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Lavanda dei piedi (Gv 13,1-18) Teologia Sacra Scrittura

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Academic year: 2022

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Lavanda dei piedi (Gv 13,1-18)

Teologia – Sacra Scrittura

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1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. 2 Mentre cenavano, quando già il diavolo

aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, 3 Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4 si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un

asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto. 6 Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse:

«Signore, tu lavi i piedi a me?». 7 Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo». 8 Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9 Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!». 10 Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non

tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete mondi».

12 Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di

nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? 13 Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il

Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. 15 Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche

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Dal capitolo 13 fino alla fine del capitolo 17 il redattore del Vangelo di Giovanni ha voluto rappresentare un'articolata struttura di azioni rituali. Nel loro complesso, esse costituiscono un unico processo di iniziazione dei discepoli. L'attenzione di Gesù è rivolta esclusivamente ai suoi seguaci. Tutto si svolge al chiuso, dentro un edificio. Il mondo esterno è assente è l'attività pubblica di Gesù è ormai conclusa.

Il narratore ha voluto distinguere due grandi unità d'azione, che

costituiscono le parti principali dell'iniziazione: una cena (13,2 - 14,31) e un discorso di modellamento del gruppo, che si conclude con una preghiera (15,1 - 17,26). L'importanza dei fatti narrati è evidenziata dalla struttura stessa del testo e dalla amplificazione che il redattore ne ha fatto. Il ritmo della narrazione, infatti, che nei primi 12 capitoli è stato veloce, rallenta e quasi si arresta. Tutta la scena dei 5 capitoli si svolge in un tempo breve, una sera soltanto, e riguarda un unico episodio. Su un totale di 1786 versetti di tutto il Vangelo, che coprono circa due anni e mezzo della storia di Gesù, ben 313 narrano gli eventi di un singolo

raduno serale, dando una grande abbondanza i dettagli. Tutto ciò ci

obbliga a riconoscere in questi capitoli il centro dell'interesse narrativo di tutto il Vangelo.

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Qui ci interessa la cena, articolata in due grandi e complesse

sezioni. La prima (13,1-31) comprende il lavaggio dei piedi (1-20) e l'abbandono del gruppo da parte di Giuda (21-31). La seconda

(13,31-14,31) include la trasmissione di una dottrina fondamentale è l'istituzione di un comandamento nuovo, a cui segue una

interrogazione di Gesù da parte dei discepoli su alcuni punti della dottrina (13,36-14,31). Dopo tutto questo, Gesù avrà terminato una parte fondamentale dell' organizzazione del gruppo dei suoi

discepoli prima della sua morte.

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Dapprima, la scena della cena si svolge in assoluto silenzio e al lettore viene solo presentata una successione di gesti di Gesù:

4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto.

Solo dopo, Gesù comincerà a parlare, quando Pietro tenterà di sottrarsi al lavaggio:

6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». 8Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse:

«Non tutti siete puri».

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E solo quando avrà finito di lavare i piedi ai discepoli Gesù spiegherà quello che ha fatto:

12Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono.

14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. ascolta 16In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. 17Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. 18Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto, ma deve compiersi la Scrittura: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno.

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Il lavare i piedi è un gesto consueto nel mondo antico e fa parte della ritualità domestica. La letteratura antica ne offre molti esempi. L'atto costituiva uno degli elementi essenziali dell'ospitalità ed era dotato di un complesso valore

simbolico. Esso, infatti, era legato all'ingresso in casa e al passaggio dal fuori al dentro, dalla fatica al riposo, dal

pericolo alla sicurezza, dal mondo di tutti al proprio mondo.

Non era solo connesso al mangiare in quanto tale. Quando infatti, un ospite era invitato a pranzo, i piedi gli erano lavati al momento dell'ingresso in casa, e all'incirca all'inizio della cena. Nominare un rito di lavaggio significa dunque

segnalare un ingresso o un’adesione a un sistema di rapporti definiti all'interno di una famiglia o di un

gruppo. In altri termini, nell'immagine del lavaggio sono sottolineate le differenze con l'esterno e le comunanze con un mondo condiviso nel quale si viene ammessi.

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Il compito di lavare i piedi era riservato non solo agli schiavi ma anche alle donne.

La domanda che si pone ora è: all'interno del contesto specifico in cui si svolge l'azione, il gesto di Gesù è

consono all’usanza comune? Si ritiene che il lavaggio dei piedi narrato da Giovanni non possa essere compreso come rito di accoglienza dell'ospite perché, sotto

questo aspetto, sarebbe sicuramente fuori posto, in quanto tardivo. Lo spostamento al centro della cena dell'atto degli schiavi costringe a porre attenzione all'evento. Collocando il lavaggio in un momento imprevedibile, svuotandolo della sua funzione

ordinaria, Gesù lo trasforma necessariamente in un gesto di alto valore simbolico. Lo rende

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Il lavaggio dei piedi viene collocato nel mezzo di una cena perché la cena socializza i membri di un gruppo ed esclude gli estranei, perché è un luogo di comunicazione forte dove si verifica un atto di concentrazione del gruppo di Gesù su se stesso e dove si dà spazio alle sue potenzialità e alle sue attese.

Dopo che la Cena, come avviene abitualmente, ha

realizzato la riunione del gruppo, Gesù, lavando i piedi ai discepoli, avvia un rito iniziatico. Il suo atto ha lo scopo di far entrare i discepoli in un nuovo tipo di comunione che si definisce per il comportamento enfatico ed eccezionale del maestro. Solo partecipando a ciò che Gesù compie, i discepoli avranno parte con lui. In sostanza, il Gesù di Giovanni, ha preso un rito di ingresso in casa e l'ha trasformato il rito di ingresso nel gruppo o meglio di costituzione del gruppo dei discepoli.

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Il procedimento iniziatico dei discepoli passa attraverso la

drammatizzazione della condizione dello schiavo. Gesù la impersona simbolicamente attribuendo precisi tratti o segni alla propria corporalità. Qui vogliamo sottolineare che è, in primo luogo, attraverso le vesti di schiavo che Gesù assume i simboli della condizione inferiore. Nella narrazione, egli depone il

mantello e rimane vestito della sola tunica (in greco chiton). Dal confronto con la scena della crocifissione (19,23), sappiamo che il redattore pensava che Gesù, sotto il mantello vestisse la tunica. Abbondanti sono le immagini antiche nelle quali si vede come si indossasse l'imàtion sopra il chiton. Lo stesso panno di lino (lention), che Gesù si lega attorno alla vita con una cintura, normalmente portata sul chiton, è in tipico oggetto usato dagli schiavi durante il pranzo per servire e asciugare i commensali.

Anzi, la parola greca lention è un termine abbastanza diffuso in contesti simposiali. Che sia legittimo interpretare l'atto di Gesù

La figura dello schiavo

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È proprio attraverso l'inversione che il normale principio gerarchico può continuare ad essere la spina dorsale della vita. Nel rito di inversione di status, infatti, le forme aggressive assunte dai deboli e le sembianze umili e passive assunte dai forti sono mezzi per riguadagnare il cosmo e la società ad una forma migliore o più pura. La caratteristica del rito di inversione è che il capovolgimento di status è limitato all'arco di tempo in cui si

svolge il rito: un inferiore può assumere il ruolo di un superiore solo entro un preciso tempo rituale.

Nel lavaggio dei piedi, Giovanni narra un capovolgimento di ruoli e di posizioni sociali che erano ben noti ai membri della cultura in cui viveva il redattore. Per descrivere l'iniziazione egli mette in scena Gesù che istruisce i discepoli attraverso una gestualità che si incentra su situazioni abituali che vengono però fatte oggetto di radicale risignificazione. Normalmente, infatti, allo status di

padrone deve corrispondere la funzione di comandare e di essere onorato e servito. Nel rito descritto da Giovanni, invece, la

funzione di Gesù, maestro e Signore, è quella di servire, di compiere una funzione tipica degli status sociali inferiori degli schiavi o delle donne. Il senso del ribaltamento è chiaro: se il

Signore - maestro serve, ai discepoli, in quanto sono serviti, viene data momentaneamente una dignità pari a quella del Signore -

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La funzione esplicita dei riti di inversione è quella della denuncia, senza rischio di pena, degli eccessi dei personaggi che detengono il potere, attraverso azioni trasgressive da parte di inferiori verso superiori. Anche Gesù denuncia il comportamento di chi sta al vertice del rapporto sociale tra individui (i padroni e i maestri). Da questo punto di vista, il suo comportamento manifesta qualche forma di trasgressione. È come se Gesù intenzionalmente

ponesse al centro dell'attenzione un gesto della normale vita

quotidiana, di cui egli rifiuta le usuali implicanze culturali e sociali.

Anzi, egli sembra far suo tale gesto, nei minimi particolari, ma in modo rovesciato e irriducibile rispetto al consueto. Viene così svuotato e neutralizzato alla radice il significato socio - culturale che esso porta in sé. Lo scopo di Gesù è di far cessare

l'attribuzione di questo gesto agli schiavi. Egli assume e trasforma un gesto che percorre la cultura mediterranea.

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I riti di inversione non hanno, infatti, soltanto lo scopo della denuncia, ma anche quello della costruzione di un

comportamento ideale. Essi perciò influiscono sulla normalità di un gruppo o di una corrente:

Anche voi dovete (ofeilete) lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato un esempio (ypodeigma), infatti, perché come ho fatto io facciate anche voi (13,14-15).

È solo attraverso l'inversione del ruolo del maestro, che i discepoli riescono a pervenire allo scopo del rapporto discepolare, e cioè alla imitazione del maestro. La relazione maestro - discepolo prende forma solo con il momentaneo abbassamento e avvicinamento del maestro alla condizione del discepolo. Gesù, così facendo,

abbandona criticamente il rapporto servile che si richiede

normalmente ai discepoli. Nel momento in cui il maestro inverte il rapporto si può pervenire a una reale compartecipazione col

maestro e dei discepoli fra loro: " anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri"(13,14).

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Il Gesù di Giovanni, isolato nel triclinio, è ormai consapevole che il mondo esterno è ostile, che la struttura avvolgente ha avuto il

sopravvento sulla sua proposta religiosa. Crea così un rituale di

radicale inversione per rilanciare un progetto di utopia all'interno della comunità che egli spera i suoi discepoli formino, imitando la sua scelta servile.

Il livello culturale implicito nel testo riguarda la funzione dello schiavo di servire umiliandosi e di sostituire il padrone in ciò che egli non

riesce a fare. In altri termini, il redattore sceglie intenzionalmente di intervenire su una concezione culturale dello schiavo, comunemente accettata, ma la modifica. Propone che il modello da imitare non sia quello incentrato sulla funzione del padrone, ma quello

imperniato sulla funzione dello schiavo. Lo schiavo crea

uguaglianza o meglio equa reciprocità. Nel Vangelo di Giovanni la funzione dello schiavo è sicuramente un elemento di esplicitazione dei confini e delle idealità che devono guidare il gruppo a cui il Vangelo si

Quadro d'insieme

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Giovanni sceglie anche di intervenire per modificare il consueto modello del rapporto maestro - discepolo, in cui il maestro assume la funzione del Signore e il discepolo quella dello schiavo. E al fine di trasformare i modelli di comportamento della comunità giovannea che il redattore compone tutto questo in una azione rituale. La necessità di ricorrere a un rito di inversione sta cioè nel fatto che il modello di subordinazione reciproca, che il Vangelo vuole proporre, non si realizza né nella struttura sociale

ordinaria, nella comunità del redattore. Solo una azione rituale è in grado di palesare tale modello, di renderlo comprensibile e di indicarlo come base normativa del gruppo. Solo un rito è cioè in grado di perpetuare un progetto utopico all'interno di una comunità che non realizza e che difficilmente può realizzare quel progetto.

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