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18 W. Ullmann I FONDAMENTI DEL POTERE PONTIFICIO W. Ullmann,

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W. Ullmann I FONDAMENTI DEL POTERE PONTIFICIO

W. Ullmann, Principi di governo e politica nel Medioevo, il Mulino, Bologna 1972, pp. 26-34

Il papato medievale ha una duplice caratteristica, solo apparentemente contraddittoria. Per un verso, è l'istituzione più «arcaica» e tradizionalista, poiché trae la propria legittimazione giuridica e politica direttamente dal Nuovo Testamento. Per altro verso, è anche uno Stato all'avanguardia quasi moderno per i suoi archivi, i suoi apparati burocratici, la sua organizzazione finanziaria. Come spiega lo storico austriaco Walter Ullmann (1910-1983), grande studioso del diritto e delle istituzioni medievali, il primato del pontefice romano si basava sulla concezione della comunità cristiana come insieme unico e indivisibile (principio medievale della totalità) e sugli effetti celesti, e non solo terreni, delle decisioni da lui prese. Questa caratteristica lo rendeva assolutamente unico tra i sovrani del mondo.

L'autoritratto del papato

Lo storico che indaghi sui princìpi ispiratori del papato medievale deve guardare questa istituzione dall'interno, partendo dalle sue stesse premesse. Lo storico, per essere veramente tale, non può mettersi ad esaminare se i princìpi professati ed applicati dal papato medievale fossero «giusti» o «sbagliati», fossero in armonia con la Bibbia o ne violassero i temi, fossero giustificati o ingiustificati. Lo storico deve partire dalla testimonianza che l'istituzione stessa offre – fortunatamente in misura copiosa – e che sola garantisce una base sicura per la ricostruzione dei principi di governo del papato. [ ... ]

Pertanto, il requisito preliminare per una adeguata presentazione storica dei princìpi sui quali si fondò ed ai quali si ispirò il papato medievale, è un esame dall'intemo. Soltanto l'autoritratto del papato, quale ci appare attraverso il suo ricco patrimonio letterario, epistolare, simbolico, può servire come base per tale indagine. Da tale patrimonio, quasi ineguagliato nella sua ricchezza, la fisionomia del papato medievale emerge con chiarezza e precisione. Non esiste nella storia europea nessun altro organismo o corpo o istituzione che offra tanta abbondanza di materiale storico quanto il papato nel medioevo. Siffatta testimonianza, raccolta in massima parte dai papi stessi, è uno strumento indispensabile, in quanto autoritratto del papato, per la ricostruzione delle dottrine fondamentali da esso sostenute. [ ... ]

L'indagine [ ... ] sulla storia del papato è enormemente facilitata dall'abbondanza di materiale ufficiale; non già che i prodotti letterari di provenienza non-papale siano superflui, ma essi assumono un posto di importanza secondaria a causa di questa abbondanza di materiale di provenienza diretta. Questo materiale è, sotto ogni aspetto, di prima mano: grazie ad esso ci troviamo su un terreno assolutamente sicuro, ché, essendo l'opinione autentica del papato impressa indelebilmente nella parola scritta, ci apre una via alla conoscenza del suo pensiero.

[ ... ]

Una miniera ideologica

Ma questa ricca fonte di informazione, consentendoci un libero accesso nel laboratorio del papato, ha anche un'altra funzione oltre

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quella di aiutare l'uomo moderno a riconoscere le fondamentali dottrine papali. Questo materiale venne accumulato, in senso letterale ed allegorico, negli archivi del papa, mentre nessun'altra istituzione governativa medievale ebbe modo di farlo così agevolmente come la chiesa romana. Che l'idea di tenere i registri, le raccolte di decreti, derivasse dall'amministrazione romana è cosa di scarsa importanza a confronto dell'uso che di tale idea venne fatto. Gli archivi offrivano una vera miniera ideologica: non soltanto gli stessi papi, ma le persone che direttamente li circondavano, lavoravano e vivevano nell'ambiente offerto dagli archivi. Molti dei pontefici medievali si formarono nel clima intellettuale degli archivi, e questi divenivano per loro, dopo un lungo e illustre servizio nella curia, parte, per così dire, del loro stesso essere. Il tono di conservatorismo, che colpisce lo studioso moderno, trova facilmente spiegazione in questo trasmettersi del pensiero papale attraverso gli archivi. Si potrebbe giungere ad affermare che essi plasmarono la mentalità di generazioni di papi. Inoltre, se questo materiale accumulato è di valore inestimabile per lo studioso moderno, esso lo fu in misura anche maggiore per lo stesso papato medievale, poiché, essendo facilmente accessibile, indirizzava i papi verso il pensiero e le azioni dei loro predecessori. Costituiva un patrimonio a portata di mano nel senso stretto della parola, sempre accessibile alla consultazione, ed ebbe quindi una parte decisiva nel plasmare la mentalità di generazioni di papi. [ ... ]

Il principio medievale della totalità

Nel ricostruire i princìpi basilari del governo papale sarà pertanto opportuno seguire il cammino indicatoci dal papato stesso. Il tema espresso o implicito nelle migliaia di comunicazioni papali nel medioevo è quello del primato della chiesa romana, concepito sia sotto l'aspetto dottrinale sia sotto quello giurisdizionale. Questa dottrina del primato romano caratterizzava nella concisa teoria costituzionale romana l'idea del principatus ovvero, vista da un diverso angolo, era l'espressione classica della tesi discendente del governo e della legge. La somma di ogni potere era concentrata nel papa.

Orbene, questo principio basilare si fondava su Matt. 16, 18-19:

Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam ...

et tibi dabo claves regni coelorum, et quodcumque ligaveris super terram, erit ligatum et in coelis, et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis.1

L'esegesi papale ha in tutti i tempi ritenuto che questo passo unico significasse due cose: prima, la fondazione della chiesa come il corpo di tutti i fedeli, sacerdoti e laici insieme, e seconda l'istituzione del governo di questo corpo. Entrambi quindi, il governo e il corpo sul quale tale governo avrebbe dovuto esercitarsi, venivano considerati istituiti con un unico e medesimo atto.

Consideriamo in primo luogo la ecclesia, basata sul mandato di Pietro. Essa rappresentava, secondo il costante pensiero papale, l'intera

1 «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa [ ... ]. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

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società di tutti i cristiani senza distinzione di sorta. Cioè la chiesa era concepita come un'istituzione creata per intervento divino, non risultante da un qualche istinto o impulso naturale, ma fatta sorgere da Cristo stesso. La chiesa incorporava il grande e l'umile, il patriarca e il villano, il re, l'imperatore e lo schiavo, in breve chiunque fosse stato validamente battezzato. Il battesimo era considerato un atto eminentemente giuridico, per mezzo del quale soltanto si diventava membri della chiesa. Mediante il battesimo l'uomo diveniva giuridicamente parte dell'intero corpo, e l'importanza di tale partecipazione può essere compresa considerando quali fossero gli effetti del battesimo. Secondo san Paolo, il battesimo operava una metamorfosi dell'uomo: prima di esso l'uomo era semplicemente l'homo animalis, ossia l'uomo della natura, l'homo carnis, ma per gli effetti del battesimo veniva trasformato in un essere differente. L'uomo e il cristiano homo e christianus erano due concetti diversi. Il primo seguiva i suoi appetiti e le sue inclinazioni naturali, delle quali si riteneva invece che il secondo si fosse liberato, apparendo come una «nuova creatura»:

egli era l'«uomo rigenerato» (I Piet. 1,23), sì che il suo orientamento, la sua prospettiva, le sue massime e norme di vita erano ora guidati da postulati derivanti dalla partecipazione agli attributi divini, ottenuta mediante il battesimo.

Per conseguenza, il papato, in accordo con la dottrina e la letteratura medievali, riteneva che le attività dell'individuo non potevano venir distinte in categorie più o meno ben definite. L'atomizzazione delle nostre attività in religiose, politiche, morali, culturali, economiche e altre era ignota al medioevo. L'oggetto era il cristiano e questi, in virtù del suo battesimo, doveva vivere secondo la norma cristiana e non secondo altre norme. Il cristianesimo si impadroniva di tutto l'uomo:

l'uomo era un tutto unico ed indivisibile, ognuna delle sue azioni era considerata suscettibile di giudizio in base alle norme e ai modelli cristiani. Tale principio, così vitale per il papato ed il suo governo, era il principio medievale della totalità. Ciò potrà forse riuscire difficile da capire a noi moderni, così abituati a pensare secondo le categorie del religioso, del morale, del politico e simili che dimentichiamo come sia relativamente recente l'apparire di tali categorie. E tuttavia, soltanto considerando il principio dell'indivisibilità o della totalità come un principio operativo, potremo giungere ad una migliore comprensione della storia medievale stessa e dei princìpi in base ai quali il papato medievale in particolare funzionava.

La società medievale, XV sec.

[Bibliothèque de l'Arsenal. Parigi]

Questa miniatura del XV secolo illustra in modo chiaro la gerarchia dei poteri in epoca medievale: in alto. il papa e il mondo ecclesiastico; al centro, il sovrano circondato dai nobili; In basso. il popolo.

Guida alla lettura

1. Attraverso quali documenti, secondo Ullmann, è possibile tracciare un «autoritratto» del papato medievale? 2. A che cosa servivano gli archivi? Che funzione ricoprono oggi per gli storici? 3. Su quali fondamenti si reggeva l'idea del primato della Chiesa romana? 4. Quale atto giuridico sanciva l'ingresso nell'ecclesia? 5.ln che cosa consiste il principio medievale della totalità?

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