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1.1 Varietà strutturali e funzione dei polifenoli

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(1)

1. I POLIFENOLI

1.1 Varietà strutturali e funzione dei polifenoli

Una sostanza fenolica è un composto chimico caratterizzato da almeno un anello aromatico (C

6

) con uno o più gruppi idrossilici (OH).

Molte sostanze fenoliche derivano da reazioni di condensazioni o addizioni.

La maggior parte delle sostanze fenoliche conosciute, (con più di 8000 varianti strutturali), sono di origine vegetale. In tabella 1 sono riportate le principali classi strutturali dei polifenoli.

Tre vie biosintetiche possono condurre alla formazione dei polifenoli nelle piante:

1) la via dello scichimato (che conduce attraverso la fenilalanina ammonio-liasi (PAL) alla maggior parte dei polifenoli vegetali, ossia i fenilpropanoidi, C

6

- C

3

);

2) la via dell’acetato/malonato (che conduce ad alcuni chinoni ma anche ai flavonoidi);

3) la via dell’acetato/mevalonato (che porta alla formazione di terpenoidi aromatici e monoterpeni).

L’enzima chiave della ramificazione tra il metabolismo primario della via dello

scichimato e il metabolismo secondario fenilpropanoide è la PAL (Friedman,

1987).

(2)

La via dello scichimato si trova in batteri, virus e piante e converte il fosfoenolpiruvato (PEP) e l’eritrosio-4-P ad acido corismico, precursore dei tre amminoacidi aromatici triptofano, tirosina e fenilalanina.

Per azione della PAL, dalla fenilalanina si origina l’acido cinnamico (Fig. 5, Hermann, 1995).

La prima e la seconda via biosintetica sono le più importanti nella biosintesi dei

polifenoli (Tab.1 e fig. 3).

(3)

Tabella 1: principali classi strutturali dei polifenoli nelle piante (da Buchanan et al., 2000).

N° di C Scheletro di atomi di C Classe di composti Esempi di composti

6 C

6

Fenoli semplici Idrochinone, Catecolo

7 C

6

-C

1

Idrossibenzoati 4-Idrossibenzoato

8 C

6

-C

2

Acetofenoni, fenilacetati 4-Idrossifenilacetato

9 C

6

-C

3

Idrossicinnamati,

Cumarine

Acido caffeico, acido clorogenico

10 C

6

-C

4

Naftochinoni Juglone

13 C

6

-C

1

-C

6

Xantoni 1,3,6,7-Idrossixantone

14 C

6

-C

2

-C

6

Stilbeni Resveratrolo

15 C

6

-C

3

-C

6

Flavonoidi Quercetina

18 (C

6

-C

3

)

2

Lignani Pinoresinolo

n (C

6

-C

3

)n Lignine Lignine Gimnosperme

e Angiosperme

n (C

6

-C

3

-C

6

)

n

Tannini condensati Polimeri di catechine

I polifenoli sono metaboliti secondari di grande importanza biologica; essi sono parte integrante delle strutture delle pareti cellulari, soprattutto in forma di materiale polimerico (lignine e suberine) con funzione di supporto meccanico e di barriera contro l’invasione microbica.

Le lignine sono, dopo la cellulosa, le più abbondanti strutture organiche sulla Terra.

I polifenoli sono anche di ampia rilevanza ecologica: la più significativa funzione

dei flavonoidi, soprattutto le antocianine, è il loro contributo alla colorazione dei

fiori e dei frutti. Le sostanze fenoliche si accumulano in conseguenza di stress

biotici ed abiotici, tra i quali gli attacchi da patogeni e gli stress da ferite: in

generale la riparazione delle ferite richiede lignina e suberina, e la difesa dai

patogeni è associata alla sintesi di composti fenolici antimicrobici.

(4)

Inoltre i polifenoli proteggono le piante contro i predatori (semplici acidi fenolici o complessi tannini, sono effettivi deterrenti); le sostanze fenoliche possono accumularsi come composti a basso peso molecolare, chiamati fitoalessine, in conseguenza all’attacco microbico.

Le sostanze fenoliche possono influenzare la competizione tra le piante, un fenomeno chiamato allelopatia (ad esempio terpenoidi volatili, idrochinoni, idrossibenzoati ed idrossicinnamati).

Un’altra classe di polifenoli, i flavonoidi, possono funzionare come molecole segnale, cioè come sostanze di riconoscimento nell’interazione simbiotica tra i batteri azotofissatori e certe leguminose (Strack, 1997; Dey e Harborne, 1997).

1.2 Il metabolismo fenilpropanoide

La maggior parte dei polifenoli vegetali derivano dallo scheletro fenilpropanoide (C

6

-C

3

) e del fenilpropanoide acetato (C

6

-C

3

-C

6

). La biosintesi dei composti fenolici deriva dalla via dell’acido scichimico, che controlla la produzione degli amminoacidi aromatici fenilalanina e tirosina, i quali vengono deamminati rispettivamente dagli enzimi fenilalanina ammonio-liasi (PAL) e tirosina ammonio- liasi (TAL) producendo acido trans-cinnamico e acido p-idrossicinnamico, che sono le unità di base dei polifenoli.

La PAL è l’enzima più studiato del metabolismo secondario; in alcune piante essa è

codificata da un singolo gene, mentre in altre da una famiglia genica.

(5)

La maggior parte delle reazioni enzimatiche del metabolismo fenilpropanoide comprendono idrossilazioni aromatiche, metilazioni, legame con il CoA e riduzioni NADPH-dipendenti (Strack, 1997).

Nella figura 3 viene riportato uno schema del metabolismo fenilpropanoide che

conduce alla produzione dei monolignoli (alcoli p-cumarilico, coniferilico e

sinapilico) e alle altre principali classi di polifenoli vegetali (stilbeni, cumarine,

flavonoidi, lignine e lignani).

(6)

PAL

TAL

Metabolismo Fenilpropanoide:

conduce alla formazione dei monolignoli e

alle altre classi dei polifenoli.

1) Enzima PAL 2) Enzima TAL

Fig. 3: metabolismo fenilpropanoide (da Buchanan et al., 2000, modificato).

(7)

1.3 I Flavonoidi

La loro struttura è quella dei difenilpropani (C

6

-C

3

-C

6

) e consiste di due anelli aromatici legati attraverso tre carboni che generalmente formano un eterociclo ossigenato. Variazioni strutturali negli anelli permettono di suddividere i flavonoidi in diverse famiglie: flavonoli, flavoni, flavanoli, isoflavoni, antocianine ed altri.

Possono avvenire modificazioni a vari livelli, si possono avere idrossilazioni, metilazioni, isoprenilazioni, dimerizzazione e glicosilazione (producendo O- glicosidi o C-glicosidi). I flavonoidi costituiscono una delle classi di composti più caratteristiche nelle piante superiori. Molti flavonoidi sono facilmente riconoscibili come pigmenti floreali nella maggior parte delle angiosperme. D'altro canto la loro distribuzione non è limitata ai fiori ma include tutte le parti della pianta, in particolare frutti e foglie. Il loro nome deriva da flavus (giallo) e si riferisce al ruolo che giocano come pigmenti vegetali; oltre alle loro importanti funzioni legate alle strategie riproduttive delle piante, i flavonoidi sono particolarmente utili all’uomo sia per i loro impieghi in medicina che per i loro effetti sull’ecosistema agricolo (Maffei, 1998).

I flavonoidi esercitano infatti un ruolo importante nella formazione delle

associazioni simbiontiche sia micorriziche che azoto-fissatrici, interagendo

direttamente con la nutrizione azotata e fosforica delle piante. Inoltre, i flavonoidi

assorbono fortemente la radiazione ultravioletta e il loro accumulo nell’epidermide

delle foglie ne suggerisce una funzione specifica di protezione dal danno che queste

radiazioni causano al DNA delle cellule.

(8)

Le virtù salutari del vino sono imputabili in buona parte alla presenza di flavonoidi quali catechine, quercetina, antocianine e proantocianidine oligomeriche (OPC, Oligomeric ProanthoCyanidins), il cui contenuto nell’uva varia con la specie, con

il grado di maturazione e con la zona di produzione oltre che essere influenzato

dalle condizioni ambientali come l’intensità luminosa e la temperatura. Le

catechine sono flavan-3-oli con attività biologiche multiple comprendenti effetti

vasodilatatori, antitumorali, antinfiammatori, antibatterici e di stimolazione del

sistema immunitario. La quercetina è un flavonoide la cui attività antiossidante si

concretizza nell’inibizione della lipoperossidazione. Le antocianine sono

localizzate nella buccia degli acini dell’uva come monomeri glicosilati. Le

proantocianidine oligomeriche sono formate da un numero variabile di unità

flavaniche, in particolare da catechine e da epicatechine; nei semi di uva rossa sono

per lo piú presenti OPC esterificate con acido gallico. Le OPC sono un esempio

unico di antiossidanti biologicamente attivi, testati sia farmacologicamente che

clinicamente, con indicazione specifica di prevenzione e di terapia nelle malattie

cardiovascolari. Interessante risulta la capacità delle OPC di aumentare

nell’organismo i livelli di antiossidanti quali la vitamina C e il ruolo di modulatrici

del sistema immunitario (Strack, 1997; Buchanan et al., 2000).

(9)

1.4 Gli Stilbeni

Il resveratrolo appartiene alla famiglia degli stilbeni (C

6

-C

2

-C

6

), composti fenolici a basso peso molecolare, formati da due anelli benzenici separati da un etano o da un ponte etenico e sintetizzati dalla pianta in risposta all’attacco di funghi, che agiscono come regolatori di crescita.

Nella vite, il resveratrolo si accumula principalmente nella buccia degli acini (50- 100 µg/g di buccia); durante la fase di macerazione, passa dalle bucce al mosto ed è per questo maggiormente contenuto nei vini rossi.

Tra i numerosi effetti biologici del resveratrolo, è opportuno menzionare l’inibizione della perossidazione lipidica, l’attività di radical scavenging, l’attività antinfiammatoria, l’attività antitumorale e l’attività vasorilassante (Saiko et al., 2007; Bertelli, 2007). Inoltre questo composto ha dimostrato un’azione antiteratogena e di fludificazione del sangue che può limitare l'insorgenza di placche trombotiche (Gu et al., 1999).

1.5 Le Lignine e i Lignani

I monolignoli sono convertiti in due distinte classi dei metaboliti delle piante: le lignine e i lignani (Fig. 3).

Le lignine costituiscono un gruppo di polimeri eterogenei del fenilpropano delle

piante, dove formano i costituenti delle pareti cellulari (Maffei, 1998). I costituenti

monomerici delle lignine sono tre alcool idrossicinnamici (monolignoli): alcool 4-

cumarilico, alcool coniferilico e sinapilico (Strack, 1997; Maffei, 1998).

(10)

Nonostante i 50 anni di ricerca sulla lignina, rimangono ancora dubbi sull’esatto meccanismo di polimerizzazione. Nuove tecniche di indagine strutturale, come la risonanza magnetica nucleare, danno valore all’ipotesi che la polimerizzazione non sia un processo casuale, ma organizzato (Maffei, 1998).

I lignani sono dimeri dell’alcool cinnamico, che attraverso ulteriori ciclizzazioni e modificazioni portano alla formazione di una vasta gamma di strutture molecolari.

Sebbene essi siano sottostrutture delle lignine, non esiste correlazione evidente che siano diretti precursori delle lignine. Infatti essi rappresentano una classe distinta di composti fenolici.

I lignani sono ampiamente distribuiti nelle piante, accumulati come componenti solubili, alcuni di essi vengono accumulati come glicosidi, i quali posseggono marcata e riconosciuta attività biologica (Maffei, 1998).

1.6 I Tannini

Sono composti fenolici con un’elevata affinità per le proteine; l’elevata massa molecolare rende i tannini capaci di legarsi con le proteine e di formare con esse composti insolubili.

I gruppi più significativi sono: i tannini idrolizzabili, i tannini condensati (procianidine e proantocianidine) ed i tannoidi.

La tipica struttura dei tannini idrolizzabili (i gallotannini ed ellagitannini), è

caratterizzata da una parte centrale poliidrossilata costituita da un ß-D-

glucopiranosio. I gallotannini sono esteri dell’acido gallico.

(11)

I tannini condensati sono polimeri del flavano; costituiti da molecole di catechina e di epicatechina, unite da legami carbonio-carbonio.

I tannini condensati sono poco solubili in acqua e si ossidano con il tempo assumendo una colorazione rossa; i tannini ossidati sono responsabili del colore rosso di molte cortecce e radici.

I tannoidi sono dei derivati dell’acido clorogenico (estere dell’acido caffeico con l’acido chinico); sono molto diffusi nei semi di caffè, nelle foglie di tabacco e nel thè. Queste sostanze vegetali di sapore fortemente amaro, vengono impiegate per tannare le pelli, cioè sono in grado di trasformarle in cuoio (Strack, 1997).

Inoltre i tannini sono impiegati per le loro proprietà astringenti, antinfiammatorie, antidiarroiche, antibatteriche ed antiossidanti (Grandolini e Izzo, 2006).

1.7 Gli Idrossicinnamati

Tra i composti fenolici una vasta classe è quella degli acidi idrossicinnamici, i quali sono largamente distribuiti nel Regno vegetale. I principali idrossicinnamati negli estratti di carciofo sono rappresentati dal gruppo degli acidi clorogenici, all’interno del quale si distinguono gli acidi monocaffeilchinici (acido clorogenico ed isomeri) e gli acidi dicaffeilchinici (cinarina ed isomeri) (Clifford, 1999).

Il maggiore acido idrossicinnamico è l’acido caffeico che insieme all’acido

chinico, forma l’acido clorogenico (acido 5-O-caffeilchinico, figura 4): un depside

formato dal prodotto di esterificazione di una molecola di acido caffeico con una

molecola di acido chinico, che mostra una marcata tendenza all’isomerizzazione

(12)

per transesterificazione dell’acido caffeico sui quattro ossidrili dell’acido chinico (Scarpati e Esposito, 1964).

L’acido clorogenico e l’acido caffeico in vitro sono sostanze antiossidanti (Han et al., 2007).

O

H

O H

O O OH

OH OH

COOH

Fig. 4: struttura chimica dell’acido clorogenico (da Buchanan et al., 2000).

Per ogni forma di acido clorogenico sono possibili due isomeri ottici: la forma

naturale, (come per tutti gli idrossicinnamati), è trans (Z), ma anche brevi

esposizioni alla luce visibile e UV sono sufficienti per isomerizzare il doppio

legame dell’acido caffeico, con formazione dell’isomero ottico cis (E) (Fuchs e

Spiteller, 1996; Faulds e Williamson, 1999). Per idrolisi del gruppo estere (acida,

basica o enzimatica) si formano acido caffeico e acido chinico. Gli acidi mono-

caffeilchinici ed i composti ad essi correlati vengono facilmente ossidati sia

aerobicamente a pH alcalino, sia enzimaticamente per azione della

polifenolossidasi (PPO).

(13)

In presenza di ossigeno questi composti vengono ossidati dalla PPO a O-chinoni, i quali si polimerizzano con zuccheri e amminoacidi in composti melanoidinici scuri, causando il fenomeno noto come “imbrunimento enzimatico”.

Alla famiglia degli acidi clorogenici appartiene anche l’acido 1,5-dicaffeilchinico, comunemente detto cinarina, isolato per la prima volta da estratti di Cynara scolymus L. e sintetizzato nel 1954: chimicamente è un tridepside formato dal

prodotto d’esterificazione di due molecole di acido caffeico con una molecola di acido chinico (Panizzi e Scarpati, 1954; Panizzi et al., 1954).

1.8 Biosintesi dell’acido clorogenico

Gli acidi clorogenici sono metaboliti secondari fenilpropanoidi, ossia sostanze dotate dello scheletro basilare C

6

-C

3

della fenilalanina, e come tali derivano biosinteticamente dall’acido cinnamico (Fig. 6).

Tre vie metaboliche portano alla formazione dell’acido clorogenico, come illustrato

nella figura 6, e tra queste vie biosintetiche la principale è la 2 (Niggeweg et al.,

2004).

(14)

PEP Eritrosio-4-P

Tryptophan

Acido corismico

PAL phenylpropanoides

Acido cinnamico

Fig. 5: biosintesi della fenilalanina (da Rippert et al., 2004, modificato).

(15)

Fig. 6: le tre vie metaboliche (contrassegnate con i numeri 1, 2 e 3) coinvolte nella sintesi dell’acido clorogenico a partire dalla fenilalanina (da Comino et al., 2007).

Gli enzimi coinvolti sono: PAL ( fenilalanina ammonio-liasi); C4H (cinnamato 4-idrossilasi);

4CL (4-idrossicinnamil CoA ligasi); HCT (idrossicinnamil CoA scichimato/chinato transferasi);

C3H (p-cumarato 3’-idrossilasi); HQT (idrossicinnamil CoA chinato transferasi); UGCT (UDP glucosio cinnamato transferasi); HCGQT (idrossicinnamil D-glucosio chinato transferasi).

(16)

1.9 Diffusione degli acidi clorogenici in alimenti di origine vegetale

Molti esteri caffeici, (in particolare modo l’acido cicorico o acido dicaffeil tartarico), sono contenuti nelle foglie di lattuga e cicoria: gli idrossicinnamati totali sono circa 50,12 mg/g nella lattuga e 0,02 mg/g nella cicoria (Winter e Hermann, 1986). Il carciofo, è stato ripetutamente studiato per il suo contenuto di idrossicinnamati, (nelle foglie, negli steli e nei capolini) e presenta un contenuto totale medio di acidi caffeilchinici di oltre 0,45 mg/g (Winter et al., 1987), ed è caratterizzato da significative quantità di acidi dicaffeilchinici, fino a 0.8-13 µg/g di peso secco nei capolini (Lattanzio et al., 1978), in particolare di acidi 3,5- dicaffeilchinico e 1,5-dicaffeilchinico (Ben-Hod et al., 1992; Fritsche et al., 2002);

I tuberi di patata contengono acidi clorogenici (da 500 a 1200 mg/Kg di peso secco, alla raccolta), rappresentati soprattutto da acidi caffeilchinici e da acidi dicaffeilchinici. Il contenuto nella patata aumenta lentamente durante la conservazione e in seguito a lesioni da ferita.

Anche la polpa e la buccia di pomodoro mostrano un alto contenuto di

idrossicinnamati, in particolare acidi caffeilchinici e i corrispondenti glucosidi

(Clifford, 1999). I chicchi di caffè (Coffea arabica L.) rappresentano una delle

fonti dietetiche quantitativamente più ricche di acidi clorogenici; il loro contenuto

in caffè e derivati è stato oggetto di numerosi studi quali-quantitativi sin dalla metà

del secolo scorso e si può affermare che l’esistenza degli acidi clorogenici sia stata

ipotizzata proprio nei primi studi chimici sul caffè.

(17)

Dati recenti stimano che una tazza da 200 ml di caffè può contenere da 70 a 350 mg di acidi clorogenici; il caffè tostato contiene anche particolari lattoni dell’acido clorogenico (Clifford, 1999).

Le mele sono uno dei frutti più studiati per il contenuto in idrossicinnamati; tra gli acidi clorogenici l’acido 5-O-caffeilchinico è sempre quantitativamente dominante.

Essi sono contenuti sia nella polpa che nella buccia, con valori compresi fra 0,062- 0,385 mg/g, anche se la composizione può variare fortemente in funzione della varietà e dei trattamenti termici subiti durante il processo industriale (Clifford, 1999). L’uva è caratterizzata dalla presenza di cis e trans-cinnamiltartrati (esteri dell’acido tartarico), rappresentati soprattutto da acido caftarico (acido caffeiltartarico) e acido cutarico (acido cumariltartarico), mentre sono praticamente assenti i classici acidi clorogenici (Clifford, 1999).

Nelle foglie di thè sono contenute, oltre alla caratteristica teogallina, anche consistenti quantità di acidi caffeilchinici; sono state riportate quantità variabili da 0,01 a 0,05 mg/g, anche se non sono disponibili dati relativi agli infusi (Clifford, 1999). I broccoli contengono fino a 0,06 mg/g di acidi clorogenici, mentre cavolfiore e radicchio presentano valori minori, circa 0,02 mg/g (Clifford, 1999).

Le more contengono circa 0,07 mg/g di acidi caffeilchinici, i mirtilli ne contengono

quantità molto maggiori, variabili da 0,5 a 2 mg/g (Clifford, 1999).

(18)

1.10 Ruolo fisiologico degli acidi clorogenici nelle piante superiori

Il complesso metabolismo dei fenilpropanoidi è influenzato da una molteplicità di stress biotici ed abiotici, tra i quali gli attacchi di patogeni e gli stress da ferita; in

generale la riparazione delle lesioni richiede lignina e suberina, e la difesa dai patogeni è associata alla sintesi di composti antimicrobici fenolici (Dixon e Paiva, 1995; Friedman, 1997; Tomàs-Barberàn et al., 1997; Loiaza-Velarde et al., 1997;

Korkina, 2007). L’accumulo di polifenoli nei tessuti adiacenti la struttura danneggiata, è stato osservato in molte specie di piante superiori e in diversi tipi di frutti (Friedman, 1997). Nella seguente figura sono riassunti alcuni esempi di composti fenolici indotti da stress di varia natura.

Fig. 7: esempi di composti fenolici indotti da stress biotici ed abiotici (da Korkina, 2007).

(19)

Gli acidi clorogenici, vengono indotti in risposta a stress da ferita o per attacchi di organismi patogeni; il loro accumulo nelle risposte di difesa è stato rilevato in molte specie vegetali (Korkina, 2007; Smith et al., 1981; Lyons et al., 1990;

Matern e Kneusel, 1988). Esperimenti con piante transgeniche di tabacco e patata, con soppressione dell’espressione della PAL, indicano che le piante con ridotto livello di acido clorogenico sono più sensibili agli attacchi patogeni di Cercospora nicotianae e Phytophtora infestans (Dixon e Paiva, 1995).

L’acido clorogenico è considerato attualmente uno dei più interessanti composti di origine vegetale con effetti sull’omeostasi della glicemia: quale ‘modulatore’ della glucosio-6-fosfatasi, è in grado di ridurre la glicogenolisi epatica (demolizione del glicogeno di deposito epatico in glucosio); la gluconeogenesi (sintesi del glucosio a partire da precursori non glucidici) e assorbimento degli zuccheri introdotti con gli alimenti (meccanismo di intervento specifico e diretto sulle cellule della mucosa intestinale), contribuendo in tal modo, all’abbassamento del tasso ematico di glucosio (Bassoli et al., 2007).

1.11 Proprietà biologiche dei polifenoli

Negli ultimi 10 anni, la ricerca ha dedicato particolare interesse verso i polifenoli

vegetali. Ciò è da attribuirsi alle proprietà antiossidanti di questi composti, alla loro

grande abbondanza negli alimenti della nostra dieta e al loro ruolo nella

prevenzione di varie malattie associate allo stress ossidativo (cancro, malattie

cardiovascolari e neurovegetative). Studi epidemiologici ed esperimenti in vitro,

(20)

posseggono proprietà antiossidanti, anticancerogene, antibatteriche e antivirali ed effetti antinfiammatori e antiaterosclerotici (Fig. 9; Halliwell, 1994; Halliwell, 1996; Halliwell, 2006a; Coinu et al., 2007). Recentemente è stato evidenziato che gli effetti protettivi dei polifenoli su importanti patologie umane, non sono dovuti esclusivamente alle loro proprietà antiossidanti, ma anche allo loro capacità di modulare l’attività di una vasta gamma di enzimi e recettori cellulari (Manach et al., 2004; D’Archivio et al., 2007; Han et al., 2007; Giovannini et al., 2006). Per

valutare la loro attività biologica, e per chiarire quali siano gli effetti dei polifenoli, è necessario conoscere la loro biodisponibilità, intesa come la percentuale dei nutrienti che vengono digeriti, assorbiti e metabolizzati (Manach et al., 2004;

D’Archivio et al., 2007). Infatti, non tutti i polifenoli sono assorbiti con la stessa efficacia, alcuni vengono metabolizzati in modo intensivo dall’intestino, dagli enzimi epatici e dalla microflora intestinale.

Il principale scopo degli studi sulla biodisponibilità, è determinare quali polifenoli sono meglio assorbiti e quali sono quelli attivi.

In molti casi gli alimenti contengono una combinazione dei vari polifenoli, per molti prodotti vegetali la composizione dei polifenoli è meno conosciuta oppure limitata ad una o poche varietà, e molte volte i dati in possesso non riguardano le parti eduli.

Inoltre condizioni ambientali (queste includono fattori pedoclimatici e agronomici)

possono influire sul contenuto di polifenoli (Manach et al., 2004; D’Archivio et al.,

2007). Nelle piante i livelli endogeni dei polifenoli sono soggetti a continue

(21)

fluttuazioni nel tempo in conseguenza dello stadio fenologico, del genotipo e dalla presenza di stress biotici e abiotici (Coinu et al., 2007; Han et al., 2007).

Frutta, ortaggi, legumi e bevande derivate da prodotti vegetali (thé, vino, birra) costituiscono le maggiori fonti alimentari. Alcuni polifenoli come la quercetina sono stati evidenziati in frutta, verdura, cereali, leguminose, succhi di frutta, thè, vino, infusi. Altri polifenoli (come ad esempio i flavononi negli agrumi e isoflavoni nella soia) sono contenuti prevalentemente in altri alimenti (Fig. 8, Manach e Donovan, 2004; Manach et al., 2004; D’Archivio et al., 2007). L’acido clorogenico si trova in molti tipi di frutta e in alte concentrazioni nel caffè: una tazza può contenerne da 350 a 1750 mg (Tab. 2, Manach et al., 2004).

Fig. 8

: A B

Fig. 8: contenuto in acidi fenolici (A) e in flavonoli (B) nel vino e in altri alimenti (mg/100g o 100 ml). (da US Departement of Agricolture USDA, 2003).

(22)

Tabella 2: polifenoli contenuti nei principali alimenti (da Manach et al., 2004).

Composti chimici

Acidi idrossibenzoici:

Acido gallico

Acidi idrossicinnamici:

Acido caffeico Acido clorogenico Acido cumarico Acido sinapico Antocianine:

Cianidina Flavonoli:

Quercetina Miricetina Flavoni Luteolina Flavanoni Esperidina Isoflavoni Genisteina

Flavanoli monomerici Catechina

Epicatechina

Fonti alimentari

More (100 g) Ribes nero (100 g) Mirtilli (100 g) Kiwi (100 g) Ciliegie (200 g) Caffè (200 ml) Susine (200 g) Carciofi (100 g) Melanzane (200 g) More (100 g) Cipolle (100 g) Cavolfiori (200 g)

Thè nero infusione (200 ml) Thè verde infusione (200 ml) Prezzemolo (5 g)

Peperoncino (100 g) Succo di arancia (200 ml) Succo di pompelmo (200 ml) Farina di soia (75 g)

Miso (100 g)

Latte di soia (200 ml) Cioccolato (50 g) Fagioli (200 g) Albicocche (200 g) Ciliegie (200 g) Uva (200 g) Pesche (200 g) Mele (200 g) Thè verde (200 ml) Thè nero (200 ml) Vino rosso (100 ml)

Contenuto in polifenoli Peso fresco mg/l

80-270 40-130 2000-2200 600-1000 180-1150 350-1750 140-1150 450 7500 1000-4000 350-1200 300-600 30-45 20-35 240-1850 5-10 215-685 100-650 800-1800 250-900 30-175 460-610 350-550 100-250 50-220 30-175 50-140 20-120 100-800 60-500 80-300

(23)

Polifenoli nella Dieta

Influenza sul ciclo cellulare

Induzione di enzimi antiossidanti endogeni

Modulazione dei segnali di trasduzione Protezione dai radicali liberi

Inibizione di enzimi ossidanti

Effetti dei Composti Bioattivi

Protezione cardiovascolare Protezione cellule nervose

Antiinfiammatori

Protezione endoteliale

Protezione gastrointestinale

Antitumorali

Immunoprotezione Antiallergici

Antidiabetic

i

Anti neurodegenerativi

Altri effetti Modulazione ormonale

Fig. 9: attività dei polifenoli nella dieta (da Han et al., 2007).

(24)

2. STRESS OSSIDATIVI E ANTIOSSIDANTI NELLA DIETA

Cinquanta anni fa, Gilbert e colleghi proposero che la tossicità dell’ossigeno poteva essere attribuita alla formazione e all’accumulo di specie reattive dell’ossigeno (ROS= Reactive Oxigen Species), quali ad esempio l’anione superossido (O

2

·

-

), il radicale idrossilico (OH·

-

), il perossido d’idrogeno (H

2

O

2

) e l’ossigeno singoletto (

1

O

2

) che danneggiano molti componenti cellulari attraverso l’ossidazione di macromolecole biologiche come proteine, lipidi e acidi nucleici (Gilbert et al., 1958; Slemmer et al., 2008). Numerosi processi fisiologici e patologici (infiammazioni, infezioni, carcinogenesi, invecchiamento, processi di riparazione cellulare, radiazioni ecc.) possono aumentare la produzione dei ROS e compromettere il sistema di difesa antiossidante (Muller et al., 2007).

Esiste una vasta letteratura biomedica sulle conseguenze dannose degli stress ossidativi nell’organismo umano, la quale ha confermato che i ROS contribuiscono alla patogenesi e alla progressione di molte patologie umane (Halliwell, 1996, Halliwell, 2006a/b; Urquiaga e Leighton, 2000).

Il corpo umano ha diversi meccanismi di difesa contro i ROS; un’importante linea

di protezione è il sistema degli enzimi antiossidanti (SOD: superossido dismutasi,

catalasi, glutatione perossidasi, ecc.) e l’alimentazione gioca un ruolo chiave nel

mantenere queste difese enzimatiche (Fig. 10).

(25)

Vari minerali essenziali e tracce di elementi, inclusi selenio, rame, manganese e zinco, sono coinvolti nella struttura o nell’attività catalitica di questi enzimi: se il rifornimento di questi è inadeguato, la difesa enzimatica può essere carente.

Una seconda linea di protezione è il gruppo dei composti che agiscono come antiossidanti, come il glutatione, e alcune vitamine, come la vitamina C e la E, che rigenerano la capacità dei sistemi antiossidanti dell’organismo e sono assunti con la dieta. Se l’esposizione a fonti esterne di ossidanti è elevata, le difese antiossidanti dell’organismo possono essere incapaci di assolvere il loro ruolo.

Il risultato è una condizione chiamata stress ossidativo, un tipo particolare di stress chimico indotto dalla presenza, in un organismo vivente, di un eccesso di ROS ed una ridotta efficienza dei sistemi di difesa antiossidanti: si crea un disequilibrio tra fattori proossidanti e antiossidanti (nella normale situazione, i fattori proossidanti sono adeguatamente controbilanciati dalle difese antiossidanti).

Viene definita antiossidante, una sostanza che si oppone all’ossidazione, o evita reazioni di inibizione promosse da ossigeno e perossidi; molte di queste sostanze (ad esempio la vitamina E), si trovano naturalmente in alimenti come grassi e oli vegetali e contribuiscono a evitare fenomeni di ossidazione e irrancidimento degli acidi grassi (Merriam-Webster, 2004).

Da un punto di vista biologico, un antiossidante può essere definito come una

sostanza presente negli alimenti, capace di ridurre significativamente gli effetti

deleteri delle specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto sulle normali funzioni

fisiologiche umane.

(26)

Quindi, un antiossidante presente in un alimento può agire da scavenger di specie reattive per bloccare reazioni a catena, o può inibire preventivamente le specie reattive che danno inizio a tali reazioni.

Gli antiossidanti disattivano i radicali liberi tramite il trasferimento di un atomo di

idrogeno oppure il trasferimento di un singolo elettrone (Huang et al., 2005).

(27)

ƒ Sistema enzimatico

Cofattori enzimatici (Se, Coenzima Q

10

) Catalasi

Glutatione perossidasi

ƒ Sistema non-enzimatico

SOD (Superossido dismutasi)

Chelatori dei metalli (EDTA)

Radical Scavengers (Vitamina C, E, carotenoidi e altri polifenoli)

Fig. 10: schema degli antiossidanti biologici (da Huang et al., 2005).

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