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In breve tempo, Blanc MariClò diventa uno dei più amati brand italiani del settore, sinonimo di stile e armonia con il paesaggio toscano

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CAPITOLO 1-INTRODUZIONE

“È meglio il buon nome, che le molte ricchezze.”

(Miguel de Cervantes, Don Chisciotte)

1.1-L’AZIENDA COMMITTENTE:BLANC MARIC

Blanc MariClò è un marchio registrato appartenente alla Federighi 1926 SpA, azienda storica nel settore tessile e biancheria per la casa, le cui radici risalgono al 1926.

L’idea Blanc MariClò nasce agli inizi degli anni 2000, quando le due sorelle Federighi, Mariangela e Claudia, fanno il loro ingresso in azienda come direttrici creative al termine degli studi universitari. Il progetto prende forma grazie alla fusione delle loro storie, passioni e intuizioni, e si concretizza in una linea di arredamento shabby chic (cfr

§ 2.1.1) di grande personalità e successo. Nella formulazione del portafoglio prodotti, l’azienda tenne conto del fatto che il mercato della biancheria a inizio anni 2000 era ancora caratterizzato da un sistema distributivo di tipo tradizionale. Il biancherista (nel ruolo di dettagliante) si riforniva all’ingrosso per poi proporre l’offerta del proprio punto vendita attraverso l’allestimento di scaffali: veniva a mancare la cura nella presentazione scenografica dei prodotti, tipica del retailing moderno.

Inoltre, si rilevava un «vuoto di offerta» (un oceano blu1) in corrispondenza della proposta congiunta di mobili e complementi di arredo: l’idea innovativa è stata, quindi, la concezione di un brand con un’offerta che spaziasse dalla biancheria, alla mobilia, ai complementi di arredo, senza concentrarsi su un’unica Business Unit. In breve tempo, Blanc MariClò diventa uno dei più amati brand italiani del settore, sinonimo di stile e armonia con il paesaggio toscano.

La collezione di mobili, accessori e quella della biancheria per la casa vengono presentate due volte l'anno, in occasione delle stagioni Primavera-Estate e Autunno- Inverno. A dettare regole, orientamento e design è l'ufficio stile di istanza nell’head quarter di Fornacette, in provincia di Pisa, mentre la produzione è affidata a fornitori

1 Secondo Kim e Mauborgne (Kim, Mauborgne, 2005), le imprese possono ottenere successo non battendo i competitors ma andando ad operare negli oceani blu, ovvero negli spazi di mercato inesplorati beneficiando inoltre di sostanziali barriere all’ingresso che ridurrebbero la competizione.

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(italiani, europei, ed extra-europei2) selezionati per la loro artigianalità e qualità di lavorazione.

Il concept dietro Blanc MariClò è l’home decoration, cioè la proposta di un total look3 per la casa (come avviene per le case di moda) in un pacchetto di articoli che trovano una loro ragion d’essere in quanto elementi di un’unica collezione4. Blanc MariClò non propone, dunque, singoli prodotti, ma un ambiente di cui innamorarsi, un concetto di stile di vita specifico, per cui la gestione della casa è un gesto d’amore verso l’ambiente domestico stesso, i propri familiari e verso di sé.

Oggi Blanc MariClò si posiziona come leader del mercato italiano nel settore dell’home décor, dove è presente con 3 flagship store5, 16 monomarca in franchising e più di 2000 rivenditori (plurimarca o con corner dedicato), ed è attiva anche sul mercato estero europeo (Spagna, Russia, Polonia, Germania) ed extra-europeo (Iran, Emirati Arabi, Corea del Sud, Giappone, Canada). Non viene trascurato l’e-commerce sul sito web di proprietà (riservato ai rivenditori autorizzati), ma anche attraverso siti web di rivenditori terzi e Amazon.

Per quanto concerne la leva della comunicazione, Blanc MariClò non si è mai rivolta ad un’agenzia in outsourcing, ma ha sempre gestito i vari canali (owned e paid media)6

2 La scelta dell’esternalizzazione della produzione di Blanc MariClò, è giustificata dalla volontà di acquistare le materie prime in quei luoghi dove la loro produzione è caratteristica. Mentre in passato la localizzazione delle attività produttive era concentrata nel paese di origine dell’impresa, oggi è sempre più diffusa a livello internazionale, non solo per le grandi imprese ma anche per le PMI; la

globalizzazione si manifesta nella crescente dispersione in paesi diversi delle attività della catena del valore di un’impresa (Caroli 2012).

3 Total look: look coordinato in ogni minimo dettaglio.

(http://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=total%20look)

4 L’antropologo McCracken ricorda che per i rituali di consumo, affinché un bene possa trasmettere un significato al suo proprietario, è necessario che sia parte di un insieme altamente coerente di beni di consumo. Questo fenomeno sociale è conosciuto come “effetto Diderot”, dal filosofo francese (1713- 1784) che per primo lo descrisse all’interno di un suo saggio (McCracken 1988).

5 «Di tutti i negozi […] che compongono la flotta commerciale di un’azienda. o, meglio, la sua rete distributiva, il flagship store ovvero il negozio ammiraglia è il più importante. Il prestigio di cui gode, gli deriva, oltre che da fattori tangibili quali location, dimensione e allestimento, anche da elementi esclusivi ancorché immateriali come atmosfera, appeal ed espressività che sono al tempo stesso causa ed effetto della brand equity di cui è emanazione. Ideato più per comunicare che per vendere tout court, il flagship store rappresenta, infatti, il migliore strumento nelle mani di un’impresa per presentarsi compiutamente e senza intermediari al pubblico ma, al contempo, costituisce la manifestazione esclusiva dei marchi che aspirino a essere riconosciuti e identificati con uno stile e con dei valori anziché con un mero prodotto o una specifica tecnologia. […] Il visitatore viene guidato in un vero e proprio percorso d’apprendimento volto a suffragare in modo circostanziato tutte le ragioni che dovrebbero indurlo a privilegiare il marchio enfatizzato nel negozio rispetto a quelli della concorrenza nonché a condividerne i valori, per sempre.»

(Franzosi, 2009)

6 Gli owned media sono i mezzi di comunicazione posseduti direttamente dall'azienda che utilizza per rivolgersi al target destinatario del marketing, mentre si definiscono paid media i mezzi pagati

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internamente per massimizzare la percezione di autenticità dei messaggi lanciati. Il tono è ispirato alla poesia: l’imperativo è proporre al pubblico prodotti in grado di

emozionare e trasportare nell’atmosfera Toscana cui è ispirato Blanc MariClò.

Il fatturato di Blanc MariClò, è composto per il 45% dalle voci “settore mobili e complemento d’arredo” e per il restante 55% dalla voce “tessile per la casa” (Ufficio stampa “Go News”, 4 marzo 2013). L’azienda ha chiuso il 2016 con un fatturato di 12 milioni di euro, in crescita del 4% e realizzato per il 30% all’estero (Passeri e Galbiati 2017).

1.2-IL SETTORE DI RIFERIMENTO

Il mercato interno italiano ha registrato nel 2016 una nuova crescita, sebbene piuttosto contenuta (+1,3%): la Legge di Stabilità, la conferma del bonus mobili legato alle ristrutturazioni e l’introduzione del bonus giovani coppie hanno sostenuto i consumi di mobili. Tale crescita è stata accompagnata da un andamento sempre positivo delle vendite sui mercati internazionali (favorito dall’euro a 1,11 sul dollaro, la capacità delle imprese italiane di diversificare i mercati e il mantenimento della competitività in termini di rapporto qualità/prezzo), evidenziando la percezione di eccellenza di cui godono i beni di consumo Made in Italy nel mondo, know-how detenuto da quella filiera di piccoli artigiani7 che stanno dietro alle aziende medio-grandi più note dell’arredo (CSIL 2016).

Negli ultimi 2 anni le vendite online di arredo hanno registrato incrementi del 39% nel nostro Paese (www.valnan.it). Dai trend di consumo (Bertoletti, 2016) si rileva che gli

dall'azienda e con cui l'azienda deve negoziare per rivolgersi ad un pubblico di soggetti che non conosce.

Altra categoria di mezzi di comunicazione che qui non è stata citata ma che merita di essere precisata, sono gli earned media, che l'azienda si è guadagnata senza effettuare investimenti in quanto creati e gestiti direttamente dai clienti affezionati. (Peretti 2011)

7 La Professoressa di storia contemporanea Emanuela Scarpellini, affronta questo tema nell’analizzare l’incidenza del consumo degli oggetti della vita quotidiana, in particolare le domesticità, nella storia degli italiani. A metà degli anni ‘50 del XX secolo, la piccola e media impresa artigiana a conduzione

familiare, che fino ad allora aveva rappresentato il cuore pulsante dell’arredamento, si ritrovava ad affrontare l’industrializzazione del settore e l’affermarsi del mercato dei mobili standard (venduti in alti volumi da grandi magazzini, come La Rinascente). La Scarpellini riporta in proposito la presa di posizione del quindicinale “Il mobile” (1957) a difesa della tradizione dell’artigianato mobiliere italiano di fronte alla produzione di massa. Secondo il giornale, infatti, si andavano a confrontare l’inestinguibile eredità materiale e immateriale dei mobili artigianali e le logiche standardizzanti dei nuovi modelli: la querelle celava di fatto la problematicità di una scelta sentimentale, essendo i mobili di famiglia custodi delle memorie dalla stessa (Scarpellini 2013).

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italiani sono consumatori sempre più digitali e smart: il 98% degli italiani, infatti, afferma di acquistare online sia perché lo trova molto vantaggioso, sia perché ritiene che negli ultimi anni l’offerta del canale sia notevolmente aumentata. I dati Statista Analyse (https://ecommercedb.com) sul mercato e-commerce europeo nel 2016, riportano che l’Italia è al 5° posto per vendite nette nel B2C, e vede come canale leader amazon.it. A seguire (relativamente al settore dell’arredamento), privalia.com e vente- privee.com (Grafico 1).

Grafico 1: I top players nell’e-commerce B2C dell’arredamento in Italia: elaborazione propria su dati Statista Analyse 2016 relativi alle vendite nette di beni ai consumatori privati (B2C) realizzate sul canale

e-commerce nel 2016.

Il mercato dell’arredamento sta riscontrando nell’e-commerce una via di uscita dalla crisi, ma anche nuove sfide, prima fra tutte, la conquista di una nuova fetta del mercato, quella dei cosiddetti «millennials», che oggi cominciano ad arredare casa. Si tratta di giovani consumatori critici, sensibili ad aspetti come la sostenibilità ambientale e sociale, attenti alla personalizzazione dei prodotti e diffidenti verso l’omologazione degli stili; per loro, il concetto di lusso ha a che fare più con l’autenticità e originalità che con l’esclusività di prezzo (Mancini, 2016).

Secondo lo studio Privali Watch 2016 (http://pressroom.privalia.com) sui trend di consumo degli italiani, il salotto è il vincitore assoluto delle spese: si acquistano

complementi d’arredo e oggetti di design, mentre l’estetica è il primo driver d’acquisto, cui seguono la funzionalità e il risparmio. Come mostra il Grafico 2, è trendy il genere shabby chic (scelto dal 14% degli intervistati) ma in calo rispetto agli anni precedenti;

lo stile preferito dagli italiani è invece quello moderno e minimal (63%) apprezzato per la sua semplicità lineare che non stanca, mentre al terzo posto si posiziona lo stile nordico (8%).

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Grafico 2: Gli stili di arredamento preferiti dagli italiani, secondo quanto rilevato nel rapporto Privalia Watch 2016.

Analizzare l’ambiente esterno a Blanc MariClò ed in particolar modo l’andamento del mercato di riferimento, è un passaggio essenziale al fine di comprendere la situazione attuale in cui si ritrova ad operare l’azienda. Si potranno così individuare minacce da fronteggiare e vincere, ma soprattutto opportunità da sfruttare per creare valore.

1.3-LA CONCORRENZA

Blanc MariClò non riconosce come suoi concorrenti diretti né i mobilieri, né i biancheristi, né gli importatori di arredamento. Benché questi player (sia a livello di commercio autonomo che integrato) si configurino come antagonisti per quanto riguarda il singolo prodotto, non vi è nessuno che proponga come Blanc MariClò un vero e proprio total look per la casa, caratterizzato sia dall’artigianalità Made in Italy sia dalla creatività nel processo di realizzazione delle collezioni.

1.4-IL PROBLEMA DI RICERCA

A seguito del briefing tenutosi presso la sede dell’azienda committente Blanc MariClò Federighi 1926 S.p.A. il 21 marzo 2017 con il presidente Francesco Federighi, il direttore generale Luigi Tonelli e il direttore artistico Claudia Federighi, è stato

concordato l’obiettivo di supportare l’azienda committente nella raccolta di dati e nella successiva elaborazione di informazioni utili a fornire un quadro puntuale e aggiornato

Moderno; 63%

Shabby chic;

14%

Nordico; 8%

Altro; 15%

Gli stili preferiti dagli italiani

Dati: Privalia Watch 2016

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circa la percezione del brand «Blanc MariClò» da parte dei tre segmenti target a cui essa rivolge la propria offerta (Figura 1), ovvero: (a) i dettaglianti di arredamento e

biancheria, (b) i professionisti – architetti, designer di interni, geometri, e (c) i consumatori finali privati.

Figura 1: Schema esplicativo delle relazioni che Blanc MariClò stringe coi tre target cui si rivolge8.

Il problema di ricerca sorge in quanto, nonostante in questo momento l’azienda occupi una posizione di rilievo nel panorama nazionale dell’arredamento e del complemento d’arredo, è stato rilevato negli ultimi tempi un minore impegno da parte del

management nella cura e nel mantenimento dell’immagine. Attualmente l’azienda si focalizza maggiormente sui risultati economici rispetto a quelli relazionali. Il

management afferma che ha meno tempo per parlare ai propri clienti (sia intermedi che finali); al contrario, si motiva la forza vendita con un approccio asettico results-

oriented, lontano dal concetto “poetico” di sentimento ed emozione su cui è stata fondata Blanc MariClò.

Da questa problematica, è nata la volontà della committenza di indagare (cfr § 1.5) la

8 I professionisti (immagine a sinistra, rappresentativa degli architetti e interior designer), il target business (immagine centrale, scatto della vetrina di un rivenditore) e il target consumer (in basso a destra, alcune donne intente a fare shopping). Le frecce continue in verde rappresentano il flusso transazionale che avviene tra i vari soggetti. L’azienda ha relazioni transazionali dirette con i professionisti, i rivenditori, e i punti vendita a insegna Blanc MariClò, ma non ha scambi di tipo economico con il mercato consumer se non indirettamente, cioè attraverso i professionisti (che vendono i loro progetti, inclusi gli articoli Blanc MariClò, ai propri clienti), i rivenditori e i negozi monomarca (che svolgono il ruolo di intermediari commerciali). Al contrario, si stabiliscono flussi comunicazionali diretti (frecce tratteggiate in viola) con tutti e tre i mercati target, ciascuno dei quali beneficia di un linguaggio e di contenuti ad hoc. Fonte immagini: http://www.savio.it/; http://biancoeshabby.blogspot.it/;

http://www.donnemagazine.it; http://shabbychicmania.it/

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brand awareness presso il target market, la brand image e di chiarire se quest’ultima si sovrappone alla brand identity definita dal management, anche in relazione

all’evoluzione che ha caratterizzato l’azienda negli ultimi anni.

Il processo di ricerca ha avuto inizio con la l’individuazione, la raccolta ed analisi delle fonti secondarie (cfr § 2.1), al fine di descrivere puntualmente l’identità del brand. È seguita la fase di ricerca conclusiva sul target business e professionisti con la

somministrazione di in-depth interview telefoniche e face-to-face (cfr § 3.1.1 e 3.2).

Relativamente al target consumer, invece, si è passati prima da una fase di raccolta di informazioni propedeutiche (cfr § 3.3.1), cui è seguita la ricerca conclusiva (cfr § 3.3.2) tramite online survey. L’indagine si è conclusa con un focus group (cfr § 3.1.2)

riservato al target business, con il quale approfondire determinate questioni rilevanti sorte durante le interviste condotte precedentemente.

Le informazioni raccolte sono state poi esaminate e rielaborate sia a livello generale (trasversalmente alle tre popolazioni) che nel dettaglio, per fornire le giuste risposte alla research questions.

Il presente report vuole fornire dati utili alla committenza, nella consapevolezza che una buona conoscenza del proprio mercato fornisce al management la capacità di instaurare vere e proprie partnership con i clienti chiave.

Grazie ai risultati del progetto di ricerca, il management dell’impresa committente otterrà informazioni utili a definire un quadro più completo su come viene percepita l’azienda, e si avrà pertanto la possibilità di confrontare la brand image con la brand identity al fine di attivare azioni correttive di riallineamento tra i due concetti. Le informazioni ottenute dai dati raccolti con la ricerca, potranno più in generale gettare le basi per sviluppare strategie di marketing vincenti ed individuare il tono della

comunicazione più adatto a dialogare col target market.

Diventerà quindi possibile accorciare la distanza psicologica tra azienda committente e target obiettivo, cioè quei diversi modi in cui un oggetto può essere allontanato da un individuo, che si trova in un determinato luogo ed in un determinato momento,

attraverso dimensioni come tempo, spazio, distanza sociale e ipotesi (Trope e Liberman 2010). Ne conseguirà la possibilità di sviluppo di collaborazioni tra i due soggetti, dato che se un brand viene percepito dal consumatore come proprio partner, la distanza sociale con esso è ridotta rispetto ad un brand asservente (Choi et al., 2016).

Si potranno così formare sinergie tali da apportare un valore aggiunto di beneficio sia in

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termini economici e di immagine a Blanc MariClò, che, in ultima analisi, ai clienti, i quali otterranno un’offerta ancora più esclusiva e capace di soddisfare i loro bisogni.

Infatti, un’azienda che oggi si definisce marketing oriented si pone degli obiettivi che vanno nella direzione di creare un legame stabile e duraturo con il cliente, in cui il rapporto si concretizzi in scambi di valore secondo un’ottica win-win.

Come ricordano Sheth e Parvatiyar (1995), mentre nell’era industriale vigeva il paradigma dello scambio, per cui il valore veniva creato e redistribuito tra produttori (che realizzavano l’oggetto di scambio) ed intermediari (che addossandosi il rischio della proprietà dell’oggetto erano incaricati del suo trasporto nel tempo e nello spazio), ed i consumatori si limitavano ad ottenere utilità dallo scambio, nel momento in cui i consumatori hanno iniziato a stringere relazioni interdipendenti con i produttori, si è affermata piuttosto la creazione di un valore di mercato più grande e condiviso da ogni attore di mercato, in virtù proprio dei rapporti posti in essere in uno scenario in cui i confini tra i ruoli sono più sfumati (Figura 2).

Le relazioni tra attori di marketing devono riflettere l’interdipendenza delle rispettive decisioni, enfatizzando la mutua cooperazione e non la competizione e il conflitto: è così che si passa (Figura 3) dal marketing transazionale al marketing relazionale, ottenendo una migliore qualità degli scambi ad un costo inferiore. Non a caso, tra le pratiche di marketing che aiutano a raggiungere l’efficienza, si trova proprio la condivisione di risorse tra i partner del marketing ovvero produttori e consumatori.

Figura 2: Paradigm shift in marketing orientation (Sheth e Parvatiyar 1995, pag. 412).

Figura 3: Axioms of Transactional marketing and Relationship marketing (Sheth e Parvatiyar

1995, pag. 400).

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1.5-GLI OBIETTIVI DI RICERCA

L’obiettivo principale della ricerca che è stata condotta, era quello di indagare la percezione del brand Blanc MariClò da parte dei tre segmenti target ai quali l’azienda rivolge la propria offerta, al fine di ottenere informazioni utili per supportare le future attività di marketing e le (eventuali) iniziative di espansione del business.

Alla luce delle esigenze espresse dalla committenza in fase di briefing, l’attenzione si è focalizzata su aspetti diversi, con alcuni obiettivi specifici a seconda del target

osservato.

Innanzi tutto, si è andati ad indagare ed analizzare il posizionamento (Trout 1969) di marca, cioè “il processo che conduce a definire la collocazione ideale di un prodotto o marca nella mente del consumatore rispetto agli spazi occupati dai prodotti o dai brand che formano oggetto di confronto da parte dello stesso” (Kotler 1993, pag. 93). Il posizionamento della marca rappresenta la traduzione strategica della sottostante identità della stessa, una volta fissate le dimensioni di valore significative per il cliente (Pastore e Vernuccio 2008, pagg.112-113); è grazie all’impiego combinato di

selezionati strumenti del communication mix (come spiegato dalla Figura 4) che si possono influenzare le conoscenze, percezioni, atteggiamenti e comportamenti del target market contribuendo sia alla creazione della notorietà di marca (brand awareness) che alla formazione dell’immagine di marca (brand image).

Relativamente a Blanc MariClò, si è voluto puntualizzare quale fosse il posizionamento ottenuto nei confronti di quelli che, secondo il mercato di riferimento (cfr § 1.2), sono i suoi competitor. Infatti, i caratteri distintivi di Blanc MariClò (cfr § 2.1.2) potranno sì costituire fonti di vantaggio competitivo nel mercato dell’arredamento e del tessile per la casa, ma non mettono al riparo l’azienda dalle minacce derivanti da elementi esogeni come le strategie degli altri attori presenti sul mercato. Ci si è chiesti quali sono gli attributi che fanno sì che Blanc MariClò si differenzi rispetto ai concorrenti, se esistono vuoti di mercato in cui Blanc MariClò potrebbe andare ad operare in qualità di first mover, e dunque, qual è l’attuale posizionamento di Blanc MariClò nella mente dei suoi stakeholders rispetto ai competitors.

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Figura 4: Posizionamento e strategie di comunicazione (Pastore e Vernuccio, pag. 113)

Altro obiettivo ha riguardato la realizzazione di un’analisi SWOT puntuale.

L’analisi SWOT è uno strumento di pianificazione strategica basato su una doppia diagnosi: una relativa all’ambiente interno, l’altra all’ambiente esterno (Verboncu e Condurache 2016, pag. 119).

Questo strumento, che assume la forma di una matrice (Figura 5), permette alle organizzazioni - aziende, Pubblica Amministrazione, associazioni - di identificare velocemente sia i fattori interni di funzionamento che i fattori esterni dipendenti

dall’ambiente in evoluzione9, con impatto sia positivo che negativo, al fine di effettuare decisioni e facilitare lo sviluppo di piani strategici10 (Seth 2015, pagg. 5 - 6). Nella sua forma più semplificata, l’analisi SWOT consiste nell’enumerazione dei punti di forza (Strenghts), punti di debolezza (Weaknesses), opportunità (Opportunities) e minacce (Threats) dell’organizzazione (Borissov 2015).

9 È stato il primo modello nella storia a prendere in considerazione anche l’ambiente esterno ad un’organizzazione, dato che precedentemente i modelli strategici si limitavano alla pianificazione esulando dal tener conto del proprio ambiente di riferimento. (Seth 2015, pag. 6)

10 L’analisi SWOT dovrebbe sempre essere utilizzata in concomitanza con il business plan aziendale;

rinnovata annualmente [come un check-up], essa permette di aggiornare il business plan rendendolo un documento “vivente” che l’organizzazione e le risorse umane possono seguire. Infatti, uno dei vantaggi dell’analisi SWOT è la promozione di un’attitudine proattiva nel modo di pensare e di pianificare, invece del più semplice processo reattivo di decision-making. (Simoneaux e Stroud, 2011, pag.75).

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Figura 5: Matrice SWOT (https://it.wikipedia.org/wiki/Analisi_SWOT)

L’analisi SWOT è stata messa a punto da un gruppo di professori dell’università di Harvard11 ed illustrata nella pubblicazione del 1965 Business policy: text and cases (Seth 2015, pag. 6), ma la sua promozione è attribuita ad Albert Humphrey (1926-2005) durante i suoi 35 anni di attività come consulente di gestione indipendente.

È Humphrey stesso a ricordare come la SWOT derivi in realtà dalla ricerca condotta con dati della Fortune 500 da un team12 dello Stanford Research Institut (abbreviato SRI, oggi SRI International) tra il 1960 e il 1970. Il primo prototipo del modello venne testato e pubblicato nel 196613, con l’acronimo di SOFT: Satisfactory (soddisfacenti), Opportunity (opportunità), Fault (difetti), Threat (minacce). Secondo gli step proposti dallo SRI, il modello doveva individuare i fattori positivi del presente (Satisfactory) e del futuro (Opportunity), ed i fattori negativi del presente (Fault) e del futuro (Threat) (Humphrey 2005).

Oggi l’analisi SWOT è impiegata soprattutto dagli uffici marketing di grandi imprese, ed è apprezzata per la sua semplicità di impiego e facilità con cui permette di

comunicare schematicamente i risultati; alcune imprese, come la McKinsey ed il Boston Consulting Group hanno sviluppato versioni proprie del modello di analisi (Seth 2015, pag. 6).

Trattandosi di uno strumento di importanza strategica per l’azienda nel suo complesso, l’obiettivo di raccogliere dati utili alla realizzazione di un’analisi SWOT è stato

perseguito trasversalmente a tutti i target market di Blanc MariClò. Ci si è interrogati su

11 Learned E. P., Andrews K. R., Christensen C. R., Guth W. D.

12 guidato da Stewart R., e costituito dallo stesso Humphrey oltre a Dosher M., Benepe O. e Lie B.

13 Seguirono modifiche nel 1973 e nel 2004, quando il sistema poteva dirsi pienamente sviluppato e adatto ad essere impiegato nel pianificare obiettivi annuali realistici senza dipendere da consulenti esterni e costosi.

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quali siano i punti di forza e di debolezza, le minacce e le possibilità dell’ambiente con cui Blanc MariClò si interfaccia, chi siano i concorrenti diretti e indiretti, e se esista la possibilità di trasformare le avversità in risorse grazie all’attivazione di azioni

correttive.

Infine, si è voluto analizzare le varie sfaccettature del marchio aziendale: brand awareness, brand image e brand identity.

Si definisce brand qualsiasi "Nome, termine, design, simbolo, o altro segno che identifica il bene o il servizio di un venditore per distinguerlo da quelli dei suoi concorrenti” (American Marketing Association, abbreviato AMA). Il diritto italiano (www.altalex.com) disciplina il marchio agli articoli dal 7 al 28 del D. Lgs. del 10 febbraio 2005, n. 30 Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273. Si specifica (art. 7 c. p. ind.) che “Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese”. Secondo il principio di unitarietà (art.

22, comma 1, c. p. ind.), “è vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale un segno uguale o simile all'altrui marchio se […] possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni”.

Si è indagata la brand awareness, attraverso la rilevazione del tasso di conoscenza di Blanc MariClò presso il target market.

Con brand awareness (consapevolezza di marca) si intende la “capacità di un

acquirente potenziale di riconoscere o ricordare che la marca è presente in una certa classe di prodotto, stabilendo così un legame fra classe di prodotto e la marca” (Aaker D. A., 1997 pag. 90). Essa è dunque la “forza” (probabilità e velocità) con cui la marca stessa viene richiamata alla mente; si articola nelle dimensioni del riconoscimento (brand recognition) e del richiamo (brand recall), che rispettivamente fanno riferimento alla probabilità e alla velocità con cui il consumatore identifica la marca se esposto a stimoli rappresentati: a) da uno o più segni di riconoscimento della stessa; b) dalla categoria di prodotto, i bisogni che soddisfa e le occasioni d’uso (Bertoli e Busacca, 2002 pag. 3).

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La profondità della brand awareness si riferisce alla facilità di rappresentazione dei segni di riconoscimento della marca ed è positivamente correlata alla “quota” di

conoscenza (share of mind) detenuta dalla marca nel sistema cognitivo dei clienti; il suo incremento si riflette sul consolidamento degli elementi di distinzione competitiva a questo connessi (Bertoli e Busacca, 2002 pag. 6).

La notorietà di marca contribuisce a rafforzare il valore aggiunto in quattro modi: a) è un’ancora cui possono essere agganciate altre associazioni, b) conferisce familiarità e simpatia, c) costituisce un segnale di forte coinvolgimento, d) viene inclusa nel paniere delle marche da considerare al momento dell’acquisto (Aaker D. A. 1997, pag. 92).

Infatti, la brand awareness si sviluppa lungo un continuum suddiviso in tre livelli (Figura 6), che va da un sentimento di incertezza sul riconoscimento della marca fino alla convinzione che quella sia l’unica nella classe di prodotto (Aaker D. A. 1997, pag.

90-91).

Figura 6: La piramide della notorietà (elaborazione personale da Aaker D. A., 1997)

In un secondo momento, ci si è chiesti quali modalità assuma la brand image di Blanc MariClò e se queste siano diverse a seconda del segmento intervistato.

La brand image (immagine di marca) è il complesso di rappresentazioni mentali (o insieme di attributi) associate ad un brand (Mattiacci e Pastore, 2014, pag. 339), come la personalità di marca (Keller, 2008), cioè l’insieme di varie caratteristiche umane che i consumatori attribuiscono ad un brand e che giocano un ruolo significante nello stabilire la sua identità (Aaker J. L., 1997). Oltre all’elemento di natura percettiva, l’immagine di

Top of mind

Prima marca citata che occupa una posizione privilegiata nella mente, posizionandosi davanti alle altre marche nella mente dell'intervistato.

Ricordo spontanteo di marca

Il cliente menziona spontaneamente una marca di una classe di prodotto: la marca ha una posizione pià forte rispetto al riconoscimento.

Riconoscimento di marca

Esiste un legame fra marca e classe di prodotto, che può essere anche tenue.

E' il livello minimo di notorietà, importante nel momento in cui l'acquirente sceglie una marca sul punto vendita.

Marca sconosciuta

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marca comprende un secondo elemento di natura fiduciario, che si sostanzia nella formazione di un atteggiamento positivo verso la marca che da un lato alimenta il potenziale di differenziazione della stessa, e dall’altro minimizza il numero di dati necessari per finalizzare il processo di interpretazione e scelta del consumatore (Howard 1977). La brand image può essere quindi vista come un insieme di tessere semantiche che dotano il brand di significati e di senso, e veicolano la unique selling proposition verso lo shopper, cioè la promessa fondamentale di valore dell’offerta che il brand porta sul mercato fondata sul differenziale dimostrabile con il quale il brand si posiziona (Mattiacci e Pastore, 2014, pag. 339). La dimensione della brand image può essere valutata con un processo difficile, che tipicamente adotta un metodo a stadi successivi:

(1) l’analisi desk, che individua i caratteri differenziali nei confronti della concorrenza, (2) l’analisi field qualitativa, che evidenzia i caratteri identificativi della marca, e (3) l’analisi field quantitativa, che serve a collocare l’offerta dell’impresa su di una mappa percettiva di posizionamento (Fanizzi, 2014, pagg. 203-204).

Si è inoltre verificato se la brand image si sovrapponesse alla brand identity così come improntata dal management (cfr § 2.1.2). La brand identity (identità di marca) si riferisce al complesso di fattori che consentono il riconoscimento della marca e all’insieme di valori aziendali che ne hanno determinato la nascita e ne

caratterizzeranno lo sviluppo (Bertoli e Busacca, 2002 pag. 3). Questo sistema (brand identity system) costituisce il mezzo più diretto per comunicare il significato

dell’azienda e del marchio: cosa significa e cosa ha da offrire (Joachimsthaler et al.

1999). Al fine di rappresentare i suoi valori impliciti, le sue idee e la sua personalità, il brand di solito include un logo esplicito, caratteri, schemi di colore, simboli e suoni (AMA); questi elementi costituiscono i fattori di riconoscimento della marca, ovvero tutto ciò che può aiutare il consumatore a individuarla e a distinguerla dalle alternative esistenti. I valori aziendali rappresentano invece il fondamentale criterio di selezione delle scelte operate (e da operare) nel corso dell’esistenza della marca. Essi

attribuiscono un senso a tali scelte e definiscono pertanto il codice genetico della marca (Kapferer, 1997), la sua attitudine evolutiva, il progetto di sviluppo che ha guidato e orienterà i suoi comportamenti di mercato verso gli obiettivi della consistenza e della continuità (Bertoli e Busacca, 2002 pag. 4).

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Un ulteriore quesito ha riguardato il processo evolutivo che sta attraversando il marchio, domandandosi se il target market ha percepito il rinnovamento di Blanc MariClò, oppure è rimasto ancorato all’accostamento tra l’azienda e lo shabby chic.

Le research questions, dunque, possono essere così riassunte:

a) Qual è il tasso di conoscenza del marchio presso il mercato obiettivo?

b) Come può essere descritta la brand image di Blanc MariClò se essa non si sovrappone alla brand identity?

c) Quali sono i punti di forza e le possibilità del mercato da sfruttare, e quali invece i punti di debolezza e le minacce da fronteggiare e commutare a proprio

vantaggio?

d) Qual è il posizionamento che Blanc MariClò ha raggiunto nella mente del target market?

Ci si è posti l’obiettivo di rispondere ai sopracitati quesiti in maniera esaustiva, facendo ricorso al set di strumenti metodologici illustrati nel capitolo seguente.

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