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Parziale purificazione e caratterizzazione della purina nucleoside fosforilasi (PNP) da Tetrahymena thermophila

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Academic year: 2021

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Riassunto p.3 Abstract p.5 1. Introduzione p.7 1.1. I ciliati: caratteristiche generali p.7 1.2. Il modello sperimentale: Tetrahymena thermophila p.8 1.3. La purina nucleoside fosforilasi (PNP) p.11 1.4. La via di recupero purinica nel genere Tetrahymena p.15 1.5. Scopo della tesi p.17 2. Materiali e metodi p.18 2.1. Coltivazione delle cellule di Tetrahymena thermophila p.18 2.2. Preparazione dell’estratto grezzo p.18 2.3. Determinazione dell’attività enzimatica p.19 2.4. Determinazione della concentrazione delle proteine totali p.21 2.5. Determinazione dei parametri cinetici per i substrati p.23 2.6. Caratterizzazione molecolare mediante PAGE p.26 2.7. Isoelettrofocalizzazione p.31 3. Risultati e discussione p.35 3.1 Procedure di purificazione della proteina incognita p.35 3.2 Precipitazione con protamina solfato p.36 3.3 Precipitazione con solfato di ammonio p.36

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3.5. Cromatografia a scambio ionico p.39 3.6. Protocollo per la purificazione parziale della PNP da T. thermophila p.42 3.7 Determinazione della KM per Inosina della purina

nucleoside fosforilasi da T. thermophila p.43 3.8 Determinazione della KM per fosfato inorganico della purina

nucleoside fosforilasi da T. thermophila p.45 3.9 Elettroforesi analitica in SDS PAGE delle frazioni

ottenute durante la purificazione della PNP p.47 3.10 Stima del punto isoelettrico della PNP

da T. thermophila p.48 4. Conclusioni e prospettive p.50 5. Ringraziamenti p.52 6. Abbreviazioni utilizzate p.53 7. Riferimenti bibliografici p.54

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Riassunto

In aggiunta alla sintesi ex novo dei nucleotidi, è conosciuto un altro percorso per la formazione di questi composti: la cosiddetta via di recupero. Questo processo, che si ritiene essere universale, fa uso di basi e nucleosidi preformati o derivanti dalla degradazione degli acidi nucleici.

La purina nucleoside fosforilasi (PNP) è un enzima chiave nella via di recupero delle basi puriniche. La reazione che catalizza è una fosforolisi reversibile del legame N-glicosidico dei (deossi)ribonucleosidi purinici che dà come prodotti la base purinica e il (deossi)ribosio-1α-fosfato. La PNP è stata isolata e caratterizzata in una grande varietà di specie sia eucariotiche che procariotiche; questi studi hanno permesso di rilevare l’esistenza di due forme dell’enzima che differiscono per la loro specificità di substrato e per il loro peso molecolare: una forma omotrimerica di peso molecolare circa pari a 90 kDa, specifica per i ribonucleosidi e i 2′-deossiribonucleosidi della guanina e dell’ipoxantina; una forma omoesamerica di peso molecolare compreso tra i 110 e i 150 kDa che accetta un’ampia gamma di substrati compresi i ribonucleosidi e i 2′-deossiribonucleosidi dell’adenina. In generale si può ritenere che la forma trimerica della PNP sia caratteristica degli eucarioti pluricellulari e unicellulari, mentre quella esamerica sembra prevalere nei procarioti.

Nella presente tesi è stata studiata la PNP estratta da Tetrahymena thermophila, un ciliato oggi molto utilizzato in campo sperimentale, tanto da poter essere

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compiuti tentativi di isolare enzimi delle vie di recupero da questo ciliato, pur essendoci in letteratura studi che dimostrano la sua dipendenza dall’apporto di basi puriniche preformate. Le indagini pubblicate sono relative a studi su colture cellulari o misurazioni su estratti grezzi, dai quali risulta che in Tetrahymena la purina nucleoside fosforilasi ha il ruolo principale di convertire i nucleosidi guanosina ed inosina nelle rispettive basi puriniche guanina e ipoxantina. Queste sono substrati dell’enzima ipoxantina-guanina-fosforibosiltransferasi per la definitiva formazione dei nucleotidi guanilato (GMP) e inosinato (IMP). La sintesi di adenilato (AMP) è invece catalizzata dall’enzima adenina-fosforibosiltransferasi che utilizza la base purinica adenina di probabile derivazione esogena, visto che la purina nucleoside fosforilasi di T. thermophila non mostra specificità verso l’adenosina. Questo nucleoside può in ogni modo entrare nella via di recupero purinica grazie all’enzima adenosina deamminasi (anch’essa presente negli estratti grezzi del ciliato) che catalizza la deamminazione dell’adenosina con formazione d’inosina utilizzabile dalla PNP. Nella presente ricerca è stato ottimizzato un metodo di purificazione della purina nucleoside fosforilasi di T. thermophila partendo da un estratto cellulare. Il preparato ottenuto è stato esaminato per determinare le principali proprietà dell’enzima: peso molecolare in condizioni native e denaturanti, punto isoelettrico tramite isoelettrofocalizzazione, KM per i substrati usati normalmente nel saggio

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Abstract

In addition to the ex novo synthesis of nucleotides, another pathway for the formation of this compounds is known: the so called “salvage pathway”. This process, that it is supposed to be universal, uses bases and nucleosides preformed or resulting to the hydrolysis of the nucleic acids.

The purine nucleoside phosphorylase is a fundamental enzyme in the purine “salvage pathway”. The reaction that it catalyzes is a reversible phosphorolysis of the N-glycosidic bond of purine (deoxy)ribonucleosides that gives as products the purine base and the (deoxy)ribose -1α-phosphate.

The PNP is isolated and characterized in a great variety of eukaryotic and prokaryotic species; these studies allowed to detect the existence of two enzyme forms which differ for the substrate specificity and molecular weight: an homotrimeric one which has a molecular weight of about 90 kDa, that is specific for ribonucleosides and 2'-deoxyribonucleosides of guanine and hypoxanthine; an homoesameric form which has a molecular weight between 110 and 150 kDa that accepts a great variety of substrates includes ribonucleosides and 2'-deoxyribonucleosides of adenine. In general the trimeric form of PNP is characteristic of multicellular and unicellular eukaryotes, while esameric form seems to prevail in prokaryotes.

In the present thesis was studied the PNP extract from Tetrahymena thermophila, a ciliate often utilized in experimental field, so much to be defined as model

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pathways from this ciliate, even though exist in literature studies which show its dependence from purine preformed supplementation. The investigations published were related to studies about cells cultures or measurements of crude extracts, from them results that in Tetrahymena the purine nucleoside phosphorylase has the main role to convert the guanosine and inosine nucleosides in the respective purine bases guanine and hypoxanthine. These are the substrates of hypoxanthine-guanine-phosphoribosyltransferase enzyme for the final formation of GMP and IMP nucleotides. The AMP synthesis is, instead, catalyzed from adenine phosphoribosyltransferase enzyme that uses the adenine purine base of probable exogenous origin, because the purine nucleoside phosphorylase of T. thermophila is not specific for the adenosine. However this nucleoside can to enter into the purine salvage pathway by adenosine deaminase enzyme (also it is present in crude extracts of ciliate) that catalyzes the deamination of adenosine with inosine formation available for the PNP.

In the present research a purification method of purine nucleoside phosphorylase of T. thermophila coming from a cellular extract was optimized. The preparation obtained was examined to define the main characteristics of the enzyme: molecular weight in denaturant and native conditions, isoelectric point by isoelectric focusing, KM for the substrates normally used in the enzyme assay (inosine and phosphate inorganic). By electrophoresis on polyacrylamide gel in

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1. Introduzione

1.1. I ciliati: caratteristiche generali

I Ciliati [lat. cilium = ciglio] sono protisti (organismi eucarioti unicellulari) le cui cellule sono caratterizzate dalla presenza di sottili processi protoplasmatici, le ciglia, come organi di locomozione e da due tipi di nucleo: uno o più micronuclei diploidi, coinvolti nelle funzioni riproduttive ed un macronucleo poliploide a funzione trofica (vegetativa).

I Ciliati includono 7.000 specie conosciute. Di solito hanno forma ellittica o ovoidale e solo pochi hanno strutture citoscheletriche.

Sono stati chiamati anche infusori, in quanto si trovano nell’acqua dove per lungo tempo siano stati fiori, erba o altre sostanze vegetali in infusione.

Si riproducono asessualmente (per divisione mitotica), anche se presentano meccanismi di sessualità (coniugazione).

I Ciliati sono organismi eterotrofi; il cibo viene assunto attraverso un’apertura della membrana cellulare, il citostoma, poi una volta ingerito passa in vacuoli deputati ai processi digestivi (vacuoli digestivi) ed infine nel citoplasma. Una seconda apertura della membrana cellulare, il citopigio, serve per l’eliminazione dei residui non utilizzati. Nella cellula sono anche presenti vacuoli pulsanti che espellendo acqua regolano l’equilibrio osmotico cellulare.

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Fig. 1.1 rappresentazione schematica di un ciliato.

1.2. Il modello sperimentale: Tetrahymena thermophila

Regno: Protisti Phylum: Ciliophora Subphylum: Intramacronucleata Classe: Oligohymenophorea Sottoclasse: Hymenostomatia Genere: Tetrahymena

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Fig.1.2 Le dimensioni delle cellule di T.thermophila sono di circa 50 µm in lunghezza e 20 μm in larghezza.

Tetrahymena thermophila è un modello di cellula eucariotica, ma non è un

modello di cellula animale. Questo è chiaramente indicato dalla filogenesi molecolare dei suoi RNA e proteine, che è utile per assegnare a Tetrahymena una corretta collocazione tra gli organismi (Adoutte e Philippe, 1993). L’idea del suo essere animale-simile è rafforzata dal fatto che Tetrahymena possiede tutte le strutture di base delle cellule animali (Alberts et al., 1994), ad eccezione dei filamenti intermedi, mentre è priva delle strutture caratteristiche delle cellule vegetali; in ogni caso, da un punto di vista biochimico, Tetrahymena è vicina agli animali quanto alle piante (Holz, 1966).

Tetrahymena, come tutti i ciliati, è caratterizzata da un dimorfismo nucleare;

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fenomeni di ricombinazione genetica (coniugazione), mentre il macronucleo è coinvolto nella divisione vegetativa, detta in questo caso “amitosi” per l’assenza della formazione del fuso mitotico. Un’altra caratteristica degna di nota è la particolarità del codice genetico di Tetrahymena, nel quale i codoni, che gli altri organismi usano come stop, sono invece codificanti.

Tetrahymena thermophila è oggi molto utilizzata in campo sperimentale; la scelta

è legata soprattutto a motivi pratici, cioè al fatto che questi tipi cellulari possono crescere molto bene in coltura axenica, sia in terreni arricchiti con estratti di carne e di lievito, sia in terreni a composizione sintetica definita. In media le colture cellulari hanno un tempo di generazione di circa 2-3 ore, sono considerate in crescita esponenziale fino alla densità di circa 275.000 cellule per millilitro (come suggerito da Gorovsky) e raggiungono una densità massima di circa un milione di cellule per millilitro.

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1.3. La purina nucleoside fosforilasi (PNP)

In aggiunta alla sintesi ex novo dei nucleotidi, è conosciuto un altro percorso per la formazione di questi composti: la cosiddetta via di recupero. Questo processo, che si ritiene essere universale, fa uso di basi e nucleosidi preformati o derivanti dalla degradazione degli acidi nucleici. La via di recupero rispetto alla via ex novo è meno costosa energeticamente, inoltre fornisce alla cellula una fonte di carbonio ed energia tramite la conversione del ribosio-1-fosfato rilasciato in intermedi che possono entrare nella via dei pentoso fosfati e nella glicolisi.

La purina nucleoside fosforilasi è un enzima chiave nella via di recupero delle basi puriniche. La reazione che catalizza è una fosforolisi reversibile del legame N-glicosidico dei (deossi)ribonucleosidi purinici che dà come prodotti la base purinica e il (deossi)ribosio-1α-fosfato:

Fig.1.3. Reazione catalizzata dalla purina nucleoside fosforilasi. Conversione del ribonucleoside inosina nella base purinica ipoxantina con liberazione di ribosio-1α-fosfato.

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La PNP è stata isolata e caratterizzata in una grande varietà di specie sia eucariotiche che procariotiche; questi studi hanno permesso di rilevare l’esistenza di due forme dell’enzima che differiscono per la loro specificità di substrato e per il loro peso molecolare:

- una forma omotrimerica di peso molecolare circa pari a 90kDa (30 kDa per subunità), specifica per i ribonucleosidi e i 2'-deossiribonucleosidi della guanina e dell’ipoxantina.

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In alcune specie, principalmente batteriche, esiste comunque un’adenosina fosforilasi distinguibile dalla purina nucleoside fosforilasi, in quanto quest’enzima non mostra specificità verso l’inosina e la guanosina.

Fig. 1.5. Forma esamerica della purina nucleoside fosforilasi di Escherichia. coli. Le α eliche sono indicate in blu, i foglietti β in verde.

L’analogia strutturale esistente tra i monomeri delle due forme enzimatiche suggerisce che queste potrebbero essere derivate da una proteina ancestrale comune.

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in molte specie batteriche. In linea generale si può dunque ritenere che la forma trimerica della PNP sia caratteristica degli eucarioti pluricellulari e unicellulari, mentre quella esamerica dei procarioti (Ealick et al., 1990; Narayana et al., 1997;

Bzowska et al., 1995; Koellner et al., 1997; Mao et al., 1998). Alcune eccezioni

sono rappresentate dai protozoi Plasmodium falciparum e Trichomonas vaginalis che hanno dimostrato di possedere una PNP esamerica; in Escherichia. coli,

Bacillus subtilis e Bacillus stearothermophilus sono state invece rinvenute

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1.4. La via di recupero purinica nel genere Tetrahymena

In letteratura non sono riportati tentativi di isolare enzimi delle vie di recupero da

Tetrahymena, pur esistendo studi che dimostrano la sua dipendenza dall’apporto

di basi puriniche e pirimidiniche preformate (Kidder e Dewey, 1948). Indagini biochimiche pubblicate successivamente riguardano misurazioni su estratti grezzi

(Eichel, 1956) o studi su colture cellulari dai quali risulta che in Tetrahymena la

purina nucleoside fosforilasi ha il ruolo principale di convertire i nucleosidi guanosina ed inosina nelle rispettive basi puriniche guanina e ipoxantina (Hill e

Chambers, 1967). Esse sono substrati dell’enzima

ipoxantina-guanina-fosforibosiltransferasi per la definitiva formazione dei nucleotidi guanilato (GMP) e inosinato (IMP). La sintesi di adenilato (AMP) è invece catalizzata dall’adenina-fosforibosiltransferasi che utilizza la base purinica adenina di probabile derivazione esogena, visto che la specificità della purina nucleoside fosforilasi di

Tetrahymena non mostra attività verso l’adenosina (Hill e Chambers, 1967).

Questo nucleoside può in ogni modo entrare nella via di recupero purinica grazie all’enzima adenosina deamminasi (anch’essa presente negli estratti grezzi del ciliato) che catalizza la deamminazione dell’adenosina con formazione d’inosina utilizzabile dalla PNP. In questo ciliato non è conosciuta una via che consenta la trasformazione dell’inosinato (IMP) in guanilato (GMP) e adenilato (AMP); non è presente l’enzima xantina ossidasi, pertanto l’ipoxantina in eccesso viene direttamente escreta all’esterno senza essere prima trasformata in acido urico (Hill

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Vie di recupero possibili per le purine in Tetrahymena:

(1) Adenosina deamminasi

(2) Purina nucleoside fosforilasi

(3) Ipoxantina-guanina-fosforibosiltransferasi

(4) Adenina-fosforibosiltransferasi

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1.5. Scopo della tesi

Lo scopo della presente tesi è stato quello di mettere a punto un metodo di parziale purificazione della purina nucleoside fosforilasi partendo da un estratto cellulare di T. thermophila, per ottenere un preparato enzimatico sul quale eseguire un’analisi delle proprietà di questa purina nucleoside fosforilasi.

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2. Materiali e metodi

2.1. Coltivazione delle cellule di Tetrahymena thermophila

Le cellule di T. thermophila sono state fatte crescere su di un terreno di coltura con la seguente composizione: 2% proteose peptone, 0,2% estratto di lievito, 0,003% ferro-EDTA (chiamato “Sequestrene”) in H2O milliQ. Al terreno di coltura, dopo sterilizzazione in autoclave, si aggiunge una soluzione di antibiotico-antimicotico composta da penicillina-streptomicina (Pen-Strep) e amfotericina B (Fungizone), con una concentrazione di antibiotico dieci volte maggiore di quella dell’antimicotico.

Le colture cellulari sono state mantenute per 3-4 giorni alla temperatura di 30 ˚C e in leggera agitazione (30 rpm); inoltre, per ottimizzare lo scambio gassoso, è stato usato un alto rapporto superficie di scambio, volume complessivo della coltura.

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quale è stato aggiunto un cocktail d’inibitori di proteasi (Sigma-Aldrich). La miscela d’inibitori delle proteasi ha lo scopo di evitare la degradazione delle proteine dell’estratto cellulare una volta sottoposto ad omogenizzazione, in quanto con questo passaggio si perde l’integrità dell’organizzazione cellulare e avviene il rilascio degli enzimi proteolitici. Per evitare inoltre l’inattivazione dell’enzima d’interesse tutti i passaggi di estrazione e purificazione si svolgono a 4 ˚C.

L’omogenizzazione è stata eseguita mediante 4 cicli di sonicazione a bassa frequenza (< 20kHz) di 5 minuti ciascuno. Quando la sonda del sonicatore viene immersa nella sospensione cellulare, si generano onde sonore che provocano la distruzione delle cellule per forze taglianti e cavitanti. L’estratto ottenuto, definito omogenato, è stato sottoposto ad ultracentrifugazione per 60 minuti, a 4 ˚C, con RCF = 100.000xg. Il surnatante ottenuto dall’ultracentrifugazione rappresenta la frazione citosolica grezza (estratto grezzo) che è il punto di partenza per l’isolamento della PNP che è un enzima citosolico.

2.3. Determinazione dell’attività enzimatica

L’attività della purina nucleoside fosforilasi è stata stimata tramite un saggio spettrofotometrico eseguito alla lunghezza d’onda di 293 nm. Per registrare una variazione d’assorbanza nel tempo è stato necessario aggiungere alla miscela di reazione la xantina ossidasi (XOD) estratta dal latte bovino (Sigma Aldrich) come enzima ancillare. Tale enzima converte il prodotto della purina nucleoside

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massimo di assorbimento a 293 nm, pertanto può essere registrato l’incremento d’assorbanza in funzione del tempo espresso come variazione d’assorbanza al minuto primo (∆A/min); questo è una misura della velocità della reazione enzimatica. A parte qualche piccola variazione nella lunghezza d’onda usata e nelle quantità dei composti, questo è il saggio originariamente descritto da Kalckar (1947).

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La miscela di reazione utilizzata per il saggio enzimatico della PNP ha la seguente composizione:

-Tampone fosfato 0,1M pH 7,4 885 μl

-Inosina 20mM 100 μl

-XOD 10 μl

-Estratto 5 μl

-V

tot.

1000 μl

Una volta determinato il ∆A293nm/min viene calcolato il numero di unità di attività enzimatica per millilitro di campione applicando la seguente relazione:

U/ml = ∆A

293nm

/min*1/∆

ε

293nm

*V

tot.

/V

estratto usato nel saggio

2.4. Determinazione della concentrazione delle proteine

totali

Il dosaggio delle proteine totali è stato realizzato mediante il metodo di Bradford, facendo riferimento ad una retta di taratura ottenuta usando l’ovoalbumina come proteina standard (vedi figura 2.1.). Il principio del metodo è il seguente: le proteine, in particolare gli amminoacidi basici, si complessano con il colorante

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cambiamento di colore da rosso-marrone a blu. L’assorbanza, rilevata a 595 nm, è direttamente proporzionale alla presenza di residui amminoacidici basici nelle molecole proteiche, previo azzeramento dell’assorbanza mediante lettura del bianco.

I vantaggi pratici di questo metodo sono la semplicità della preparazione del reagente, lo sviluppo di colore immediato e la stabilità nel tempo.

La concentrazione delle proteine totali è espressa in milligrammi di proteine per millilitro di campione (mg/ml).

Taratura Bradford con ovoalbumina

y = 2,8679x + 0,0104 R2 = 0,9989 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0 0,02 0,04 0,06 0,08 mg/ml A595 nm

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2.5. Determinazione dei parametri cinetici per i substrati

Per molti enzimi, la velocità di reazione, V, varia con la concentrazione del substrato, [S], secondo un’equazione caratteristica, nota come equazione di Michaelis-Menten:

Nell’ equazione di Michaelis-Menten compaiono due costanti tipiche di ciascun enzima: Vmax e KM. La Vmax è la velocità massima, cioè la velocità di reazione quando tutti i siti attivi dell’enzima sono occupati dal substrato. La KM corrisponde invece alla concentrazione di substrato alla quale la velocità è pari a metà della Vmax.

Fig. 2.3. La rappresentazione grafica dell’equazione di Michaelis-Menten è un’iperbole rettangolare. La KM è la concentrazione di substrato alla quale la velocità è la metà della velocità

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La KM riflette l’affinità tra enzima e substrato, nel senso che, se la KM è bassa, l’affinità è alta e viceversa. Non è detto che affinità alta voglia dire necessariamente specificità alta, cioè velocità catalizzata più alta. L’efficienza di un enzima nel trasformare un substrato in prodotto è espressa dalla costante di specificità (Ksp), pari al rapporto Kcat/KM. La Kcat è il numero di turnover cioè il numero massimo di moli di substrato che possono essere trasformate in prodotto per mole di enzima nell’unita di tempo.

La KM e la velocità massima (Vmax), possono essere facilmente derivate dalla velocità di catalisi, misurata a diverse concentrazioni di substrato, se l’enzima in esame segue la cinetica di Michaelis-Menten. È utile trasformare l’equazione di Michaelis-Menten in una nuova equazione che determini una linea retta. Ciò è possibile facendo il reciproco di entrambe le parti dell’equazione di Michaelis-Menten, ottenendo l’equazione di Lineweaver-Burk:

La rappresentazione grafica di 1/V in funzione di 1/[S] dà una retta la cui pendenza è pari a KM/Vmax, l’intercetta sull’asse delle ordinate è uguale a 1/Vmax e l’intercetta sull’asse delle ascisse è -1/KM.

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Fig. 2.4. Il grafico di 1/V in funzione di 1/[S], chiamato grafico di Lineweaver-Burk o dei doppi reciproci, determina una linea retta con un’intercetta sull’asse delle ordinate pari a 1/Vmax e una

pendenza pari a KM/Vmax.

I saggi enzimatici per determinare la KM per l’inosina sono stati eseguiti con miscele di reazione composte nel modo seguente:

Saggi enzimatici

1 2 3 4 5 6

Tampone fosfato 0,1 M

pH 7,4

500

μl

500

μl

500

μl

500

μl

500

μl

500

μl

Acqua

425

μl

422

μl

420

μl

415

μl

410

μl

405

μl

Inosina 9,93 mM

5 μl 8

μl 10

μl

15 μl 20

μl 25

μl

XOD

10 μl 10

μl

10 μl

10 μl

10 μl

10 μl

Estratto Pool-DEAE-52 60 μl 60

μl

60 μl

60 μl

60 μl

60 μl

(26)

Composizione delle miscele di reazione per determinare la KM per il fosfato inorganico:

Saggi enzimatici

1 2 3 4 5 6

Tampone Tris-HCl 50

mM pH 7,4

100

μl

100

μl

100

μl

100

μl

100

μl

100

μl

Acqua

710

μl

690

μl

650

μl

570

μl

410

μl

90 μl

Inosina 20 mM

100

μl

100

μl

100

μl

100

μl

100

μl

100

μl

Tampone fosfato 0,1 M

pH 7,4

20 μl 40 μl 80 μl 160

μl

320

μl

640

μl

XOD

10 μl 10 μl

10 μl

10 μl

10 μl

10 μl

Estratto Pool-DEAE-52

60 μl 60 μl

60 μl

60 μl

60 μl

60 μl

2.6. Caratterizzazione molecolare mediante PAGE

L’elettroforesi è un fenomeno che consiste nella migrazione di particelle cariche sotto l’influenza di un campo elettrico. Molte importanti molecole di interesse biologico, come gli amminoacidi, le proteine e gli acidi nucleici, possiedono gruppi ionizzabili per cui, a ogni dato valore di pH, sono presenti in soluzione sotto forma di cationi (+) o di anioni (-). Sotto l’influenza di un campo elettrico queste particelle cariche migrano o verso il catodo o verso l’anodo, a seconda

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ottenere una separazione efficace. Secondo, il gel serve da setaccio molecolare e migliora la separazione. Le proteine che hanno dimensioni più piccole dei pori del gel si muovono rapidamente, mentre proteine più grandi dei pori restano in alto, vicino al punto in cui la miscela è stata applicata. Le proteine di taglia intermedia si muovono nel gel più o meno facilmente. I gel di poliacrilammide sono i mezzi di supporto più utilizzati per l’elettroforesi di proteine perché sono chimicamente inerti e si formano facilmente polimerizzando l’acrilammide. Inoltre è possibile variare le dimensioni dei pori del gel giocando sulle concentrazioni relative di acrilammide e di metilenbisacrilammide (chiamata di solito bis-acrilammide), che forma legami trasversali, al momento della polimerizzazione. L’elettroforesi su gel di poliacrilammide viene spesso chiamata PAGE, abbreviazione di PolyAcrilamide Gel Electrophoresis.

L’elettroforesi su gel di poliacrilammide con sodio dodecilsolfato (SDS-PAGE) è il metodo di più largo impiego per l’analisi qualitativa di miscele di proteine. Si tratta di una tecnica particolarmente utile per valutare il grado di purezza di un campione proteico e, poiché è basata sulla separazione delle proteine in base alle loro dimensioni, può essere utilizzata anche per determinare le masse molecolari relative delle proteine. Il sodio dodecilsolfato (SDS) è un detergente anionico con una lunga catena idrofobica a 12 atomi di carbonio ed una testa idrofilica. La coda idrofobica del detergente interagisce con i residui idrofobici delle proteine, mentre la testa idrofilica si dispone sulla superficie delle proteine e conferisce loro una carica netta negativa. Con questo trattamento tutte le proteine di una miscela vengono completamente denaturate e si aprono in una struttura filamentosa con

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L’aggiunta di un agente riducente come il β-mercaptoetanolo permette di ridurre i ponti disolfuro che legano covalentemente le subunità proteiche.

I complessi SDS-proteina, carichi negativamente, sotto l’influenza del campo elettrico applicato, migrano verso l’anodo e la loro mobilità è direttamente proporzionale al logaritmo della loro massa.

La massa molecolare relativa (Mr) di una proteina può essere determinata confrontando la sua mobilità con quella di una serie di proteine standard con Mr nota, che vengono separate sullo stesso gel. Riportando graficamente la distanza di migrazione delle proteine standard in funzione del logaritmo in base dieci del loro peso molecolare , si può costruire una curva di taratura.

L’elettroforesi su gel di poliacrilammide in condizioni native (NATIVE-PAGE) è una delle tecniche più efficaci per lo studio della composizione e struttura delle proteine in forma nativa (non sottoposte a trattamenti riducenti e/o denaturanti), in quanto carica, dimensione e conformazione rimangono inalterate.

Al termine della corsa elettroforetica i componenti proteici di un campione vengono visualizzati nel gel come bande mediante tecniche di colorazione. Una tecnica è la colorazione con blu di Coomassie colloidale. Il blu Coomassie brillant G-250 è un trifenilmetano acido che si complessa sia con la matrice del gel che con le proteine, con le quali forma un legame più stabile. Il limite medio di rilevazione della tecnica è di circa 20-30 ng di proteina per banda. Una tecnica

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1) Bagno in soluzione di fissaggio (acido acetico 7%, metanolo 40%, H2O 53%) per 1 ora;

2) Bagno in soluzione colorante (4 parti di Brillant Blue G-colloidale e 1 parte di metanolo) per 1-2 ore;

3) Decolorazione (acido acetico 10%, metanolo 25%, H2O 65%).

Il protocollo per la colorazione del silver staining è il seguente (da Shevchenko, 1996):

1) Soluzione di fissaggio delle proteine su gel (metanolo 40%, acido acetico 10%, H2O 50%) per 15 minuti per 2 volte;

2) Sensiting solution (acetato di sodio 0,8 M, tiosolfato di sodio 0,013 M, metanolo 30%) per 30 minuti;

3) Lavaggio con H2O per 5 minuti per 3 volte;

4) Silver solution (nitrato di argento 0,25%) per 20 minuti; 5) Lavaggio con H2O per 1 minuto per 2 volte;

6) Development solution (carbonato di sodio 2,5%, formaldeide 80 μl al 40% in 200 ml di soluzione totale) fino a completo sviluppo.

7) Stop solution (EDTA 1,45%) per 5 minuti.

L’apparecchiatura richiesta per l’elettroforesi è costituita fondamentalmente da due parti: un alimentatore e una cella elettroforetica. L’alimentatore fornisce una corrente continua tra gli elettrodi nella cella elettroforetica. Si trovano in commercio celle elettroforetiche per separazione su gel verticale, che vengono

(30)

tesi è stata usata l’apparecchiatura da elettroforesi MINIPROTEAN TM (Bio-Rad). Il gel viene formato tra due lastre di vetro che sono tenute separate da spaziatori di plastica. Le dimensioni del gel sono solitamente 12 cm x 14 cm, con uno spessore di 0,5-1 mm. Un pettine di plastica viene sistemato nella soluzione del gel e viene tolto dopo la polimerizzazione, in modo da costituire i pozzetti per caricare i campioni. I campioni che si desiderano separare, vengono caricati all’interno di un gel di impaccamento (Stacking gel), che viene versato e fatto polimerizzare sull’estremità superiore del gel di separazione (Running gel). Il gel di impaccamento, avendo pori di dimensioni molto grandi (4% acrilammide), ha lo scopo di concentrare il campione di proteine in una banda sottile prima che entri nel gel di separazione. Il Running è un gel a maglie strette (7-15%).

Le elettroforesi vengono condotte in un tampone appropriato, che è essenziale per mantenere costante lo stato di ionizzazione delle molecole da separare. Qualsiasi variazione nel pH potrebbe modificare la carica totale, quindi la mobilità delle molecole da separare.

Le frazioni ottenute durante la purificazione dell’enzima in studio sono state sottoposte ad SDS-PAGE al fine di valutare il loro grado di purezza.

Sono stati caricati 50 μl di ogni frazione corrispondenti ad un quantità di proteine totali pari a: 237,5 μg per l’estratto grezzo, 203,75 μg per il surnatante della precipitazione con protamina solfato (Sps), 537,5 μg per il precipitato con solfato

(31)

Composizione Stacking gel (4%): Tris HCl 0,5 M pH 6,8 1,25 ml H2O 2,96 ml Acrilamide 40% 0,5 ml bis-acrilamide 2% 0,26 ml Ammonio persolfato 40 μl TEMED 5 μl Vtot 5 ml

Composizione Running gel (12%):

Tris-HCl 1,5 M pH 8,8 2,5 ml H2O 2,7 ml Acrilamide 40% 3 ml bis-acrilamide 2% 1,6 ml SDS 10% 100 μl Ammonio persolfato 80 μl TEMED 5 μl Vtot 10 ml

(32)

2.7. Isoelettrofocalizzazione

Questo metodo è ideale per la separazione di sostanze anfotere come le proteine, in quanto è basato sulla separazione delle molecole in funzione del loro diverso punto isoelettrico. Il punto isoelettrico di una proteina è il pH al quale la sua carica netta è nulla.

Nell’isoelettrofocalizzazione la separazione delle proteine si ottiene applicando una differenza di potenziale alle estremità di un gel che contiene un gradiente di pH. Quest’ultimo viene creato mediante l’introduzione nel gel di composti chiamati anfoliti, cioè miscele complesse di acidi poliammino-policarbossilici sintetici. Si possono acquistare anfoliti che coprono intervalli di pH sia ampi (per esempio pH 3-10), sia ristretti (per esempio pH 7-8). L’intervallo di pH viene scelto in modo che i punti isoelettrici dei campioni da separare vi rientrino.

Questa tecnica viene eseguita in gel a bassa percentuale di metilenbisacrilamide per evitare qualsiasi effetto di setaccio molecolare, poiché le proteine, sottoposte al campo elettrico, devono potersi muovere liberamente in base alla loro carica. Nell’isoelettrofocalizzazione ciascuna proteina migra nel gel fino raggiungere una zona in cui il pH è uguale al suo punto isoelettrico, in quanto in quella posizione la proteina avrà carica netta zero e quindi anche la sua velocità di migrazione elettroforetica sarà nulla. L’isoelettrofocalizzazione quindi, non solo può essere

(33)

Si tratta di un metodo ad alta risoluzione, capace di separare proteine con punti isoelettrici che differiscono per 0,01 unità di pH.

L’isoelettrofocalizzazione è stata eseguita su gel di poliacrilammide al 5%, in condizioni native, con un gradiente di pH 9-3. Il gel è stato fatto polimerizzare all’interno di un tubo di vetro cilindrico di 8 cm di lunghezza e 0,5 cm di diametro.

Composizione del gel usato: 4 ml di acrilammide al 50%, 3 ml di N,N-metilenbisacrilammide al 2,5%, 2 mL di anfoline al 2% con range di pH tra 3 e 9 (Bio-Rad Laboratoires, Richmond, California, U.S.A), 28,6 mL di acqua distillata, 0,8 ml di TEMED (N,N,N’,N’-tetrametil-1-2-diamminometano) al 3% e 1,6 ml di persolfato d’ammonio allo 1,5%, ottenendo un volume finale di 40 mL.

Prima di applicare il campione, occorre effettuare una precorsa di 1 h per creare il gradiente di pH. Gli anfoliti migreranno verso il catodo o verso l’anodo a seconda della loro carica e si equilibreranno condensandosi in una zona in cui il pH corrisponde al loro pI. Successivamente 100 μL di campione in 4,4% di glicerina si applicano alla parte più alta del gel (catodo); sul campione si stratifica una soluzione al 2,2% di glicerina per evitare che la frazione proteica entri in contatto diretto con la soluzione catodica (NaOH 0.02 N).

L’amperaggio imposto è di 1,5 mA per gel in corrente continua. Il voltaggio all’inizio è basso ma è destinato ad aumentare con il passare del tempo fino ad arrivare anche a 300 V al termine della prova.

Sono stati preparati due gel che al termine della corsa sono stati poi tagliati in frammenti di 0,5 cm ciascuno; un gel è stato usato per determinare il pH, cioè i

(34)

dopo di che sono state eseguite le letture del pH. L’altro gel è stato invece usato per identificare la presenza dell’enzima in esame mediante saggi enzimatici, cioè i vari frammenti di gel sono stati sospesi in tampone Tris-HCl 50 mM pH 7,4 e sottoposti a sonicazione. I preparati ottenuti sono stati poi saggiati per la presenza di attività purina-nucleoside-fosforilasica.

Questo metodo permette di capire in che zona di pH l’enzima in esame arresta la sua corsa e quindi avere un’idea sul suo punto isoelettrico.

(35)

3. Risultati e discussione

3.1. Procedure di purificazione della proteina incognita

I parametri che devono essere stimati ad ogni passaggio di purificazione sono i seguenti:

U/mL = ∆A

(λ)

/

min

*1/∆

ε

(λ)

*Vtot/V

estratto usato nel saggio

A

specifica

= U/ml*1/[proteine]

tot

Unità totali = U/ml*V

tot.estratto

Fattore di purificazione = A

specifica

finale/A

specifica

E

grezzo

Resa(%) = Unità totali finali/Unità totali E

grezzo*100

Un passaggio di purificazione ha successo quando aumenta l’attività specifica del campione e si ha la minore perdita possibile delle unità totali dell’enzima incognito.

(36)

3.2. Precipitazione con protamina solfato

Questo passaggio ha lo scopo di rimuovere gli acidi nucleici (DNA e RNA) dall’estratto grezzo.

La protamina solfato è una miscela di piccole proteine altamente basiche, il cui ruolo naturale è quello di legarsi al DNA della testa dello spermatozoo. In vitro queste proteine a carica positiva, interagiscono elettrostaticamente con i gruppi fosfato degli acidi nucleici e possono essere utilizzate per l’eliminazione di questi ultimi tramite precipitazione.

L’ estratto è stato portato allo 0,67% di protamina solfato usando una soluzione di partenza all’8%. Il precipitato è stato rimosso mediante centrifugazione per 60 minuti, a 4 ˚C, con RCF = 6.000xg. Il surnatante di questa centrifugazione, detto Sps (surnatante protamina solfato), viene sottoposto ai successivi passaggi di

purificazione.

Questa procedura consente anche di migliorare il fattore di purificazione della proteina di interesse, in quanto (per motivi ignoti) si registra un calo della concentrazione delle proteine totali, mentre l’attività enzimatica rimane sostanzialmente invariata.

(37)

La procedura prevede di aggiungere percentuali crescenti di sale alla soluzione proteica sino a far precipitare la proteina incognita. Le prime proteine che precipitano sono quelle con un maggior numero di residui idrofobici sulla superficie, seguite dalle proteine meno idrofobiche.

L’enzima in studio precipita ad una concentrazione di solfato di ammonio compresa tra il 40% e il 75%; questo è stato constatato dopo aver fatto diversi tentativi cambiando la percentuale di sale aggiunta all’estratto.

Nella procedura che ha dato il risultato migliore il surnatante della precipitazione con protamina solfato (Sps) è stato prima portato al 40% di ammonio solfato. Il precipitato è stato recuperato ed eliminato mediante centrifugazione per 30 minuti, a 4 ˚C, con RCF = 6.000xg. Il surnatante è stato invece portato al 75% di solfato di ammonio. Il precipitato di quest’ultimo passaggio è stato nuovamente recuperato mediante centrifugazione eseguita nelle stesse condizioni della precedente e disciolto poi in tampone (Tris-HCl 50 mM, pH 7,4) per essere utilizzato per i successivi passaggi di purificazione.

Questo passaggio porta ad una purificazione pari ad un fattore di 1,06, inoltre si recupera circa il 70% dell’enzima totale presente, risultato che rappresenta una resa accettabile.

3.4. Desalatura del precipitato 40%-75% ammonio solfato

(38)

percentuale di solfato di ammonio in esso presente potrebbe falsare l’interazione delle proteine con la resina a scambio ionico. A tale scopo l’estratto è stato applicato su una colonna di Sephadex-10 (G-10), equilibrata in tampone Tris-HCl 50 mM pH 7,4. Questo metodo di desalatura è più veloce e più efficiente della dialisi.

Sono state usate le seguenti condizioni: - Diametro colonna: 1,5 cm

- Altezza colonna: 38 cm - Volume totale colonna: 67 ml

- Velocità di flusso (costante): 40 ml/h

L’intervallo di frazionamento della Sephadex-10 è minore di 700 Da, pertanto la frazione proteica eluisce nel volume vuoto della colonna e si può così separare dal sale che invece viene trattenuto.

Le frazioni eluite dalla colonna che mostravano un’attività enzimatica apprezzabile, sono state unite per formare il cosiddetto Pool G-10.

In un precedente esperimento il precipitato con solfato di ammonio 40-75% è stato applicato su una colonna di Sephacryl-200 (S-200) equilibrata in tampone Tris-HCl 50 mM pH 7,4. L’intervallo di frazionamento di questa resina è compreso tra i 5 e i 250 kDa, ideale per purificare l’enzima in esame, visto che il

(39)

fattore di purificazione. Questo passaggio non è stato pertanto ritenuto valido per essere proposto nel protocollo di purificazione dell’enzima in studio.

3.5. Cromatografia a scambio ionico

Il principio su cui si basa questo tipo di cromatografia è l’attrazione tra particelle di carica opposta. Molte sostanze biologiche, ad esempio gli amminoacidi e le proteine, possiedono gruppi ionizzabili e il fatto che essi possano portare una carica netta positiva o negativa è utilizzato nella separazione di miscele che li contengono.

Le separazioni a scambio ionico sono condotte in colonne contenenti resine scambiatrici di ioni, distinguibili in scambiatori cationici e anionici. I cationici possiedono gruppi carichi negativamente e attraggono quindi molecole cariche positivamente; sono anche chiamati scambiatori ionici acidi, perché le loro cariche negative derivano dalla ionizzazione di gruppi acidi. Gli scambiatori anionici possiedono invece gruppi carichi positivamente e attraggono molecole cariche negativamente; si usa anche il termine di scambiatori ionici basici in quanto le cariche positive generalmente risultano dalla protonazione di gruppi basici.

Nella cromatografia a scambio ionico solitamente la molecola d’interesse è separata dal resto della miscela mediante gradienti di pH o di forza ionica che possono essere continui o discontinui.

(40)

Questa tecnica cromatografica è particolarmente efficiente, perché permette di separare proteine che hanno una differenza di carica molto piccola, fino a 0,5 unità di pH o poco più rispetto al punto isoelettrico.

Nella presente cromatografia a scambio ionico è stata usata la DEAE-52, una resina carica positivamente (scambiatore anionico). Per far interagire l’enzima in esame con la resina è necessario rendere negativa la carica netta della proteina in studio. Si ritiene che una proteina abbia carica netta negativa a valori di pH maggiori di almeno una unità rispetto al suo punto isoelettrico. La cromatografia è stata eseguita a pH 8, dato che una precedente isoelettrofocalizzazione nativa aveva suggerito che il punto isoelettrico della proteina d’interesse fosse intorno a 7.

Sono state usate le seguenti condizioni: - Diametro colonna: 1,5 cm

- Altezza colonna: 16 cm - Volume totale colonna: 26 ml

- Velocità di flusso (costante): 27 ml/h

La resina è stata equilibrata in tampone Tris-HCl 25 mM, pH 8.

L’eluizione selettiva della proteina d’interesse è stata ottenuta mediante un gradiente di forza ionica, aggiungendo un volume corrispondente al volume totale della colonna di soluzioni di NaCl a concentrazione 0,05 M, 0,1 M, 0,2 M.

(41)

-0,1 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0 10 20 30 40 50 60 70 Numero frazioni A 280nm A/ mi n* 10

Fig.3.1. Profilo di eluizione della cromatografia a scambio ionico con la DEAE-52. Sono riportate le attività enzimatiche (espresse come ∆A/min) e i valori di assorbanza a 280 nm di tutte le frazioni raccolte. Dalla frazione 1 sino alla frazione 15 l’eluizione è stata eseguita aggiungendo una soluzione di tampone Tris-HCl 25 mM pH 8; dalla frazione 15 sino alla frazione 30 è stata aggiunta una soluzione di NaCl 0,05M; dalla frazione 30 sino alla frazione 45 è stata aggiunta una soluzione

(42)

3.6. Protocollo per la purificazione parziale della PNP da

T. thermophila

Estratto grezzo Surnatante protamina solfato Precipitato con solfato di ammonio 40-75% Pool G-10 Pool DEAE-52 Unità per millilitro (U/ml) 1,9 1,69 4,56 1,67 0,136 [proteine]tot (mg/ml) 9,5 8,15 21,5 4,28 0,086 Volume totale estratto (ml) 5,4 5,5 1,5 2,5 2,5 Unità totali (U.I.) 10,26 9,3 6,85 4,18 0,34 Attività specifica (U/mg) 0,2 0,21 0,212 0,39 1,581

(43)

3.7. Determinazione della KM per Inosina della purina

nucleoside fosforilasi da T. thermophila

Saggi enzimatici 1 2 3 4 5 6

V

0

0,020 0,029 0,034 0,041 0,048 0,053

[Ino] mM

0,050 0,079 0,099 0,149 0,199 0,248

1/V

0

50 34,48 29,41 24,39 20,83

18,87

(44)

y = 1,9216x + 10,918 R2 = 0,9965 0 10 20 30 40 50 60 0 5 10 15 20 25 1/[Ino]mM 1/ Vo

Fig. 3.2. Grafico di Lineweaver-Burk o dei doppi reciproci per la determinazione della KM per

l’inosina.

La KM è calcolabile facendo il rapporto tra il coefficiente angolare della retta e l’intercetta sull’asse delle ordinate:

KM Ino = 0,176 mM

(45)

3.8. Determinazione della KM per fosfato inorganico della

purina nucleoside fosforilasi da T. thermophila

Saggi enzimatici 1 2 3 4 5 6

V

0 0,018 0,026 0,032 0,046 0,062 0,068

[Pi] mM

2 4 8 16 32 64

1/V

0

56,18 39,06 31,65 21,55 16,23 14,79

(46)

y = 84,188x + 16,089

R

2

= 0,9634

0

10

20

30

40

50

60

70

0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

1/[Pi]mM

1/

V

o

Fig. 3.3. . Grafico di Lineweaver-Burk o dei doppi reciproci per il calcolo della KM per il fosfato

inorganico

(47)

3.9. Elettroforesi analitica in SDS PAGE delle frazioni

ottenute durante la purificazione della PNP.

Fig. 3.4. Elettroforesi in SDS PAGE delle varie frazioni ottenute durante la purificazione della PNP da T. thermophila. Accanto al gel colorato col Silver Staining, è affiancato un parte dello stesso gel con gli standard di massa molecolare (M) che è stato colorato a parte col Blu di Coomassie colloidale. Gli standard (Sigma Aldrich) hanno dall’alto in basso le seguenti Masse: 97 kDa, 66 kDa, 45 kDa, 30 kDa, 20,1 kDa, 14,4 kDa.

(48)

3.10. Stima del punto isoelettrico della PNP da T.

thermophila.

Numero frazioni

pH

∆A/min*100

1 8,75

0

2 8,46

0

3 7,91

0

4 7,46

0

5 7,11

0,84

6 7 2,08

7 6,83

5

8 6,58

5,1

9 6,25

1,3

10 6,01

0

11 5,47

0

12 4,73

0

13 4,1 0

(49)

-1

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

1 2 3

4 5 6

7 8 9 10 11 12 13 14 15

Numero frazioni

p

H

A

/m

in

*100

Fig. 3.5. Rappresentazione grafica dell’esito dell’isoelettrofocalizzazione. In ascissa è riportato il numero delle frazioni ottenute tagliando il gel in frammenti. In ordinata sono riportati il pH e l’attività enzimatica della PNP (espressa come ∆A/min*100) corrispondenti alle varie frazioni.

L’enzima in esame arresta la sua corsa elettroforetica in una zona di pH compresa tra 6,25 e 7,11, concentrandosi principalmente nelle frazioni a pH 6,58 e 6,83, pertanto uno di questi due valori ha una maggiore probabilità di corrispondere al punto isoelettrico dell’enzima

(50)

4. Conclusioni e prospettive

Nel corso delle procedure di purificazione l’enzima di interesse si è dimostrato particolarmente instabile e questo ha impedito di ottenere una resa enzimatica accettabile al termine del protocollo di purificazione. Il tentativo di aggiungere ditiotreitolo (DTT) 1 mM al preparato enzimatico, facendo riferimento ad altri tentativi di isolamento della PNP non ha dato l’esito sperato, infatti non si è notato alcun miglioramento di stabilità dell’enzima in studio. La purificazione dell’enzima in esame potrebbe essere migliorata aggiungendo al protocollo sperimentato un passaggio di cromatografia per affinità, avvalendoci del fatto che in letteratura sono proposti alcuni analoghi di substrato e inibitori reversibili della PNP di altri organismi che potrebbero essere usati come ligandi per tale cromatografia. Uno di questi è l’8-iodoguanina, inibitore competitivo della PNP di

Cellulomonas. Migliorare la purificazione della proteina in studio darebbe la

possibilità di chiarire la sua struttura quaternaria e di poter sequenziare il polipeptide tramite spettrometria di massa allo scopo di confrontare la sua sequenza con quella teorica predetta sulla base di analisi genomica.

Dal momento che è stato stimato il punto isoelettrico dell’enzima in esame, l’esecuzione di un’elettroforesi bidimensionale potrebbe permettere di avere

(51)

Le KM per i substrati usati normalmente nel saggio enzimatico (inosina e fosfato inorganico) risultano simili, come ordine di grandezza, a quelle riportate in letteratura nello studio delle PNP di altri organismi.

L’ isolamento dell’enzima in forma pura potrà inoltre consentire lo studio della sua specificità di substrato utilizzando una diversa tecnica di dosaggio.

(52)

5. Ringraziamenti

Un pensiero affettuoso ai miei familiari e ai miei amici per il loro sostegno morale in questi anni di studio.

Un ringraziamento al mio relatore: prof. Giovanni Cercignani e al Dottor. Giorgio Friso per la loro disponibilità ed esperienza dimostratami nella fase sperimentale e durante la stesura della tesi.

Un ringraziamento all’Istituto di Biofisica del C.N.R. per avermi messo a disposizione i mezzi necessari per la mia ricerca di tesi

Ringrazio tutto l’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi (ISE) del C.N.R. ed in particolare le dottoresse Serena Doni e Cristina Macci per il loro aiuto nello svolgimento dell’isoelettrofocalizzazione.

(53)

6. Abbreviazioni utilizzate

PNP: purina nucleoside fosforilasi

XOD: xantina ossidasi

PRPP: fosforibosilpirofosfato RCF: campo centrifugo relativo rpm: rivoluzione al minuto primo

∆A/min: variazione di assorbanza al minuto primo ∆ε: variazione dei coefficienti di estinzione molare Aspecifica: attività specifica

U/ml: unità di attività enzimatica per millilitro di campione Sps: surnatante protamina solfato

P 40-75: precipitato con solfato di ammonio tra il 40 e il 75% di saturazione SDS: sodiododecilsolfato

G-10: sephadex-10

(54)

7. Riferimenti bibliografici

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Tetrahymena. XIV The activity of natural purines and pyrimidines.

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Figura

Fig. 1.1 rappresentazione schematica di un ciliato.
Fig. 1.4. Forma trimerica della purina nucleoside fosforilasi umana. In blu sono rappresentate le
Fig. 1.5. Forma esamerica della purina nucleoside fosforilasi di Escherichia. coli. Le α eliche  sono indicate in blu, i foglietti β in verde
Fig. 2.3. La rappresentazione grafica dell’equazione di Michaelis-Menten è un’iperbole  rettangolare
+6

Riferimenti

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