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La viabilità in Toscana

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Academic year: 2021

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La viabilità in Toscana

Introduzione

Tranne alcuni esempi significativi, come ad esempio la stessa Roma, l’immagine architettonica dell’impero romano non è sopravvissuta al medioevo e all’età moderna, arrivando a noi mediata attraverso i mille e cinquecento anni di storia successiva. L’unica vera e propria forma di continuità tra il mondo antico e quello contemporaneo è data dal sistema stradale romano, costruito tra l’età repubblicana e quella imperiale, che ha unito assieme tutto il bacino del Mediterraneo. Addirittura, nel corso dell’Ottocento, le prime reti ferroviarie ricalcavano buona parte dei percorsi romani, evidenziando l’altissimo tasso di progettualità che c’era dietro a queste infrastrutture.

L’origine delle direttrici preistoriche è data dai tratturi, ovvero dei percorsi che univano i pascoli estivi e quelli invernali. La caratteristica principale di questo tipo di viabilità è la sua caratteristica di economia dello sforzo: i tratturi, in linea generale, seguivano l’andamento del suolo e si plasmavano sul terreno in modo da permettere ad uomini e animali di arrivare alla metà nel più breve tempo possibile e con il minor dispendio possibile di energie.

Anche se sappiamo che la stragrande maggioranza delle vie furono costruite dai militari, le funzioni delle strade furono più che altro incentrate sull’accesso sistematico ai nuovi territori ed il collegamento tra periferie e centro dello Stato1. Con la pacificazione dell’Impero (o comunque di

buona parte di esso), una delle funzioni principali generalmente accettate è quella commerciale: sulle strade dovevano muoversi capitali e merci.

La costruzione di una via pubblica era un impegno notevole, guardando da un punto di vista progettuale, economico e di impiego di uomini. I tracciati più antichi che partivano da Roma prendevano il nome dalla località di destinazione (come ad esempio Viae Portuensis, Viae Nomentana, Viae Tiburtina, Viae Ardeatina), mentre quelli più recenti prendevano il nome dal loro costruttore (Cassia). Si preferiva non costruire sul fondovalle, per il pericolo di inondazioni, ma nemmeno sulle creste collinari, perché avrebbe allungato il percorso e la costruzione, ma si cercava di progettare le strade a mezza costa, rettilinee e il più possibile in piano2.

Un progetto stradale può incontrare difficoltà di ogni sorta in fase di costruzione: nelle aree montuose si cercava di mantenere un dislivello regolare e mai proibitivo, si dovevano cercare soluzioni contro lo smottamento dei terreni, sia per frane del tracciato stesso sia per l’invasione

1 FORBES 1964, p. 122 2 RADKE 1981, p. 51

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della carreggiata, si dovevano tagliare pareti rocciose3 oppure costruire gallerie4 o ponti, che forse

sono la più antica testimonianza ancora oggi presente delle rete stradale romana.

Tali infrastrutture, di elevato tasso tecnico, vennero costruite prima in legno e poi in pietra: ma il legno verrà usato anche in età imperiale. Un’altra soluzione tecnica particolare poteva essere la strada sopraelevata, come documentato in Trastevere, nel passo di Vallefeggio vicino a Nocera Umbra5.

Lo Stato, nella figura del Senato, era l’organismo che doveva costruire le strade: in particolare, il funzionario preposto al progetto era un console o un pretore, solo in alcuni rarissimi casi poteva essere un censore6. I costi di costruzione e di manutenzione erano enormi, e dovevano avere un

impatto fortissimo sull’erario e poi sul Fiscus, come testimoniato dall’epigrafe di Porta Collina7.

Augusto addirittura, per finanziare il mantenimento, si vide costretto a trasferire risorse all’Erario direttamente dal suo patrimonio privato8: abbiamo attestazioni anche di altri imperatori che

finanziarono propriamente le strade, come ad esempio Nerva9, Traiano10, Adriano11 e Caracalla12,

anche se molto probabilmente questi furono casi singolari e non la regola13.

Uno degli strumenti fondamentali per lo studio della viabilità romana sono gli itinerari antichi, con particolare riferimento alla Tabula Peutingeriana (fig. 1), che attualmente è conservata presso la Biblioteca Nazionale di Vienna. Tale documento risulta essere l'unica copia a noi pervenuta di una carta geografica antica che copre tutto il mondo conosciuto dai romani. Il nome Peutingeriana deriva da Konrad Peutinger che ottenne la carta da Celtes nel 1507, ma l'intero documento venne pubblicato per la prima volta nel 1598 da Welser.

La raffigurazione del mondo nella Tabula Peutingeriana non deve essere vista come una rappresentazione del reale perchè non siamo di fronte ad una carta geografica; la costruzione della carta è determinata da due criteri fondamentali che devono essere tenuti in considerazione quando si procede all'analisi, ovvero gli oceani che fanno da cornice alle terre conosciute e la sua orizzontalità.

Gli oceani, più che ogni altro elemento geografico della Tabula Peutingeriana, rappresentano solamente il limite estremo del mondo, per come era conosciuto ai romani e non deve sorprendere

3 In età traianea, il taglio dello sperone roccioso a Pesco Montano a Terracina (CIL. X, 6849) 4 Abbiamo molti esempi: una delle più antiche è la galleria della Gola del Furlo.

5 DOMINICI 1942, p. 27

6 Si veda la digressione delle fonti sulle fondazioni delle strade in RADKE 1981, pp. 37-41. 7 CIL. I2, 208

8 CIL. XI, 365 9 CIL. X, 6824, 6826

10 CIL. X, 6833, 6834, 6835, 6839, CIL. IX, 6003, 6004, 6005, 6008 11 CIL. IX, 6075, CIL. V, 8102, 8103, 8106

12 CIL. X, 6854

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se alcune località (ad esempio africane o asiatiche), molto distanti dal mare, siano invece rappresentate nei pressi di questo.

L'orizzontalità della carta è ottenuta dal disegnatore mediante una distorsione della geografia terrestre, lungo una serie di linee parallele est-ovest, con il risultato di ottenere una forma dell'ecumene estremamente sottile e allungata (circa 7 metri di lunghezza per 34 centimetri di altezza).

I fiumi nascono nella maggioranza dei casi da catene montuose, più raramente da laghi, e seguono un andamento orizzontale, mentre per quanto riguarda le montagne il disegnatore non raffigura singoli monti ma preferisce dedicarsi alle catene, viste probabilmente come elemento più interessante per gli scopi della carta14.

Appare evidente quindi l'inaffidabilità geografica del documento, ma del resto dobbiamo pensare che lo scopo della carta non era quello di documentare e raffigurare con esattezza le varie parti del mondo conosciute dai romani, bensì rappresentare lo schema viario dell'impero. Se le strade tracciate al di là dei confini dello Stato appaiono incomplete e sommarie, sorprende invece l'accuratezza con cui vengono rappresentate all'interno dei confini. Ciò che ci fa optare per un uso viario della carta originale è la straordinaria sequenza di circa 3300 stazioni elencate lungo le strade ed il numero, che doveva rappresentare le miglia, che intercorre tra stazione e stazione, a rappresentare la distanza tra queste due.

La datazione della Peutigeriana è piuttosto controversa: Cuntz e Kubitscher fanno risalire l'originale al 170 d.C., mentre il Miller la data al 365 d.C.

Da questa carta deriverebbero la Cosmographia dell'Anonimo Ravennate e successivamente la Geografia di Guidone.

Per quanto riguarda la Cosmografia, Mazzarino sostiene che è un'opera del VII secolo di ambiente ravennate, per la quale non si deve pensare ad un'opera greca tradotta in latino15. La fonte

dell'Anonimo Ravennate non poteva che essere la Tabula Peutingeriana, nonostante in taluni casi ci si possa trovare di fronte a delle differenze nella successione delle mansiones, mentre per la Geografia di Guidone, opera di XII secolo, è altamente probabile che la fonte possa essere la Cosmografia stessa.

In generale, gli itinerari sono uno degli strumenti più importanti per la ricostruzione topografica delle strade e degli insediamenti accessori: tali strumenti venivano usati tanto in ambito militare, quanto da viaggiatori privati o con funzione pubblica (magistrati)16.

L’interesse per le strade romane è direttamente collegato al tema dei luoghi di sosta lungo la

14 CALÒ LEVI-LEVI 1978, p. 715 15 MAZZARINO 1965, pp. 47-48 16 BASSO 2016, p. 28

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viabilità: il termine cursus publicus viene citato solo dal III secolo d.C., anche se la creazione, secondo Svetonio, si deve ad Augusto, che istituì una serie di corrieri per le comunicazioni17.

Il cursus publicus è composto da una successione di città, mutationes (cambio cavalli) e mansiones (penottamento)18, anche se il termine mansiones, come del resto mutationes, non appare mai nella

tabula peutingeriana19.

La natura giuridica di tali luoghi è controversa: in generale è difficile effettuare una sintesi univoca a proposito della proprietà delle mansiones, considerato che alcune potevano essere vincolate direttamente allo Stato centrale, altre avere una proprietà privata, altre ancora un carattere misto. La mansio non ha un vero e proprio statuto giuridico, in quanto non è caratterizzato da un’entità territoriale definita (come invece hanno civitates e oppida). Il codex teodosianus non cita mai le mansiones e quindi non ne definisce la funzione, prerogative, obblighi. Ma all’interno del codice sono riportate alcune voci che descrivono alcune delle funzioni delle mansio, come ad esempio il soggiorno, gli horrea, le infrastrutture del sistema di trasporti, gli animali, i veicoli20.

La natura giuridica associata a quella insediativa crea un quadro estremamente complesso e sfaccettato, in cui le mansiones potevano configurarsi di volta in volta come edifici singoli e piuttosto isolati (come ad esempio pare essere il San Bernardo21), all’interno di insediamenti più

grandi come i vici (come ad esempio potrebbe essere Santa Cristina in Caio o Ad Vacanas22), luoghi

di accoglienza associati a complessi di tipo villa (si veda Vignale o Collesalvetti23), all’interno o

nelle immediate periferie delle città (Via Cantore a Verona24).

La Via Cassia e la Via Clodia

C’è confusione terminologica tra le strade chiamate Cassia e Clodia: oltre Pons Milvius c’è una biforcazione con la Via Flaminia, chiamata da Ovidio con il termine Clodia25. Con lo stesso termine

si indica nella Tabula Peutingeriana la strada tra Ponte Milvio e il VI miliario di Roma. Il termine Cassia è invece citato in Cicerone, affermando che ci sono tre modi per arrivare a Modena, ovvero passando per la Flaminia, per l’Aurelia, o per la centrale Cassia26. L’elemento che può aiutarci in

tale caos terminologico è il miliario di Montepulciano, in cui è scritto “viam Cassiam vetustate collabsam a Clusinorum finibus Florentiam perduxit”.

17 KOLB 2016, p. 4 18 CORSI 2000, pp. 15-19 19 BASSO 2016, p. 33 20 DI PAOLA 2016, p. 11 21 BAROCELLI 1924 22 QUILICI-QUILICI GIGLI 1975 23 PALERMO 2007 24 GOTTARDI et alii 2016

25 Ovidio, Pont. I, 8, 44, cit. in RADKE 1981, p. 303 26 Cicerone, Phil. 12, 22, cit. in RADKE 1981, p. 304

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La via Cassia è la strada, o meglio il sistema stradale, che attraversa l’Etruria interna, ricollegandosi alla costa e all’Aurelia presso le città di Pisa e Lucca.

Sussistono molti problemi relativi alla cronologia della costruzione della Via Cassia: nel '700 Targioni Tozzetti sostenne che la Cassia fosse stata costruita nel 194 a.C.27, ma l'ipotesi è da

scartare, come del resto quella formulata nel XIX secolo da Repetti, il quale sosteneva che la costruzione del tratto Roma-Forum Cassii si dovesse datare al 220-219 a.C.28, ma in nessuno dei

due casi abbiamo dei Consoli o Censori della Gens Cassia.

Bianchi Bandinelli sostiene che la costruzione della Cassia debba essere ricondotta all'anno 171 a.C., probabilmente per il Consolato di Cassio Longino, almeno per il tratto che collegava Roma con Volsinii, mentre al periodo silliano debba essere ricondotto il prolungamento che passando per Chiusi, arrivava ad Arezzo attraverso la Val di Chiana29.

Lopes Pegna ritiene invece, al contrario di Bianchi Bandinelli, che già nella prima fase costruttiva, databile al 193 a.C., la Via Cassia collegasse Roma con Arezzo e che a pochi anni dopo si possa datare il prolungamento verso nord30.

Chevallier è dell'idea che la datazione della Cassia debba essere compresa tra il 154 ed il 125 a.C., considerato che allo stesso periodo possono essere datate altre arterie stradali in direzione nord31.

Qualunque sia la datazione della costruzione del primo troncone della Cassia, comunque probabilmente compreso tra 171 a.C. e 154 a.C., quel che interessa è che in questa prima fase probabilmente la strada doveva unire Roma con Chiusi: questo dato si può ipotizzare osservando la posizione di Forum Cassi, che, come succede per altre vie come ad esempio la via Appia, la via Aurelia, la via Cecilia, la via Claudia, la via Emilia, doveva trovarsi esattamente a metà del percorso.

Unendo percorsi di origine etrusca, probabilmente di poco successiva alla prima viabilità costruita nella prima metà del II secolo a.C., la Cassia doveva unire Chiusi con Arezzo e da qui con Firenze. Inutile soffermarsi sull'importanza che potesse avere l'Arezzo di I secolo a.C. - I secolo d.C. con tutta la val di Chiana, che doveva assumere le sembianze di una grande area industriale dedita alla produzione di sigillata: era quindi indispensabile dotare la città ed il suo territorio di una rete di infrastrutture adeguata.

Intorno al 123 d.C. si data, grazie al miliario di Montepulciano, una variante realizzata tra Chiusi e Firenze con l'obiettivo di accorciare il percorso tra queste due città, tagliando di fatto fuori dal percorso principale Arezzo.

27 TARGIONI TOZZETTI 1768-1779, p. 317 28 REPETTI 1833, p. 715

29 BIANCHI BANDINELLI 1925, p. 508 30 LOPES PEGNA 1951, p. 6

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Il percorso indicato nella Tabula peutingeriana mostra l’ingresso in Toscana attraverso la città di Chiusi-Clusio, subito dopo la strada subisce una divisione in tre rami, presso una mansio chiamata Ad Novas. La strada centrale punta dritto verso Firenze, la seconda passa per Arezzo, raccordandosi poi con la principale, mentre la terza arriva a Siena, per poi raccordarsi con l’Aurelia presumibilmente presso Populonia.

Sull’identificazione di Ad Novas persistono pochissimi dubbi, in quanto sia il dato materiale, sia le indicazioni delle miglia, ci fanno propendere per Acquaviva di Montepulciano, dove venne rinvenuto anche il famoso Miliario oggi conservato presso il museo archeologico di Firenze, in cui si legge che Adriano avrebbe restaurato la strada dal territorio di Firenze, collassata per l’antichità, nel 12332.

Il ramo di strada che si dirige ad Arezzo dovrebbe corrispondere a quella che viene definita come Cassia Vetus e non si trovano mansio nella TP. L’indicazione della distanza è di 24 miglia, corrispondenti a 35,5 km. In linea d’aria la distanza è circa 40 km: un errore accettabile se si considera la distanza notevole.

L’IA invece, elenca tra Chiusi ed Arezzo una mansio, chiamata Ad Statuas e localizzata a 12 miglia dalla prima città e a 25 miglia dalla seconda: Guazzesi la colloca in località presso Ponte a Valiano33, Gamurrini la colloca in località Salarco, presso Gracciano, dove, secondo l’autore, si

sarebbe trovato il confine tra le due città34 e Martinori la identifica tra Acquaviva e Foiano35. Sulla

mansio si esprime anche Lopes Pegna, collocandola a Petrignano36. Allo stesso modo è indicata una

mansio tra Arezzo e Firenze, chiamata Ad Fines sive Casas Caesarianas, localizzata a 25 miglia dalle due città. L’identificazione della mansio non è mai stata messa in discussione, considerato che Guazzesi, Gamurrini, Miller, Lopes Pegna e Sterpos la identificano con S. Giovanni Valdarno. Patitucci Uggeri aggiunge una precisazione nel merito, affermando che la struttura di servizio dovesse trovarsi a sud di S. Giovanni, dove dal 1014 si trova il toponimo Rivus Finis o Riofini37.

La Cassia Nova invece, superata la mansio di Ad Novas, proseguiva in val di Chiana per 9 miglia, raggiungendo la località di Ad Graecos. Stopani sostiene che tale località possa essere Bettolle38,

Maroni afferma che invece sia località Valcortese39, mentre per Patitucci Uggeri la pieve di

Sinalunga doveva essere sia Ad Graecos sia Ad Mensulas, ovvero una mansio che si trova sul

32 CIL. XI2, 6688. Per una descrizione del miliario si veda MARONI 2001, p. 21. Per l’identificazione di Acquaviva di Montepulciano come Ad Novas, si veda lo stessa Maroni (p. 30), STOPANI 2011, GAMURRINI 1898, p. 274, LOPES PEGNA 1953, p. 428, PATITUCCI UGGERI 2009, pp. 373-380

33 GUAZZESI 1761 34 GAMURRINI 1898, p. 274 35 MARTINORI 1930, pp. 114-122 36 LOPES PEGNA 1953, p. 428 37 PATITUCCI UGGERI 2004, pp. 168-169 38 STOPANI 2011 39 MARONI 2001, p. 28

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diverticolo per Siena40 (fig. 2). Il dipinto di Ignazio Danti del 1583 e chiamato Italia Antiqua mostra

la corrispondenza delle mansiones Ad Novas e Ad Statuas41.

Lasciandoci alle spalle Ad Graecos, dopo XII miglia si arrivava, stando alla TP, alla mansio Ad Ioglandem: Gamurrini la colloca presso Rigomagno, Lopes Pegna a Ciggiano.

La stazione successiva è chiamata nella Peutingeriana Umbro Flumen, proprio come quella che incontreremo nel percorso senese: nel caso specifico, la localizzazione di questa struttura viaria ha creato moltissimi problemi. Il fiume Ombrone ha le sorgenti nel comune di Castelnuovo Berardenga (SI), presso San Gusmè, quindi in un’area in cui difficilmente doveva passare la strada per Firenze, perché fuori rotta. Oltre a questo, bisogna considerare che l’Ombrone, prima della piana di Buonconvento, è poco più che un torrente e quindi è alquanto improbabile immaginare che si chiamasse una località, comunque importante, con il nome di un piccolo corso d’acqua come tanti altri. Nella Peutingeriana l’Ombrone è rappresentato con le sorgenti nell’Appennino: è possibile che la raffigurazione sia il frutto di un allegorica rappresentazione di un sistema fluviale (comunque non reale) composto da Ombrone-Ambra-Arno. Potrebbe quindi trattarsi di un errore di trascrizione, con il nome che si trasformerebbe in Ambra Flumen. Sono di questa opinione gli autori Gamurrini e Miller, mentre Maroni non la pensa così42.

Interessante è anche il caso della mansio successiva, chiamata Bituriha o Biturigia: nella TP la località è raffigurata con le due torrette equiparandola ad una vera e propria città: è l’unico caso della Toscana insieme a Ad Taberna Frigida sull’Aurelia. Maroni identifica la località con il colle di Castellina Vecchia (Castellina in Chianti - SI), dove sono stati individuati i resti di un abitato in vita dal VII secolo a.C. all’età romana, mentre Tracchi colloca la località presso la pieve di San Pancrazio a Cavriglia43.

Una visione completamente diversa e che scompone l’unità della TP è quella offerta da Chellini, il quale sostiene che la strada Arezzo-Firenze rappresentata sia in realtà la fusione della Cassia con il percorso che, attraversando la valle del Tevere, portava a Cesena e Ravenna: in quest’ottica Bituriha sarebbe la medievale Biturrita44.

Superata Bituriha, dopo XIV miglia, la Cassia arrivava a Ad Aquileia, ultima sosta prima di Firenze. La collocazione del Miller è a Figline Valdarno45 (fig. 3), mentre Tracchi la pone in località

Mugnana nel comune di Greve in Chianti46. 40 PATITUCCI UGGERI 2009, pp. 373-380 41 Immagine in MARONI 2001, p. 27

42 La viabilità rappresentata da Maroni è molto complessa e muta moltissimo i percorsi della TP. 43 TRACCHI 1978

44 CHELLINI 2003 45 MILLER 1916, p. 289 46 TRACCHI 1978, p. 136

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Con l’arrivo della Cassia a Firenze, la strada subiva una biforcazione (stando alla TP)47: un ramo

doveva seguire il fiume Arno fino a Pisa, mentre un altro doveva percorrere la parte settentrionale della grande vallata, attraversando Pistoia e Lucca. A Pisa il percorso “fluviale” doveva ricongiungersi con l’Aurelia, che poi si sarebbe ricongiunta con il secondo ramo della Cassia a Luni.

Il tratto più a nord del doppio percorso attraversa Ad Solaria, località che il Guazzesi pone a Pizzidimonte48 e che trova d’accordo anche Targioni Tozzetti49. La teoria è stata poi sostanzialmente

ripresa anche in seguito agli scavi urbani nel palazzo Pretorio50. Una recente interpretazione,

effettuata a seguito di scavi archeologici nel comune di Calenzano, evidenzia la possibilità che Ad Solaria possa effettivamente essersi trovata in questo luogo51 (fig. 4).

A 9 miglia dopo Ad Solaria e 6 prima di Pistoia si trova la mansio Hellana. Solari, sfruttando esclusivamente la toponomastica antica, riconosce la località viaria nel comune di Agliana (Provincia di Pistoia)52.

La località indicata nella TP che si trova tra le città di Pistoia e Lucca è chiamata Ad Martis: per Galeotti dovrebbe essere interpretata con Pescia53. Tale interpretazione è ripresa da Baldesseroni54,

ma i due autori utilizzano esclusivamente la toponomastica, talvolta anche forzandone il valore e comunque considerandola come privilegiata fonte per la ricostruzione della topografia antica. Più recentemente Ciampoltrini propone, anche se in modo estremamente velato, una corrispondenza tra la località citata in TP e Montecarlo-San Pietro in Campo55 (fig. 5).

Superata poi Lucca, la TP indica un’altra mansio, prima che la strada si ricongiunga con l’Aurelia a Luni. È chiamata Forum Clodi ed è stata localizzata a Camaiore o nel suo territorio56, oppure nella

località Fivizzano57, lungo una direttrice di più ampio respiro, che doveva collegare Lucca con

Parma, oppure con una vicina località chiamata Gragnola58.

Per quanto riguarda il percorso che abbiamo definito “fluviale” invece, la prima località indicata nella TP dopo Firenze si chiama Arnum flumen: tale toponimo è stato collocato in diverse luoghi, come ad esempio a Ponte di Mezzo presso Artimino59, a Montelupo Fiorentino, vicino a Ponte a 47 UGGERI 2015

48 GUAZZESI 1761, p. 234

49 TARGIONI TOZZETTI 1768-1779, p. 237-238 50 FRANCOVICH et alii 1978

51 POGGESI et alii 2012, p. 311, PASINI et alii 2016, p. 171 52 SOLARI 1920, pp. 300-301

53 GALEOTTI 1999, p. 9 54 BALDASSERONI 1784, p. 13 55 CIAMPOLTRINI 2008, p. 107

56 FABIANI-PARODI 2013. Altri autori hanno optato per un percorso litoraneo dell’ultimo tratto di Cassia, come ad esempio Cramer, Cluvier, Lapie.

57 BARONI et alii 2000 58 CONTI 1924, p. 160 59 PUCCI 1984, p. 18

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Elsa60. A differenza di Arnum Flumen, la seconda struttura viaria (In portu) è abbastanza certa ed è

stata riconosciuta da diversi autori in Empoli61, anche se Mosca la identifica con la vicina San

Miniato Basso62.

L’ultima mansio prima di Pisa è chiamata Valvata e forse, tra le tre di questo tratto di strada, è quella maggiormente dubbia. Viene collocata da Garzella e Ceccarelli Lemut a Cascina63, mentre

Morelli la colloca in località Barbata, nel comune di Montopoli in val d’Arno (PI), utilizzando prettamente il dato toponomastico64.

Tornando verso sud, rimane da trattare il ramo della Cassia che, discostandosi dalla viabilità principale, raggiunge Siena e poi si riallaccia all’Aurelia nei pressi di Populonia. Nell’IA tale percorso non viene indicato, mentre nella TP tra Ad Novas e Sena Iulia si trovano tre mansiones (Manliana, Ad Mensulas e Umbro Flumen), mentre nel tratto che va da Siena a Populonia si trovano due strutture di servizio, chiamate Ad sextum e Aque Populanie.

Il primo tratto è stato al centro di un dibattito molto acceso, che ha portato gli studiosi, tra XIX e XXI secolo, a conclusioni molto diverse: in questo caso non si tratta soltanto di individuare la corretta posizione dei luoghi indicati in TP, ma di comprendere il percorso della strada, che dai diversi studiosi è stato fatto passare per vallate anche molto lontane tra loro.

Gamurrini non localizza Manliana, e per quanto riguarda ad Mensulas afferma che si dovesse identificare con la località Misuglio (attualmente Matrichese), poco distante da Montalcino, tralasciando infine Umbro Flumen65. Interessante è la localizzazione di ad Mensulas, in quanto

attualmente è opinione comune che si debba localizzare a Sinalunga, dove esiste anche oggi la pieve di San Pietro ad Mensulas e che viene identificata con la pieve di Sancta Mater Ecclesia in Mesolis citata in un documento datato al 714, all'interno dell'elenco delle pievi fonte di controversia tra i Vescovi di Siena e Arezzo.

Verosimilmente la visione di Gamurrini è figlia, rivisitata e completata, di quella di Cramer, il quale faceva passare il diverticolo grosso modo nello stesso areale, ovvero attraverso parte della val d'Orcia e poi per la val d'Arbia, identificando ad Novas con Montepulciano, Manliana con Pienza, ad Mensulas con Montalcino e Umbro Fl. con un generico punto sull'Ombrone66.

A metà del XX secolo Lopes Pegna formula una nuova interpretazione, che sarà destinata ad influenzare il tracciato del diverticolo senese per i decenni successivi (Fig. 3.6): l'autore identifica la

60 Per le due interpretazioni si veda: RISTORI 2005, p. 60

61 PUCCI 1984, p. 19, RISTORI 2005, p. 48, ALDERIGHI et alii 2010, p. 32 62 MOSCA 1999, p. 168

63 GARZELLA-CECCARELLI LEMUT 1986, pp. 50-58 64 MORELLI 2010, p. 130

65 GAMURRINI 1898, p. 274 66 CRAMER 1826, p. 248

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mansio di ad Mensulas nella Pieve di Sinalunga (oggi chiamata San Pietro a mensole), rivoluzionando così il tragitto e facendo insistere la viabilità molto più a nord rispetto alle precedenti visioni, lungo la Val di Chiana. Secondo questa teoria, ad Novas continuava ad essere Acquaviva di Montepulciano, la località Sol di Strada nel comune di Torrita di Siena doveva essere Manliana, quindi come già detto la Pieve di Sinalunga come ad Mensulas e Rapolano per Umbro Fl67.

Maroni riprenderà buona parte di questa visione ponendo proprio San Pietro a mensole come lampante evidenza del passaggio lungo la val di Chiana della Cassia senese68.

L'autore per giustificare le sue interpretazioni antepone alla sua narrazione il principio secondo il quale la Tabula Peutingeriana, nell'areale compreso tra Chiusi e Firenze, deve contenere una gran quantità di errori, non solo per quanto riguarda le distanze, ma anche per la collocazione lungo i vari tracciati delle mansiones, oppure la soppressione di queste e addirittura per errori nella trascrizione del tracciato viario da parte dei copisti medievali69.

Maroni è concorde nel porre la mansio di ad Novas nei pressi di Montepulciano: del resto troppo forte è la prova del miliario di Montepulciano, per non poter essere tenuta in considerazione.

Per quanto riguarda Manliana, la collocazione scelta risulta essere la località Le Gore, nei pressi di Torrita di Siena e per ad Mensulas la pieve di Sinalunga, ma ciò che sorprende maggiormente nella narrazione è che la città di Sena Iulia, non viene identificata nella città di Siena, ma viene ricondotta ad un municipio romano non ancora archeologicamente rilevato, ma che doveva sorgere in corrispondenza del toponimo Piazza di Siena, vicino a Trequanda; la presenza di una città romana è giustificata, a detta del Maroni, dall'esistenza su uno dei due colli interessati dalla presenza di muri a secco ritenuti di epoca preistorica, mentre sull'altra collina sono stati rinvenuti resti di anfore. La Cassia del Maroni deviava oltre ad Mensulas per Sena Iulia e da qui puntava, attraverso i comuni di San Giovanni d'Asso, San Quirico d'Orcia e Montalcino (comune dove pone la mansio di ad Sextum), nel grossetano e quindi al mare, per ricongiungersi all'Aurelia.

Il ramo principale della Cassia invece, una volta lasciata alla spalle Manliana, continuava verso nord, attraversando l'Ombrone in località San Biagio di Armaiolo, proseguiva attraverso la località Valcortese (ad Graecos), il bivio per San Marcellino (ad Ioglandem), Bituriha (Radda in Chianti), ad Aquileiam (Pievecchia di La Panca), per arrivare infine a Firenze.

Maroni infine prevede una viabilità che doveva arrivare ad una città omessa da Plinio in particolare, chiamata Saena e che doveva ovviamente essere l'attuale Siena: questo percorso doveva distaccarsi

67 LOPES PEGNA 1953, p. 428 68 MARONI 2001

69 Errori di trascrizione nei tracciati da parte dei copisti medievali è un dato abbastanza condiviso da parte degli autori. A titolo di esempio si veda STANCO 1996, p. 85

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dalla Cassia non solo più a sud della mansio ad Novas come indica la Tabula Peutingeriana, ma addirittura prima di Chiusi, ovvero in prossimità di Bolsena e da qui arrivare ad Acquapendente per poi entrare in val d'Orcia e battere il percorso che nei secoli successivi sarebbe stata la via Francigena (fig. 6).

Questa ipotesi deriva, reinterpretandola, dalla proposta di Miller, il quale nel 1916 identificava la mansio Umbro Fl. in corrispondenza del punto in cui il fiume Arbia affluisce nell'Ombrone facendo proseguire la strada attraverso San Quirico d'Orcia, Radicofani, Acquapendente, fino a Bolsena70.

Umbro Fl. in questa lettura sarebbe stato un crocevia, considerato che le mansiones intermedie di Manliana e ad Mensulas, si inserivano in un ulteriore ramo stradale, che univa Saturnia con Siena e vengono localizzate dall'autore rispettivamente in località Petricci e a Stazione Monte Amiata. Questa idea del doppio percorso è stata recentemente ripresa da Patitucci Uggeri, la quale propone una strada che, distaccatasi da Bolsena, attraversava il fiume Pallia in due punti e faceva il suo ingresso in val d'Orcia attraversando Bagno Vignoni, San Quirico d'Orcia, Torrenieri ed infine Buonconvento, dove viene localizzata la mansio di Umbro Fl. (per esattezza l'insediamento romano viene identificato intorno alla pieve di Percenna), per poi giungere a Siena71.

Lungo il ramo principale della Cassia adrianea, per ad Novas viene confermata la posizione di Acquaviva di Montepulciano, la Pieve di Sinalunga sarebbe da riconoscere sia come la mansio ad Mensulas, sia con quella di ad Graecos, fino ad un nuovo attraversamento dell'Ombrone, ipotizzato in località Colonna del Grillo; da questo punto la viabilità doveva deviare verso ovest e raggiungere Siena.

Tra le varie interpretazioni e proposte della viabilità antica che doveva collegare Chiusi con Siena, pubblicate dagli autori dall'800 ad oggi si può effettuare una schematizzazione in tre categorie: - Deviazione meridionale: strada passante per la val d'Orcia e la val d'Arbia.

- Deviazione settentrionale: strada passante per la val di Chiana.

- Soluzione intermedia: individuazione di due tragitti, uno passante per la val d'Orcia e la val d'Arbia e uno per la val di Chiana.

Tra queste tre soluzioni quella della deviazione meridionale è quella più antica e deve essere analizzata in un'ottica di coerenza, considerato che il ramo senese, una volta diviso dalla Cassia adrianea per Firenze all'altezza di Montepulciano, non poteva correre parallelo e a poca distanza dalla viabilità principale per circa 30 km.

La ragion d'essere della seconda interpretazione è abbondantemente influenzata dalla già citata pieve di Sinalunga, denominata San Pietro ad Mensulas. Questa visione è stata poi completata dallo

70 MILLER 1916, pp. 295-296

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scavo della mansio di Pantani Le-Gore, la quale è stata interpretata come Manliana, sia tenendo conto delle distanze sulla Peutingeriana, sia del toponimo poggio di Magliano (fig. 7).

L'interpretazione, per così dire di compromesso, enunciata da Miller e poi ripresa per certi aspetti da Maroni e dalla Patitucci Uggeri, rappresenta una realtà viaria più complessa, in cui benchè la strada indicata dalla Peutingeriana sia quella della Chiana, troppo forti sono i segnali Orciani (non ultimo quello della continuità di vita con la Francigena) per non far pensare all'esistenza, già in età imperiale, di una importante viabilità.

Quest'ultima visione, sotto un'ottica ricostruttiva generale, è probabilmente la più completa, visto che attualmente dagli indicatori che abbiamo a disposizione non possiamo escludere con certezza nessuna delle due alternative; inoltre deve essere tenuto in considerazione il fatto che l'una e l'altra ipotesi non devono per forza escludersi a vicenda. Il sistema stradale di Miller sembra quindi quello che più si adatta alla complessità dell'area.

Ciò che però non convince in assoluto in questa visione di compromesso (ed in altre che applicano lo stesso metodo) è la necessità di dover spezzare la linearità del tracciato per come viene rappresentato nella Tabula Peutingeriana, la successione delle stazioni, l'abolizione di alcune di queste, senza poi spiegarne in modo esaustivo il perchè, ma limitandosi a portare esempi in altre parti della Carta dove sussistono evidenti errori. In quest'ottica il documento dipinto si trasforma non tanto in uno strumento di confronto con la realtà del territorio, ma in un semplice elemento di giustificazione quando le ipotesi coincidono, passando poi sotto silenzio in tutte le altre circostanze. Se è fuori dubbio che la Tabula non rappresenti una perfetta immagine della realtà, è necessario capire prima di tutto quali siano gli errori che è possibile certificare e quindi certi, quelli probabili per i quali è difficile dimostrare la veridicità del documento e quelli possibili, dedotti dalle nostre interpretazioni.

Analizzando la carta appare evidente che lo schema della viabilità sia esatta (tranne qualche singolo errore), che la successione delle mansiones sia nella grande maggioranza dei casi da ritenersi affidabile e che invece spesso le distanze indicate possono essere sbagliate72 nella seguente casistica

di errori:

- Interpolazione: scambio della distanza X tra i punti A e B con la distanza Y tra i punti B e C - Omissione: mancanza di una distanza

- Caduta o aggiunta: una distanza VI si trasforma in VII, oppure il contrario

- Confusione: un numero viene confuso per un altro, come ad esempio II scambiato per V, V scambiato per X, IV scambiato per VI73.

72 QUILICI-QUILICI GIGLI 2003, p. 196, nota n. 69 73 CHEVALLIER 1976, p. 29

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Uno degli errori di cui possiamo dirci certi è quello della distanza che intercorre tra il fiume Ombrone e Siena: nella Peutingeriana in effetti è indicata la distanza di VI miglia (quindi circa 8,8 km) tra Sena Iulia e Umbro Fl., ma osservando il territorio si può osservare che non esiste un luogo in cui il fiume Ombrone passa a così poca distanza dalla città.

Il luogo più vicino a Siena del fiume Ombrone è nei pressi della sorgente a circa 16 km di distanza; dato il fatto che è altamente improbabile che esista un luogo di attraversamento di un fiume nei pressi di una sorgente, appare improbabile che la mansio possa essere localizzata in questo luogo. L'Ombrone dalla sorgente fino a La Befa, ovvero quando bruscamente devia il proprio corso verso sud, risulta essere ad una distanza grosso modo costante da Siena, tra i 17 ed i 23 km74: ed è proprio

in questa forchetta (estremamente ampia per la verità, se si considera che si parla di circa 30 km) che dovremo individuare la mansio di Umbro Flumen, quella più incerta.

Prendiamo adesso in considerazione le proposte di Maroni, Cramer, Paticucci Uggeri, Gamurrini e Lopes Pegna, per cercare di capire la loro affidabilità interpretativa.

La viabilità disegnata da Maroni ha in partenza un grande vizio interpretativo, ovvero il negare che la Sena Iulia indicata negli itinerari sia Siena. Questa supposizione è inaccettabile, soprattutto se si considera che l'autore porta a sostegno della sua tesi argomentazioni estremamente poco significative: sostenere che si possa individuare una città (non un piccolo insediamento rurale) da poche labili tracce come alcuni “manufatti in superficie consistenti in resti di anfore ed elementi fittili” e “muri a secco ritenuti di epoca preistorica”75, è archeologicamente alquanto bizzarro. Da

questa grande abbaglio decade tutta l'argomentazione successiva.

La visione di Cramer, se da un lato risulta essere illuminante perchè intuisce la possibilità del passaggio orciano, si limita sostanzialmente a mettere in fila gli agglomerati antropici più importanti a lui contemporanei, trascurando però di prendere in considerazione le evidenze storiche e archeologiche.

Paticucci Uggeri invece disegna il diverticolo della Cassia per Siena in modo estremamente logico, ma anche questa autrice è costretta, al fine di dare una coerenza alla sua interpretazione, a dividere il percorso in due rami e a distribuire o a duplicare le mansiones tra le due strade. Avremo quindi Ad Mensulas sulla val di Chiana (Sinalunga), Manliana in un non preciso punto della val d'Orcia, due Umbro Fl.

Le ultime due ipotesi sono invece quelle che, per motivi opposti, devono essere maggiormente essere prese in considerazione; se Lopes Pegna e Gamurrini sostengono il primo un percorso chianino ed il secondo un percorso orciano, ambedue per coerenza deduttiva e applicativa

74 Misura in linea d’aria 75 MARONI 2001, p. 58

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necessitano di una profonda analisi: la visione comune dei due autori è quella di lavorare in prima battuta sulla Tabula Peutingeriana, senza stravolgere lo schema viario proposto e di postulare esclusivamente nelle circostanze in cui non esiste una valida alternativa.

Curiosamente le conclusioni sono opposte: Lopes Pegna pone ad Novas in località Acquaviva di Montepulciano, Manliana nei pressi di Torrita di Siena, considera come madre delle evidenze il nome della Pieve di Sinalunga, collocando qui ad Mensulas e in ultima battuta identifica per una ragione di logica spaziale Umbro Fl. in Rapolano.

La distanza indicata nella Tabula Peutingeriana tra Chiusi e ad Novas è VIIII, corrispondenti a circa 13,3 km, mentre nella realtà la distanza tra le due località è di circa 12,8 km; l'errore è del -4%, quindi altamente affidabile.

Per il tratto di viabilità ad Novas-Manliana la Tabula indica una distanza di 11,8 km, mentre per arrivare a Torrita di Siena da Acquaviva di Montepulciano si deve percorrere 10 km: l'errore che si ottiene è significativo (-15,3%), ma ancora ampiamente accettabile.

Per il successivo segmento Manliana-Ad Mensulas abbiamo come dato 26,6 km, quando però la distanza tra Torrita di Siena e Sinalunga è di 4,9 km, per un errore del -81,5.

Il tratto ad Mensulas-Umbro Fl. ha una indicazione di 23,6 km, mentre la distanza tra Sinalunga e Rapolano è solo di 15,4 km (-34,7%).

L'ultima distanza, quella che comunque è maggiormente soggetta ad errore, per ciò che precedentemente è stato detto sulla distanza tra Siena e Ombrone, è di 8,8 km sulla carta e di 21,4 km nella realtà; abbiamo quindi un errore del 143%.

Gamurrini invece individua esclusivamente le mansiones di ad Novas-Acquaviva di Montepulciano e di ad Mensulas-Matrichese; la somma delle distanze ad Novas-Manliana e Manliana-ad Mensulas è di circa 38,4 km sulla Tabula e la distanza misurata tra Acquaviva di Montepulciano e il colle del Matrichese è di 30,5 km per un errore del -20,6% circa, mentre la somma delle distanze ad Mensulas-Umbro Fl. e Umbro Fl-Sena Iulia sulla Peutingeriana è di circa 32,4 km e quella Matrichese-Siena è di circa 31,6 km, per un corrispondente errore del -2,5%.

Se quest'ultimo autore semplifica enormemente la viabilità (per esempio accenna anche alla possibilità che la deviazione senese della Cassia potessere essere poco dopo Chiusi), individuando soltanto una delle tre mansiones incerte (ad Novas la possiamo collocare con una buona affidabilità in località Acquavia di Montepulciano), osservando gli errori delle misurazioni, appare di gran lunga il percorso dotato di più coerenza.

A questo punto è necessario prendere in considerazione il perchè della scelta di Gamurrini di collocare Ad Mensulas presso il colle del Matrichese nel comune di Montalcino: egli sostiene che alcuni autori hanno affermato che Ad Mensulas “si pone a due miglia sotto Montalcino al Misuglio

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o alla Matrichese, dove nell'VIII secolo esisteva una pieve chiamata Sancta Mater Ecclesia ad Mensulas”76.

Questa informazione era stata ricavata da Repetti, il quale non tralascia di annotare l'eventualità della collocazione della pieve S. Maria Matris Ecclesiae in Misulas in località Matrichese, anzi affermando che c'è ragione di credere in questo.

Il toponimo ad Mensulas ha un'origine geografica, in quanto deriverebbe da mesula, che deve essere inteso come luogo pianeggiante; oltre a questa considerazione, bisogna tenere presente che, nonostante l'apparente singolarità del termine, questo toponimo è tutt'altro che raro, considerando proprio il suo significato geografico.

Poco lontano dal contesto geografico che stiamo prendendo in considerazione infatti troviamo un fiume Mensole, che nasce nel comune di Fiesole (FI) e si getta in Arno: in questa zona abbiamo anche un borgo chiamato Ponte a Mensola e una chiesa denominata San Martino a Mensola, probabilmente con un'origine di IX secolo (la chiesa, non il toponimo).

Oltre a questi si possono trovare altri toponimi simili, come ad esempio il castello di Pietra Mensola (FI) e la chiesa corrispondente di Sant'Andrea a Pietra Mensola, la chiesa di Santa Maria di Mensola (FI), Mesola (FE), Montemesola (TA).

Questi esempi vogliono dimostrare come un toponimo di derivazione geografica come Ad Mensulas, oltretutto non univoco come potrebbe apparire, non possa bastare a identificare con assoluta certezza una mansio romana e una pieve di VIII secolo con l'attuale chiesa di San Pietro ad Mensulas.

Oltre a ciò deve essere considerato il fatto che confronti di pievi che conservano il toponimo di una mansio o di un vicus romano sono alquanto scarsi: oltre probabilmente al caso sardo di S. Giovanni battista di Nurachi, che può essere ricollegato alla mansio di ad Nuragas, un esempio può essere quello dell'Ecclesia Sancti Alexandri quae est in Baccanis, che per l'appunto ripropone il nome della mansio di ad Baccanas sulla Via Cassia e del vicus associato Vicus Baccanensis, citato dall'autore della passio di Sant'Alessandro, che proprio in questi luoghi sarebbe stato martirizzato

tra V e VI secolo77.

Per questo insediamento, scavato recentemente e per quasi la totalità, si deve contemplare una realtà insediativa di grande livello, con un ruolo di rilevanza connesso con la viabilità e con un luogo di mercato, riunione e forse di amministrazione della giustizia del comprensorio, riconosciuto nella piazza forense scavata. Anche se il sito risulta essere abbandonato durante il V secolo, è possibile concepire una continuità di vita del toponimo di un insediamento di tale importanza che è perdurato

76 GAMURRINI 1898, p. 273 77 REPETTI 1839, p. 290

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fino alla metà dell'XI secolo, quando è attestata la chiesa.

Questo stesso fatto è più difficile da ipotizzare per Sinalunga, che doveva trattarsi (se realmente in quel luogo si debba riconoscere ad Mensulas) di una piccola mansio ed in ogni caso, si veda ad Baccanas, stiamo parlando di scavi effettivamente svolti per accertare l'indizio toponomastico78.

Le ultime mansiones che analizzeremo sono quelle nella strada Siena-Populonia. La prima è chiamata Ad Sextum e nella TP si trova a 16 miglia da Siena e a 33 miglia da Aque Populanie79.

Oltre all’interpretazione del Maroni che la pone nel comune di Montalcino, si sono sviluppate altre ipotesi sul posizionamento di questa struttura stradale. Una di queste pone la località a Papena, nel comune di Chiusdino80: poco prima di Papena-Ad Sextum, ovvero in Pian di Feccia, si doveva

trovare una biforcazione per Roselle. In realtà, la ricognizione eseguita da Nardini nel territorio di Chiusdino non ha evidenziato nessuna frequentazione romana nell’area di Papena, evidenziando quindi l’improbabilità di questa interpretazione81.

Nel 2003, durante alcuni lavori di restauro della pieve di S. Giovanni Battista a Ponte allo Spino nel comune di Sovicille sono state rinvenute una serie di strutture romane, riconducibili a resti murari pertinenti ad un edificio forse residenziale datato al I secolo d.C. e dei resti di tre mosaici con tessere bianche e nere. Le operazioni di ricognizione archeologica hanno poi evidenziato la presenza, intorno alla pieve, di un complesso romano con una dispersione di reperti di 5 ettari interpretato come villa. Godino e Sorge affermano che non è possibile, allo stato attuale delle evidenze, affermare che possa trattarsi di Ad Sextum, ma dicendolo, non escludono implicitamente il contrario82.

Aque Populanie invece è stata localizzata da Cambi presso i Bagni di Gavorrano83, mentre Fiumi,

riprendendo il Repetti, afferma che non si trovava nella strada che stiamo trattando ma lungo l’Aurelia, tra Populonia e Volterra e la colloca in località Bagno del Re (Bagnaccio) nel comune di Monterotondo Marittimo84. Una recente interpretazione vede la struttura in località Bagni della

Leccia vicino al podere Ribattola, vicino a Sasso Pisano, nel comune di Castelnuovo in val di Cecina85.

La Via Aurelia e la Via Aemilia Scauri

78 L’analisi del diverticolo della cassia tra Ad Novas e Siena è un ampliamento di BERTOLDI 2013

79 Il toponimo è indicato, oltre che nella TP, anche nella Cosmografia dell’Anonimo Ravennate e nella Geografia di Guidone

80 Il primo a formulare questa ipotesi è stato Lopes Pegna (LOPES PEGNA 1953, p. 390) 81 NARDINI 2001, pp. 98-99

82 GODINO-SORGE 2014 83 CAMBI 2003, pp. 106-109

84 FIUMI 1943, REPETTI 1833, pp. 229-231 85 DONAHUE 2015 p. 329

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Conquistata la supremazia sulle popolazioni etrusche, i romani iniziarono un vera e propria politica egemonica delle coste Tirreniche, dagli inizi del III secolo a.C., attraverso la conquista di Roselle, la fondazione delle colonie di Castrum Novum, Cosa, Alsium, Graviscae, Pyrgi e Luca.

Il nome dell’Aurelia è citato fin dalla prima metà del I secolo a.C., anche se sussistono sostanziali dubbi su chi sia stato il fondatore: potrebbe essere stato C. Aurelius L. f. Cotta, censore del 24186,

oppure C. Aurelius C. f. Cotta, console nel 20087, oppure L. Aurelius L. f. Orestes, console nel 12688.

In ogni caso la via Aurelia è sicuramente stata costruita precedentemente della Via Aemilia Scauris, che ne sarebbe la prosecuzione oltre Salebrum per Pisa, Genova, Tortona, realizzata nel 115 o nel 109 da M. Aemilius M. f. Scaurus. A Tortona la via si ricollegava quindi alla Via Postumia.

Nell’antichità la Via Aurelia e la sua prosecuzione devono essere stati poco utilizzati: la ragione deve essere vista negli eccessivi dislivelli che c’erano nella costa tirrenica. Si preferiva passare per Piacenza puntando poi verso Rimini ed infine Roma.

Anche se l’Aurelia Nova (o Aemilia Scauri) venne costruita soltanto verso la fine del II secolo a.C. è molto probabile che un collegamento con Populonia e Pisa esistesse già prima: ciò spiegherebbe l’importante ruolo delle due città nella romanizzazione dell’Etruria. Citter ritiene che la proposta più affidabile sulle fasi di costruzione e sui percorsi delle vie in oggetto sia: Aurelia Vetus, costruita tra il 259 ed il 241 da Roma a Pisa, Aurelia Nova costruita tra il 200 e il 144 da Pisa a Luni, Aemilia Scauri costruita tra 115 e 109 da Roma a Luni e caratterizzata da un tracciato più interno89.

L’Aurelia Vetus doveva avere un percorso quasi litoraneo90, vicino alle lagune e alle paludi della

costa tirrenica, con particolare riferimento al Lago Prile e al padule di Castiglione della Pescaia. Il punto più dibattuto del percorso dell’Aurelia Vetus è quello dell’attuale piana di Grosseto, che in buona parte, nell’antichità, corrispondeva al Lago Prile. Una tradizione di studi ha sostenuto che la strada, superato l’Ombrone, proseguiva sul tombolo, assumendo una direzione rettilinea per arrivare ad una località chiamata Salebrona ( che in quest’ottica deve essere interpretata come la stessa Salebrum-Castiglione della Pescaia): la base di questa teoria era la notizia del rinvenimento di un pezzo di basolato nell’area del tombolo durante il XVIII secolo e un’interpretazione della Tabula Peutingeriana e dell’Itinerario Antonini. In realtà l’impossibilità di questa teoria è stata ampiamente dimostrata da Citter, considerando anche che la chiusura del tombolo è avvenuta solo nel XIV secolo91.

Superata Cosa, la viabilità dovrebbe essere abbastanza certa per le prime tre mansiones, che

86 MILLER 1916, p. 233 87 TOYNBEE 1965, p. 660 e ss. 88 RADKE 1981, p. 288 89 CITTER 1996a, p. 92

90 Un dato a favore di questa ipotesi è la notevole coincidenza tra la Via Aurelia Vetus e l’Itinerarium Maritimum. 91 A proposito si veda CITTER 2007 e ARNOLDUS HUYZENVELD-CITTER 2015, p. 6

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dovrebbero essere Albinia Flumen, Telamone e Hasta (fig. 8). Con il passaggio del fiume Ombrone invece le cose si fanno più complicate: in particolare le problematiche sono legate alla mancata presenza nella Tabula Peutingeriana di Roselle, fatto alquanto singolare se si considera che le città sono considerate come i principali luoghi di sosta e che la strada la eviterebbe di pochissimi chilometri e all’esatto posizionamento della mansio Saleborna, che viene collocata a Castiglione della Pescaia92, presso la Fattoria Il Lupo nel comune di Gavorrano93 o addirittura più a nord vicino

a Scarlino94.

Il passaggio della strada è accertato nei pressi del puntone di Scarlino, grazie alle interpretazioni di foto aeree e ricognizioni95.

Altri dubbi permangono sull’ubicazione di Manliana: Cambi la riconosce in Portiglioni96 (fig. 9),

Mazzolai afferma che si trovava in Pian d’Alma97, Citter presso Bagno di Gavorrano98, mentre la

mansio Populonium dovrebbe essere Vignale (fig. 10), oppure potrebbe trattarsi della stessa Populonia. In questo caso, la stranezza sarebbe che la località viene indicata come una semplice mansio e non come una vera e propria città (ovvero utilizzando l’icona delle due torri). Se non si trattasse di Populonia, troveremmo un corrispettivo con Roselle, essendo che tutte e due non sarebbero presenti nella Peutingeriana.

Oltre Populonia, la prima località indicata nella Tabula risulta essere Vada Volaterrana (fig. 11): il toponimo e soprattutto gli scavi trentennali hanno permesso di individuare il porto citato anche nell’Itinerarium Maritimum. La rete stradale segnalata nella TP è molto complessa e potrebbe rappresentare un fascio di strade piuttosto che una direttrice unica. Anche in questo caso sono state segnalate moltissime varianti interpretative: l’Itinerarium Antonini dice che Vada Volaterrana si trova a 37 km dalla località di Populonium, mentre la stessa indicazione di distanza della TP è sicuramente sbagliata (circa 15 km). Degrassi afferma che l’IA raffigura la via Aemilia Scauri, dove è indicata la mansio Ad Herculem, interpretabile con Torretta Vecchia a Collesalvetti, a 25 da Vada e circa 18 da Pisa. La TP invece indicherebbe il percorso costiero, con la deviazione per Velinis-Volterra fino a Portus Pisanus, con le mansiones Piscinae-Castiglioncello e Turrita- S. Stefano ai Lupi99. In definitiva, in questa visione, superata Vada Volaterrana (Cecina), avremmo avuto un

bivio con tre strade: la via Aemilia Scauri con un percorso simile all’attuale SS 206, una strada per

92 MAZZOLAI 1965, p. 28 93 CITTER 1996a, p. 97 94 RADKE 1981, p. 298 95 CAMBI 2003, p. 110 96 CAMBI 2002 97 MAZZOLAI 1965, p. 30 98 CITTER 1996a, p. 97

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Volterra e una costiera per Pisa e per Portus Pisanus100.

Per Pasquinucci invece lo stato della questione sarebbe diverso: l’IA indicherebbe la strada costiera dell’Aurelia, con Ad Herculem che andrebbe individuata come una mansio nei pressi di Portus Pisanus, mentre la via Aemilia interna sarebbe quella proposta nella TP, con Ad Fines che sarebbe la località S. Maria Ad Finem e Turrita dovrebbe essere Torretta vecchia a Collesalvetti101. In

quest’ottica, dunque, oltre Vada il tracciato dell’Aurelia avrebbe proseguito verso Pisa passando da Castiglioncello, Quercianella, Montenero, Salviano, Portus Pisanus (santo Stefano ai Lupi) e San Pietro a Grado, mentre l’Aemilia avrebbe attraversato la valle del Fine sotto Rosignano e poi proseguito per Pisa attraverso la valle del Tora102. Una variazione a questa interpretazione è quella

proposta da Palermo, il quale ha ipotizzato che la biforcazione tra Aurelia e Aemilia debba essere ricercata più a sud rispetto a Vada, ovvero poco prima del fiume Cecina, presso la località Calcinaiola, dove si trovano un importante toponimo di una pieve (S. Maria apud Mansium) e importanti resti romani. In questo caso la via Aemilia avrebbe proseguito con una viabilità a carattere collinare nella val di Fine103.

Oltre Pisa, nel XVIII secolo Targioni Tozzetti riteneva che l’Aurelia/Aemilia si congiungesse alla Cassia proveniente da Lucca, presso Massaciuccoli104.

Nella TP i centri di Pisa e Luni non sono direttamente collegati, visto che nessuna strada sembra superare l’Arno. Ma data la presenza di una mansio (Fossis Papirianis) oltre il principale fiume della Toscana e l’indicazione della distanza tra questa località e Pisa, sembra accertata la presenza di un errore di trascrizione del copista medievale. È poi riportata una seconda mansio, nominata Ad Taberna Frigida, caratterizzata da una strana vignetta con un’area aperta al centro e con strutture su due lati.

La mansio Fossae Papirianae-Papiriana è citata sia in TP sia in IA: localizzabile nei pressi del lago di Massaciuccoli, il toponimo ricorderebbe le grandi opere idrauliche (canali = fossae) realizzate nella piana in età romana. In particolare, l’ingegnere lucchese Orazio Vannucci avrebbe riaperto alcuni antichissimi canali nel 1615 e fatto un intervento al porto di Viareggio, non lontano dal villaggio antico di Papiriano, derivante dal console romano Papirio.

Papirianus si tratterebbe effettivamente di un prediale, in quanto la famiglia ha legami sia con Lucca sia con Pisa e quindi con il territorio limitrofo105.

100FABIANI 2012, p. 7, da DEGRASSI 1984-1985, pp. 185-190 101CECCARELLI LEMUT-PASQUINUCCI 1991

102FABIANI 2012, p. 7

103Si veda PALERMO 2004, pp. 79-80, mentre Monica Baldassari contesta in parte questa interpretazione (BALDASSARRI-GATTIGLIA 2007)

104TARGIONI TOZZETTI 1768-1779, pp. 406-408

105Per una ricostruzione approfondita dell’argomento e per la documentazione epigrafica sulla famiglia dei Papirii si veda FABIANI 2006, pp. 55-57

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I dubbi legati alla percorribilità o meno della piana in età romana hanno portato a riconoscere tale località con Viareggio, oppure con Massaciuccoli: il complesso romano individuato in quest’ultima zona ha fatto optare molti studiosi per questa opzione (fig. 12). Targioni Tozzetti addirittura ha sostenuto, sbagliandosi, che le terme fossero state di proprietà proprio dei Papirii. In realtà, gli scavi archeologici hanno mostrato che una fistula era stata siglata da L. Veneleius Montanus et L. Venuleius Apronianus106, lasciandoci intendere che fosse stata la famiglia senatoria dei Venuleii a

fondare l’impianto. Il sito è stato al centro di un dibattito sulla sua natura giuridica (proprietà privata o pubblica), mostrando quindi una diversa funzione dei Venuleii (proprietari? fondatori? fornitori di materiale?): negli ultimi tempi Ciampoltrini ha ricostruito tutte le fasi insediative del sito, concludendo che si tratta di una villa residenziale107. Di parere opposto è invece una lunga

schiera di studiosi, che parte da Repetti e che individuano proprio nelle strutture termali di Massaciuccoli la mansio di Fossae Papirianae, anche se bisogna segnalare che le distanze reali e quelle indicate negli itinerari sono discordanti (IX miglia contro XI).

L’ipotesi di una mansio “litoranea” è stata portata avanti da Ciampoltrini, in quanto i ritrovamenti di Pélichet 47 e anfore tardoantiche nell’entroterra di Viareggio hanno mostrato anche in quest’area una importante frequentazione romana108.

La possibilità che la mansio sia interpretabile con Viareggio è quindi forse la più probabile, anche se, a parere di chi scrive, non si può scartare completamente l’ipotesi di Massaciuccoli. Infatti, per quanto riguarda il tema delle distanze, potrebbe trattarsi di un comunissimo errore di trascrizione del copista (IX invece che XI), mentre per la sua natura di villa, non ci sarebbero problemi di una sua doppia natura residenziale e viaria, come i casi di Vignale e Collesalvetti dimostrano109.

Sicuramente meno confusa e comunque molto più condivisa dagli studiosi, appare invece l’identificazione di taberna Frigida (fig. 13): nel punto in cui il fiume Frigido scende nella pianura costiera, nel Medioevo viene costruito l’ospitale e la chiesa di San Leonardo e da questo nasce l’insediamento chiamato Burgo Frigidi. In corrispondenza di questo luogo, si trova anche l’unico ponte sul Frigido nella pianura, citato per la prima volta nel 1191, quando Filippo Augusto torna dalla III crociata. Già Repetti identifica il sito come l’antica Ad Taberna Frigida110, come del resto

fanno anche Miller, Lopes Pegna, Degrassi.

L’unico dubbio è quello delle distanze indicate nella TP e dell’assenza nell’IA; ma anche in questo

106 CIL. XI, 1433a 107 CIAMPOLTRINI 1994

108 CIAMPOLTRINI 1998, pp. 116-117

109 Negli anni trenta del XX secolo sono stati rinvenuti, ai piedi della collina delle terme di Massaciuccoli, di un secondo impianto termale e altri ambienti, molto meno fastosi rispetto ai primi: proprio in quest’area potrebbe trovare posto la mansio (LEVI 1935).

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caso, come in molti altri, le distanze (e l’assenza del toponimo) sono poco indicative rispetto alla “forza” del dato materiale: sono infatti stati rinvenuti, in questa località, un tratto di strada basolata presumibilmente romana, alcuni frammenti di stele funeraria e marmi, murature romane, sepolture. Oltre Ad Taberna Frigida, l’Aurelia-Aemilia sarebbe entrata nell’attuale Regione Liguria, dirigendosi verso la città di Lunae.

Nonostante la massa abbondante, per tutto il percorso, di dati archeologici, le fonti antiche, e la possibilità di avere a disposizione importanti informazioni diagnostiche come la aerofotointerpretazione, il percorso delle vie Aurelia Vetus e Nova e della Aemilia Scauri, non appare ancora chiarito.

Le strade minori romane

Oltre alle due principali direttrici che tagliavano la Toscana in direzione nord-sud, passando lungo la costa (Aurelia-Aemilia Scauri) e nell’interno (Cassia-Clodia) doveva esistere una fitta rete di strade che collegava le varie località della Toscana, le città con i centri minori, i centri minori con le ville e le fattorie. Non ci occuperemo direttamente, in questa sede, di questo fitto groviglio di percorsi che nella maggioranza dei casi doveva essere composto da sentieri di terra battuta, rari selciati, mulattiere. Ci occuperemo invece di alcune direttrici stradali che, nonostante l’estraneità al cursus publicus, dovevano avere un’importante valenza per le comunicazioni e per i commerci. In particolare, i percorsi che sarà più interessante ricostruire sono quelli dei passi appenninici, che collegavano la Toscana con il versante adriatico e con il nord della penisola.

La prima strada è la Via Ariminensis (fig. 14): tale percorso, chiamato anche Via Livia, collegava la città di Arezzo con Rimini e Ravenna. Secondo una recente ricostruzione la strada doveva passare dalle località di Antria, Tregozzano, Ponte alla Piera, Passo di Viamaggio, Badia Tedalda. Tale percorso doveva essere trafficato già prima della romanizzazione e dell’istituzionalizzazione della via, in quanto una direttrice geomorfologicamente agevolata e dove sono attestate frequentazioni preistoriche111.

Un secondo passaggio appenninico che partiva da Arezzo doveva essere la Via Flaminia minor, arrivando a Bologna112 (fig. 15). Tito Livo, nella Storia di Roma, descrive che, per volere del console

C. Flaminio nel 187 a.C., venne costruita la strada, considerato che “… ogni preoccupazione di guerra era ormai bandita da tutta la provincia, per non lasciare in ozio i soldati, fece costruire una strada da Bologna ad Arezzo”, che forse doveva passare anche da Fiesole.

Spostandoci verso l’area senese-grossetana, doveva esistere un percorso che collegava Chiusi con

111 NESCI-SACCO 2011, p. 111 112 AGOSTINI-SANTI 2000, p. 18-19

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Roselle. Tale percorso, ipotizzato da Firmati, doveva essere una direttrice commerciale di lunghissima durata, mai del tutto istituzionalizzata, ma le cui tracce si ritrovano dall’età del Bronzo al medioevo113, che (partendo dal mare) risaliva il corso dell’Ombrone e l’Orcia a sud di

Montalcino, attraversando poi la dorsale collinare che divide la valle dell’Orcia dalla val di Chiana in uno dei punti più agevoli, ovvero presso la località Foce114, per arrivare infine a Chiusi (fig. 16).

Lungo questa direttrice, in epoca protostorica si svolgeva il traffico dell’Ocra e del Cinabro del Monte Amiata e durante l’alto medioevo il commercio del sale fino a Chiusi: l’asse costa-Amiata si intreccia poi, almeno per il basso medieovo, con i percorsi della transumanza, che dai pascoli invernali delle pianure grossetane, portavano a quelli estivi di montagna115.

Per quanto riguarda la produzione e il commercio di sale tra la maremma e la val di Chiana, abbiamo un documento del 772, in cui si annoverano tra i proventi dovuti all’esercitale chiusino Guntifrido del fu Tazio le angarie di trasporto annuo alla volta della città di Chiusi di venti moggia di sale116.

L’ultima strada minore romana di cui ci occuperemo è il passo più settentrionale della Toscana, ovvero la direttrice Luni-Parma, che poi verrà ripresa dalla medievale Francigena (di cui ci occuperemo nel paragrafo successivo). In questa zona, il percorso romano è ricco di incognite e si è spesso ritenuto che la Romea ripercorresse esattamente un percorso preesistente117. Recenti studi

condotti tra il 2011 ed il 2012 hanno rivelato che il passaggio appenninico di età romana potesse in realtà trovarsi nel valico chiamato Sella di monte Valoria (fig. 17), dove ricognizioni e scavi hanno evidenziato la presenza di attività produttive e frequentazioni di età romana. Questo passo sarebbe stato ampiamente attraversato tra la metà del II secolo a.C. e gli inizi dell’età augustea, ovvero quando la viabilità Luni-Parma sarebbe stata costituita, andando poi incontro nei primi due secoli dell’età imperiale ad un rallentamento, in concomitanza forse con l’apertura del valico della Cisa ad opera di Augusto e una ripresa delle frequentazioni tra III e IV secolo e poi un progressivo abbandono fino al VI secolo, quando il passo risulta essere completamente abbandonato118.

Su questi tre passi dovevano quindi muoversi gli uomini e le merci tra la Toscana e l’Emilia Romagna, anche se bisogna comunque ricordarsi come moltissimi altri valichi siano stati frequentati per percorsi sub e micro-regionali, oltre che per la transumanza.

113 FIRMATI 1996, pp. 171-174

114 BIANCHI BANDINELLI 1925, p. 496 e ss. L’autore afferma che il toponimo deriverebbe dal latino fauces (passaggio angusto), rappresentando quindi un punto di passaggio forzato e forse di riscossione di dazi? 115 FARINELLI 2009, p. 55

116 Chartae Latinae Antiquiores XXIII, n. 747, pp 74-77, n. 748, pp. 78-81, Codex Diplomaticus Amiatinus 1, nn 19-20, pp. 38-42

117DALL’AGLIO 2000, p. 85 118 GHIRETTI et alii 2013

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La Via Francigena

La strada dei pellegrini diretti a Roma non è stata costruita in un preciso momento storico ed effettivamente non è un percorso pensato e realizzato da un organo politico, ovvero lo Stato. La Francigena è un fascio di strade che, attraverso l’Europa continentale (soprattutto la Francia, ma anche la Germania), puntava dritto in direzione della capitale della Cristianità. Non esiste quindi una vera e propria strada, un basolato vero e proprio, ma sfrutta, dove e quando può, i tracciati preesistenti.

Le prime attestazioni di una strada Romea si hanno nei primi anni del VII secolo, all’inizio dell’età longobarda. La penetrazione degli eserciti germanici in Tuscia avvenne nel 574 attraverso un passo appenninico settentrionale, forse proprio la Cisa, costituendo il ducato di Lucca, che rimarrà anche in seguito la sede del Dux119.

La via del Monte Bardone120, citata anche da Paolo Diacono, rimarrà la via più breve per collegare

Pavia con Lucca, per poi proseguire verso Siena, Bolsena e poi sfruttando la Cassia laziale, arrivare a Roma.

La prima attestazione dell’utilizzo della strada per Roma si ha nel 713, quando Moderanno, vescovo di Rennes, passando il Monte Bardone è testimone di un miracolo e Re Liutprando gli concede di fondare il monastero di Berceto121. L’episodio, oltre a testimoniarci la presenza di una strada già

frequentata agli inizi dell’VIII secolo, evidenzia il rapporto che intercorre tra la via e i Monasteri di fondazione regia, che verranno costruiti lungo il percorso tra il VII e il secolo successivo. Oltre a Berceto citiamo i casi di San Salvatore sul Monte Amiata, San Pietro in Asso a metà del VII secolo, San Frediano a Lucca, San Genesio, Sant’Eugenio de Pilosiano vicino a Siena122.

La politica di controllo statale della strada attraverso la fondazione di monasteri prosegue anche in età carolingia, quando secondo la tradizione viene costruito il monastero di Sant’Antimo a Montalcino proprio da Carlo Magno; è possibile che la fondazione dell’impianto monastico sia longobarda, ma sicuramente i carolingi investono sulla struttura, come testimoniato da Diploma di Ludovico il Pio dell’814, in cui si confermano una serie di proprietà all’Abbazia123. Il valico del San

Bernardo rimarrà il principale accesso all’Italia della Francigena, ma i carolingi realizzano ed investono risorse in un altro passaggio, ovvero la direttrice Susa-Colle del Moncenisio, dove venne fondata l’abbazia dei santi Pietro e Andrea di Novalesa in val Cenischia nel 726124.

119 Per le fasi iniziali della Francigena si veda BEZZINI 1998 120 Paul. Diac., Hist. Lang., VI, 58

121 Flodoardus, Hist. Remensis Eccl., I, 20

122 Per una ricostruzione più dettagliata dei monasteri fondati dai re longobardi si veda PATITUCCI UGGERI 2004a, pp. 18-19

123 BEZZINI 1996, p. 14 124 SERGI 1986, pp. 36 e ss.

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Nei secoli centrali del medioevo la via Francigena è quindi la principale direttrice che collega Roma con l’Europa continentale, diventando quindi una vera e propria strada con funzioni politiche, oltre che di pellegrinaggio.

Paolo Diacono afferma, ripetendo quanto scritto da Beda nel 730, che “nobili e non nobili, laici e religiosi, uomini e donne solevano tutti competere l’uno contro l’altro” per recarsi ai Luoghi Sacri degli Apostoli125.

Il principale documento sulla via in questione è rappresentato dall’Itinerario di Sigerico, datato al 990. Sigerico, allievo di San Dustano e formatosi nell’Abbazia di Glastonbury, diventa nell’anno 989 arcivescovo di Canterbury e nell’anno successivo inizia il suo viaggio per Roma, finalizzato a ricevere il Pallium (simbolo di investitura arcivescovile) dal Papa Giovanni XV. Nel viaggio di ritorno Sigerico si appunterà tutti i luoghi da Roma a casa.

In ordine, fino a Luni, l’arcivescovo incontrerà: Urbs Roma, Iohannis VIIII, Bacane, Suteria, Furcari, Sce Valentine, Sce Flaviane, Sca Cristina, Aqua Pendente, Sce Petir in Pail, Abricula, Sce Quiric, Turrenier, Arbia, Seocine, Burgenove, Aelre, Sce Martin in Fosse, Sce Gemiane, Sce Maria Glan, Sce Petre Currant, Sce Dionisi, Arne Blanca, Aqua Nigra, Forcri, Luca, Campmaior, Luna. Sigerico cita tali località usando il termine submansio al posto del classico mansio: non è chiaro il motivo di questo cambiamento, ma potrebbe indicare che l’Arcivescovo conosceva il cursus publicus e volesse elencare tutte le località che offrivano servizi viari. In alternativa il termine potrebbe derivare da submanentes, ovvero coloro che non erano proprietari del luogo in cui risiedevano, e quindi rappresentare un luogo di ospitalità temporanea126. La strada in questione era

tradizionalmente la via di pellegrinaggi degli arcivescovi di Canterbury: il primo viaggio che conosciamo è quello di Wigardo, datato al 667.

La tradizione anglosassone di mettersi in cammino verso Roma venne poi ripresa anche da moltissimi sovrani, come ad esempio re Ine nel 726, la regina Fridugyth nel 737, re Eadberth nel 795, Aethelwulf nell’855, oltre a moltissimi altri vescovi e abati prima di Sigerico127.

In Toscana, la prima località citata è Sce Petir in Pail, ovvero San Pietro in Paglia, un monastero non più esistente, ma comunque facilmente riconoscibile per la presenza del fiume. La località è conosciuta dall’811 per via della presenza delle chiese di S. Pietro e S. Benedetto e negli anni del viaggio di Sigerico viene definita come curtis. Sappiamo inoltre che fino al XVII secolo esisteva un vero e proprio insediamento chiamato Paglia128. Nelle vicinanze della submansio, verso sud, esiste

un luogo chiamato Burgorico (conosciuto anche come Fattoria Burburicco o, nell’XI secolo

125 Paul. Diac., Hist. Lang., VI, 3 126 PATITUCCI UGGERI 2004a, p. 20 127 STOPANI 2007, p. 7

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