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la seconda riduzione,impiegando acciaio dolce e con fg =2,si ha : Pacc.AR = kg. Ciò,per quanto attenga alla resistenza dei denti.

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GRUPPO RIDUTTORE DOPPIO DI VELOCITÀ PER TURBINE A VAPORE PER

PROPULSIONE NAVALE E TESI DI LAUREA PER GRUPPO RIDUTTORE DI VELOCITÀ SEMPLICE-REGIA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA-FACOLTÀ DI INGEGNERIA INDUSTRIALE - SOTTOSEZIONE MECCANICA -ANNO ACCADEMICO 1965

Si tratta di un gruppo riduttore doppio abbinato a 2 turbine a vapore d’acqua surriscaldato (pressione del vapore all’immissione = 22 kg/cm2 a temperatura = 290

°C ;valore del vuoto nel condensatore = 0,10 kg/cm2).Due turbine,una ad alta pressione della potenza di 400 CV funzionante a 4000 giri/min ed una a bassa pressione di 4000 CV a 1600 giri/min,tutt’e due azionanti un’elica marina che deve compiere 90 giri/min.Il massimo diametro consentito alla ruota grande conassica all’elica e calettata sul prolungamento del suo asse non può superare 3350 mm .Il gruppo riduttore si articola in ingranaggi del tipo bi-elicoidali : doppi rocchetti coniugati con doppie ruote (prima riduzione) ;altri doppi rocchetti conassici con le suddette ruote,coniugati con la grande ruota :ciò,per ciascuna turbina.I collegamenti di trasmissione meccanica tra gli alberi,nell’articolazione cinematica :

turbine/pignoni/ruote medie /pignoni /ruota grande, sono realizzati con giunti meccanici (per es.,giunti a denti con manicotto).

Come primo tentativo ,si adotta per gli ingranaggi, il modulo m = 5 e cioè un passo circonferenziale di 15,7 mm,si giunge ai seguenti risultati :

Prime riduzioni.Turbina ad alta pressione : z1 = 35; D1 =175 mm; n1 =4055 ;z2 =242

;D2 = 1210 mm ; n2 = 586, b’ = 980 mm; v = 37,10 m/sec.Turbina a bassa pressione : z1 = 74; D1 = 370 mm ;n1 =1607,z2 = 203 ;D2 = 1015 mm ;n2 =586 ,b’ = 690 mm ; v =

31,15 m/sec.Per la seconda riduzione e per entrambe le turbina : z1 =100 ;D1 =500

mm ;n1 =586 ,b’ = 1400 mm ; z2 = 651 ; D2 =3255 mm; n2 = 90 ;v = 15,32 m/sec.

Dovendo risultare un angolo α ≥ 30° (angolo di obliquità dei denti rispetto all’asse della ruota) e poichè cos α =mz/D,dev’essere m ≤ 0,866∙175/75 = 4,3.Si dovrà,di conseguenza,scegliere m = 4 con che si avrà : cos α = 4 ∙35 /175 = 0,8 a cui corrisponde α = 36° 50’.In via approssimata, gli sforzi periferici saranno : per le prime riduzioni,prima turbina P1 = 4000 ∙ 75/37,10 = 8090 kg,seconda turbina P2

=4000 ∙ 75/31,15 = 9630 kg.Seconda riduzione,per entrambe le turbine,P3 = 4000∙75/15,32 = 19550 kg.

Per le prime riduzioni,supposto di impiegare un acciaio di alta resistenza,adottando il modulo 4 ,si applica la formula Pacc.A.R. = 7990 kg,con fg = 4 (rapporto fra il valore del carico di sicurezza ks di un materiale rispetto a quello della ghisa ) :ciò,per la turbina ad alta pressione.Per la turbina a bassa pressione,si ha Pacc.AR = 9540 kg.Per

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la seconda riduzione,impiegando acciaio dolce e con fg =2,si ha :Pacc.AR = 19500 kg.

Ciò,per quanto attenga alla resistenza dei denti.

Per quanto attenga ai giunti fra gli alberi delle turbine e quelli dei rocchetti,si prevede di adottare il tipo “ FLUIDRIVE” del tipo idraulico,tenebdo conto che il momento motore delle turbine sia costante,mentre quello dell’elica,incontrando una resistenza variabile a seconda dell’orientamento istantaneo delle pale rispetto

alla superficie del mare,procurano un momento resistente variabile periodicamente.

Inoltre,l’elica con la sua massa induce oscillazioni torsionali le cui ampiezze sono da mettere in correlazione con l’ampiezza delle deformazioni angolari dovute alla variazione dei momenti torcenti.

Nel caso di specie suddetto,prevedendo un angolo di inclinazione dell ‘elica cui appartengono i denti delle ruote e dei pignoni, α =30° si ha : cos α =m.z/D = 4

∙35/175 (prima riduzione –turbina ad alta pressione) = 0,8 circa,da cui α =36°50’.

Materiali :acciaio al carbonio con un carico di rottura all’estensione ke =4900-5500 kg/cm2 ,per le corone dentate delle ruote ; acciaio al 3,5 % di Ni con ke = 6300-7100 kg / cm2 ,per i rocchetti.

Nei riduttori multipli (è il caso in esame),il carico P sui denti varia in ragione inversa della velocità periferica e quindi per mantenere le sollecitazioni di flessione e la pressione specifica di rotolamento entro limiti tollerabili,occorre aumentare il prodotto b∙t = larghezza ∙passo.Dovendo,poi,contenere la larghezza b entro certi limiti,si deve necessariamente aumentare il passo t,ossia il modulo (t = π∙m),il che significa :o una riduzione del numero dei denti (D = m∙z) od un aumento del

diametro.Per questi motivi ,le successive coppie di ruote dei riduttori multipli hanno dentature a modulo crescente.Inoltre,per non avere rocchetti con troppo piccolo numero di denti,si deve necessariamente aumentare il diametro dei rocchetti man mano che diminuisca la velocità periferica.Se i rocchetti dovessero, dal

calcolo,risultare molto lunghi e quindi molto deformabili,di norma, il rapporto lunghezza/diametro non deve superare tre,cioè la lunghezza occupata dalla

dentatura del pignone non deve superare tre volte il suo diametro primitivo;

altrimenti,è necessario distanziare i due tratti di dentatura e ricavare,per

tornitura,fra di essi ,un perno del massimo diametro possibile, sostenendolo con un supporto ben sistemato con cuscinetti abbondantemente lubrificati,al fine di

impedirne il flettersi.

Esempio di vapore surriscaldato e determinazione della velocità dello stesso Del vapore surriscaldato, allo stato iniziale alla pressione di 14 bar ed alla

temperatura di 360 °C, effluisce da un ugello, predisposto per ottenere la massima

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velocità,in un ambiente in cui regna la pressione di 0,12 bar.Nel diagramma di Mollier,la verticale abbassata dal punto di incontro,nel campo del vapore

surriscaldato,della curva p= 14 bar con la curva t = 360 °C,incontra ,nel campo del

vapore saturo la curva p1 =0,12 bar in un punto per il quale passa la curva del titolo

x = 0,87.La lunghezza della verticale i1-i2 portata sulla scala delle velocità dà:

w = 1304 m/sec.

La turbina a vapore

Com’è noto,la turbina a vapore è una macchina a moto rotatorio continuo in cui l’energia termica del vapore surriscaldato viene trasformata in energia

meccanica,disponibile sopra un albero rotante con velocità angolare.Si compone,perciò,di una ruota,girante,fornita di una serie di palette disposte

radialmente e diversamente foggiate secondo i tipi di turbine a formare un sistema di canali i quali vengono percorsi dal getto di vapore,in modo da cedere alla

macchina l’energia necessaria a farla girare.Il vapore entra nei canali della girante secondo una opportuna direzione che viene imposta a mezzo di un sistema di canali fissi (distributore),costituito anch’esso da una serie di palette:una per ognuna della serie di cui è fornita la girante),disposti simmetricamente rispetto all’asse della macchina.Dal punto di vista della trasformazione dell’energia,le turbine a vapore si possono classificare in:turbine ad azione nelle quali tutta l’energia potenziale (entalpia o calore totale) viene trasformata in energia cinetica nel

distributore;turbine a reazione nelle quali la trasformazione avviene parte nel distributore e parte nella girante.Nelle prime il numero delle coppie di elementi distributore-girante sarà abbastanza piccolo,mentre nelle seconde sarà abbastanza

grande.Inoltre,le prime sono ad alta pressione e le seconde a bassa pressione.

L’entalpia o calore totale è una funzione di stato determinata dall’energia potenziale come segue: i = p.v + u ( kJ/kg ),ove p è la pressione del fluido v è il volume,u è

l’energia interna.Nella Tecnica,torna molto utile utilizzare il diagramma di Mollier nel quale l’entalpia specifica viene riportata come ordinata,mentre l’ ascissa è

rappresentata da un’altra funzione di stato e cioè dall’entropia specifica definita come segue : s =∫ dq/T (integrale) ,ove dq è la quantità infinitesima di calore

scambiato e T è la temperatura assoluta.Il piano viene suddiviso dal suddetto diagramma dalla curva limite del vapore saturo secco in due campi,l’inferiore del vapore allo stato saturo umido,il superiore del vapore allo stato surriscaldato.A partire dalla curva limite e sotto di essa,le curve a titolo costante di vapore tagliano le linee isobare (o isoterme) in punti equidistanti.Le linee isobare passano dal campo del vapore saturo al campo del vapore surriscaldato,tagliando la curva limite senza nessun repentino cambiamento di direzione ;invece le stesse linee ,considerate

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come isoterme,passano dal campo del vapore saturo nel campo del vapore surriscaldato con un brusco cambiamento di direzione e quindi nel campo del vapore surriscaldato il fascio delle linee isoterme taglia le curve isobare.Nel campo del vapore surriscaldato,un punto è individuato dall’incontro della curva della pressione con la curva della temperatura.Nel campo del vapore saturo,un punto è individuato dall’incontro della curva della pressione (o della temperatura) con la curva del titolodel vapore stesso.La quantità di calore o lavoro addotto o sottratto,a entropia costante,è rappresentata e misurata su rette verticali,dal segmento

rappresentante la distanza verticale dal punto iniziale al punto finale;il medesimo segmento rappresenta anche l’energia cinetica specifica ш2 = 2( i1-i2) .La scala a sinistra del diagramma di Mollier,costruita con la presente formula,rappresenta le velocità corrispondenti alle differenze di entalpia :basta riportare tale segmento sulla scala,a partire da 0,per avere il valore della velocità ш.Se il punto finale della trasformazione cade nel campo del vapore saturo,allora nel punto dove la verticale Δi incontra la curva relativa alla pressione dell’ambiente ove effluisce il getto,si ha anche il titolo del vapore effluente.

Nelle condizioni del vapore surriscaldato :p1 =22 kg/cm2 ;t = 290 °C ; p2 =0,10 kg/cm2, dal diagramma di Mollier si ha: Δi = 875 kJ/kg ;x = 0,81 kg (titolo del vapore saturo, cioè la quantità di vapore saturo asciutto contenuto in 1 kg di miscela);ш = 44,72 √Δi

=1325 m/sec (velocità del getto di vapore effluente, nelle condizioni sopra indicate).Dal calcolo,invece si ha ш =1322 m/sec.

La quantità di calore o lavoro addotto o sottratto,a entropia costante,è

rappresentata e misurata su rette verticali (ordinate);per es.,nel caso di una turbina

a vapore,nell’ipotesi che non si verifichi alcuna perdita,il cui lavoro espresso da L = integrale,tra P1 e P2, ∫ v.dP = i1 –i2 ,per s= cost.,può essere misurato dal segmento

rappresentante la distanza verticale (ordinata),dal punto iniziale 1 al punto finale 2;il medesimo tratto rappresenta anche l’energia cinetica ш2/2 posseduta da un getto di vapore che effluisca con velocità ш nelle stesse condizioni iniziali e finali e

nell’ipotesi che le perdite per attrito siano nulle;si ha perciò: ш2/2 = i1-i2, da cui si ricava ш .La scala a sinistra del diagramma,calcolata con questa formula,rappresenta le velocità ш corrispondenti alle lunghezze i1 –i2 ;a tal fine,basta, per ciò, riportare

tale lunghezza sulla scala,a partire da 0 per avere il valore della velocità ш.

Se il punto finale 2 cade nel campo del vapore saturo,allora nel punto dove la verticale i1-i2 incontra la curva relativa alla pressione dell’ambiente ove effluisce il

getto,si ha anche il titolo del vapore effluente.

La turbina a vapore può essere del tipo assiale o del tipo radiale,in relazione al senso del moto del vapore,quest’ultima è la meno diffusa;nella prima,la velocità meridiana

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del vapore è quella parallela all’asse di rotazione.La turbina a vapore è del tipo multiplo,cioè a più elementi montati sullo stesso albero (1 distributore fisso ed 1 girante,per ogni elemento);pertanto,il salto di pressione o l’alto valore della velocità vengono frazionati in una successione di elementi.Il vapore,attraverso la

macchina,si suppone, subisca un’espansione isoentropina,acquistando la velocità relativa all’intero salto entalpico: V2 = √[2 g E(i1-i2)], ove g è l’accelerazione media di gravità (m/sec2) , E è l’equivalente meccanico del calore (427 kgm/kal) ,( i1-i2 ) è il salto entalpico (kal/kg). I condotti creati dalle palette mobili hanno sezione variabile in modo che l’energia del vapore possa trasformarsi da energia di pressione a

cinetica o viceversa.Inoltre,per tenere conto delle inevitabili perdite dovute alla trasformazione di energia potenziale in energia cinetica,si deve mpltiplicare il

suddetto valore di V2 per un coefficiente di efflusso di carattere sperimentale ϕ . Importante è poi affrontare il problema dell’alta velocità del vapore,rinunciando ad

avere una velocità tutta meridiana (diretta cioè parallelamente all’albero) allo scarico della turbina,accettando un aumento della velocità e quindi delle relativa energia perduta V22/2g,con abbassamento del rendimento.Però la velocità

periferica,pur risultando ridotta,è sempre molto elevata,tanto da comportare l’instabilità dell’albero della turbina.Il problema è stato risolto con le turbine ad azione ed a salti di velocità e con le turbine a salti di pressione ,sia ad azione che a reazione,e cioè con le turbine miste.C’è poi da accennare alla parzializzazione e cioè alla regolazione della potenza di una turbina a vapore :si può ottenere mediante la variazione della portata del vapore che agisce sulla girante,intervenendo sulla

sezione di efflusso del vapore dal distributore mediante la rotazione delle pale dello

stesso.Per uno studio integrale della turbina a vapore,si rimanda ai Testi Universitari di Costruzioni di Macchine.

Gruppo riduttore multiplo

Il gruppo riduttore di velocità in argomento è costituito da una doppia riduzione (riduttore multiplo) : pignoni/ruote-pignoni/ruota grande,costituenti una serie di coppie cinematiche,azionanti,come già detto, un’elica marina a 90 giri/min.Il gruppo

propulsore è costituito da 2 turbine azionate da vapore surriscaldato,come sopra specificato.

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA

Facoltà di Ingegneria industriale-Sottosezione meccanica

(anno accademico 1965)

Esami di laurea, sessione estiva.Relatore :Chiar.mo Prof.dott.ing.Arnaldo Castagna.

Candidato : Sabato Aldo Nicoletti, matr.n° 24646.

GRUPPO RIDUTTORE SEMPLICE CON TURBINE IN PARALLELO PER NAVI Introduzione ed evoluzione dei gruppi riduttori

Il naturale desiderio di estendere le applicazioni della turbina a vapore ha condotto a studiare e perfezionare i sistemi di riduzione e i risultati sono stati tali da renderne generale l’uso anche nei tipi per i quali si era adottata,da principio,la trasmissione diretta che oggi è praticamente scomparsa,tanto che in tempi recenti non si ricorda

che 1 piroscafo propulso in tal modo.

Con l’introduzione dei sistemi di riduzione,la fisionomia della turbina marina è rimasta completamente trasformata.Poichè non solo è stato immediatamente elevato il rendimento della turbina,consentendo un migliore impiego

dell’espansione del vapore e una buona utilizzazione degli alti vuoti e riducendo in linea generale molte cause di perdita,ma si è anche aperta la via a tutti i progressi

che maturavano intanto nelle applicazioni terrestri.

Riportata alle sue condizioni naturali di funzionamento (e il perfezionamento delle strutture e dei materiali permette oggi velocità periferiche elevate),la turbina,più piccola e più rigida,risulta meno esposta a inconvenienti termici e meccanici ed è

superiore a quella a trasmissione diretta,per costo, peso e spazio.

Dei sistemi di riduzione il più ovvio,il primo applicato e anche oggi il più diffuso, è

quello ad ingranaggi.La sua introduzione si può fare risalire al 1910 circa con le applicazioni della marina americana (sistema Westinghouse,Melville e Macalpine).

Intorno a questo problema gravi e non prive di buone ragioni erano le perplessità

dei Tecnici e sopratutto degli utenti,perplessità dissipate,poi,dall’esperienza,per l’adeguato proporzionamento degli apparecchi,per la scelta dei materiali adatti a durare sufficientemente sotto gli sforzi a cui i rocchetti e ruote vanno soggetti,e

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soprattutto per la perfezione raggiunta nell’arte del taglio degli ingranaggi,che per le nuove necessità ha subito trovato nuovi metodi e nuove macchine e un grado altissimo di esattezza di lavorazione che viene controllato con mezzi rigorosissimi,quali difficilmente si sarebbe pensato potessero trovare applicazione in questo campo.

I rocchetti presentano diversi problemi in relazione alla loro durata,al che si è provveduto a realizzarli con acciai speciali,e al loro allineamento con le turbine, e per questo si sono introdotti accoppiatoi flessibili e, inoltre,in taluni casi,la condotta per mezzo di un albero di minore diametro interposto fra la turbina e l’attacco del rocchetto.Facendo il rocchetto cavo,esso può essere attraversato

longitudinalmente dall’albero e accoppiato con esso mediante mozzo o mediante

una briglia al suo estremo poppiero.Vi sono state preoccupazioni per la possibile deformazione di torsione del rocchetto a cui avrebbe corrisposto una disuniforme distribuzione dello sforzo tangenziale.In taluni impianti,questa possibilità venne resa più remota ,facendo il rocchetto cavo,come sopra è detto,e collegandolo con una

briglia all’albero di diametro ridotto,nel suo punto di mezzo,invece che ad una

estremità.La deformazione per torsione viene così ridotta a un arco di 1/100 di mm, misurata alla periferia del rocchetto.La riduzione comporta naturalmente una

perdita,ma il rendimento degli ingranaggi,così perfettamente lavorati,è altissimo (prossimo a 0,99).Un aumento di perdita è dovuto alla necessità di raccogliere su

assi distinti le spinte dell’elica e delle turbine,mentre nelle turbine a comando diretto (non più utilizzato),queste si contrappongono l’una all’altra e il cuscinetto di spinta, che prende posto a pruavia,della turbina ,raccoglie soltanto la differenza ,con

grande beneficio del rendimento organico.L’opportuna comparsa pressappoco contemporanea dei cuscinetti Mitchell o simili,che ha ridotto ad una piccola frazione

la perdita corrispondente,ha diminuito assai tale inconveniente.D’altronde,queste perdite sono molto piccole in confronto alla diminuzione di consumo che si ottiene nella turbina,passando dalle velocità angolari di centinaia a quelle di migliaia di giri.Nè si deve dimenticare che esse trovano anche un’altra contropartita nel possibile maggior rendimento dell’elica.Il minor diametro delle turbine e la

possibilità di sistemarle più in alto rendono qualche volta possibile di collocare il condensatore sotto la turbina,come negli impianti fissi,e quindi di avere condotti di

scarico diritti e brevi e ridurre al minimo la perdita dallo scarico della turbina all’entrata nel condensatore e i pericoli di rientrata d’aria nel condotto stesso e

semplificare le operazioni di apertura e chiusura per manutenzione.Però questo non è sempre possibile e anche negl’impianti a ingranaggi si riscontrano spesso scariche dall’alto attraverso quel condotto ad arco che collega turbina e

condensatore negli impianti a comando diretto.

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Il problema degli ingranaggi è che presentano grossi pesi: decine di tonnellate;ma anche da questo verso nella turbina si risparmia tanto da ottenere un beneficio

netto.Il progresso degli ingranaggi naturalmente ha cambiato molte vecchie idee su quel che se ne può ottenere e i valori dei rapporti di riduzione che si realizzano sono molto più estesi di quanto una volta si ammetteva.Si sono fatte riduzioni di 1/28;ma usualmente si preferisce non andare oltre 1/20.

Attualmente la riduzione singola basta sempre,per i bisogni delle navi e anche in molti casi per quelli delle navi ercantili.In molti altri,e segnatamente per le navi da carico,non basta più e allora si fa ricorso alla doppia riduzione,la messa a punto della quale è alquanto più laboriosa.Con questa si è arrivati a un rapporto di 1/64.Nei

primi tempi,diversi impianti a doppia riduzione hanno dato origine a fastidi piuttosto grandi,onde taluni costruttori li hanno abbandonato del tutto.Altri invece ne

continuarono l’uso e con risultati soddisfacenti.La trasmissione ad ingranaggi è nel momento presente,l’artificio più usato,per passare dalle velocità angolari convenienti alle turbine a quelle convenienti alle eliche.Un riduttore idraulico ideato da Fӧttinger e messo in servizio in alcuni esemplari tanti anni fa non ha avuto larga diffusione.E’ stato soppiantato dai riduttori meccanici a ruote dentate

cilindriche con denti bi-elicoidali i quali,oltre ad avere un costo minore,hanno un

rendimento elevato (98÷99)%.

In Italia la costruzione della turbina a vapore ha raggiunto rapidamente un alto grado di perfezione ,in parte con la riproduzione dei tipi primitivi stranieri e in parte con tipi italiani;cosicchè gli stabilimenti meccanici italiani già da molti

anni,hanno potuto farsi esportatori.Le turbine di tipo Belluzzo,di cui la prima applicazione navale è del 1912 e che è presentemente il tipo più diffuso nella marina,sono largamente costruite dalla Tosi.

I condensatori delle macchine marine a vapore sono sempre a superficie,anzichè a

miscela,per la necessità di ricuperare l’acqua dolce,per l’alimentazione delle caldaie.

Anche questi condensatori hanno subito una evoluzione che ne ha,negli impianti fissi,elevato,in misura notevole,l’efficienza,la razionale distribuzione della superficie di trasmissione dello scambio termico e gradualmente il valore medio del

coefficiente di trasmissione,presentando direttamente al vapore che affluisce,la maggiore estensione di superficie possibile.

Con le turbine,data la temperatura bassa del condensatore corrispondente al vuoto spinto e quindi la limitata escursione di temperatura dell’acqua di circolazione, occorre di questa una quantità maggiore,dai 60 ai 75 litri per kg di vapore da

condensare.In complesso,in un apparato motore di grande potenza,circolano

grandi quantità d’acqua e le pompe relative sono accessori importanti e assorbono potenze notevoli.Dal punto di vista dei materiali,l’argomento di maggiore interesse,

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origine di continue preoccupazioni e di continue ricerche,è quello delle corrosioni che si manifestano specialmente nei tubi (riesce non possibile la protezione con

zinco,come avviene invece per l’elica).Oltre a svariate cure ed artifici per eliminare ogni possibile causa di corrosione,particolare attenzione è stata sempre rivolta alla composizione dei tubi,e mentre l’ottone (muntz metallo ,cioè l’ottone contenente il 60% di rame ed il 40% di zinco) ha sempre prevalso,si è andato diffondendo,con

buone prospettive,l’impiego delle leghe del rame e dei tubi di bronzo o di altre leghe speciali.

Descrizione

L’apparato motore, argomento della presente tesi di laurea,da 11.000 CV,è formato da 2 turbine a vapore alimentate,sia per la marcia avanti che per quella indietro,da

vapore surriscaldato prodotto in un generatore di vapore ed uscente dal

surriscaldatore nello stato di 22 kg/cm2 e di 290 °C.La pressione assoluta del vapore a monte degli ugelli è 16,6 kg/cm2 e la temperatura è di 243 °C ,mentre la pressione

assoluta allo scarico è 0,10 kg/cm2. Il rapporto tra la velocità assoluta teorica di

uscita del vapore dai distributori,Ct e quella U meridiana (velocità di trascinamento) si assume uguale a 2,139 (rapporto di massimo rendimento).La velocità U si fissa,in

base al numero di giri e in modo da avere dimensioni accettabili ;cosicchè si ricava Ct

e poi,da questa,il salto di entalpia h utilizzato per elemento.

Le turbine sono del tipo Curtis a 2 salti di velocità e con 10 elementi complessivi, ad azione semplice (5 per ciascuna turbina).L’accoppiamento delle 2 turbine con i rispettivi rocchetti avviene per mezzo di giunti idraulici tipo “FLUIDRIVE”.I 2

rocchetti calettati ciascuno sull’albero di ciascuna turbina ingranano con una ruota avente diametro primitivo di 2162 mm.Gli ingranaggi sono contenuti in una cassa che è divisa in una parte inferiore o basamento,in una parte intermedia ed in una superiore.Il basamento è molto robusto e rigido perchè se si deformasse sotto il peso della ruota e sotto gli sforzi dovuti al carico,si avrebbero le stesse dannose

conseguenze come nel caso di un difettoso allineamento dei cuscinetti.

La cassa è costruita interamente in ghisa ed è completamente chiusa non solo per evitare che l’olio di lubrificazione per i denti degli ingranaggi venga proiettato verso

l’esterno,ma anche per la sicurezza del personale e per impedire che pezzi estranei vadano a cadere fra i denti o vi siano introdotti appositamente,per danneggiare

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l’ingranaggio.La ruota per mezzo di una grossa flangia si accoppia con la linea d’assi risultante da 2 alberi (intermedio e poppiero) del diametro ɸ 210 mm e della lunghezza di 7000 mm circa.La spinta viene ottenuta per mezzo di un’elica normale a 4 pale fisse.Una pompa centrifuga azionata da una turbinetta a vapore (turbo-

pompa),aspirando l’acqua del mare,provvede a farla circolare nel condensatore ove sussiste un vuoto di 0,10 kg/cm2 ottenuto grazie alla presenza di una pompa

d’aria della portata di 45,36 kg/h.La turbo-pompa sviluppa una prevalenza di 10 m di

colonna d’acqua ed eroga una portata di 420 l/sec.

Il vapore proviene dal generatore alle turbine a mezzo di apposita tubatura e,dopo aver attraversato un filtro,si biforca,grazie alla presenza di un gruppo di valvole e di saracinesche.Due apposite valvole di manovra permettono di commutare il

passaggio del vapore e così l’efflusso di marcia avanti e quello indietro vengono

efficacemente raggiunti ed assicurati.

I materiali previsti sono ripartiti così come segue:

-Saracinesche e valvole...bronzo -Tubature...acciaio -Semicasse delle turbine...acciaio fuso -Rotori...acciaio M.S.

-Palettature...leghe di rame e lamiere di acciaio inox -Rocchetti acciaio al 3% di Ni -Ruota acciaio allo 0,4% di C -Linea d’assi acciaio 53 di qualità allo 0,21% di C -rotori a tamburo acciai normali con σ0 = 50÷60 kg/mm2 -alberi (normalmente vengono realizzati in acciaio fucinato e tornito).

Perdite di energia Si elencano le perdite di energia : -perdite di energia cinetica del vapore ; -perdite di energia meccanica del rotore ; -perdite dovute all’acqua di condensazione ; -perdite per ventilazione ; -perdite meccaniche ai cuscinetti . Per la conoscenza dell’articolazione delle varie perdite elencate,si rimanda alla

consultazione dei Testi Universitari di Costruzioni di Macchine.

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GRUPPI TURBO -RIDUTTORI

I gruppi turbo-riduttori propellenti di tipo “BELLUZZO” sono stati studiati secondo la Tecnica più recente,per raggiungere ottimi rendimenti sia all’andatura di tutta forza che a quella di crociera,con sicurezza di esercizio,facilità di manovra, dimensioni e peso ridotti.

Ecco in riassunto i criteri seguiti:

1) Caratteristiche del vapore

All’uscita dalla caldaia,dette caratteristiche sono le seguenti:

andatura di tutta forza : pressione 22 kg/cm2 , temperatura 290 °C.

Il valore del vuoto nel condensatore è fissato a : 0,10 kg/cm2. 2) Numero di giri delle turbine La velocità delle turbine è stata notevolmente elevata rispetto alle costruzioni normali,adottando forti rapporti di riduzione.

Il valore della velocità di tutta forza è 5093 giri al 1’.

Queste turbine risultano di peso e di ingombro limitati,mentre il rendimento totale risulta elevato,perchè si realizzano:

-Limitate perdite per attrito e per fughe di vapore dalle tenute interne ed esterne ; (per tenuta interna s’intende quella costituita da organi di tenuta destinati a

superare zone a diversa pressione ; mentre per tenuta esterna s’intende quella finalizzata ad impedire le fughe di vapore all’esterno nel punto in cui l’albero fora la cassa,nei corpi ad alta pressione,ed impedire l’ingresso dell’aria,nei corpi in depressione);

-Maggiore sicurezza di funzionamento dei rotori di piccole dimensioni e costruiti in un solo pezzo;possibilità di rapido riscaldamento e avviamento con limitate

dilatazioni e deformazioni.

3) Palettature La palettatura è completamente ad azione.Cioè,tutta la variazione di pressione che compete al salto (entalpico ed isentropico) h’ disponibile si trasforma in energia cinetica nella corona fissa,per cui in quella mobile la pressione è costante all’ingresso ed all’uscita (trascurando le perdite).

4)Costruzione delle turbine Gli ugelli sono del tipo fresato da blocco e riportati nelle casse con tacchetti leterali rincalcati onde eliminare le fughe.I diaframmi forati in cui si praticano sfinestrature anulari,a costituire le corone fisse,sono di acciaio fucinato con distributori riportati del tipo fresato da barra di acciaio inox ,ottenendo così per tutti i canali percorsi dal vapore,precisione di forma,levigatezza di superficie ed elevato coefficiente di

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efflusso.La palettatura mobile è del noto tipo semifresato da profilati pure di acciaio inox.

Le tenute interne a labirinto dei diaframmi sono del tipo radiale e costituite da

elementi normali a doppia laminetta;quelle dei manicotti esterni delle turbine sono pure a labirinti radiali ma sono costituite da elementi con laminette triple di tipo a gradino.

I cuscinetti portanti e reggispinta sono del tipo normale,con lubrificazione forzata.

5)Riduttore

Il riduttore è del tipo normale con ruotismi a semplice riduzione.I rocchetti agiscono sulla stessa ruota di riduzione e sono tagliati con dentatura bi-elicoidale.I giunti di accoppiamento delle turbine con i rocchetti sono del tipo a denti,con manicotto

(ora,giunti tipo “FLUIDRIVE”).

-Pressione assoluta (Ct) del vapore a monte degli ugelli...po = 16,6 kg/cm2 -Pressione assoluta allo scarico... p1 = 0,10 “ -Temperatura in caldaia... t = 290° C -Rapporto tra la velocità teorica all’uscita dai distributori e la velocità periferica Ct/U = 2,139 (onde ottenere il valore massimo del rendimento,per le turbine ad azione,il rapporto dev’essere compreso tra 2 e 3) -Angolo d’uscita dai distributori...si fissa in 16°

-Coefficiente di riduzione della velocità nei distributori...0,94 -Coefficiente di riduzione della velocità nelle palette mobili...0,85

-Velocità periferica U = ω ∙ rm /60 m/sec; ove ω è la velocità angolare ( rad/sec ) e rm è il raggio medio (m) della corona palettata,ottenuto dalla sezione cilindrica della

turbina;fissando il valore di U, secondo criteri di buona Tecnica,si può ottenere il

valore di rm,cioè la grandezza della turbina stessa -Temperatura a monte degli ugelli (canali individuati da due palette contigue distributrici)... t = (253 -10)°C = 243 °C è stata ottenuta considerando la espansione isentalpica del vapore fra la pressione

in caldaia e quella a monte degli ugelli e sottraendo,per perdite di calore lungo le tubature, 10°C -Numero di giri dell’elica di propulsione ...531 giri /1’

-Numero di giri delle turbine...5093 giri/1’

(tale numero deriva dallo studio del gruppo riduttore).

Determinazione del consumo di vapore e delle cadute di calore adiabatiche H’ = 699 – 505 = 194 kcal/kg = caduta di calore adiabatica (isentropica) fra lo stato del vapore a monte degli ugelli di ammissione e la pressione di scarico al condensatore,trascurando cioè l’aumento di entropia dovuto alla dissipazione

(13)

in calore,non essendo il vapore un fluido perfetto cioè privo di viscosità e non essendo le pareti degli ugelli perfettamente levigati.Ad essa corrisponde un

consumo teorico di vapore dato da : 632/H’ = 3,25 kg/CVh (si ricorda che 1 CVh =632 kcal. Si stima,per l’intero gruppo di turbine,un rendimento interno ηt = 0,76 e si ha

un consumo unitario di vapore : 3,25/0,76 = 4,3 kg/CVh ed un consumo totale di : 11.000 (CV) ∙ 4,3 (kg/CV ) / 3600 sec = 13,2 kg/sec . La caduta di calore effettiva nel gruppo di turbine è data da : H = H’ ∙ ηt = 194 ∙ 0,76=

=148 kcal /kg che viene riferita egualmente, nel funzionamento,alle due turbine.

Calcolo del numero di elementi delle turbine Ct / U = 2,139 ; Ct = √ (z∙ g ∙E∙h’) ,ove h’ è il salto isentropico disponibile per ogni

elemento (per elemento della turbina si intende l’insieme di una corona fissa

e di una corona mobile);z numero di elementi.

Ct = 2,139 ∙ U = 2,139 ∙ 161,65 = 345,77 m/sec , tenendo conto che dal diagramma di

Mollier alla suddetta caduta isentropica corrisponde una velocità Ct data da : Ct = 44,72 ∙ √Δi . h’ = Ct2 /2 g E = 119556 / 8540 = 14 kcal /kg . z = H /h’ = 148 / 14 = 10 elementi ,5 per ogni turbina,:anche se ciò non permette di ottenere una diminuzione della velocità di fuga delle turbine,nè di attuare la

velocità di massimo rendimento .Infatti,dalla Letteratura Tecnica, si evince che ,per

una turbina Curtis,si ha convenienza, se l’impiego di una macchina multipla avvenga con un funzionamento a bassa velocità,per ottenere,appunto,un valore del

rendimento accettabile. In una turbina a vapore Curtis (ad azione ed a salti di velocità),il salto di entalpia viene utilizzato nel distributore,ma l’energia cinetica che il vapore possiede non è utilizzato in un solo elemento,ma in una serie di

elementi.Considerata una sezione cilindrica sviluppata,si ha il distributore,una serie di palette del primo elemento mobile,una seconda serie di palette del primo

elemento fisso,poi un secondo elemento mobile,quindi un altro elemento fisso e

così di seguito.Nell’ordine delle palette,sia fisse che mobili,si ha una inclinazione decrescente come dev’essere,affinchè i vari triangoli delle velocità siano corretti.

La velocità periferica all’ingresso ed all’uscita di ogni elemento è la stessa : infatti,essendo la turbina assiale,i filetti fluidi si muovono sulla superficie di un

cilindro.La velocità utile all’efflusso,cioè la velocità meridiana,si mantiene sempre costante,nel passaggio attraverso i vari elementi.Si potrebbe pensare che questa ipotesi sia esatta,poichè la sezione di efflusso (che tolto l’ingombro delle pale è una corona circolare) rimane sempre costante ;in realtà,attraverso i canali delle ruote e dei deviatori,la velocità diminuisce ,per effetto delle resistenze passive,mentre il volume specifico aumenta,a causa delle trasformazioni interne di energia.

Per approfondimenti,si rimanda allo studio dei testi universitari di Macchine.

(14)

I DATI DEL PROGETTO

Potenza massima del gruppo motore...N = 11.000 CV Numero di giri corrispondente dell’elica... n = 531 giri /min

Numero di giri delle turbine...nT = 5093 giri /min Diametro della ruota ...d2 = ɸ 2162 mm , il diametro della ruota è stato fissato in base allo spazio disponibile ,controllando

vhe non venisse superata di molto la velocità periferica di 60÷70 m/sec. Che

l’esperienza ha dimostrato potersi raggiungere,senza inconvenienti con ingranaggi marini di grande potenza.

Ripartizione della potenza fra i 2 rocchetti , in condizione di tutta forza, e diametro degli stessi

5500 CV, per ciascuno dei rocchetti ;diametro dei 2 rocchetti d1 = d2 ∙ 531 / 5093 =

= ɸ 225 mm.

La larghezza delle corone dentate Sulle primitive si ha una velocità periferica V = π∙d2∙n /60 = 3,14 ∙ 2162 ∙ 10-3 ∙ 531 =

60 m/sec ,perciò la forza periferica risulta per i rocchetti : Fc = 75 ∙N /60 = 75 ∙5500 /60 = 6875 kg . Si prevede di impiegare per la costruzione dei rocchetti acciaio al 3 % di nichel con carico di rottura di 70 kg/mm2 e per le

corone dentate della ruota acciaio allo 0,4 % di carbonio con carico di rottura di 50 kg/mm2 ;per i suddetti materiali,nella formula di Parsons si può porre K = 1,145 kg/mm2 e si ottiene ,per la larghezza della corona dentata , : l = FC /(k ∙ √d1 ) = 6875 / (1,145 ∙ 15) = 400 mm ; nel calcolo si è introdotto il valore di

fc = K ∙ √d1 definito come la forza periferica trasmessa per unità di lunghezza della

fascia dentata, ; adottando una dentatura bi-elicoidale si avranno due lunghezza da 200 mm ciascuna, distanziate,come già detto, da un perno.C’è da osservare che essendo il rapporto di trasmissione τ = 0,1040 ˃ 0,10 ,si dovrà introdurre un fattore correttivo,nell’ipotesi dell’adozione della formula americana fc /d1 = C ,dato da 1,1 /( 1 + τ ) = 0,996 ;detto valore è moltiplicativo di C e per quest’ultimo si può

assumere,dalla Letteratura Tecnica ( testo università di Costruzioni di Macchine ), il

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valore 0,06 ;pertanto, si ha fc = d1 ∙0,06 ∙0,996 = 13,446 ed l = Fc / fc = 512 mm circa.

Altri elementi principali della dentatura Si sceglie un angolo di pressione normale di 20 ° ed un angolo d’inclinazine dell’elica

primitiva di 22° 30’. Il passo dell’elica primitiva dei pignoni pe = π ∙ d1 /tg 22° 30’ =

1934 mm .Il modulo normale mn = pn /π = pc ∙ cos 22° 30’ /π = 14,45 ∙ 0,923/3,14 =

= 4,25 mm ,ove pc è il passo circonferenziale .Il modulo circonferenziale mc =

= mn / cos 22° 30’ mm = 4,60 ;il passo normale pn = mn ∙ π = 13,45 mm ;il passo circonferenziale pc = mn ∙π/ cos 22° 30’ = 14,45 mm.

Al suddetto valore del modulo normale corrispondono,per i rocchetti e per la ruota, i seguenti numeri di denti : racchetti Z1 = d1∙ cos 22° 30’ /mn = 49 ; ruota Z 2= d2∙ cos 22° 30’ /mn =470.

CALCOLO DELLA RESISTENZA DEI DENTI ELICOIDALI

La soluzione si basa sulle seguenti ipotesi : 1) si considera che il dente,nel tratto direttamente caricato,sia diritto ed abbia la direzione della tangente tg all’elica primitiva nel punto di rotolamento ; 2) si considera la sezione di incastro piana ; 3) il tratto del dente direttamente caricato si suppone isolato dalle parti adiacenti , mediante due piani passanti per gli estremi del segmento di contatto e normali all’elica primitiva ; 4) si considera il carico applicato ,in tutte le sezioni normali all’elica primitiva , in corrispondenza al cerchio di troncatura esterna dell’evolvente.

Invece della forza periferica Fc deve intridursi nella formula di Servio la componente normale all’elica primitiva,componente che è data da : Ft = Fc /cos 22° 30’ = 7448 kg.

Al passo trasversale pc deve sosituirsi il passo normale pn e la grossezza g del dente , nella sezione di massima sollecitazione, dev’essere misurata nel piano normale all’elica primitiva.

Come lunghezza della sezione resistente non si deve più considerare la larghezza

della corona dentata,ma la somma delle lunghezze dei vari tratti dei denti sui quali agisce direttamente lo sforzo,se carichi.Ognuna di queste lunghezze parziali potrà convenzionalmente misurarsi lungo l’elica primitiva e poichè tale elica si considera coincidente con la tg ad essa nel punto di rotolamento,si potrà prendere come

lunghezza parziale quella del segmento di detta tg compreso fra i 2 piani con i quali

(16)

si è supposto di isolare il tratto di dente direttamente caricato.

Si indica con λt la lunghezza di questo segmento ,misurato sul piano π tangente ai 2 cilindri primitivi ; tale segmento è dato da λ∙l/pa ∙ cos 22° 30’,ove : λ è la lunghezza del segmento di imbocco,misurato su detto piano ed individuato dalle intersezioni

della retta di pressione con le troncature di testa della dentatura ; l è la lunghezza assiale della dentatura che va misurata sul cilindro primitivo ;pa è il passo assiale dei denti.

Per la verifica della resistenza dei denti a flessione,si può applicare la formula di Lewis (valida per i denti diritti) anche alla dentatura elicoidale a condizione che : 1) ad Fc si sostituisca Fc /cos δ (con δ angolo di inclinazione dell’elica primitiva);

2) ad l si ponga λ’t = λt ∙ cosδ / cos α (con α angolo di pressione normale).

La formula di Lewis è : Fc = ɸ ∙l ∙p ∙ σf (per i denti diritti) , ove : 1) Fc è lo sforzo periferico ; 2) l è la lunghezza assiale della dentatura ; 3) p è il passo periferico delle ruote dentate ; 4) σf sollecitazione interna di flessione ; 5) ɸ è il coefficiente di proporzionalità che tiene conto della “forma” del dente e si definisce “fattore di forma” (i valori di ɸ sono tabellati).

Con riferimento sempre ai denti diritti ,si deve individuare l’espressione di ɸ ;si

ammette che l’intera forza F sia sopportata da 1 solo dente e che questo si trovi al termine del segmento di imbocco .Tale forza è tangente al cerchio di base di

raggio ρ = r .cos θ ,ove : r è il raggio primitivo e θ è l’angolo di pressione ; trasportandola nel punto A di intersezione della sua linea di azione con la mezzeria del dente ,la si decompone e se ne considera solo la componente tangente alla

circonferenza di raggio rA che non necessariamente coincide con la circonferenza primitiva di raggio r ;si considera la sezione più sollecitata S ,ai fini della resistenza a flessione ; il momento flettente è dato da Mf = Fc ∙ h ,ove h è la distanza tra la retta cui appartiene la componente suddetta e la retta tangente alla circonferenza di

raggio rA ;si sottolinea che il rapporto r/rA è sempre uguale a circa 1.

La tensione interna ,corrispondente al suddetto momento flettente, σf = Mf /Wf =

= Fc∙ h /(l∙g2/ 6) ;sostituendo σf nella formula di Lewis,si ha : ɸ = g2 / 6∙h∙p .La difficoltà di applicazione di questa formula sono dovute al fatto che non è nota a

priori la sezione S e quindi non sono noti g ed f .Dalla formula di Lewis si nota che σf è massimo quando ɸ è minimo cioè quando è minimo il rapporto g2/h ;bisogna trovare la sezione normale all’asse del dente per la quale il rapporto h/g2 sia

minimo.Ma h/g2 = c1,ove c1 e costante,essendo uguale a 1/6∙p∙ɸ ,essendo a loro volta costanti : σf ,a parità di Fc ; ɸ =cost ,perchè indipendente dal p essendo,per profili geometricamente simili ,h e g ,invece, proporzionali al p .In conclusione,per

(17)

individuare h,si fissano diversi valori di σ e quindi della costante c1 = k∙σ e si tracciano le corrispondenti parabole che si allargano al crescere di σ ;ad un certo

punto,una delle parabole suddette risulterà tangente al contorno del dente , individuando la grossezza g del dente e quindi h (distanza tra il segmento che

individua la grossezza del dente ed il vertice della parabola in questione) e così la sezione più sollecitata. Si calcola ɸ,sulla base dei valori determinati g ed h,e la

tensione unitaria σ controllando che sia σ ˂ σo (tensione ammissibile).

Il dente elicoidale resiste meglio di quello diritto,alla sollecitazione di flessione ,per

le seguenti ragioni : mentre il dente diritto sopporta il carico in tutta la sua lunghezza,quello elicoidale lo sopporta solo su un tratto di lunghezza limitata,perciò alla resistenza di questo devono contribuire efficacemente i tratti adiacenti che non sono direttamente

caricati ; inoltre,se i denti sono diritti,all’inizio ed alla fine dell’imbocco,il contatto si verifica ,per una delle due ruote,sul circolo di troncatura estrema della evolvente e risulta massima ,per tutta la lunghezza del dente ,il braccio della forza rispetto alla sezione di incastro ;nelle dentature elicoidali,invece,il segmento di contatto si

estende obliquamente sul fianco del dente ed il braccio medio della forza applicata risulta minore di quello massimo ,che si ha solo nella sezione corrispondente ad uno degli estremi del segmento di contatto ;tale sezione però ,essendo ad immediato

contatto con la parte del dente non caricata direttamente ,riceve da questo il massimo contributo alla resistenza,per cui la sua sollecitazione non è superiore a

quella delle altre sezioni.

Minore è la lunghezza della parte del dente sulla quale insiste il carico e maggiore risulta l’efficacia del sostegno dato ad esse dalle parti non caricate direttamente,e poichè la detta lunghezza è inversamente proporzionale alla tg dell’angolo di

inclinazione ,la resistenza dei denti deve aumentare con il crescere della

loro inclinazione rispetto alla generatrice. Converrà quindi introdurre nei calcoli un coefficiente ε di maggiorazione del carico il quale cresca con l’angolo ;si potranno

assumere per esso i seguenti valori : per 10° ε =1,3 ; per 20° “ =1,4 ; per 30° “ = 1,5;

per 40° “ = 1,6 .

Cuscinetti

L’area della superficie di un cuscinetto = l ∙ d = 210 ∙ 160 = 33.000 mm2.

(18)

La reazione di un cuscinetto è data da: Fc/2∙cos δ = 6875 / 2∙0,923 = 3696 kg.

La tensione specifica è data da : 3696/33.000 = 0,11 kg/mm2 .

Pompe

Portata di vapore : 7 kg/sec .Acqua fredda da 60 a 75 litri per kg di vapore da

condensare ,a seconda della temperatura dell’acqua e per vuoti del 95% . Estrazione dell’acqua condensata con pompa centrifuga comandata da motore

elettrico o da turbinetta a vapore ;pompa centrifuga di circolazione dell’acqua di

raffreddamento comandata come sopra.

Corpo del condensatore a sezione trasversale cilindrica . Superficie S dei tubi da calcolarsi, in m2,con la seguente formula : S = Q ∙ 575 /Δ t∙ k (m2) , ove :Q peso di vapore in kg da condensare all’ora;

Δ t differenza di temperatura media tra il vapore e l’acqua di circolazione ; k coefficiente di trasmissione uguale a 5000 ∙ v ,ove v è la velocità dell’acqua

attraverso i tubi ( al massimo v = 2 m/sec ) , ( k in kcal m-2 ora -1 grado-1 ).

Peso di aria da estrarre da un condensatore a superficie : Z = 1,8 ∙ Q /1000 kg/h.

Portata della pompa di circolazione 60 ∙7 = 420 l/sec .Prevalenza della stessa H = 10 m .

Q = 3600 ∙ 7 = 25.200 kg/h (portata di vapore).

Z = 1,8 ∙ 25.200 /1000 = 45,36 kg /h.

La condensazione del vapore avviene,com’è noto,per sottrazione di calore

(raffreddamento) ;nel condensatore,di conseguenza,si crea una forte depressione, per la differenza del volume specifico,tra il vapore saturo secco e l’acqua (volume

specifico differenziale u = s-σ (m3/kg) ,ove : s è il volume specifico del vapore saturo secco e σ è il volume specifico del liquido ); ciò,è molto importante,perchè migliora il rendimento della macchina termica.Ciò nonostante,per il funzionamento,il

condensatore richiede,tra l’altro,anche,l’impiego di una pompa pneumatica ,a

secco,molto perfezionata.

Il condensatore è a superficie e,nei componenti salienti ,è formato da un cilindro entro i quale trovano collocazione : 2 piastre verticali che suddividono il cilindro in 3

settori stagni, tra di loro; un fascio di tubi di ottone,installati parallelamente all’asse

geometrico del cilindro e con i terminali mandrinati sulle 2 piastre; 2 attacchi forati posti nella parte anteriore del cilindro,per l’entrata,quello in basso,dell’acqua

refrigerante e,quello in alto,per l’uscita dell’acqua stessa (l’acqua circola,in entrata, entro un primo fascio tubiero,posto in basso ed,a proseguire,in un secondo fascio,

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posto il alto,prima di impegnare l’attacco forato,in alto;i 2 fasci tubieri sono,nella parte anteriore del cilindro,separati,tra di loro,da un setto orizzontale) ; 1 attacco forato,nella parte superiore del cilindro,per l’ingresso del vapore,ed 1 attacco forato,nella parte inferiore,per l’espulsione dell’acqua di condensazione del

vapore,e questi 2 attacchi sono ubicati in mdo che il vapore possa investire i fasci tubieri,posti tra le 2 piastre. Inoltre,fanno parte del condensatore una pompa di circolazione dell’acqua refrigerante ed una pompa per l’estrazione dell’acqua di

condensazione.

CALCOLO DELLA LINEA D’ASSI La potenza da trasmettere vale : N = 11.000 CV . Il numero di giri della linea d’assi è : n = 531 giri /min.

Con i suddetti dati si calcola il valore del momento torcente che è dato da : Mt = 716,2 ∙ 11.000 / 531 = 14.836 kgm.

Il modulo di resistenza a torsione vale : Wt = π ∙ d3 /16 = 0,2 ∙ d3 , ove : d è il diametro

incognito dell’albero a sezione piena.

La tensione unitaria a taglio è data da : τ = Mt /Wt . Si prevede di adottare un acciaio di qualità Aq 53 allo 0,21 % di carbonio per il quale si ha un carico di rottura di : R = 53 kg / mm2. Assunta una tensione unitaria ammissibile di τ amm = 8 kg /mm2 ,l’equazione di stabilità si scrive : Mt / (0,2 ∙ d3) = 8 kg /mm2 ,da cui d3 = Mt / (0,2 ∙ 8) e quindi d = 210 mm.

Nell’ipotesi si volesse utilizzare un albero cavo ,si avrebbe :

D diametro esterno;d diametro interno (si supponga d = 0,5 D);

Wc = K ∙ D3 ∙[ 1-(d/D)4 ] ; con ( d/D )4 = 0,06 ;la riduzione del modulo di

resistenza,rispetto all’albero pieno, è del 6% ; con l’albero cavo,si avrebbe una riduzione del peso del 25% .

LA TURBINA DI MARCIA INDIETRO

Poichè non è possibile costruire una palettatura che sia adatta a funzionare per ambedue i sensi del moto,è necessario sistemare ,negli apparati motori marini ,

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delle apposite turbine per la marcia indietro.Le turbine di marcia indietro rappresentano un serio inconveniente per le seguenti ragioni : 1) aumentano il peso e l’ingombro dell’apparato motore ;

2) costituiscono una resistenza passiva durante la marcia avanti ,assorbendo circa il 2% della potenza sviluppata dalle turbine principali ; 3) sono spesso causa di avarie.

Per ridurre gli inconvenienti di cui ai numeri 1) e 2),le dette turbine vengono costruite di dimensioni molto minori di quelle delle turbine principali,perciò esse hanno un rendimento più basso e,pur assorbendo una quantitàdi vapore uguale o poco inferiore a quella che viene consumata nelle turbine principali a tutta

forza,sviluppano una potenza che varia dal (30 al 45) % di quella massima in marcia

avanti.

Le avarie di cui al punto 3) derivano dalle brusche variazioni di temperatura che si hanno all’atto dell’inversione del moto,specialmente se questa avvenga in modo

rapido e ad elevata andatura.Occorre tener presente che le turbine di marcia

indietro non devono sviluppare la loro massima potenza per raggiungere elevate velocità,avanzando con la poppa;ma per arrestare la nave nel minimo tempo e

dentro il minimo spazio,quando essa è fortemente avviata in avanti.

Perciò non ha senso il sistema,generalmente seguito ,di provare le dette turbine, facendo marciare la nave indietro per un tempo abbastanza lungo,alla più alta

velocità possibile e mirurando con il torsiometro la poterza da esse sviluppata, in tale condizione : all’atto pratico,la prova,anzi,non viene quasi mai spinta fino a raggiungere la potenza prescritta,poichè si è costretti a limitare la velocità indietro o per le forti vibrazioni della poppa o perchè l’acqua invade la coperta o perchè non si riesce a riportare al centro il timone ,quando questo ha raggiunto un forte angolo di sbandamento .E’ invece conveniente stabilire, come condizione di collaudo delle turbine di marcia indietro,che esse devono essere capaci di fermare la nave in un dato tempo ed in un dato spazio,a partire dall’inizio della

manovra,quando la nave stia navigando alla velocità di piena potenza.

Sistemazione delle turbine di marcia indietro In generale,le turbine di marcia indietro sono contenute nella stessa cassa di quella di marcia avanti.In questo caso di trasmissione ad ingranaggi,la turbina di marcia

indietro,avendo dimensioni molto ridotte,viene incorporata in quella di marcia avanti.Per detta,interessando risparmiare spazio e peso e potendosi sacrificare il rendimento,sono molto adatte le ruote tipo Curtis.Con la trasmissione ad ingranaggi si ha una semplice ruota a tre salti di velocità;in altri casi,si hanno 2 ruote pure a 3

salti di velocità o una ruota Curtis seguita da qualche elemento semplice ad azione

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o a reazione,riunendo il tutto in un’unica turbina e suddividendole fra 2 turbine in

serie.Nella turbina di marcia indietro,possono verificarsi dei surriscaldamenti dovuti all’attrito delle palette rotanti sul vapore stagnante.Questi surriscaldamenti si producono con vuoto basso e sono specialmente da temere nelle prove con velocità aumentata (intorno al 15% in più dei giri di tutta forza) che si eseguono al banco per verificare la resistenza alla forza centrifuga e l’equilibramento dei rotori,tanto più che spesso gli impianti di condensazione dei quali si dispone, non consentono di ottenere un vuoto elevato.E’ da tenere presente che il calore che si sviluppa nella turbina di marcia indietro è notevolmente aumentato per il fatto che le perdite per ventilazione sono molto maggiori quando le palette girino in senso contrario a

quello di lavoro.Per ridurre il riscaldamento,nelle costruzioni,si è messa la camera della ruota, dal lato dell’entrata del vapore,in comunicazione con il condensatore

mediante un tubo da 8 a 15 cm di diametro ;in tal modo,la ruota,agendo da

compressore,aspira il vapore dal condensatore attraverso il condotto di scarico e lo rimanda al condensatore attraverso la comunicazione aggiunta,e la corrente così

generata evita l’eccessivo surriscaldamento.

AVARIE NELLA DENTATURA

Il consumo dei fianchi dei denti La superficie dei denti,così come viene generata dalle macchine dentatrici,non è mai perfettamente regolare : essa presenta,rispetto alla superficie teorica

dell’elicoide,degli avvallamenti e delle sporgenze per cui su queste ultime si

concentra la pressione di contatto.Durante il lavoro dell’ingranamento,per l’effetto combinato della pressione e dello strisciamento,le parti sporgenti vengono

gradatamente eliminate,i fianchi dei denti diventano più levigati e le superfici di

contatto si estendono,abbassando i valori massimi della pressione specifica;nello stesso tempo,i fianchi,rotolando l’uno sull’altro,subiscono un indurimento superficiale ed il velo di olio,per la maggiore regolarità delle superfici,risulta di

grossezza più regolare ed è meno soggetto ad interruzioni.

Per queste ragioni il consumo dei fianchi dei denti,verificatosi sul primo periodo di esercizio,finisce con il cessare completamente e diventa assolutamente

trascurabile.

Talvolta però,il consumo continua anche dopo che le superfici dei denti siano

divenute perfettamente lisce e,essendo più rapido nei punti in cui è maggiore lo strisciamento,finisce con il produrre un’alterazione nel profilo del dente dando

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luogo a rumorosità dell’ingranaggio ed a sollecitazioni dinamiche addizionali;se l’assottigliamento del dente fosse notevole si avrebbe anche una sensibile

diminuzione della sua resistenza ;ma un consumo così rilevante si verifica ben raramente nelle ruote dentate ad assi paralleli,mentre è più frequente in altri tipi di

ingranaggi (ruote dentate cilindriche ad assi sghembi,riduttori a vite senza fine) soggetti a più forte strisciamento.

Un prolungato consumo può essere dovuto a cause occasionali,come la presenza di

particelle di materiale abrasivo in sospensione nell’olio,ma in generale è originato da insufficiente durezza dei fianchi dei denti e da un eccessivo lavoro delle forze di attrito sulle superfici striscianti.

Un forte coefficiente di attrito può essere dovuto a deficienza nella lubrificazione.Se l’olio arrivi ai denti in quantità insufficiente,può accadere che alcune superfici,non lubrificate,lavorino con attrito asciutto,oppure può darsi che l’olio,per assorbire le

calorie generate dall’attrito,si riscaldi eccessivamente,diminuendo di viscosità e non riuscendo più ad impedire il contatto diretto delle superfici metalliche.Le stesse

conseguenze si avrebbero qualora venisse impiegato un olio di scarse qualità lubrificanti.

Il carico limite dev’essere proporzionato in modo da non dare luogo a troppo alta pressione specifica sul fianco del dente.

Forti pressioni specifiche e basse velocità periferiche richiedono l’impiego di un lubrificante molto viscoso,perchè sia impedito il contatto diretto delle superfici metalliche.

Lo strisciamento specifico ha una grande influenza sul lavoro di attrito : esso varia moltissimo da un punto ad un altro del profilo e può raggiungere valore massimi molto differenti in diversi ingranaggi : a causa del forte strisciamento specifico , sono molto più soggette ad usura le ruote con piccolo numero di denti e con piccolo

angolo di pressione.

L’ingranamento dei fianchi dei denti Per ingranamento si intende il moto relativo di una ruota dentata rispetto alla ruota coniugata,il quale,realizzando il rotolamento senza strisciamento della primitiva di una ruota sulla primitiva dell’altra,determina il corretto

inserimento dei denti di una ruota nei vani dell’altra e la coseguente trasmissione della coppia.

L’ingranamento delle dentature è un fenomeno analogo a quello che si verifica in altri organi delle macchine quando questi siano soggetti a forte lavoro di attrito e non vengano adeguatamente lubrificati ; esso può dipendere dalle stesse cause che

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producono il consumo dei fianchi dei denti quando tali cause assumano una

particolare gravità.I due fenomeni però presentano caratteristiche ben distinte poichè il consumo progredisce in generale con grande lentezza e non produce sensibili alterazioni nel profilo che dopo un lungo periodo di lavoro,mentre l’ingranamento si sviluppa in tempo brevissimo e può danneggiare i fianchi dei denti perfettamente levigati,mentre il secondo produce in essi delle profonde

rugosità.

L’ingranamento si inizia,in generale,nelle parti del profilo in cui è più forte lo

strisciamento specifico (nel piede del dente di una ruota e nella testa dell’altra), ma non si rende manifesto con alcun segno esterno,sicchè,seguitando le ruote dentate a lavorare,la gravità dell’avaria aumenta continuamente;le superfici

metalliche,divenute ruvide,si raschiano vicendevolmente e la loro accresciuta rugosità fa aumentare l’attrito;le abrasioni diventano sempre più profonde ed

estese, propagandosi a tutta il profilo efficace del dente ,ed interessando una

sempre maggiore larghezza di fascia dentata.

Oltre che dall’eccessivo lavoro di attrito,l’ingranamento dei fianchi dei denti può essere prodotto dalle seguenti cause speciali : 1) si è già accennato che la mancanza dell’arrotondamento di testa e,nel caso di un

forte angolo d’intaglio,sulla testa del dente della ruota condotta,può,all’inizio dell’imbocco,causare delle incisioni sul fianco del dente della ruota motrice,dando

così origine all’ingranamento delle superfici striscianti ; conviene aggiungere che se la superficie esterna della corona dentata venisse lasciata allo stato grezzo quale risulta dalle passate di sbozzatura eseguite al tornio, si otterrebbe uno spigolo di testa leggermente seghettato con punte sporgenti le quali aumenterebbero la probabilità delle suddette incisioni ; è,perciò,necessario che,dopo le passate di sbozzatura,ne venga eseguita al tornio, una di finitura , per

rendere ben liscia la faccia cilindrica ,sulla circonferenza di testa del dente ; 2) delle asperità sui fianchi dei denti possono essere prodotte da vibrazioni della

macchina dentatrice o dell’utensile : se,per es.,gli spigoli della fresa non fossero bene affilati,lo sforzo di taglio aumenterebbe e le vibrazioni periodiche che essa subisse ogni volta che un nuovo dente cominciasse a tagliare, potrebbero generare nell’utensile delle vibrazioni e produrre delle asperità nella superficie di taglio,le

quali costituirebbero un più facile incentivo all’ingranamento.

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La butteratura

L’avaria più frequente sui fianchi dei denti consiste nella formazione di cavità le quali sono comunemente indicate con la parola inglese pitting; siccome si tratta in generale di cavità poco profonde esse vengono meglio definite con la

denominazione tedesca Pocknnarben la quale indica cicatrici prodotte dal vaiolo.

Perciò,conviene dare a questo tipo di avaria il nome italiano di butteratura.

Le cavità hanno diametro variabile da 1/2 a 5 mm e,corrispondentemente,

profondità variabile da circa 1/10 a più di 1 mm.Esse sono quasi sempre distribuite parallelamente all’elica primitiva e poco al disotto di questa.

In generale,la butteratura si manifesta e si sviluppa nel primo periodo di lavoro delle ruote dentate sotto carichi prossimi a quello massimo ; in seguito,la

formazione di nuove cavità va gradatamente attenuandosi fino a cessare del tutto, e le cavità già formatesi non pregiudicano il buon funzionamento dell’ingranaggio.

Più raramente la butteratura continua ad estendersi sui fianchi dei denti a

distruggerne gran parte della superficie efficace.

Un tale andamento del fenomeno della butteratura deriva dal fatto che al principio la pressione si concentra sui punti più sporgenti dalla superficie geometrica del

dente,sollecitando il materiale oltre il limite di elasticità e causando la formazione delle cavità.

In seguito,analogamente a quanto avviene per il consumo sui fianche dei denti, con il prolungato esercizio,la regolarizzazione delle superfici fa abbassare i valori massimi della pressione specifica e nello stesso tempo il rotolamento di un dente sull’altro indurisce le superfici,rendendole più resistenti alla compressione,sicchè di solito,la formazione di nuove cavità va gradatamente cessando.

L’avaria continua invece ad aggravarsi nel caso che essa abbia già distrutto gran parte delle superfici di lavoro o che il materiale della dentatura non abbia durezza

sufficiente per i carichi specifici in base ai quali l’ingranaggio è stato proporzionato.

La butteratura è causata essenzialmente da una eccessiva sollecitazione di compressione,essa si verifica in prossimità della primitiva ove il lavoro delle forze di attrito è limitato e non nei punti più distanti dalla primitiva ove,essendo massimo il

detto lavoro,si raggiungono più facilmente le condizioni che producono

l’ingranamento delle superfici.

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Ove mancasse la lubrificazione, aumenterebbe fortemente il lavoro di attrito e la dentatura si ingranerebbe molto prima che potesse iniziarsi la formazione delle cavità.Per evitare la butteratura è necessario che i denti siano costruiti con materiale tanto più duro e siano lubrificati con olio tanto più viscoso, quanto più elevato fossero i carichi specifici agenti sui loro fianchi;bisogna,inoltre,cercare di eliminare tutte le cause che possano produrre,anche localmente,aumenti anormali della pressione,perciò,occorre adoperare macchine dentatrici di alta

precisione,oppure eseguire,dopo il taglio dei denti,la loro rettifica.Il fenomeno della butteratura si può ritenere simile a quello della cavitazione che interessa la nautica e,particolarmente,il funzionamento delle eliche,anche se dovuta a cause diverse.

Pulizia dei tubi del condensatore (per turbine a condensazione)

I tubi del condensatore abbisognano di una accurata pulitura,per evitare perdite di vuoto e insudiciamento del condensato,in caso di rottura o permeabilità ; di estate si sporcano in generale più frequentemente che d’ inverno.Se l’acqua di circolazione è di fiume si sporcano di solito di melma,se l’acqua è di mare di mucillagine.

La pulizia dei tubi del condensatore può essere eseguita in modo che,di tanto in tanto,vengano rimosse le incrostazioni,oppure in forma tale che,trattando

permanentemente l’acqua di refrigerazione,ne sia impedita la loro formazione, come pure quella di fango e muccillagine.

In quest’ultimo caso,se si tratti di esseri viventi,è generalmente preferibile impedirne la nascita e la vita,con il trattamento chimico.

I veleni più sicuri per queste forme di vita si sono dimostrati il cloro e le sue composizioni.Se invece i depositi siano costituiti da masse inorganiche,oppure da esseri già periti,occorre usare il mezzo meccanico o solventi chimici.

E’ bene effettuare la pulizia appena l’impianto si fermi,oppure se il condensatore è divisibile in due metà,subito dopo che una metà sia esclusa dal servizio,evitando

così che i depositi si essicchino.

Per acqua dolce,i tubi di ottone danno ,in generale,ottimo risultato.Per acqua di mare,i tubi di ottone hanno,in generale,una durata piuttosto breve,talora non si arriva a tre anni,e ciò,a seconda delle caratteristiche locali dell’acqua di mare per la presenza di determinati rifiuti e di determinati microrganismi e in relazione alla sua temperatura. Si ha,in generale,buon risultato con tubi in cupro-nichel;si possono

anche usare tubi in cupro-zinco-allumunio.Comunque,i depositi possono verificarsi sia con la migliore acqua potabile trattata al cloro,precedentemente,come con

l’acqua dei porti,certamente poco pulita.I generi e le forme dei suddetti esseri

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