, che questo Governo disponga di un
controllo continuo ed integrale sulle leve di comando
dell'economia.
Inoltre anche un regime dittatoriale e totalitario non
potrebbe essere sicuro dello svolgimento dei piani
pre-visti, se una parte degli elementi del piano sfuggissero
al suo controllo, perchè determinati da avvenimenti e
reazioni dell'estero. In altre parole si può parlare con
serietà di un piano solo in Paesi economicamente
auto-sufficienti, e politicamente assolutamente indipendenti.
Questo non è certo il caso della nostra Italia; e ad ogni
passo della relazione Saraceno ci si imbatte in
affer-mazioni gratuite che presuppongono un determinato
comportamento dell'Estero: ad esempio in materia di
turismo, di accoglimento della nostra emigrazione, di
finanziamenti esteri e via discorrendo.
A questo proposito è bene affermare a chiare note
che la situazione economica odierna è completamente
dominata dai fattori politici interni ed internazionali.
Non è necessaria a questo proposito una lunga argo,
mentazione, una inutile ripetizione di quanto sta
scrit-to ogni giorno sulla stampa quotidiana, di quanscrit-to ogni
italiano, ahimè, ha presente in ogni istante della sua
giornata.
Il problema centrale, che è quello del ristabilimento
di una moneta sana e costante, dipende a sua volta
dalla risoluzione di due problemi: la compressione delle
spese statali improduttive, e l'ottenimento di
finanzia-menti dall'estero. L'uno e l'altro sono porbiemi
squisi-tamente politici. Altri problemi politici, e non tutti di
sola politica interna, sono: il ripristino della libertà di
intrapresa e della proprietà privata; oppure la
defini-zione dei settori da nazionalizzare; lo sblocco dei
li-cenziamenti; la restituzione totale o parziale delle
co-lonie; il reinserimento dell'Italia nel mercato
interna-zionale.
In conclusione nessuna previsione, nessuna
program-mazione è lecita in un Paese tutt'altro che indipendente
politicamente ed economicamente; in un periodo tanto
turbato. Lasciamo che ogni singolo operatore
econo-mico preveda per suo conto e si assuma il rischio
del-le sue previsioni. Lo Stato può bensì facilitare
grande-mente queste previsioni, rendendo stabile l'ambiente
politico e monetario in cui esse si svolgono, e definendo
con esattezza le sue intenzioni circa futuri interventi
limitatori della iniziativa privata.
• • •
Quando uno studioso predispone un piano economico
nazionale pluriennale esso può essere interpretato in
vari modi: ed essenzialmente in due. O come previsione
degli sviluppi che l'economia nazionale assumerà nei
prossimi anni secondo il gioco naturale dei fattori
eco-nomici; o come affermazione di un obbiettivo politico
economico pienamente auspicabile, pur nei limiti del
possibile, e che deve essere raggiunto mediante
oppor-tuni provvedimenti vincolatori e modifìcatori della
real-tà economica esistente.
In qual senso deve ©ssere inteso il piano Saraceno? (1)
Nelle conclusioni del piano medesimo (pag. 180) il
Sa-raceno esplicitamente rinuncia a considerare quali
in-terventi statali siano opportuni ner la realizzazione del
suo programma; ma ammette però che per essa sarà
necessaria una « serie estesa di interventi statali ».
Sem-brerebbe dunque che il Saraceno fosse un
pianifica-tore in senso stretto; cioè desiderasse il violentamento
della situazione economica vigente, pur senza saperne
precisare i mezzi. Se però si considerano con
atten-zione le previsioni avanzate dal Saraceno sugli sviluppi
della economia italiana nel periodo 1947-1952, si rileva
che queste previsioni sono fondate sull'ipotesi che per
l'avvenire giochino gli stessi fattori economici del
sato, e che le produzioni nei singoli rami si sviluppino
secondo la passata esperienza.
Il Saraceno oscilla dunque in conclusione fra
previ-sione e programmazione; egli non pianifica, in verità,
perchè non si pone delle finalità ben definite, e perchè
volutamente ignora i mezzi per raggiungerle. Così gode
anche del gran vantaggio di ignorare gli ostacoli che
all'uso di tali mezzi si opporrebbero. Fa eccezione
tut-tavia il complesso di proposte Saraceno già sopra
ri-cordato, a favore di una localizzazione delle spese
pub-bliche nelle regioni meridionali.
In ognuno degli interessanti capitoli della relazione
Saraceno si constata facilmente un « iatus », un vero
salto fra l'esposizione ed interpretazione — assai
docu-mentata e abile in verità — del passato; e la
program-mazione dell'avvenire. La maggior parte delle
previ-sioni non sembrano basate su un ragionamento
logica-mente apprezzabile; ma dall'allegato alla relazione si
rileva che le previsioni delle produzioni 1946-1952 sono
ottenute extrapolando col metodo dei minimi quadrati,
mediante una funzione di primo grado, la curva delle
produzioni dal 1920 al 1945. E' evidente l'arbitrio di un
tale metodo. Il Saraceno stesso non sa giustificare la
scelta del suo metodo di extrapolazione rispetto ad altri
possibili metodi, se non facendo allusione al vantaggio
della maggior semplicità. E' ovvio che considerando
altri periodi, eventualmente più ristretti, del passato, e
extrapolando secondo funzioni di grado superiore, si
otterrebbero previsioni per il futuro molto diverse da
quelle del Saraceno; in qualche caso corrispondenti a
curve più aderenti che non la linea retta, all'andamento
della spezzata rappresentativa della produzione
pas-sata.
Si consideri ad esempio il diagramma n. 1
(produ-zione di ghisa) nel solo periodo 1929-1940, e lo si faccia
oggetto di extrapolazione con una parabola di secondo
grado, e si otterrà per il futuro una produzione che nel
1952 potrebbe anche toccare i due milioni di
tonnel-late annue. Analoghe divergenze dalle previsioni di
Saraceno si ottengono nel diagramma della produzione
di acciaio grezzo considerando il periodo 1920-1928, e
extrapolándolo sia pure con una equazione di primo
grado; o nèl diagramma n. 3, dedicato alla produzione
di alluminio da minerale, quando si extrapoli con una
curva di primo o di secondo grado il solo periodo
1932-1940. E per amore di brevità tralasciamo di fare
osser-vazioni del tutto analoghe sugli altri diagrammi.
Bi-sogna ammettere che l'extrapolazione, cioè la
continua-zione arbitraria secondo un rigido procedimento mate,
matico, di un diagramma rappresentante fenomeni
pas-sati, è un procedimento statistico che pienamente
con-valida la celebre frase di Disraeli: « la menzogna ha
tre gradi: la menzogna semplice, lo spergiuro e la
sta-tistica ».
Una osservazione idi dettaglio: la relazione Saraceno
considera i problemi della produzione e del consumo,
senza riguardo ai correlativi problemi di finanziamento.
Ma anche gli assertori della pianificazione hanno
af-fermato che non può esistere piano economico senza
piano finanziario. Naturalmente questa manchevolezza
della relazione che qui esaminiamo non è da imputarsi
al prof. Saraceno, ma ad una situazione di fatto: cioè
alla impossibilità di prevedere con esattezza
l'andamen-to futuro della finanza e della moneta nazionale. Ed è
degno di considerazione che si voglia da parte dello
Stato prevedere nei minimi particolari, e per molti
anni, anzi programmare, le produzioni e i consumi,
sostanzialmente ancora regolati dalle decisioni dei
pri-vati; e non si sappia prevedere con esattezza neppure
per pochi mesi l'andamento delle entrate ed uscite
sta-tali che unicamente dipendono dalla volontà
gover-nativa.
# s= =¡°
ESPANSIONE DEL
CREDITO e PREZZI
Si continua a discutere da tutte le parti, talora senza
obiettività o sotto l'impressione di un danno personale
temuto-, intorno ai noti provvedimenti sul credito.
Ben pochi si sono chiesti se veramente le lamentate
difficoltà dipendano dall'intervento ministeriale o non
piuttosto dalla inevitabile pressione dei fatti.
Alcuni si limitano a prendere atto delle dichiarazioni
del ministro Einaudi ed a riconoscere che la situazione
era, ed è, delicata, tanto da richiedere molta prudenza
nell'ulteriore espansione del credito.
Pare assai utile invece un più ampio esame del
pro-blema, come per esempio ha fatto la Jannaocone, in
modo da inquadrarlo convenientemente nella situazione
economica dei paese; se non si procede con questo
me-todo si corre il rischio di giungere a conclusioni parziali
o peggio errate.
Un qualche aiuto a questa indagine più vasta può
es-sere dato dall'applicazione di quei metodi statistici che
hanno permesso la costruzione dei cosidetti « barometri
economici ».
E' nota l'uniformità empirica rilevata dagli statistici
di Harvard e da altri, sulla concomitanza e successione
delle variazioni delle curve statistiche rappresentanti
la dinamica della speculazione, degli affari e del prezzo
del denaro: la flessione della prima curva simultanea ad
un aumento dell'ultimo indicherebbe l'imminente
capo-volgimento della congiuntura e l'approssimarsi della
crisi.
L'entità dell'inflazione nel nostro paese e l'azione di
fatti extra-economici rendono- estremamente diffìcile,
nel nostro caso, l'applicazione di questo metodo e
l'in-terpretazione delle curve del barometro.
In particolare, sempre a causa dell'inflazione, i dati
relativi al saggio dello sconto non possono essere
colle-gati con gli altri secondo relazioni così semplici e
sche-matiche quali quelle che stanno a base del sistema
Harvard.
Tuttavia, fatte le opportune riserve, un confronto che
si ispiri a questa interessante esperienza ci pare assai
suggestivo.
rac-colto alcuni dati, particolarmente adatti ad illustrare
l'attuale congiuntura, nel diagramma n. 1 (1).
Dall'esame del grafico risultano evidenti i seguenti
fatti:
1) Rapidissima espansione, a partire dal luglio 1946,
di tutti gli indici relativi alla circolazione creditizia ed
alla speculazione (nel senso tecnico del termine).
2) Caratteristica dell'attuale congiuntura è piuttosto
quella di una intensificazione degli « affari » che non
della produzione.
3) P u r assumendo come indice della produzione
quello della produzione dell'energia elettrica (ciò che si
è fatto anche perchè non disponiamo oggi di un indice
NUHER
1INDICI-GENNAIO m i
CIRCOLAZIONE MONETARIA COMPENSAZIONI QUOTAZIONI T1TDU AZIONARI PREZZI AL bROSSD » » PRODUZIONE
ANTICIPAZIONI SANCA D'ITALIA * DEPOSITI FIDUCIARI NELLE
AZIENDE DI CREDITO 0 DEPOSITI FIDUCIARI PRE550
LE CASSE DI RISPARMIO
\
n mi m •
complessivo della produzione veramente soddisfacente),
che ha avuto una sensibile 'ascesa, la produzione, anche
tenendo conto dell'aumento dei prezzi, appare ben
lon-tana nella sua ascesa tale da giustificare totalmente
l'enorme aumento degli indici considerati nel primo
capoverso (2).
4) E' notevole il fatto che il movimento dei prezzi,
anziché precedere segue quello degli indici della
specu-lazione. Tale fenomeno appare chiarissimo nel
baro-metro di H a r v a r d ; in tale strumento una fortissima
di-vergenza f r a la curva A (speculazione) e B (affari)
ap-pare appunto prima dello scoppio della famosa « grande
crisi » americana (diagramma 3).
La curva dei prezzi presenta una certa stabilità, anzi
una flessione in alcuni mesi, sino al settembre 1946
quando già i dati relativi alle partite di debito e di
cre-dito liquidate presso le stanze di compensazione, le
an-ticipazioni su titoli e merci della Banca d'Italia, il
corso dei titoli azionari, sono più che raddoppiati, e
quando l'indice della produzione segna un incremento
del 30%.
(1) N e l d i a g r a m m a l e c u r v e s t a t i s t i c h e p r e n d o n o o r i g i n e ( b a s e 100), n e l g e n n a i o 1946. P o i c h é l e s i n g o l e s u c c e s s i o n i p r e s e n t a n o , r i s p e t t o . a l l ' a n t e g u e r r a , v a r i a z i o n i d i e n t i t à d i v e r s i s s i m a , r i t e n i a m o o p p o r t u n o , a c o m p l e t a m e n t o d e l g r a f i c o t i ] , 11 d i a g r a m m a [2], c h e i n d i c a l a v a r i a z i o n e d i c i a s c u n a s u c c e s s i o n e r i s p e t t o a l l a b a s e 1938, a n z i c h é r i -s p e t t o a l l a b a -s e g e n n a i o 1946. (2) U n q u a d r o p i ù c o m p l e t o d e l l ' a u m e n t o d e l l a p r o d u -z i o n e s i h a d a i s e g u e n t i i n d i c i (1938 = 100):Luglio 1946 Luglio 1947 cimento A c c i a i o 51 89 74 A c i d o s o l f o r i c o 50 72 44 C e m e n t o 42 52 24 A u t o v e i c o l i 45 79 75 I n d i c e g e n e r a l e 55 70 27
5) La circolazione monetaria, pur continuamente
crescente, ha una dinamica assai più limitata di quella
relativa all'attività bancaria.
• » •
Sulla base di questi rilievi è difficile negare che
l'espansione del credito abbia avuto un'azione
infla-zionistica.
E' vero che, astrattamente parlando, l'aumento di
prezzi non è necessariamente connesso all'aumento della
circolazione bancaria, rr.a perchè questa relazione non
si verifichi occorre che questa espansione sia fondata
su di una adeguata formazione di risparmio, e su di
un corrispondente incremento della produzione.
Man-cando queste due condizioni, l'aumento dei prezzi è
inevitabile.
Dalia nota equazione della scuola di Cambridge
sap-piamo che il livello dei prezzi (P) può essere espresso
come segue:
(H + rK)
ove M è la quantità di moneta in circolazione, H è la
quantità di potere di acquisto tenuta liquida in moneta
dal pubblico ed r K è la quantità di potere di acquisto
tenuta liquida dalle banche.
E' chiaro che diminuendo la somma (H+irK) i prezzi
sono sollecitati all'aumento. Tale fatto accade oggi con
impressionante intensità nel nostro paese.
L'inflazione creditizia implica una diminuzione di r
ed
una diminuzione delle disponibilità « reali » delle
banche ».
Nello stesso tempo il pubblico, reagendo alla
preesi-stente inflazione monetaria ed all'aumento dei prezzi,
tende a ridurre la quantità di moneta che tiene
ino-perosa.
Il movimento non si esaurisce a questo punto, ma si
ripercuote a sua volta, con un complesso di azioni e
reazioni che è impossibile riassumere in questa nota, e
che del resto sono conosciute e facilmente intuibili, sui
prezzi e sulla circolazione monetaria.
Non si dice con questo che l'origine del movimento
inflatorio. sia da rintracciarsi nell'espansione creditizia,
ma soltanto' che essa n e ha esaltato il movimento.
Tutti sanno, ed in un certo senso i dati sopra
ripor-tati lo confermano, che nella prima fase dell'inflazione,
conseguente alla guerra ed al disastro, una parte
no-tevole della disponibiltà monetaria è stata assorbita
e tesaurizzata dai contadini (H è quindi aumentato)
ancora nel primo semestre 1946; anzi proprio a questo
fatto (unitamente all'incertezza sull'andamento della
congiuntura), si deve in gran parte la relativa stabilità
dei prezzi in quel semestre.
Successivamente il crescere delle spese dello Stato,
dei salari, le esigenze stesse della ricostruzione, hanno
rotto questo equilibrio instabile e spostato i valori
del-l'equazione di Cambridge nel senso sopra descritto.
Queste sommarie considerazioni, se non andiamo
er-rati, confermano l'enorme importanza che ha per la
sta-bilizzazione monetaria una prudente politica del credito.
Nella attuale situazione una ulteriore espansione
sa-rebbe estremamente pericolosa, perchè, senza u n a
ade-guata formazione di risparmio, ed una più larga
dispo-nibilità di beni, l'aumento delia circolazione bancaria
non solo metterebbe le banche in una posizione critica
ma esaspererebbe l'ascesa dei prezzi.
SONO COLPEVOLI LE BANCHE?
Nelle recenti accanite polemiche sulla questione delle
restrizioni creditizie le critiche più accese sono state
appuntate da due parti sulle banche: accusate dalle
aziende di aver stretto bruscamente ed eccessivamente
i freni, ciò che è solo in parte esatto, e dal governo
di aver ecceduto nella concessione dei fidi, ciò che è
probabilmente esatto in senso assoluto ma va tuttavia
considerato alla luce di attenuanti ragioni di fatto non
prive di peso.
Le banche, è stato precisato alla Costituente, nel
corso del 1946 hanno ricevuto depositi nuovi per 273
miliardi d'i lire reimpiegando per 252, poi nei primi
sette mesi del 1947 hanno ricevuto altri 188 miliardi
reimpiegando per 219, « attingendo quindi ai depositi
disponibili degli anni precedenti » e « con ricorso
ec-cessivo all'Istituto di emissione, ossia all'aumento
del-la circodel-lazione ». L'uomo deldel-la strada si domanda
al-lora come ciò sia materialmente possibile e, in secondo
luogo, come il reimpiego attuale di depositi,
preesi-stenti e comunque effettivi, possa tradursi in aumento
dei biglietti circolanti. P e r spiegare la cosa basta
os-servare l'andamento dei depositi delle aziende di
cre-dito presso la Banca d'Italia:
al 31-12-1943 miliardi 18,5
31-10-1944 » 81,9
31-12-1945 » 120,1
31-10-1946 » 140,9
30- 6 -1947 » 79,9
e ricordare, riguardo specialmente alla forte
diminu-zione dell'ultimo periodo, che le aziende d'i credito si
comportano nei confronti della Banca d'Italia, almeno
potenzialmente, come depositanti comuni.
Man mano che esse, per richieste della loro
clien-tela, hanno bisogno dei depositi costituiti presso la
Banca d'Italia in tempi di scarso reimpiego, domandano
il rimborso, che la Banca dovrebbe fare smobilitando
le proprie operazioni attive; ma queste operazioni,
for-mate a contropartita dei depositi e di altre passività
(biglietti in circolazione), rappresentano solo in
pic-cola parte concessioni ai settori produttivi privati
(por-tafoglio e anticipazioni al 31-6-1947: 91 miliardi) e in
gran maggioranza anticipazioni al Tesoro (al 30-6-1947:
678 miliardi), inghiottite in spese di consumo (stipendi)
o immobilizzi più o meno produttivi (opere pubbliche),
rimborsabili dallo Stato solo con nuovi debiti, ossia —
nella specie — con autorizzazione alla stampa di altri
biglietti. Ecco quindi che, in definitiva, colpevole primo
risulta l'eccesso d'i spesa pubblica, il disavanzo del
bi-lancio statale.
Precisato quanto sopra, vediamo le ragioni delle
banche. Anzitutto non è esatto sotto un aspetto
gene-rale, attribuire loro un concorso di iniziativa nel tono
inflazionistico dell'economia nazionale: se mai, esse
non hanno resistito all'invito del mercato, anche
per-chè, come vedremo, non avevano molte ragioni per
resistere. Non risulta che abbiano, come in altri tempi,
sollecitato la clientela per aumentare quei fidi, che
sono tuttora per nulla aggiornati, ad esempio, con
l'in-dice di inflazione monetaria; ma semplicemente, dopo
la lunga stasi dei reimpieghi privati confermata dalle
già forti giacenze nei conti alla Banca d'Italia, di fronte
alla ripresa ricostruttiva e all'espansione dei cicli
pro-duttivi enfiati anche da costi (materie prime estere,
salari agganciati al mercato alimentare) scarsamente
sensibili ai correttivi automatici del mercato generale,
esse hanno assecondato le sollecitazioni provenienti
d'ogni parte, spinte soprattutto dalle imprescindibili
esigenze dei loro conti economici.
I bilanci delle banche sono infatti in scarso faticoso
pareggio, e ciò non manca di sorprendere l'uomo della
strada, che osserva il forte divario tra i bassi tassi,
veramente « anglosassoni », corrisposti sui depositi (1 %
al risparmio ordinario, 0,50 % ai conti correnti) e quelli
di reimpiego, saliti in cartello al 7-9,50 % per le varie
categorie d'i operazioni e in pratica, per maggiorazioni
e sapienti manovre di scadenze e conteggi di
commis-sioni, a misure che i teologi del Medioevo avrebbero
definite, oggi il giudizio popolare conferma, illecite.
Eppure la situazione delle banche è realmente seria
dal punto di vista degli esiti di esercizio, come
con-fermato dalla tabella seguente, che sintetizza
l'anda-mento dell'esercizio 1946 per talune aziende di credito,
dalle maggiori alle minori.
(milioni di lire) Depositi al 31/12/46 Capitale e riserve Utile 1946 Rendimento sui fondi amministrati Banca Commerciale Italiana 8ö.3®9 900 2i5,5 0,029 % Credito Italiano 77.003 650 12,8 0,016 % Banco di Roma 5'8.495 »715 11,7 0,019 % Banco di Napoli 50.8[94 1.890 3 2 , 9 0,062 % Istituto di San Paolo 11.390 3 4 1 16,1 0,13'8 % Cassa di Risparmio di Torino 9.012 314 0,4 0, 004 % Banca Popolare di Novara 33.3i62 441 45,2t 0,134 % Banca Anonima di Credito S08 6 0,4 0,049 %
Quali le cause di una simile situazione? Occorre
an-zitutto considerare che le banche, pur pagando
inte-ressi tenuissimi ai depositanti, sopportano per fatti di
congiuntura un alto costo del denaro impiegabile. La
massa dei depositi, ossia la base produttiva dei
red-diti, è aumentata in misura molto inferiore a quella
della circolazione monetaria, assai meno ancora
ri-spetto all'aumento degli indici dei prezzi e del costo
della vita, che a loro volta influenzano il capitolo
pre-ponderante delle spese generali delle aziende di
cre-dito, ossia gli assegni del personale: per ragioni
giu-ridiche e pratiche — rientro dei reduci e blocco dei
licenziamenti, combinato con l'eredità di laboriosi
adempimenti amministrativi lasciata dalla guerra e dal
suo vincolismo — quelle spese sono rimaste rigide
come estensione applicativa e in continua rapida
pro-gressione come importo.
Occorre poi aver presente che le banche, con
pa-trimoni relativamente modesti e investiti in valori
no-minali o di uso, autorizzate inoltre ad acquisire quasi
esclusivamente su valori nominali, non possono come
le aziende industriali e commerciali trovare sfogo agli
esiti passivi di esercizio nelle rivalutazioni per
con-guaglio monetario di impianti e scorte, ma debbono
trovare capienza di ogni spesa negli immediati
pro-venti attivi. E questo può avvenire solo destinando i
mezzi ricevuti dalla clientela, al massimo, in
reimpie-ghi a tasso pieno, riducendo invece al minimo le
gia-cenze i n f r u t t i f e r e (fondi di cassa) o gli impieghi a
red-dito basso (disponibilità a vista presso altre aziende di
credito e soprattutto presso la Banca d'Italia) che
do-vrebbero costituire garanzia di sicura rispondenza alle
domande di rimborso dei depositanti.
Non è soltanto, quindi, questione di prudenza: se il
costo del denaro per le banche, com'è oggi per
inci-denza di spese di personale e generali, sale al
5,50-6 %, è chiaro che reimpiegando all' 8 % medio quel
pericoloso 70 % dei depositi che è stato oggetto dei
più severi rilievi alle banche, si riesce solo a quadrare
il bilancio, a malapena finché saranno contenuti gli
ulteriori sbalzi della «scala mobile»: i tassi di
rendi-mento esposti nella tabella precedente, per quanto
mi-nimi, sono forse illusioni contabili e destinati ad
an-nullarsi al primo aggravio di spese generali.
E allora? Lasciare liberi i reimpieghi oltre ogni limite
prudenziale, oppure aumentare ancora i tassi dei fidi,
oppure integrare i bilanci delle banche a carico dei
contribuenti, come per tante industrie passive? Il
problema si risolve evidentemente nel quadro
dell'e-conomia generale, con i provvedimenti dal risanamento
generale: attraverso lo svincolo dalle sovrastrutture
po-litiche e giuridiche che ostacolano una seria
raziona-lizzazione dei servizi e la riduzione dei costi;
attra-verso l'incoraggiamento e l'incremento — con la
sta-bilizzazione dei valori monetari e il miglioramento dei
tassi d'interessè — dei depositi, che consentano la
ri-partizione delle spese generali su una base
adegua-tamente ampliata.
I L T J B R I
MA CHE COS'È QUESTA DISCIPLINA?
Come le g o n n e l u n g h e o quelle corte, le p a r o l e
h a n n o u n a loro m o d a nello s t r a n o e misterioso
p a e s e di r e t t o r i c a . Alcune s c o m p a i o n o dall'uso e se
n e s t a n n o , neglette, in un c a n t o ; m e n t r e a l t r e
volan sonore di bocca in bocca, di p a g i n a in p a g i n a ,
significando questo e quello, o t r o n e g g i a n o su p i e
-destalli di m e t a f o r a e r e t t i in loro o n o r e nelle piazze
nebbiose dei cervelli u m a n i .
U n a di queste p a r o l e di m o d a è « disciplina ».
Q u a n d o si p a r l a di disciplina di i m p i a n t i i n d u s t r i a
-li, ad esempio, e si e m a n a n o p r o v v e d i m e n t i n e l suo
n o m e , p a r f o r s e ai p i ù che i g o v e r n a n t i d i s p o n g a n
cose b u o n e e meritevoli, e p e r f a c i l e t r a s l a z i o n e si
c r e d e di vedere schiere o r d i n a t e d i . a z i e n d e in m a r
-cia q u a d r a t a e c o m p a t t a , agli o r d i n i di p e r f e t t i
caporali, verso meravigliosi fini p r o d u t t i v i .
I n un v o l u m e t t o , n i t i d o nella f o r m a e succoso
nella s o s t a n z a , o r a p u b b l i c a t o n e l l a n u o v a c o l l a n a
dei « Q u a d e r n i di C r o n a c h e E c o n o m i c h e », F r a n
-cesco Palazzi-Trivelli d à u n a p p o r t o prezioso alla
e s a t t a c o m p r e n s i o n e della p a r o l a , dei pericoli suoi
e dei c o n c e t t i che v e r a m e n t e r a p p r e s e n t a ,
dell'azion e g o v e r dell'azion a t i v a a d essa l e g a t a e, idell'azionfidell'azione, delle c o dell'azion
-seguenze a s s a i poco liete cui l'azione stessa c o n d u c e
nel s e t t o r e della p r o d u z i o n e (1).
Dopo a v e r e s a m i n a t o , con ricchezza di d a t i , di
r i f e r i m e n t i , di tabelle s t a t i s t i c h e , i p r e c e d e n t i
legi-slativi e l ' o r d i n a m e n t o giuridico vigente in m e r i t o
a tal g e n e r e di disciplina, i r i s u l t a t i d a essa c o n s e
-guiti, le m o t i v a z i o n i a d d o t t e p e r istituirla, l ' A u t o r e
n e f a u n a critica che, davvero, dovrebbe c o n v i n
-cere g o v e r n a n t i e g o v e r n a t i della s u a a s s u r d i t à
perniciosa. C o m e p r e t e n d e e come p u ò u n g r u p p o di
uomini, a n c h e se c o m p o s t o di saggi e di onesti, d i r i
-gere e d i s c i p l i n a r e le iniziative i n d u s t r i a l i c o n
l'intenzione di e l i m i n a r e gli i m p i a n t i e s u b e r a n t i r i
spetto al c o n s u m o , di selezionarli in m o d o d a f a
-vorire i migliori, di a d e g u a r l i alle possibilità di
r i f o r n i m e n t o di e n e r g i a m o t r i c e e di m a t e r i e p r i m e ?
Sulla base di s t a t i s t i c h e , f o r s e ? M a , a n c h e se e s a t t e ,
le s t a t i s t i c h e m a i possono d a r c i ' visione e s a t t a di
f e n o m e n i c h e son p e r n a t u r a p r e t t a m e n t e d i n a m i c i ,
p e r c h è r i s u l t a n t i di variabili i n n u m e r i , come q u a
-lità di p r o d o t t o , g u s t i di c o n s u m a t o r i , a t t e s e e
impulsi r i f l e t t e n t i s i nella d o m a n d a , costi e c o m b i
-nazioni diverse di f a t t o r i p r o d u t t i v i .
La s t a t i s t i c a può, n e l l a migliore delle ipotesi,
p a r a g o n a r s i a d u n a f o t o g r a f i a , m e n t r e la vita
eco-n o m i c a , e ieco-n essa quella delle azieeco-nde, p o t r e b b e
solo d a u n film venir r i p r o d o t t a , p e r c h è in u n m e r
-c a t o vanta rei, t u t t o s -c o r r e e s ' a g i t a e ribolle e
v a r i a di m o m e n t o in m o m e n t o .
Il t e n t a t i v o unico e d i t t a t o r i a l e degli a r e o p a g h i
di saggi c h e i n t e n d o n o e p r e t e n d o n o d i s c i p l i n a r e
la p r o d u z i o n e , e si a u t o d e f i n i s c o n o c o m p e t e n t i , è
forse migliore, p i ù sicuro dei t e n t a t i v i i n f i n i t i c h e
i singoli c o m p i o n o in u n libero m e r c a t o , p r o v a n d o
e r i p r o v a n d o , f a l l e n d o o riuscendo, g u a d a g n a n d o o
p a g a n d o di p e r s o n a ? T u t t o lascia p e n s a r e il c o n
-t r a r i o e mol-te, -t r o p p e esperienze p a s s a -t e e p r e s e n -t i
s t a n n o p u r t r o p p o a d i m o s t r a r e c h e gli o n n i p o t e n t i
(1) F r a n c e s c o P a l a z z i - T r i v e l l i :