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5. Le indagini geotecniche

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Academic year: 2021

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5.

Le indagini geotecniche

5.1

Premessa

Durante la trattazione che si è compiuta in questa tesi riguardo alla progettazione geotecnica dei rilevati arginali e in particolare degli aspetti tecnici, è capitato di far riferimento alle indagini geotecniche; per questo motivo, e comunque perché si ritiene che rappresentino un tema strettamente connesso alla progettazione dei rilevati arginali, si è pensato di dedicare un cenno a questo argomento.

Tuttavia si tiene a precisare che quanto riportato nel presente capitolo, vuole essere solo una sommaria e preliminare elencazione dei mezzi di indagine ad oggi disponibili, senza la pretesa di alcuna trattazione dell’ampia materia in questione.

E’ evidente che, ad esempio, per uno stesso problema possano presentarsi diverse alternative d’indagine, come pure può sussistere il caso in cui non siano fattibili molte delle prove qui elencate.

La scelta di un determinato mezzo presuppone comunque un’approfondita conoscenza delle modalità di prova, dei campi di impiego, dei metodi che stanno alla base dell’interpretazione dei risultati e dell’affidabilità dei parametri geotecnici ricavati.

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5.2

L’approccio al problema geotecnico

La risoluzione di un problema geotecnico, in generale richiede:

- la caratterizzazione del terreno attraverso prove di sito e di laboratorio; - la scelta di un modello di comportamento e di un metodo di analisi; - la definizione di un profilo geotecnico di progetto con i relativi parametri;

- l’analisi, nel rispetto delle condizioni di equilibrio, di compatibilità e delle condizioni al contorno.

Le fasi relative alla caratterizzazione geotecnica del terreno e alla scelta dei parametri di progetto sono particolarmente importanti; se vengono svolte senza la dovuta attenzione e scrupolosità, sono sovente all’origine dei maggiori insuccessi.

Nell’ambito di tali fasi, il comportamento del terreno può essere studiato a tre differenti livelli:

I. A livello di microelemento, o di unità base, si analizzano le relazioni interparticellari, per risalire poi da queste a una descrizione del comportamento.

II. A livello di macroelemento si analizza il comportamento di un volume di terreno comparabile a quello di un campione utilizzato nelle usuali prove di laboratorio. In genere, tale elemento è omogeneo e integro, e, salvo eccezioni, non è interessato da discontinuità strutturali. Le leggi costitutive, che trattano il terreno come mezzo continuo, sono elaborate basandosi sul comportamento del materiale a questo livello.

III. A livello di megaelemento si analizza il comportamento del terreno in grande scala, cioè ad un livello che può interessare direttamente un opera reale. A tale livello si cerca di individuare l’influenza dei caratteri strutturali del deposito, e, tramite il monitoraggio del comportamento di opere in vera grandezza, si cerca di determinare il valore dei parametri geotecnici oppure di verificare, per una data combinazione di parametri, l’affidabilità di un modello di comportamento.

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143  Nello specifico, la caratterizzazione geotecnica di un deposito comprende:

- la definizione della stratigrafia di dettaglio e l’individuazione delle caratteristiche macro e megastrutturali;

- la determinazione delle condizioni di falda;

- l’individuazione della storia tensionale e dello stato tensionale attuale; - la determinazione delle caratteristiche di permeabilità;

- la determinazione delle caratteristiche meccaniche.

L’insieme di tutte queste informazioni consente di definire i criteri di progetto e le modalità esecutive appropriati in esame.

Per raggiungere tali obiettivi ci si avvale in genere di prove di laboratorio su campioni indisturbati e di indagini in sito.

I principali vantaggi delle prove in laboratorio rispetto alle prove in sito sono costituiti:

- dall’avere condizioni al contorno ben definite;

- dalla possibilità di controllare le condizioni di drenaggio;

- dalla possibilità di imporre un predeterminato percorso di sollecitazione;

- dall’avere, nell’ambito del provino, uno stato di sollecitazione e di deformazione relativamente uniforme;

- dal fatto di poter identificare esattamente la natura del materiale sottoposto alla prova.

Ovviamente, tali prove rappresentano anche delle limitazioni, che sono da ricercarsi principalmente nei seguenti aspetti:

- considerato il modesto volume del campione utilizzato, non sempre il risultato ottenuto può essere rappresentativo del comportamento in sito, soprattutto quando il deposito in esame presenta pronunciati caratteri macrostrutturali;

- a causa degli inevitabili effetti di disturbo, che interessano anche campioni di ottima qualità, è difficile ottenere affidabili informazioni sui parametri di deformabilità, e tali difficoltà aumentano quanto più sovraconsolidato è il terreno;

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I principali vantaggi delle prove in sito rispetto alle prove di laboratorio sono:

- rapidità ed economicità;

- permettono di ottenere una descrizione più continua delle caratteristiche geotecniche con la profondità;

- permettono di investigare un volume maggiore di terreno;

- permettono di definire più attendibilmente i parametri di deformabilità, di permeabilità e lo stato tensionale iniziale.

In particolare poi, nel caso di terreni non coesivi (per i quali, come noto, non è fattibile il prelievo di campioni indisturbati), esse rappresentano l’unica possibilità per caratterizzare il deposito.

Le condizioni al contorno di una prova in sito sono però di complessa individuazione, come incerte sono le condizioni di drenaggio e fortemente pronunciati gli effetti di disturbo e i gradienti di tensione e deformazione indotti nel terreno circostante, per cui in definitiva ne risulta una non agevole interpretazione dei risultati e la necessità di ricorrere a correlazioni empiriche, messe a punto assumendo come parametri di riferimento a volte i dati di prove di laboratorio e talora i dati ricavati da analisi retrospettive.

Concludendo si osserva che, tenendo presenti i vantaggi e gli svantaggi delle due classi di prove (laboratorio e sito), appare evidente come possano esistere delle situazioni in cui il ricorso a una di esse sia decisamente preferibile all’altra; non è possibile però che una categoria sia in assoluto migliore all’altra.

Prove in sito e prove di laboratorio vanno infatti viste come due procedure complementari, che solo se praticate in parallelo possono accrescere la conoscenza del comportamento dei terreni.

E per questi motivi è anche sconsigliabile, come spesso accade in pratica, un frazionamento delle operazioni di indagine, affidando ad esempio a differenti esperti la conduzione della campagna dei sondaggi, delle prove in sito e delle prove di laboratorio.

Considerando infatti la stretta connessione esistente tra tali operazioni, la necessità (da tenere sempre presente) di poter modificare il programma di indagine all’occorrenza,

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145  nonché il legame esistente tra indagine, aspetti progettuali e realizzazione delle opere, è raccomandabile che l’indagine sia pianificata e seguita da un unico esperto.

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5.3

Le prove in sito

Uno schema sommario dei mezzi di indagine disponibili, in relazione alle finalità dell’indagine stessa, è riportato in tabella (tab. 5.3.1)

Finalità Mezzi di indagine Terreni coesivi

Terreni non coesivi

Profilo stratigrafico Sondaggi

Prove penetrometriche Dilatometro D IN IN D IN IN Rilievo falda Piezometri

Sondaggi Pozzi D D D D D D Caratteristiche di permeabilità Prove emungimento

Prove in foro sondaggio Misure piezometriche - - D D D,R - Parametri di deformabilità Pressiometro Menard Pressiometro autoperforante

Prove penetrometriche statiche Prove penetrometiche dinamiche Dilatometro

Prova carico su piastra Cross-Hole, Down-Hole D,R D NR NR E D D D,R D E E E D D Parametri di resistenza al taglio Pressiometro

Prove penetrometriche statiche Prove penetrometriche dinamiche Dilatometro

Vane test

Prova carico su piastra

D E NR E D,E D D E E E - - Pressione orizzontale a riposo Pressiometro autoperforante Fratturazione idraulica Dilatometro D,R D,R E,R D,R - E,R D= Detrminazione diretta IN=Determinazione indiretta NR=Non affidabile E=Determinazione empirica R=Con

riserva

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I procedimenti sperimentali per gli accertamenti stratigrafici possono essere suddivisi in metodi diretti e indiretti.

I primi comprendono le perforazioni di sondaggio, con estrazione continua di carote o di campioni rimaneggiati o indisturbati, e gli scavi ispezionabili, ossia quei procedimenti che consentono un diretto e dettagliato rilievo del terreno.

I metodi indiretti riguardano invece tutte quelle procedure, quali le prove geofisiche, penetrometriche, dilatometriche, che misurano la variazione di determinate caratteristiche e permettono di risalire successivamente alla definizione del profilo stratigrafico.

Vediamone alcuni:

- Le prove penetrometriche

Le prove penetrometriche sono prove nel corso delle quali si misura la resistenza alla penetrazione di un utensile standardizzato.

A seconda dei dispositivi utilizzati possono essere dinamiche o statiche.

Nelle prime l’utensile è infisso a percussione e il dato da rilevare è il numero di colpi richiesto per un avanzamento prefissato.

L’utensile può essere cavo (campionatore a pareti grosse, prova Standard Penetration

Test, SPT, fig. 5.3.1) o a punta conica chiusa (prova Standard Cone Penetration Test, SCPT, fig. 5.3.2).

Figura 5.3.1 - Campionatore standard per la prova SPT

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Figura 5.3.2 - Punte coniche per la prova SCPT

Le prove statiche sono invece condotte a velocità di avanzamento costante (Cone Penetration Test, CPT) e viene misurata la pressione esercitata sulle aste di manovra (penetrometri meccanici, fig. 5.3.3) o sull’utensile (penetrometri elettrici).

In generale, le prove penetrometriche consentono di risalire mediante procedimenti empirici al profilo stratigrafico, alle caratteristiche di resistenza al taglio e di deformabilità.

Di recente introduzione e con grandi potenzialità d’impiego è il piezocono (fig. 5.3.4), che consiste in una modifica della punta del penetro metro statico, tramite l’inserimento di una pietra porosa collegata a un traduttore, che permette di misurare la pressione dell’acqua interstiziale durate l’avanzamento.

Poiché tale pressione è legata al tipo di terreno e alla sua consistenza, il valore misurato permette di ottenere una descrizione dettagliata del profilo stratigrafico e, se combinato con la resistenza alla penetrazione misurata alla punta, anche un indice della storia tensionale del deposito.

Essendo possibile effettuare con tale apparecchiatura prove di dissipazione della sovrappressione neutra, si possono ottenere inoltre informazioni sulle caratteristiche di consolidazione del terreno e sulle condizioni di falda.

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Figura 5.3.3 - Campionatori meccanici per la prova CPT

Figura 5.3.4 - Campionatore elettrico per la prova CPT

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- Le prove scissometriche

Le prove scissometriche (Vane Test), sono utilizzate in terreni coesivi di bassa e media consistenza per la determinazione della resistenza al taglio non drenata cu.

Esse consistono sostanzialmente nella misura del momento torcente, che, applicato a un utensile costituito da quattro alette verticali e ortogonali fra loro, provoca la rottura del terreno (fig. 5.3.5).

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- Le prove dilatometriche

Le prove dilatometriche sono prove di dilatazione di una membrana piana di forma circolare situata sulla faccia di una lama, che viene infissa nel terreno con procedura identica a quella delle prove penetrometriche statiche (fig. 5.3.6).

I dati rilevati nel corso della prova sono i valori della pressione corrispondenti all’inizio del moto della membrana e a uno spostamento prefissato, e permettono, mediante correlazioni empiriche, di risalire alla stratigrafia del terreno, alla sua storia tensionale, alle caratteristiche di deformabilità e a quelle di resistenza.

Figura 5.3.6 - Dilatometro di Marchetti (1975)

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- Le prove pressiometriche

Le prove pressiometriche sono delle prove di carico realizzate mediante l’espansione di una sonda cilindrica. A seconda del metodo di installazione le attrezzature sono suddivise in tradizionali (pressiometro “Menard”) e autoperforanti.

Le prime necessitano di un foro di sondaggio preliminare all’interno del quale viene posizionata la sonda per l’esecuzione della prova (fig. 5.3.7).

Esse presentano pertanto lo svantaggio di essere eseguite su un terreno disturbato dall’esecuzione del foro, ma la vasta gamma di correlazioni empiriche ne fanno comunque un valido mezzo d’indagine.

Figura 5.3.7 - Pressiometro tipo Menard

La tecnica dell’autoperforazione, che consiste nel rimuovere un volume di terreno pari a quello della sonda che vi viene introdotta, offre l’allettante possibilità di ridurre al minimo ogni effetto di disturbo e di risalire perciò più attendibilmente ai parametri che caratterizzano lo stato tensionale iniziale e il comportamento sforzi-deformazioni del materiale.

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- Le prove di permeabilità

Le prove di permeabilità in terreni granulari sono effettuate comunemente in fori di sondaggio, e, a seconda dei casi, l’esecuzione può avvenire a carico idraulico costante o variabile (fig. 5.3.8).

Nel primo caso si misura la portata necessaria a mantenere costante il livello dell’acqua nel foro al disopra (prova di immissione) o al disotto (prova di estrazione) del livello di falda.

Nelle prove a carico variabile si misura invece la velocità di risalita (prove di risalita) dell’acqua nel foro di sondaggio o di abbassamento (prova di abbassamento), dopo aver rispettivamente realizzato una depressione o un innalzamento del livello rispetto alla falda.

L’attendibilità del coefficiente di permeabilità ottenuto è subordinata alla conoscenza delle condizioni di falda esistenti prima della prova e delle condizioni stratigrafiche e alla realizzazione della prova secondo schemi per quanto possibile aderenti ai metodi di interpretazione. Per indagini più accurate è consigliabile il ricorso a prove di pompaggio.

Figura 5.3.8 - Schema di esecuzione di una prova di permeabilità in foro di sondaggio

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5.4

Le prove di laboratorio

Le più di laboratorio ad oggi più usate e diffuse sono le seguenti.

- Analisi granulometrica

Uno studio molto importante che si compie in laboratorio è l’analisi granulometrica.

Questa attività serve a determinare le dimensioni delle particelle che compongono un campione di terreno e a stabilirne le percentuali in peso delle varie frazioni che rientrano entro limiti prefissati (frazioni granulometriche).

L’importanza di conoscere le dimensioni delle particelle deriva dal fatto che nel caso di terreni a grana grossa il comportamento del materiale può essere correlato a tale informazione.

Ad esempio, le caratteristiche di permeabilità, i fenomeni di capillarità e l’angolo di resistenza al taglio sono correlati alla granulometria del terreno.

Per ottenere le varie frazioni granulometriche si usano dei setacci con caratteristiche standardizzate.

L’analisi granulometrica mediante setacci è limitata alla frazione grossolana di un terreno, cioè alla percentuale trattenuta dal setaccio 200 (dimensione delle particelle > 0,074 mm).

Per il passante al setaccio 200 si ricorre all’analisi per sedimentazione basata sulla legge di Stokes.

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Figura 5.4.1 - Esempio di curva granulometrica

- I limiti di Atterberg

Diversamente a quanto accade per i terreni a grana grossa, il comportamento dei terreni a grana fine dipende molto di più dal tipo di materiale e dalla storia geologica, ed è correlato ai limiti di Atterberg (fig. 5.4.2).

Figura 5.4.2 - Limiti di Atterberg

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Un terreno a grana fine può presentarsi in quattro differenti stati fisici a seconda del suo contenuto d’acqua “w”, e dato che il valore corrispondente al passaggio da uno stato all’altro varia da argilla a argilla, una misura di “w” può servire come mezzo di identificazione e classificazione.

Inoltre, poiché l’interazione tra le particelle è influenzata dal contenuto d’acqua, le caratteristiche di compressibilità e resistenza al taglio di un argilla possono essere correlate ai valori limite di “w” che individuano il passaggio tra due stati.

La determinazione dei limiti di Atterberg avviene tramite procedure standardizzate tramite l’uso di strumenti specifici (es. cucchiaia di Casagrande), alle quali però è fondamentale aggiungere un’ottima manualità da parte dell’operatore che evidentemente è indice di esperienza.

- Le prove triassiali

Un’apparecchiatura di laboratorio che riveste notevole importanza è certamente quella

triassiale (fig. 5.4.3).

Figura 5.4.3 - Schema dell’apparecchio triassiale

Un’apparecchiatura triassiale dovrebbe consentire il controllo delle tre tensioni principali, in maniera tale da rendere possibile la realizzazione di stati tensionali generali.

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Normalmente si fa invece ricorso a un tipo di prova più semplice che impropriamente, continua a essere definita prova triassiale ma che in realtà è una prova di compressione o estensione cilindrica.

Il campione di terreno di forma cilindrica e misure standard, è protetto da una sottile membrana di gomma ed è posto in una cella, all’interno della quale è possibile applicare una pressione.

Tale pressione produce una sollecitazione isotropa, e per portare a rottura il provino è necessario agire sul carico assiale.

Le estremità del provino sono collegate all’esterno, in modo che nelle fasi drenate è consentita l’espulsione di acqua ed è possibile misurare la variazione di volume subita dal provino, mentre nelle fasi non drenate gli stessi collegamenti servono per misurare la pressione di acqua interstiziale.

Queste ultime possibilità costituiscono i principali vantaggi della cella triassiale.

- La prova di taglio diretto

In questa prova il campione è posto all’interno di due telai orizzontali, che possono scorrere uno rispetto all’altro, e le sollecitazioni applicate sono costituite dal carico assiale P e dalla forza di taglio F (fig. 5.4.4).

Figura 5.4.4 - Schema dell’apparecchio di taglio diretto

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Nel corso della prova vengono misurati gli spostamenti verticali del provino e gli spostamenti relativi tra i due telai orizzontali.

Questi ultimi permettono di calcolare solo la deformazione media del provino, che, essendo all’interno di un telaio rigido, presenta invece uno stato di deformazione non uniforme.

Di solito i risultati delle prove vengono utilizzati per determinare i valori di c’ e Ø’, una volta noti τff e σff.

Chiaramente anche questa prova presenta punti deboli tra i quali sicuramente il più rilevante è quello che l’apparecchiatura non consente di controllare le condizioni di drenaggio, né di misurare la pressione interstiziale.

Di conseguenza la prova dev’essere condotta in maniera tale da garantire a priori le condizioni di drenaggio.

Figura

Tabella 5.3.1 - Potenzialità delle indagini in sito
Figura 5.3.1 - Campionatore standard per la prova SPT
Figura 5.3.2 - Punte coniche per la prova SCPT
Figura 5.3.3 - Campionatori meccanici per la prova CPT
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