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T HE B EAUTY T HAT R EMAINS PPENDICE II A

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Academic year: 2021

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(1)

XLIII

A

PPENDICE

II

(2)

XLIV

1

Autumn

14 gennaio, 10:48 Ci siamo viste solo ieri.

Non è possibile che sia vero. Non può essere. Sto ancora aspettando che tu mi chiami.

Tavia non è su Hangouts al momento. Leggerà il tuo messaggio più tardi.

Da: HeCalledItAutumn@gmail.com A: TaviaViolet@gmail.com

Data: 16 gen., 17:17 Oggetto: <vuoto>

Ho fissato il cellulare per quasi tutto il tuo funerale.

Avrei potuto dirti addio nella mia camera con qualche candela alla vaniglia, alcune delle tue canzoni preferite, delle violette e una lattina di aranciata. Ma invece abbiamo dovuto fare questo rito pubblico in cui stavamo tutti in piedi, a guardarci piangere. Quando mi sono svegliata, sapevo già che oggi sarebbe stato il giorno più brutto della mia vita.

Quando arriviamo in chiesa, tuo fratello va dritto in prima fila e bacia il coperchio della bara, ma io non ce la faccio ad arrivare fin là. Allora mi dirigo verso la seconda fila di panche e mi siedo all’ultimo posto. Guardo il cellulare, l’infinita sfilza di foto tue, e provo a non guardare da nessun’altra parte. Per la prima volta, sono grata per tutti i selfie che ti sei scattata e mi sento male per averti sempre presa in giro sul fatto di essere presuntuosa. Se non avessi centinaia di quadratini digitali con te dentro, non sono sicura che riuscirei a ricordarmi di respirare. Dopo un po’, quando alzo lo sguardo, mi metto a osservare altri quadritini, quelli creati dalla luce del sole che filtra dalle vetrate colorate, e segno il tempo mentre si muovono attraverso la stanza.

Sono seduta con la tua famiglia. Tua mamma stringe i grani del rosario tra le mani, piangendo in un modo che non fa rumore. Tuo papà guarda fisso davanti a sé, ma in realtà non guarda niente. Dante si siede vicino a me dopo aver baciato la tua bara e sento che sta singhiozzando per il modo in cui la sua spalla si muove contro la mia.

Una parte di me si vuole allontanare da lui, ma sono bloccata.

La mia famiglia è seduta poche file dietro di me. Il vestito di mia madre è impeccabile, ma i suoi occhi azzurri sono tristi e mio padre ha tenuto la testa curva tutto il tempo, come se non avesse voluto vedere un mondo senza di te. Tra le loro chiome bionde spunta il bob nero e squadrato di Willow, ti piacerebbe questo taglio se tu fossi qui.

(3)

XLV

Un giorno tra la fine delle vacanze invernali e ieri si deve essere decolorata le punte tagliate pari e le ha tinte di fucsia. Sembra una concorrente di K-Pop Star nonostante gli occhi gonfi e arrossati. Quando ieri è rientrata dal college, appena arrivata a casa è intrufolata nel mio letto e mi ha fatto i grattini alla schiena.

Willow si accorge che la sto guardando e scivola fuori dalla panca e viene alla mia. Sai che non assomiglio proprio a mia sorella, nemmeno nei giorni buoni. Ma per come sono ora i suoi capelli – così grossi e corti e rosa (e i miei come al solito: troppo lunghi e sottili e piatti) –

potremmo essere due estranee. Sembro la scena “prima” di quei drammi coreani che guardavamo insieme, in cui le ragazze diventano belle come per miracolo.

Ma quando Willow mi raggiunge, mi tocca i capelli neri e piatti, come se fossero seta. Mi stringe la mano, come se fosse di cristallo e mi guarda un po’ troppo da vicino. Le stringo le dita prima di lasciargliele per tornare a guardare il cellulare; lei fa un passo indietro e rimane tranquilla. Non prova a farmi parlare, il che è un miracolo, perché ho pensato che sarebbe stata invadente – lo sai come può arrivare ad essere mia sorella. Ma lei è stata perfetta. Le persone si dimenticano di quanto il silenzio possa aiutare in momenti come questi.

Nessuno della mia famiglia ha detto niente, ma posso dire come si sentono dal modo in cui mia sorella mi ha preso la mano. Dal modo in cui mia madre mi guarda. Come mio padre pronuncia in modo diverso il mio nome. Sono così contenti che io non fossi con te quella notte che non riescono a tenere gli occhi, le mani e le voci lontani da me. Ma ogni volta che penso al fatto che non c’ero, mi sento come se stessi annegando.

Quando sei andata alla festa di Alexa senza di me, ero scioccata dal fatto che tu non mi avessi supplicata di venire con te; del fatto che tu fossi andata, anche se io non volevo venire. È stupido, ma faceva male e là c’erano anche Margo e Faye, quindi non c’era nemmeno nessuno a cui potevo mandare un messaggio per lamentarmi. Avrei mangiato un gelato, letto un libro e sarei andata a letto presto.

Poi chiamò Dante.

Andai a casa tua per uscire con lui, per divertirmi un po’ senza di te perché tu te la spassavi senza di me.

E ora devo convivere con questo pensiero: stavo flirtando con lui quando invece avrei potuto fermarti.

Per qualche motivo, il prete chiede a tutti di alzarsi in piedi. Non stavo prestando attenzione, così quando Dante mi solleva e mi tira dalla sua parte, non mi rendo subito conto che è il momento di pregare. Il suo tocco mi porta via dal mondo dentro il mio cellulare, in cui tu ancora sorridi, canti e sei viva. E per un secondo, crollo addosso a tuo fratello.

Non riesco a stare in piedi da sola in un mondo in cui tu non esisti.

Dante interpreta il peso del mio corpo come se fosse un invito. Ficca la mia testa sotto il suo mento e sento un po’ delle sue lacrime arrivarmi sulla testa, dove si dividono i capelli.

È così complicato quello che provo per lui, ma non posso pensarci ora, che riesco a malapena a stare in piedi. Così aggancio la mia mano al suo fianco e lo tengo stretto. E quando i suoni intorno a me ritornano e sento il prete pregare, guardo la tua foto, posta all’ingresso della chiesa in una corona di violette, invece di chiudere gli occhi.

Dopo alcuni minuti in piedi qui attaccata a Dante, comincio a sentirmi un po’ meno come se stessi affondando. O almeno come se stessi andando giù, ma lui non mi lasciasse toccare il fondo da sola. Al cimitero, Willow mi stringe di nuovo la mano come una brava sorella maggiore e io mi appoggio a lei come avevo fatto con Dante in chiesa. Lei piange e singhiozza mentre il prete cosparge la tomba di acqua santa e io fisso solo l’orlo sporco della sua tunica. Pronuncia il tuo nome completo come fa tua nonna, nello stesso momento in cui io lo leggo nel necrologio che per qualche motivo sto ancora tenendo in mano.

“Oak-TAH-bia Bi-oh-LEH-tah SO-toe.” Octavia Violeta Soto.

(4)

XLVI

E tutto il mio corpo si ghiaccia.

Dovrei gettare una manciata di terra sulla tua tomba come faranno gli altri tra pochi istanti, ma dopo che tuo padre si mette a piangere, non ci riesco. Quando arriva il mio turno sta piovendo e la maggior parte del terreno si è comunque trasformato in fango. Quindi, invece, infilo in tasca il necrologio umido. Tolgo uno alla volta dei petali da una rosa gialla e li lascio cadere vivaci contro la terra scura che li circonda, proprio prima che la bara affondi nel terreno.

Non cerco di capire se qualcuno mi ama ad ogni petalo vellutato che strappo, come facevi tu (M’ama? Non m’ama? Autumn, m’ama!). Dico solo alla rosa quanto mi mancherai. Quanto già mi manchi.

Mi manchi. Mi manchi. Mi manchi.

Non c’è mai un non mi manchi.

E non ci sono abbastanza petali nel fiore. E non ci sono abbastanza petali in tutto il mondo. Nella limousine, Dante deve togliermi dalla mano tremante il gambo spinoso, perché lo tengo ancora stretto, nonostante l’unica cosa rimasta sia il brutto bocciolo senza petali.

Ore dopo, quando i nostri amici, la tua famiglia allargata e la mia famiglia lasciano casa tua, io resto. Aiuto Dante a fare l’inventario di tutte le casseruole, gli spezzatini congelati e le empanadas che le persone hanno lasciato sui ripiani della tua cucina.

Quando finiamo, tiro fuori il mio nuovo cellulare e mi ci perdo dentro completamente. Ma Dante comincia a camminare su e giù per il tuo salotto, molto presente in quel momento.

Dà un calcio alla gamba del tavolo della sala da pranzo. Tira un pugno al muro e dice che sono tutte cazzate. Non vorrei essere qui e assistere mentre Dante esplode, ma è stato quasi impossibile per me lasciare casa tua da quando non ci sei più. Ma non riesco ancora a decidermi.

Dopo che ha colpito il muro, Dante apre e chiude la mano. È fissa in un pugno serrato, come se stesse tenendo una delle due bacchette. Punta i suoi occhi neri e spigolosi su di me e dice, “Anche tu pensi che sia una cazzata, vero?”.

Sta parlando dei commenti sotto le tue foto. Si accumulano senza sosta da tutta la settimana. Sto zitta. Guado il telefono e leggo alcuni dei più recenti.

Non ho il diritto di dire niente. Ho spulciato le tue foto dal giorno dell’incidente, così come fanno tutti. Ho cliccato su ogni singola foto che tu hai postato, rileggendo ogni didascalia e hashtag, come se fossero preghiere.

Ho ignorato tutti i “riposa in pace”, “ci mancherai” e “solo i buoni muoiono giovani” che le persone che a malapena ti parlavano hanno lasciato sotto i tuoi selfie. Sono più le emoticon di cuori spezzati nei commenti dei ragazzetti nella nostra scuola.

Ma Dante ha ragione. Sono solo cazzate. Così lo guardo di nuovo e annuisco.

Con la mia approvazione, Dante torna con lo sguardo all’altro capo della stanza. Non so che cosa stia per dire finché non lo dice.

“Dobbiamo eliminarlo”.

Avevo dimenticato che tuo padre era nella stanza, ma è a lui che Dante sta parlando ora, probabilmente perché tuo padre è sempre stato il tipo di padre che porta a termine le cose. Come quella volta che ha discusso con la nostra insegnante che ci aveva punite per esserci passate i bigliettini, quando in realtà ti stavo dando un’aspirina in una scatoletta di origami perché avevi i crampi. O la volta in cui si offrì di allenare la squadra femminile di calcio delle nostre compagne quando eravamo alle medie, dopo che l’allenatore pagato era stato licenziato. Ma dal momento del tuo incidente, sta semplicemente seduto lì, come se niente fosse più importante. O come se tutto lo fosse, ma lui non sapesse da dove cominciare.

Dante non può cancellare i tuoi account. Tua mamma ha già staccato il tuo cellulare. Lo so soltanto perché ieri ho chiamato più e più volte il tuo numero in vivavoce mentre stavo seduta nel parcheggio della scuola, in modo che la tua voce potesse riempire l’aria come faceva sempre.

(5)

XLVII

Volevo memorizzare il suono della tua voce. Dove il tuo tono cambiava e come ho potuto sentire una canzone suonare dolcemente in sottofondo. Ora non riesco a togliermi la tua voce dalla testa.

Ehi! Hai chiamato il telefono di Tavia. Probabilmente ce l’ho in tasca, o è nella borsa, o sul mio letto e sono sicura che ho voglia di parlarti. Quindi lasciami un messaggio carino perché ti voglio bene.

L’ultima volta che ho chiamato, ho ricevuto invece un messaggio automatico. Ed è stato così scioccante, passare dal sentirti al sentire Siamo spiacenti. Il numero da lei digitato non è al momento raggiungibile o è stato disabilitato. Se ritiene di aver ricevuto questo messaggio per errore, per favore controlli il numero e riprovi.

Non avevo bisogno di controllare il numero, ma riprovai lo stesso.

Non penso a tuo padre o Dante mentre trovo il tuo nome, premo per chiamarti e metto il telefono in vivavoce. E quando la voce metallica registrata ci dice che il tuo numero è stato disabilitato, tuo padre mi guarda dall’altro capo della stanza. Scuote la testa come se non ce la facesse ad affrontare la questione, mormora qualcosa in spagnolo; si alza per andarsene. Un minuto dopo sento sbattere la porta dell’ingresso.

Guardo Dante e ogni cosa su di lui si addolcisce. Gli angoli spigolosi del suo viso diventano curve. L’onice dei suoi occhi si scioglie in melassa.

“Lo sapevi” chiedo “che il suo numero non esiste più?” Arrossisco un po’ dopo che mi sento pronunciare quella frase. Lui scuote la testa.

Vorrei aver fatto lo screenshot di ogni foto che mi hai mai mandato, ogni selfie con i filtri che ti facevano brillare gli occhi o in cui avevi le orecchie o il naso di qualche adorabile animale, perché quelle erano private, pensate solo per me e quelle che Dante vuole eliminare sono pubbliche, quelle che tutti possono vedere. Ma le cose private sono durate solo pochi secondi e ora quelle stesse cose sono andate per sempre, proprio come te. Ora che anche il tuo telefono è spento, ho bisogno di conservare ogni pezzo di te che non sia scomparso.

Ora che si è calmato, chiedo a Dante di non sbarazzarsi dei tuoi account.

“Adesso che non c’è più il suo telefono, queste foto sono alcune delle ultime cose che ci sono rimaste e che sono veramente lei”.

Sembra ancora che voglia dare un pugno a qualcosa, ma continua a guardarmi, in silenzio.

Anche se so che è assente con la testa, dico “Vedrò se c’è un modo per disabilitare i commenti”. Aggrotta la fronte, ma poi annuisce.

“E farò un post per chiedere alla gente di smettere”, aggiungo.

Non gli dico che conosco tutte le tue password e che potrei cancellare ogni traccia di te in pochi secondi.

Non dico che ti sto ancora mandando messaggini ed email e che in ogni mio momento libero guardo i tuoi video postati molto tempo fa in cui canti e suoni il piano. E non dico a Dante che appena uscirò da questa casa mi metterò le cuffiettee ascolterò la segreteria telefonica perché sei mesi fa mi hai lasciato un buffo messaggio che sono così contenta di non aver cancellato.

Non ho pianto, ma non lo dico. Le mie mani tremano ogni volta che penso al tuo nome e Dante non può saperlo.

Ha abbastanza cose per la testa.

Dall’espressione del suo volto posso dire che sta pensando a come siamo venuti a sapere dell’incidente. Un coglione del nostro liceo ha scattato una foto della tua auto ribaltata e l’ha postata nella sua story con un filtro in bianco e nero e la scritta CAZZOO. Mai visto un incidente così. Perry, tra tutte le persone, mi ha mandato uno screenshot della foto con un messaggio:

Porco cane. Questa non è l’auto di Tavia, vero?

Lo era. L’adesivo sul paraurti di Unraveling Lovely, quello che avevamo ideato per il tour della band la scorsa estate, è stata una prova di morte. Sapevo che stavi andando a trovare Perry, ma lui non ne aveva idea. Non gli ho nemmeno risposto al messaggio.

Sento che Dante mi guarda. Probabilmente sa che sto ricordando anche io quella notte. “Tutto bene?”, chiede.

(6)

XLVIII

Ora ce lo chiediamo di continuo, ogni volta che uno dei due coglie l’altro con la testa da un’altra parte, ogni volta che è chiaro che stiamo pensando a te. Annuisco, anche se non starò mai più bene, ma non so cos’altro dire.

Gli faccio la stessa domanda: “E tu?”.

E annuisce anche lui, completando il circolo di bugie che ci stiamo raccontando da giorni, da quando abbiamo visto per la prima volta la foto della tua macchina. Mentire è la nuova lingua che parliamo. È in assoluto l’unico modo in cui riusciamo a comunicare.

Dante mi è stato a guardare un po’ troppo per tutto il giorno e sta iniziando ad avvicinarsi, così mi alzo in piedi. Comunque non vedo tua mamma da un bel po’. Lo sguardo pesante di tuo fratello mi segue come un’ombra mentre mi allontano dalla stanza. Ma non mi guardo indietro. Quando trovo tua mamma, sta seduta sul tuo letto. Tiene il rosario ammucchiato in grembo.

Mi siedo per terra ai suoi piedi. Lei sorride e mi accarezza la testa, come se fossi un cucciolo, e l’intera stanza profuma di te: la vaniglia delle tue bottiglie aperte di shampoo, delle creme per le mani e delle candele. Oggi non è diverso, tranne che tu non ci sei e il profumo sembra così sbagliato senza di te, come un’eco percepita a chilometri di distanza da chi la produce. È troppo da sopportare.

Dall’altra parte del salone inizia a risuonare una musica a tutto volume. Tua mamma sospira e io mi giro, ma nessuna di noi si alza per controllare Dante.

Dice “Ehi, Autumun” un po’ troppo tardi, ma sta facendo un vero sorriso. Tua mamma è sempre stata così posata ma le sue mani stanno tremando proprio come avevano fatto prima di svenire in ospedale.

“Ciao” rispondo. Mi tiro su le maniche con le dita che mi tremano. Poi ci limitiamo a rimanere sedute, in silenzio e da sole insieme per te, perché i ciao sono carini e ordinarie sono più facili da pronunciare degli arrivederci.

(7)

XLIX

2

Logan

BRAM SI ANNOIA, quindi beve latte scaduto. 160.791 visualizzazioni | 1 mese fa

Merda.

La faccia di Bram è di nuovo sul notiziario e sento che sto per vomitare.

Penseresti che facciano la cosa giusta e che chiedano una foto a sua mamma. Ma a quanto pare, i giornalisti sono degli stronzi pigri. Quindi hanno solo tirato fuori la prima foto che hanno trovato. Probabilmente hanno a malapena cercato il suo nome. Il fantastico mondo del giornalismo, che stronzi.

Sono passate settimane, ma non la smetteranno di mostrare l’ultima foto che ha postato. Quindi è per sempre nella sua divisa. Per sempre in campo. Immortalato con il casco in una mano, la palla nell’altra. Sta sorridendo con quel suo sorrisetto da presuntuoso perché lui era un arrogante bastardo, ma sembra che ci sia una regola per cose del genere in posti come quello. Avrebbe potuto essere la foto del diploma o qualcosa di più dignitoso. Assomiglia troppo a se stesso in questa foto e una parte di me non vuole che il mondo veda la versione reale di lui.

E poi non pensavo che mi avrebbe fatto ancora male vederlo così. Vivace.

Vivissimo.

Il suo nome scorre lungo la parte inferiore dello schermo, come se fosse l’allerta per un temporale e non un ragazzo morto.

Nuove prove nel caso di Bram Lassiter…

Bram Lassiter … Bram Lassiter … Bram Lassiter…

Gli dicevo sempre che il suo nome sembrava quello di un serial killer. O di un regista di film horror. O il nome del cattivo in un libro veramente di merda. Diceva che gli piacevano di più i miei capelli rossi quando erano corti e stavamo seduti al sole. “Ho un debole per i pel di carota”, diceva, con quel suo bellissimo sorriso che gli divideva in due la faccia. Ma quello era prima. E non avevamo parlato per mesi. Questo, come molte altre cose, era colpa mia.

“Stasera ci collegheremo di nuovo con la Bayside High School, dove il quarterback della squadra scolastica e popolare video blogger Bram Lassiter è stato trovato morto negli spogliatoi maschili la vigilia di natale. La polizia locale inizialmente credeva che la morte di Lassiter fosse avvenuta a seguito di un’aggressione perché sono stati riscontrati segni di violenza sul cadavere. Tre settimane prima della sua morte è circolato un video dello studente coinvolto in un rapporto omosessuale e, sebbene molti degli amici più stretti di Lassiter e la sua famiglia fossero a conoscenza del suo orientamento sessuale, molti dei suoi follower online non lo erano.

“Lassiter ha ricevuto molte minacce di violenza dopo che il video era stato reso pubblico, ma l’autopsia ha rivelato che le lesioni visibili non sono state la causa della morte. Un recente screen tossicologico ha confermato un’overdose. Il dipartimento di Polizia di New York ad oggi ha escluso del tutto l’ipotesi di delitto e ha confermato che si tratta di suicidio”.

“Forse questo aiuterà”, dice Aden e per un secondo mi scrollo di dosso la confusione mentale provocatami da Bram. Aden attraversa la sua piccola camera, andando con quelle gambe lunghe dal letto alla scrivania in soli due passi. Spegne la tv e mette qualcosa sul suo laptop. Poi la musica, la mia musica, riempie l’aria.

(8)

L

È una canzone della mia vecchia band e anche se è un grande fan della nostra roba, mette Unraveling Lovely solo quando stiamo lavorando a una canzone e sa che sono bloccato.

Torna sul letto e strimpella lievemente la chitarra sopra la musica e io gli faccio un piccolo sorriso. Questa canzone, una nuova che sto cercando di scrivere, mi ha scombussolato per tre settimane buone. Con Bram è morta anche la mia capacità di scrivere. Però Aden ha pazienza con me, perché quando ci siamo conosciuti a uno show qualche mese fa, stavo creando della roba figa.

Capii subito che Aden era tutto quello di cui avevo bisogno dopo il fiasco di Unraveling Lovely, tutto ciò che quelli della mia vecchia band non potevano essere. Aden è tranquillo. Semplice. Simpatico. Prevedibile. In più, non è uno di quei tizi pallosi del liceo che non sono sicuri di essere seri riguardo alla musica. Lui lo sapeva come me. Come lo so io. È in quel cavolo di programma di esibizioni musicali del Queens College. E se riesco a darmi una regolata, so che possiamo fare della bella musica.

Ma quando la faccia di Bram è dappertutto,cazzo, il modo in cui mi baciava, cosa provavo quando mi toccava, è tutto quello a cui riesco a pensare. Scrivere musica con Aden è praticamente impossibile. E ultimamente la mia mente è sempre da qualche altra parte. Da qualcun altro.

Bram.

“Logan” dice Aden. Il mio sorriso appena accennato non è durato. Sto fissando il pavimento mangiucchiandomi l’unghia del pollice, lo smalto blu scuro che porto si sta sfaldando e attaccando ai denti, e non perché sto pensando alla canzone che dovrei scrivere.

La voce di Aden non è impaziente, ma posso dire, dal modo in cui i suoi occhi mi guardano, che ha pronunciato più volte il mio nome.

“Ne vuoi una?”. Sta facendo oscillare una lattina di birra nella mano.

Sbatto le palpebre e mi inumidisco le labbra. Sorrido di nuovo. Annuisco. Devo smetterla di pensare a Bram quando dovrei lavorare a questa canzone. Cristo santo!

“Lo so che stai cercando di scrivere”, dice. Mi lancia la birra. “Ma dobbiamo trovare un batterista. Questo è molto più urgente di te che finisci una canzone”.

Annuisco di nuovo mentre tracanno la birra come se fosse un bicchier d’acqua. Lui non ci arriva. Non essere in grado di finire la canzone mi sta massacrando.

“Abbiamo bisogno anche di un nome per la band”, aggiunge. “Ti va di ragionarci insieme?”. Dopo essersi aperto una birra, Aden guarda per terra dove sto seduto io. Faccio spallucce e allungo il braccio per prendere un’altra lattina.

“O… potremmo fare dei volantini per le audizioni”, suggerisce dopo, completamente indisturbato dal mio silenzio. “Ne possiamo portare alcuni al 715, suonavate lì, vero? E poi metterli online. Possiamo scrivere qualcosa come ʽex cantante degli Unravelling Lovely cerca dannato batteristaʼ, forse”, dice, e alzo gli occhi al cielo così tanto da farmi un po’ male. “Cosa ne pensi?”.

“Non voglio usare il nome della mia vecchia band da nessuna parte. Tu sei nuovo di qui, ma l’estate scorsa, facevamo roba tosta”, gliel’ho detto perché lui non sa niente della nostra storia.

La scorsa estate abbiamo anche fatto un tremendo fiasco alla Battaglia delle Band. Lui non lo sa nemmeno questo, ma è un dettaglio che ho deciso di tenere per me.

Aden annuisce e sorseggia la birra. “Questo è quello che intendo. Lo possiamo usare. Possiamo attirare un batterista con il solo nome di Unravelling Lovely”.

“Non useremo il nome di UL”, ho ripetuto.

Si siede di fronte a me sul pavimento e i suoi occhi scuri brillano. Riesco a vedere la sua espressione addolcirsi, che si stia trasformando nell’Aden provocante? Ma io non sono venuto qui per questo. Non si dovrebbe uscire con l’unico altro membro della band, così nei giorni buoni, provo a fingere di non notare quando lui flirta con me. Nelle brutte giornate, flirto anche io.

Mi sfiora il ginocchio. “Scusami L”, dice. Mi chiama solo L quando ci prova.

“Posso capirlo. E so che la musica è importante per te. Lo è anche per me. Ma ci sarà tempo dopo per scrivere la canzone perfetta”. Si allunga a prendere il mio cellulare perché io scrivo sempre nella mia app delle note. Ma la canzone è ancora una cagata e non voglio che lui la veda.

(9)

LI

Metto il telefono a schermo in giù sul pavimento prima che lui lo tocchi e sospiro. “Va bene. Hai ragione”.

Il fatto è che so esattamente che cosa c’è che non va nella canzone: è la prima che ho provato a scrivere che non riguardi Bram.

Aden annuisce, batte le ciglia scure e sorride. Ma quando mi piego in avanti per la birra numero tre, dice “Ohh! Vuoi fare il record?”. Si allunga verso la lattina sul pavimento di fronte a me e l’agita per provare se è vuota. Lo è.

Faccio spallucce e dico, “Credo di no”, ma la mia testa sta gridando Cazzo sì mentre lui spegne la musica e riaccende la tv.

Aden mette il laptop sul pavimento e progettiamo alcuni annunci che lui dice andrà ad appendere per il campus e io posterò online. Poi limoniamo, perché lo facciamo qualche volta e riesco quasi a dimenticarmi di tutto il resto per i primi minuti, quando le labbra di Aden premono contro le mie, quando le sue mani sono incredibilmente dappertutto allo stesso tempo. Ma quando ride e interrompe il contatto e dopo dice “Cavolo, L, fammi riprendere fiato”, non posso fare a meno di ricordare come Bram e io non avremmo smesso di baciarci fino a che non stavamo tutti e due ansimando.

Sono un po’sbronzo, la promessa di un oblio abbastanza vicino da essere toccato, così quando Aden va al piano di sotto in sala per andare al bagno, frugo sotto il suo letto per la sua scorta segreta di whiskey.

Inclino la bottiglia sulla Cherry Coke che mi sono portato e quando Aden ritorna, la sto sorseggiando. Sono il ragazzo più innocente del mondo, quello non-cerco-mica-di-ubriacarmi, e sto fissando di nuovo la mia canzone.

Ecco che inizia uno stupido reality show, così Aden cambia canale e lì c’è di nuovo Bram, il suo nome, la sua faccia, e uno dei suoi video stoppato dietro la testa del giornalista, proprio quando pensavo di essermi liberato di lui.

“Conoscevi quel ragazzo, vero? Veniva a scuola con te?” chiede Aden, come se la prossimità fosse tutto ciò che conta. Come se la vicinanza fosse ciò che rende le persone veramente vicine. Questa non è la prima volta che mi ha chiesto di Bram, quindi non è la prima volta che ho mentito su di lui.

“Tu vieni da una piccola città, dove tutti conoscono tutti”, dico, perché è così, ma il liceo del Queens è diverso. “Ci sono migliaia di studenti nella mia scuola, migliaia nel mio ultimo anno. Non lo conoscevo”, dico una bugia. Di nuovo. “Ma sì, sapevo di lui per via del football e dei suoi video cretini. Tutti conoscevano Bram Lassiter”.

Vorrei quasi pronunciare di nuovo il suo nome, ma so che non dovrei, quindi cerco di comportami come se non notassi più la sua faccia in tv, ignoro le notizie così come ho ignorato le teorie sul complotto che hanno spopolato dappertutto, a scuola e su internet. Ci sono milioni di voci su che cosa sia realmente successo a Bram e il suicidio è dall’inizio una di queste.

Ma quando stavamo insieme, Bram era quasi sempre un raggio di sole. Non capisco come sia potuto passare dall’essere l’allegro e spensierato imbranato che amava lo sport e faceva cose stupide in video per far ridere a un ragazzo che si è fatto fuori nel modo in cui tutti dicono: in uno spogliatoio, con delle pillole, da solo.

Aden mi chiede di dormire da lui. “Solo a dormire”, insiste, e accetto perché non voglio andare a casa, così mando un messaggio a mia mamma per dirglielo. Ordiniamo una pizza e guardiamo ancora la tv a luci spente e per un momento mi dimentico di Bram, mentre Aden si addormenta. Grazie alla mia coca corretta, rimango lì sdraiato al buio, del tutto sveglio, alticcio e solo.

Tiro fuori il cellulare dalla tasca dei jeans che mi sono levato. Vado sul profilo di Bram senza una vera intenzione. Inizio a guardare le foto di noi insieme a cui ho tolto il tag mesi fa.

Il mio cellulare è come una macchina del tempo. Il mio pollice è la chiave. Viaggio all’indietro negli ultimi sei mesi scorrendo velocemente con il dito e non sono lì, né lì, né là.

Poi eccomi.

Delle anteprime di me e Bram riempiono lo schermo, più di trecento in totale. Non ci posso credere che siano ancora tutte qui. Do un’occhiata ad Aden per assicurarmi che stia ancora dormendo, poi

(10)

LII

torno di nuovo alle foto sul mio cellulare, chiedendomi perché Bram non abbia mai avuto la forza (o le palle) per cancellarle.

Nelle foto, ci troviamo nel mio appartamento, divorando cibo da asporto. Siamo strafatti, a sedere sugli scalini di casa, con gli occhi rossi e ridiamo. Siamo nella metro e dopo sulla linea ferroviaria suburbana di Long Island. Siamo sulla scala antincendio e sulla spiaggia a prendere il sole su degli asciugamani verdi brillanti abbinati. In un selfie sfuocato, siamo sul suo letto, fogli di carta ricoperti di equazioni sparsi dappertutto intorno a noi.

Bram faceva schifo ad algebra. È l’unica ragione per cui ci siamo conosciuti. Al primo anno, si è impegnato nel football ed è diventato una riserva della squadra scolastica, mentre io scrivevo canzoni tristi e sperimentavo l’eyeliner liquido. Al secondo anno, è diventato il quarterback titolare e io mi ero unito a una band da quattro soldi. Quindi le probabilità erano contro di noi. Eravamo agli estremi opposti della scala della popolarità. Ma lui era una schiappa a matematica e nonostante odi sostanzialmente la scuola, matematica è l’unica cosa in cui sono bravo. L’anno scorso, ero già ad Analisi, mentre lui aveva difficoltà con Algebra 2. Gli fui assegnato come tutor.

Non mi accorsi di essere da subito interessato a lui. Sapevo che mi piaceva il modo in cui baciava sua mamma sulla fronte ogni pomeriggio, non appena entrava nel loro appartamento. Sapevo che mi piaceva come si attorcigliava un ricciolo intorno al dito come una bambina di cinque anni ogni volta che doveva provare a risolvere un problema difficile. Mi piaceva il fatto che si sforzasse di riparare tutto: i rubinetti che perdevano, i sentimenti feriti, i voti a matematica. E sapevo che mi piaceva un casino guardare come i suoi muscoli degli avambracci si flettevano ogni volta che prendeva in mano una matita. Ma io non penso che fossi consapevole del fatto che mi piacesse, almeno non per certo, fino al momento in cui mi baciò per la prima volta.

Eravamo nella sua camera, studiando per gli esami di metà trimestre. Stavo risolvendo una x quando lui fece una O vicino a questa sul mio quaderno. Iniziai a mangiucchiarmi l’unghia del pollice, prima ancora di guardarlo. Lui sollevò le sopracciglia, sorrise e disse: “Sei mai stato baciato?”.

Aprii bocca, ma tutte le risposte spocchiose che di solito mettevo insieme erano sparite. “Mmm” dissi e quello era tutto ciò che lui aveva avuto bisogno di sentire.

Bram fece un sorriso ancora più grande. Prese il cellulare e iniziò a scrivere e un attimo dopo, quella canzoncina smielata che parlava di baci, una di quelle da commedia romantica anni novanta, stava riempiendo la piccola stanza.

“Oddio!”, dissi “Sei serio?”.

Rispose “Ehi bello, questa canzone è stupenda” e iniziò a cantarci sopra.

Non mi potei trattenere. Risi forte. Lo guardai, come se gli fosse spuntata un’altra testa. E quando iniziò il secondo ritornello, socchiuse gli occhi e si spostò i riccioli dalla fronte. Tutto a un tratto sembrava serio.

“Cosa?” dissi. Mi stavo mangiucchiando di nuovo l’unghia, perché Bram era così dannatamente carino e io non ero mai stato baciato e lui si stava bagnando le labbra. Mi allontanò la mano dalla bocca e quando guardai di nuovo verso di lui fece un sorrisetto. Qualcosa nella luce faceva brillare i suoi occhi verdi. Quando mi baciò, fu come se avessi dimenticato chi fossi.

Non sorrisi nemmeno quando si allontanò. Lo afferrai solo per il collo, lo tirai indietro e pomiciai con lui fino a che le labbra non divennero insensibili.

“Non ho mai baciato una ragazza prima”, gli sussurrai. Ma quello che non gli dissi era che ora sapevo che non lo avrei mai fatto. Stavamo in piedi davanti alla porta della sua camera e le mie labbra erano gonfie, avevo la faccia arrossata per via della sua barba corta. Mi aveva appena ridato la borsa.

Quando le nostre dita si toccarono, lui sorrise e mise un lapis dietro il mio orecchio.

“Lo sapevo, cazzo”, disse. Mi baciò di nuovo, la sua mano grande e ruvida sul mio viso come se avesse bisogno che io restassi fermo. Una settimana dopo, stavamo ufficialmente insieme e nove mesi dopo era finita.

Metto giù il telefono e guardo dalla finestra di Aden. Non riesco a vedere la luna, ma solo la cima di alcuni edifici. E vorrei essere su un tetto. Vorrei essere in un qualsiasi posto dove poter pronunciare il nome di Bram ad alta voce. Renderlo di nuovo reale, anche solo per un secondo.

(11)

LIII

Quando riprendo un attimo il telefono, vado sul suo canale Youtube, BRAM SI ANNOIA. Iniziò a creare il suo vlog poco prima che ci mettessimo insieme e alla fine aveva migliaia di iscritti. È buffo perché ero io quello che è sempre stato dell’idea di lasciare la scuola e diventare famoso, Bram voleva solo giocare a football e andare al college. Ma la mia band si sciolse e il suo canale decollò. Diventò famoso sul web e io non ho mai più scritto una nuova canzone.

Faccio partire l’ultimo video che ha postato, quello in cui si scola un bottiglione di latte scaduto. È disgustoso ma anche un po’ divertente. E poi è bello, anche quando fa il coglione. Mi sono iscritto al canale da quando ha postato il primo video e qualche volta ho anche commentato, ma lui non ha mai saputo che fossi io. Anche quando stavamo insieme, non gli ho mai rivelato il mio nome utente.

Le visualizzazioni e i commenti su questo video stanno esplodendo. Sembrano sempre risvegliarsi ogni volta che la sua faccia passa di nuovo al tg, come se tutti dimenticassero che lui è morto, cazzo, e quando se lo ricordano, non potessero stare zitti a riguardo. Ma lo sto guardando anche io, come a voler disperatamente connettermi come tutti gli altri. La differenza è che io lo conoscevo veramente. Eravamo innamorati.

Non so se sono l’alcool o gli stupidi commenti o le foto di lui che mi sorride, ma i miei occhi si riempiono di lacrime. Sono arrabbiato e accaldato, triste e solo. Mi manca, come se ci fossimo lasciati la settimana scorsa e non sei mesi fa.

Non conosco le regole, perché lui è il mio solo ex, ma ha conservato le nostre foto. E le canzoni che ho scritto e cantato su di lui mi hanno reso quasi famoso. Così clicco sulla finestra dei commenti e fisso il cursore lampeggiante. Sento che merita almeno un ultimo messaggio sincero, anche se ormai è troppo tardi perché lo legga.

Gli occhi verdi con scaglie dorate di Bram, le sue mani grandi e la sua voce bassa mi riempiono i pensieri. Cerco di contare quante volte ci siamo detti “Ti amo”. E poi penso alla cosa cui sto così disperatamente cercando sempre di non pensare.

La nostra rottura. Il suo viso. Le ultime parole che gli ho detto.

Ingoio il boccone amaro. Digito tre piccole parole e le lascio volar via prima di perdere il controllo. Mi dispiace tanto.

Poi premo forte il viso sull’altro cuscino di Aden, odiando tutto. Soprattutto me stesso. Non so che cosa farei se Aden si svegliasse in questo momento.

Non dovrei piangere per un altro ragazzo. Un ragazzo morto.

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LIV

3

Shay

BAMF // La review sensoriale di Sasha… FASTEN YOUR SEAT BELTS…

Assomiglia a: una boy band New Age… Come suona: testi davvero buoni

Ha il sapore di: Orsetti Gommosi (questo potrebbe essere il nuovo nome per la band. Non dovete nemmeno darmene il merito se lo usate) amari come il cavolo.

3/5

Oggi sono tre mesi che Sasha è morta. Da quel giorno mi sono sentita un po’ fuori controllo. Ma c’è qualcosa nella musica che mi tiene ancorata al resto del mondo.

Urlo i testi a squarciagola a pieni polmoni, riesco quindi a percepire a malapena i corpi che premono verso di me da tutti i lati. La musica è così forte che il basso mi riempie il petto, così che non riesco a sentire il mio cuore che batte di corsa. Conosco le facce sul palco, la scaletta e le persone ai miei lati si gustano ogni secondo della musica tanto quanto me, quindi non ho quella sensazione di oppressione in gola che di solito mi fa venir voglia di singhiozzare o combattere o correre ogni volta che mi trovo nella folla.

La musica è l’unica cosa che mi fa ignorare quelle sensazioni che mi prendono sempre quando sono al limite; che non mi lasciano mai da sola.

Il set finisce. Sono sudata, sorrido e sento un formicolio dappertutto e stiamo ancora tutti urlando, vogliamo ad ogni costo che i Fasten Your Seat Belts tornino e facciano ancora un’altra canzone. Ma stasera non possono perché la scaletta è piena zeppa e quando tiro fuori l’invito a questo evento sul cellulare, vedo che la nuova band di Rohan, Our Numbered Days, è la prossima.

Senza la musica che risuona, la stanza svanisce in una dolorosa e pungente messa a fuoco: lampi di luce da una dozzina di telefonini che scattano selfie nel buio.Segnali sul palco mentre i macchinisti, vestiti di nero come me, riorganizzano l’attrezzatura. Il rumore dei bicchieri delle persone che ordinano al bar e le voci che urlano per cercare gli amici o ridere. Mani, ovunque, che si toccano.

Lo spazio della mia mente che poco prima la musica riempiva di momenti di calore ora trabocca di qualcosa di gelido. Manda tutti segnali confusi, segnali confusi al resto di me.

Il petto e lo stomaco mi si inondano del caldo, cattivo tipo di farfalle. I palmi delle mani diventano scivolosi e immediatamente vorrei avere le belle dita di mia sorella da afferrare: lei era sempre la mia rete di protezione quando il mondo sembrava troppo per me. Il suo braccialetto da ospedale, quello che non mi tolgo mai dalla notte in cui è morta, d’improvviso sembra troppo stretto al mio polso. Guardo verso il segnale luminoso dell’uscita di emergenza e l’attraverso prima che gli allarmi che risuonano nel mio corpo risuonino ancora più forte.

Quando torno dentro, Rohan è sul palco insieme a Marc, Jo e Pooja. Stanno suonando una canzone che non riconosco, ma la melodia mi prende da morire. Saluto alcuni ragazzi mentre mi faccio strada tra la folla, cercando di tenere un basso profilo, in modo che Ro non si accorga che sto rientrando nel bel mezzo del suo set, ma i ragazzi continuano a gridare il mio nome da tutte le direzioni. È quasi impossibile non conoscere tutti in questo luogo se vai a vedere qualche spettacolo e vado a vedere molto più di qualche spettacolo. E ci vado per il sito di fan che ho iniziato con mia sorella: Badass Music Fanatics.

Urlo ancora qualche ciao, ma voglio trovare il resto della truppa del BAMF (alias i miei veri amici) tipo adesso. Non sono sicura di quanta esibizione di Rohan mi sono persa, quindi tiro fuori il cellulare per messaggiare Deedee. Non la troverò mai in una folla del genere, nonostante i suoi capelli, che

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LV

sono voluminosi quasi quanto i miei e che in un mare di facce bianche, lei ed io siamo le uniche due ragazze di colore.

Deedee mi scrive e dice che è a pochi passi dal palco e che ha trovato Callie, ma prima che io possa risponderle Jerome è dietro di me con le sue labbra vicino il mio orecchio.

“Shay” dice e posso dire dalla sua voce che ha fumato.

Mi volto e guardo le labbra di Jerome, soprattutto per essere sicura di riuscire a sentire quello che dice dopo, ma poi non riesco a distogliere lo sguardo. Sono a forma di cuore e carine e le bagna, come se stesse per ricominciare di nuovo a parlare, ma lo fermo premendo il mio dito contro la sua bocca. Chiudo gli occhi e bacio quelle sue labbra così carine, perché le (lo) bacio già da un mese. Non voglio che Jerome dica niente perché ho come un presentimento su quello che mi vorrebbe dire; qualcosa su quanto gli piaccio; sul fatto che dovremmo essere qualcosa di più di un bacio ogni tanto. Ma io riesco a malapena a stare in questa stanza, quindi non ci penso proprio a mettermi in una relazione. Non ho mai avuto un ragazzo e non riesco nemmeno a immaginarmelo.

Infilo le mani nelle tasche del suo cardigan oversize e allo stesso tempo afferro l’accendino. Poi le mie mani si infilano nelle tasche posteriori dei suoi pantaloni di velluto a coste a vita bassa, alla ricerca di ciò che rimane dello spinello. “AH” dico, tirando fuori il pugno chiuso dalla sua tasca. Sorride ma non ride. “Ti ho vista correre fuori”, dice, “Stai bene?”.

Mi allontano e alzo lo sguardo (perché le sue labbra non sono le uniche cose carine di lui), ma i suoi occhi castani chiari stanno cercando i miei per qualche motivo che non voglio condividere. Così torno a guardare in basso le cose che ho in mano. Lui è uno dei pochi che capisce che quando scappo da una stanza, ho bisogno di spazio per riprendere fiato. È uno dei motivi per cui mi piace baciarlo. Annuisco.

“Figo!”, dice.

Gli do un rapido bacetto sulla guancia prima di accendermi lo spinello con il suo accendino. La piccola fiammella illumina la mia maglietta della band tutta strappata, il mio polso pieno di braccialetti, quanto siamo dannatamente vicini. Jerome infila un dito nello scollo ampio della mia t-shirt e un altro in un passante dei miei jeans. Inspiro un po’ di fumo, un po’ di tranquillità e un po’ di lui.

Questo locale è solo per adolescenti e ciò significa niente alcool e certamente niente fumo, ma in realtà non mi sono mai lasciata fermare da quelle regole. Sento che i miei muscoli tesi si rilassano un pochino, mentre soffio un sottile nastro di fumo in quel piccolissimo spazio che c’è tra noi due, così che nessuno lo noterà.

China la testa nella mia direzione come se fossi una regina e il metallo ossidato dei suoi immancabili anelli vintage luccica opaco sotto le luci del palco. Mi sfila lo spinello e lo mette tra due delle sue dita. Mentre si allontana da me, posso vedere la voglia nei suoi occhi iniettati di sangue. Mi chiedo se lui riesca a vedere la stessa cosa nei miei.

Un minuto dopo trovo Deedee. È schiacciata contro il muro sul lato opposto del palco con Callie e alcune altre persone che conosciamo da scuola e da spettacoli come questi.

“Ciao”, dico. Mi infilo con la spalla tra due ragazzi che conosco dalla corsa campestre e faccio loro un cenno con la testa. Il mio cuore inizia ad accelerare per la loro vicinanza, prendo a braccetto Deedee e mi sento un po’ meglio.

“Ehi!”, dice Cally, sembrando infastidita. La sua maglietta stretta e scura ha dei buchi e da questi la sua pelle pallida si irradia come spilli di luce.

“Sì” Deedee è d’accordo. "Dove cavolo sei stata?" Mi dà un colpo sul braccio. Sposta i capelli super fini dagli occhi e li raccoglie in una coda di cavallo lente che probabilmente non riuscirà a stringere. Ha gli occhiali appannati, quindi glieli levo dalla faccia e li pulisco con l'orlo della mia maglietta.

"Ti sei persa quasi il loro intero set e spaccano di brutto!"

"Quanto gli Unraveling Lovely?" chiedo. (Loro sono il mio punto di riferimento per tutto). Le rimetto gli occhiali sul naso.

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LVI

"Abbastanza", dice. Poi guardo Callie. I suoi occhi color nocciola e con le borse, le labbra lucide sembrano aggiungere, Ma non così tanto.

Deedee mi mostra alcune foto di Rohan che ha scattato quando si è inginocchiato durante un assolo con la chitarra e posto la migliore sull'account del BAMF con il solo nome della sua band: Our Numbered Days. Taggo la mia posizione e aggiungo una valutazione: cinque emoji a forma di stella cadente di fila. Ma voglio fare qualcosa di più visto che questa è la nuova band di Rohan. Aggiungo tre smiley con gli occhi a cuoricino, come se mi fossi innamorata della musica che ho a malapena sentito.

"A loro piace, però", dice Callie mentre guarda dietro alle mie spalle. Lei è una fissata per i numeri e il mio post prende ventidue like e otto commenti quasi immediatamente.

"Ripaga essere un po' famoso su Internet", dico, e Deedee aggiunge, "Almeno a Long Island". Desidero in silenzio che Sasha possa vedere quanto i nostri follower adorino che Ro sia in una nuova band. BAMF era una sua idea.

Eravamo ossessionate dal pop-punk e dall'indie rock da quando la nostra babysitter ci iniziò ad alcune delle sue band preferite all’età di nove anni, l'anno prima che a Sasha venisse diagnosticata la malattia; così quando ascolto la successiva canzone di Rohan, penso a che cosa Sasha avrebbe potuto dire a riguardo. Lei avrebbe fatto notare il testo del ponte (una cosa che io non ho mai notato) o che la linea di basso è sottile ma necessaria. E penso che sia questo il motivo per cui adoro così tanto questa musica. Ogni pezzo, dalle distorsioni della chitarra di Rohan, al modo in cui non posso fare a meno di annuire con la testa al ritmo, mi ricorda lei.

Eravamo così coinvolte nella nostra musica, in un modo in cui pochi ragazzi di colore lo sono. Così qualche anno fa, quando abbiamo iniziato ad andare ai concerti e vedendo quanto più numerosi eravamo, Sasha volle che i ragazzi come noi avessero un posto in cui potessero senza vergogna amare la musica che amano e non sentirsi strani a riguardo. Così è nato il BAMF e il blog è stato il modo in cui abbiamo conosciuto Rohan: reclutò Sasha e me per gestire la sua vecchia band e la gestione di Unraveling Lovely ci ha fatto spiccare il volo.

Ovviamente, chiunque ami la musica è il benvenuto nella comunità di BAMF, ma con le nostre facce in prima linea nella pagina dell'about in quanto creatori, e Deedee come fotografa, abbiamo sempre sperato di aiutare i giovani di colore con il nostro gusto musicale a sentirsi un po' meno soli. Nonostante Unraveling Lovely sia stata sbaragliata alla Battle delle Band, le persone si fidano ancora di quello che abbiamo da dire sulla musica. Quindi ho sempre fatto pubblicità agli eventi. Deedee fa tutte le foto. Callie realizza un podcast low-budget, bisettimanale, in cui intervista aspiranti musicisti. Sasha era abituata a fare praticamente tutto il resto, incluso scrivere demo e recensioni di album, quindi ora dovremo trovare qualcun'altro che ci aiuti.

Il più delle volte cerco di non pensarci.

"Allora, grazie mille per essere usciti stasera", dice Rohan al microfono dopo la fine della canzone e il pubblico si calma. Sposta i capelli scuri dagli occhi ancora più scuri e sorride, gli vengono fuori le fossette e baffi. Sono piuttosto dispiaciuta di aver perso quasi l'intero set e anche Ro non ne sarà felice. Comunque, lancio un lungo e forte "Woooo!" prima che lui dica qualcos'altro, e sorride.

"Questa è l'ultima canzone che suoneremo stasera. È una cover di uno dei mie cantanti preferiti. Oggi è un giorno piuttosto duro... quindi voglio dedicarla a qualcuno".

La sua voce sembra schiacciata, come se fosse troppo grande per la sua gola e il mio stomaco si contrae perché sono quasi sicura di quello che sta per succedere. Oggi sono tre mesi da quando ... E sembra che lui stia guardando tra la folla per cercarmi.

"Questa è per te, Sasha", conclude.

Sono appena rientrata e voglio sentire così disperatamente il resto del suo set, ma il suo nome mi dilania di nuovo non appena ero riuscita a ricompormi. Guardo Deedee e si sta mordendo il labbro inferiore, già districando il suo braccio dal mio perché sa che cosa sta per accadere.

Callie cerca di fermarmi. Dice “Shay, aspetta solo un momento”, ma non posso. Mi faccio strada a spintoni tra la folla, di nuovo verso l’uscita, prima che lui possa cantare la prima nota.

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LVII

Nel parcheggio mi ci vogliono tre tentativi per sbloccare la bici perché sto tremando tutta. Ma quando mi metto le cuffie sulla testa e pigio play, mi entra nelle orecchie la canzone perfetta. Alzo il volume, concentrandomi sulla voce disperata del cantante e pedalando al ritmo dei bassi. Lascio che il suono continuo della batteria e le note chiare della chitarra mi scorrano dentro come un fiume.

L'ultima volta che avevo sentito la canzone che Rohan stava per suonare eravamo nella camera d’ospedale di Sasha. La voce di lui si mescolava alla mia mentre la cantavamo a Sasha. Le stavo tenendo la mano e quando mi guardai intorno nella camera, mia Mamma stava tremando e le infermiere tiravano su col naso. C'era Rohan, che non riuscivo a guardare, e un prete che decisi improvvisamente di odiare.

Quando la canzone finì, Sasha mi guardò e disse: “Luke del cazzo" ed entrambe sorridemmo anche se le lacrime si riversarono sulle nostre guance. Ad un certo punto i suoi occhi si chiusero e le infermiere confermarono che era in coma, Mamma mi guardò, e io sapevo che il suo viso rispecchiava la mia espressione. Era ufficiale: Sasha non si sarebbe risvegliata.

Non potevo guardare. Non volevo sapere quale organo di mia sorella si sarebbe fermato per primo. Le baciai le dita gelide e mi asciugai le lacrime con i pollici. Mi trascinai fuori dalla stanza perché sapevo che la mamma era troppo sconvolta per fermarmi e potevo sentire la tensione crescere nei miei arti.

Quella non era stata la prima volta in cui il mio corpo mi aveva tradita, il cuore che pompava, il sudore che mi scendeva dal labbro superiore, ma era la prima volta che non avevo Sasha a riportarmi in vita, per dirmi che sarebbe andato tutto bene. Da quella notte, qualunque cosa vada in tilt dentro di me si è mostrata molto più spesso. "Luke del cazzo" e qualche volta "maledettissimo Luke del cazzo" è quello che Sasha e io abbiamo sempre detto all'unisono ogni volta che qualcosa di nuovo le andava storto, come se il cancro fosse un fidanzato del cavolo che lei non avrebbe potuto smuovere, anziché la leucemia.

La musica mi sta aiutando (come sempre). Riesco di nuovo a respirare e mi sento un po' più sotto controllo. Anche se sono del tutto sola, pedalando come una pazza lungo una stradina buia, quando la canzone finisce, inclino la testa verso il cielo. Urlo alle stelle. "LUKE DEL CAZZO!"

Sono a circa un chilometro da casa quando Rohan mi raggiunge con il furgoncino della sua band, alias il suo merdoso minivan nero. Sul fianco è ancora disegnata con la bomboletta spray la scritta "Unraveling Lovely" da quando la band iniziò il suo mini-tour, quindi non c'è dubbio che sia lui.

Quando controllo, vedo il mio riflesso sul suo finestrino e vorrei che non fosse un'immagine di me fantasma. Vorrei vedere Sasha, la Sasha sana, seduta sul camioncino di Rohan. Eravamo identiche, quindi se strizzo un po' gli occhi in questo tipo di oscurità, posso quasi credere che sia vero. Avevamo gli stessi capelli scuri e selvaggi, esattamente come la stessa tonalità di pelle color marrone miele, guance rotonde e facce da bambine. Ma quando morì, poco prima del nostro sedicesimo compleanno, Sasha era così tanto deperita da sembrare solo uno schizzo incompleto di me, una foto a metà che non era stata ancora colorata o riempita. Non sapevo nemmeno che fosse possibile che le persone di colore divenissero pallide. Fino a quando non ci fu un’altra parola per descrivere quello che la pelle di mia sorella era diventata.

Rohan abbassa il finestrino e poi indica le mie cuffie. Mi sposto la cuffia dall'orecchio più vicino a lui, ma continuo a pedalare.

Dice "Shay, rallenta" e poi "Non fare così". Guida piano per stare al passo con me, ma io continuo con il mio silenzio. Lui prova "Fermati" e dopo " Lascia che ti accompagni fino a dove devi arrivare". Ma mi strofino la faccia, nel caso ci siano ancora lacrime sulle guance, e mi alzo sui pedali quando arriviamo ai piedi di una collina. Non voglio che mi consoli. Voglio mia sorella gemella. Nessun’altro, nemmeno uno dei miei migliori amici.

"Allora quanto hai ascoltato del mio concerto?” chiede, il dolore si riversa nella voce. Quindi lo guardo. Ha un braccio fuori dal finestrino e deve essere congelato perché non indossa il giacchetto. Deve essere corso via dal locale per inseguirmi non appena ha finito l'ultima canzone.

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LVIII

Scuoto la testa e le lacrime sgorgano.Riesco a malapena a gestirle, ma sussurro, "Mi dispiace così tanto".

"Va tutto bene" risponde, ma entrambi sappiamo che non è così. Spero solo che dopo veda il post su BAMF e mi perdoni.

Sto ansimando e sbuffando e in un certo modo piangendo ed è così freddo. Dico l'unica cosa che penso di poter dire senza crollare completamente di nuovo.

"Solo che .... potresti non suonare più quella canzone? Almeno per un po' di tempo? Non ce la faccio". Torno a guardarlo e il modo in cui lui mi sta fissando mi fa desiderare di avere una faccia diversa. Amo mia sorella, ma anche lui l'ha amata e non posso fare a meno di chiedermi se vede lei quando mi guarda.

Penso la stessa cosa di Mamma. Lui annuisce e smette di parlare, ma mi segue da vicino fino a che non giro sulla mia strada. Non appena parcheggio la bici e tiro fuori le chiavi, se ne va.

Quando apro la porta d'ingresso, Mamma non è a casa (perché lei non è mai a casa) e dovrei averci fatto l'abitudine. Ha sempre lavorato molto, ma ora durante la notte mi manca di più rispetto a prima. La musica dovrà farmi compagnia per adesso.

Stacco la cassa portatile dal caricatore e attivo il sync con il cellulare. Alzo a tutto volume. Ho appena lasciato il concerto degli Our Numbered Days, ma metto su la mia playlist degli Unraveling Lovely. Tutta la mano sembra vibrare con il basso mentre porto l'altoparlante dal comò verso il letto. Mentre canto sopra alla colonna sonora della scorsa estate, prendo il telefono per controllare la foto di Rohan che ho postato prima, invece che fare i compiti che non ho ancora finito. Ha 437 Mi Piace e dozzine di commenti e spero che basterà per guadagnarmi il perdono di Ro per essermi persa la maggior parte del suo primo spettacolo con la sua nuova band. Senza davvero volerlo, sfoglio tra le mie foto, indietro di tre mesi, quando mia sorella era ancora qui.

Nell'ultima foto che ho postato con Sasha, io e lei eravamo rannicchiate l'una sull'altra sul tetto dell'ospedale, avvolte in coperte di pile come neonati. Era ottobre, due settimane prima del nostro sedicesimo compleanno e quando Rohan e io chiedemmo a Sasha che cosa avrebbe voluto, lei disse, "Vedere le stelle". Rohan mi aiutò a farla entrare nell'ascensore con la sedia a rotelle; poi la portò sull'ultima rampa di scale e uscì sul tetto. Fu lui a scattarci questa foto.

Le manager dei molesti, dice la didascalia. Ha più di un migliaio di like e, come nei commenti di qualsiasi foto di Sasha, tutti dicono che ne sentono la mancanza. Mi fa sentire meno sola pur sapendo che la maggior parte dei nostri follower non la conoscevano affatto.

Mi sento un po' più tranquilla dopo aver letto alcuni commenti, e dopo che la prima canzone degli UL è finita, ma in quel temuto momento morto di due secondi tra il primo e il secondo brano, sento sbattere la porta d'ingresso. Un attimo dopo, la voce di mamma si fa strada su per le scale, in competizione con quella di Logan mentre inizia la canzone successiva.

"Shay, cosa ti ho detto riguardo a quel rumore? Abbassa prima che diventiamo sorde tutte e due!". Ho spento la musica e mi sono guardata il viso allo specchio prima di scendere di sotto. Sembro a posto, non come se avessi singhiozzato per tutto il tragitto verso casa. Mi trucco di nuovo un po' gli occhi, giusto per essere sicura. Si sta togliendo i tacchi quando raggiungo il fondo delle scale.

“Ehi, Mamma” dico. “Sei tornata abbastanza tardi”.

"Lo so, tesoro. Mi dispiace. Hai finito i compiti? Hai mangiato?". Si avvia verso la cucina e mi chiedo se mai mi riempirò come lei :ottenere quei fianchi che ha lei da tutta la vita, o un sedere che possa far apparire belli un paio di jeans o una gonna.

Schivo la sua prima domanda. "Ho mangiato qualcosa al concerto".

Sto in piedi dietro di lei mentre riempie con l'acqua il bollitore elettrico per farsi una tazza di tè. Tira giù due tazze e poi penso che rimanga colpita dall'errore che ha fatto. Non sono la gemella che era un'anglofila, quella che beveva il tè e leggeva per passione la letteratura inglese e guardava i documentari della BBC con lei ogni venerdì sera. Non sono Sasha, anche se le somiglio. Mamma comunque mi guarda e scuoto la testa. Sono la gemella a cui piace il caffè, legge le riviste di musica e che guarda i video di BMX. Rimette una tazza a posto nella credenza.

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LIX

Mi verso un grosso bicchiere d'acqua e vado a sedermi al tavolo, come se avessimo intenzione di chiacchierare, perché lei e Sasha avevano l'abitudine di parlare per ore. (Non ho idea di cosa). Finiamo entrambe per guardare i cellulari invece di dirci qualcosa a vicenda.

Quando ad un certo punto dice "Non stare alzata fino a tardi " e si dirige verso le scale e io vado verso la camera di Sasha.

Apro la porta e resto lì in piedi per un momento cercando di decidere quanto io sia in grado di sopportare per oggi. Con la canzone di Rohan che risuona ancora fresca nella mia mente e i palmi delle mani ancora un po' sudati, decido che sono troppo nervosa per cercare di sdraiarmi sul suo letto stanotte e leggere le poesie e i testi delle canzoni che lei aveva dipinto sul soffitto. Sposto un po' la porta per andarmi a sedere sul pavimento perché non voglio andare più avanti di così, ma non voglio nemmeno andarmene.

Accendo la sua tv e metto il nostro programma preferito, Intervention: noi ti salveremo. Rohan e io avevamo l'abitudine di stenderci con Sasha sul letto e guardare questo programma per ore nei weekend. Mi appoggio al muro e guardo come una ragazza poco più grande di me racconta alla telecamera che è stata dipendente dall'eroina fin da quando aveva sedici anni.

Il berretto preferito di Sasha, uno tutto nero con due orecchie di gatto cucite sulla parte superiore, sta su un cesto vicino alla porta, la cima di una montagna di tutti i cappelli di maglia che mia sorella ha collezionato da quando aveva perso i capelli. Lo prendo, lo infilo sui miei ricci spettinati e finisco l'episodio. Poi, per davvero faccio i compiti, cercando di immergermi nella sashanità della stanza di Sasha finché non mi sento calma come mi sarei sentita se lei fosse stata qui accanto a me.

Quando apro la porta della camera per uscire, sento di nuovo la mamma in cucina. Rimango in piedi per un secondo, sperando di aspettare che finisca perché non voglio avere con lei un'altra imbarazzante non-conversazione.

"No, non è quello", la sento dire. Deve essere al telefono. "Sasha era così espansiva, sai? Mi diceva tutto. Ma Shay non mi parla, quindi non so come si sente o come posso aiutarla". Fa una pausa e io vado in sala, pronta ad assicurarle che non ho bisogno di nessun aiuto, che sto bene. Sono a pochi secondi dal girare l'angolo per andare in cucina quando lei parla di nuovo più forte e la sua voce sembra quasi che pianga. "Voglio solo che lei stia bene".

Mi fermo. Faccio qualche passo indietro verso la camera di Sasha, incerta su cosa fare. Sapevo che mamma era triste per Sasha, ma non avevo idea che fosse triste anche per me. Non so che cosa ho fatto per farla preoccupare.

Quando mamma torna nella sua stanza, io ritorno alla mia. Ma non riesco a togliermi dalla testa le sue parole che mi rendono impossibile prender sonno. Passano solo venti minuti prima che io torni di nuovo al piano di sotto, mi allacci le scarpe da corsa e prenda la giacca.

Fuori, al freddo, i piedi pestano la strada asfaltata e il mio respiro è una sbuffata di bianco davanti al viso. Oltre alla musica, correre è l'unica altra cosa che ogni volta mi aiuta a mantenermi calma. Corro fino alla fine della strada, poi intorno all’isolato.

Continuo a correre. Passata la mia vecchia scuola elementare, il suo parco giochi crea una sagoma ombrosa al chiaro di luna. Dopo passo davanti al liceo, dove stamattina Rohan, Deedee e Callie hanno fatto il tifo per me alla gara di atletica. Su per la collina che porta al parco dove Sasha ed io eravamo solite scambiarci segreti sulle altalene e ancora più lontano, nel parcheggio dell'ospedale dove è morta mia sorella.

Rallento e faccio il giro in un punto vuoto del parcheggio. Mi stendo sull'asfalto gelido e mi sento in balìa delle onde, come se fossi una nave e il cemento intorno a me il mare. Mentre aspetto che il battito rallenti, fisso i gabbiani che volteggiano sul parcheggio, forse pensano che sia uno specchio d'acqua. Sasha era il mio faro, la mia stella del nord, quindi cerco un suo segno nell'oscurità.

Alcune persone fanno visita alle tombe dei loro cari per parlare con loro, ma per qualche motivo, mi piace parlare con mia sorella all'ospedale. Forse perché questo è stato l'ultimo luogo in cui l'ho vista viva.

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LX

È la mamma, dice Sasha nella mia testa. Si preoccupa per tutto.”Sì, ma sono abbastanza una brava ragazza”, dico.

Lo sei, ma lei deve sapere che sta succedendo qualcos’altro. Scuoto la testa. “Non sa che sto fuori fino a tardi”.

Perché non è mai lì. “Beh. Lei sa che tutte le volte vado ai concerti, ma non sa niente del fumo. E immagino che i miei voti potrebbero essere migliori”, dico. Sasha non risponde, ma so che mi dà ragione.

Mi volto, quasi aspettandomi di vedere mia sorella accanto a me, perché staremmo a letto tutto il tempo e avremmo discorsi come questo. Lei rimaneva sempre tranquilla quando parlavo della scuola perché non ci andava da quasi un anno. Chiudo gli occhi così posso immaginarmela tanto chiaramente come posso riportare alla memoria la sua voce.

E la corsa? Chiede Sasha. “In pista?”

No, il dar di matto. Lo scappar via? Sono sicura che anche questo la preoccupa. Apro gli occhi e guardo di nuovo. “Non lo ha mai visto succedere, però”.

Sono sicura che non ne sarebbe felice se lo sapesse. Ed è mammina. Probabilmente lo sa. “Spero di no”.

Penso alle parole di mamma stanotte: voglio solo che lei stia bene. Ed è buffo perché io voglio che solo che lei stia bene. Lei non si dovrebbe preoccupare per me dopo che ha passato gli ultimi cinque anni a preoccuparsi per Sasha. Si merita un po’ di pace.

Dovrei andare a casa adesso. Non sarei mai dovuta uscire. È tardi e non sono stupida, so che non dovrei essere fuori da sola, correndo sconsideratamente nell'oscurità. Ma penso di aver deciso che questa è la mia ultima notte a fare cose che preoccuperebbero mamma se lei ne fosse a conoscenza, e io voglio godermela.

Mi alzo in piedi, metto su la canzone più rumorosa che ho sul telefono e corro in direzione della spiaggia. Le rotelle del mio cervello si stanno rivoltando e dato che non mi dispiacerebbe essere un po’ meno come me, proprio ora, organizzo un piano per diventare il tipo di ragazza di cui la mamma non dovrà preoccuparsi.

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LXI

21

Shay

BAMF// REVIEW DELLA DEMO… OUR NUMBERED DAYS

Per me sarebbe facile dire che Our Numbered Days è stupenda. Il chitarrista principale, Rohan Malik, è uno dei miei migliori amici. Potrei dire che il loro singolo è ispirato a “Relatively Speaking”, e poiché io la conosco da anni posso dire che Jo Rollins spacca alla batteria. Potrei anche lodare Pooja Patel per il suo lavoro al basso, perché io e lei abbiamo legato molto durante il tour degli UL la scorsa estate. E Marc Black alla tastiera porta tutto a un livello superiore. Ma non dirò nessuna di queste cose. Dirò solamente questo: tutto quello che hanno finora è solo una demo, ma ci potete scommettere, cazzo, che faranno faville.

-Shay (la sorella di Sasha)

Non sono pronta a trovare qualcun altro che scriva le review per il BAMF, ma sono quasi sicura che Callie mi ucciderà se non rispettiamo il programma che ha creato e presentato nel calendario dei contenuti. Quindi scrivo io una review sulla demo Our Numbered Days.

Non è buona come le review che faceva Sasha; lei aveva questa eccezionale capacità di distillare un interno album in poche frasi. (Le persone sono pigre, sento Sasha ripetere nella mia testa. A loro piacciono corte e piacevoli). Ma è un inizio. Rileggo la recensione, assicurandomi che non ci siano errori di battitura e la posto con una foto di Rohan che gli aveva scattato Deedee, dato che la loro demo non ha nessuna copertina.

Vado al piano di sotto nella stanza di Sasha e quando spingo la porta aperta, Mamma è lì, sdraiata sul letto. La sua musica deprimente risuona. E lei sta piangendo e sta guardando dritto verso il soffitto.

“Mamma?” domando, non l’ho mai vista piangere se non durante i film tristi. Lei gira la testa e apre le braccia verso di me. Ed è strano che non sembri ancora più strano quando io mi avvicino e mi getto verso di lei. Non riesco a ricordare l’ultima volta in cui siamo state così vicine.

“Non riesco a ricordare il suo profumo”, sussurra la Mamma mentre una canzone triste finisce e ne inizia un’altra.

“È un misto tra il profumo dei fiori e l’odore di bucato”, dico e lei ride. “Beh, sì. È davvero impossibile ignorarlo qui dentro”.

“Mamma?” dico. “Cosa?”

“Mi dispiace così tanto per quello che ho detto, o forse, il modo in cui l’ho detto. Sono felice che tu sia qui adesso”.

Mi abbraccia ancora più forte e mi sento come quando ero bambina. Vorrei tanto poter restare qui nel letto di Sasha, tra le braccia di mamma, per sempre”.

“Mi dispiace che fosse vero”, dice.

Si spostae la mia manica si alza un po’. Vede il tatuaggio. Provo a tirarla di nuovo giù, ma sono troppo lenta.

“Quello è un…?”

Cazzo. “Non arrabbiarti”, dico, alzandomi in piedi e incrociando le braccia. Lei sospira. “Fammelo vedere Shay”.

Siamo appena arrivate a un buon punto e non voglio rovinare tutto. Ma immagino che essere a buon punto includa anche essere onesti.

(20)

LXII

Allunga una mano, sospiro e metto il mio polso sul suo palmo.

“È un po’ arrossato”, dice. “Lo stai idratando bene? Assicurati che non s’infetti”. Mi gira il polso da un lato all’altro. “Quella è la sua scrittura?” chiede. Io annuisco. Si morde un labbro e anche lei sospira. Dopo mi lascia cadere il braccio.

La guardo. ”Non dici niente?”

Si stringe nelle spalle e dopo si butta di nuovo sul letto di Sasha.

“Cioè, non mi fraintendere. Sono furibonda. Avresti dovuto chiedermelo prima e non voglio nemmeno sapere come una ragazzina di sedici anni si sia potuta fare un tatuaggio senza il permesso dei genitori. Ma soprattutto, sono sorpresa. Avrei giurato che avresti avuto troppa paura”.

Lei non lo dice, ma so a che cosa sta pensando: Sasha era quella coraggiosa.

“Forse gli aghi mi fanno meno paura da quando ho dovuto donare così tante volte il sangue a Sasha”.

Mamma mi guarda un po’ troppo a lungo e poi distende di nuovo le braccia.

Dopo che mi sono infilata sotto le coperte con lei, la stoffa della sua camicia produce dei suoni dolci nel mio orecchio, sussurro, “Comunque è stato piuttosto spaventoso”.

Lei ridacchia.

Leggiamo l’una con l’altra le parole scritte sul soffitto di Sasha e mamma mi chiede da dove proviene ogni citazione.

“Quella è sicuramente di una canzone”, dico, “e sono quasi sicura che invece quella sia completamente inventata”.

Mamma ride.

“No Shay. Questa è di una poesia”, dice. “ ʻOserò turbare l’universo?ʼ1 Me la ricordo

dall’università”. “Sasha era così tanto più intelligente di me”, dico.

“Ma no”, risponde Mamma. “Aveva solo un sacco di tempo per leggere”. Quando accende la TV, comincia Intervention: noi ti salveremo.

“Cosa diavolo è?” chiede.

“No, Mamma, lo giuro. È troppo bello. È veramente uno dei migliori, lei era fissata con quei leccalecca che le donne incinte usano per contrastare la nausea mattutina”.

Mamma mi guarda come se stessi parlando francese, ma guarda e continua a guardare, quando a un certo punto dice “Oh santo cielo, ma sta parlando di metanfetamina? E voi guardate questa roba? Mi sento un cattivo genitore…” fa una pausa. “Forse solo uno in più”.

Nella mia testa sento Sasha che dice, Vedete ragazzi, voi avete qualcosa in comune!

Il mio telefono, che si trova sul letto nello spazio tra noi due, vibra e ci fa sobbalzare. Ci siamo addormentate, coccolandoci, avvolte insieme, come facevamo io e Sasha. La mamma inizia a ridere mentre mi stropiccio gli occhi e prendo il cellulare. È un messaggio dal gruppo con Callie e Deedee.

CALLIE: La tua review ha un mare di like!!!! SHAY: Ma quanti sono?

DEEDEE: OGNI VOLTA CHE AGGIORNO AUMENTANO. SHAY: Più di mille?

CALLIE: Più di 5.000 ;) SHAY: Non è vero.

DEEDEE: STO FACENDO GLI SCREENSHOT.

Vado sul blog del BAMF. E ci sono 5.381 commenti e molti altri se ne stanno accumulando. Rileggo il mio post. Non è niente di eccezionale. Ci clicco per vedere alcune delle ricondivisioni. Ma (senza) sorpresa, nessuna parla veramente della mia review. Parlano di Rohan, degli Unraveling Lovely e di Sasha.

1 Nel testo originale sono riportati i versi 45-46 della famosa Love Song of J. Alfred Prufrock del poeta T.S. Eliot: ʻDo

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LXIII Ehi, è il chitarrista degli Unraveling Lovely! Mi mancano gli UL.

Mi mancano le review di Sasha.

La sua band si chiama Our Numbered Days, e la sua ragazza è morta?? OMG, è così TRISTE.

Quindi immagino sia stata la combinazione tra la foto di Rohan e l’aver scritto che sono la sorella di Sasha a spingere la review così in alto. Anche a me mancano gli UL.

Ne parlo con le ragazze.

SHAY: Sembra che siano solo le fan di Rohan. DEEDEE: E gente triste per Sasha…

CALLIE: Sì.

Nessuna di noi dice niente per un po’. Leggo ancora qualche commento e dopo mando un altro messaggio.

SHAY: E se facessimo tornare insieme gli Unraveling Lovely?

CALLIE: Se fosse possibile, non ci avresti già provato a questo punto?

DEEDEE: Non per forza. Come avrebbe potuto avere il tempo di organizzare un concerto di

reunion?

SHAY: Dee, sei un genio. Dobbiamo organizzare una reunion degli Unraveling Lovely! CALLIE: In memoria di Sasha!

DEEDEE: OMG! Sì.

Allora penso a Dante e a sua sorella. Alle mie amiche mando, In memoria di Sasha E Tavia. Tutte e due mi rispondono con le emojis che applaudono.

Chiedo a Callie di cercare in quali serate il The 715, il nostro locale preferito, aprirà nei prossimi due mesi e dopo dico a Deedee di non dire niente di tutto questo, così Rohan non lo scopre, perché lei non sa mantenere i segreti. Voglio fargli una sorpresa per ringraziarlo. Aveva organizzato lui l’intervento e questo aveva cambiato ogni cosa.

So che a Rohan piacerà l’idea, quindi devo solo conquistarmi Dante. Dal momento in cui Logan è stato quello che ha rovinato tutto, ho come l’impressione che gli piacerà avere la possibilità di scusarsi, ma Logan è veramente una mina vagante. Per primo scrivo a Dante, dato che con lui ho parlato molto più di recente. Dante mi ha detto di essere sempre alla ricerca di un motivo per uscire di casa e il concerto sarebbe anche per sua sorella, quindi spero che sarà dei nostri. Logan mi spaventa molto più di Dante.

Ci sarà anche Rohan? Dante mi risponde pochi minuti dopo che gli invio un messaggio. Certo, gli confermo. Sai che Ro non riesce ad avercela con nessuno troppo a lungo. Io sono ancora piuttosto incazzato, mi scrive Dante. Ma penso che ci sarò.

Benissimo, invio, cercando di sembrare meno eccitata di quanto non sia.

Penso che siamo d’accordo, ma un secondo dopo, il mio telefono squilla di nuovo. Ma la vera domanda è, Logan si farà vedere?

Farà meglio di sì, rispondo. Dopo prendo un respiro e mando un messaggio a Logan.

Il giorno seguente, Jerome indossa la sua giacca in tweed quando lo vedo dopo la scuola. Sta appostato vicino a una classe vuota alla fine del corridoio in cui si trova il mio armadietto. Lo seguo, dopo lui mi guarda ed entra nella stanza.

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