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Falsi miti sull Europa: è proprio tutto come ci raccontano?

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Academic year: 2022

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Falsi miti sull’Europa:

è proprio tutto come ci raccontano?

Falsi miti sull’Europa… #1

► L’adesione all’Unione Europea, e soprattutto alla moneta unica, ha portato a un peggioramento delle condizioni di vita

complessive degli italiani...

Se si analizzano gli andamenti di prezzi, inflazione e reddito disponibile dagli anni ‘90 a oggi per i paesi dell’area euro, si vede chiaramente che non è stata l’introduzione dell’euro a determinare un peggioramento delle condizioni di vita italiane.

I redditi reali (cioè al netto dell’inflazione) delle famiglie di tutta l’area euro tra il 1998 e il 2018 sono cresciuti mediamente dell’11,3%, con una forbice che tra i grandi va dal 21,2% della Francia all’11,8 della Germania. Il nostro paese è l’unico con il potere di acquisto diminuito, circa del -3,8% dal 1998 a oggi. Se l’euro fosse stato una zavorra economica, anche gli altri paesi avrebbero visto il loro potere d’acquisto contrarsi come l’Italia, e invece per loro è cresciuto. Anche la Spagna, che aveva una situazione economica simile all’Italia al momento dell’ingresso nell’euro, ha visto crescere il suo reddito reale di circa il 15%.

In più, come si può anche vedere nei grafici in calce alla risposta, il potere d’acquisto italiano dall’introduzione dell’euro è aumentato costantemente per quasi dieci anni fino al 2008 (anno della crisi finanziaria), il che significa che la moneta unica ha fatto bene all’Italia. I problemi sono arrivati con la crisi, che ha evidenziato importanti vulnerabilità strutturali indipendenti dalla moneta unica, che sono state ignorate dai governi italiani fino alla stretta del governo Monti e all’avvento dei governi PD (dal 2013 in poi) che hanno riportato l’Italia sulla rotta della crescita. Le cause dell’anomalia italiana non sono quindi da ricercare nell’adozione dell’euro bensì, come ben analizzato da Cottarelli*, nell’incapacità italiana di risolvere i problemi di carattere strutturale, quali una

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spesa pubblica troppo elevata, poco controllo dei prezzi che in Italia sono aumentati rapidamente dopo l’introduzione della nuova moneta, mancate riforme per sburocratizzare e ridurre le tasse alle imprese, scarsa lotta all’evasione fiscale e poca preoccupazione per un bilancio sostenibile. Tutti temi che affliggono il nostro paese e che dopo la crisi del 2008 si sono dimostrati essere il vero ostacolo per il rilancio del paese.

E’ anche bene ricordare, parlando del miglioramento o peggioramento delle condizioni di vita generali degli italiani, che il mercato unico europeo ha reso l’offerta dei prodotti più ampia e variegata: grazie a una maggiore concorrenza e alla fine dei monopoli nazionali, molti beni e servizi (ad esempio le tariffe telefoniche, i prezzi dell’energia elettrica o dei viaggi in aereo) costano oggi meno di prima.

Per approfondire…

* https://www.lastampa.it/2019/04/30/milano/cottarelli-litalia-pu-crescere-pi-velocemente-del- resto-deuropa-Fay3oZRSByFKLAaGeRUOkO/pagina.html

https://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2018-12-22/euro-l-italia-perde-potere-d- acquisto-ma-non-e-colpa-moneta-unica-112132.shtml?uuid=AED6XU2G

https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/06/08/tutta-colpa-euro-o-forse-no/

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Falsi miti sull’Europa… #2

► L’Unione Europea non è realmente democratica…

La maggior parte delle decisioni a livello europeo è presa secondo quella che il Trattato di Lisbona definisce procedura legislativa ordinaria (co-decisione) tra il Parlamento Europeo e il Consiglio (che riunisce i membri dei governi nazionali democraticamente eletti), su proposta della Commissione.

Quanto alle decisioni di governo dell’Unione, ciò che viene proposto e deciso dalla Commissione si basa su una sostanziale legittimazione democratica perché essa è nominata dal Consiglio europeo, con l’approvazione del Parlamento stesso sulla base dei risultati elettorali (e può essere fatta decadere con un voto dello stesso Parlamento). Per rafforzare la legittimità democratica dell’esecutivo comunitario inoltre, dal 2014 la presidenza dell’esecutivo comunitario è assegnata al candidato del partito politico europeo che ha ottenuto il maggior numero di seggi al Parlamento Ue (c.d. sistema degli Spitzenkandidaten). Nel 2014 è stato quindi eletto Junker, candidato del PPE (partito con la maggioranza dei voti in parlamento). Si tratta di un meccanismo non esplicitamente previsto dai Trattati ma che ha avuto successo nell’instaurare un legame forte tra la scelta del presidente della Commissione e l’esito delle elezioni europee.

Per rendere il tutto ancora più chiaro, però, facciamo un confronto proprio con le istituzioni italiane: noi votiamo per i nostri rappresentanti al Parlamento (Camera e Senato) che poi eleggono un Presidente del Consiglio responsabile di formare il governo nominando i Ministri. Dopodiché i poteri sono divisi tra legislativo nelle mani del Parlamento ed esecutivo nelle mani del governo. L’Europa funziona in modo analogo: noi votiamo per gli europarlamentari, che eleggeranno a loro volta un Presidente della Commissione responsabile di nominare i Commissari. Dopodiché il Parlamento Europeo detiene il potere legislativo, insieme al Consiglio, e la Commissione il potere esecutivo. Quindi il principio di rappresentanza democratica è pressoché identico per l’Italia e per l’UE.

Dal ’79 in avanti il potere del Parlamento europeo si è costantemente accresciuto. L’eccezione a questo processo democratico è costituita dall’insieme di alcune materie “di grande sensibilità politica”1 per il quale il Parlamento europeo è escluso e il Consiglio decide purtroppo ancora all’unanimità (es. Politica estera e sicurezza comune, finanze UE, armonizzazione ella legislazione nazionale in materia di sicurezza sociale e protezione sociale o ancora in materia di giustizia e affari interni -procura europea, diritto di famiglia, cooperazione di polizia a livello operativo-) determinando spesso anche un rallentamento del processo decisionale.

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Per approfondire…

1. Antonio Padoa Schioppa – “Perché l’Europa, Dialogo con un giovane elettore”

http://www.ansa.it/europa/notizie/europarlamento/approfondimenti/2019/02/21/gli- spitzenkandidaten-_d81ee598-91f6-46b5-b35f-190688c50baa.html

https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2019:0177:FIN:IT:PDF

Falsi miti sull’Europa… #3

► L’Unione Europea è solo quella della burocrazia e della

tecnocrazia ed è lontana dalle esigenze dei cittadini europei...

Queste accuse sono infondate per diverse ragioni.

La macchina amministrativa europea, che regola un mercato ampio come quello di un intero continente, conta in valore assoluto meno funzionari e impiegati di quelli impiegati in Città come Roma o Rotterdam. Quelli che vengono chiamati eurocrati sono semplici funzionari della funzione pubblica europea, esattamente come i funzionari ministeriali italiani si occupano dell’applicazione delle nostre leggi nazionali e del funzionamento della nostra amministrazione pubblica. Per quanto riguarda il loro numero, i dipendenti della Commissione europea sono circa 32.000 tra personale fisso e temporaneo. Il Parlamento europeo ne conta circa 7.500 e il Consiglio dell’Unione europea circa 3.500. In Italia, il solo Comune di Roma ha circa 24.000 dipendenti ai quali vanno aggiunti altri 24.000 delle società e aziende partecipate, per un totale di circa 48.000. Ed è comunque bene ricordare che quando si accusa l’Unione europea, talvolta a ragione, un eccesso di regolamentazione minuta sono quasi sempre i governi (nell’ambito degli organi politici della UE) a imporre queste regole (di cui poi si lamentano a casa propria, dando la responsabilità a Bruxelles).

In che modo questo apparato risponde alle esigenze dei cittadini europei? Non è vero che le decisioni europee non hanno un impatto sulla vita delle persone, ecco alcuni esempi pratici:

o L’UE ci assicura un’alimentazione sana garantendo standard molto elevati per gli alimenti grazie ad un regolamento che disciplina l’etichettatura dei prodotti i beni

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alimentari. E qualora ne mercato dell’UE entrino prodotti alimentari pericolosi per la salute, ad esempio carne contaminata dalla salmonella o pesce al mercurio, entra in azione il sistema di allarme rapido dell’UE (RASFF).

o L’UE sostiene le regioni più fragili, anche in Italia, utilizzando i fondi strutturali e di investimento europei per correggere le disparità eccessive tra le regioni. La politica regionale è, dopo la politica agricola, la seconda voce del bilancio dell’UE. Nella programmazione 2014-2020 i finanziamenti alla politica regionale e di coesione ammontano a 351,8 miliardi di euro, di cui 32,8 miliardi di euro destinati all’Italia.

Finanziamenti destinati, per fare alcuni esempi, alla ricostruzione post-terremoto della cinta muraria de L’Aquila, allo sviluppo del micro credito in Sardegna, o ancora alla riqualificazione della reggia di Venaria Reale.

Nella Città di Milano la parte più consistente dei finanziamenti europei è rivolta alla rigenerazione delle periferie, che passa attraverso progetti di recupero degli edifici, ma anche di connessione digitale e implementazione tecnologica dei quartieri.

Si pensi ad esempio al piano di riqualificazione di un quartiere periferico, come Lorenteggio, sostenuto direttamente dai fondi Por-Fesr e dai contributi del Fse. Il progetto prevede, a fianco alle opere di recupero edilizio e urbano, anche iniziative di inclusione sociale.

o L’UE è dalla parte degli agricoltori in particolare per quanto riguarda la sostenibilità e il mantenimento delle piccole imprese agricole nelle zone rurali.

Attualmente il 40% del bilancio dell’UE è destinato all’agricoltura: poco meno di 60 miliardi di euro all’anno. Per quanto riguarda l’Italia, nella programmazione 2014-2020 sono stati stanziati in totale 37,5 miliardi di euro per il sostegno all’agricoltura.

Per approfondire…

http://www.europeainfo.eu/leuropa-e-governata-da-burocrati/

60-good-reasons-for-the-EU_Italy_it.pdf

https://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2018-04-24/da-bruxelles-oltre-100- milioni-milano-priorita-periferie-173030.shtml?uuid=AE63P2dE

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Falsi miti sull’Europa… #4

► Se non riusciamo a gestire il problema migratorio è colpa dell’Europa...

Il problema vero della gestione del fenomeno migratorio è che questo non è affrontato sul piano europeo/sovranazionale, bensì dal livello intergovernativo (ossia dal consiglio europeo - formato dagli stati membri). La gestione dell’immigrazione oggi non funziona perché non esiste una politica unitaria in termini di controllo delle frontiere esterne europee. Se così fosse, la situazione sarebbe probabilmente molto diversa. Bisogna quindi stare attenti e separare le responsabilità dei singoli stati da quelle dell’Europa.

Sulla base della Convenzione di Dublino, oggi ancora in vigore anche se ampiamente superata, è il Paese europeo di primo accesso, quello in cui sbarca il migrante, che deve farsi carico della sua accoglienza e dell’esame della sua sua eventuale domanda d’asilo. Ciò ha determinato una pressione importante nella gestione di questa emergenza umanitaria nei Paesi europei di confine. La proposta della Commissione per gestire tale situazione con la c.d. Agenda Europea dell’immigrazione si è rilevata però un fallimento: questa si basava sull’ormai noto “sistema delle quote” per cui si sarebbero dovuti ripartire i migranti in arrivo in Europa tra i diversi Stati. Tale sistema di redistribuzione doveva essere, secondo la Commissione, obbligatorio per gli Stati, ma è con una decisione del Consiglio europeo che lo si è reso “volontario”, determinandone il chiaro fallimento. I Paesi del gruppo di Visegràd (Polonia, Rep, Ceca, Ungheria e Slovacchia) ad esempio si sono rifiutati di accogliere i migranti sui loro territori. Lo stesso gruppo, nel 2018, si oppose in sede di Consiglio europeo alla modifica del tanto discusso Trattato di Dublino, trovando peraltro consensi anche nel nostro governo giallo-verde da poco insediatosi. Nel dicembre 2018 poi il governo italiano decise di non partecipare alla conferenza di Marrakech che aveva come scopo la rettifica del Global Compact, un accordo per la migrazione sicura, ordinata e regolare. L’Italia quindi ha chiesto per anni ai partner europei una maggiore collaborazione nella gestione dei migranti ma poi, nel momento di stipulare trattati e accordi, grazie al governo Lega – 5 stelle e ai loro alleati, si è sempre rifiutata di collaborare lasciando le cose così come stanno.

La gestione di un fenomeno importante e significativo come quello delle migrazioni non può non avere una cabina di regia europea, pena il suo continuo fallimento. Nessuno Stato da solo è in grado di farvi fronte, né sul fronte economico né su quello organizzativo. Come sostenuto da E. Farinone nel suo ultimo libro “E’ su questa questione che l’Europa si gioca il destino. Anzi, l’anima. Cioè, tutto”.

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Per approfondire…

(1) E. Farinone, Europa al bivio – Tra dissoluzione e rilancio dell’Unione

Falsi miti sull’Europa… #5

► L’Unione Europea è costantemente sotto scacco della Germania di Angela Merkel...

La Germania della Merkel ha certamente un ruolo fondamentale oggi in Europa. Quindi bisogna innanzitutto chiedersi perché questo è il caso; per poi capire che non è la Germania a tenere sotto scacco l’Europa.

Le decisioni europee, per essere realmente efficaci, dovrebbero essere prese dalle istituzioni comuni (Commissione, PE e Consiglio dei ministri), la verità è che (soprattutto con l’accentuarsi della crisi economica) l’unione sovranazionale europea si è indebolita a vantaggio del potere dei governi e quindi, per forza di cose, dei governi più forti.

Le decisioni politiche strategiche (collegate alla sovranità nazionale, politica economica, migratoria etc) sono promosse dal capo di governo del Paese più grande dell’UE, Angela Merkel. Come spiega bene il professore Fabbrini “il punto è che tale sviluppo preoccupante dell’UE nasce da un suo deficit istituzionale, non già dalla malevolenza teutonica della leadership tedesca”. Oltre al mercato unico occorreva gestire altre politiche strategiche, tradizionalmente al cuore delle sovranità nazionali sul piano sovranazionale ma così non è stato. Tali decisioni sono monopolizzate dalle istituzioni europee che rappresentano i governi nazionali, determinando un effetto paradossale: “in condizioni di crisi i governi nazionali non riescono a prendere decisioni efficaci perché i loro interessi confliggono e le risorse sono scarse. Da qui l’ascesa delle leadership tedesca per supplire alle debolezze intergovernative. Ma la cosa non può funzionare”, continua Fabbrini. “Mentre il mercato unico funziona, le politiche strategiche al centro dei conflitti nazionali sono sottoposte a una paralisi ricorrente”, con conseguente ricaduta negativa sulla percezione dei cittadini europei nei confronti dell’Europa. Da ciò si capisce bene che se le politiche strategiche europee sono gestite in modo non integrato non possono funzionare davvero (si pensi all’immigrazione), ecco perché serve una riforma dei trattati che possa dare vita a un’Europa più integrata e forte.

Se si guarda poi nello specifico alla Germania in Europa si può notare che, da un lato, dopo la crisi degli anni 2000 essa è stata in grado di incentivare il lavoro e stimolare crescita –

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diventando l’economia più in salute del continente – grazie all’allora governo di sinistra guidato da Schröder. L’autorità di cui gode la Germania oggi, perciò, non è una supremazia imposta arbitrariamente, ma un potere economico conquistato con riforme sane ed efficaci (altro che “decrescita felice” - come dicono i 5 Stelle). Dall’altro lato, la Germania sta cercando di rafforzare l’UE, non di tenerla sotto scacco: Angela Merkel si è battuta per integrazioni come l’Unione Bancaria, imponendo regole uguali tutte le banche europee in modo da evitare concorrenze sleali, e per una cooperazione sempre più forte.

Quelli che invece tengono veramente sotto scacco l’Europa sono gli euroscettici, i sovranisti e i populisti (come 5 Stelle e Lega) che si oppongono a qualsiasi tipo di integrazione: cercando di lasciare un’Unione monca e incompleta, come è adesso, tengono sotto scacco la crescita economica che deriverebbe da una vera integrazione europea.

Per approfondire…

https://www.economist.com/news/2004/11/17/germany-on-the-mend https://www.economist.com/leaders/2010/03/11/europes-engine

S. Fabbrini, Manuale di difesa europeista – Come rispondere alla sfida del sovranismo

Falsi miti sull’Europa… #6

► Le istituzioni europee e le politiche adottate sul piano europeo non considerano i reali bisogni delle persone e sono lontane da quest’ultime...

Se ci fosse un’unione politica, le politiche europee potrebbero essere sicuramente più numerose e più efficaci, ma già oggi l’Europa fa tantissimo per i suoi cittadini, anche se a volte non si ha questa consapevolezza. Alcuni esempi concreti:

o attraverso lo spazio Schengen l’UE ci fa viaggiare senza frontiere: la libera circolazione delle persone rappresenta uno dei maggiori successi dell’integrazione europea. Sono aboliti i controlli alle frontiere interne, i viaggiatori che attraversano una frontiera non hanno più bisogno di mostrare i documenti di identità. Gli europei compiono ogni anno circa 1,25 miliardi di viaggi oltrepassando le frontiere interne Schengen.

Il 75% del commercio intraeuropeo è effettuato su gomma, è facile quindi immaginare il costo economico (oltre che di tempo) delle frontiere ad esempio per un autotrasportatore: secondo una ricerca della Commissione (1) un’ora di ritardo

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equivale a un esborso di circa 55,00 euro per ogni veicolo, per non parlare dello spreco di prodotti deperibili che vengono spostati da un Paese all’altro. Senza Schengen si stima vi sarebbero tra i 100 e i 140 miliardi di perdite per l’intero sistema (circa il 10% del PIL dei 28), a cui vanno aggiunte le spese per il controllo dei confini (2).

o i giovani e gli imprenditori possono studiare e lavorare con il programma Erasmus plus: 9 milioni di persone ne hanno già beneficiato. Nel periodo 2014-2020 sono stati stanziati per questo programma circa 14,7 miliardi di euro.

Inoltre, tutti i cittadini hanno il diritto e la libertà di scegliere in quale Stato membro lavorare, studiare o trascorrere gli anni della pensione: tali diritti — libera circolazione dei lavoratori, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi — sono sanciti dai trattati europei. Ciascuno Stato membro, quanto al lavoro, alla sicurezza sociale e alle tasse, ha il dovere di trattare i cittadini dell’Unione in maniera identica ai propri cittadini. Attualmente sono più di 14 milioni i cittadini dell’UE che vivono stabilmente in un altro Stato membro.

o l’UE promuove la ricerca e l’innovazione grazie al programma «Horizon 2020». Nel bilancio 2014-2020, l’UE ha stanziato circa 80 miliardi di euro per sostenere la ricerca, che spesso non riceve finanziamenti sufficienti dai bilanci nazionali e in molti casi ottiene risultati migliori quando è realizzata da équipe internazionali.

o l’UE promuove e finanzia la creazione di infrastrutture tecnologiche quali un cloud europeo per ricercatori e professionisti e wifi per gli spazi pubblici delle città europee. Per permetterne lo scambio tra ricercatori e l’utilizzo attraverso le frontiere, la Commissione europea intende creare entro il 2020 un cloud europeo per 1,7 milioni di ricercatori e 70 milioni di professionisti della scienza e della tecnologia. Entro il 2020 i principali spazi pubblici delle città e dei comuni d’Europa, come biblioteche, parchi ed edifici pubblici, dovranno essere dotati di un accesso a Internet gratuito e superveloce.

Per questa iniziativa l’UE stanzia 120 milioni di euro e si prevede che, entro il 2020, saranno tra 6 e 8 mila le città che utilizzeranno i finanziamenti dell’UE con questo scopo.

o L’UE è leader mondiale nell’azione per il clima esercitando pressioni a livello internazionale a favore della protezione dell’ambiente e ponendosi obiettivi stringenti per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di CO2 e quindi dell’effetto serra che contribuisce al riscaldamento globale. Politiche quali il divieto all’utilizzo, dal 2021, all’uso della plastica mono uso ne è un esempio, così come le direttive che obbligano le aziende con più di 500 dipendenti e quotate in borsa a rendicontare il proprio

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impatto non solo da un punto di vista meramente economico ma anche in termini di impatti, ambientali e sociali, generati.

Per approfondire…

(1) Comunicazione del Presidente Juncker al PE, 21 gennaio 2016 (2) E. Farinone, Europa al bivio – Tra dissoluzione e rilancio dell’Unione 60-good-reasons-for-the-EU_Italy_it.pdf

https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2018-10-24/plastica-usa-e-getta-giro-vite-ue-entro- 2021-134959.shtml?uuid=AEoy2tUG

Falsi miti sull’Europa… #7

► E’ preferibile lasciare che ciascuno Stato continui ad avere una propria politica estera e di sicurezza comune, piuttosto che

“delegare sovranità” all’Europa...

La politica estera e di difesa comune costituisce una di quelle aree tradizionalmente gelosamente custodite dagli Stati nazionali. Se si guarda all’Europa, non si può non citare il fallimento, a seguito della bocciatura francese, della CED (Comunità Europea di Difesa), progetto che già negli anni ’50 avrebbe fatto sicuramente decollare l’unione federale europea.

Oggi invece esistono 28 eserciti europei, che spendono moltissimo per la difesa:

una cifra seconda solo a quella degli USA ma con una resa neanche lontanamente paragonabile. Nel suo insieme l’Unione conta 1.859.000 persone sotto le armi, gli USA 1.381.000. Clamoroso è il divario nei sistemi di arma: 154 differenti a fronte dei 27 impiegati dagli USA. I Paesi dell’UE dispongono di 17 mila blindati suddivisi in 37 tipologie, contro i i 27,5 mila americani (suddivisi in 9 tipologie).

Dietro a questa situazione si muovono interessi economici rigorosamente nazionali. Uno spreco di risorse che grava sui bilanci dei singoli Stati e che deve fare i conti anche con la contestuale richiesta da parte della NATO di aumentare le spese in percentuale sul PIL per ammodernare organizzazione e sistemi d’arma (si consideri anche che gli USA hanno contribuito molto da questo punto di vista -circa il 3,62% del PIL contro la media europea dell’1,43% del PIL- e l’avvento di Trump alla casa Bianca non farà che ridurre il sostegno economico degli USA su questo).

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Se ci fosse un’unione delle Forze Armate tra i 28 è stato stimato un risparmio di oltre 20 miliardi di euro (il 10% delle spese complessive dei 28), fondi che potrebbero essere utili a finanziare politiche sociali europee. Oltre ai benefici economici, avremmo anche una maggior efficienza e migliori sinergie operative. “E’ palese l’impossibilità per ogni singolo Paese di essere autosufficiente in campo militare. Eppure la volontà politica per superare una situazione indifendibile e gravemente pericolosa per i cittadini del continente continua a non manifestarsi se non con generiche e inutili dichiarazioni prive di concretezza decisionale”

afferma bene E. Farinone (1). E ciò è ancora più vero se si considera Brexit: il Regno Unito infatti ha il primo esercito europeo e l’unico – oltre a quello francese – con una dimensione e potenza di livello mondiale e con un budget di gran lunga superiore rispetto agli altri Paesi europei (2,07% del PIL).

Con il trattato di Lisbona è stata istituita la figura dell’Alto rappresentate per gli affari esteri e la politica di sicurezza (oggi ruolo coperto dall’italiana Mogherini) che rappresenta l’UE nelle relazioni verso l’esterno ed è nominato dal Consiglio europeo, quindi dai capi di stato o di governo dei paesi membri. Le linee guida comuni quindi sono decise dagli stati membri all’interno del Consiglio europeo e dal Consiglio Affari esteri. L’Unione europea mira a preservare la pace, rafforzare la sicurezza internazionale e promuovere la collaborazione internazionale, ma la gestione della politica estera e di sicurezza è ancora oggi un tema per cui gli interessi particolari dei singoli Stati nazionali hanno la meglio, a discapito di una politica coordinata verso l’esterno in grado di incidere davvero sullo scacchiere mondiale.

Per approfondire…

1) E. Farinone, Europa al bivio – Tra dissoluzione e rilancio dell’Unione

Falsi miti sull’Europa… #8

► Per far fronte alla competizione globale, sia dal punto di vista politico sia da quello economico-commerciale, è meglio che ciascuno Stato europeo prenda le proprie decisioni strategiche in modo autonomo…

E’ esattamente il contrario: in un mondo globalizzato l’unione fa la forza. Le proiezioni ci dicono che nel 2040 nessuno Stato europeo sarà fra le prime sette economie del pianeta (fino a 15 anni fa, ce ne erano ben 4). Nei prossimi decenni, il peso dell’Europa sulla

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scena mondiale diminuirà sensibilmente a causa del tasso di natalità degli altri continenti, che è nettamente più elevato. Oggi noi europei rappresentiamo l’8% della popolazione mondiale, ma nel 2050 saremo solo il 5%. Il mondo sta diventando più grande, e noi stiamo diventando più piccoli.

Sono innumerevoli gli ambiti per i quali è fondamentale un intervento a livello europeo.

Alcuni esempi nel seguito.

o La ricchezza dell’UE si basa su un commercio internazionale libero e aperto.

Ogni miliardo di euro in esportazioni UE genera 14.000 nuovi posti di lavoro e in tutta la UE 31 milioni di posti di lavoro, quasi uno su sette, dipendono dalle esportazioni.

L’UE è fermamente decisa a difendere la politica dei mercati aperti e a contrastare la tendenza all’isolazionismo. Se, ad esempio, gli Stati Uniti si ritirano dagli accordi commerciali multilaterali, l’Europa può essere un nuovo partner. E, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, a beneficiare dell’abolizione delle tariffe doganali e delle altre barriere commerciali non sono le società multinazionali ma soprattutto le piccole e medie imprese. Le grandi società dispongono infatti delle risorse necessarie a orientarsi nei complessi sistemi normativi dei diversi mercati o ad avviare per conto proprio la produzione sui mercati finali, risorse che le piccole e medie imprese non hanno.

o Il contrasto a una criminalità che opera sempre più a livello transnazionale richiede che polizia e magistratura cooperino strettamente in tutta l’UE. Per farlo possono avvalersi del mandato d’arresto europeo, procedura introdotta nel 2002 che consente di dare esecuzione in tutta Europa a un mandato d’arresto nazionale e di assicurare alla giustizia con maggiore facilità e rapidità i criminali e le persone sospettate che si nascondono in un altro paese europeo. Inoltre grazie alla banca dati europea del Sistema d’informazione Schengen (SIS) è più facile per le forze di polizia rintracciare i criminali. Così come il nuovo centro europeo antiterrorismo di Europol sostiene le iniziative nazionali di lotta al terrorismo e alle forme gravi di criminalità.

o La modernizzazione delle piccole e medie imprese e i grandi progetti, transfrontalieri come la costruzione di strade o reti energetiche o di dati richiedono investimenti complessivi al di fuori della portata dei singoli stati.

Qui l’UE interviene con un programma che in tre anni sbloccherà investimenti per 315 miliardi di euro. Il beneficiario ideale è un’impresa che vuole investire nel futuro, ma fatica a trovare fondi. L’UE si assume una parte del rischio dell’investimento, anche attraverso garanzie, consentendo agli investitori privati di investire più facilmente nel progetto. Secondo gli ultimi dati disponibili (gennaio 2017), in Italia sono stati approvati 30 progetti finanziati dal FEIS (Fondo europeo per gli Investimenti Strategici) nel settore delle infrastrutture e dell’innovazione, per un valore totale di 3 miliardi

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di euro, che dovrebbero generare investimenti per 9,1 miliardi di euro. Inoltre, grazie al FEIS, sono stati approvati 41 accordi con altrettanti intermediari finanziari (banche, fondi ecc.) per la concessione di 1,3 miliardi di finanziamenti a piccole e medie imprese, che dovrebbero andare a beneficio di circa 191 000 PMI e start up e generare più di 20 miliardi di investimenti.

Per approfondire…

60-good-reasons-for-the-EU_Italy_it.pdf

Falsi miti sull’Europa… #9

► L’Unione Europea ci impone solo austerità...

L’Unione Europea è molto più che austerità. Il progetto d’integrazione dei paesi europei offre innumerevoli vantaggi: più rilevanza in ambito economico e politico nel mondo, un controllo più attento della qualità dei prodotti, politiche per la tutela dell’ambiente, più investimenti su sviluppo e ricerca, più prodotti per noi consumatori e più clienti per le nostre aziende, e tanto altro.

Tutto questo può verificarsi, tuttavia, solo a condizione che l’Unione sia stabile – sia economicamente che politicamente. Per garantire questa stabilità, è necessario che ogni stato mantenga i propri conti in ordine. Politicamente, è importante perché sarebbe sleale per uno stato “approfittarsi” degli altri membri, violando regole che gli altri rispettano per godere di benefici che sono possibili solo grazie a quelle regole. Economicamente, è fondamentale perché il fallimento di uno stato causerebbe il fallimento di tutto il sistema UE, e perché l’Unione Europea funziona tanto meglio quanto più simili sono le economie dei paesi che la compongono. In gergo economico, si parla di “convergenza” dei paesi UE.

La crisi finanziaria dell’ultimo decennio ha dimostrato l’importanza di questa convergenza:

quei Paesi, come purtroppo l’Italia, che hanno un debito pubblico più alto degli altri e che ricorrono continuamente al mercato per finanziarlo, sono stati colpiti di più perché più a rischio. E da qui è nato il problema dello spread: se le spese di governo italiane sono considerate più irresponsabili di quelle tedesche, i titoli italiani sviluppano tassi più alti di quelli tedeschi; così per pagare i tassi il governo è costretto a fare altro debito, viene quindi percepito come ancora più rischioso, e si entra in un circolo vizioso. A farne le spese siamo noi italiani: nel 2018 abbiamo pagato oltre 64 miliardi solo di interessi sul debito.1

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È importante però capire che questa responsabilità sui conti pubblici non significa “austerità selvaggia” come dicono gli euroscettici. La severità di politiche di contenimento del debito dipende dall’idea politica della maggioranza eletta. E qui bisogna essere chiari: l’austerità rigida è un’idea di destra. La stessa destra di Salvini e dei suoi alleati: sono proprio gli alleati della Lega a essere i primi ad invocare “regole ferree” di austerità contro l’Italia.2

Un’altra Europa però è possibile e in parte c’è già. La BCE negli ultimi 5 anni ha messo in atto un massiccio intervento di sostegno alla crescita economica, acquistando ingenti importi di titoli di Stato (che rappresentano oggi quasi il 20% del debito pubblico italiano3) per evitare che il debito esplodesse. La Commissione finanzia senza sosta sviluppo e ricerca in Italia per stimolare la crescita e diminuire il rapporto debito-PIL aumentando il PIL e non solo diminuendo il debito. Ed è in questa direzione che il PD vuole andare, verso un’Europa più sostenibile e più integrata economicamente, che possa emettere titoli europei e prendere decisioni fiscali a livello comune, per lasciarsi alle spalle spread e austerità.

Per approfondire…

1 https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-04-12/debito-pubblico-sempre-piu-costoso- piu-17-miliardi-spesa-interessi-prossimi-tre-anni-065830.shtml?uuid=ABXo1XnB

2 https://www.lastampa.it/2019/05/06/esteri/laustriaco-kurz-con-pi-rigore-sul-debito- eviteremo-che-litalia-metta-a-rischio-leuropa-dcLbq8zIBdOhv0ftGHn5TJ/premium.html

3 Banca d’Italia, Conti Finanziari

Dipartimento Europa PD Metropolitano

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