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(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE

DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE PENALISTICHE XV CICLO

LA RESPONSABILITÀ PENALE DEL DIFENSORE:

TUTORE:

NOVITÀ LEGISLATIVE E FATTISPECIE (APPARENTEMENTE) CONSOLIDATE

Chiar.m~rof Paolo Pittaro

Univers à e .. i .~~udi .. ddii -Trieste

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CANDIDATO:

dott.ssa Fabiana Ranzatto

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Anno Accademico 2001-2002

(2)

INDICE

INDICE ... 1

INTRODUZIONE ... 4

CAPITOLO PRIMO IL RUOLO DEL DIFENSORE NEL PROCESSO PENALE ... 9

1. LE INDAGINI DIFENSIVE: CENNI STORICI ... 9

2. NOZIONE E FONDAMENTO DEL DIRITTO DI DIFESA ... 14

3. PRINCIPI COSTITUZIONALI E DI DIRITTO INTERNAZIONALE ... 17

3.1 La parità delle parti ... 22

4. LE INDAGINI DIFENSIVE: CENNI SULLA DISCIPLINA PROCESSUALE VIGENTE ... 25

5. L'ATTIVITÀ DIFENSIVA COME NUOVO OGGETTO GIURIDICO DA TUTELARE ... 31

CAPITOLO SECONDO LA QUALIFICA DEL DIFENSORE ... 36

1. PREMESSA ... 36

2. L'ESENZIONE DALL'OBBLIGO DI DENUNCIA ... 37

3. L'INQUADRAMENTO TRADIZIONALE DEL DIFENSORE COME ESERCENTE UN SERVIZIO DI PUBBLICA NECESSITÀ ... 41

4. LA NATURA GIURIDICA DELL'ATTIVITÀ DIFENSIVA ... 44

4.1 Non è una pubblica funzione giudiziaria ... 44

4.2 Non è una pubblica funzione amministrativa: gli atti formati dal difensore non sono atti pubblici ... 46

5. QUALCHE PROPOSTA PER SUPERARE L'IMPASSE ... 49

CAPITOLO TERZO NUOVI PROFILI DI RESPONSABILITÀ PENALE PER IL DIFENSORE .. 54

1. LA TUTELA DELLA PRNACY ... 54

2. LE FALSITÀ DEL DIFENSORE NELLA DOCUMENTAZIONE DELL'ATTIVITÀ SVOLTA ... 66

3. ESCLUSO IL CONCORSO DEL DIFENSORE NEL REATO DI FALSE DICHIARAZIONI EX ART. 371-TER ... 69

4. IL FAVOREGGIAMENTO PERSONALE DEL DIFENSORE ... 71

4.1 Premessa ... 71

(3)

4.2 Il favoreggiamento personale: natura del reato e condotta tipica

nell'interpretazione tradizionale dell'art. 378 c.p ... 74

4. 3 Il favoreggiamento personale del difensore ... 79

5. IL REATO DI INFEDELE PATROCINIO ... 93

5.1 Premessa ... 93

5.2 L'individuazione del bene giuridico protetto ... 95

5.3 La condotta tipica: l'infedeltà ai doveri professionali ... 101

5.4 L'elemento soggettivo: il dolo ... 108

5.5 Zone di conflittualità tra gli artt. 378 e 380 c.p ... 111

6. IL NUOVO REATO DI CUI ALL'ART. 377-BIS C.P.: POSSIBILI APPLICAZIONI ... 114

6.1 Premessa ... 114

6.2 Qualche considerazione critica ... 115

6.3 Il soggetto destinatario dell'induzione ... 119

6.4 Una possibile applicazione della norma nei confronti del difensore123 7. OBBLIGHI DI SEGRETEZZA DEL DIFENSORE ... 126

7.1 La tutela del segreto professionale ... 127

7.2 La nozione di segreto ... 131

7. 3 I limiti alla tutela del segreto professionale: la giusta causa e la possibilità di nocumento ... 133

7.4 La rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale ... 140

7. 5 La violazione del vincolo di segretazione ... 150

7.5 Uno sguardo d'insieme ai vincoli di segretezza del difensore: possibile un concorso di reati? ... 152

CAPITOLO QUARTO FATTISPECIE APPARENTEMENTE CONSOLIDATE IN TEMA DI RESPONSABILITÀ PENALE DEL DIFENSORE ... 158

1. IL MILLANTATO CREDITO DEL PATROCINATORE ... 158

1.1 Inquadramento sistematico della fattispecie e bene giuridico tutelato ... 158

1. 2 Il soggetto attivo e la condotta del reato ... 164

1.3 Rapporti fra millantato credito e corruzione ... 170

1.4 Rapporti fra millantato credito e truffa ... 174

2. LA FRODE PROCESSUALE ... 177

2

(4)

2.1 Ambito applicativo e interesse tutelato: la disputa della dottrina. 177 2.2 Soggetto attivo e destinatari della condotta ... 179 2.3 La condotta del reato, in particolare nel campo penale ... 181 2.4 La concreta operatività dell'art. 374: i rapporti tra la frode

processuale e gli altri reati contro l'amministrazione della giustizia 186 3. LE ALTRE INFEDELTÀ DI CUI ALL'ART. 381 C.P ...•... 190 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ... ... 193

BIBLIOGRAFIA ... . 198

(5)

INTRODUZIONE

L'entrata in vigore della legge 397 del 2000 rappresenta sicuramente una svolta epocale nella storia della procedura penale italiana. Essa è il risultato di un lungo iter che ha il suo inizio nei lavori della commissione ministeriale nominata per la redazione delle norme di attuazione del codice di rito: in quella sede, infatti, maturò la consapevolezza della necessità di riconoscere ai difensori delle parti poteri d'investigazione senza i quali il diritto di difendersi provando sarebbe rimasto soltanto un diritto sulla carta. Si giunse così all'introduzione dell'art. 38 disp. att. c.p.p.: si trattava, però, di una norma lacunosa sotto diversi profili, tanto che il legislatore è successivamente intervenuto integrandola di ulteriori due commi (legge 8 agosto 1995, n. 332).

Tutto ciò, comunque, ancora non bastava: la dottrina più attenta alle esigenze di coerenza del modello processuale accusatorio delineato dal legislatore del 1988 continuava a denunciare l'insufficienza della disciplina, sottolineando come appartenga alla natura intrinseca del processo penale adversary riconoscere, accanto al potere di indagine della pubblica accusa, il diritto di indagine dei soggetti privati (indagato, imputato, persona offesa) quale espressione del diritto alla prova che, a ben vedere, costituisce un corollario del diritto di difesa, tanto che efficacemente si è parlato di "diritto di difendersi provando".

Solamente con la novella del 2000 si arriva finalmente a dare concreta attuazione a quei principi cui si è ispirato o che dovevano ispirare, secondo le direttive della legge-delega, il legislatore del 1988, in particolare il principio della parità delle armi tra accusa e difesa in ogni stato e grado del procedimento. Attraverso la previsione di specifici poteri di iniziativa e di una disciplina 4

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dettagliata delle modalità di esecuzione e documentazione dell'attività di investigazione difensiva, la funzione del difensore non è più limitata ad una mera contrapposizione oratoria nei confronti dell'accusa e dei risultati da questa prodotti, ma assume un ruolo

attivo

nel procedimento. Cambia così profondamente la figura di questo soggetto, protagonista necessario del nostro processo penale che, accanto a nuovi poteri, viene però ad assumere altrettanti doveri e responsabilità.

Ad ogni modo è bene precisare che la parità delle parti, che nel frattempo ha assunto rilevanza costituzionale a seguito della modifica dell'art. 111 Cost. con cui si sono inseriti nella Carta fondamentale i principi del

giusto processo,

non è una parità in senso assoluto: come si evince dalla concreta fisionomia dell'investigazione difensiva rispetto a quella delle indagini preliminari della parte pubblica, il difensore mantiene il proprio ruolo di parte, la funzione da lui svolta mantiene quell'unilateralità di fondo che la vincola agli interessi della parte assistita. Questa considerazione deve essere tenuta presente, in particolare nel momento in cui ci si chiede se la legge 397 del 2000 abbia inciso, e in quale misura, sulla qualifica giuridica del difensore, sul suo

status

che tradizionalmente veniva fino ad oggi ricondotto all'art. 359 c.p.

il quale disciplina la figura dell'esercente un servizio di pubblica necessità. Ora, però, ci si deve chiedere se, almeno con riferimento a determinate attività, il difensore assuma una qualifica diversa, in particolare la qualifica di pubblico ufficiale, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano della responsabilità penale.

Naturalmente, la risposta non potrà che essere tratta dal confronto tra quelli che sono i poteri del difensore, così come tratteggiati dalla nuova disciplina processuale, e quella che è la definizione di pubblico ufficiale fornita dall'art. 357 c.p.

(7)

Chiarito ciò, ci si propone di analizzare profili di responsabilità penale del difensore alla luce delle più recenti modifiche legislative, tenendo sempre presente quella che è la nuova fisionomia del difensore stesso: si prenderà pertanto in considerazione la disciplina introdotta nel 1996 dalla legge sulla privacy, anch'essa recentemente novellata (d.lgs. 28 dicembre 2001, n. 467), cercando di porre chiarezza in un contesto legislativo estremamente contorto ed oltretutto poco studiato dalla dottrina penalistica, almeno sotto il profilo che ci riguarda.

La nostra attenzione si sposterà poi sulla possibile responsabilità del difensore per le falsità realizzate nella documentazione dell'attività svolta. In questo contesto, assume particolare rilievo la questione relativa alla configurabilità o meno di un concorso del difensore nel reato di false dichiarazioni di cui all'art. 371-ter c.p., norma introdotta dalla stessa legge n. 397 del 2000: come vedremo, per impostare correttamente il problema non si potrà prescindere dalla considerazione che il legislatore, con la nuova disciplina, ha voluto tutelare l'attività investigativa del difensore in sé e per sé considerata, attività che assume così il rango di vero e proprio bene giuridico, al pari dell'attività di indagine del pubblico ministero già tutelata dall'art. 371-bis c.p.

precedentemente introdotto con la legge 7 agosto 1992, n. 356.

A questo punto, non potremo esimerci dal richiamare una fattispecie, già di per sé estremamente controversa, che sembra assumere nuovo vigore in relazione ai poteri di cui il difensore ora gode: il favoreggiamento personale previsto dall'art. 378 c.p. In questa prospettiva, si impone una rilettura della norma incriminatrice che sarà, al contempo, strettamente connessa ad un'altra fattispecie che potremmo definire contigua al favoreggiamento, almeno dal punto di vista concettuale, vale a dire il patrocinio infedele. Efficacemente è stato detto che il difensore si

6

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viene a trovare "tra l'incudine del favoreggiamento ed il martello del patrocinio infedele": ciò a voler sottolineare che il rapporto tra le due fattispecie è così stretto che l'una costituisce il limite applicativo dell'altra. Anche in questo caso, prendendo come punto di partenza l'attività in concreto svolta dal difensore, l'analisi giuridica delle norme incriminatrici non potrà dimenticare la nuova dimensione in cui questi viene a trovarsi in un vero processo di parti, dove la funzione difensiva acquista un contenuto non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente nuovo, esprimendosi nel diritto di presentare ed escutere direttamente le prove a difesa nelle stesse condizioni di quelle dell'accusa. Dunque, anche il reato di infedele patrocinio sembra acquistare nuova lena: occorrerà chiedersi, ad esempio, se esso si configuri in capo al difensore che omette di svolgere investigazioni difensive o svolge investigazioni incomplete, così arrecando nocumento alla parte assistita.

E ancora, a seguito della legge l marzo 2001, n. 63 che ha introdotto una nuova ipotesi di reato nel codice penale all'art. 377- bis - Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, sarà necessario procedere ad un'attenta lettura di tale disposizione, che già ha suscitato non poche perplessità sotto molteplici aspetti, al fine di delinearne una possibile applicazione a carico del difensore, applicazione come vedremo astrattamente configurabile ma sicuramente non auspicabile.

Infine, la nostra indagine sarà rivolta ad un'altra fattispecie di nuova introduzione che potrebbe interessare il difensore: la rivelazione di segreti inerenti ad un procedimento penale di cui all'art. 379-bis c.p., anch'esso inserito dalla legge n. 397 del 2000.

Tale norma dovrà evidentemente essere letta in combinato disposto con l'art. 622 c.p. che tutela il segreto professionale, sicuramente applicabile anche al difensore. Sarà opportuna, dunque, un'analisi di

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questi reati allo scopo di chiarire il rapporto in cui si pongono e, di conseguenza, la possibilità di un concorso.

Da ultimo, sembra utile soffermarsi su quelle fattispecie che non sono state oggetto di modifiche dal 1930 ad oggi, ma che comunque presentano diversi problemi esegetici che non sono stati ancora adeguatamente approfonditi, né dalla dottrina né dalla giurisprudenza. Si tratta, da un lato, di reati propri quali le infedeltà del patrocinatore (e del consulente tecnico) di cui all'art. 381 c.p. ed il millantato credito del patrocinatore (art. 382 c.p.) che, sebbene presenti notevoli affinità con l'ipotesi generale di millantato credito, è stato finora oggetto specifico di un unico sporadico contributo da parte della dottrina, a dimostrazione pertanto della necessità di un maggior approfondimento. Dall'altro lato, si prenderà in considerazione un reato comune quale la frode processuale (art.

374 c.p.) di cui anche il difensore può essere soggetto attivo: sarà pertanto opportuno delinearne con chiarezza i limiti, in particolare escludendo una responsabilità a titolo emissivo considerato che il difensore, come emergerà nel corso di questo lavoro, non assume alcuna posizione di garanzia rispetto al corretto svolgersi del processo.

8

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CAPITOLO PRIMO

IL RUOLO DEL DIFENSORE NEL PROCESSO PENALE

1.

LE INDAGINI DIFENSIVE: CENNI STORICI

Già in epoca precedente alla stesura del codice Pisapia- Vassalli, autorevole dottrina affermava in un memorabile scritto la necessità, per un processo penale giusto ed equo, di riconoscere spazio alle parti in ordine alla ricerca, all'introduzione e all'assunzione delle prove1: anche in un sistema inquisitorio, infatti, il dovere di difesa impone di verificare l'utilità, ai fini della propria strategia processuale, di allegare certi elementi di prova anziché altri. L'attività del difensore, però, era di fatto limitata ad un'attività di semplice contrapposizione dialettica svolta sui risultati accusatori:

egli svolgeva un ruolo essenzialmente

statico,

di studio e di attesa della fase dibattimentale quando, mediante le proprie conclusioni, attraverso mere perorazioni retoriche, poteva stravolgere e capovolgere a favore del proprio assistito la logica accusatoria. "Il difensore assume[va], pertanto, la veste di un soggetto processuale necessario, ma più al fine di garantire la regolarità formale del rapporto processuale ed assicurare le condizioni di un giusto processo, risolvendosi il suo intervento in una statica assistenza e rappresentanza degli interessi del proprio assistito"2 •

1 VASSALLI G., Il diritto alla prova nel processo penale, in Riv. it. dir. proc.

pen., 1968, p. 7.

2 Così Dr MAra A., Le indagini difensive. Dal diritto di difesa al diritto di difendersi provando, Padova, 2001, p. 42.

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In quest'ottica le indagini difensive, pur astrattamente praticabili in quanto non esplicitamente vietate da alcuna norma del codice del 19303, hanno avuto in passato un'esistenza travagliata e lungamente osteggiata, non solo dalla magistratura, ma persino da componenti forensi4 irragionevolmente arroccate su pretese esigenze deontologiche, del tutto ingiustificate5 •

Con l'entrata in vigore della Costituzione e con l'avvento di alcune Carte internazionali (la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e soprattutto la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali), si apre una fase di rinnovamento e adeguamento del sistema processuale penale - la fase della c.d. legislazione del "garantismo inquisitorio"6 Però, malgrado alcune aperture ad una maggiore incisività del diritto di

3 Ne sottolineano la liceità e, in taluni casi, la doverosità, FOSCHINI, Sistema del diritto processuale penale, vol. I, Milano, 1965, p. 302 e MANZINI V., Trattato di diritto processuale penale italiano, vol. II, 6a ed., Torino, 1968, p. 552 e 553.

4 Cfr. C.N.F., 29 giugno 1985, in Rass. forense, 1986, p. 80; C.N.F., 27 maggio 1978, ivi, 1981, p. 47; C.N.F., 8 gennaio 1976, ivi, 1978, p. 149; C.N.F., 29 marzo 1973, ivi, 1975, p. 247; C.N.F., 17 febbraio 1973, ivi, 1975, p. 243.

5 In merito alla criminalizzazione del contatto dell'avvocato con il testimone da parte degli organi forensi, avallati dalle sezioni unite della Cassazione, competenti a garantire il vaglio di legittimità nel procedimento disciplinare, BRICCHETII R. - RANDAZZO E. Le indagini della difesa dopo la legge 7 dicembre 2000 n. 397, Milano, 2001, p. 4 e 5, fanno notare che "l'insussistenza di ragioni obiettive per un simile veto deontologico (peraltro scaturente soltanto dalla interpretazione, del tutto arbitraria, dei generalissimi e indeterminati principi di dignità, decoro e onore pomposamente richiamati dalla legge professionale) è definitivamente fornita dalla attuale formulazione dell'art. 52 del codice deontologico forense. A tenore del quale, giustamente, l'avvocato deve soltanto

«evitare di intrattenersi con i testimoni sulle circostanze oggetto del procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti». Dato che quest'ultima è una regola certamente valevole per l'avvocato in genere, e non solo per il penalista, la svolta non può semplicisticamente giustificarsi con la riforma del codice di procedura penale. Né le modifiche - pur rilevanti - del processo civile ineriscono minimamente a questo profilo dei rapporti dell'avvocato con il testimone".

6 FERRUA P., Difesa (diritto di), in Dig. disc. pen., vol. III, Torino, 1989, p.

477.

10

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difesa7, i tempi non sono ancora maturi per dare spazio alle indagini difensive: il difensore ha sì maggiori ambiti di intervento e operatività, ma pur sempre nel quadro delle uniche facoltà originariamente riconosciutegli in un sistema di stampo inquisitorio, vale a dire il diritto di assistenza e il diritto di rappresentanza.

La riforma del codice di rito, entrata in vigore il 24 ottobre 1989, fu quindi accolta con grande e affrettato entusiasmo dagli avvocati che finalmente potevano celebrare il recupero dell'effettività di una funzione svilita ed emarginata8 : in coerenza con il passaggio ad un modello tendenzialmente accusatorio, infatti, il diritto di difesa si arricchisce di nuovi connotati.

Il codice del 1988 introduce un processo di parti in cui al monopolio del giudice istruttore e del pubblico ministero nella raccolta e nella formazione della prova si sostituisce il diritto del pubblico ministero e delle altre parti private di chiedere e ottenere l'ammissione dei mezzi di prova: il diritto alla prova trova infatti il suo pieno riconoscimento nell'art. 190 che introduce il principio dispositivo anche nel processo penale.

In questo quadro, la difesa viene ad assumere un ruolo attivo, non solo nella fase processuale, ma pure nella fase delle indagini preliminari, essendo finalmente riconosciuta al difensore la facoltà di svolgere investigazioni per ricercare elementi di prova a favore del proprio assistito (art. 38 disp. att.). Tale facoltà trova origine già nella legge delega n. 81 del 1987 la quale, dopo avere espressamente enunciato all'art. 2 che il codice deve attuare nel processo penale i caratteri del sistema accusatorio, al punto n. 3 prevede la partecipazione dell'accusa e della difesa su basi di parità

7 Sul punto, per maggiori approfondimenti, si vedano Dr MAIO A., op. cit., p. 43 ss. e GIARDA A., Un cammino appena iniziato, in AA.VV., Le indagini difensive, Milano, 2001, p. 3 ss.

8 Così testimoniano BRICCHETTI R. - RANDAZZO E., op. cit., p. 8.

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in ogni stato e grado del procedimento, mentre la direttiva n. 69 richiede che la materia della prova sia disciplinata in modo idoneo a garantire il diritto del pubblico ministero e delle parti private ad ottenere l'ammissione e l'acquisizione dei mezzi di prova richiesti.

Va da sé che si può richiedere l'ammissione dei mezzi di prova se ed in quanto correlativi elementi probatori è stato dato preventiva mente di individuare ed acquisire: proprio a questo scopo intervengono le facoltà investigative riconosciute alle parti private9 •

In questo rinnovato quadro normativa, cambiano profondamente la figura ed il ruolo del difensore: non più mero garante dei diritti dell'imputato, egli si inserisce in modo dinamico nel divenire processuale, fornendo un proprio contributo, in posizione di parità con l'accusa, alla formazione della materia del giudizio10 . L'art. 38 disp. att. sopra richiamato, nonostante l'estrema genericità della formulazione - si enuncia semplicemente la facoltà del difensore di "svolgere investigazioni per ricercare elementi di prova a favore del proprio assistito e di conferire con le persone che possano dare informazioni", senza quindi indicare né gli atti di indagine che questi poteva compiere, né le modalità della loro esecuzione e documentazione, né tanto meno l'eventuale utilizzabilità -11, rappresenta comunque un tassello importante verso la compiuta realizzazione del diritto di difesa inteso come diritto di difendersi provando.

9 Dr MAIO, op. cit., p. 51.

10 PECORELLA G., Il difensore nel nuovo processo penale, in AA.Vv., Lezioni sul nuovo processo penale, Milano, 1990, p. 76.

11 Vedi al riguardo le numerose osservazioni critiche della dottrina:

BERNARDI F., Le indagini del difensore nel processo penale, Milano, 1996; CRISTIANI A., sub art. 38 disp. att., in Commento al nuovo codice di procedura penale. La normativa complementare, coordinato da Chiavario M., vol. I, Torino, 1992, p.

152 ss.; NOBILI M., Prove «a difesa» e investigazioni di parte nell'attuale assetto delle indagini preliminari, in Riv. it. dir. proc. pen., 1994, p. 398 ss.; RANDAZZO E., Le indagini difensive nel sistema normativa, in Cass. pen. 1994, 972 ss ..

12

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A distanza di sei anni il legislatore compie poi un timido tentativo di specificazione aggiungendovi i commi 2-bis e 2-ter12: in realtà, non si fanno grossi passi avanti dal momento che la novella si limita ad aggiungere che il difensore della persona sottoposta ad indagini o della persona offesa può "presentare direttamente al giudice elementi che egli reputa rilevanti ai fini della decisione da adottare". Quindi un apporto difensivo solo in vista di una decisione da adottare, esclusivamente quando la parte privata è già a conoscenza di una tale evenienza. Ne esce così rafforzata la precedente interpretazione giurisprudenziale della norma secondo la quale, durante le indagini preliminari, il pubblico ministero non è parte bensì "l'unico organo preposto, nell'interesse generale, alla raccolta e al vaglio dei dati positivi e negativi afferenti fatti di possibile rilevanza penale", con la conseguenza che tutti i dati utili devono essere canalizzati sul P.M., comprese le informazioni acquisite dai difensori13 .

12 Per un commento alle modifiche introdotte dalla legge 8 agosto 1995, n.

332 si veda GREVI V. (a cura di), Misure caute/ari e diritto di difesa nella l. 8 agosto 1995 n. 332, Milano, 1996, in particolare GIOSTRA G., Problemi irriso/ti e nuove prospettive per il diritto di difesa: dalla registrazione delle notizie di reato alle indagini difensive, p. 179 ss. e GREVI V., Più ombre che luci nella L. 8 agosto 1995 n. 332 tra istanze garantistiche ed esigenze del processo, p. 1 ss.; BERNARDI F., Le indagini del difensore, cit.; CONTI G., La "radiografia" della nuova normativa su misure caute/ari e diritto alla difesa, in Guida dir., 1995, n. 33, p. 60 ss.;

PERONI F., Commento all'art. 22, in Legisl. pen., 1995, p. 772 ss.; PIZIALI G., Primi orientamenti sulle "nuove" indagini difensive, in Indice pen., 1996, p. 89 ss.;

PULVIRENTI A., Le indagini difensive: dal nuovo codice di rito alla legge di riforma n.

332/95, i n Cass. pen ., 1996, p. 985 ss.; RIVIEZZO C., Custodia cautelare e diritto di difesa, Milano, 1995, p. 167 ss.; TONINI P., Commento all'art. 22, in AA.Vv., Modifiche al codice di procedura penale, Padova, 1995, p. 296 ss ..

13 Cass. sez. fer., 18 agosto 1992, Burrafato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1993, p. 1169 con nota di SCELLA A., Questioni controverse in tema di informazioni testimonia/i raccolte dalla difesa.

Solo in riferimento al giudizio di riesame la giurisprudenza fu costretta dalle disposizioni di cui agli artt. 292 commi 2 lett. c-bis e 2-ter c.p.p. a riconoscere che il difensore aveva facoltà di addurre elementi ritenuti di favore ed esibire gli opportuni documenti, anche a seguito dell'art. 38 disp. att. c.p.p.: in tal senso cfr.

Cass. sez. III, 11 luglio 1997, Luftija, in Dir. pen. proc., 1998, p. 995 ss ..

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In definitiva, di fronte alla mancanza di una disciplina dettagliata delle indagini difensive sotto il profilo delle concrete modalità di svolgimento, della loro documentazione ed utilizzazione, la norma di cui all'art. 38 disp. att. rimane una norma dal contenuto meramente programmatico: il diritto di difendersi provando resta per lo più un diritto sulla carta.

Proprio a questa lacuna il legislatore ha inteso porre rimedio con la legge n. 397 del 2000 al fine di rendere realmente effettivo il diritto di difesa: un intervento che, oltretutto, alla luce delle più recenti riforme costituzionali appariva necessario ed improcrastinabile.

2.

NOZIONE E FONDAMENTO DEL DIRITTO DI DIFESA

Le indagini difensive devono essere ricondotte, in via generale, nel più ampio quadro della difesa giudiziaria penale. Pur non potendoci soffermare in questa sede sulle ampie problematiche inerenti alla difesa nel processo penale, ed in particolare alla difesa tecnica, al fine di comprendere il profondo significato della materia de qua ci preme esaminare, sia pure per linee generali, la nozione ed il fondamento del diritto di difesa, del quale le indagini difensive rappresentano una naturale evoluzione.

In dottrina, superando una prima accezione della nozione di difesa come attività processuale, come un insieme di pratiche

"dirette a far valere davanti al giudice i diritti soggettivi e gli altri interessi giuridici dell'imputato"14, vi è chi ha definito la difesa come

14 In questo senso, MANZINI, Trattato di diritto processuale penale italiano, vol. II, cit., p. 454.

14

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la funzione, dialetticamente contrapposta all'accusa, che l'imputato (autodifesa) e il suo difensore (difesa tecnica) esercitano di fronte ad un giudice imparziale15 • Tale nozione, si è sostenuto16, servirebbe a dissipare l'equivoco di ritenere che la difesa possa efficacemente esercitarsi in ogni struttura, quale che sia il sistema di rapporti tra fasi e tra funzioni del processo (accusatorio, inquisitorio, misto); che ai fini della difesa conti non tanto la scelta dell'uno o dell'altro modello, quanto l'individuazione delle garanzie ad esso congeniali.

In realtà, la forza della difesa, più che da singole garanzie, dipende dal suo posto, nel sistema delle funzioni, dai suoi legami con l'accusatore e il giudice. La difesa, infatti, a prescindere dal contenuto dei diritti dell'imputato, può efficacemente svilupparsi solo in un processo che rispetti due fondamentali regole: netta separazione tra poteri del giudice e delle parti ed opposizione paritaria tra accusa e difesa17 .

Emerge, così, in tutta la sua evidenza lo stretto legame tra il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio18 : poiché l'accertamento giudiziale è sempre il risultato di un'inferenza induttiva dei fatti del passato dai fatti probatori del presente, e poiché ogni passaggio della catena inferenziale contiene il rischio dell'errore, occorre che il giudice abbia sempre di fronte a sé il dubbio, bene esemplificato dalle opposte ragioni delle parti19 in

15 CARNELUTTI F., Principi del processo penale, Napoli, 1960, p. 39 ss.;

BELLAVISTA G., Difesa giudiziaria penale, in Enc. dir., vol. XII, Milano, 1964, p. 454 ss.; FERRUA P., Difesa (diritto di), cit., p. 466.

16 FERRUA P., op. loc. cit.

17 IDEM, op. loc. cit.

18 In tal senso, anche UBERTIS G. sottolinea che dove mancasse la possibilità di difendersi neppure vi sarebbe spazio per una dialettica tra le parti contrapposte (Principi di procedura penale europea. Le regole del giusto processo, Milano, 2000, p. 36).

19 Così già CARNELUTTI F., op. cit., p. 46 il quale evidenzia come "tanto meglio il giudice è in grado di scegliere, quanto più chiaramente gli stiano davanti

(17)

quanto proprio l'opposizione dialettica, lo scontro dei contrapposti interessi rivela la fondatezza dell'accusa. Il contraddittorio, dunque, come metodo di accertamento dei fatti, appare il più idoneo a ridurre il rischio dell'errore giudiziario e a garantire l'esito cognitivo del processo20 .

L'efficacia del contraddittorio, poi, implica parità di potenza nel contraddittorio21 : da ciò la necessità che le parti agiscano ed intervengano nel processo con la coadiuvazione di soggetti che abbiano una specifica capacità tecnico-professionale. Si delinea così la figura necessaria del difensore come antagonista all'accusatore, chiamato a servire unilateralmente l'interesse particolare dell'imputato, garantendo il corretto svolgimento del processo attraverso l'effettività del contraddittorio.

Certo, difesa e contraddittorio non sono termini equipollenti, sia perché il secondo concerne anche la funzione dell'accusa, sia perché non sempre nel corso del processo la difesa può esprimersi nel contraddittorio (si pensi ai provvedimenti cautelari, emessi inaudita altera parte, rispetto ai quali la difesa si esercita a posteriori); nondimeno, è innegabile che la difesa trovi nel contraddittorio la più alta affermazione22 .

Se l'essenza del contraddittorio sta nel diritto delle parti di interloquire, in condizioni di parità, sui temi destinati a formare oggetto della decisione e, correlativamente, nell'esigenza che questa

le due soluzioni possibili. Il pericolo è che il dubbio non gli sia presente, non che egli ne sia travagliato Ora il mezzo per proporgli il dubbio è il contraddittorio; [ ... ] Perciò la separazione del pubblico ministero dal giudice, cioè della accusa dal giudizio, non basta a garantire la giustizia di quest'ultimo. Il pubblico ministero, se è solo accanto al giudice, è insufficiente. L'accusa deve essere bilanciata e perciò integrata dalla difesa".

2

°

FERRUA P, Processo penale/ contraddittorio e indagini difensive, in Studi sul processo penale, vol. III, Torino, 1997, p. 98.

21 Così ancora CARNELUTTI F., op. loc. cit.

22 FERRUA P., Difesa (diritto di), cit., p. 469.

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sia emanata secondo prospettive esaminate e discusse dagli interessati, il contraddittorio deve investire tutte le tappe dell'accertamento giudiziale: non solo la valutazione delle prove e la qualificazione del fatto come reato, ma anche l'acquisizione delle prove stesse. Si afferma, in quest'ottica, la nozione del diritto di difesa come diritto di difendersi provando23 , cioè il "diritto di non veder menomata la propria possibilità di difesa attraverso un'arbitraria restrizione dei mezzi di prova offerti al giudice o dell'oggetto della prova proposta". Si tratta di un diritto strumentale al metodo dialettico del contraddittorio, metodo che è ritenuto, secondo le acquisizioni dell'epistemologia contemporanea, quello migliore finora escogitato per l'accertamento della verità. Chi sostiene il valore del contraddittorio, infatti, non intende rinunciare alla verità giudiziaria, ma anzi affermare che quest'ultima si persegue meglio con la dialettica tra le parti piuttosto che con la ricerca solipsistica dell'inquisitore24 .

3.

PRINCIPI COSTITUZIONALI E DI DIRITTO INTERNAZIONALE

La legge delega per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale prescriveva espressamente di "attuare i principi della Costituzione e adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale" (art. 2).

In primo luogo, occorreva dunque garantire l'invio/abilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento, così come

23 Conia per primo tale espressione VASSALLI G., op. cit., p. 12.

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previsto dall'art. 24 comma 2 Cost. Vi è chi ha evidenziato come la formula costituzionale non può dirsi felice essendo "decisamente povera in senso denotativo, giacché la difesa vi figura, concettualmente non meno che grammaticalmente, come un postulato, come un'entità di cui sia noto e indefettibile il contenuto", mentre nulla è detto né sul tipo di struttura idonea a salvaguardare la difesa, né sulle singole garanzie che la compongono25 . Oltretutto, la lacuna sarebbe grave perché, a differenza di altre garanzie (libertà personale e di domicilio, libertà e segretezza della corrispondenza), la difesa non è in nessun modo assimilabile ad una situazione che di fatto sussista indipendentemente dalla predisposizione di una disciplina: essa si configura quale una situazione di diritto, in quanto la relazione che intercorre, a fini difensivi, tra il soggetto ed una determinata vicenda processuale è esclusivo prodotto dell'intervento del legislatore. In altre parole, proclamare inviolabile la difesa senza specificarne in alcun modo il contenuto non risolve nessuna delle difficoltà interpretative che nascerebbero dalla pura e semplice affermazione del diritto26 •

Secondo un diverso orientamento, però, avallato dall'interpretazione della Corte costituzionale27 anche alla luce delle norme di diritto internazionale, le implicazioni dell'art. 24, letto in combinato disposto con gli artt. 3 e 101 comma 2, sarebbero ben maggiori28 E ancor più ampio il suo significato ove si voglia qualificare la difesa non solo come diritto soggettivo, esprimendo

24 UBERTIS G., op.cit., p. 37.

25 FERRUA P., Difesa (diritto di), cit., p. 477

26 IDEM, op. /oc. cit.

27 Secondo l'impostazione accolta fin dalla sentenza 18 marzo 1957 n. 46, in Giur. cost., 1957, p. 587 ss.

28 In questo senso, VASSALLI G., Il diritto alla prova, cit., p. 12.

18

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da questo punto di vista un'opzione di valore e di civiltà giuridica29, ma al tempo stesso come garanzia oggettiva finalizzata ad assicurare un regolare svolgimento dell'attività processuale30 • Sotto il primo aspetto, la difesa costituisce un diritto dell'imputato che si specifica nell'esercizio dei poteri processuali necessari per agire o difendersi in giudizio e per influire positivamente sulla formazione del convincimento del giudice. Sotto il secondo aspetto, la difesa costituisce una garanzia volta a soddisfare l'esigenza di un corretto svolgimento del processo, per un interesse pubblico generale che trascende l'interesse dell'imputato ed è soddisfatto soltanto se il contraddittorio è effettivo, se l'uguaglianza delle armi è reale: si tratta di assicurare quel due process of law, di realizzare quel fair trial che può richiedere, ed anzi, nella maggior parte dei casi richiede, la presenza in giudizio del difensore. Tale impostazione, è stato acutamente osservato31 , troverebbe conferma nella legittimità costituzionale della disciplina codicistica che regola ed impone l'indefettibilità della difesa tecnica nel giudizio, individuando nella presenza del difensore il soddisfacimento non solo di un interesse individualistico, quello facente capo all'imputato, bensì anche di un interesse pubblico, ovvero quello alla regolarità dell'attività processuale32 .

Come si è accennato, all'interpretazione estensiva dell'art. 24 comma 2 Cost. hanno sicuramente contribuito alcune norme di

29 Così, tra i tanti, FERRUA P., Difesa (diritto di), cit., p. 468.

30 DENTI V., La difesa come diritto e come garanzia, in GREVI V., (a cura di), Il problema dell'autodifesa nel processo penale, Bologna, 1977, p. 48.

31 DI MAIO A., Le indagini difensive, cit., p. 38 e 39.

32 Nello stesso senso, già FERRUA P., Difesa (diritto di), cit., p. 472 riconosceva il carattere pubblicistico della funzione difensiva: "garantendo il contraddittorio dalla parte dell'imputato [ ... ] il difensore serve anche all'interesse della collettività al corretto svolgimento del processo".

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diritto internazionale33, ben più ricche nei contenuti, dove la difesa è qualificata da una serie di garanzie in cui è oltretutto implicita l'opzione per un modello accusatorio basato sul principio del contraddittorio (valga per tutte il diritto di interrogare e controinterrogare i testimoni). Ragion per cui vi è chi ha voluto ridimensionare il carattere innovativo delle ultime riforme costituzionali evidenziando come i principi del "giusto processo"

fossero già individuati, nel loro contenuto, come canoni essenziali di giustizia34 . A noi non sembra, comunque, che sia corretto

33 Tra di esse spiccano l'art. 6, in particolare il comma terzo, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Ogni accusato ha più specificamente diritto a : a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in un modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa; c) difendersi da sé o avere l'assistenza di un difensore di propria scelta e, se non ha i mezzi per ricompensare un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio quando lo esigano gli interessi della giustizia; d) interrogare o far interrogare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l'interrogazione dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico; e) farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nell'udienza) e gli artt. 9 (Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato), 10 (Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta) e 11 comma 1 (Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa) della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Per un approfondimento dei contenuti e del ruolo riconosciuto alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia, si rinvia a MARZADURI E., L 'identificazione del contenuto del diritto di difesa nell'ambito della previsione dell'art. 6 n. 3 lett. c) della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, in Cass. pen., 1997, I, p. 268 ss.

L'Autore ricorda che l'art. 2 della legge-delega per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale impone un adeguamento del codice stesso a tali norme, qualora queste siano relative ai diritti della persona e al processo penale: esse, pertanto, vanno considerate alla stregua dell'art. 76 Cost. quali indefettibili parametri di costituzionalità delle disposizioni emanate dal legislatore delegato, in quanto il richiamo operato dal legislatore delegante permette di attribuire ad esse la stessa rilevanza della 105 successive direttive specifiche.

34 Così, sebbene con riferimento al progetto di revisione costituzionale trasmesso dalla Commissione bicamerale alle presidenze delle Camere il 4 novembre 1997, GREVI V., Alla ricerca di un processo penale giusto, Milano, 2000, p. 156.

20

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sottovalutare la costituzionalizzazione di tali principi nel nostro ordinamento.

Tralasciando, in questa sede, le polemiche sulla formulazione del nuovo art. 111 Cost., da taluno giudicata "appesantita" da esplicitazioni ed eccezioni che l'allontanerebbero dalla struttura delle norme di rango costituzionale per ricondurla nel novero delle previsioni più vicine all'articolazione codicistica35, non può essere sottaciuto il rilievo della legge cost. n. 2 del 1999, sia per il significato stesso delle sue disposizioni, sia per il messaggio politico contenuto nella loro formale enunciazione nella Carta fondamentale, considerando l'inevitabile storicizzazione che può colpire anche le norme costituzionali36 : ed infatti non sono tardate le ripercussioni sul piano della disciplina ordinaria37 •

Ha ragione, pertanto, chi riconosce che, in virtù dell'art. 111 Cost., si è determinato in modo irreversibile "un mutamento genetico e culturale, prima ancora che normativa, del diritto di difesa" a seguito di una precisa opzione da cui il legislatore ordinario non potrà discostarsi38 . In particolare, per ciò che a noi interessa ai fini del presente lavoro, assume rango costituzionale il principio del contraddittorio, inteso sia nella sua dimensione soggettiva, come

35 CHIAVARlO M., Nelle Carte europee garanzie più equilibrate e un freno agli abusi, in Dir. giust., 2000, 1, p. 5; FERRUA P., Rischio contraddizione sul neo- contraddittorio. Troppi dettagli nel « 111 », iv i, p. 5.

36 Come osserva SPANGHER G. è "inconfutabile che - per quanto la revisione costituzionale de qua sia stata ipotizzata pure durante i lavori della Commissione bicamerale - una decisiva spinta alla modifica dell'art. 111 Cost. è venuta dalla sentenza della Corte costituzionale n. 361 del 1998 in tema di art. 513 c.p.p. e dintorni" (Il «giusto processo penale», in Studium iuris, 2000, p. 255).

37 Ci si riferisce, per l'appunto, alla legge n. 397 del 2000 in materia di indagini difensive, ma anche alle successive: la legge n. 60 del 2001 sulla difesa d'ufficio e la legge 28 febbraio 2001 sul patrocinio per i non abbienti contribuiscono all'attuazione del diritto di difesa e, quindi, all'effettivo esercizio delle indagini difensive; infine, la legge n. 63 del 2001 in materia di formazione e valutazione della prova.

38 Dr MAra A., Le indagini difensive, ci t., p. 17.

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diritto dell'accusato di confrontarsi con chi lo accusa, sia nella sua dimensione oggettiva, come strumento di accertamento dei fatti39. In quest'ottica, al fine di rendere effettivo il contraddittorio stesso, è altresì riconosciuto il principio di parità delle parti e il diritto di difendersi provando (il terzo comma infatti prescrive, tra l'altro, che

"la persona offesa disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà [ ... ] di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore").

3.1 La parità delle parti

Occorre a questo punto aprire una breve parentesi per specificare come debba essere intesa la parità delle parti nel processo, onde evitare facili fraintendimenti cui la formula potrebbe indurre, "formula tanto vigorosa retoricamente quanto equivoca concettualmente"40 . Si deve infatti mantenere distinta la necessaria specificità funzionale dell'accusa, da un lato, e della difesa dall'altro.

Il principio della parità delle parti deve essere accolto sulla base del criterio di adeguatezza: il concetto deve adattarsi al tipo di processo (civile o penale) ed alla natura dell'interesse (pubblico o privato) che la singola parte persegue. Nel processo penale, quindi, occorre tenere conto della diversità istituzionale e sostanziale che intercorre

39 Parla efficacemente delle due "anime" del contraddittorio CONTI C., Le due "anime" del contraddittorio nel nuovo art. 111 Cast., in Dir. pen. proc., 2000, 197. Alla medesima distinzione si è richiamata anche la Corte costituzionale nella sentenza del 25 ottobre 2000, n. 440, in Dir. pen. proc., 2001, p. 345.

4

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Così mette in guardia FERRUA P., Processo penale, cit., p. 104.

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tra il pubblico ministero e l'imputato41 . Non tanto di parità bisognerebbe parlare, forse, quanto di equilibrio tra le parti, inteso come "idoneità dei poteri difensivi a controbilanciare quelli dell'accusa"42 •

Già in passato un'attenta dottrina, alludendo a quella tendenza ad estendere al difensore poteri di formazione della prova che competono all'accusatore, metteva in guardia sul fatto che una prospettiva puramente paritaria può riuscire addirittura nefasta per il contraddittorio43 • Piuttosto, i poteri della difesa devono essere simmetricamente costruiti su quelli dell'accusa, ma non nel senso dell'identità, perché l'eguaglianza delle parti non distrugge la diversa posizione iniziale, bensì nel senso della reciprocità, ossia della idoneità degli uni a controbilanciare gli altri in funzione delle opposte prospettive, così da assicurare l'equilibrio nelle varie tappe del processo44 •

Del resto, la diversità di ruolo, e quindi di poteri, tra accusa e difesa emerge in tutta la sua evidenza anche nella nuova disciplina introdotta con la legge 397 del 2000. Non a caso il legislatore ha utilizzato una differente terminologia con riferimento all'attività del difensore: il nuovo titolo VI-bis inserito nel libro V parla di investigazioni, e non di indagini, proprio a volerne sottolineare la diversa natura. Il difensore, infatti, ai sensi dell'art. 327-bis c.p.p.

ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito; egli ha facoltà di documentare l'attività svolta, sia nel momento in cui procede

41 In questi termini, TONINI P., L'investigazione difensiva e la legge sulla privacy, in FILIPPI L. (a cura di), Processo penale: il nuovo ruolo del difensore, Padova, 2001, p. 520.

42 Nello stesso senso si esprime FERRUA P., Processo penale, cit., p. 104.

43 IDEM, op. ult. loc. cit.

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all'assunzione di informazioni ex art. 391-bis, potendo svolgere un colloquio non documentato, sia nel momento in cui procede con un accesso ai luoghi ex art. 391-septies. Non solo: anche dopo aver acquisito elementi di prova, egli ha la facoltà di utilizzarli o meno.

Non sussiste, pertanto, alcun obbligo di agire né alcun obbligo di completezza per il difensore45 , né potrebbe essere altrimenti proprio in virtù del ruolo di parte che il difensore ha nel processo.

Mentre l'indagine pubblica deve orientarsi in tutte le direzioni, dovendo il pubblico ministero svolgere altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona indagata (art. 358 c.p.p.) ed essendo egli tenuto all'imparzialità propria della pubblica amministrazione in generale, e della funzione giudiziaria in particolare, l'investigazione difensiva è unidirezionale, nel senso che si dirige solo a favore del soggetto assistito. Il difensore, del resto, è avvinto al cliente privato da un rapporto professionale, in base al quale assume l'obbligo contrattuale e il dovere deontologico di fare nel processo - ovviamente con lealtà e correttezza - esclusivamente il suo interesse, senza alcun riguardo alla effettiva "verità" dei fatti46. Sarà bene tenere sempre presente questa premessa per poter impostare correttamente alcune delicate questioni, centrali al tema di cui ci si occupa, connesse proprio alla natura della funzione svolta dal difensore.

44 IDEM, Difesa (diritto di), cit., p. 467; nello stesso senso si veda già CARNELUTTI F., op. cit., p. 47.

45 Diverso è il problema sul piano deontologico e su quello dell'eventuale responsabilità civile del difensore che omette l'indagine.

46 MADDALENA M., Per la difesa libera di investigare facoltà e diritti, nessun dovere, in Dir. giust., 2000, 40, p. 80.

24

(26)

4.

LE INDAGINI DIFENSIVE: CENNI SULLA DISCIPLINA PROCESSUALE VIGENTE

Il lungo e tormentato cammino del diritto alla prova e del diritto di difendersi provando ci porta infine all'entrata in vigore, il 18 gennaio 2001, della legge 7 dicembre 2000, n. 39747, legge alla quale non possiamo non riconoscere un ruolo di svolta nella disciplina della materia48 . Essa segna, infatti, la rottura del monopolio della prova nei confronti del pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari, del giudice e del pubblico ministero stesso nelle successive fasi processuali, riconoscendo il diritto di indagine dei soggetti privati quale prima espressione del diritto alla prova e del diritto di difendersi provando. Questi diritti, benché ormai assistiti da una tutela costituzionale, sarebbero altrimenti impraticabili, presupponendo necessariamente il diritto di ricercare, individuare ed assicurare le fonti e gli elementi probatori.

Così, superando gli angusti limiti dell'art. 38 disp. att. c.p.p.

(ora abrogato), il legislatore introduce finalmente nel corpus

47 Alcune anticipazioni in tal senso già nella legge 16 dicembre 1999, n.

479 (c.d. legge Carotti) che, pur non prevedendo una disciplina organica e analitica della materia, ha il merito di attribuirle dignità codicistica. Si prevedono, infatti, ben quattro articoli che designano definitivamente non solo la piena possibilità della difesa di svolgere indagini, ma anche e soprattutto l'utilizzabilità processuale degli elementi di prova raccolti, sia attraverso il meccanismo dell'introduzione degli atti nel fascicolo del pubblico ministero, sia attraverso la loro produzione convenzionale, d'accordo tra le parti nel fascicolo dell'udienza preliminare ed in quello del dibattimento: si vedano, in particolare, gli artt. 415- bis comma 3, 430-bis, 431 comma 2 e 555 comma 4 c.p.p. Per maggiori approfondimenti, si rinvia a DI MAlO A., Le indagini difensive, cit., p. 108 ss. e, amplius, PERONI F. (a cura di), Il processo penale dopo la riforma del giudice unico, Padova, 2000.

48 Così SPANGHER G., Maggiori poteri agli avvocati nella legge in materia di indagini difensive. Introduzione, in Dir. pen. proc., 2001, p. 206: così anche FRIGO G., Le nuove indagini difensive dal punto di vista del difensore, in AA.VV., Le indagini difensive, Milano, 2001, p. 56 il quale evidenzia come un risultato sia incontestabilmente conseguito: "le indagini difensive sono uno strumento della difesa non solo per il procedimento, ma anche nel procedimento. Ed è questo, a

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codicistico l'art. 327-bis il quale stabilisce che il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito. La norma, speculare a quella di cui agli artt. 326 e 327, sottolinea, già per la sua collocazione sistematica, la centralità delle indagini difensive che vengono a porsi in una posizione parallela a quella delle indagini della parte pubblica.

A dimostrare un tanto, nel libro V dedicato alle indagini preliminari e all'udienza preliminare, il legislatore, in simmetria con il titolo V - Attività del pubblico ministero - inserisce il nuovo titolo VI-bis - Investigazioni difensive - con cui ne disciplina in modo dettagliato

modalità, limiti temporali, forme di documentazione nonché regime di utilizzabilità nel procedimento49 .

Molto ampio si presenta lo spettro dell'attività espletabile: un ruolo centrale è sicuramente assegnato all'attività di cui all'art. 391- bis, cioè all'acquisizione di notizie dalle persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa, attività parallela a quella prevista, rispettivamente per il pubblico ministero e per la polizia giudiziaria, dagli artt. 362 e 351. Si segnalano inoltre la richiesta di documentazione alla pubblica amministrazione (art. 391- quater), l'accesso ai luoghi per la presa visione e descrizione ovvero per l'esecuzione di rilievi (art. 391-sexies), l'esame delle cose

nostro avviso, un punto di non ritorno nella loro configurazione normativa e nella loro collocazione sistematica".

49 In una prospettiva comparatistica, per un'analisi della disciplina vigente in tema di investigazioni difensive nel processo penale statunitense che, come è

noto, pure si ispira al modello accusatorio, ci sia consentito rinviare in via indicativa a: AMODIO E. - BASSIOUNI M. CHERIF, Il processo penale negli Stati Uniti d'America, Milano, 1988; COMOGLIO L. P. - ZAGREBELSKY V., Modello accusatorio e deontologia dei comportamenti processuali nella prospettiva comparatistica, in Riv. it. dir. proc. pen., 1993, p. 435 ss.; DEGANELLO M., Il diritto di difesa: garanzia da rimeditare nell'ordinamento federale nordamericano, in Riv. it. dir. proc. pen., 1994, p. 908 ss.; FANCHIOTTI V., L'indagine della difesa negli Stati Uniti d'America, in Cass. pen., 1995, p. 430 ss.; GAMBINI Musso R., Diritto di difesa e difensore negli U.S.A., 2a ed., Torino, 1999; IDEM, L'esperienza statunitense, in AA.VV., Le indagini difensive, Milano, 2001, p. 271 ss.

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