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Canzo food factory. Riqualificazione ex area industriale Bognanco, Canzo (CO)

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A B S T R A C T

L’obiettivo di questa tesi è la progettazione di una Cittadella del Gusto, che riunisca tut-ta una serie di funzioni non solo prettut-tamente didattiche, ma anche espositive e ludiche. Scopo del progetto è porsi come un polo di eccellenza nel relativamente nuovo mercato enogastronomico, sia nazionale sia europeo, legandosi ad aziende e associazioni già attive sul territorio e nel mondo, come Slow Food, Gambero Rosso e Eataly. Inizialmente si è svolta una ricerca economico-funzionale, al fine di capire se il progetto fosse sostenibile dal punto di vista finanziario; una volta individuata la fetta di mercato a cui rivolgersi, si è passati alle tematiche architettoniche: il confronto con il contesto naturale, l’approccio alla preesisten-za, il programma funzionale e la forma degli oggetti. Dal punto di vista architettonico, il progetto riesce a presentare all’osservatore un ambiente ordinato, rigoroso, pulito ed or-ganizzato, mediante l’utilizzo di volumi puri, superfici lisce e bianche, un’attenzione parti-colare all’illuminazione naturale e l’inserimento di elementi arborei che siano un continuo memorandum della realtà paesaggistica in cui si è immersi, pur ascoltando un racconto che parla di industria e catene di montaggio.

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007 010 011 015 015 019 020 022 022 023 025 026 031 032 032 INTRODUZIONE

ANALISI DEL CONTESTO

I TIPI DI INSEDIAMENTO IL TRIANGOLO LARIANO CONTESTO E SALVAGUARDIA

LE RISORSE NATURALI

LA GESTIONE DEL TERRITORIO CANZO E IL SUO TERRITORIO NASCITA E SVILUPPO

LE TIPOLOGIE EDILIZIE

LE ATTIVITÀ PRODUTTIVE

AT TIVITÀ AGRICOLA E PASTORIZIA IL SISTEMA DEGLI ALP

TURISMO AMBIENTALE

LA MOBILITÀ LENTA IL LAGO DEL SEGRINO

EX STABILIMENTO GAJUM

DISTRIBUZIONE FUNZIONALE 037 038

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B E F O R E

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045 049 059 065 069 071 073 079 081 083 085 087 091 093 099 107 109 111 117 123 127 133 139 143 163 167 173 183 185 187

L’IMPORTANZA DEL CIBO

SLOW FOOD VS FAST FOOD

MERCATI DELLA TERRA IL MERCATO DI MILANO

L’AZIENDA DEL GAMBERO ROSSO

PROGET TO CIT TÀ DEL GUSTO

L’ESPERIENZA DI EATALY ESPOSIZIONE UNIVERSALE 2015

CONCEPT DELL’ESPOSIZIONE CONSUMO E PRODUZIONE CARAT TERI DELL’ESPOSIZIONE OBIET TIVI E SFIDE

QUADRO ECONOMICO

MERCATO DEL LAVORO LEGAMI CON L’EUROPA DALL’INTERNAZIONALE AL LOCALE

ORGANIZZATORI DELLA FIERA

CONTESTO ARCHITET TONICO

CANZO FOOD FACTORY

PROGRAMMA FUNZIONALE

PROGRAMMA DIDAT TICO PROGRAMMA DIDAT TICO 2

TEMI E TIPOLOGIE

SPAZIO INTERNO SPAZIO VERDE

CLUSTER

TECNOLOGIA DEL VERDE RISTORANTI RICET TIVO GLI STAND CONCLUSIONI

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T

H

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N

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I N T R O D U Z I O N E

L’obiettivo di questa tesi è la

progettazio-ne di una Cittadella del Gusto, che riunisca tutta una serie di funzioni non solo pretta-mente didattiche, ma anche espositive e ludiche. Scopo del progetto è porsi come un polo di eccellenza nel relativamente nuovo mercato enogastronomico, sia na-zionale sia europeo, legandosi ad aziende e associazioni già attive sul territorio e nel mondo, come Slow Food, Gambero Rosso e Eataly. In Architettura è un argomento ine-dito: esempi di esercizi simili sono allocati in palazzi storici o scatole funzionali che ricordano i Mall americani; è dunque una tipologia inesplorata, desiderosa di otte-nere una dignità formale ed architettonica oltre ad un riconoscimento all’interno del panorama funzionale contemporaneo. È evidente che i due differenti approcci (pa-lazzi storici e contenitori tecnologici) siano espressione non solo della ricerca di una monumentalità storica - il contributo della cucina vernacolare è innegabile - tramite una connessione con il passato ma anche della volontà di proiettarsi nel futuro attra-verso un’estetica moderna, accattivante e attuale. Inizialmente si è svolta una ricerca economico-funzionale, al fine di capire se il progetto fosse sostenibile dal punto di vista finanziario; una volta individuata la fetta di mercato a cui rivolgersi, si è passati alle tematiche architettoniche: il confronto con il contesto naturale, l’approccio alla

preesi-stenza, il programma funzionale e la forma degli oggetti. La relazione è suddivusa in due parti, ognuna ripartita in ulteriori due. Le prime sezioni trattano della preesistenza, sia ambientale sia costruttiva, contestualiz-zando l’area di progetto e lo stabilimento. La prima parte è quindi a proposito dello Sta-to di FatSta-to. La seconda racconta il contesSta-to ideologico, le nuove filosofie legate alla ga-stronomia e gli obiettivi che si prefiggono. Vengono portati numerosi esempi di attività simili già esistenti in Italia e attraverso il loro confronto viene delineata l’offerta che si proporrà nel progetto. Emblematici saranno gli esempi dell’Università delle Scienze Ga-stronomiche di Pollenzo e della Città del Gu-sto di Palermo, tra i quali si cercherà di me-diare per comporre un programma dedicato al più ampio range di età e competenze nel-la materia. Dal punto di vista architettonico, è stato molto stimolante doversi confronta-re con un linguaggio formale adeguato. La forma degli oggetti deve sia esprimerne la destinazione, sia creare gerarchie spaziali all’interno di un contenitore storico. Pro-porre suggestioni di pulizia e organizzazio-ne, punti cardinali della cucina, flessibilità e integrazione con la natura e i suoi prodotti. La ricerca di un linguaggio coerente, la rela-zione con la realtà industriale, l’ambito pae-saggistico e la restituzione di un manufatto antropico alla natura sono solo alcuni delle tematiche affrontate in questo lavoro.

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A N A L I S I D E L C O N T E S T O

I l t e r r i t o r i o l a r i a n o

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1 La fabbrica sorge a ridosso del Lago del Segrino

Il territorio lariano si può individuare come il complesso insieme di valli e rilievi mon-tuosi che si sviluppano attorno ai rami del Lario, un lago prealpino di origine glaciale, che fa da cordone ombelicale tra la fascia collinare lombarda e le vallate alpine. Non si tratta di un’area isolata e circoscritta ma di una fascia territoriale eterogenea, rela-zionata con i territori circostanti, ma che al tempo stesso ha sviluppato caratteristiche proprie originali, oltre a formare un popolo dallo spirito comunitario. Il lago rappresen-tava, infatti, un elemento sia accentratore che divi-sorio e permetteva il trasporto delle merci sfruttando la via d’acqua. Dal

punto di vista morfo-logico, questo enorme serbatoio agisce, infatti, da termoregolatore sul clima, che consente un’eterogeneità di colture, ricca vegetazione che va da olive-ti e vigneolive-ti sulle rive, querceolive-ti e castagneolive-ti nelle valli, a faggeti e lariceti fino ai pascoli alpini, e rappresenta una importante fonte di risorse ittiche, minerarie ed energetiche, portando da sempre ad un intenso sfrut-ta-mento del territorio. Le sponde lacuali si presentano spesso impervie e i percorsi vallivi di cir-cuitazione ovviavano la difficol-tà di passaggio lungo il lago: a occidente le valli del Liro e dell’Albano immettono attra-verso il passo Santo Jorio nel Bellinzonese e

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le valli Menaggia e d’Intelvi al Luganese; a oriente la Valsassina e la Val del Bitto supe-rano la bocchetta di Trona nella Valtellina; a meridione la Valsassina e la Valle San Marti-no si raccordaMarti-no alle valli berga-masche. Le parti mediana e di levante della provincia di Como presentano una struttura fisica alpina ca-ratterizzata da due presenze fondamen-tali: la poderosa scogliera dolomitica delle due Grigne, completamente isolata dallo spartiacque prealpino orobico, e l’imponen-te solco vallivo del fiume Adda, che alimen-ta lo specchio d’acqua lariano. Il ramo di lago denominato “di Lecco”, suddivide que-sta estesa fascia alpina in due zone distinte:

la prima, a nord-est, comprende le valli Var-rone, Valsassina, le pendici che dominano l’intera sponda di sinistra lariana e la conca di Lecco; la seconda zona è collocata a meri-dione ed è delimitata, a levante e a ponente, dai due rami inferiori del lago, a sud dai pri-mi risalti collinari brianzoli, si estende dalla Valbrona, alla valle di Perlo, alla Valassina e a tutte le piccole valli e le pendici montane che sovrastano le due rive lariane conver-genti verso la punta di Bellagio. Queste due aree montane presentano caratteristiche profondamente diverse tra loro, sia sotto l’aspetto strutturale delle dorsali montane, sia sotto l’aspetto morfologico del terreno e del pa-esaggio; sia nei tipi di coltura agrico-la praticati e nelle risorse economiche offer-te dal offer-terreno. Geologicamenoffer-te in direzione Est-Ovest è presente una linea di disconti-nuità che separa due qualità di rocce, ignee a settentrione (metamorfosate, preesisten-ti nell’era arcaica appartenenpreesisten-ti alle zolle di crosta terrestre) e di natura sedimentaria a meridione (calcaree o dolomitiche, forma-te a seguito del deposito di sedimenti ori-ginati dall’erosione delle terre emerse o da banchi corallini sul fondo del mare).Le dif-ferenze di composizione e conformazione del terreno e il diverso sviluppo altimetri-co della vegetazione si riflettono altimetri-così sulle costruzioni e sulle tecniche di sfruttamento del suolo e determinano modi differenti di insediarsi sul territorio. Una delle maggiori differenze è data, infatti, dalla tipologia di materiale utilizzato per le costruzioni; il sub-2 Carta Tecnica Regionale in scala 1.10000

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strato roccioso a Nord e a Sud offre una va-rietà di pietre con le quali vengono realizza-te murature e coperture (pietre squadrarealizza-te e regolari, pietre appena sbozzate e irregolari, boccia-me e borlanti di fiume), così come la presenza di sabbie e argille a meridione ha permesso lo sviluppo del cotto per i matto-ni, coppi e pavimentazioni. Anche i tipi col-turali tradizionali che si sono sviluppati e, di conseguenza, le architetture contadine, manifestano differenze da una zo-na all’al-tra e un solo tipo edilizio presenta caratte-ri molto simili su tutto il tercaratte-ritocaratte-rio preso in esame: quello degli edifici rustici disposti in

prossimità delle coste lariane,anche se negli ultimi cento anni molti di loro sono stati ra-dicalmente trasformati per uso residenziale o di villeggiatura quindi questo patrimonio può dirsi trasformato al punto tale da non manifestare più alcun carattere originale e quindi ne risulta improponibile la riconsi-derazione e l’analisi mediata dei suoi tipi e delle sue forme. Diversamente negli inse-diamenti e nelle forme architettoniche con-tadine le differenze sono ancora leggibili e determinano il radicamento di queste archi-tetture al luogo.

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>I TIPI DI INSEDIAMENTO

Le caratteristiche sono oggi riscontrabi-li anariscontrabi-lizzando accuratamente il patrimo-nio delle dimore rurali e le trasformazioni territoriali ad esso connesse, cioè là dove coltivazione e allevamento hanno lasciato la propria impronta sul paesaggio trasfor-mando il terreno per morfologia e ve-ge-tazione influendo sulla distribuzione degli insediamenti. Dalla metà del secolo scorso, infatti, si sono evidenziati ed amplificati al-cuni fenomeni come: la presenza di risorse minerarie ed e-nergetiche con i boschi per il carbone e l’energia idraulica dei torrenti che hanno provocato no-tevoli trasformazioni all’assetto naturale ed ha introdotto le pri-me attività industriali; lo sviluppo turistico del lago, che ha raggiunto una rinomanza a livello internazionale, ha determinato nuovi indirizzi sia nelle attività degli abitanti che nello sviluppo edilizio; la vicinanza delle aree metropolitane della Pianura Padana ha favorito lo sviluppo industriale e massicci spostamenti della popolazione. Questa è in buona parte rimasta insediata in loco ma si è trasformata in pendolare, gravitando sulle aree industrializzate o più sviluppate eco-nomicamente e perdendo definitivamente la propria vocazione agricola e abbando-nando i sistemi insediativi tradizionali a favore delle mutate esigenze abitative. Il risultato è stato che contemporaneamente a dinamiche di abbandono del territorio si assiste a una trasformazione dell’abitato ad imitazione di un modello insediativo spes-so incompatibile con la situazione origina-ria. Questi fattori hanno determinato un

accelerato degrado e una tra-sformazione radicale del patrimonio rurale, il quale risul-ta difficilmente leggibile se non si esegue un’accurata operazione di lettura del ter-ritorio, libera dalle recenti sovrapposizioni principalmente dell’era industriale. Oggi si è perso il rapporto uomo-natura e le com-ponenti affettive, religiose, e sociali che lo hanno determinato e sorretto nel tempo; così, saper riconoscere nel tessuto costruito tale rapporto che lo ha plasmato fino all’i-nizio del secolo scorso, vuol dire porre le premesse per recuperare i valori originari dell’abitare e dell’insediarsi e per riconnet-tere un tessuto edilizio che nasce da un diverso modo di rapportarsi con l’ambien-te. In una realtà tanto ricca ed eterogenea quanto compromessa è difficile isolare e catalogare co-struzioni ed insediamenti, si devono quindi considerare le permanenze per stabilire le diverse tipologie rurali pre-senti. Nel territorio si possono ritrovare in-sediamenti pedemontani, prealpini, alpini, lacustri, i quali si differenziano per tipo di gestione del territorio e tipo di dimore che de-termina l’impianto del nucleo abitato. Tali tipologie sono legate alla morfologia del territorio e alle caratteristiche climati-che della zona (non tanto per area geografi-ca definita per latitudine e altitudine), oltre che alle risorse economiche a disposizione e alle diverse motivazioni che li hanno origi-nati (ad esempio la scelta di una ubicazione strategica per il controllo del territorio o per una fortificazione, o ancora come centro di smistamento e scambio commerciale).

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>IL TRIANGOLO LARIANO

Il territorio montuoso della provincia di Como nella sua parte mediana e meridio-nale, chiamata triangolo lariano, ha confini geografici ben definiti: è circondato a Ovest, a Nord e a Est dai due rami del lago di Como e a meridione il limite è dato dal terrazzo montano, le cui pendici digra-dano rapida-mente sulla striscia di terreno pianeggiante compresa tra la conca di Como e quella di Lecco, senza presenza di fasce collinari in-termedie. La struttura fisica è caratterizzata verso nord da alcune displuviali montane che, in prossimità del vertice di Bellagio, all’altezza del monte S. Primo, si dispongo-no con un curioso disegdispongo-no a turbina attordispongo-no alle testate delle valli del Perlo, del Torno e del Lambro: attorno a questo sin-golare av-volgimento delle creste di vertice degrada-no i vari pendii che scendodegrada-no verso il lago con pendenze medie non eccessive. Sulle superfici declivi si alternano boschi e zone sterili, con i campi coltivati, i prati, e nelle zone più protette, le viti e gli oliveti. Più a Sud le due creste montane che fanno ala alla Valassina si dispongono secondo un di-segno più regolare e riparti-scono il bacino centrale originato dal fiume Lambro in due rami, che si concludono rispettiva-mente nella conca di Como, col monte Palanzone e verso Lecco, coi Corni di Canzo. Queste vette rappresentano l’ultimo avamposto monta-no, poiché i rilievi degradano rapidamente fino ai piccoli laghi morenici dell’alta Brian-za. Nella parte sud, infatti, la fascia collinare

a monte dei laghetti brianzoli crea conche naturali più ampie, con pendii meno sco-scesi e dislivelli minori. Il sistema compren-de quattro valli: quella compren-del torrente Torno a occidente, quella del Perlo a set-tentrione, quella di Valbrona a levante e infine la prin-cipale e situata al centro delle precedenti Valassina. Quest’ultima è la più estesa, ricca e popolata delle quattro valli e dispone di discrete superfici coltivate sul fondovalle e sui primi risalti presso Ponte Lambro, Canzo e Asso. Alle quote intermedie le colture ce-dono il campo ai prati e, più in alto ancora, attorno ai vertici montani, ai pascoli. Il ter-reno della Valassina è molto vario sia nelle forme, sia nelle possibili risorse offerte alle popolazioni che vi abitarono nel corso dei secoli e pertanto determina forme varie di insediamento. Nell’alta conca di Erba, fertile e pianeggiante, circondata da una frangia collinare non particolarmente pro-fondamente, prevalgono i centri di limitata grandezza e i vil-laggi. Casolari sparsi ab-bondano sui risalti collinari, mentre a ridos-so delle pendici montane i nuclei abitativi diventano più radi e densi. Sul fondovalle, in prossimità dei corsi d’acqua si alli-neano i centri che furono sede di tradizionali atti-vità industriali di tipo serico e intervallati a questi ci sono i villaggi e i cascinali sparsi dove era insediata buona parte della popo-lazione rurale del luogo. Risalendo ancora la valle, disposti su terrazze montane o su brevi pianori di fondovalle, si incontrano i vecchi nuclei contadini di montagna:

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picco-li centri abitati, molto densi, disposti spesso su risalti di roccia o comunque su limita-ti appezzamenlimita-ti di scarso valore agricolo, posti ai bordi di terre più fertili e capaci di dare sostentamento, assieme ai prati e ai pascoli, alle povere comunità montane. L’in-tero triangolo lariano ha una minore esten-sione rispetto alla zona orientale ma vista la maggiore disponibilità di spazi montani adatti alle coltivazioni e al pascolo, la quo-ta altimetrica più bassa, il clima più mite, i pendii più dolci e trattabili, l’humus abba-stanza profondo anche sulle pendici ripide, la popolazione insediata era molto più fitta.

Lungo la sponda del lago si nota inoltre un maggior numero d’insediamenti di conta-dini e pescatori, anche se solo Bellagio può competere per estensione e popolazione con i più grandi nuclei abitati della costa orientale. Nella conca di Asso e nel margine superiore di quella di Erba si trovano fertili terreni piani e insediamenti di opifici dovuti a un’antica tradizione industriale serica; ciò ha determinato una popolazione numerosa nella zona, anche se, i forti squilibri di tenore di vita, da secoli provoca-vano un continuo flusso migratorio dalle zone montane verso quelle di fondovalle, la più ricca Brianza o la 4 La fauna locale

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città. In quest’area è presente una mesco-lanza tra gli insediamenti di tipo accentrato di fondovalle e le dimore che derivano dalla cascina lombarda, costruzione complessa e articolata, talvolta isolata oppure accorpa-ta in borghi e casali. Sui rilievi si incontrano invece costruzioni isolate, baite distribuite con funzione di rustico, casere per la produ-zione di formaggi e insediamenti stagionali per lo sfruttamento dei pascoli; talvolta si tratta non di insediamenti veri e propri, ma semplicemente di ripari per il bestiame e per i pastori o piccole baite in corrisponden-za di ab-beveratoi. La dimora rurale segue,

quindi, un ipotetico percorso che la trasfor-ma da insedia-mento isolato e complesso fino ai nuclei accentrati dai caratteri alpini. I diversi modi di insediarsi si intrecciano, mu-tano adattandosi all’ambiente e coesistono, ma mantenendo la loro ca-ratteristica ori-ginaria, spesso frutto delle relazioni che le singole valli hanno allacciato con i ter-ritori di confine. In alcuni casi si è diffusa una ti-pologia unica ed anomala rispetto alle aree la-riane limitrofe, proprio perché frutto di un’opera di colonizzazione della montagna da parte di popolazioni migrate da valli vi-cine.

La Brianza è il paese più delizioso di tutta l’Italia, per la placidezza

dei suoi fiumi, per la moltitudine dei suoi laghi, ed offre il rezzo dei

boschi, la verdura dei prati, il mormorio delle acque, e quella felice

stravaganza che mette la natura ne’ suoi assortimenti.

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CONTESTO E SALVAGUARDIA

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Le risorse naturali

Il triangolo lariano è riccamente popola-to e si presenta relativamente omogeneo con valli dove sono presenti i centri e i pa-esi maggiori, e rilievi e declivi sono solcati da strade militari e sentieri che portano a presidi montani, alpeggi e rifugi. Questo paesaggio offre attrattive culturali, infatti, i centri, molti dei quali risalenti all’epoca medievale, sono ricchi di storia e di testimo-nianze; ambientali con i vari percorsi che si snodano nel paesaggio e sportivi offrendo una larga gamma di attività all’aria aperta.

>LE RISORSE NATURALI

Il pregio naturalistico della zona è il filo

con-duttore di tutte le attrattive e rappresenta uno sce-nario da preservare e sfruttare; i tre filoni in cui si possono dividere tali risorse sono quello ge-ologiche di carattere preal-pino, quello vegetale e quello faunistico. I siti geologici presenti testimoniano la gla-ciazione quaternaria, questi sono: le rocce calcaree stratificate di origine marina come gneiss e granito; i massi erratici, cioè for-mazioni rocciose isolate e i funghi, piramidi naturali di terra sovrastate da enormi massi che si trovano soprat-tutto nel territorio di Rezzago. Oltre a questi sulle pareti rocciose si notano interessanti fenomeni di erosione, come i campi carreggiati sul Sasso

Mala-6 Il lago di Como defiinisce il Triangolo lariano

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scarpa che consistono in solcature parallele nella roccia causate dall’acqua, la Marmitta dei Giganti, una cavità scavata nelle rocce del letto del torrente Ravella dal moto vor-ticoso di sabbie e ghiaie trasportate dalle acque e le grotte e caverne con fenomeni carsici come il Buco di piombo. Tali risorse geologiche rendono il luogo interessante agli amanti della natura e agli speleologi e a queste si aggiungono molte testimonian-ze fossili e archeologiche date da molluschi fossilizzati o rinvenimenti di resti e ossa di animali oltre che sepolcri di epoca preisto-rica. Questi luoghi hanno da sempre sca-tenato le fantasie degli abitanti che hanno attribuito a questi agglomerati graniti e di gneiss significati magici, mistici e hanno fat-to fiorire leggende atfat-torno a questi siti. La vegetazione è variegata e le tipologie prin-cipali possono essere raggruppate in: 1. conifere, formazioni artificiali

prevalen-temente ad abete rosso (Picea abies) e larice (larix de-cidua)

2. faggete, che costituiscono formazioni miste di latifoglie con prevalenza di fag-gi e frassini e al-tre latifoglie nobili tra cui ciliegio acero e tiglio;

3. l’ostrineto cioè le formazioni di carpi-no nero (Ostryacarpinifolia) e carpi-nocciolo (Corylis avellana), betulla (Betula pen-dula), maggiociondolo (Labernuma-nagyroides) e sorbo montano (Sorbus aria);

4. insieme all’ostrineto si ha la presenza di formazioni termofile con carpino nero,

roverella (Quercuspubescens), orniello (Fraxinusornus) e sporadicamente ace-ro campestre, nocciolo e altri arbusti 5. formazione di crinale data da arbusti e

praterie arboree con faggio, sorbo mon-tano e carpino nero.

Sono anche presenti zone adibite a prato caratterizzate da manti più grassi e fertili o magri, che colonizzano gli ambiente roccio-si e le vette con essenze come l’Erba regi-na (Telekia spe-ciosissima), la campanula dell’Arciduca (Campunularanieri) e il rapon-zolo chiomoso (Physoplexiscomosa). La fauna è quella tipica dell’ambiente preal-pino, importante è la popolazione chirotte-rica, cioè di pipistrelli, che conta otto specie; altri mammiferi presenti sono il Capriolo (Capreoluscapreolus), la Lepre comune (Le-puseuropaeus), il Cinghiale (Sus scrofa) e in modo sporadico il Muflone (Ovisorien-talismusimon) che è stato introdotto artifi-cialmente nel territorio. Nei corsi d’acqua, soprattuto nel Ravella, si riscontra ancora la presenza del Gambero di fiume (Austro-potamobiuspallipes) che un tempo però era molto più diffuso anche in altri torrenti. L’avifauna è molto ricca, infatti, si contano cinquantasette specie di uccelli, di cui dieci sono in-cluse nell’Allegato I della Direttiva Uccelli, tra questi ci sono: il falco pecchia-iolo (Pernisapivorus), il falco pellegrino (Fal-co peregrinus), il Nibbio bruno (Milvusmi-grans), l’Albanella reale (Circus cyanes), il Gufo reale (Bubo bubo), la Coturnice (Alec-torisgraecasaxatilis), l’Averla piccolo (Laniu-scollurio), il Succiacapre

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(Camprimulguseu-ropaeus), il Calandro (Anthus campestris) e l’Ortolano (Emberizahortulana). A livello locale si integrano le normative nazionali, regionali e le linee guida sovranazionali così da creare una rete di azioni, enti e strategie utili alla salvaguardia e allo sviluppo soste-nibile del territorio. Nell’area considerata si distinguono due aree principali dove ven-gono normalizzate e promosse le varie azio-ni, l’articolazione è quindi data dai due piani di gestione:

>Sasso Malascarpa:

1. SIC (sito di interesse comunitario): Il SIC Sasso Malascarpa si trova tra le provin-ce di Como (comune di Canzo) e Lecco (comuni di Valmadrera, Civate e Cesana Brianza). Il Sito ha una superficie com-plessiva di 328 ettari e comprende l’area protetta della omonima Riserva Natu-rale Sasso Malascarpa (135 ha) e la par-te meridionale della Foresta Regionale Corni di Canzo, che è stata a sua volta classificata come Zona di Protezione Speciale (IT2020301 Tri-angolo Lariano). Il Sasso Malascarpa è stato classificato come Sito di Importanza Comunitaria nel 2004 e inserito tra i Siti della regione biogeografia “Continentale”;

2. Ente gestore area protetta;

3. Riserva naturale Sasso Malascarpa: zona di interesse geologico e geomorfolo-gia istituita ai sensi dell’art. 37 della l.r. 86/83, rappresenta una delle zone di maggiore interesse geologico, geomor-fologico e paleontologico della Lom-bardia. Il territorio ha una superficie

complessiva di 196 ha di cui una parte è ubicata nel comune di Canzo sulla sinistra orografica del torrente Ravella ed è proprietà del Demanio Forestale Regionale. La restante area è situata nel comune di Valmadrera, sul versante si-nistro della Val Molinata, sovrapponen-dosi in parte al Parco di interesse sovra-comunale di S. Tomaso.;

4. Comuni interessati: Canzo, Civate, Cesa-na Brianza, Valmadrera;

>Triangolo Lariano:

1. ZPS (zona di protezione speciale): tale ZPS prende il nome dal territorio omo-nimo e con i suoi 523 ha rientra nella regione bio-geografica alpina e ricopre i comuni di Canzo e Valbrona, in provin-cia di Como, e Valmadrera in provinprovin-cia di Lecco. Oltre metà della zona coinci-de con il SIC coinci-del Sasso Malascarpa e si estende nella valle del Torrente Ravella tra i Corni di Canzo a nord e il Monte Cornizzolo e il monte Rai a sud e pre-senta come limiti altimetrici i 550 m del fondovalle del Ravella e i 1372 m della vetta occidentale de Corni di Canzo; 2. Ente gestore ERSAF (ente regionale per

i servizi all’agricoltura e alle foreste): si occupa della gestione, tutela e valoriz-zazione delle Foreste di Lombardia, ol-tre 23.000 ettari di boschi e pascoli di proprietà della Regione. Un importante patrimonio costituito da 20 complessi forestali e 34 alpeggi, certificato secon-do gli schemi internazionali e tutelato

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anche a livello europeo, grazie all’istitu-zione di alcuni siti di Rete Natura 2000; 3. Riserva naturale regionale Sasso

Mal-scarpa Foresta Demaniale Corni di Can-zo: La Foresta Regionale si estende per 450,27 Ha nel territorio della Comu-nità Montana Triangolo Lariano (CO), nel Comune di Canzo, con una piccola porzione nel Comune di Valbrona. Cor-risponde all’ampia testata valliva del torrente Ravella (affluente di sinistra del Lambro) ed è limitata a nord dal massic-cio calcareo dei Corni di Canzo e a sud dalla dorsale Sasso Malascarpa – Monte Cornizzolo. Le quote limite sono: m 550

(fondovalle Ravella) e m 1.372 (vetta Corno Occi-dentale).;

4. Comuni interessati: Canzo, Valbrona e Valmadrera

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CANZO E IL SUO TERRITORIO

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Le risorse naturali

Il territorio comunale di Canzo si colloca nella parte centrale della regione Lombar-dia, confina con i territori di Caslino d’Erba e Castelmarte a Ovest, di Asso e Valbrona a Nord, di Valmadrera a Est e di Proserpio, Lon-gone al Segrino, Eupilio, Pusiano e Civate a Sud. Compreso nel territorio del Triangolo Lariano, appartiene ai comuni della fascia pedemontana, prevalentemente collinare e fortemente urbanizzata. Il territorio è solca-to da due corsi d’acqua: il fiume Lambro e il torrente Ravella. Le acque di quest’ultimo provengono da Est, dalla valle compresa tra i Corni di Canzo a Nord ed il Monte Pra San-to a Sud e mantengono un’unica direzione

fino alla “Fontana di Soian” per poi conti-nuare fino ala confluenza con il fiume Lam-bro, che avviene a Sud-Ovest di Ca’ Neppi. Le acque del fiume Lambro hanno una por-tata idrica maggiore rispetto a quelle del Rivella, ma lambiscono il territorio canzese solo marginalmente, nell’estremo nordoc-cidentale. Le caratteristiche del territorio di Canzo sono la diretta conseguenza dell’at-tività glaciale e flu-viale che ha modellato i terreni delle Prealpi Lombarde, dando origi-ne alle diverse unità morfo-logiche che han-no modificato la topografia del territorio. Inoltre è presente una depressione valliva nel settore occidentale del territorio

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comu-nale, che presenta un andamento nord-sud, occupata dal Lago del Segrino nell’angolo più meridionale. La valle alluvionale del fiu-me Lambro, con andafiu-mento nord-sud in di-rezione del comune di Caslino d’Erba, prima di sfociare nella piana d’erba e conseguen-temente nel lago di Pusiano, è il principale collettore idrico del territorio canzese. L’area in esame appare molto articolata, possiamo quindi distinguere Canzo in differenti zone: 1. Le pendici montuose: affioramento di

rocce calcaree del substrato roccioso che caratterizzano la porzione centrale e orientale del territorio

2. La dorsale calcarea: da Ca’ Nepi si esten-de a sud-ovest in modo continuo, sino a villa Rizzoli a nord-est; tale elemento morfologico, avente una quota media intorno ai 400 m s.l.m., funge da spar-tiacque tra il fiume Lambro e il torrente Ravella

3. Le aree instabili: si collocano i corri-spondenza delle pendici montuose più acclivi e più struttu-rate, sono costitu-ite prevalentemente da rocce calca-reo-dolomitiche e da “falda di detrito” e dislocate in maniera disomogenea sul territorio comunale; tra le località 8 Carte territoriali

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più importanti: Cranno, Corni di Canzo, Miro al Monte, Ca’ Buldrac e Ca’ Nepi. La falda acquifera superficiale si colloca nei primi venti metri di profondità (variabile da 6,00 a 17,00 metri), mentre la falda acquifera principale presenta uno spessore variabile da 0 a 30 metri di profondità. L’approvvigio-namento idrico potabile di Canzo avviene principalmente dallo sfruttamento di due pozzi: il pozzo Cabinata, sito in sponda de-stra del fiume Lambro, e il pozzo Canova, sito in sponda sinistra dello stesso.

Lungo ’l Sagrin, mentre i pastor le gote

Gonfiando van su le ineguali canne,

Amico, i’so ch’assai più dolce andranno

Lor suon congiunto a le tue dolci note.

E intanto che ’l commosso aere percote

L’opposte rupi, da le sue capanne

Ogni Ninfa silvestre a udir verranne

Tuo canto, che le fère addolcir puote.

Oh te felice, al quale il destro Fato

Tant’ozio dona, e a rustical concento

Dentro al paterno suol vivi beato!

Ahi me non già!, Infin ch’a forza intento

A sè mi tenga il dubitoso piato

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>NASCITA E SVILUPPO

Canzo ebbe non poca importanza politica quale stazione di legioni romane, capita-nate da un certo Canzio, il quale, si crede abbia dato il nome al paese. Ciò è testimo-niato anche dal ritro-vamento, negli scavi, di molti oggetti funebri e in particolare di monete d’oro risalenti all’età bi-zantina. Nei primi anni del Quattrocento, Canzo era un Vicus facente parte della corte del Casale; nel 1162, Federico Barbarossa lo donò come feudo, con altre terre, al Monastero dei Be-nedettini di Civate. Nel 1472 Canzo passa, con la corte del Casale, all dipendenze di Antonio Negroni dello II Missaglia, che ave-va ottenuto il feudo direttamente dal duca di Milano. Agli inizi del secolo XVI, quando Francia e Spagna si contendevano la Lom-bardia, Canzo si unì alle milizie dei Medici, che scacciarono i francesi dal lago di Como. Il borgo, di proprietà dei Medici, verrà ce-duto nel 1532 al duca Francesco II, il quale lo passò nuovamente al Negroni. Sul finire del Cinquecento Canzo contava novecento abitanti, suddivisi in poco più di novanta famiglie, mostrando una altissima densità demografica in rapporto alle abitazioni. La peste del 1630 non fece strage a Canzo, ma con la carestia e la grandinata nel pian Erba si diffuse un’atmosfera di desolazione che toccò anche l borgo, che più tardi fu smem-brato e unito ad alcuni paesi della pieve di Incino, fu ceduto dai Negroni ai Carpani, che portarono benefici sia civili che economici. Nel 1683 il borgo passò ai Crivelli. Nel 1805, durante il Regno Napoleonico in Italia, il borgo fu incorporato al dipartimento del

Lario e dovette far capo a Lecco. Dieci anni dopo, caduto Napoleone, tornò al suo stato territoriale antecedente al 1776.

>TIPOLOGIE EDILIZIE

La tipologia edilizia più diffusa a Canzo è quella della villa unifamiliare e bifami-liare ed è presente in tutto il territorio in maniera omogenea, con una percentuale maggiore tra la ferrovia e il campo sporti-vo, a ovest del centro storico, in zona Fonte Gajum. Caratteristiche principali: pic-colo giardino di proprietà delimitato da recin-zione; i corpi di fabbrica, sviluppati su uno o due piani, sono generalmente in posizio-ne centrale rispetto al lotto, più raramente assumono una posizione a filo strada;tetto a falde con gronde molto sporgenti in le-gno, pareti esterne intona-cate, infissi in lignei con persiane o cantoni in legno. L’e-lemento tipico del tessuto urbano canzese è la villa storica, presente soprattutto nella parte sud; sono ville di residenza nobiliare e borghese, databili fine ‘700 metà ‘800. Tra le più signifi-cative: Villa Barni, il cui giardino è oggi parco pubblico; villa Meda, edifica-ta sul finire del XVII secolo per i conti Meda, su progetto dall’architetto Simone Cantoni. Non sono ravvisabili caratteri comuni, in quanto le caratteristiche variano a seconda della ric-chezza dei proprietari. Altra tipo-logia molto diffusa è la villa storica, distin-guibile in due categorie: la villa storica dei primi dell’ 800, caratterizzata dalla presenza di grossi parchi, e le ville con valenza stori-ca risa-lente ai primi del 900. Le prime sono diffuse soprattutto nel centro storico; tra le

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più significa-tive, nella zona di via Caravag-gio e via Gajum, le ville Rota, Vaselli, Pavesi e Bonalumi, mentre nella zona di via Vittorio Veneto troviamo villa Cason. Non sono rav-visabili caratteristiche co-muni, in quanto stile, finiture e dimensioni erano proporzio-nali alla ricchezza del proprietario. Le ville con valenza storica novecentesca sono con-centrate quasi esclusivamente in via Gerosa e in via Martiri della Libertà, zona a bassa densità edilizia le cui strade sono definite dalle recinzioni dei giardini di proprietà. Tali edifici residenziali sono di modeste di-mensioni, dotati di un giardino di proprietà, sviluppati generalmente su due livelli e col-locati al centro del lotto di proprietà; han-no copertura a padiglione e ornamenti che marcano i piani e danno rilievo alle finestre; spesso l’ingresso principale è protetto da portico, completato da balconcino. Lo stile architettonico più frequente è il Liberty. Ti-pologia diffusasi solo negli anni ’90 è quella della casa a schiera; pochi sono gli esempi e sono concentrati in zona Parisone, via Ca-ravaggio e zona Gajum. L’impianto tipologi-co classitipologi-co prevede alloggi disposti in serie con accesso alla singola unità con cancello per ingresso pedonale affiancato alla rampa di accesso al garage seminterrato; alloggio distribuito su due livelli, di cui il primo rial-zato rispetto al piano stradale con i locali di soggiorno, mentre la zona notte è al piano superiore. Le coperture sono in cotto a fal-de, pareti intonacate o rivestite in mattoni faccia a vista e serramenti in legno con per-siane esterne. Abbastanza frequenti sono le palazzine, distribuite su tutto il territorio in

maniera omogenea; le più recenti presenta-no tre o quattro piani fuori terra, tipologia che prevede una singola scala di distribu-zione ai varia appartamenti, solitamente uno per piano, singolo accesso pedonale e carrabile e si dispongono in mezzo al lot-to, principalmente in due modi: con il pian terreno oc-cupato dagli ingresso, cantine e box allo stesso piano della strada; oppu-re con i box e le zone di servizio comuni ai piani seminterrati, serviti da rampe esterne e piano terra abitabile, rialzato però rispet-to al piano stradale. Altrettanrispet-to presenti sono gli edifici condominiali in linea; co-struiti dopo gli anni ’70 sono collocati quasi esclusivamente in zona Parisone, mostrano generalmente tre o quattro piani fuori terra sono caratterizzati da uno o più corpi scala che distribuiscono ad almeno due apparta-menti per piano; spesso hanno attività com-merciali ai piani terra. Infine, sono presenti alcune cascine che costituiscono una testi-monianza territoriale significativa ed hanno in origine caratteri più o meno omogenei tipici dell’edificazione rurale, fatta di mate-riali poveri, con gli spazi organizzati intorno a corti comuni. Le singole unità abitative sono generalmente disposte su due piani e distribuite con scale e ballatoi interni. Pur mantenendo inalterata la struttura di base, i fabbricati sono stati nel tempo modificati, sia nei materiali che dall’aggiunta di volumi accessori.

>ATTIVITÀ PRODTTIVE

Tutto il territorio è attraversato dal torrente Ravella, lungo il cui corso si è formato il

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cen-tro storico, mentre a ovest è toccato margi-nalmente dal fiume Lambro che proviene dalla limitrofa Valassina. Il comune fu sem-pre relativamente autonomo anche se nei secoli, dopo la caduta dell’impero romano, passo sotto il dominio arcivescovile di Mila-no, di vari signori milanesi (come i Visconti e gli Sforza), fino ad arrivare nel 1472 in mano ai fratelli Negroni, detti Missaglia, che con la loro attività di armaioli, diedero una forte spinta all’industria siderurgica del paese che nel corso del XIX° e XX° secolo e divenne un importante centro per la fabbricazione delle forbici. Oltre all’industria siderurgica Canzo ha una tradizione consolidata come centro manifatturiero, fino al XVII secolo, infatti, qui si producevano i tessuti di saia, successiva-mente iniziò a prendere il campo l’industria della seta, grazie ai marchesi Crivelli, che dal 1667 ebbero il dominio del paese. Quest’at-tività produttiva ebbe largo sviluppo e alla fine del XVII° secolo si contavano sette filan-de, oltre a questo però anche l’agricoltura e la pastorizia giocavano un ruolo chiave nel contesto economico-sociale del territorio. Essendo l’ultimo comune dell’Alta Brianza il legame con Milano è sempre stato molto forte e fu avvalorato nell’800 dalla villeggia-tura milanese, vennero, infatti, costruite vil-le e il teatro, e dalla costruzione della Strada di Niguarda e un secolo dopo dalla ferrovia. La presenza di un’industria antica del ferro e della tessitura influì vigorosamente sulla struttura viaria del paese che è impostata su tre assi, pressoché paralleli per buon tratto e quindi con-vergenti all’estremo orientale del borgo. Sull’asse settentrionale si

adden-sano gli opifici otto-centeschi, lungo quello centrale si aprono molte corti dal duplice carattere agricolo e artigiano, quello meri-dionale rappresenta il polo commerciale e mercantile. L’asse centrale è la via princi-pa-le di traffico e assume una configurazione sinuosa con i fronti su strada che appaio-no plasti-camente modellati. Le abitazio-ni sono generalmente molto ampie e per-mettono l’inserimento di ambienti adatti al lavoro artigiano, manifestando pertanto la coesistenza delle due attività, a-gricola e artigiana, e il grado di floridezza econo-mica del passato di Canzo: i loggiati lignei oc-cupavano lati interi delle corti interne; scale a rampa unica si sovrapponevano di piano in piano; le murature irregolari in cal-care grigio chiaro si contrapponevano all’u-so del serizzo e del granito, non all’u-solo negli elementi di stipite e nei pilastri, ma anche nei portali e nelle arcate, presentando così nell’insieme costruttivo, un grado di mag-gior compiutezza rispetto alle strut-ture edilizie dell’intorno, pur mantenendone i caratteri essenziali. Ora il comparto indu-striale del paese è stato messo in crisi sia dalla globalizzazione, sia dalle contingenze economiche attuali, questo settore ha quin-di subito un riquin-dimensionamento, sempre però mantenendo la sua vocazione di pro-dotto artigianale e di qualità. Una delle ri-sorse al-ternative che permette di valorizza-re e mantenevalorizza-re la forte identità territoriale, che questo cen-tro da secoli possiede, e allo stesso tempo adeguarsi alle nuove dinami-che socio-economidinami-che dinami-che si vanno veloce-mente sviluppando è il turismo. La zona ha

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sempre avuto questa vocazione fin dall’800 e ora quest’attività si propone come nuovo motore per la sussistenza del centro e valo-rizzazione delle sue potenzialità.

>ATTIVITÅ AGRICOLA E PASTORIZIA

Tutto il territorio è attraversato dal torrente Ravella, lungo il cui corso si è formato il cen-tro storico, mentre a ovest è toccato margi-nalmente dal fiume Lambro che proviene dalla limitrofa Valassina. Il comune fu sem-pre relativamente autonomo anche se nei secoli, dopo la caduta dell’impero romano, passo sotto il dominio arcivescovile di Mila-no, di vari signori milanesi (come i Visconti e gli Sforza), fino ad arrivare nel 1472 in mano ai fratelli Negroni, detti Missaglia, che con la loro attività di armaioli, diedero una forte spinta all’industria siderurgica del paese che nel corso del XIX° e XX° secolo e divenne un importante centro per la fabbricazione delle forbici. Oltre all’industria siderurgica Canzo ha una tradizione consolidata come centro manifatturiero, fino al XVII secolo, infatti, qui si producevano i tessuti di saia, successiva-mente iniziò a prendere il campo l’industria della seta, grazie ai marchesi Crivelli, che dal 1667 ebbero il dominio del paese. Quest’at-tività produttiva ebbe largo sviluppo e alla fine del XVII° secolo si contavano sette filan-de, oltre a questo però anche l’agricoltura e la pastorizia giocavano un ruolo chiave nel contesto economico-sociale del territorio. Essendo l’ultimo comune dell’Alta Brianza il legame con Milano è sempre stato molto forte e fu avvalorato nell’800 dalla villeggia-tura milanese, vennero, infatti, costruite

vil-le e il teatro, e dalla costruzione della Strada di Niguarda e un secolo dopo dalla ferrovia. La presenza di un’industria antica del ferro e della tessitura influì vigorosamente sulla struttura viaria del paese che è impostata su tre assi, pressoché paralleli per buon tratto e quindi con-vergenti all’estremo orientale del borgo. Sull’asse settentrionale si adden-sano gli opifici otto-centeschi, lungo quello centrale si aprono molte corti dal duplice carattere agricolo e artigiano, quello meri-dionale rappresenta il polo commerciale e mercantile. L’asse centrale è la via princi-pa-le di traffico e assume una configurazione sinuosa con i fronti su strada che appaio-no plasti-camente modellati. Le abitazio-ni sono generalmente molto ampie e per-mettono l’inserimento di ambienti adatti al lavoro artigiano, manifestando pertanto la coesistenza delle due attività, a-gricola e artigiana, e il grado di floridezza econo-mica del passato di Canzo: i loggiati lignei oc-cupavano lati interi delle corti interne; scale a rampa unica si sovrapponevano di piano in piano; le murature irregolari in cal-care grigio chiaro si contrapponevano all’u-so del serizzo e del granito, non all’u-solo negli elementi di stipite e nei pilastri, ma anche nei portali e nelle arcate, presentando così nell’insieme costruttivo, un grado di mag-gior compiutezza rispetto alle strut-ture edilizie dell’intorno, pur mantenendone i caratteri essenziali. Ora il comparto indu-striale del paese è stato messo in crisi sia dalla globalizzazione, sia dalle contingenze economiche attuali, questo settore ha quin-di subito un riquin-dimensionamento, sempre

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però mantenendo la sua vocazione di pro-dotto artigianale e di qualità. Una delle ri-sorse al-ternative che permette di valorizza-re e mantenevalorizza-re la forte identità territoriale, che questo cen-tro da secoli possiede, e allo stesso tempo adeguarsi alle nuove dinami-che socio-economidinami-che dinami-che si vanno veloce-mente sviluppando è il turismo. La zona ha sempre avuto questa vocazione fin dall’800 e ora quest’attività si propone come nuovo motore per la sussistenza del centro e valo-rizzazione delle sue potenzialità.

>IL SISTEMA DEGLI ALP

Con il termine Alp si rimanda alle piccole

frazioni montane, alcune abitate stagional-mente e altre per tutto l’anno, presenti in questo territorio. Il termine considera una gamma di strutture che potevano andare dall’alloggio di due o tre persone e pochi capi di bestiame a poter ospitare fino a cen-to contadini e numerosi capi di allevamencen-to. Le attività che vi si praticavano erano quel-le agro-silvo-pastorali come l’alquel-levamento, la coltivazione del granoturco e la raccolta delle castagne.

A Canzo le tre Alp principali erano:

1. Prim’Alpe, detto Alpe Grasso per la sua fertilità;

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2. Second’Alpe, detto Alp dal Suue, Alpe Betulli o Alpe del Sol per la sua buona esposizione so-lare;

3. Terz’Alpe, detto Alpe Piotti

4. a cui si aggiungevano gli alpeggi mino-ri dell’Alpett e dell’Alp a Volt usati sola-mente d’estate.

I tre alpeggi maggiori erano costituiti da un unico blocco abitativo dato da una corte chiusa, alla quale si affiancavano degli edi-fici più piccoli per la lavorazione del latte, i casei per la con-servazione del latte e i ca-sott, piccole costruzioni in pietra per il de-posito degli attrezzi. Attualmente Prim’Al-pe è diventato un Centro Visitatori, in cui

ottenere tutte le informazioni ne-cessarie sui percorsi e le norme da rispettare all’in-terno dell’Area Protetta, ospitato all’inall’in-terno dell’edificio di Prim’Alpe, antica cascina in pietra dalla massiccia struttura a corte inter-na dove è stato allestito un museo-labora-torio paleontologico, una xiloteca (raccolta di sezioni di piante), un erbario con la flora locale, un diorama con la fauna e numerosi pannelli didattici; Second’Alpe è tornato alla luce grazie a un intervento di recupero pae-saggistico che ha fatto riaffiorare i ruderi e il pascolo; infine il nucleo di Terz’Alpe pratica l’alpicoltura, e insieme a questa esercita una funzione ricettiva attraverso la Società agri-cola “La Rondine”.

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TURISMO AMBIENTALE

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Le strategie

Il territorio di Canzo fa parte di una più am-pia rete ecologica, promossa da vari enti territoriali, per consolidare i siti Natura 2000 presenti nella zona, tra i quali la Riserva Na-turale del Sasso Malascarpa e la Foresta dei Corni di Canzo che interessano direttamen-te il paese e il suo direttamen-terri-torio montano. Isti-tuita ai sensi dell’art. 37 della Legge Regio-nale 86/83 come Riserva naturale parziale di in-teresse geomorfologico e paesistico nel 1985, quella del Sasso Malascarpa rappre-senta una delle zone di maggiore interesse geologico, geomorfologico e paleontologi-co della Lombardia. Il territorio ha una su-perficie complessiva di 135 ha, di cui una

parte è ubicata nel comune di Canzo sulla sinistra orografica del torrente Ravella ed è proprietà del Demanio Forestale Regio-na-le. Il piano di gestione della riserva, appro-vato nel 2004, si prefigge i seguenti obietti-vi: assicurare la conservazione degli habitat e delle specie d’interesse comunitario pre-senti, tutelare le ca-ratteristiche naturali e paesaggistiche dell’area, promuovere la conoscenza dei fenomeni geo-morfologici, disciplinare e controllare la fruizione del ter-ritorio a fini scientifici e didattico ri-creativi, adottare metodi di utilizzazione dei boschi e dei pascoli finalizzati al raggiungimento della massima complessità e stabilità in

rap-12 Una foto del lago del Segrino, se ne sentiva la mancanza

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porto all’ambiente. Le peculiarità naturali-stiche del luogo si ritrovano già nel nome, l’origine del toponimo Malascarpa deriva, infatti, dal dialetto Sass de la Malascarpa, che probabilmente va collegata al significa-to di masca (strega) ed alle tradizioni popo-lari che legavano rocce e sassi dalla forma particolare a elementi negativi e pericolosi. Dal punto di vista geologico la riserva ap-partiene alle Prealpi calcaree lombarde ed è frutto della sedimentazioni di origine mari-na risalenti al Triassico, Giurassico e Cretaci-co che hanno formato la Dolomia a Concho-don che costituisce il Sasso. Sono presenti anche altri tipi di pietra come la Dolomia Principale del Norico, il Calcare di Zu e il Rosso Ammonitico Lombardo insieme ad altre serie calcaree scistose e marnose che danno luogo a i campi solcati e alle Sorgen-ti pietrificanSorgen-ti, formazioni rocciose derivanSorgen-ti dall’erosione. La tipologia della vegetazio-ne è abbastanza varia: con formazioni tipi-che delle rocce, praterie aride, pascoli, arbu-steti e boschi. Nelle praterie ed ex-pascoli è in corso un graduale processo di inarbu-stimento con una tendenza evolutiva ver-so formazioni forestali. I boschi si formano prevalente oltre gli 850 m di quota ed è la faggeta mista con presenza di sorbo mon-tano, acero montano e frassino mentre i bo-schi d’alto fusto ben strutturati sono molto rari. La natura calcarea delle rocce, la morfo-logia dirupata e la collocazione geografica conferiscono al territorio della Riserva Na-turale anche un particolare interesse di tipo fitogeo-grafico. A seguito di indagini flori-stiche sono state catalogate 136 specie

tipi-che della cosiddetta flora insubrica, molte delle quali sono endemiche e protette dalla legislazione vigente; tra queste le specie di maggior interesse sono: Campanula Raineri, Teleria speciosissima, Primula glauce-scens, Alliuminsubricum, Peonia officialis e Cyti-susemeriflorus. Le attività di censimento dell’Avifauna hanno condotto all’identifica-zione complessiva di circa 40 specie, tra cui di particolare interesse: il Calandro, l’Averna piccola, il Succiacapre, il Nibbo bruno, che utilizza la riserva come territorio di caccia, e la Coturnice, che occupa le zone limi-trofe a quote più basse e con condizioni abitative migliori. Viene inoltre segnalata la presenza del Gufo reale e interessante è la Chirottero-fauna con 8 specie diverse. Esiste un Centro Visite della Riserva in località Prim’Alpe, nel Comune di Canzo per la promo-zione e la divulgazione del sito, in questo comune, in-fatti, una parte della riserva è stata di-chiara-ta SIC con una superficie complessiva di 328 ettari compresa tra i 650 e 1260 m. Infine il secondo sito di interesse ecologico, La Fo-resta Regionale dei Corni Canzo, si estende per 450,27 Ha nel territorio della Comunità Montana Triangolo Lariano (CO), nel Comu-ne di Canzo, con una piccola porzioComu-ne Comu-nel Comune di Valbrona. Corrisponde all’ampia testata valliva del torrente Ravella, affluente di sinistra del Lambro, ed è limitata a nord dal massiccio calcareo dei Corni di Canzo e a sud dalla dorsale del Sasso Mala-scarpa e dal Monte Cornizzolo con un’estensione altimetrica che va dai 550 m del fondovalle del Ravella, fino ai 1.372 m della vetta Cor-no Occidentale. L’ambiente è quello tipico

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delle Prealpi calcaree lombarde, caratte-rizzato dall’alternarsi dei boschi naturali di latifoglie (Carpino nero, Frassino maggiore, Acero montano, Tiglio e Faggio) e dei rim-boschimenti artificiali di conifere, testimo-nianze delle attività selviculturali degli anni ’50 (con Abete rosso, Pinusexcelsa e Larice giapponese), con la presenza delle pareti rocciose dei Tre Corni, del Cepp de l’Angua e del Sasso Malascarpa. Attorno agli antichi nuclei rurali di Prim’Alpe (data in concessio-ne per le attività di educazioconcessio-ne ambientale) e Terz’Alpe (presso l’edificio demaniale è attiva un’azienda agrituristica) si sono con-servati ampi appezzamenti prativi di pregio. Elemento di assoluto rilievo è la Riserva Na-turale Sasso Malascarpa, che per metà della sua e-stensione ricade nel territorio dema-niale. L’approvvigionamento idrico nella foresta dei Corni di Canzo avviene tramite tre sorgenti: Se-cond’Alpe, Terz’Alpe e San Girolamo. Negli ultimi anni il consolidamen-to delle attività ha reso necessaria la razio-nalizzazione dell’uso della risorsa idrica sia per ridurne gli sprechi e per im-pedirne il deterioramento della qualità.

>LA MOBILITÀ LENTA

La Foresta di Canzo ha un elevato valore fruitivo, infatti, si stimano circa 100.000 fre-quentatori l’anno, e la rete di sentieri è molto sviluppata e curata in convenzione dall’ER-SAF e dal CAI di Canzo. Gli itinerari sono tra i più battuti e frequentati dalla Lombardia e per distribuire l’utenza di re-cente si sono creati nuovi percorsi.

>Via delle Alpi

Questo sentiero, partendo dalla fonte Gajum, riprende la mulattiera che portava agli insedia-menti di Prim’Alpe, Second’Alpe e Terz’Alpe.

>Sentiero dello Spirito del Bosco

Il sentiero va da Prim’Alpe a Terz’Alpe e si snoda tra angoli suggestivi del bosco in cui sono state poste istallazioni artistiche e e sculture lignee.

>Sentiero geologico Giorgio Achermann

Il sentiero geologico è stato creato nel 1980 e partendo dal parcheggio del Gajum a 483 m, segue il corso del Torrente Ravella, e se-gue le peculiarità geologiche, geomorfolo-giche e pale-ontoligeomorfolo-giche della valle come: le marmitte giganti, le cascate pietrificate e i massi erratici.

>Sentiero geologico alto

Questo tracciato è la prosecuzione del pre-cedente ed è stato realizzato nel 2008 da ERSAF, questo parte da Terz’Alpe e si snoda all’interno della riserva lungo il crinale de La Colma, del Sasso Malascarpa e del Monte Rai. In questo sentiero si possono formare i vari fossili geologici come i gasteoporodi, gli ammoniti e i coralli. Da questo sentiero si possono anche vedere i campi solcati, e i Conchodon del Sasso Malascarpa e tramite questo sentiero si può arrivare all’Alpe Alto e proseguire verso San Tomaso e il rifugio SEC.

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>Percorso botanico

Dall’arboreto botanico di Prim’Alpe ha inizio questo percorso che è indirizzato al rico-noscimento delle principali specie arboree e arbustive, circa 60, locali ed esotiche. Il monitoraggio è un’azione importante per l’equilibrio ambientale del territorio, infat-ti, con l’azione turistica non si deve sovrac-caricare un ambiente naturale rischiando di provocarne il collasso. La distribuzione dell’affluenza turistica e dei vari flussi in più sentieri e il posizionamento degli eco-con-tatori sono quindi due azioni essenziali e utili per perseguire la sostenibilità della fo-resta. Nel territorio gli eco-contatori sono posti in 5 punti sui vari sentieri: uno inte-ressa la via delle Alpi, uno il sentiero dello Spirito del Bosco, uno il Sentiero geologico, uno il Sentiero Geologico Alto e uno è posto in corrispondenza della Torre Telecom. >IL LAGO DEL SEGRINO

Il lago del Segrino è un piccolo lago lombar-do prealpino di origine glaciale, in provin-cia di Como, situato tra i comuni di Canzo, Longone al Segrino e Eupilio. Si ritiene che il suo nome derivi dal latino Fons Sacer, ossia Fonte Sacra, trasformatosi col tempo in Sa-crinum e quindi Segrìn (in dialetto locale). È famoso per la qualità delle sue acque e per la sua felice e tranquilla posizione, che ispirò nu-merosi scrittori dell’Ottocento. Ha una forma allungata in direzione nord-sud, con una lunghezza di circa 1800 m ed una massima larghezza, verso la parte meridio-nale, di 400 m. circa. È limitato nei suoi bordi dai ripidi versanti dei monti Pesora e

Corniz-zolo (1200 m) ad est e Scio-scia (671 m) ad ovest, entro i territori dei comuni di Canzo a nord, Eupilio e Longone al Segrino. Il lago è originato dalla sbarramento della sua valle causato dalla presenza di una morena gla-ciale; il Tonolli evidenzia la sua singolarità di lago glaciale di valle sospesa sulla sotto-stante pianura padana. L’assenza di visibili immissari lungo il suo perimetro suggerisce a tutti gli studiosi di quest’area la presenza di sorgenti subacquee di origine carsiche, ipotesi compatibile col fatto che l’intera val-le in cui giace è formata da rocce calcaree (calcare di Domaro). Ad eccezione di un pic-colo rigagnolo, che esce dal Lago all’altezza di Eupilio (punt d’inach), e le cui acque si di-sperdono nei depositi glaciali che ricopro-no il versante prealpiricopro-no verso il sotto-stante lago di Pusiano, nessun rilevante emissario è osservabile, e nel complesso il suo bilan-cio idrologico è principalmente controllato da un sistema carsico sotterraneo. Il con-fronto della morfologia attuale del lago, con quanto rappresentato nelle vecchie mappe catastali e topografiche evidenzia una progressiva riduzione della superficie del lago, per inter-rimento, soprattutto nel-la sua estensione settentrionale, con uno sviluppo delle aree palustri ed una possibile piccola bonifica (avvenuta negli ultimi se-coli passati) per un utilizzo agricolo di aree precedentemente ricoperte dalle acque del lago. L’area circostante il lago, caratterizza-ta da presenza d’acqua e copertura boschi-va con fauna abbondante ha favorito nel passato al presenza di piccoli insediamenti umani. Nell’area a nord del lago, nel 1971

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durante lavori per l’ampliamento dello sta-bilimento di imbottigliamento dell’acqua di Gajum vennero scoperte tre tombe dell’Età del bronzo, costruite usando pietra lo-ca-le, purtroppo di queste ben poco è stato recuperato venendo le stesse distrutte du-rante la loro scoperta fatta dudu-rante scavi con ruspa; di queste una era del tipo a inu-mazione ed una più complessa, costituita da una camera edificata con lastroni infis-si a coltello e muretti di pietra a secco. Tre anni dopo, poco più a valle, nell’area nota come “lo chalet” venne ritrovata un’altra tomba, recuperata e ricostruita nel giardino della scuola media di Canzo; purtroppo la tomba ricostruita è stata successivamente smantellata durante lavori edili sull’edificio scolastico, di essa, dopo un attento rilievo geometrico e fotografico, eseguito a cura dell’Ufficio Tecnico Co-munale, rimane, in attesa di un suo ricollocamento, una catalo-gazione delle pietre squadrate e un cumu-lo di sassi accatastati serviti, all’epoca della ricostruzione, per dar volume all’ex camera sepolcrale. Questi ritrovamenti fanno so-spettare la presenza nel luogo, sulle rive del lago, di un’area sepolcrale o di una necropo-li. A sud del lago, nel territorio di Longone al Segrino ven-nero ritrovate, a fine ottocento tre tombe datate come risalenti all’Età del ferro, cultura di Go-lasecca. Negli anni set-tanta il lago del Segrino, come buona parte della Brianza, versava in una situa-zione di degrado ed inquinamento. Agli inizi degli anni ottanta le Amministrazioni locali han-no avviato un programma comune per il recupero e la salvaguardia del lago e del

territorio circo-stante. L’obiettivo di par-tenza fu senza dubbio il risanamento delle acque ma, nel contempo, anche la volontà di recuperare tutto l’ambiente circostante attraverso un uso corretto ed attento delle risorse da parte del Parco. Fu così che, nel 1984, venne costituito un Parco Locale di In-teresse Sovracomunale (PLIS) la cui gestio-ne è stata affidata al Consorzio dei Comuni di Canzo, Eupilio e Longone al Segrino e la Comunità Montana del Triangolo Lariano. Grazie all’impegno costante dell’Ente Parco, che si è avvalso della collaborazione di un comitato scien-tifico di esperti di alto livel-lo, in poco più di una decina di anni è stato ottenuto un sorprendente miglioramento della qualità delle acque e dell’ambiente circostante, portando il lago Segrino tra i bacini più puliti e meglio conservati d’Eu-ropa. Il Consorzio del Parco attua costante-mente in-terventi diretti alla salvaguardia ambientale ed al recupero qualitativo delle acque del lago, oltre ad un’intensa attività di rinaturalizzazione dell’ecosistema loca-le. I preziosi interventi e i risultati ottenuti hanno fatto sì che il Segrino, da Parco Lo-cale di Interesse Sovracomunale diventasse Sito di Interesse Comunitario (SIC). Il Parco sta puntando molto sull’idea che il territorio debba essere visto nelle sue componenti ambientali e naturalistiche, ma anche esse-re aperto alla popolazione come punto di aggregazione, come cura e medicina con-tro lo stress. All’inizio di questa esperienza 15 anni fa, era inimmaginabile una gestione del turismo compatibile; poi con l’evento del Parco, da poche centinaia di persone in

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pochi anni si è passati a 100 000 presenze all’anno di frequentatori. È dunque impor-tantissimo l’equilibrio tra uomo e ambiente: non si può dimenticare che, nonostante l’in-tensa frequentazione, l’ambiente del Parco è di pregevole qualità come dimostrato dal-la presenza di numerose specie animali an-che in via di estinzione. Il Parco opera anan-che i stretta collaborazione con Associazioni lo-cali, Comunali ed Enti, a questi si aggiunga-no i rapporti di collaborazione associativa con il GOL (Gruppo Ornitologico Lombardo) i gruppi ambientalisti WWF, Greenpeace, le associazioni di categoria degli agricoltori, delle attività commerciali ed artigiane per

lo sviluppo e l’incremento dell’agricoltura, della ricettività e di un turismo più consa-pevole. Oggi il lago del Segrino costituisce un’area protetta denominata Parco locale di interesse sovracomunale Lago del Segri-no gestita da un consorzio tra la Comunità Montana del Triangolo Lariano ed i comuni di Canzo, Longone al Segrino ed Eupilio. Lungo tutto il suo perimetro di circa cinque chilometri si snoda un circuito ciclo-pedo-nale protetto ed il lago è una riserva di pe-sca, che è limitata e soggetta al rilascio di specifici permessi. Il piccolo lido si trova al bivio con la strada che scende verso Eupilio. 13 Esatto!

14 Citazione di Margaret Atwood, poetessa e romanziera canadese

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L’acqua non oppone resistenza. L’acqua scorre. Quando immergi una

mano nell’acqua senti solo una carezza. L’acqua non è un muro, non

può fermarti. Va dove vuole andare e niente le si può opporre.

L’acqua è paziente. L’acqua che gocciola consuma una pietra.

Ricordatelo, bambina mia. Ricordati che per metà tu sei acqua.

Se non puoi superare un ostacolo, giragli intorno.

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EX STABILIMENTO GAJUM

Storia dell’edificio

L’area di progetto è costituita dall’ex stabili-mento industriale Gajum, per l’imbottiglia-mento dell’acqua, situato immediatamente a nord del Lago del Segrino, nella zona me-ridionale del comune di Canzo. Il Triangolo Lariano ed Asso erano noti fin dall’epoca ro-mana per la qualità dell’acqua prove-niente dalle loro sorgenti. La Fonte Gajum, situata sul versante destro del Torrente Ravella, alla quota di m 485 s.l.m., a Canzo, deve il suo nome al nobile romano Lucius Gajus ed ebbe un periodo di prestigio tra il ‘700 e l’800, quando personaggi come Ugo Fosco-lo e Alessandro Manzoni scelsero Canzo e le sue acque dalle proprietà diuretiche e

dige-stive, per trascorrere periodi di vacanza. A quell’epoca però la fonte non era sfruttata a fini commerciali; fu nel 1964 che degli abi-tanti di Canzo, tra cui l’allora sindaco Emi-lio Riva, fondarono la ditta di imbottiglia-mento. Questa venne poi acquistata dalla Sant’Ambrogio di Lissone, sotto la cui pro-prietà la fonte visse il momento di massimo pregio, con un’ottantina di dipendenti. L’a-zienda divenne successivamente proprietà dell’ Idrominerale Bognanco, la quale finì in seguito sotto il controllo di una holding romana, la “Sorgenti spa”, che controllava altri otto marchi di acque minerali. Fu pro-prio sotto tale proprietà che l’azienda cessò

15 La fabbrica versa in stato di abbandono

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la sua attività; infatti nel 2001 il liquidatore, Giuseppe Ciarrapico, ricondusse il fallimen-to alle grosse perdite che l’azienda riscon-trò, circa venti miliardi di lire, nei due anni precedenti la cessazione dell’attività; un’al-tra motivazione fu l’impoverimento della falda acquifera, che consentiva la produzio-ne di 2-4 litri al secondo contro i 10-12 litri di altre fonti. Il fabbricato industriale risulta da allora in disuso.

>DISTRIBUZIONE FUNZIONALE

L’edificio industriale presenta un’area pro-duttiva caratterizzata da una successione di campate a copertura curva, di carattere

prettamente industriale e, su fronte strada, si sviluppa un edificio dalla forma più rego-lare e di successiva costruzione, destinato ad ospitare gli uffici; quest’ultimo venne infatti edificato nel 1971, anno in cui in oc-casione dell’espansione dell’azienda, furo-no rinvenute tre tombe risalenti all’età del bronzo; di tali reperti archeologici ben poco venne recuperato in quanto le stesse ven-nero distrutte simultaneamente alla loro scoperta, avvenuta tramite scavi con ruspa. Lo stabilimento industriale si sviluppa se-condo un andamento nord-sud, in un lot-to compreso tra la Strada Provinciale 41 a ovest, il bacino del lago a sud e il monte 16 Interno di una campata, si nota la

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Malascarpa a est. L’area presenta un acces-so pedonale in corrispondenza del blocco più a nord del lotto, in cui erano contenuti alcuni uffici e gli spogliatoi dove gli operai indossavano la tenuta da lavoro prima di di-rigersi ai posti di lavoro. In corrispondenza di tale accesso pedonale vi era anche l’in-gresso principale degli automezzi, i quali si dirigevano poi verso il la porzione sud dell’area di fabbrica, con un percorso paral-lelo alla strada provinciale, dove si trovava un accesso carrabile secondario. Gli edifici che compongono il complesso di imbotti-gliamento possono essere distinti in due grandi blocchi: il primo, fronte strada, carat-terizzato da un edificio a stecca, distribuito su due livelli, di cui uno seminterrato, di cui la porzione centrale si articola su due piani fuori terra e risulta collegata ai corpi adia-centi tramite un ballatoio che percorre l’in-tera facciata dell’edificio; il secondo invece, retrostante il precedente, è caratterizzato da un ampio spazio scandito dal susseguirsi di ampie coperture voltate. Il primo bloc-co ospita al piano terra la zona di imbotti-gliamento, in cui si trovavano i macchinari adibiti allo riempimento e all’etichettatura delle bottiglie di plastica, nonché una zona di deposito del glucosio liquido e degli sciroppi necessari alla composizione e alla produzione delle bibite. Il piano seminterra-to si articolava in una prima zona ospitante un archivio storico, in quanto lo stabile fun-geva anche da centro logistico, le cisterne per il lavaggio delle bottiglie tramite soda caustica, nonché i compressori per il funzio-namento dei macchinari collocati al piano

soprastante. Una seconda area ospitava il deposito delle essenze utilizzate per la com-posizione di sciroppi che venivano poi uti-lizzati per la produzione delle bibite, seguita da un ampio magazzino, in cui venivano de-positati, ad esempio, i tappi, le etichette e le bottiglie delle quali veniva anche smaltito il vetro; infine vi era uno spazio destinato alla manutenzione dei mac-chinari della catena di produzione. Il blocco retrostante, di 6.000 mq, dalla conformazione più industriale dettata dalle coperture a volta che raggiun-gono in sommità un’altezza di 10 m circa, allo stato di fatto si presenta come un gran-de spazio unitario, in realtà era percorso da

17 La natura si è totalmente reimpossessata dell’area

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una lunga parete divisoria in fibra plastica che separava il reparto di imbottigliamento da quello di carico e scarico delle merci; la prima infatti era adiacente all’edificio fronte strada, in quanto ad essa connessa dal pun-to di vista funzionale, ospitava inoltre mac-chinari adibiti al trasporto delle merci ne-cessarie per la produzione; la zona di carico e scarico merci invece era situata nella parte più esterna del capannone, direttamente connessa al percorso effettuato dagli auto-mezzi. In conclusione dunque, gli ambienti dedicati al ciclo di produzione dell’acqua e delle bibite oc-cupavano gli spazi con

affac-cio diretto sulla strada e intorno a questi si distribuivano quelli di servizio carico e scari-co merci, che seguivano quindi un perscari-corso circolare, parallelo al ciclo di produzione. Esternamente all’edificio era prevista inoltre un’area di parcheggio, adiacente alla stra-da pro-vinciale, a sud una zona di servizio alla cittadinanza con la spillatrice dell’acqua proveniente dalla fonte Gajum alla quale seguiva, dietro l’edificio, la zona di carico e scarico merci che si ricollegava poi all’in-gresso principale al lotto, dove era presente anche una rampa di accesso al piano semin-terrato.

18 Lo stabilimento sorge proprio al confine tra città e paesaggio

19 Citazione di Lord Bertrand Russell, filosofo e scrittore inglese

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I tipi di lavoro sono due: il primo, modificare la posizione di materia

sulla o vicino alla superficie della Terra rispettivamente

ad altra materia simile; il secondo, dire ad altre persone di fare questo.

Il primo tipo è brutto e mal pagato; il secondo è piacevole e pagato

molto bene.

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Nutrirsi è una delle attività fondamentali della vita umana: per quanto l’uomo cerchi di elevarsi al di sopra del resto degli animali, resta comunque vincolato a tutta una se-rie di attività necessase-rie al funzionamento del proprio corpo. Il corpo umano è una “macchina termica”, non particolarmente efficiente, che necessita di essere alimenta-ta tramite un certo quantialimenta-tativo di calorie, assumibili in maniere differenti: gli alimenti ingeriti si trasformano in energia e la pro-duzione della stessa genera calore, da cui si evince la definizione precedente. La tipolo-gia di cibi che assumiamo giornalmente per

far sì che tutto questo processo si attui con-tribuisce a costituire la dieta quotidiana, che ovviamente varia da individuo a individuo, sia per fattori di gusto, sia per fattori cultura-li. L’assunzione di alimenti sani, nelle giuste quantità, incentiva l’organismo a sviluppar-si correttamente mentre una dieta ricca di eccessi e cibi grassi (non necessariamente “cibo spazzatura”), oltre ad un aumento del-la massa lipidica e quindi del peso corporeo, può comportare anche l’insorgere di vere e proprie patologie fisiche. Per questo moti-vo è senz’altro corretto affermare, tramite una citazione del filosofo tedesco Ludwig

L’ I M P O R TA N Z A D E L C I B O

U n a r a p i d a i n t r o d u z i o n e a l t e m a p r i n c i p a l e

3

1 Il cibo si presta anche a rappresentazioni artistiche e fotografiche, come dimostra questa foto di Russell Smith

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