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(1)

Introduzione


«Alzò
gli
occhi
dai
fogli
e
il
suo
sorriso
si
allargò.



“Possedere
un’altra
lingua
è
possedere
un’altra
anima.”



L’ha
scritto
un
grande
re,
signore,
Carlo
V.»


(John
le
Carré,
da
La
talpa)


L’etichetta
 di
 “letteratura
 postcoloniale”,
 detta
 anche


“Commonwealth
 Literature”,
 “World
 Literature
 in
 English”
 o
 “New
 Literatures
in
English”,
raccoglie



all
the
culture
affected
by
the
imperial
process
from
the
moment
of
 colonization
to
the
present
day.
This
is
because
there
is
a
continuity
 of
 preoccupations
 throughout
 the
 historical
 process
 initiated
 by
 European
imperial
aggression.1

Quindi
le
letterature
postocloniali
sono
tutte
quelle
prodotte
 in
inglese
da
autori
di
paesi
come
l’Africa,
l’Australia,
il
Bangladesh,
il
 Canada,
le
isole
caraibiche,
l’India,
la
Malesia,
Malta,
Nuova
Zelanda,
 il
Pakistan,
Singapore,
o
lo
Sri
Lanka
e
trattano
temi
comuni
come
la
 multiculturalità,
 la
 difesa
 della
 diversità
 culturale,
 il
 rapporto
 colonizzato‐colonizzatore,
 la
 storia
 vista
 dal
 punto
 di
 vista
 dei
 colonizzati,
 il
 rapporto
 con
 la
 lingua
 inglese,
 lingua
 imposta
 dal
 colonizzatore.



Solo
 per
 citarne
 alcuni,
 nomi
 come
 quelli
 di
 Patrick
 White,
 Amitav
 Gosh,
 Margaret
 Atwood,
 Jean
 Rhys,
 Arundhati
 Roy,
 Michael
 Ondaatje
e,
ultimo
ma
non
meno
importante,
Salman
Rushdie,
fanno
 parte
 del
 panorama
 letterario
 internazionale.
 In
 questo
 si
 inserisce
 un
 particolare
 filone
 chiamato
 African
 Canadian
 Literature.
 Di
 quest’ultimo
 fa
 parte
 il
 romanzo
 The
 Book
 of
 Negroes
 dell’autore
 canadese
 Lawrence
 Hill,
 preso
 in
 analisi
 in
 questa
 tesi.
 Il
 romanzo,
 







1

Bill
 Ashcroft,
 Gareth
 Griffiths,
 e
 Helen
 Tiffin.
 The
 Empire
 Writes
 Back:


Theory
 and
 Practice
 in
 Post­Colonial
 Literatures
 Londra
 e
 New
 York,
 Routledge,
1989,
p.
1.


(2)

pubblicato
negli
Stati
Uniti,
in
Australia
e
Nuova
Zelanda
con
il
titolo
 di
Someone
Knows
My
Name
e
in
francese
con
il
titolo
di
Aminata,
ha
 vinto
 il
 Commonwealth
 Writers’
 Prize
 nel
 2008.
 Nel
 2014,
 sotto
 la
 direzione
di
Clement
Virgo
e
con
la
collaborazione
dello
stesso
Hill,
 sono
 iniziate
 le
 riprese
 della
 serie
 televisiva
 tratta
 dal
 romanzo.


Andata
in
onda
sulla
CBC
Television
in
Canada
a
gennaio
2015,
vede
 come
 protagonisti
 l’attrice
 americana
 Aunjanue
 Ellis
 nel
 ruolo
 di
 Aminata,
 l’attore
 canadese
 Lyriq
 Bent
 nel
 ruolo
 di
 Chekura
 e
 Cuba
 Gooding
 Jr
 nel
 ruolo
 di
 Samuel
 Fraunces,
 un
 mulatto
 liberato
 che
 possiede
una
taverna
a
New
York
e
che
aiuterà
la
protagonista.

Il
 presente
 lavoro
 si
 propone
 di
 analizzare,
 a
 partire
 dal
 romanzo
 di
 Hill,
 come
 il
 linguaggio
 e
 le
 lingue,
 temi
 centrali
 per
 la
 produzione
 letteraria
 post
 coloniale,
 possano
 influire
 sulla
 costruzione
della
personalità
di
un
individuo.


In
 particolare,
 il
 primo
 capitolo
 sarà
 dedicato
 alla
 presentazione
del
panorama
letterario
canadese,
molto
composito
e
 vario
sia
sul
versante
francofono
sia
su
quello
anglofono,
dalle
origini
 a
oggi.
Seguirà
una
breve
presentazione
della
letteratura
prodotta
da
 autori
 di
 origini
 non
 europee
 in
 lingua
 inglese
 e
 in
 particolare
 la
 letteratura
 afro‐canadese
 di
 cui
 George
 Elliot
 Clarke
 è
 uno
 dei
 maggiori
 studiosi.
 Negli
 ultimi
 due
 paragrafi
 di
 questa
 sezione
 si
 vedrà
 come
 l’autore,
 Lawrence
 Hill,
 e
 l’opera
 presa
 in
 analisi
 si
 inseriscono
all’interno
di
questo
filone.


Il
secondo
capitolo
conterrà
la
traduzione
con
testo
originale


a
fronte,
di
una
parte
del
secondo
libro.

La
scelta
di
tradurre
proprio


questa
parte
è
stata
operata
in
funzione
della
riflessione
su
identità
e


linguaggio
che
si
affronterà
nel
capitolo
successivo.

Alla
traduzione


seguirà
una
breve
analisi
delle
difficoltà
traduttive
legate
al
testo
di


Hill
e
l’illustrazione
delle
soluzioni
da
me
adottate.
La
terza
e
ultima


parte
 analizzerà
 il
 percorso
 identitario
 della
 protagonista,
 segnato


dall’apprendimento
 di
 nuove
 lingue
 durante
 tutto
 il
 romanzo.
 A


partire
 da
 Hegel,
 tra
 i
 principali
 sostenitori
 della
 visione
 romantica


(3)

della
lingua
del
popolo,
si
svilupperà
una
riflessione
che,
basandosi
 sulle
 teorie
 di
 diversi
 filosofi
 e
 studiosi
 come,
 ad
 esemio,
 Gayatri
 Spivak,
 Édouard
 Glissant,
 Franz
 Fanon,
 analizzerà
 come
 invece
 la
 lingua
sia
strettamente
legata
all’individualità,
quanto
i
diversi
livelli
 di
 competenza
 linguistica
 influiscano
 l’identità
 di
 un
 individuo,
 la
 percezione
 che
 lo
 stesso
 ha
 di
 sé
 e
 quella
 che
 terzi
 hanno
 di
 lui
 e,
 infine,
 quanto
 sia
 importante,
 per
 coloro
 che
 vengono
 chiamati


“subalterni”,
 avere
 una
 propria
 voce
 per
 poter
 raccontare
 la
 Storia
 dal
 loro
 punto
 di
 vista
 senza
 che
 l’occhio
 dell’Altro
 faccia
 da


“mediatore”
tra
il
protagonista
e
il
mondo.



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


(4)

CAPITOLO
PRIMO


I
ain’t
blue:
the
rain
still
works;


The
wind
hasn’t
broken
down.


I
ain’t
blue:
the
rain,
it
still
works,
 The
wind
ain’t
all
fallen
down.


And
the
sun,
it
still
burns,
it
burns,
 It
burns
right
down
to
the
ground.


(Blues
de
Malcom,
George
Elliott
Clarke)

2


 
 1. Il
Canada:
paese
multiculturale
per
eccellenza


È
stato
scritto
tanto
sullo
scenario
multiculturale
del
Canada,
 sul
 fatto
 che
 il
 Canada
 sia
 la
 sola
 nazione
 che
 costituisce
 a
 livello
 costituzionale
 uno
 stato
 multiculturale
 all’interno
 di
 un
 contesto
 bilingue,
 e
 non
 è
 mia
 intenzione
 scrivere
 l’ennesimo
 saggio
 sul
 multiculturalismo,
 ma
 credo
 sia
 necessario
 accennare
 ai
 punti
 fondamentali
 di
 questo
 panorama
 così
 complesso
 e
 variegato,
 un
 mosaico
 di
 tradizioni,
 valori,
 pratiche
 appartenenti
 sia
 alle
 popolazioni
autoctone
(indiana
ed
eschimese)
sia
a
quelle
di
origine
 europea
 (principalmente
 francese
 e
 inglese)
 sia
 a
 quelle
 di
 più
 recente
 insediamento
 come
 quelle
 africana,
 sulla
 quale
 mi
 soffermerò
 più
 particolarmente,
 italiana,
 caraibica,
 indiana,
 cinese,
 eccetera.



Abitato
 inizialmente
 da
 popolazioni
 indigene,
 gli
 Inuit,
 gli
 Yupik,
gli
Innu,
il
Canada
ha
subito
varie
ondate
migratorie,
a
partire
 dalla
 scoperta
 dell’America.
 Dalla
 fine
 de
 XV
 secolo,
 il
 paese
 fu
 colonizzato
 dai
 francesi
 e
 dagli
 inglesi.
 A
 questa
 fecero
 seguito
 diverse
ondate
migratorie
che
durano
ancora
oggi
che
hanno
fatto
sì
 che
il
paese
diventasse
appunto
fortemente
multiculturale.
In
seguito
 alla
 rivoluzione
 americana
 ci
 fu
 un
 forte
 flusso
 migratorio
 







2
 George
 Elliot
 Clarke,
 Blues
 de
 Malcom
 in
 Blues
 and
 Bliss:
 The
 Poetry
 of
 George
Elliott
Clarke
selected
with
an
introduction
by
Jon
Paul
Fiorentino,
 Waterloo,
Ontario,
Canada,
Wilfrid
Laurier
University
Press,
2008.


(5)

proveniente
 dagli
 Stati
 Uniti
 attraverso
 itinerari
 segreti
 che
 portarono
 principalmente
 in
 Nuova
 Scozia
 (dove
 arriverà
 la
 protagonista
del
romanzo
che
analizzerò)
e
in
Ontario.
In
particolare
 erano
 lealisti
 ed
 ex
 schiavi
 africani
 provenienti
 dalle
 piantagioni
 degli
Stati
Uniti
del
sud,
i
neri
iniziarono
quindi
così
a
introdursi
in
 Canada
 e
 in
 seguito
 arrivarono
 anche
 le
 popolazioni
 caraibiche
 in
 particolare
 di
 lingua
 francese.
 Una
 seconda
 ondata
 provenne
 dalla
 Gran
Bretagna
e
dall’Irlanda
nella
prima
metà
del
1800
mentre
nella
 seconda
 metà
 del
 XIX
 secolo
 si
 ebbe
 un
 forte
 flusso
 proveniente
 dall’Asia
 e
 in
 particolare
 dalla
 Cina,
 dal
 Giappone
 e
 dall’India
 (la
 costruzione
delle
ferrovie
richiedeva
manodopera
a
basso
costo).


Tra
 la
 fine
 del
 1800
 e
 l’inizio
 del
 1900
 si
 aggiunsero
 poi
 immigrati
 provenienti
 dall’Europa,
 in
 particolare
 dalla
 Russia,
 dall’Ucraina,
austro‐ungheresi
e
italiani.
Tra
le
due
guerre
si
ebbe
un
 periodo
di
stasi
e
il
flusso
proveniente
dal
vecchio
mondo
riprese
alla
 fine
 degli
 anni
 ’50
 del
 novecento
 con
 arrivi
 in
 particolare
 dalla
 Germania,
dall’Italia
e
dai
Paesi
Bassi
e
continua
ancora
oggi.


Le
varie
ondate
migratorie
succedutesi
nel
corso
della
storia


hanno
 reso
 il
 Canada
 un
 paese
 fortemente
 composito
 dal
 punto
 di


vista
etnico
e
culturale.
Diversamente
da
altri
paesi
(in
particolare
gli


Stati
Uniti),
dove
si
è
affermata
una
forte
tendenza
all'assimilazione


delle
 varie
 culture,
 che
 dovrebbero
 essere
 superate
 per
 dare
 vita
 a


un'identità
 nazionale
 il
 più
 possibile
 omogenea
 (il
 modello
 del


cosiddetto
 melting
 pot),
 in
 Canada
 si
 è
 affermato
 un
 modello


multiculturale
 in
 senso
 stretto,
 che
 tende
 a
 offrire
 maggiori
 spazi
 e


tutele
alle
singole
culture
d'origine.
Infatti
nel
1971
venne
varata
la


prima
 legge
 sul
 multiculturalismo
 che
 sanciva
 la
 conservazione
 e


l’affermazione
della
propria
identità
e
della
propria
appartenenza
a


un
 gruppo
 culturale
 pur
 favorendo
 l’apprendimento
 delle
 lingue


ufficiali
 consentendo
 però
 agli
 appartenenti
 ad
 altre
 comunità,
 di


tutelare
 la
 propria
 identità
 nazionale
 e
 contemporaneamente
 di


integrarsi
 nella
 comunità
 canadese.
 Questa
 politica
 è
 sancita


nell'Immigration
 Act.
 Per
 descrivere
 questa
 realtà
 multiculturale


canadese
 si
 usa
 spesso
 l'espressione
 "mosaico
 culturale".
 Questo


(6)

termine
 è
 usato
 per
 descrivere
 la
 mescolanza
 e
 la
 coesistenza
 dei
 differenti
gruppi
etnici
che
compongono
la
società
canadese.


La
nascita
della
letteratura
canadese
è
avvenuta
però
solo
nel
 1800.
Per
un
Paese
che
è
annoverato
tra
i
più
sviluppati
proprio
per
 questa
 sua
 componente
 così
 “frastagliata”
 che
 ne
 determina
 la
 ricchezza
 e
 la
 modernità,
 potrebbe
 sembrare
 un
 fenomeno
 abbastanza
tardivo.
Ma
questo
è
appunto
il
risultato
delle
dinamiche
 migratorie,
che
sono
anche
state
tra
i
primi
soggetti
delle
opere
degli
 autori
 canadesi:
 cronache
 di
 viaggio
 a
 cui
 si
 è
 presto
 affiancato
 il
 resoconto
 intriso
 di
 stupore
 per
 gli
 spettacoli
 naturali
 che
 si
 presentavano
 agli
 occhi
 dei
 viaggiatori,
 e
 che
 ancora
 lasciano
 affascinati
(ad
esempio
il
poeta
di
lingua
francese
Gaston
Miron,
oltre
 alle
 tematiche
 politico‐linguistiche,
 cantava
 anche
 la
 sua
 terra).
 La
 storia
 letteraria
 canadese
 è
 dunque
 giovane,
 e
 tuttavia
 già
 ricca
 di
 eccellenze,
 sia
 in
 ambito
 anglofono
 che
 francofono,
 ma
 anche
 per
 quanto
 riguarda
 tutte
 le
 minoranze
 che
 compongono
 il
 mosaico
 culturale.


Anche
 se
 le
 due
 maggiori
 civiltà
 e
 letterature,
 la
 francese
 e
 l'inglese,
coesistono
da
secoli
nel
Canada,
non
è
possibile
considerare
 unitaria
la
produzione
letteraria
delle
due
lingue
anche
se
nelle
due
 tradizioni
si
trovano
diverse
caratteristiche
comuni.



1.1. Letteratura
francofona


Come
 si
 è
 già
 detto,
 la
 letteratura
 canadese
 di
 espressione


francese
 si
 sviluppò
 solo
 nell'Ottocento.
 Per
 quasi
 un
 secolo
 dalla


cessione
della
Nuova
Francia
(nel
momento
di
massima
espansione,


nel
1712,
il
territorio
andava
da
Terranova
al
Lago
Superiore
e
dalla


Baia
 di
 Hudson
 al
 Golfo
 del
 Messico)
 agli
 Inglesi
 nel
 1763,
 la


produzione
 letteraria
 fu
 quasi
 inesistente,
 poiché
 tutte
 le
 energie


erano
 rivolte
 alla
 conservazione
 dei
 diritti
 della
 popolazione


francofona.
 I
 documenti
 di
 quel
 periodo
 hanno
 prevalentemente


carattere
 politico‐civile
 e
 l'eloquenza
 rappresenta
 quasi
 l'unica


forma
letteraria,
impersonata
soprattutto
dal
politico
Louis
Papineau


(1786‐1871),
 uno
 dei
 grandi
 simboli
 del
 nazionalismo
 franco‐

(7)

canadese.
 Il
 distacco
 dalla
 Francia
 fece
 sì
 che
 gli
 echi
 dei
 grandi
 movimenti
 letterari
 giungessero
 in
 ritardo
 e
 che
 solo
 dopo
 il
 1840
 nascesse
un
movimento
poetico
ispirato
a
un
romanticismo
tinto
di
 nazionalismo,
 al
 cui
 risveglio
 contribuì
 soprattutto
 l'Histoire
 du
 Canada
 (3
 vol.)
 di
 François‐Xavier
 Garneau
 (1809‐1866),
 storico,
 poeta
e
notaio.
Inizialmente
il
libro
fu
scritto
in
risposta
a
quello
di
 John
Lambton,
Report
on
the
Affairs
of
British
North
America
(1839),
 secondo
cui
la
cultura
franco‐canadese
stava
attraversando
una
fase
 di
 stasi
 ed
 era
 quindi
 inevitabile
 che
 venisse
 assimilata
 dalla
 più
 fiorente
 cultura
 anglo‐canadese.
 Fu
 intorno
 alla
 figura
 di
 Octave
 Crémazie
(1827‐1879),
poeta
dall'ampio
respiro
epico
e
patriottico,
 e
 alla
 sua
 libreria
 fondata
 con
 i
 fratelli
 Jaques
 e
 Joseph
 (J.
 &
 O.


Crémazie),
che
si
sviluppò
un
circolo
di
intellettuali
e
poeti
che
con
le
 loro
opere
segnarono
la
nascita
della
letteratura
franco‐canadese:
tra
 essi
 i
 poeti
 Louis‐Honoré
 Fréchette
 (1839‐1908)
 avvocato,
 giornalista,
scrittore
e
politico,
il
suoi
amici
Léon‐Pamhile
Le
May
e
 Nerée
 Beauchemin.
 Al
 movimento
 diedero
 un
 contributo
 insostituibile
anche
alcuni
storici,
come
l'abate
Jean‐Baptiste‐Antoin
 Ferland
(1805‐1865)
che
dedicò
la
sua
vita
alle
ricerche
storiche
sul
 Canada
 come
 anche
 l'abate
 Henri‐Raymond
 Casgrain
 (1831‐1904).


Quasi
 tutta
 la
 letteratura
 nata
 dal
 movimento
 di
 rinascita
 culturale


venne
 pubblicata
 nelle
 Soirées
 canadiennes
 (1861‐65),
 una
 rivista


fondata
 dal
 già
 citato
 abate
 Casgrain,
 dall’avvocato
 poeta
 e


romanziere
 Antoine
 Gérin‐Lajoie,
 dal
 medico,
 professore,
 chimico
 e


scrittore
 François
 Alexandre
 Hubert
 LaRue
 e
 dal
 fisico,
 politico
 e


scrittore
 Joseph‐Charles
 Taché
 o
 nella
 raccolta
 storico‐letteraria
 Le


Foyer
 canadien
 (1863‐66),
 che
 ebbe
 come
 massimo
 esponente


Philippe
 Aubert
 de
 Gaspé
 autore
 di
 Les
 Anciens
 Canadiens,


considerato
uno
dei
primi
romanzi
canadesi.
A
cavallo
tra
i
due
secoli


intorno
 alla
 figura
 del
 poeta,
 critico
 e
 drammaturgo
 Jean


Charbonneau
 (1875‐1960)
 nacque
 l’École
 Litteraire
 de
 Montréal,


composta
 da
 poeti
 simbolisti
 come
 Émile
 Nelligan,
 (1879‐1941),


considerato
ancora
oggi
uno
dei
più
grandi
poeti
del
Québec,
la
cui


poetica,
 incentrata
 su
 temi
 quali
 l’infanzia,
 la
 follia,
 la
 musica
 e
 la


(8)

morte,
fu
influenzata
dai
grandi
come
i
già
citati
Octave
Crémazie
e
 Louis‐Honoré
 Fréchette
 ma
 anche
 da
 Charles
 Baudelaire,
 Paul
 Verlaine,
 Arthur
 Rimbaud
 e
 Edgar
 Allan
 Poe,
 o
 parnassiani,
 come
 Albert
 Lozeau
 (1878‐1924),
 i
 cui
 temi
 preferiti
 erano,
 ancora
 una
 volta,
la
solitudine,
l’amore
e
la
natura,
Albert
Ferland
(1872‐1943),
 poeta
 e
 disegnatore
 autodidatta,
 
 Paul
 Morin
 (1889‐1963)
 poeta
 e
 traduttore,
 e
 molti
 altri.
 I
 temi
 sui
 quali
 si
 basa
 la
 corrente
 poetica
 più
legata
alla
tradizione
continuano
a
essere
la
storia,
il
paesaggio,
 la
natura
e
la
tradizione
canadese.
Su
questi
temi
si
regge
il
genere
 romanzo
 con
 autori
 come
 Robert
 Laroque
 de
 Roquebrune
 (Les
 Habits
 rouges,
 Dames
 Le
 Marchand,
 D'un
 océan
 à
 l'autre),
 Philippe
 Panneton,
detto
Ringuet,
nel
cui
romanzo
Trente
Arpents
si
legge

“La
 patrie
 c'est
 la
 terre,
 et
 non
 le
 sang”

3


 (La
 patria
 è
 la
 terra
 e
 non
 il
 sangue)
e
Claude‐Henri
Grignon,
autore
di
uno
dei
romanzi
più
noti
 del
Canada
francese,
Un
homme
et
son
péché.
Il
vero
di
tutta
questa
 letteratura
 legata
 al
 territorio,
 alla
 tradizione
 e
 alla
 famiglia,
 è
 il
 romanzo
 Maria
 Chapdelaine
 (1914),
 di
 Louis
 Hémon
 (1880‐1913),
 un
 francese
 emigrato
 nel
 Québec
 considerato
 lo
 scrittore
 emblematico
 del
 Canada
 francese.
 Ma
 fino
 al
 secondo
 conflitto
 mondiale
 la
 letteratura
 franco‐canadese
 rimase
 di
 carattere
 provinciale,
 anche
 se
 con
 un
 profondo
 significato
 storico
 e
 morale
 sempre
 alla
 paziente
 ricerca
 di
 una
 propria
 fisionomia
 nazionale.


Furono
 poeti
 come
 Hector
 de
 Saint‐Denys
 Garneau
 (1912‐1943),
 bisnipote
 del
 già
 citiato
 François‐Xavier
 Garneau
 e
 cugino
 della
 poetessa,
 scrittrice
 e
 sceneggiatrice
 Anne
 Hébert,
 che
 con
 la
 sua
 unica
 raccolta
 Regards
 et
 Jeux
 dans
 l’espace
 segna
 una
 svolta
 nella
 letteratura
del
Québec
(anche
se
gli
ne
verranno
riconosciuti
i
meriti
 solo
dopo
la
sua
morte),

Alain
Grandbois,
poeta
di
stampo
intimista
 che
 aprì
 le
 porte
 all’utilizzo
 del
 verso
 libero
 (1900‐1975)
 e
 Simone
 Routier,
autrice
di
una
poesia
d’ispirazione
personale
e
spirituale,
a
 dare
il
via
al
processo
di
svecchiamento
e
apertura
sul
mondo
della
 letteratura
 del
 Québec,
 che
 subì
 fortemente
 l'influsso
 americano
 







3
Philippe
Panneton,
Trente
Arpents,
Parigi,
Flammarion,
1938.


(9)

riuscendo
a
liberarsi
dai
modelli
esclusivamente
francesi.
Tra
i
poeti
 e
i
prosatori
più
significativi,
citiamo
Rina
Lasnier
che
insieme
ai
già
 citati
 
 Anne
 Hébert,
 Hector
 de
 Saint‐Denys
 Garneau
 e
 Alain
 Grandbois,
fa
parte
dei
“grandi
quattro”
della
letteratura
dell’epoca,
 poi
Jacques
Godbout,
o
ancora
la
romanziera
Gabrielle
Roy,
una
delle
 voci
più
rappresentative
del
dopoguerra,
il
poeta
Jean‐Guy
Pilon
(n.


1930),
Jaques
Brault
poeta
che
si
ispira
al
malcontento
di
un’infanzia
 misera
e
dell’alienazione
economica
e
socioculturale
della
minoranza
 francofona
 e
 Paul
 Chamberland
 cantore
 della
 rivolta
 del
 Québec
 e
 fondatore
 della
 rivista
 Parti
 pris.
 Altri
 nomi
 importanti
 sono
 quelli
 dei
 romanzieri
 come
 Marie‐Claire
 Blais
 i
 cui
 romanzi
 sono
 impregnati
 di
 critica
 sociale,
 Yves
 Thériault,
 difensore
 delle
 minoranze
canadesi,
conosciuto
in
Italia
per
il
suo
romanzo
Agaguk:


l’ombra
del
lupo
(titolo
originale
Agaguk)
Réal
Benoît
(1916‐1972),
e
 Réjean
Ducharme,
i
cui
libri,
un
po’
sullo
stile
di
Rabelais
e
Quenaeu,
 hanno
sollevato
grande
interesse;
egli,
infatti,
reinventa
il
linguaggio,
 creandone
uno
suo,
in
Dévadé
(1990)
e
Va
savoir
(1994),
in
cui
il
lato
 buffo
 dei
 personaggi
 non
 nasconde
 la
 loro
 disperazione,
 ma
 la
 sottolinea.
Con
la
fondazione,
a
opera
del
poeta
Gaston
Miron
(1928‐

1996),
 del
 gruppo
 “Hexagone”
 (1953)
 e
 di
 molte
 riviste
 politico‐

letterarie,
(fu
l’editore,
tra
gli
altri,
di
Alain
Grandbois)
si
è
affermato


il
 concetto
 di
 “Québécitude”
 (sul
 modello
 di
 “Négritude”,
 Il


movimento
 che
 sorse
 a
 Parigi
 a
 opera
 dei
 poeti
 di
 origine
 africana


Léon
Damas,
Aimé
Césaire
e
Léopold
Sédar
Senghor
il
cui
manifesto


fu
 il
 Cahier
 d'un
 retour
 au
 pays
 natal
 di
 Césaire
 del
 1939)
 quindi


territorio
 da
 riconquistare,
 affermazione
 della
 lingua
 francese
 e


rivendicazione
 di
 un’identità
 distinta
 sia
 da
 quella
 inglese
 che
 da


quella
 della
 Francia.
 Per
 quanto
 riguarda
 la
 saggistica
 sul
 Québec,


citiamo
 Nègres
 blancs
 d’Amérique
 di
 Pierre
 Vallières
 (leader
 del


movimento
 Front
 de
 libération
 du
 Québec),
 una
 cronaca
 del


colonialismo
 francese
 in
 nord
 America
 del
 1968,
 e
 Jean‐Marcel


Paquette
 
 autore
 del
 saggio
 Le
 joual
 de
 Troie,
 1973
 che
 tratta
 la


politica,
le
condizioni
socioeconomiche
e
linguistiche
del
Québec.
Va


ricordato
 anche
 Hubert
 Aquin
 (1929‐1977),
 un
 altro
 militante
 per


(10)

l’indipendenza
 del
 Québec,
 le
 cui
 avventure
 romanzate,
 raccontate
 con
un
linguaggio
innovativo,
si
legano
al
suo
interesse
per
la
sorte
 politica
 della
 regione
 natia.
 Tra
 le
 opere
 più
 importanti,
 Prochaine
 épisode
 (1965)
 tradotto
 in
 italiano
 Prossimo
 episodio,
 in
 cui
 il
 linguaggio
ha
un
valore
simbolico
che
invita
a
leggere
oltre
la
lettera
 e
 l’azione;
 Trou
 de
 mémoire
 (1968),
 Neige
 noire
 (1974),
 L’Invention
 de
la
mort
(1991)
tradotto
L’Invenzione
della
morte.
Oltre
che
per
la
 letteratura
di
argomento
politico,
gli
anni
Settanta
sono
significativi
 anche
per
la
presenza
femminile,
che
emerge
con
testi
forti,
violenti,
 rivendicatori,
 come
 quelli
 di
 Madeleine
 Gagnon,
 della
 femminista
 Nicole
Brossard,
Louky
Bersianik
(pseudonimo
di
Lucille
Durand)
il
 cui
 romanzo
 L’Eugélionne,
 1976,
 è
 considerato
 come
 il
 primo
 romanzo
 del
 Québec
 di
 ispirazione
 femminista,
 France
 Théoret.
 Un
 posto
a
parte
merita,
nell'ambito
di
questa
letteratura
al
femminile,
 l’autrice
francese
Michèle
Causse,
con
Voyage
de
la
Grande
Naine
en
 Adrossie
(1976).
La
Causse,
leader
francese
del
lesbismo
radicale,
era
 anche
 traduttrice,
 fra
 le
 altre
 opere
 di
 autori
 di
 diverse
 lingue,
 ha
 tradotto
in
francese
testi
di
autori
italiani
come
I.
Silone,
C.
Pavese,
D.


Maraini.
 Gli
 anni
 Ottanta
 vedono
 la
 letteratura
 canadese
 di
 lingua
 francese
assumere
un
orientamento
più
intimista.
La
lingua
diventa
 più
 libera,
 il
 francese
 “québécois”
 si
 afferma
 come
 indipendente
 rispetto
 a
 quello
 della
 madre
 patria.
 Come
 abbiamo
 già
 detto,
 emblema
 di
 questa
 autonomia
 possono
 considerarsi
 innanzitutto
 Gaston
 Miron,
 poeta
 nazionale
 la
 cui
 opera
 principale,
 L’Homme
 rapailllé
 è
 una
 rivendicazione
 dell’autonomia
 della
 lingua
 francese
 del
 Canada
 rispetto
 a
 quella
 della
 Francia
 e
 rispetto
 a
 un
 paese


“anglicizzato”,
 e
 Michel
 Tremblay.
 Entrambi
 sono
 figure
 dominanti
 del
 panorama
 letterario
 franco‐canadese,
 il
 secondo
 è
 autore
 di
 un
 ciclo
di
opere
teatrali,
le
Chroniques
du
Plateau
Mont­Royal.
Tra
le
sue
 opere
più
recenti,
Un
ange
cornu
avec
des
ailes
de
tôle
(1995),
La
nuit
 des
princes
charmants
(1995)
e
Contes
pour
buveurs
attardés
(1996).


Tra
i
romanzi
più
importanti
pubblicati
negli
ultimi
anni,
vanno
citati


quelli
 di
 Louis
 Caron,
 giornalista,
 romanziere
 e
 sceneggiatore
 (Le


coup
de
poing,
1990;
Les
Hommes
du
Nord,
1992),
di
Anne
Dandurand


(11)

(Un
 Coeur
 qui
 craque,
 1990)
 e
 di
 Victor
 Lévy
 Beaulieu
 (L’héritage,
 1991)
 fondatore
 della
 casa
 editrice
 VLB
 che
 pubblica,
 tra
 gli
 altri,
 i
 già
citati
Yves
Thériault,
Marie‐Claire
Blais,
Paul
Chamberland,
Pierre
 Vaillères,
 Anne
 Dandurand,
 Madeleine
 Gagnon.
 Altri
 nomi
 della
 letteratura
 contemporanea
 sono
 quelli
 di
 Gilles
 Archambault,
 Yves
 Beauchemin,
 Jacques
 Gauthier
 con
 le
 sue
 Chroniques
 d’Arcadie
 (4
 tomi
 pubblicati
 dal
 1992
 al
 1996)
 e
 Antonine
 Maillet.
 Per
 quanto
 riguarda
 gli
 ultimi
 anni
 del
 Novecento
 si
 possono
 ricordare
 Gilles
 Vigneault,
poeta,
narratore
e
cantautore
molto
celebre,
che
si
ispira
 ai
 grandi
 del
 passato
 come
 Ronsard,
 Hugo,
 Nelligan,
 Rimbauld,
 Baudelaire
 e
 Verlaine
 e
 che
 descrive
 la
 gente
 e
 il
 paese
 di
 Natashquan,
 suo
 paese
 natio
 e,
 prima
 ancora,
 paese
 degli
 Innu.
 Un
 altro
nome
è
quello
di

François
Barcelo,
romanziere,
autore
di
libri
 per
 bambini
 e
 del
 romanzo
 nero
 Cadavres
 (1998,
 tradotto
 in
 Italia
 con
 il
 titolo
 Cadaveri)
 e
 di
 Moi
 les
 parapluies…
 (1999,
 tradotto
 in
 Italia
 con
 il
 titolo
 Il
 mistero
 degli
 ombrelli
 assassini).
 Da
 segnalare
 anche
 Claude
 Jasmin,
 edito
 anche
 lui
 da
 VLB,
 i
 cui
 temi
 ricorrenti
 sono
 la
 fuga
 e
 il
 cercare
 di
 evitare
 la
 realtà,
 narrati
 con
 uno
 stile
 rapido,
frequente
ricorso
al
monologo
e
utilizzo
di
gergo.
Dominique
 Demers,
Arlette
Cousture
autrice
de
Les
Filles
de
Caleb
(3
vol.,
1985–

2003)
 da
 cui
 è
 stata
 tratta
 anche
 una
 serie
 televisiva,
 
 Pauline
 Vincent,
 Pierre
 Turgeon
 e
 Maria
 José
 Thériault
 artista
 poliedrica,
 figlia
del
più
famoso
Yves,
sono
alcuni
nomi
del
panorama
odierno.



Molto
successo
hanno
anche
in
questo
periodo,
come
in
tutta
 la
letteratura
contemporanea,
gli
scrittori
di
origini
straniere,
le
cui
 opere
 trattano
 spesso
 il
 tema
 dell'immigrazione
 e
 delle
 difficoltà
 a
 essa
legate.
Tra
questi
ricordiamo
l’italo‐canadese
Marco
Micone
che
 nella
 sua
 opera
 riflette
 sull’intolleranza
 etnica
 e
 linguistica
 e
 sul
 dialogo
 interculturale.
 C’è
 la
 cinese
 Ying
 Chen,
 nata
 a
 Shanghai
 nel
 1961,
 i
 cui
 romanzi
 vertono
 sul
 ricordo
 della
 Cina,
 sullo
 sradicamento,
sulla
memoria
e
sul
tempo,
un
po’
come
la
recherche
di
 Marcel
Proust.


(12)

1.2.1.
Letteratura
anglofona


Chiaramente
la
letteratura
anglocanadese
ha
inizio
con
scritti
 di
 viaggio.
 Tra
 i
 primi
 si
 annoverano
 quelli
 di
 due
 esploratori
 britannici
 e
 precisamente
 A
 Journey
 from
 Prince
 of
 Wales’
 Fort
 in
 Hudson’s
Bay,
to
the
Northern
Ocean
del
1795
di
Samuel
Hearne
un
 esploratore,
 autore
 e
 naturalista
 inglese
 che
 il
 primo
 europeo
 ad
 attraversare
 il
 Canada
 settentrionale
 via
 terra
 e
 con
 Voyages
 from
 Montreal
through
the
Continent
of
North
America
in
1789
and
1793
in
 due
 volumi
 di
 sir
 Alexander
 Mackenzie,
 esploratore
 scozzese.
 Altri
 scritti
 di
 viaggio
 sono
 dovuti
 all’artista
 George
 Heriot
 (più
 significativo
come
artista
che
come
autore)
che
scrisse
The
History
of
 Canada
 from
 its
 first
 discovery
 (1804),
 and
 Travels
 through
 the
 Canadas
 (1807),
 quest’ultimo
 da
 lui
 stesso
 illustrato,
 entrambi
 pubblicati
 a
 Londra,
 ad
 Alexander
 Henry
 the
 younger,
 nipote
 di
 Alexander
Henry
the
elder,
un
commerciante
di
pellicce,
che
scrisse
 The
 Journal
 of
 Alexander
 Henry
 The
 Younger
 1799­1814
 e
 ad
 Anna
 Brownell
Jameson
che
scrisse
Winter
studies
and
summer
rambles
in
 Canada

pubblicato
a
Londra
nel
1838.



Queste
 opere
 sono
 essenzialmente
 di
 carattere
 storico
 e
 autobiografico
con
riferimenti
alla
geografia
e
all'ambiente
naturale.


Per
quanto
riguarda
la
poesia
uno
dei
maggiori
poeti
è
sicuramente


Archibald
 Lampman
 considerato
 uno
 degli
 esponenti
 più


rappresentativi
della
poesia
canadese
del
XIX
secolo.
Un
altro
nome
è


quello
 di
 William
 Henry
 Drummond
 (irlandese
 di
 nascita)
 il
 cui


primo
libro
The
Habitant
ebbe
grandissimo
successo
e
fece
di
lui
uno


dei
 più
 popolari
 autori
 di
 lingua
 inglese.
 Il
 nome
 di
 Charles


Heavysege
 è
 da
 ricordare
 per
 quanto
 riguarda
 il
 teatro;
 il
 suo
 Saul


del
1857,
poema
drammatico,
è
la
sua
opera
più
famosa
e
all’epoca


venne
 accolto
 come
 il
 miglior
 dramma
 in
 versi
 dai
 tempi
 di


Shakespeare.
Tra
i
romanzieri,
John
Richardson
fu
il
primo
che
ebbe


riconoscimento
 internazionale
 con
 Wacousta
 (1832)
 che
 è
 ritenuto


essere
 il
 primo
 romanzo
 canadese.
 Durante
 tutto
 il
 XIX
 secolo


prevalgono
comunque
descrizioni
romantiche
di
paesi
e
foreste.
Gli


inizi
del
XX
secolo
invece
vedono
una
fioritura
di
narrativa
e
poesia
a


(13)

carattere
popolare.



Dopo
 la
 prima
 guerra
 mondiale,
 nel
 gruppo
 che
 ruotava
 attorno
agli
espatriati
a
Parigi
come
Ernest
Hemingway,
Ezra
Pound,
 Gertrude
 Stein,
 F.
 Scott
 Fitzgerald
 e
 James
 Joyce,
 troviamo
 Morley
 Callagham
 (1903‐1990),
 autore
 di
 racconti,
 romanzi
 e
 successivamente
personaggio
radio‐televisivo.
Un
posto
a
sé
merita
 per
 efficacia
 narrativa
 e
 dignità
 artistica
 l’autrice
 Mazo
 de
 la
 Roche
 (1885‐1961)
che
scrisse
la
sua
prima
short
story
all’età
di
nove
anni.


I
suoi
libri
divennero
best
sellers
tra
le
due
guerre
ed
era
apprezzata
 anche
 fuori
 dei
 confini
 nazionali;
 divenne
 famosa
 grazie
 alla
 cosiddetta
 Jalna
 series
 (una
 serie
 di
 16
 romanzi)
 che
 racconta
 la
 storia
 di
 una
 famiglia,
 la
 famiglia
 Whiteoak,
 durante
 il
 corso
 di
 un
 intero
secolo,
dal
1854
al
1954.



Nel
 secondo
 dopoguerra
 il
 Canada
 vede
 la
 nascita
 di
 voci
 di
 notevole
 rilievo.
 Come
 Saul
 Bellow,
 autore
 canadese
 naturalizzato
 statunitense
 di
 origini
 russe
 ed
 ebraiche,
 che
 ricevette
 nel
 1976
 il
 premio
 Nobel
 per
 la
 letteratura,
 uno
 dei
 maggiori
 scrittori
 contemporanei,
 o
 come
 il
 critico
 e
 teorico
 letterario
 Northrop
 Frye
 (1912‐1991),
uno
tra
i
più
significativi
del
XX
secolo,
il
cui
lavoro
più
 importante
conosciuto
è
Anatomy
of
Criticism
o
ancora
lo
studioso
di
 mass­media
 e
 sociologo
 Marshall
 McLuhan.
 Avvicinandoci
 alla
 contemporaneità
non
si
possono
non
citare
i
nomi
di
Leonard
Cohen,
 poeta,
cantante
folk
e
romanziere,
di
Margaret
Atwood,
famosa
anche
 in
Italia
per
The
Edible
Woman
(1969;
La
donna
da
mangiare),
analisi
 risentita
 eppure
 ironica
 della
 condizione
 femminile,
 e
 vincitrice
 del
 Booker
 Prize
 nel
 2000
 con
 l’Assassino
 cieco,
 di
 Mordecai
 Richler
 (1931‐2001),
sceneggiatore
e
autore
di
romanzi
satirici
e
umoristici
 in
 cui
 affronta
 i
 problemi
 dell'ebreo
 canadese
 contemporaneo
 (era
 infatti
di
famiglie
ebrea)
la
cui
opera
più
famosa
è
Barney’s
Version,
 1997,
 (La
 versione
 di
 Barney);
 Robertson
 Davies
 (1913‐1995)
 romanziere
 ma
 soprattutto
 autore
 di
 teatro
 (The
 Cunning
 Man,
 1996);
e
ancora
Robert
Kroetsch
che
fu
molto
influente
per
quel
che
 riguarda
l’introduzione
di
idee
legate
al
postmodernismo
in
Canada.



Altri
 nomi
 poco
 conosciuti
 in
 Italia
 sono
 quelli
 di
 Jack
 Hodgins,


(14)

Timothy
Findley
(1930‐2002)
scrittore
e
sceneggiatore
e
Matt
Cohen
 (1942‐1999)
 autore
 anche
 di
 letteratura
 per
 bambini
 sotto
 lo
 pseudonimo
di
Teddy
Jam.



Per
 quel
 che
 riguarda
 la
 poesia
 sono
 da
 citare
 i
 nomi
 delle
 poetesse
 Phyllis
 Webb,
 Jan
 Conn
 e
 Linda
 Rogers
 anche
 autrice
 per
 bambini,
 Stephen
 Scobie
 poeta
 e
 critico
 (Ghosts:
 a
 Glossary
 of
 the
 Intertext,
1990)
e
Al
Purdy
(1918‐2000),
questi
ultimi
due
misuratisi
 anche
 con
 la
 prosa.
 Per
 quanto
 riguarda
 il
 thriller
 umoristico
 abbiamo
autori
come
George
Bowering,
per
quanto
riguarda
la
saga
 si
 può
 citare
 il
 nome
 di
 Hugh
 Hood
 (1928‐2000),
 per
 il
 genere
 del
 giallo
storico
abbiamo
Margaret
Doody
mentre
per
il
ritratto
socio‐

psicologico,
 in
 particolare
 nella
 forma
 del
 racconto
 breve,
 abbiamo
 Alice
Munro,
vincitrice
per
tre
volte
del
Governor
General’s
Award,
il
 più
 importante
 premio
 letterario
 canadese
 e
 del
 Nobel
 per
 la
 letteratura
nel
2013.



Dalla
 fine
 degli
 anni
 Novanta
 si
 assiste
 a
 un’innovazione


contenutistica:
 la
 natura
 e
 la
 terra,
 da
 sempre
 muse
 ispiratrici,


lasciano
 spazio
 alle
 nuove
 problematiche
 di
 una
 società
 ormai


cosmopolita,
 urbanizzata
 e
 post‐industriale,
 dove
 il
 rapporto
 con


l'altro
 e
 l'ambiente
 esterno
 sono
 un
 divenire
 mutevole
 di
 spazio
 e


tempo.
 Lo
 scrittore
 Douglas
 Coupland,
 ad
 esempio,
 nato
 nel
 1961,


sperimenta
nei
suoi
libri
come
Generation
X,
1991;
Polaroid
from
the


Dead,
 1996;
 Girlfriend
 in
 Coma,
 1998;
 Lara’s
 Book,
 1999,
 ritratti
 e


schizzi
 della
 società
 nordamericana
 degli
 anni
 ‘80‐‘90.
 Nel
 2006
 ha


pubblicato
 JPOD,
 un’ironica
 critica
 del
 consumismo
 del
 terzo


millennio,
in
cui
la
tecnologia
è
tutto
e
la
mente
umana
perde
la
sua


capacità
“multitasking”.
Molti
di
questi
temi
vengono
affrontati
anche


dai
poeti
postmodernisti,
come
James
Deahl
(originario
degli
U.S.A.
e


naturalizzato
 canadese)
 fondatore
 insieme
 a
 Shaunt
 Basmajian


(nativo
di
Beirut
ma
di
origini
armene
trasferitosi
in
Canada
all’età
di


sette
 anni)
 Wayne
 Ray
 (nato
 in
 Alabama
 e
 divenuto
 cittadino


canadese
 nel
 1978),
 la
 scrittrice
 ed
 editrice
 Beverley
 Daurio,
 Chris


Faiers
e
Ted
Plantos,
della
Canadian
Poetry
Association,
o
da
George


Bowering,
 poeta,
 romanziere,
 storico
 e
 biografo,
 Robert
 Kroetsch
 o


(15)

ancora
 Robert
 Bringhurst.
 Nella
 contemporaneità
 si
 situano
 anche
 altri
 autori
 di
 liriche,
 le
 cui
 tematiche
 spaziano
 dallo
 sperimentalismo
 linguistico
 alla
 condizione
 femminile,
 dalla
 rievocazione
 storica
 alla
 ridefinizione
 della
 propria
 identità
 etnica:


tra
 le
 voci
 più
 significative
 degli
 ultimi
 anni
 abbiamo
 Karen
 Solie
 (Short
 Haul
 Engine,
 2001;
 Modern
 and
 Normal,
 2005)
 Don
 McKay
 (Field
 Marks,
 2006),
 Sharon
 Thesen
 (A
 Pair
 of
 Scissors,
 2001),
 Erin
 Mouré

poetessa
e
traduttrice
di
origini
ucraine
(Little
Theatres;
or,
 Aturuxos
 Calados,
 2005),
 Barbara
 Gowdy,
 Gail
 Anderson‐Dargatz,
 e
 Isabel
 Huggan
 il
 cui
 terzo
 libro
 Belonging:
 Home
 Away
 From
 Home
 (un
 misto
 tra
 autobiografia
 e
 finzione)
 tratta
 delle
 difficoltà
 di
 inserirsi
 in
 un
 nuovo
 paese,
 apprenderne
 la
 lingua
 e
 la
 cultura
 mantenendo
al
contempo
la
propria
identità
d’origine.
Infine
non
si
 può
 non
 menzionare
 la
 giornalista
 e
 attivista
 di
 origini
 ebraiche
 Naomi
 Klein,
 autrice
 del
 famoso
 saggio
 sul
 potere
 economico
 delle
 multinazionali
e
sulle
ricadute
in
termini
di
disuguaglianze
a
livello
 mondiale,
No
Logo,
considerato
il
manifesto
del
movimento
no
global
 che
 ha
 riscosso
 un
 successo
 internazionale,
 venendo
 tradotto
 in
 28
 lingue.


1.2.2.
Autori
di
origini
straniere


Vincitore
 del
 Booker
 Prize
 è
 Michael
 Ondaatje
 autore
 de
 Il
 paziente
inglese
da
cui
è
stato
tratto
anche
l’omonimo
film
vincitore
 di
 nove
 premi
 Oscar.
 Nato
 a
 Colombo,
 Sri
 Lanka
 nel
 1943
 da
 una
 famiglia
di
origini
olandesi,
si
trasferisce
in
Inghilterra
nel
1954
e
in
 Canada
nel
1962
dove
ottiene
la
cittadinanza
nel
1965.
Per
gli
autori
 canadesi
 il
 legame
 con
 la
 terra
 è
 sempre
 determinante,
 ma
 sono
 importanti
anche
i
valori
etici,
gli
unici
capaci
di
trascendere
i
confini
 geografici
 e
 rendere
 la
 letteratura
 comprensibile
 a
 tutti.
 Questi
 concetti
si
ritrovano
nelle
sue
opere
insieme
al
multiculturalismo
e
 alla
memoria
per
il
proprio
passato
e
le
proprie
radici.




Come
 dice
 Joseph
 Pivato
 nel
 suo
 articolo
 La
 famiglia
 smembrata
nella
letteratura
e
nella
filmografia
italo­canadese


(16)

Nel
 campo
 degli
 studi
 etnici
 la
 ricerca
 nella
 letteratura
 delle
 minoranze
 etniche,
 come
 quella
 italo‐canadese,
 può
 trovare
 giustificazione
 sulla
 base
 di
 varie
 considerazioni:
 1)
 il
 valore
 intrinseco
della
scrittura
stessa
come
letteratura,
2)
la
prospettiva
 letteraria
 dell'esperienza
 immigrata,
 3)
 l'autoriflessione
 dello
 scrittore
 della
 minoranza
 etnica,
 4)
 la
 rappresentazione
 della
 comunità
etnica
da
parte
di
uno
dei
suoi
membri,
5)
la
ricostruzione
 della
 passata
 storia
 dell'immigrazione,
 6)
 l'immigrato
 che
 parla
 come
 soggetto,
 7)
 la
 libertà
 dalla
 mediazione
 accademica,
 8)
 l'immigrato
che
usa
la
lingua
del
paese
di
adozione
per
esprimere
la
 cultura
del
paese
d'origine,
9)
il
dialogo
della
diaspora
con
le
altre
 comunità
immigrate
del
mondo,
10)
il
raffronto
con
gli
altri
media
 quali
il
cinema
e
il
teatro.4

Le
tematiche
legate
alle
radici,
al
passato
e
al
ricordo
di
questi
 elementi
 che
 segnano
 l’intimità
 di
 autori
 e
 personaggi,
 ma
 anche
 il
 conflitto
 generazionale
 tra
 genitori
 e
 figli
 o
 il
 ritorno
 al
 paese
 d’origine
che
non
riconosce
e
non
viene
riconosciuto
come
proprio,
 sono
quindi
centrali
nelle
opere
di
quasi
tutti
gli
immigrati,
come
gli
 afrocanadesi
(alla
letteratura
afrocanadese
dedicherò
un
paragrafo
a
 parte),
 gli
 scrittori
 di
 origine
 caraibica
 come
 il
 barbadiano
 Austin
 Clarke
 che
 esordisce
 nel
 1964
 con
 The
 Survivors
 of
 the
 Crossing
 o
 André
Alexis,
originario
di
Trinidad
e
Tobago,
che
ha
la
particolarità
 di
 trattare
 nelle
 sue
 opere,
 la
 propria
 origine
 caraibica
 come
 un
 semplice
dato
di
fatto
e
non
come
una
fonte
di
ansia
o
conflitto
con
il
 paese
 d’adozione
 come
 invece
 succede
 nelle
 opere
 della
 maggior
 parte
degli
afro‐canadesi
o
degli
afroamericani.
Per
quanto
riguarda
 la
 poesia
 invece
 abbiamo
 Dionne
 Brand,
 poetessa
 originaria
 di
 Trinidad
 ed
 emigrata
 in
 Canada
 all’età
 di
 17
 anni,
 impegnata
 su
 tematiche
 razziali
 e
 femministe,
 la
 sua
 opera
 è
 quasi
 interamente
 ispirata
 alla
 condizione
 delle
 donne
 di
 colore,
 ed
 è
 un’attivista
 in
 favore
 delle
 comunità
 emarginate
 e
 delle
 minoranze
 sessuali.



Abbiamo
 poi
 Lilian
 Allen
 musicista
 e
 dub
 poet
 (la
 cosiddetta
 “dub
 







4
Joseph
Pivato,
La
famiglia
smembrata
nella
letteratura
e
nella
filmografia
 italo­canadese,
in
Altreitalie
n
14,
gennaio‐dicembre
1996.


(17)

poetry”
è
un
sottogenere
del
reggae
caratterizzato
dalla
lettura
di
un
 brano
poetico
registrato
su
una
base
musicale
dub
o
reggae),
Claire
 Harris
e
Marlene
Norubese
Philips
che
nella
sua
opera
esplora
temi
 quali
razza,
genere,
colonialismo
e,
sopra
a
tutti,
il
linguaggio.
Infatti
 la
tensione
fra
la
lingua
paterna
e
quella
materna
è
sempre
presente
 come
nella
bellissima
poesia
Discourse
on
the
Logic
of
Language,
che
 recita:


English
is
my
mother
tongue

 A
mother
tongue
is
not
a
foreign


lang
lang
lang
language

 languish
anguish

 a
foreign
anguish

 English
is
my
father
tongue

 a
father
tongue
is
a
foreign
language
 








therefore
English
is
a
foreign
language5.


Tutte
queste
poetesse
sono
di
origini
caraibiche.


Ci
sono
poi
gli
scozzesi,
come,
ad
esempio,
Alistair
MacLeod
le
 cui
 storie
 evocano
 la
 bellezza
 di
 Cape
 Breton
 Island,
 terra
 che
 accoglie
 i
 discendenti
 di
 immigranti
 scozzesi
 che
 sono
 prede
 di
 memorie
ancestrali
e
tentano
di
riconciliare
presente
e
passato,
o
gli
 irlandesi,
come
Jane
Urquhart
autrice
di
The
Underpainter,
romanzo
 che
le
fa
vincere
il
Governor
General’s
Literary
Awards
nel
1997.
O
 ancora
 l'italo‐canadesi,
 come
 Nino
 Ricci,
 nato
 nel
 1959
 da
 una
 famiglia
 del
 Molise,
 autore
 di
 una
 trilogia,
 in
 parte
 di
 ispirazione
 autobiografica,
 chiamata
 in
 italiano
 Terra
 del
 ritorno.
 La
 trilogia,
 composta
dai
romanzi
Vite
dei
Santi,
 Nella
casa
di
vetro
e
Il
fratello
 italiano
(Fazi
Editore),
è
la
saga
di
una
famiglia
che
da
un
paese
del
 Molise,
 Valle
 del
 Sole,
 emigra
 in
 Canada:
 una
 vita
 divisa
 tra
 due
 patrie,
 piena
 di
 contrasti,
 rimpianti
 e
 contraddizioni.
 Realismo
 e
 







5

Marlene
NorubeSe
Philips,
Discourse
on
the
Logic
of
Language
in
She
Tries
 Her
Tongue
Her
Silence
Softly
Breaks
Charlottetown,
Ragweed
Press,
1989.


(L’autrice
 legge
 la
 poesia


http://www.youtube.com/watch?v=424yF9eqBsE
13‐11‐14)


(18)

alienazione
sono
le
dimensioni
e
i
temi
fondamentali.
In
particolare
 negli
 ultimi
 due
 romanzi
 della
 trilogia
 il
 tema
 principale
 è
 quello
 dell'alienazione:
 il
 nuovo
 mondo
 dell'America,
 distrugge
 il
 vecchio
 mondo,
quello
delle
origini
e
l'emigrante
non
riesce
più
a
vivere
né
 nel
 nuovo
 né
 nel
 vecchio.
 Uno
 sceneggiato
 televisivo
 con
 Sophia
 Loren
 e
 Sabrina
 Ferilli,
 diretto
 dal
 regista
 italo‐canadese
 Jerry
 Ciccoritti,
 è
 stato
 tratto
 dalla
 trilogia
 nel
 2004.
 Nelle
 opere
 degli
 autori
indiani
nativi
come
Basil
Johnston,
appartenente
alla
tribù
di
 nativi
americani
Ojibway,
(sottogruppo
degli
Algonchini
di
cui
fanno
 parte
 anche
 i
 più
 conosciuti
 Cheyenne
 e
 Mohicani)
 la
 tematica
 portante
è
la
conservazione
della
cultura
nativa.
L’indiano
Rohinton
 Mistry,
 nato
 a
 Mumbai
 nel
 1952
 e
 trasferitosi
 in
 Canada
 nel
 1975,
 autore
di
Such
a
Long
Journey
(finalista
al
Booker
Prize
nel
1991),
A
 Fine
 Balance
 (finalista
 al
 Booker
 Prize
 nel
 1995)
 e
 Family
 Matters
 (finalista
 nel
 2002)
 (Un
 lungo
 viaggio,
 Fazi
 editore,
 Un
 perfetto
 equilibrio,
 Mondadori
 e
 Questioni
 di
 famiglia,
 Mondadori)
 affronta
 tematiche
 come
 le
 diverse
 facce
 della
 vita
 socioeconomica
 indiana,
 con
un
sguardo
nostalgico
all’India
e
alle
sue
tradizioni
in
particolare
 quella
Parsi,
una
delle
due
culture
zoroastriane.
Un
altro
indiano
di
 Mumbay
è
Anosh
Irani,
fa
parte
della
seconda
cultura
zoroastriana,
 quella
 Irani.
 Autore
 anche
 di
 opere
 teatrali
 come
 Bombay
 Black,
 ha
 pubblicato
il
suo
primo
romanzo
The
Cripple
and
His
Talismans,
nel
 2004
e
il
secondo
The
Song
of
Kahunsha
nel
2006.
Il
secondo
è
stato
 tradotto
in
Italia
con
il
titolo
Il
bambino
con
i
petali
in
tasca
e
un
altro
 suo
romanzo,
Dahanu
Road
è
stato
tradotto
Destini
di
vetro.
Entrambi
 trattano
delle
difficili
vite
di
bambini
indiani.


Leilah
Nadir,
invece,
è
una
scrittrice
di
origini
irachene.
Nata
e
 cresciuta
 tra
 l’Inghilterra
 e
 il
 Canada
 da
 padre
 assiro‐iracheno
 cristiano
e
madre
inglese,
non
è
mai
stata
in
Iraq.
Nel
2007
pubblica
 The
Orange
Trees
of
Baghdad:
In
Search
of
My
Lost
Family
tradotto
in
 Italia
 con
 il
 titolo
 I
 giardini
 di
 Baghdad.
 Storia
 della
 mia
 famiglia
 perduta
(Cairo
Publishing)
nel
quale
narra
la
storia
della
famiglia
del
 padre
fino
all’invasione
dell’Iraq
nel
2003.



Infine
è
da
citare
il
particolare
caso
del
vincitore
del
Booker


(19)

Prize
 del
 2002,
 Yann
 Martel.
 Con
 il
 romanzo
 Vita
 di
 Pi,
 divenuto
 famoso
 anche
 grazie
 alla
 trasposizione
 cinematografica,
 figlio
 di
 genitori
 fanco‐canadesi,
 ha
 viaggiato
 in
 tutto
 il
 mondo.
 Questa
 componente
multiculturale
rende
particolari
le
sue
opere.
Anche
se
 la
 sua
 lingua
 materna
 è
 il
 francese,
 scrive
 in
 inglese
 perché,
 a
 suo
 dire,
 questa
 lingua
 gli
 dà
 una
 distanza
 dal
 mondo
 sufficiente
 per
 descriverlo.


1.3.1.
George
Elliott
Clarke
e
l’Africadia


Il
 panorama
 della
 letteratura
 canadese
 di
 lingua
 inglese
 è,
 come
abbiamo
potuto
osservare
dalla
beve
panoramica
precedente,
 molto
vasto.
Ma
per
scendere
più
nello
specifico
e
avvicinarci
così
a
 Lawrence
 Hill,
 bisogna
 parlare
 di
 letteratura
 afro‐canadese.
 Si
 potrebbero
 citare
 mille
 autori
 ma
 nella
 lista
 dei
 più
 importanti
 e
 influenti,
sicuramente
al
primo
posto
troviamo
George
Elliott
Clarke.


Professore
 di
 inglese
 alla
 University
 of
 Toronto,
 ha
 scritto
 poesia,
 romanzi,
pièces
teatrali,
saggi
critici
e
antologie.
È
uno
dei
maggiori
 studiosi
 di
 letteratura
 afro
 canadese
 e
 sono
 sue
 due
 delle
 più
 importanti
 antologie
 di
 questo
 filone
 che
 raccolgono
 autobiografie,
 sermoni,
 petizioni,
 contratti,
 scritti
 storici,
 canzoni,
 orazioni,
 saggi,
 poesie
 testi
 teatrali
 e
 racconti
 (Fire
 on
 the
 Water:
 An
 Anthology
 of
 Black
 Nova
 Scotian
 Writing
 in
 due
 volumi
 e
 Eyeing
 the
 North
 Star:


Directions
in
African­Canadian
Literature).



Nato
 nel
 1960
 in
 Nuova
 Scozia,
 ha
 conseguito
 un
 B.A.
 alla
 University
 of
 Waterloo,
 un
 M.A.
 a
 Dalhousie
 e
 un
 Ph.D
 alla
 Queen’s
 University.
I
suoi
lavori
documentano
la
storia
e
la
cultura
dei
neri
in
 Canada,
in
particolare
in
Nuova
Scozia.


Indissolubilmente
 legato
 a
 quest’autore
 è
 il
 concetto
 di
 Africadia.
 Quando
 uscì
 il
 primo
 volume
 di
 Fire
 on
 the
 Water:
 An
 Anthology
of
Black
Nova
Scotian
Writing
nel
1991,
Clarke
propose
al
 pubblico
 l’idea
 dell’esistenza
 di
 un’unica
 ed
 eterogenea
 cultura
 relativa
 ai
 discendenti
 della
 diaspora
 africana
 che
 chiamò
 appunto


“Africadian
culture”
(cultura
africadiana).
L’antologia,
che
traccia
un


(20)

profilo
di
questa
cultura
dal
1785,
rivendica
la
continuità
fra
i
testi
 dell’epoca
e
quelli
odierni.



Il
neologismo
nato
dalla
crasi
tra
le
parole
Africa
e
Acadia
(la
 regione
che
comprende
le
tre
provincie
marittime
del
Canada
quali
 Nuova
Scozia,
Nuovo
Brunswick,
l’Isola
del
Principe
Edoardo
e
parte
 del
Québec),
è
un
termine
che
veicola
“the
historical
hybridity
of
the
 post
colonial
world”

6


e
denota
innanzitutto
la
doppia
e
distinta
base
 geografica
 che
 sta
 alle
 spalle
 della
 cultura
 afro‐canadese
 caratterizzata
 dalla
 fusione
 e
 allo
 stesso
 tempo
 dalla
 dualità
 e
 dall’ambiguità.


Purtroppo
i
testi
precedenti
al
1900
non
sono
moltissimi
e
si
 tratta
 per
 lo
 più
 di
 schizzi
 autobiografici,
 sermoni
 e
 appunti
 di
 incontri
della
Chiesa
Battista
o
di
testi
tratti
dalla
tradizione
orale.
In
 ogni
caso
questi,
secondo
l’autore,
sono
le
fondamenta
della
cultura
 africadiana,
 se
 mi
 si
 concede
 la
 traduzione,
 e
 in
 seguito
 della
 letteratura
 africadiana,
 che
 nasce
 come
 fenomeno
 predominante
 in
 particolare
dopo
la
seconda
guerra
mondiale.
Fin
dalla
pubblicazione
 del
 primo
 volume
 di
 Fire
 on
 the
 Water,
 Clarke
 sostiene
 l’unicità
 di
 qualsiasi
tipo
di
produzione
artistica
che
graviti
attorno
al
concetto
 di
Africadia.


Infatti,
anche
se
la
cultura
afro‐canadese
ha
diversi
aspetti
in
 comune
con
quella
afroamericana
(lo
stesso
Clarke,
in
un’intervista
 rilasciata
a
Maureen
Moynagh
nel
novembre
del
1995
a
Halifax
dice:


And
then
there
is
the
United
States,
particularly
African
Americans,
 who
many
of
us
are
descended
from
and
who
represent
our
major


«ethnic
 connection,»
 and
 so
 I
 feel
 that
 we
 have
 a
 bond,
 or
 a
 potential
bond
with
them
that
ought
to
be
further
developed.7

),
 










6
 Daniel
 Samson,
 George
 Elliott
 Clarke’s
 Songs
 of
 Love
 and
 Pain
 from
 Africadia.
 An
 Introduction
 to
 “The
 Apochrypha
 of
 Whylah
 Falls”
 in
 Left
 History
 An
 Interdisciplinary
 Journal
 of
 Historical
 Inquiry
 and
 Debate
 Vol
 2,
 No
1,
1994.



7
 Maureen
 Moynagh,
 Mapping
 Africadia’s
 Imaginary
 Geography:
 An
 Interview
with
George
Elliott
Clarke
Ariel:
A
Review
of

International
English

 Literature.
27.4,
Ott.
1996,
pp.
71‐94.


(21)


È
 necessario
 sottolineare
 che
 l’abolizione
 dalla
 schiavitù
 nel
 Nord
 America
 è
 avvenuta
 prima
 che
 negli
 Stati
 Uniti,
 e
 questo
 ha
 apportato
 delle
 differenze
 culturali
 notevoli.
 Inoltre,
 l’aderenza
 al
 credo
Battista
unita
alla
mescolanza
fra
le
culture
africana
in
primis,
 britannica,
 tedesca,
 acadiana,
 francese
 e
 Mi’kmaq

8

,
 ha
 dato
 come
 risultato
 una
 cultura
 unica
 ed
 eterogenea
 (non
 a
 caso
 il
 Canada
 ha
 elaborato
 una
 politica
 che
 inserisce
 tra
 i
 principi
 basilari
 della
 nazione
 il
 rispetto
 per
 la
 diversità
 culturale
 implementando,
 nel
 1988,
 il
 Canadian
 Multiculturalism
 Act

9


 che
 afferma
 il
 multiculturalismo
come
sistema
sociale
e
normativo).


L’evento
che
diede
il
via
alla
costruzione
di
quest’identità
fu,
 negli
 anni
 sessanta
 del
 novecento,
 la
 distruzione
 di
 Africville,
 una
 piccola
comunità
a
sud
di
Halifax,
Nuova
Scozia,
abitata
soltanto
da
 neri
di
diverse
origini.
Gli
abitanti
furono
obbligati
a
trasferirsi
e
le
 abitazioni
e
la
chiesa
distrutte

10

.


Questo
 portò
 a
 un’ondata
 di
 sentimento
 di
 coesione
 retroattivo
 che
 vide
 nella
 comunità
 di
 Africville
 il
 fulcro
 dell’immaginario
culturale
e
spirituale
dei
suoi
ex‐abitanti
e
diede
il
 via
a
una
serie
di
creazioni
artistiche
di
diverso
genere.



I
 giovani
 che
 erano
 bambini
 al
 tempo
 della
 distruzione
 di
 Africville
 o
 quelli,
 come
 lo
 stesso
 Clarke
 che
 non
 ne
 ebbero
 esperienza
diretta,
furono
i
primi
a
ricevere
un’educazione
che
dava
 loro
 la
 possibilità
 di
 esprimere
 attraverso
 qualsiasi
 forma
 d’arte,
 la
 voce
 della
 loro
 identità
 culturale.
 E
 quella
 voce
 cominciò
 a
 essere
 udita,
non
solo
all’interno
della
stessa
comunità
nera,
ma
anche
al
di
 fuori
 di
 essa.
 Il
 fatto
 stesso
 di
 essere
 una
 comunità
 emarginata
 aumentò,
negli
anni
ottanta
del
novecento,
il
panorama
dei
critici
e
 del
pubblico
di
tutta
la
letteratura
canadese
in
genere.











8
Popolazione
indigena
dell’area
acadiana.


9
 Il
 testo
 del
 Canadian
 Multiculturalism
 Act
 si
 trova
 sul
 sito
 http://laws‐

lois.justice.gc.ca/eng/acts/C‐18.7/page‐1.html
(21‐09‐14).


10
Nel
2010
la
Canadian
Broadcasting
Corporation
ha
riportato
che
l’Halifax
 Council
ha
ratificato
la
cosiddetta
“apologia
di
Africville”
e
che
il
Governo
 canadese
 avrebbe
 stanziato
 una
 somma
 di
 250.000
 dollari
 per
 l’NPO
 Africville
Heritage
Trust
per
la
costruzione
di
un
museo
e
la
ricostruzione
 della
 chiesa
 di
 Africville.
 Per
 maggiori
 informazioni
 http://africvillemuseum.org/
(21‐09‐14).


(22)

Molti
artisti
dell’inizio
del
ventesimo
secolo
come
cantanti
(il
 contralto
 Portia
 White

11


 è
 un
 perfetto
 esempio
 di
 “donna
 simbolo
 dell’Africadia”.
 Nata
 dalla
 Black
 Loyalist
 Izie
 Dora
 e
 dal
 reverendo
 William
Andrew
White,
figlio
di
un
ex‐schiavo
della
Virginia
e
primo
 laureato
 nero
 all’Acadia
 University
 della
 Nuova
 Scozia
 nel
 1903,
 e
 stata
 dichiarata
 una
 persona
 di
 importanza
 storica
 dal
 governo
 canadese.)
 drammaturghi
 e
 scrittori
 in
 genere
 sono
 diventati
 delle
 icone
per
la
comunità.


Con
 il
 passare
 del
 tempo
 gli
 artisti
 della
 cultura
 africadiana
 hanno
 adottato
 una
 visione
 più
 globale
 e
 messo
 un
 po’
 da
 parte
 il
 tema,
comunque
sempre
centrale
dal
punto
di
vista
dell’integrazione
 socioculturale,
 di
 Africville
 che
 è
 stato
 superato
 da
 una
 visione
 più
 globale
 che
 ha
 portato,
 a
 vent’anni
 dall’invenzione
 del
 termine


“africadiano”,
a
una
consapevolezza
di
un
comune
denominatore
fra
 tutti
gli
scrittori
e
artisti.


1.3.2.
Lawrence
Hill


Fra
 gli
 scrittori
 di
 origine
 africana
 abbiamo
 Lawrence
 Hill,
 autore
 del
 romanzo
 preso
 in
 analisi.
 Nasce
 nel
 1957
 da
 immigrati
 americani.
 Il
 padre,
 Daniel
 Grafton
 Hill
 III,
 era
 un
 sociologo
 afroamericano
studioso
della
storia
dei
neri
canadesi
che
si
trasferì
 in
 Canada
 e
 la
 madre,
 Donna
 Bender,
 un’attivista
 bianca.
 È
 fratello
 minore
del
cantante
Dan
Hill.



Cresciuto
 nel
 quartiere
 Don
 Mills
 di
 Toronto
 negli
 anni
 sessanta,
 è
 stato
 molto
 influenzato
 dal
 lavoro
 dei
 suoi
 genitori
 nel
 movimento
per
i
diritti
umani.



Ha
 conseguito
 un
 B.A.
 in
 economia
 alla
 Laval
 University
 di
 Quebec
 City
 e
 un
 M.A.
 in
 scrittura
 alla
 Johns
 Hopkins
 University
 di
 Baltimora.
 Molti
 dei
 suoi
 scritti
 hanno
 come
 temi
 l’identità
 e
 l’appartenenza.



In
 un’intervista
 rilasciata
 a
 Winfried
 Siemerling
 nell’inverno
 







11
 http://www.thecanadianencyclopedia.ca/en/article/portia‐white‐emc/


(21‐09‐14).


(23)

del
 2013
 per
 la
 rivista
 Callaloo,
 parla
 della
 sua
 doppia
 natura
 di
 Canadese
e
Americano
e
di
nero
e
bianco.
Dice:



We
were
somewhat
Americans,
because
of
our
family’s
origins,
but
 we
were
also
officially
Canadians.
We
were
black,
but
we
were
also
 white.
 We
 could
 never
 be
 entirely
 comfortable
 with
 either
 appellation
 in
 those
 early
 years
 in
 Don
 Mills.
 For
 the
 most
 part
 nobody
really
paid
any
attention
at
all,
but
once
every
ten
days
or
 so
 something
 would
 come
 zinging
 along
 to
 remind
 us
 that
 we
 did
 not
really
fit
in
as
whites.
But
that
did
not
necessarily
mean
that
we
 were
 black
 either.
 Although
 our
 parents
 spoke
 to
 us
 a
 great
 deal
 about
black
history,
about
injustice
and
human
rights,
the
one
topic
 that
they
deliberately
left
aside
was
that
of
our
own
racial
identity.


The
most
that
would
happen
was
that
occasionally,
for
fun
and
in
a
 playful
way,
not
meaning
to
be
demeaning,
my
father
would
refer
to
 us
as
zebras.
He
did
not
do
it
to
poke
fun
at
us,
or
to
make
us
feel
 bad.
It
was
an
affectionate
verbal
play,
and
it
has
to
be
understood
 that
 way,
 suggesting
 that
 we
 were
 both
 black
 and
 white,
 but
 that
 was
 it.
 In
 all
 our
 discussions
 about
 black
 history,
 injustice
 and
 human
 rights,
 there
 were
 no
 real
 discussions,
 from
 my
 parents,
 about
who
we
were,
and
that
is
because
my
father
and
my
mother
 wanted
it
to
emerge
naturally
and
let
us
figure
it
out.12

Nel
 1992
 esordisce
 con
 il
 suo
 primo
 romanzo
 Some
 Great
 Things,
 che
 però
 non
 ottiene
 un
 grande
 successo.
 Nel
 1993
 e
 nel
 1996,
 grazie
 agli
 studi
 del
 padre
 sull’argomento
 e
 alle
 attività
 della
 madre,
pubblica
Trials
and
Triumphs:
The
Story
of
African­Canadians
 e
 Women
 of
 Vision:
 The
 Story
 of
 the
 Canadian
 Negro
 Women's
 Association,
due
opere
sulla
storia
dei
neri
canadesi.
Nel
1997
scrive
 un
 secondo
 romanzo,
 intitolato
 Any
 Known
 Blood.
 Conosce
 il
 successo
 solo
 nel
 2001,
 quando
 esordisce
 come
 diarista
 con
 Black
 Berry,
 Sweet
 Juice:
 On
 Being
 Black
 and
 White
 in
 Canada,
 senza
 ottenere
 premi
 o
 riconoscimenti
 importanti.
 In
 quest’opera
 tratta
 







12
Winfried
Siemerling.,
An
Interview
with
Lawrence
Hill,
Callaloo,
Volume
 36,
N.
1,
John
Hopkins
University
Press,
inverno
2013,
pp.
5‐26.


(24)

dell’identità
bianco‐nera
in
Canada;
egli
stesso
ne
parla
così,
sempre
 nell’intervista
rilasciata
a
Siemerling:



It
is
a
hybrid
book:
a
bit
of
memoir
with
essays,
interviews,
and
a
 meditation
 on
 mixed‐race
 identity
 along
 the
 black‐white
 axis
 in
 Canada.
 When
 I
 wrote
 it
 there
 was
 no
 single‐authored
 book
 examining
 black‐white
 identity
 in
 Canada.
 There
 are
 numerous
 works
in
the
United
States,
but
nothing
in
Canada.
I
felt
there
was
a
 huge
 hole
 and
 wanted
 to
 fill
 it.
 It
 was
 an
 uncomfortable
 book
 to
 write.
 I
 feel
 much
 safer,
 more
 comfortable,
 more
 secure
 writing
 fiction
and
imaginary
stories.
There
is
at
least
formally
a
distance,
a
 recognizable
 gap
 between
 an
 author’s
 own
 personal
 experiences
 and
 the
 works
 that
 he
 writes.
 There
 is
 a
 certain
 safety
 there.
 By
 contrast,
when
you
are
writing
a
memoir
you
are
exposing
yourself
 to
the
reader.
This
is
largely
an
autobiographical
book.
I
say
largely
 because
there
are
also
elements
that
are
more
journalistic
and
I
talk
 about
 other
 people.
 It
 is
 a
 more
 uncomfortable
 book
 to
 write
 because
 I
 am
 closer
 to
 the
 material.
 I
 think
 the
 hardest
 thing
 was
 not
to
write
it,
but
to
talk
about
it
afterwards.
Every
time
I
spoke,
it
 was
about
my
intimate
family
matters.
13

Nel
 2005
 ottiene
 finalmente
 il
 suo
 primo
 riconoscimento
 come
 saggista,
 un
 National
 Magazine
 Award,
 per
 il
 suo
 articolo
 Is
 Africa’s
Pain
Black
America’s
Burden?
pubblicato
in
The
Walrus.
Ma
è
 proprio
 con
 il
 suo
 terzo
 romanzo,
 The
 Book
 of
 Negroes,
 che
 viene
 scoperto
 dal
 grande
 pubblico
 nel
 2007
 e
 vince
 il
 Commonwealth
 Writers’
 Prize
 nel
 2008.
 
 Sempre
 nel
 2007
 pubblica,
 insieme
 al
 soldato
statunitense
Josh
Key,
disertore
in
Iraq,
un
libro
di
memorie
 dal
 titolo
 The
 Deserter's
 Tale,
 the
 story
 of
 an
 ordinary
 soldier
 who
 walked
away
from
the
war
in
Iraq,
edito
in
Italia
da
Neri
Pozza
con
il
 titolo
Il
racconto
del
disertore.


Inizialmente
 reporter
 per
 The
 Globe
 and
 Mail,
 un
 quotidiano










13
Winfried
Siemerling,
An
Interview
with
Lawrence
Hill,
Callaloo,
Volume
 36,
N.
1,
John
Hopkins
University
Press,
inverno
2013,
pp.
5‐26.


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