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Cronache Economiche. N.020, 1 Novembre 1947

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(1)
(2)

M O ® ® ' ?

T O R I N O

m i c r o n X ^

IL PROIETTORE SONORO 16

• eccellente proiezione...

• alla fedeltà...

• (nmionamento bimbo...

• facilità di nianooìa...

• ,)i letiziati là perfetta...

• ne fanno l'apparecchio

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N- 20 j o Novembre 1947

CRONACHE

ECONOMICHE

QUINDICINALE A CURA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA DI TORINO

CONSIGLIO DI REDAZIONE

dott. A U G U S T O B A R G O N I

prof. dott. A R R I G O B O R D I N

prof. avv. ANTONIO CALANDRA

dott. G I A C O M O F R I S ETTI

prof. dott. SILVIO G O L Z I O

prof. dott. F R A N C E S C O

P A L A Z Z I - T R I V E L L I

*

prof. d o t t . L U C I A N O GIRETTI D i r e t t o r e d o t t . A U G U S T O B A R G O N I C o n d i r e t t o r e r e s p o n s a b i l e !

IL TRISTE CASO DEL SIGNOR CLAYTON

Nei circoli ufficiali di Washington sogliono

chia-marlo con il nomignolo di « Volontà » e davvero se lo

merita, il segaligno William Lockhart Clayton, il quale

dall'alto dei suoi tredici lustri può guardare con o r

-goglio ad una tipica vita di americano « riuscito »,

co-stretto, a tredici anni, ad abbandonare gli studi per

far lo scritturale di cancelleria e finito poi per

diven-tare il capitano di una delle più grandi organizzazioni

commerciali del suo paese per il commercio e

l'espor-tazione del cotone. Fortissimamente volle e divenne

grande esportatore. Così, quando il governo degli Stati

Uniti ebbe a nominarlo Sottosegretario di Stato e ad

affidargli ili compito di dare impulso al commercio

internazionale nel mondo intero, molti credettero che

« Volontà » l'avrebbe spuntata e ce l'avrebbe fatta a

tenere a galla almeno la parte economica della Carta

Atlantica: qutìlla non ancora colata miseramente a

picco nel m a r e delle illusioni umane, quella ove le

potenze firmatarie, agli articoli cinque e sei,

espri-mono l'intenzione di favorire un'intensa collaborazione

economica f r e ile nazioni, p e r garantire a tutti migliori

condizioni di lavoro, più alto tenore di vita e

sicu-rezza sociale, e assicurano di desiderare che la pace

sia tale da procurare a ognuno libertà completa dal

timore e dal bisogno.

Il signor Clayton cominciò benissimo. Già in

docu-menti diplomatici del 1945 che portan la sua firma,

e in particolare in un opuscolo diramato allora a molti

paesi, Clayton dimostrò di avere infuso lo spirito di

Cobden — anch'egli commerciante in calicò e altre

cotonate — scrivendo che nel mondo è impossibile

s f r u t t a r e a sufficienza strumenti di produzione, se non

vengono parallelamente aumentate le .possibilità di

commercio, consumo e impiego; che l'umanità, giunta

al bivio capace di condurre alla catastrofe finale, deve

scegliere tra la continuazione dell'antagonismo

guer-riero o la collaborazione, tra la spada di Sigfrido o

la colomba della pace; che se si preferisce la pace

occorre allora creare degli istituti comuni, delle

cooperative del buon senso, e commerciare oltre f r o n

-tiere liberate dalle muraglie cinesi dei dazi doganali

e altre pastoie protezionistiche, perchè il benessere

degli uomini non è ostacolato dalla penuria di beni,

ma — invece — dall'utilizzazione insufficiente delle

capacità produttive; perchè, infine, il legame tra

l'im-piego delle forze di lavoro, la produzione e il consumo

può venire soltanto assicurato dagli scamhi e quindi

si può lavorare, produrre e

consu-m a r e soltanto se si scaconsu-mbia, e non

a l t r i m e n t i .

Continuò poi, Clayton, con

entu-siasmo degno della sua grande

cau-sa. e nei mesi scorsi lo vedemmo a

Ginevra, sede delle riunioni p e r la

formulazione della carta dell'ITO,

l'organizzzazione internazionale per

il commercio; a Parigi, per animare

le discussioni dei Sedici interessati

al piano del Generale Marshall; a

Londra, per spronare i cugini

bri-l'organizzazione internazionale per

ierenze discriminatorie imperiali.

Sembrava che scritti e azione del

Sottosegretario americano, tutti

im-pregnati dal soffio generoso e

intel-ligente degli ideali di liberi commerci tra i popoli,

fos-sero animati dalla presenza confortatrice degli spiriti

di Turgot, Smith, Bastiat, Mill, Cavour e degli altri

grandi che in passato indicarono qual sia l'unica via

per assicurare la realizzazione delle aspirazioni

popo-lari alla pace ed al benessere.

Purtroppo, però, il signor Clayton ha dovuto

con-statare di persona di qual forza gigantesca dispongano

ancora in questa vecchia e pazza Europa i nazionalismi

male intesi, le aspirazioni imbecilli al microcosmo

autarchico, gli egoismi sfruttatori di pseudoproduttori

posti >dalla protezione in ingiuste posizioni

monopoli-stiche. La sua famosa volontà ha cozzato contro il

portone di bronzo dei « vested interests », degli

inte-ressi precostituiti e cresciuti nelle mefitiche serre

protezionistiche, e si è spezzata le corna. Il 10 di

set-tembre, a Parigi, Clayton ammoni ancora: « Se non

riusciamo ad abbassare le barriere e a rendere

possi-bile una grande espansione della produzione, della

di-stribuzione e del consumo dei beni nel mondo, ci

ri-m a n e ben poco da s p e r a r e che l'aiuto ari-mericano

all'Europa raggiunga lo scopo prefisso o rappresenti

qualche cosa di più di un provvedimento per tappare

un buco ». Era, questo ammonimento, l'ultimo ch'egli

intendeva dare ai sedici europei che all'invito — loro

rivolto da Marshall — di aiutarsi per venire poi

aiu-tati, non hanno saputo rispondere altrimenti che

chie-dendo aiuti altrui, proprio per tappar buchi; ma senza

aiutarsi in nessun modo, senza decidersi a chiudere

definitivamente, almeno in parte, le falle minaccianti

sempre più il naufragio finale di questo

sgangheratis-simo rottame europeo.

Ed ora il signor Clayton se n'è andato. Ha presentato

le sue dimissioni, lasciando ad altri il compito di

ve-nire a capo della nostra confusione e della nostra

miseria.

Ma si tratta di caso assai triste. Perchè, via il

com-merciante in cotonate dagli ideali liberoscambisti alla

Cobden, rimangono altri di lui meno idealmente

ispi-rati; via l'aspirante al ritorno a quel mondo unico già

esistente quando non v'erano frontiere economiche,

possono apparire in scena aspiranti a «grandi spazi»;

via il borghese Clayton, rimane il generale Marshall e,

al bivio dei destini dell'umanità, la strada della

co-lomba può purtroppo cedere il posto a quella orribile,

della .spada.

*

SOMMARIO:

Il t r i s t e c a s o del S i g n o r C l a y t o n pag Il « P i a n o q u a d r i e n n a l e di sviluppo * d e l l ' e c o n o m i a i t a l i a n a » del Pro-fessor S a r a c e n o (***] pag Espansione del c r e d i t o e p r e z z i (S. Golzio) pag S o n o c o l p e v o l i le b a n c h e ? (G. Alpino) pag Ma che c o s ' è q u e s t a d i s c i p l i n a ? (L. Giretti) . . . pag La casa C a r p a n o (L. Salme) . . . . pag

Rosa dei venti pag

M e r c a t i pag, 13 Rassegna b o r s a - v a l o r i pag. |.S Il p r o b l e m a d e l l a crisi e c o n o m i c o

(6)

IL «PIANO QUADRIENNALE DI SVILUPPO DELL'ECONOMIA ITALIANA»

DEL. R R O F . S A R A C E N O

I termini « piano » o « pianificazione » sono divenuti^

come si suol dire, di moda; senza per questo acquistare

in precisione. Come è stato da più parti rilevato, in

economia, come in ogni altra attività, l'uomo civile

tende a prevedere e predisporre l'avvenire, quindi a

costruire piani che continuamente sono corretti e

mo-dificati alla luce dell'esperienza, durante la loro stessa

esecuzione. Ogni imprenditore — industriale,

commer-ciante, banchiere — prepara, sia pure tacitamente, i

suoi piani. Inconsciamente lo stesso fa il consumatore.

Non è dunque che nelle epoche anteriori a questa

odier-na, tutta invasata dall'idea della pianificazione, gli

av-venimenti economici si svolgessero casualmente e con

difetto assoluto di previdenza. La novità delle teorie

oggi dominanti sta piuttosto in questo: che la

previ-sione e la predisposizione delle azioni economiche non

sono affidate all'individuo capitalista responsabile, ma

ad organi statali che più o meno esprimono la volontà

dèlia ¡collettività. In breve, agli interventi statali

sal-tuari e ispirati a situazioni contingenti, si sostituisce

un intervento continuo organico e integrale,

predispo-sto in anticipo per un lungo periodo di anni. Ciò

al-meno è nelle intenzioni dei pianificatori. Giacché, e

so-prattutto in uno stato democratico, l'intervento del

Go-verno nell'economia varia continuamente secondo

l'in-contro o il compromesso della volontà dei partiti e

del corpo elettorale, rispondenti agli interessi dei vari

gruppi, ceti, classi o ripartizioni geografiche. Per

scen-dere nel concreto gran parte del piano Saraceno è

de-dicata ad una redistribuzione del reddito nazionale a

favore delle aree depresse meridionali attraverso una

apposita localizzazione dei lavori pubblici e delle

im-prese edilizie nel Sud. Ora per quanto gli organi

con-sultivi del Governo in materia economica, ed il

Go-verno stesso, possano approvare e predisporre nei

mi-nimi particolari un piano di tal fatta, o qualsiasi altro,

la sua esecuzione, durante un certo numero di anni,

verrà continuamente ostacolata e modificata, fino a l

-l'abbandono completo dell'idea originale che lo

ispi-rava, man mano che si verifichino spostamenti nella

forza rispettiva elettorale e politica dei gruppi

econo-mici delle varie regioni.

Dalle precedenti osservazioni, per nulla peregrine in

verità, consegue che di piano pluriennale può parlarsi

solo in un paese in cui il regime politico dia assoluta

garanzia di stabilità al Governo per un lungo numero

di anni, e cioè di poca rispondenza ai mutamenti degli

interessi e delle opinioni del pubblico. Se poi un tale

Governo, un tale regime dittatoriale, sia per altri

aspetti opportuno, se sia compatibile con le esigenze

fondamentali della libertà e dignità umana, ciò*è qui

fuori questione.

Affinchè un piano pluriennale si realizzi e divenga

qualcosa di più di una pura affermazione verbale, è

necessario, oltre a una notevole stabilità di Governo,

quasi dittatoriale, che questo Governo disponga di un

controllo continuo ed integrale sulle leve di comando

dell'economia.

Inoltre anche un regime dittatoriale e totalitario non

potrebbe essere sicuro dello svolgimento dei piani

pre-visti, se una parte degli elementi del piano sfuggissero

al suo controllo, perchè determinati da avvenimenti e

reazioni dell'estero. In altre parole si può parlare con

serietà di un piano solo in Paesi economicamente

auto-sufficienti, e politicamente assolutamente indipendenti.

Questo non è certo il caso della nostra Italia; e ad ogni

passo della relazione Saraceno ci si imbatte in

affer-mazioni gratuite che presuppongono un determinato

comportamento dell'Estero: ad esempio in materia di

turismo, di accoglimento della nostra emigrazione, di

finanziamenti esteri e via discorrendo.

A questo proposito è bene affermare a chiare note

che la situazione economica odierna è completamente

dominata dai fattori politici interni ed internazionali.

Non è necessaria a questo proposito una lunga argo,

mentazione, una inutile ripetizione di quanto sta

scrit-to ogni giorno sulla stampa quotidiana, di quanscrit-to ogni

italiano, ahimè, ha presente in ogni istante della sua

giornata.

Il problema centrale, che è quello del ristabilimento

di una moneta sana e costante, dipende a sua volta

dalla risoluzione di due problemi: la compressione delle

spese statali improduttive, e l'ottenimento di

finanzia-menti dall'estero. L'uno e l'altro sono porbiemi

squisi-tamente politici. Altri problemi politici, e non tutti di

sola politica interna, sono: il ripristino della libertà di

intrapresa e della proprietà privata; oppure la

defini-zione dei settori da nazionalizzare; lo sblocco dei

li-cenziamenti; la restituzione totale o parziale delle

co-lonie; il reinserimento dell'Italia nel mercato

interna-zionale.

In conclusione nessuna previsione, nessuna

program-mazione è lecita in un Paese tutt'altro che indipendente

politicamente ed economicamente; in un periodo tanto

turbato. Lasciamo che ogni singolo operatore

econo-mico preveda per suo conto e si assuma il rischio

del-le sue previsioni. Lo Stato può bensì facilitare

grande-mente queste previsioni, rendendo stabile l'ambiente

politico e monetario in cui esse si svolgono, e definendo

con esattezza le sue intenzioni circa futuri interventi

limitatori della iniziativa privata.

• • •

Quando uno studioso predispone un piano economico

nazionale pluriennale esso può essere interpretato in

vari modi: ed essenzialmente in due. O come previsione

degli sviluppi che l'economia nazionale assumerà nei

prossimi anni secondo il gioco naturale dei fattori

eco-nomici; o come affermazione di un obbiettivo politico

economico pienamente auspicabile, pur nei limiti del

possibile, e che deve essere raggiunto mediante

oppor-tuni provvedimenti vincolatori e modifìcatori della

real-tà economica esistente.

In qual senso deve ©ssere inteso il piano Saraceno? (1)

Nelle conclusioni del piano medesimo (pag. 180) il

Sa-raceno esplicitamente rinuncia a considerare quali

in-terventi statali siano opportuni ner la realizzazione del

suo programma; ma ammette però che per essa sarà

necessaria una « serie estesa di interventi statali ».

Sem-brerebbe dunque che il Saraceno fosse un

pianifica-tore in senso stretto; cioè desiderasse il violentamento

della situazione economica vigente, pur senza saperne

precisare i mezzi. Se però si considerano con

atten-zione le previsioni avanzate dal Saraceno sugli sviluppi

della economia italiana nel periodo 1947-1952, si rileva

che queste previsioni sono fondate sull'ipotesi che per

l'avvenire giochino gli stessi fattori economici del

(7)

sato, e che le produzioni nei singoli rami si sviluppino

secondo la passata esperienza.

Il Saraceno oscilla dunque in conclusione fra

previ-sione e programmazione; egli non pianifica, in verità,

perchè non si pone delle finalità ben definite, e perchè

volutamente ignora i mezzi per raggiungerle. Così gode

anche del gran vantaggio di ignorare gli ostacoli che

all'uso di tali mezzi si opporrebbero. Fa eccezione

tut-tavia il complesso di proposte Saraceno già sopra

ri-cordato, a favore di una localizzazione delle spese

pub-bliche nelle regioni meridionali.

In ognuno degli interessanti capitoli della relazione

Saraceno si constata facilmente un « iatus », un vero

salto fra l'esposizione ed interpretazione — assai

docu-mentata e abile in verità — del passato; e la

program-mazione dell'avvenire. La maggior parte delle

previ-sioni non sembrano basate su un ragionamento

logica-mente apprezzabile; ma dall'allegato alla relazione si

rileva che le previsioni delle produzioni 1946-1952 sono

ottenute extrapolando col metodo dei minimi quadrati,

mediante una funzione di primo grado, la curva delle

produzioni dal 1920 al 1945. E' evidente l'arbitrio di un

tale metodo. Il Saraceno stesso non sa giustificare la

scelta del suo metodo di extrapolazione rispetto ad altri

possibili metodi, se non facendo allusione al vantaggio

della maggior semplicità. E' ovvio che considerando

altri periodi, eventualmente più ristretti, del passato, e

extrapolando secondo funzioni di grado superiore, si

otterrebbero previsioni per il futuro molto diverse da

quelle del Saraceno; in qualche caso corrispondenti a

curve più aderenti che non la linea retta, all'andamento

della spezzata rappresentativa della produzione

pas-sata.

Si consideri ad esempio il diagramma n. 1

(produ-zione di ghisa) nel solo periodo 1929-1940, e lo si faccia

oggetto di extrapolazione con una parabola di secondo

grado, e si otterrà per il futuro una produzione che nel

1952 potrebbe anche toccare i due milioni di

tonnel-late annue. Analoghe divergenze dalle previsioni di

Saraceno si ottengono nel diagramma della produzione

di acciaio grezzo considerando il periodo 1920-1928, e

extrapolándolo sia pure con una equazione di primo

grado; o nèl diagramma n. 3, dedicato alla produzione

di alluminio da minerale, quando si extrapoli con una

curva di primo o di secondo grado il solo periodo

1932-1940. E per amore di brevità tralasciamo di fare

osser-vazioni del tutto analoghe sugli altri diagrammi.

Bi-sogna ammettere che l'extrapolazione, cioè la

continua-zione arbitraria secondo un rigido procedimento mate,

matico, di un diagramma rappresentante fenomeni

pas-sati, è un procedimento statistico che pienamente

con-valida la celebre frase di Disraeli: « la menzogna ha

tre gradi: la menzogna semplice, lo spergiuro e la

sta-tistica ».

Una osservazione idi dettaglio: la relazione Saraceno

considera i problemi della produzione e del consumo,

senza riguardo ai correlativi problemi di finanziamento.

Ma anche gli assertori della pianificazione hanno

af-fermato che non può esistere piano economico senza

piano finanziario. Naturalmente questa manchevolezza

della relazione che qui esaminiamo non è da imputarsi

al prof. Saraceno, ma ad una situazione di fatto: cioè

alla impossibilità di prevedere con esattezza

l'andamen-to futuro della finanza e della moneta nazionale. Ed è

degno di considerazione che si voglia da parte dello

Stato prevedere nei minimi particolari, e per molti

anni, anzi programmare, le produzioni e i consumi,

sostanzialmente ancora regolati dalle decisioni dei

pri-vati; e non si sappia prevedere con esattezza neppure

per pochi mesi l'andamento delle entrate ed uscite

sta-tali che unicamente dipendono dalla volontà

gover-nativa.

# s= =¡°

ESPANSIONE DEL

CREDITO e PREZZI

Si continua a discutere da tutte le parti, talora senza

obiettività o sotto l'impressione di un danno personale

temuto-, intorno ai noti provvedimenti sul credito.

Ben pochi si sono chiesti se veramente le lamentate

difficoltà dipendano dall'intervento ministeriale o non

piuttosto dalla inevitabile pressione dei fatti.

Alcuni si limitano a prendere atto delle dichiarazioni

del ministro Einaudi ed a riconoscere che la situazione

era, ed è, delicata, tanto da richiedere molta prudenza

nell'ulteriore espansione del credito.

Pare assai utile invece un più ampio esame del

pro-blema, come per esempio ha fatto la Jannaocone, in

modo da inquadrarlo convenientemente nella situazione

economica dei paese; se non si procede con questo

me-todo si corre il rischio di giungere a conclusioni parziali

o peggio errate.

Un qualche aiuto a questa indagine più vasta può

es-sere dato dall'applicazione di quei metodi statistici che

hanno permesso la costruzione dei cosidetti « barometri

economici ».

E' nota l'uniformità empirica rilevata dagli statistici

di Harvard e da altri, sulla concomitanza e successione

delle variazioni delle curve statistiche rappresentanti

la dinamica della speculazione, degli affari e del prezzo

del denaro: la flessione della prima curva simultanea ad

un aumento dell'ultimo indicherebbe l'imminente

capo-volgimento della congiuntura e l'approssimarsi della

crisi.

L'entità dell'inflazione nel nostro paese e l'azione di

fatti extra-economici rendono- estremamente diffìcile,

nel nostro caso, l'applicazione di questo metodo e

l'in-terpretazione delle curve del barometro.

In particolare, sempre a causa dell'inflazione, i dati

relativi al saggio dello sconto non possono essere

colle-gati con gli altri secondo relazioni così semplici e

sche-matiche quali quelle che stanno a base del sistema

Harvard.

Tuttavia, fatte le opportune riserve, un confronto che

si ispiri a questa interessante esperienza ci pare assai

suggestivo.

(8)

rac-colto alcuni dati, particolarmente adatti ad illustrare

l'attuale congiuntura, nel diagramma n. 1 (1).

Dall'esame del grafico risultano evidenti i seguenti

fatti:

1) Rapidissima espansione, a partire dal luglio 1946,

di tutti gli indici relativi alla circolazione creditizia ed

alla speculazione (nel senso tecnico del termine).

2) Caratteristica dell'attuale congiuntura è piuttosto

quella di una intensificazione degli « affari » che non

della produzione.

3) P u r assumendo come indice della produzione

quello della produzione dell'energia elettrica (ciò che si

è fatto anche perchè non disponiamo oggi di un indice

NUHER

1

INDICI-GENNAIO m i

CIRCOLAZIONE MONETARIA COMPENSAZIONI QUOTAZIONI T1TDU AZIONARI PREZZI AL bROSSD » » PRODUZIONE

ANTICIPAZIONI SANCA D'ITALIA * DEPOSITI FIDUCIARI NELLE

AZIENDE DI CREDITO 0 DEPOSITI FIDUCIARI PRE550

LE CASSE DI RISPARMIO

\

n mi m •

complessivo della produzione veramente soddisfacente),

che ha avuto una sensibile 'ascesa, la produzione, anche

tenendo conto dell'aumento dei prezzi, appare ben

lon-tana nella sua ascesa tale da giustificare totalmente

l'enorme aumento degli indici considerati nel primo

capoverso (2).

4) E' notevole il fatto che il movimento dei prezzi,

anziché precedere segue quello degli indici della

specu-lazione. Tale fenomeno appare chiarissimo nel

baro-metro di H a r v a r d ; in tale strumento una fortissima

di-vergenza f r a la curva A (speculazione) e B (affari)

ap-pare appunto prima dello scoppio della famosa « grande

crisi » americana (diagramma 3).

La curva dei prezzi presenta una certa stabilità, anzi

una flessione in alcuni mesi, sino al settembre 1946

quando già i dati relativi alle partite di debito e di

cre-dito liquidate presso le stanze di compensazione, le

an-ticipazioni su titoli e merci della Banca d'Italia, il

corso dei titoli azionari, sono più che raddoppiati, e

quando l'indice della produzione segna un incremento

del 30%.

(1) N e l d i a g r a m m a l e c u r v e s t a t i s t i c h e p r e n d o n o o r i g i n e ( b a s e 100), n e l g e n n a i o 1946. P o i c h é l e s i n g o l e s u c c e s s i o n i p r e s e n t a n o , r i s p e t t o . a l l ' a n t e g u e r r a , v a r i a z i o n i d i e n t i t à d i v e r s i s s i m a , r i t e n i a m o o p p o r t u n o , a c o m p l e t a m e n t o d e l g r a f i c o t i ] , 11 d i a g r a m m a [2], c h e i n d i c a l a v a r i a z i o n e d i c i a s c u n a s u c c e s s i o n e r i s p e t t o a l l a b a s e 1938, a n z i c h é r i -s p e t t o a l l a b a -s e g e n n a i o 1946. (2) U n q u a d r o p i ù c o m p l e t o d e l l ' a u m e n t o d e l l a p r o d u -z i o n e s i h a d a i s e g u e n t i i n d i c i (1938 = 100):

Luglio 1946 Luglio 1947 cimento A c c i a i o 51 89 74 A c i d o s o l f o r i c o 50 72 44 C e m e n t o 42 52 24 A u t o v e i c o l i 45 79 75 I n d i c e g e n e r a l e 55 70 27

5) La circolazione monetaria, pur continuamente

crescente, ha una dinamica assai più limitata di quella

relativa all'attività bancaria.

• » •

Sulla base di questi rilievi è difficile negare che

l'espansione del credito abbia avuto un'azione

infla-zionistica.

E' vero che, astrattamente parlando, l'aumento di

prezzi non è necessariamente connesso all'aumento della

circolazione bancaria, rr.a perchè questa relazione non

si verifichi occorre che questa espansione sia fondata

su di una adeguata formazione di risparmio, e su di

un corrispondente incremento della produzione.

Man-cando queste due condizioni, l'aumento dei prezzi è

inevitabile.

Dalia nota equazione della scuola di Cambridge

sap-piamo che il livello dei prezzi (P) può essere espresso

come segue:

(H + rK)

ove M è la quantità di moneta in circolazione, H è la

quantità di potere di acquisto tenuta liquida in moneta

dal pubblico ed r K è la quantità di potere di acquisto

tenuta liquida dalle banche.

E' chiaro che diminuendo la somma (H+irK) i prezzi

sono sollecitati all'aumento. Tale fatto accade oggi con

impressionante intensità nel nostro paese.

L'inflazione creditizia implica una diminuzione di r

ed

una diminuzione delle disponibilità « reali » delle

banche ».

Nello stesso tempo il pubblico, reagendo alla

preesi-stente inflazione monetaria ed all'aumento dei prezzi,

tende a ridurre la quantità di moneta che tiene

ino-perosa.

Il movimento non si esaurisce a questo punto, ma si

ripercuote a sua volta, con un complesso di azioni e

reazioni che è impossibile riassumere in questa nota, e

che del resto sono conosciute e facilmente intuibili, sui

prezzi e sulla circolazione monetaria.

Non si dice con questo che l'origine del movimento

inflatorio. sia da rintracciarsi nell'espansione creditizia,

ma soltanto' che essa n e ha esaltato il movimento.

Tutti sanno, ed in un certo senso i dati sopra

ripor-tati lo confermano, che nella prima fase dell'inflazione,

conseguente alla guerra ed al disastro, una parte

no-tevole della disponibiltà monetaria è stata assorbita

e tesaurizzata dai contadini (H è quindi aumentato)

ancora nel primo semestre 1946; anzi proprio a questo

fatto (unitamente all'incertezza sull'andamento della

congiuntura), si deve in gran parte la relativa stabilità

dei prezzi in quel semestre.

Successivamente il crescere delle spese dello Stato,

dei salari, le esigenze stesse della ricostruzione, hanno

rotto questo equilibrio instabile e spostato i valori

del-l'equazione di Cambridge nel senso sopra descritto.

Queste sommarie considerazioni, se non andiamo

er-rati, confermano l'enorme importanza che ha per la

sta-bilizzazione monetaria una prudente politica del credito.

Nella attuale situazione una ulteriore espansione

sa-rebbe estremamente pericolosa, perchè, senza u n a

ade-guata formazione di risparmio, ed una più larga

dispo-nibilità di beni, l'aumento delia circolazione bancaria

non solo metterebbe le banche in una posizione critica

ma esaspererebbe l'ascesa dei prezzi.

(9)

SONO COLPEVOLI LE BANCHE?

Nelle recenti accanite polemiche sulla questione delle

restrizioni creditizie le critiche più accese sono state

appuntate da due parti sulle banche: accusate dalle

aziende di aver stretto bruscamente ed eccessivamente

i freni, ciò che è solo in parte esatto, e dal governo

di aver ecceduto nella concessione dei fidi, ciò che è

probabilmente esatto in senso assoluto ma va tuttavia

considerato alla luce di attenuanti ragioni di fatto non

prive di peso.

Le banche, è stato precisato alla Costituente, nel

corso del 1946 hanno ricevuto depositi nuovi per 273

miliardi d'i lire reimpiegando per 252, poi nei primi

sette mesi del 1947 hanno ricevuto altri 188 miliardi

reimpiegando per 219, « attingendo quindi ai depositi

disponibili degli anni precedenti » e « con ricorso

ec-cessivo all'Istituto di emissione, ossia all'aumento

del-la circodel-lazione ». L'uomo deldel-la strada si domanda

al-lora come ciò sia materialmente possibile e, in secondo

luogo, come il reimpiego attuale di depositi,

preesi-stenti e comunque effettivi, possa tradursi in aumento

dei biglietti circolanti. P e r spiegare la cosa basta

os-servare l'andamento dei depositi delle aziende di

cre-dito presso la Banca d'Italia:

al 31-12-1943 miliardi 18,5

31-10-1944 » 81,9

31-12-1945 » 120,1

31-10-1946 » 140,9

30- 6 -1947 » 79,9

e ricordare, riguardo specialmente alla forte

diminu-zione dell'ultimo periodo, che le aziende d'i credito si

comportano nei confronti della Banca d'Italia, almeno

potenzialmente, come depositanti comuni.

Man mano che esse, per richieste della loro

clien-tela, hanno bisogno dei depositi costituiti presso la

Banca d'Italia in tempi di scarso reimpiego, domandano

il rimborso, che la Banca dovrebbe fare smobilitando

le proprie operazioni attive; ma queste operazioni,

for-mate a contropartita dei depositi e di altre passività

(biglietti in circolazione), rappresentano solo in

pic-cola parte concessioni ai settori produttivi privati

(por-tafoglio e anticipazioni al 31-6-1947: 91 miliardi) e in

gran maggioranza anticipazioni al Tesoro (al 30-6-1947:

678 miliardi), inghiottite in spese di consumo (stipendi)

o immobilizzi più o meno produttivi (opere pubbliche),

rimborsabili dallo Stato solo con nuovi debiti, ossia —

nella specie — con autorizzazione alla stampa di altri

biglietti. Ecco quindi che, in definitiva, colpevole primo

risulta l'eccesso d'i spesa pubblica, il disavanzo del

bi-lancio statale.

Precisato quanto sopra, vediamo le ragioni delle

banche. Anzitutto non è esatto sotto un aspetto

gene-rale, attribuire loro un concorso di iniziativa nel tono

inflazionistico dell'economia nazionale: se mai, esse

non hanno resistito all'invito del mercato, anche

per-chè, come vedremo, non avevano molte ragioni per

resistere. Non risulta che abbiano, come in altri tempi,

sollecitato la clientela per aumentare quei fidi, che

sono tuttora per nulla aggiornati, ad esempio, con

l'in-dice di inflazione monetaria; ma semplicemente, dopo

la lunga stasi dei reimpieghi privati confermata dalle

già forti giacenze nei conti alla Banca d'Italia, di fronte

alla ripresa ricostruttiva e all'espansione dei cicli

pro-duttivi enfiati anche da costi (materie prime estere,

salari agganciati al mercato alimentare) scarsamente

sensibili ai correttivi automatici del mercato generale,

esse hanno assecondato le sollecitazioni provenienti

d'ogni parte, spinte soprattutto dalle imprescindibili

esigenze dei loro conti economici.

I bilanci delle banche sono infatti in scarso faticoso

pareggio, e ciò non manca di sorprendere l'uomo della

strada, che osserva il forte divario tra i bassi tassi,

veramente « anglosassoni », corrisposti sui depositi (1 %

al risparmio ordinario, 0,50 % ai conti correnti) e quelli

di reimpiego, saliti in cartello al 7-9,50 % per le varie

categorie d'i operazioni e in pratica, per maggiorazioni

e sapienti manovre di scadenze e conteggi di

commis-sioni, a misure che i teologi del Medioevo avrebbero

definite, oggi il giudizio popolare conferma, illecite.

Eppure la situazione delle banche è realmente seria

dal punto di vista degli esiti di esercizio, come

con-fermato dalla tabella seguente, che sintetizza

l'anda-mento dell'esercizio 1946 per talune aziende di credito,

dalle maggiori alle minori.

(milioni di lire) Depositi al 31/12/46 Capitale e riserve Utile 1946 Rendimento sui fondi amministrati Banca Commerciale Italiana 8ö.3®9 900 2i5,5 0,029 % Credito Italiano 77.003 650 12,8 0,016 % Banco di Roma 5'8.495 »715 11,7 0,019 % Banco di Napoli 50.8[94 1.890 3 2 , 9 0,062 % Istituto di San Paolo 11.390 3 4 1 16,1 0,13'8 % Cassa di Risparmio di Torino 9.012 314 0,4 0, 004 % Banca Popolare di Novara 33.3i62 441 45,2t 0,134 % Banca Anonima di Credito S08 6 0,4 0,049 %

Quali le cause di una simile situazione? Occorre

an-zitutto considerare che le banche, pur pagando

inte-ressi tenuissimi ai depositanti, sopportano per fatti di

congiuntura un alto costo del denaro impiegabile. La

massa dei depositi, ossia la base produttiva dei

red-diti, è aumentata in misura molto inferiore a quella

della circolazione monetaria, assai meno ancora

ri-spetto all'aumento degli indici dei prezzi e del costo

della vita, che a loro volta influenzano il capitolo

pre-ponderante delle spese generali delle aziende di

cre-dito, ossia gli assegni del personale: per ragioni

giu-ridiche e pratiche — rientro dei reduci e blocco dei

licenziamenti, combinato con l'eredità di laboriosi

adempimenti amministrativi lasciata dalla guerra e dal

suo vincolismo — quelle spese sono rimaste rigide

come estensione applicativa e in continua rapida

pro-gressione come importo.

Occorre poi aver presente che le banche, con

pa-trimoni relativamente modesti e investiti in valori

no-minali o di uso, autorizzate inoltre ad acquisire quasi

esclusivamente su valori nominali, non possono come

le aziende industriali e commerciali trovare sfogo agli

esiti passivi di esercizio nelle rivalutazioni per

con-guaglio monetario di impianti e scorte, ma debbono

trovare capienza di ogni spesa negli immediati

pro-venti attivi. E questo può avvenire solo destinando i

mezzi ricevuti dalla clientela, al massimo, in

reimpie-ghi a tasso pieno, riducendo invece al minimo le

gia-cenze i n f r u t t i f e r e (fondi di cassa) o gli impieghi a

red-dito basso (disponibilità a vista presso altre aziende di

credito e soprattutto presso la Banca d'Italia) che

do-vrebbero costituire garanzia di sicura rispondenza alle

domande di rimborso dei depositanti.

Non è soltanto, quindi, questione di prudenza: se il

costo del denaro per le banche, com'è oggi per

inci-denza di spese di personale e generali, sale al

5,50-6 %, è chiaro che reimpiegando all' 8 % medio quel

pericoloso 70 % dei depositi che è stato oggetto dei

più severi rilievi alle banche, si riesce solo a quadrare

il bilancio, a malapena finché saranno contenuti gli

ulteriori sbalzi della «scala mobile»: i tassi di

rendi-mento esposti nella tabella precedente, per quanto

mi-nimi, sono forse illusioni contabili e destinati ad

an-nullarsi al primo aggravio di spese generali.

E allora? Lasciare liberi i reimpieghi oltre ogni limite

prudenziale, oppure aumentare ancora i tassi dei fidi,

oppure integrare i bilanci delle banche a carico dei

contribuenti, come per tante industrie passive? Il

problema si risolve evidentemente nel quadro

dell'e-conomia generale, con i provvedimenti dal risanamento

generale: attraverso lo svincolo dalle sovrastrutture

po-litiche e giuridiche che ostacolano una seria

raziona-lizzazione dei servizi e la riduzione dei costi;

attra-verso l'incoraggiamento e l'incremento — con la

sta-bilizzazione dei valori monetari e il miglioramento dei

tassi d'interessè — dei depositi, che consentano la

ri-partizione delle spese generali su una base

adegua-tamente ampliata.

(10)

I L T J B R I

MA CHE COS'È QUESTA DISCIPLINA?

Come le g o n n e l u n g h e o quelle corte, le p a r o l e

h a n n o u n a loro m o d a nello s t r a n o e misterioso

p a e s e di r e t t o r i c a . Alcune s c o m p a i o n o dall'uso e se

n e s t a n n o , neglette, in un c a n t o ; m e n t r e a l t r e

volan sonore di bocca in bocca, di p a g i n a in p a g i n a ,

significando questo e quello, o t r o n e g g i a n o su p i e

-destalli di m e t a f o r a e r e t t i in loro o n o r e nelle piazze

nebbiose dei cervelli u m a n i .

U n a di queste p a r o l e di m o d a è « disciplina ».

Q u a n d o si p a r l a di disciplina di i m p i a n t i i n d u s t r i a

-li, ad esempio, e si e m a n a n o p r o v v e d i m e n t i n e l suo

n o m e , p a r f o r s e ai p i ù che i g o v e r n a n t i d i s p o n g a n

cose b u o n e e meritevoli, e p e r f a c i l e t r a s l a z i o n e si

c r e d e di vedere schiere o r d i n a t e d i . a z i e n d e in m a r

-cia q u a d r a t a e c o m p a t t a , agli o r d i n i di p e r f e t t i

caporali, verso meravigliosi fini p r o d u t t i v i .

I n un v o l u m e t t o , n i t i d o nella f o r m a e succoso

nella s o s t a n z a , o r a p u b b l i c a t o n e l l a n u o v a c o l l a n a

dei « Q u a d e r n i di C r o n a c h e E c o n o m i c h e », F r a n

-cesco Palazzi-Trivelli d à u n a p p o r t o prezioso alla

e s a t t a c o m p r e n s i o n e della p a r o l a , dei pericoli suoi

e dei c o n c e t t i che v e r a m e n t e r a p p r e s e n t a ,

dell'azion e g o v e r dell'azion a t i v a a d essa l e g a t a e, idell'azionfidell'azione, delle c o dell'azion

-seguenze a s s a i poco liete cui l'azione stessa c o n d u c e

nel s e t t o r e della p r o d u z i o n e (1).

Dopo a v e r e s a m i n a t o , con ricchezza di d a t i , di

r i f e r i m e n t i , di tabelle s t a t i s t i c h e , i p r e c e d e n t i

legi-slativi e l ' o r d i n a m e n t o giuridico vigente in m e r i t o

a tal g e n e r e di disciplina, i r i s u l t a t i d a essa c o n s e

-guiti, le m o t i v a z i o n i a d d o t t e p e r istituirla, l ' A u t o r e

n e f a u n a critica che, davvero, dovrebbe c o n v i n

-cere g o v e r n a n t i e g o v e r n a t i della s u a a s s u r d i t à

perniciosa. C o m e p r e t e n d e e come p u ò u n g r u p p o di

uomini, a n c h e se c o m p o s t o di saggi e di onesti, d i r i

-gere e d i s c i p l i n a r e le iniziative i n d u s t r i a l i c o n

l'intenzione di e l i m i n a r e gli i m p i a n t i e s u b e r a n t i r i

spetto al c o n s u m o , di selezionarli in m o d o d a f a

-vorire i migliori, di a d e g u a r l i alle possibilità di

r i f o r n i m e n t o di e n e r g i a m o t r i c e e di m a t e r i e p r i m e ?

Sulla base di s t a t i s t i c h e , f o r s e ? M a , a n c h e se e s a t t e ,

le s t a t i s t i c h e m a i possono d a r c i ' visione e s a t t a di

f e n o m e n i c h e son p e r n a t u r a p r e t t a m e n t e d i n a m i c i ,

p e r c h è r i s u l t a n t i di variabili i n n u m e r i , come q u a

-lità di p r o d o t t o , g u s t i di c o n s u m a t o r i , a t t e s e e

impulsi r i f l e t t e n t i s i nella d o m a n d a , costi e c o m b i

-nazioni diverse di f a t t o r i p r o d u t t i v i .

La s t a t i s t i c a può, n e l l a migliore delle ipotesi,

p a r a g o n a r s i a d u n a f o t o g r a f i a , m e n t r e la vita

eco-n o m i c a , e ieco-n essa quella delle azieeco-nde, p o t r e b b e

solo d a u n film venir r i p r o d o t t a , p e r c h è in u n m e r

-c a t o vanta rei, t u t t o s -c o r r e e s ' a g i t a e ribolle e

v a r i a di m o m e n t o in m o m e n t o .

Il t e n t a t i v o unico e d i t t a t o r i a l e degli a r e o p a g h i

di saggi c h e i n t e n d o n o e p r e t e n d o n o d i s c i p l i n a r e

la p r o d u z i o n e , e si a u t o d e f i n i s c o n o c o m p e t e n t i , è

forse migliore, p i ù sicuro dei t e n t a t i v i i n f i n i t i c h e

i singoli c o m p i o n o in u n libero m e r c a t o , p r o v a n d o

e r i p r o v a n d o , f a l l e n d o o riuscendo, g u a d a g n a n d o o

p a g a n d o di p e r s o n a ? T u t t o lascia p e n s a r e il c o n

-t r a r i o e mol-te, -t r o p p e esperienze p a s s a -t e e p r e s e n -t i

s t a n n o p u r t r o p p o a d i m o s t r a r e c h e gli o n n i p o t e n t i

(1) F r a n c e s c o P a l a z z i - T r i v e l l i :

Della disciplina

preven-tiva sugli impianti industriali.

Q u a d e r n i d i « C r o n a c h e E c o n o m c h e », C a m e r a d i C o m m e r c i o , I n d u s t r i a e d A g r i -c o l t u r a , T o r i n o , 1947.

b u r o c r a t i o t e c n i c i i n t e r v e n t i s t i f a n n o , a spese

delle c o m u n i t à n a z i o n a l i , la f i g u r a di a p p r e n d i s t i

m a g h i s c a t e n a n t i e l e m e n t i i n f u r i a t i ed i n c a p a c i poi

di p l a c a r l i .

S u q u a l criterio f o n d a r e c o d e s t a f a m o s a

discipli-n a ? S e il criterio ecodiscipli-nomico p e r f o r z a esula dalle

decisioni dei controllori, dei piccoli c a p o r a l i del

m e r c a t o , s o d d i s f a t t i delle loro esercitazioni in o r d i n e

chiuso n e i cortili della c a s e r m a in cui v a n t r a s f o r

-m a n d o la vita dei p r o d u t t o r i ; se la loro azione n o n

può r i d u r s i che al s c i m m i o t t a r e l'azione m o l t o m e

-glio e m o l t o p i ù a v v e d u t a m e n t e u n t e m p o svolta

dal g e n e r a l e prezzo, n o n finisce p e r c a d é r s i di

n e c e s s i t à n e l l ' a r b i t r i o , nella dispensa di privilegi,

nell'ingiustizia p i ù n e r a ?

A b b i a m o assistito p r o p r i o ieri alla fissazione di

confini e a m i g r a z i o n i babilonesi di milioni e milioni

di d i s g r a z i a t i s s i m i esseri u m a n i in base al principio

della r e s i d e n z a dei loro avi, r i f e r i t a n a t u r a l m e n t e

a d epoca s t a b i l i t a a casaccio e a t u t t o v a n t a g g i o

della p a r t e p i ù f o r t e . Dove a b i t a v a t e nel 1067? Non

qui? Via allora, con le d o n n e e i figli e le povere

vostre cose. I n g i u s t i z i a a s s u r d a e r i p u g n a n t e ,

que-s t a ; m a a l m e n o n o n que-si è p r e t e que-s o di g i u que-s t i f i c a r l a con

la r a g i o n e , o con a l t r a r a g i o n e che n o n fosse

quella del p i ù f o r t e . I n e c o n o m i a invece, nel

disci-p l i n a r e , si disci-p r e t e n d e di a g i r e n e l l ' i n t e r e s s e c o m u n e

q u a n d o si r i f i u t a il d i r i t t o alla vita a q u e s t a o quella

iniziativa, che nel 1067 già n o n esisteva. Quelle

che, s e n z a controlli di s o r t a , allora a v e a n visto la

luce, possono oggi esser d e c r e p i t e , m a l a t e , a n c h i l o

-s a t e o r i m b a m b i t e . C h e i m p o r t a ! Come u n t e m p o il

d i r i t t o divino s t a v a alla base del governo dei m o

-n a r c h i , oggi i-n t r o p p i casi u -n a -n u o v a f o r m a di

d i r i t t o divino al monopolio e allo s f r u t t a m e n t o

dif e n d e , in n o m e della disciplina, c o n t r o la c o n c o r

-r e n z a . P e -r c h è — e il P a l a z z i - T -r i v e l l i lo d i m o s t -r a

c h i a r a m e n t e — la t a n t o d e c a n t a t a disciplina si

risolve in belle e b u o n e m a n i e r e nella d i f e s a del

monopolio di c e r t i p r o d u t t o r i già e s i s t e n t i . E il

bello si è c h e ciò avviene p r o p r i o q u a n d o p i ù c h e

m a i si p r e t e n d e di agire, di i n t e r v e n i r e , di c o n t r o l

-l a r e in n o m e di u n a giustizia socia-le c h e t r o p p o

spesso finisce p e r risolversi nell'ingiustizia p i ù p a

-t e n -t e , p i ù a n -t i e c o n o m i c a , p i ù s f r u -t -t a -t r i c e .

C h è se poi il fine p r o p o s t o n o n è economico, m a

politico, si abbia il coraggio di dirlo a p e r t a m e n t e

e n o n si p r e t e n d a d i f a r s o p p o r t a r e alla collettività

costi, s p r e c h i e privilegi con a r g o m e n t i economici

c h e n o n reggono a d u n e s a m e critico, specie se

in-telligente e onesto c o m e quello del Palazzi-Trivelli.

Al q u a l e va il g r a n m e r i t o di a v e r c o n t r i b u i t o a

c h i a r i r e il senso di u n a p a r o l a c o n t a m i n a t a e t r a

v i a t a n e l vocabolario m o d e r n o , d i m o s t r a t o s i c a

-p a c e di t r a s f o r m a r e il c o n c e t t o di o r d i n e -p r o d u t t i v o

e n a t u r a l e in quello di caos vero e proprio, nebuloso

e i n f o r m e , ingiusto e f a l l i m e n t a r e , cristallizzato e

sprecone.

P o s s a n o o p e r a così a t t u a l e e f a t i c a così o p p o r t u

-n a i -n d u r r e m o l t i a c o -n s i d e r a r e — come M a d a m e

R o l a n d a p r o p o s i t o della l i b e r t à m a l e i n t e s a —

quali e q u a n t i delitti c o n t r o la p r o d u z i o n e e l a

giustizia v e n g a n o oggi, n e l n o m e della disciplina, c o m

-messi d a chi si a r r o g a t r o p p o spesso il d i r i t t o di

d i s c i p l i n a r e f u o r di t e m p o e f u o r di luogo.

(11)

LA C A S A C A R P A N O

« Una delle isole di sopravvivenza settecentesca a

Torino — scrive Filippo Burzio nel suo volume «

Ani-me e volti del Piemonte » — è p e r Ani-me quella che

comincia a delinear vagamente i suoi contorni agli

occhi di chi, volgendo le spalle al teatro, guardi il

Palazzo Carignano ».

E' in questa zona, ove s'è svolta tanta p a r t e della

Storia subalpina ed italiana, che, per concorde

rico-noscimento, Antonio Benedetto Carpano dette vita,

verso il 1786, a quel Vermuth di Torino, la cui genesi,

identificandosi nella leggenda, sa dell'arcano potere

delle droghe e delle rare erbe aromatiche, che lo

compongono.

E' di g r a n d e interesse, tuttavia, poter inquadrare

anche nel tempo lo sviluppo di questa caratteristica

industria, che ha portato ovunque nel mondo il nome

di Torino con insuperabili prodotti, i quali, generati

da perizia tecnica, senso pratico e tenacia di fondatori,

costituì scono un magnifico patrimonio da conservare

e Tioltiplicare. Tali prodotti appaiono veramente come

il vero e maggior monumento, « aere perennius »,

quello che con più d u r a t u r a efficacia può ricordare

ciò che f u e ciò che ha fatto la Casa Carpano, nella

sua vita oramai più che secolare.

Periodo cruciale della storia europea quello in cui

viene solitamente fissata la data di nascita del

Ver-muth Carpano. Maturano, in questa epoca, eventi

po-litici di portata eccezionale: la Rivoluzione Francese

ed il Periodo Napoleonico. Ed appena dieci anni p r i m a

era venuta alla luce l'opera « Ricerche sulla n a t u r i

e sulle cause della ricchezza delle Nazioni » del p r o

-fessore scozzese Adamo Smith, che segna una d a t i

storica decisiva con la sua visione geniale della nuova

realtà economica.

E' in questo periodo che la Casa Carpano, quasi p r e

-saga dell'importanza che va m a n mano assumendo

l'industria nel mondo, sino a sconvolgerne i lineamenti

politici ed economici, si associa alla fabbrica di liquori

Marendazzo &• C., conferendo a sè medesima carattere

e consistenza propriamente industriali.

Difficile evoluzione, certo, quella che dallo spaccio,

sotto i portici di piazza Castello, con peculiari

carat-teristiche artigiane, portò alla fondazione di questa

industria: una evoluzione, le cui difficoltà vennero

m a g i s t r a l m e n

-te supera-te per

sapiente sagacia

ed estroso intuito

di /creatori.

Può ben dirsi

che ancora oggi

la ditta Carpano

ha .conservato i

suoi tratti

origi-nari senza mai

tendere a una

di-latazione d e l l e

proprie

dimensio-n i di impresa, che

forzatamente

a-v r e b b e r e c a t o

pregiudizio a l l a '

superlatività d e i

suoi prodotti: il

Vennullh, il

Va-nilchina ed il

« Punt e Mes ».

Al V e r m u t h .

tuttavia, epettia il

diritto di

primo-genitura : felice

sintesi 'del

cele-brato « Moscato

di Gattelli » e di

v i n i neutrissimi

con droghe ed

a-romi, secondo i

dettami della

ge-losa ricetta di

An-tonio Benedette

Carpano, resa oggi più p e r f e t t a dai moderni

ritro-vati dell'enologia. E' questo il prodotto che ha dato

ve r a me n t e alla Calìa Carpano, per amabile vigore

e inconfondibile aroma, invidiata fama siu tutti d

mercati del mondo. E' proprio vero che chi, oggi,

intende offrire qualcosa di originale, non offre un

v e r m u t h qualunque, ma un « Carpano », conferendo

così a se stesso una nota di signorilità e di buon

gusto.

Come data di creazione, vengono, dopo, il famoso

« P u n t e Mes », v e r m u t h amaro ed aperitivo, ed il «

Va-nilchina », vermuth preparato « dolce ». Il primo,

co-me leggiamo in un'elegante monografia edita

recente-mente dalla Casa Carpano, ha una sua storia originale.

Si era ancora al vecchio negozio di Piazza Castello.

All'ora dell'aperitivo, il locale era invaso da una folta

schiera di banchieri, reduci dalla vicina Borsa. Uno

dei frequentatori, durante un'accesa discussione,

at-torno all'oscillazione di un punto o punto e mezzo di

un certo titolo, nell'impeto del discorso, rivolgendosi

al mescitore, invece di ordinare il solito « Vermuth

A m a r o » , disse: « U n p u n t e mes». E così il Vermuth

cosidetto amaro della Ditta Carpano venne, per

una-nime consenso di clienti battezzato « Punt e Mes ».

Prodotto che essenzialmente si differenzia dal «

Vanilchina » che è invece soprattutto « dolce e p r o f u

-mato », « Sweet for Ladies », e anche il più raffinato

« italian vermuth » per mistura da cocktail.

• • <S>

Malgrado le distruzioni subite per bombardamento

nel 1943, la Casa Carpano, notevolmente ampliata e

rimodernata, è ancora la continuatrice del tradizionale

sistema lavorativo del fondatore. Essa, f r a l'altro, si

appresta a riprendere mercati, che vennero

forzosa-mente abbandonati solo in seguito agli avvenimenti

dell'ultima guerra.

E si può esser certi del successo: ne sono arra

si-cura il nome stesso dei prodotti Carpano, l'eccellenza

di una ricetta inimitabile, un'accurata lavorazione

in-fine, che, dall'esperienza ultrasecolare, ha tratto

sem-pre il massimo titolo di merito.

(12)

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