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Academic year: 2021

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Indice generale

Introduzione...2

Le zone umide ...3

Definizione e nozioni generali... 3

Zone umide d'altura: i bofedales...4

Che cos'è un bofedal e perché è importante... 5

Regime di tutela delle zone umide d'altura in Cile ... 9

Descrizione generale del bofedal di Isluga...12

Caratterizzazione ambientale del sistema: l'altipiano andino ... 13

Caratterizzazione climatica... 14

Geologia, geomorfologia e pedologia ... 15

Caratterizzazione della risorsa idrica ... 18

Flora, vegetazione e fauna dell'altipiano cileno... 22

Caratterizzazione della componente antropica...27

Motivazione dello studio e obiettivi della ricerca... 36

Materiali e metodi...38

Raccolta dei dati...38

Attività in situ... 38

Acque superficiali, flora e vegetazione... 40

Suolo... 44

Inchieste... 47

Dati meteorologici... 47

Metodi per il calcolo dell'evapotraspirazione... 50

Risultati... 52

Caratterizzazione dell'area di studio: clima, acqua, suoli, flora naturale...52

Descrizione e caratterizzazione climatica del sito di studio... 52

Risorsa idrica...61

Suoli... 64

Flora e vegetazione... 66

Caratterizzazione dei sistemi colturali...70

Calcolo delle necessità idriche delle colture...76

Stima dell'evapotraspirazione di riferimento... 76

Evapotraspirazione delle colture... 81

Proposte di razionalizzazione nell'uso dell'acqua... 85

Determinazione dei volumi stagionali e di adacquamento specifico... 85

Introduzione di avvicendamenti colturali...89

Considerazioni conclusive...93 Bibliografia...94 Ringraziamenti... 99 Bibliografia essenziale...100 ALLEGATI...101 Allegato I... 101 Allegato II... 116 Allegato III...123

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Introduzione

“Il diritto umano all'acqua è un prerequisto per la realizzazione degli altri diritti umani;. Il continuo inquinamento, consumo e distribuzione ineguale di questa risorsa sta aumentando la già esistente povertà. Gli stati membri devono adottare misure efficaci per rispettare, senza discriminazioni, il diritto all'acqua.”, queste le conclusioni del comitato O.N.U. sui diritti economici, sociali e culturali del novembre 2002.

Da semprelo sviluppo umano risulta inscindibile dalla presenza di risorse idriche. E oggi l'acqua è un elemento chiave per realizzare un concetto di sviluppo sostenibile, inteso come uno sviluppo capace di mantenere costante nel tempo lo stock di risorse impiegate, come efficacemente espresso da Daly (1996):

– il tasso di utilizzo delle risorse rinnovabili non deve eccedere il loro tasso di riproduzione;

– il tasso di utilizzo delle risorse non rinnovabili non deve eccedere il tasso di sviluppo di sostituti rinnovabili;

– i tassi di inquinamento non devono eccedere la capacità assimilativa dell'ambiente. Condividere questo modello di sviluppo implica anche maggiore solidarietà tra generazioni, in quanto quelle attuali dovranno soddisfare le proprie esigenze senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie (WCED, 1987).

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Le zone umide

Definizione e nozioni generali

Le zone umide sono aree in cui il pelo libero dell'acqua è localizzato a livello della superficie del suolo o vicina ad esso; in queste zone quindi l'acqua è il primo fattore di controllo dell'ambiente e della vita animale e vegetale.

La Convenzione internazionale per le zone umide Ramsar (Convention on Wetlands of International Importance especially as Waterfowl Habitat, Iran, 1971) ha un approccio ampio nel definire le zone umide che cadono sotto la sua tutela, stabilendo che “sono zone umide le estensioni di lagune salmastre, pantani, torbiere o superfici coperte dall'acqua, siano esse a regime naturale o artificiale, permanenti o temporanee, con acque stagnanti o correnti, dolci, salmastre o salate, incluse le estensioni di acqua marina la cui profondità in bassa marea non ecceda i sei metri” (Articolo 1.1); la stessa convenzione stabilisce altresì che le zone umide "potranno comprendere le zone riparie o costiere adiacenti, così come le isole o le estensioni di acqua marina di profondità superiore a sei metri in bassa marea, quando si trovano all'interno della zona umida stessa" (Articolo 2.1) (Ramsar Convention Secretariat, 2004).

Si distinguono generalmente cinque principali tipi di zone umide:

marine (zone umide costiere, incluse lagune costiere, coste rocciose e barriere

coralline);

di estuario (delta, paludi tidali e acquitrini di mangrovie); lacustri (zone umide associate ai laghi);

fluviali (zone umide lungo fiumi e corsi d'acqua); palustri (paludi, acquitrini e stagni).

Inoltre, si devono ricordare le zone umide artificiali, come stagni per pesci e gamberetti, bacini per l'irrigazione, terreni rurali irrigati, saline, depositi, cave di ghiaia, canali delle acque reflue.

La Convenzione Ramsar (Ramsar Convention Secretariat, 2004) ha adottato una Classificazione Ramsar delle zone umide che comprende 42 tipi, raggruppati in tre categorie: zone umide marine e costiere, interne e artificiali.

Le zone umide si trovano ovunque, dalla tundra ai tropici. Attualmente non si conosce esattamente quanta superficie terrestre sia occupata da questi ecosistemi. Il

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World Conservation Monitoring Centre ha suggerito una stima di circa 570 milioni di ettari (5.7 milioni di km2), il 6% della terraferma, di cui il 2% rappresentata da laghi, il

30% da stagni, il 26% da paludi, 20% da acquitrini, e il 15% da aree allagate. Tuttavia una panoramica delle risorse zone umide stilata da Ramsar nel 1999, in cui si afferma che “non è possibile offrire una accettabile visione a scala globale dell'area di estensione reale delle zone umide", indica come stima minima un'area tra i 748 e i 778 milioni di ettari (Ramsar Convention Secretariat, 2004).

Zone umide d'altura: i bofedales

La limitata disponibilità di acqua nelle zone altipianiche aride del Nord del Cile, nella I e II regione (Tarapacà e Antofagasta), e la crescente domanda idrica soprattutto da parte delle imprese minerarie locali, determina una situazione di scarsezza della risorsa acqua che si aggrava nel nel tempo per le comunità che ivi risiedono; in prevalenza comunità indigene di etnia Aymàra. L'attuale scarsa disponibilità di risorse idriche, unita ad altri fattori limitanti, quali il clima, costringe le comunità native a un grave ritardo nello sviluppo che determina condizioni di povertà e che in molti casi si traduce nell'esodo verso le valli della precordigliera e le città costiere.

L'unica fonte consistente di acqua in queste regioni è rappresentata dalle zone umide d'altura, denominate localmente bofedales o vegas, che attualmente si trovano sotto un regime di protezione totale da parte dello Stato. Tali ecosistemi umidi, diffusi in tutto l'altipiano andino, in Perù, Bolivia, Argentina e Cile, risultano infatti essere ecosistemi importanti da punto di vista della ricchezza biologica e per la vita delle comunità altipianiche, nello stesso tempo fragili e potenzialmente posti in pericolo dallo sfruttamento delle risorse idriche superficiali o sotterranee che li alimentano (Raggi, 1993).

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Che cos'è un bofedal e perché è importante

Nelle regioni dell'altipiano andino, caratterizzate da ambiente marcatamente arido, la presenza di acqua in maniera permanente, dovuta all'esistenza di corsi idrici superficiali o subsuperficiali, condiziona la formazione di sistemi vegetazionali caratteristici, conosciuti con i nomi vernacolari di vega e bofedal che tecnicamente corrispondono ad ambienti umidi diversi e dal punto di vista vegetazionale sono classificabili come associazioni pratensi sempreverdi (Cossio L.L, 1985).

Yanca (1987) individua tra i sistemi di bofedal e vega differenze floristiche significative quali la presenza predominante, nei primi, di specie appartenenti alla famiglia delle Giuncacee (in minor misura Ciperacee) a cuscino, che conferiscono alla comunità una fisionomia sinuosa a microrilievi e, nei secondi, di specie rizomatose molto ramificate e cespitose ad esempio Graminacee, che conferiscono all'humedal una fisionomia piana. Tali differenze sono state messe in relazione dall'autore con il contenuto di umidità edafica: il bofedal si sviluppa in un ambiente umido caratterizzato da un' intricata rete di canali e di corsi d'acqua corrente, la vega si sviluppa in ambienti caratterizzati da un elevato e permanente contenuto di umidità edafica, ma i corsi d'acqua, se presenti, sono ridotti a canali di scarse dimensioni, completamente coperti di vegetazione, o ad uno solo di grandi dimensioni.

La vegetazione di vegas e bofedales è definita come azonale rispetto alla vegetazione dell'intorno, definita invece come zonale, laddove quest'ultimo termine designa una vegetazione che caratterizza grandi spazi e che corrisponde a un aspetto dominante dell'area in questione, mentre il termine azonale designa un tipo i vegetazione che risponde a situazioni ambientali eccezionali per un dato ambiente, quale per esempio una presenza più o meno costante di acqua in ambiente arido (Gajardo, 1994).

Queste zone umide si stabiliscono in ambienti edafici principalmente organici, caratterizzati da una condizione idrica di saturazione permanente, per il loro sviluppo sembra essere di fondamentale importanza la presenza di acqua corrente, capace di garantire un adeguato apporto di ossigeno e una sufficiente lisciviazione dei sali (Cossio L. L., 1985).

L'altezza e la durata dell'inondazione variano considerevolmente da bofedal a bofedal, pur essendo l'acqua sempre presente. Inoltre si osservano fluttuazioni del livello dell'acqua all'interno dello stesso bofedal dovute a cambiamenti di regime idrologico tra la stagione secca e quella umida. Ogni cambiamento nel regime può

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modificare il bofedal, tale cambiamento negli stadi iniziali si può apprezzare in un cambio vegetazionale.

Vegas e bofedales possono essere classificati in funzione di fattori ambientali: l'altitudine, la fisiografia e la salinità hanno infatti una relazione diretta con la composizione floristica e la fisionomia di questi sistemi vegetazionali (fig. 1)

La salinità si relaziona direttamente con variazioni floristiche, ovvero a maggior percentuale di affioramenti salini corrisponde un minore sviluppo della vegetazione ed una minore diversità specifica (Yanca,1987).

Dall'altro lato fattori come rocciosità, pendenza e esposizione mostrano scarsa corrispondenza con i tipi di humedal o con la struttura della vegetazione.

L'altitudine risulta importante nel determinare i modelli di composizione floristica, infatti è preferibilmente sopra i 3500-4000 m s.l.m. che si trova una partecipazione importante delle specie a “cuscino”, sotto questa altitudine predomina una vegetazione che si può definire “riparia” (Yanca, 1987).

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Figura 1: Schema grafico delle zone umide presenti nell'altipiano andino cileno (rieaborato da Yanca, 1987)

Mentre esistono assai pochi studi su questo tipo di ecosistemi in Cile, in Bolivia sono stati molto studiati. Alzérreca (2001) li definisce come ”una prateria nativa poco estesa con umidità permanente, vegetazione sempre verde e di elevato potenziale produttivo” e propone una classificazione dei bofedales boliviani in base a:

a) Origine

Naturali: creati dall'umidità di disgelo o da sorgenti naturali. Artificiali: creati dall'uomo.

b) Altitudine

Altipianici: ubicati sotto i 4.100 m.s.l.m.. Altoandini: ubicati sopra i 4.100 m.s.l.m.. c) Regime idrico Vega Bofedal Vegetazione riparia Bassa e media altitudine Altoandina Salina Non salina o con salinità media Salina, di salares o depressioni chiuse Salino Non salino Erbacea Arbustiva o arborea Salina Non salina Zona umida

Non saline, riparie o in depressioni

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Idromorfi o udici: presenza di acqua permanente. Mesici o ustici: presenza di acqua stagionale. d) pH dei suoli

Acidi: pH minore di 6.4. Neutri: pH da 6.4 a 7.4. Basici: pH maggiore di 7.4. e) Dimensioni

Piccoli: Uso familiare. Grandi: Uso comunitario. f) Fisiografía

Di cordigliera o altura.

Di pianura, pampa e alluvionali.

Secondo Navarro (2002) i bofedales altipianici occidentali “Western Altiplano bogs”, in cui possono essere collocati anche i bofedales del nord del Cile, includono a loro volta tre tipologie in funzione della trofía e della permanenza di acqua:

a) Bofedales di acque non ricche di sali solubili

Calamagrosio jamesonii-Disticheitum muscoidis. Si tratta di un bofedal in cui la specie dominante è la Distichia muscoides che forma “cuscini” e si sviluppa in suoli sommersi da acqua non o poco salina.

b) Bofedales stagionalmente inondati da acqua ricche di sali solubili

Scirpetum deserticolae, è un bofedal de morfologia piana o leggermente bombata dominato da Scirpus deserticola e si trova alla periferia di depressioni topografiche in cui l'acqua possiede un flusso minimo o nullo.

c) Bofedales sempre inondati da acque ricche di sali solubili

Puccinellio (oresigenae) frigidae-Oxycloetum andinae, è un bofedal di morfologia bombata che forma “cuscini” compatti di Oxycloe andina che possono trovarsi parzialmente coperti da efflorescenze saline e si trovano nel centro delle depressioni topografiche permanentemente sommerse da acque ricche di sali.

L'importanza l'importanza delle zone umide nell'altipiano deriva dal fatto che possiedono vegetazione durante tutto l'arco dell'anno, per cui i bofedales sono sfruttati dalle comunità rurali, principalmente di etnia Aymàra, poiché costituiscono la base alimentare dei camelidi sudamericani, essenzialmente lama e alpaca (Autoridad

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Autónoma del Sistema Hídrico del T.D.P.S., 2001). L'utilizzazione economica e/o culturale di questi ecosistemi è quindi in relazione diretta con l'esistenza di attività agricole e zootecniche, laddove si utilizzano le acque del bofedal per l'irrigazione e la sua vegetazione per il pascolo. La loro funzionalità per le popolazioni dipende da fattori estrinseci, come l'accessibilità, e da fattori intrinseci, quali la produttività foraggera che questi sono in grado di sviluppare (Yanca, 1987).

Inoltre entrambi i sistemi di vega e bofedal, sono caratterizzati da una diversità biologica elevata rispetto ai sistemi dell'intorno, con un maggior numero di specie vegetali e animali, che risultano tipiche di questi ecosistemi (Yanca, 1987) e spesso rappresentano l'habitat insostituibile di numerose specie rare o endemiche di uccelli, mammiferi e flora.

Regime di tutela delle zone umide d'altura in Cile

Il Cile ha ratificato nel 1984 la convenzione Ramsar, ponendo sotto tutela sette zone umide d'altura di importanza internazionale, specialmente come habitat di uccelli acquatici, tra le quali i laghi salati o salares di Surire e Huasco situati nella I e II regione.

La legislazione nazionale in materia, fa riferimento al D.F.L. (decreto con fuerza de ley) n° 1.122/81, o Código de Aguas, che raccoglie organicamente la normativa sulle acque.

Tale provvedimento, alla sua entrata in vigore, cambiò radicalmente il sistema dei diritti relativi allo sfruttamento delle risorse idriche, rafforzando l'importanza della proprietà privata di questi (Torrealba, 2001). Il nuovo sistema, nelle intenzioni dei legislatori, avrebbe favorito gli incentivi del mercato, riducendo il controllo statale con potenziali benefici in termini di maggiore efficienza e flessibilità nell'uso dell'acqua e minori interventi pubblici e riduzione della spesa statale.

Gli svantaggi di questo provvedimento tuttavia comprendono importanti esternalità sociali e ambientali. In particolare, l'impatto di questa legge fu estremamente negativo per le zone umide d'altura della I e II regione, che furono colpite dallo sfruttamento delle risorse sotterranee che le alimentano, in alcuni casi fino ad una sostanziale riduzione della loro estensione (Torrealba, 2001).

Nel 1992 il Código de Aguas fu modificato incorporando gli articoli 58 e 63 sulla protezione e conservazione delle zone umide dell'altipiano delle regioni di Tarapacá e Antofagasta (I e II regione) tramite la proibizione di sfruttare ed esplorare le risorse

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idriche sotterranee che alimentano bofedales e vegas poiché costituiscono una fonte importante di sostentamento per le popolazioni locali. In conseguenza di ciò la Direzione Generale delle Acque (D.G.A.), tramite la Risoluzione n° 909 del 1996, identificò e delimitò detti acquiferi. In questo modo nella I Regione furono posti sotto tutela 139 zone umide, per un totale di 335 km2 equivalenti al 0.57% della superficie totale della Regione. Nella II Regione furono posti sotto tutela 167 humedales, per un totale di 2798 km2 pari al 2,22% della superficie totale della Regione.

In questo modo le zone umide altoandine furono poste sotto tutela secondo la modalità di cui all'articolo 63, comma 2º del Código de Aguas, che stabilisce: “le zone che corrispondano ad acquiferi che alimentano vegas e bofedales delle regioni di Tarapacá e di Antofagasta si intenderanno proibite per maggiori sfruttamenti di quelli autorizzati, così come per nuovi sfruttamenti, senza necessità di dichiarazione espressa”. In quanto alle esplorazioni di acque sotterranee, questi acquiferi sono posti sotto protezione secondo quanto stabilito nell'articolo 58, comma 2º, nel senso che “non si potranno effettuare esplorazioni in terreni pubblici o privati di zone che alimentino vegas e bofedales nelle Regioni di Tarapacá e di Antofagasta se non con autorizzazione fondata della D.G.A.”.

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Inoltre la normativa in materia ambientale, con la Legge Nº19.300/94, detta di Bases del Medio Ambiente, attraverso il Regolamento del Sistema di Valutazione di impatto ambientale (Reglamento del Sistema de Evaluación de Impacto Ambiental), contempla quattro articoli relativi a vegas e bofedales, e zone umide in generale, il cui dettaglio è in nota1.

1Titolo I

Disposizioni generali

Articolo 3.- I progetti o attività suscettibili di causare impatto ambientale in qualsiasi loro fase che dovranno

sottomettersi al sistema di VIA, sono i seguenti :

a) Prese, drenaggio, prosciugamento, dragaggio, costruzione di argini o alterazioni significativi di corpi o corsi d'acqua naturali. Si intenderà che questi progetti o attività sono significativi quando si tratta di:

a.2. Drenaggio o prosciugamento di vegas e bofedales ubicati nelle Regioni I e II, qualsiasi sia la loro superficie.

Titolo II

Della generazione o presenza di effetti, caratteristiche o circostanze che definiscono la pertinenza di presentare uno studio di impatto ambientale:

Articolo 6.- Il titolare dovrà presentare uno studio di Impatto Ambientale se il suo progetto o attività genera o

presenta effetti avversi significativi sulla quantità e qualità delle risorse naturali rinnovabili, inclusi il suolo, l'acqua e l'aria.

Allo scopo di valutare gli effetti avversi significativi a cui si riferisce l'inciso anteriore, si considererà:

n) il volume, la portata e/o la superficie, según corresponda, delle risorse idriche su cui si interviene o da sfruttare in: n.1. vegas e/o bofedales ubicati nelle Regioni I e II, che potrebbero essere interessati dall' aumento o diminuzione dei livelli freatici;

Titolo VII

Dei permessi ambientali settoriali

Articolo 77.- Nel autorizzazione ad effettuare esplorazioni delle risorse idriche sotterranee in terreni pubblici o

privati di zone che alimentino aree dette di vegas e bofedales, nelle Regioni di Tarapacá e Antofagasta, a cui si riferisce il comma terzodell'articolo 58 del D.F.L. 1.122/81, Código de Aguas, i requisiti per la sua concessione e i contenuti tecnici e formali necessari per accreditare il suo in questo articolo.

Nello studio o dichiarazione di Impatto Ambientale, a seconda del caso, si dovranno segnalare i mezzi adeguati per la preservazione del bofedal o vega, in considerazione de:

· a) Le caratteristiche del bofedal o vega. · b) Il regime di alimentazione del bofedal o vega. · c) La portata massima di acqua che si pretende emungere.

· d) Gli sfruttamenti esistenti delle acque superficiali e sotterranee che si trovano nella zona che dovrà essere esplorata.

· e) L'ubicazione dei terreni in cui si realizzeranno i lavori e l'area che si desidera esplorare.

Articolo 78.- Nell'autorizzazione a realizzare nuovi sfruttamenti o maggiori emungimenti di acque sotterranee

rispetto a quelle già autorizzate, nelle zone di proibizione a cui si riferisce l'articolo 63 del D.F.L. 1.122/81, Código de Aguas, i requisiti per la sua concessione e i contenuti tecnici e formali necessari per accreditare il suo compimento, saranno quelli che si segnalano in questo articolo:

Nello studio o dichiarazione di Impatto Ambientale a seconda del caso si dovranno segnalare i mezzi adeguati per la preservazione degli acquiferi che alimentino vegas e bofedales nelle regioni indicate , in accordo a:

· a) Le caratteristiche dell'acquifero.

· b) Il regime di alimentazione del bofedal o vega. · c) La portata massima di acqua che si pretende sfruttare. · d) Gli effetti sopra la ricarica artificiale dell'acquifero.

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Infine con la legge 18.362 del 1984 il governo istituì il Sistema Nazionale delle Aree Silvestri Protette dallo Stato (SNASPE) per la conservazione degli ambienti naturali terrestri o acquatici all'interno di queste aree. Tale sistema è formato da: Parchi nazionali, Riserve Nazionali e Monumenti naturali. In alcuni di questi siti protetti si trovano zone umide altoandine: nel Monumento naturale Salar de Surire, nel Parco Nazionale Lauca, nella Riserva Nazionale las Vicuñas, nel Parco Nazionale del Vulcano Isluga, nel Parco Nazionale Llullaillaco e nella Riserva Nazionale los Flamencos.

Descrizione generale del bofedal di Isluga

Il bofedal di Isluga è parte di un gran sistema di zone umide che sostengono l'allevamento delle numerose comunità indigene facenti capo al comune di Colchane, nel settore più orientale della provincia di Iquique, I regione, ed è situato ad una longitudine di 68°39' E e ad una latitudine di 19°15' S. Esso prende origine dall'omonimo fiume che nel suo percorso è fiancheggiato a nord dal bacino del Salar de Surire e a sud da quello del Salar del Huasco. Questo fiume presenta scorrimento permanente, con una portata media annuale di circa 400 l/s nella stazione di “Río Isluga en Bocatoma” (D.G.A., 2001) e termina il suo corso oltre la frontiera cileno-boliviana, cambiando il suo nome in Sitaní, prima di infiltrarsi nel salar de Coipasa (Bolivia).

L'ecosistema umido che si sviluppa lungo il suo corso corrisponde a un sistema misto di vegas e bofedales, con predominanza di questi ultimi, e copre una grande estensione di terreno all'interno del Parco Nazionale del vulcano Isluga, amministrato dal CONAF (Commissione Nazionale Foreste), in cui esiste scarso intervento antropico, eccetto l' uso ancestrale che perdura fino ad oggi delle zone umide come pascolo per i camelidi. Per quello che riguarda la copertura vegetale, presenta una grande gamma di unità vegetazionali proprie dell'ambiente altipianico: da suolo nudo a zone con grande densità di vegetazione, includendo anche alcune lagune (C. Salazar et al., 2001).

Tra le zone umide altipianiche della I e II regione, il bofedal di Isluga risulta particolarmente interessante per le seguenti caratteristiche:

• ampia estensione,

• presenza di comunità per la quasi totalità indigene, • accessibilità,

• il fiume Isluga possiede un controllo idrometrico della D.G.A., scarso intervento antropico.

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Caratterizzazione ambientale del sistema: l'altipiano andino

Il bacino del fiume Isluga, come menzionato precedentemente, è situato all'estremo est dell'altipiano andino cileno.

La regione dell'altipiano andino è definita da Gajardo (1994) una geoforma che si estende tra i 4000 e i 5000 m di altitudine come una grande pianura (meseta) dominata da montagne isolate; normalmente è designato in Cile e nei paesi limitrofi (Bolivia, Perù, Argentina...) con il termine Puna. L'utilizzo di tale denominazione deve essere specificato poiché è stato inteso in molti sensi in letteratura, talvolta anche ad indicare il malessere che può derivare dal soggiornare a quote elevate. Nel presente studio si adotta la definizione di Cabrera (1968) che utilizza il termine per designare l'altipiano e le montagne adiacenti tra il 15° e il 27° di latitudine sud e con un altitudine media che oscilla tra i 3400 e i 4500 m.

L'altopiano cileno, in particolare, si estende dal 17°30' al 22° di latitudine Sud, all'interno dei confini amministrativi della I e della II regione.

Il sistema altipiano si situa ad est della Cordigliera Andina, presentando un rilievo proprio della pianura elevata di età terziaria e un'ampiezza variabile dai 15 ai 40 km. La suddivisione naturale dalla pianura altipianica, operata dai numerosi coni vulcanici, si risolve in un gran numero di depressioni endoreiche e in pianure di estensione variabile. In queste ultime si è sviluppato un sistema di drenaggio verso il versante orientale andino, questo è il caso dei fiumi Cosapilla, Lauca, Todos Los Santos, Isluga, Cariquima y Sacaya (D.G.A., 2001). La maggior parte di questi fiumi, compreso l'Isluga, appartiene a sistemi di bacini condivisi con la Bolivia.

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Caratterizzazione climatica

La regione dell'altipiano cileno presenta un regime climatico di tendenza tropicale (Di Castri e Hajek, 1976) caratterizzato da precipitazioni in forma di pioggia principalmente in estate, fenomeno comunemente denominato come inverno boliviano.

Secondo la classificazione di Köeppen, l'area si trova sotto l'influenza di un clima di steppa d'altura (BSh) (Fuenzalida, 1965).

Durante la maggior parte dell'anno la principale caratteristica climatica è la secchezza estrema e la limpidezza atmosferica. Come conseguenza si ha una grande insolazione durante il giorno e una perdita elevata di radiazione durante la notte. Tutto questo determina uno scenario di grande aridità e di enormi variazioni termiche spesso maggiori tra il giorno e la notte che stagionalmente, con un massimo in epoca invernale, in cui l'escursione termica diurna può raggiungere i 30° C, e un minimo a fine estate australe (febbraio) (Aceituno, 1993). Le temperature medie annuali sono dell'ordine dei 3-5 °C.

Le precipitazioni all'interno dei bacini altipianici presentano una variazione spaziale associata a effetti di carattere orografico; si distingue infatti una variazione, non molto marcata, tra la pianura altipianica e i punti più elevati costituiti dai coni vulcanici. Inoltre è possibile riscontrare un marcato effetto latitudinale, che si traduce in una diminuzione delle precipitazioni da Nord a Sud (Arroyo, 1988). Infatti mentre in Parinacota (18°11' S) la media annua è di 316 mm (Fuenzalida, 1965), in Ollagüe (21° 12' S) si raggiungono solo 82 mm annui (Navarro, 1993). Tale effetto è in relazione con lo schema della circolazione zonale delle masse d'aria durante la stagione estiva, in cui la parte nord dell'Altipiano rimane in media sotto l'influenza del flusso di aria umida proveniente da nord-est, dalla conca Amazzonica. Nel settore sud al contrario, i processi di avvezione delle masse d'aria da nord-est sono meno frequenti e pertanto le precipitazioni sono di entità minore (Aceituno,1993).

Riguardo alla variazione stagionale si osserva che il comportamento delle precipitazioni è, in termini generali, simile lungo tutta la pianura altipianica, con una importante concentrazione delle precipitazioni annuali nei mesi estivi da novembre a marzo, che fluttua tra il 90% e il 95% del totale (Aceituno, 1993).

Le precipitazioni nella stagione secca hanno invece carattere di scarsezza e irregolarità.

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La precipitazione nell'Altipiano mostra un marcato ciclo giornaliero (Fuenzalida e Rutilant, 1987; Aceituno e Montecinos,1993). La pioggia si presenta generalmente durante le ore del pomeriggio in forma di intensi rovesci associati a un rapido sviluppo di nuvolosità convettiva.

La variabilità delle precipitazioni in scala temporale maggiore non presenta evidenze di una tendenza secolare ben definita sebbene mostrino una forte variabilità interannuale ed interdecadale (Aceituno, 1993). Del resto, molti studi hanno posto in correlazione positiva gli eventi di El Niño con le annate di precipitazione considerate deficitarie nell'Altipiano (Thompson et al., 1984; Francou y Pizarro, 1985), sebbene questa correlazione appare essere meno significative rispetto ad altri settori del continente (Aceituno, 1988).

Geologia, geomorfologia e pedologia

Le grandi unità morfostrutturali che caratterizzano la regione dell'altipiano andino sono: la cordigliera pre-andina, l'altipiano e i vulcani sovraimposti (Enrique Miranda, CONAF Arica, comunicazione personale).

La cordigliera pre-andina, conosciuta anche come cordigliera centrale si è originata per diastrofismo verticale durante il Terziario inferiore e medio che corrispondeva a movimenti di blocchi regionali lungo faglie anch'esse regionali.

Questa unità è costituita da rocce sedimentarie e vulcaniche mesozoiche in alcuni casi piegate. Queste rocce costituiscono a loro volta il basamento su cui si sono depositati materiali vulcanici e sedimentari dal Terziario superiore al Quaternario recente.

In generale il rilievo è abbastanza irregolare fatto che testimonia l'importante azione erosiva durante il Quaternario esistono infatti gole e canions profondi.

L'altipiano si caratterizza per una orografia planiforme di altitudine media di 4000 m senza grandi variazioni. Il substrato di questa unità è costituito da rocce vulcaniche acide, principalmente rioliti ed ignimbriti, per cui come forma regionale è stato nominato “plateau riolitico”. La sua origine si spiega, unitamente ai movimenti tettonici verticali del Pliocene che terminarono il sollevamento della catena Andina, con l'inizio di una attività vulcanica legata a estese effusioni fessurali, specialmente costituite da grandi flussi di lave riolitiche, prodotti che colmarono e seppellirono i rilievi piegati preesistenti del Mesozoico o Terziario inferiore.

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L'altipiano propriamente detto è caratterizzato superficialmente da estesi piani inclinati di depositi colluviali e deiezionali, in parte tagliato da gole poco profonde con depositi alluviali.

Le strutture vulcaniche edificate sopra il plateau riolitico sono di età pleistocenica-olocenica, periodo in cui si originarono numerosi vulcani a stratodi composizione per la maggior parte andesitica. Alcuni di questi, già formati, si riattivarono in epoca glaciale e dopo fasi eruttive di ceneri riolitiche si trasformarono in caldere a causa del collasso della camera magmatica.

La risorsa suolo nell'Altipiano è stata descritta e valutata in rare occasioni, essenzialmente come componente dell' ecosistema e, ancor più raramente, come un corpo naturale indipendente. Questo è dovuto al fatto che studi sul suolo normalmente sono diretti a conoscere e valutare suoli che si trovano in regioni con potenzialità agricola, circostanza che evidentemente non si verifica per le regioni altipianiche.

La potenzialità agricola dei suoli altipianici è limitata per vari motivi:

1. Le basse temperature medie del suolo e le forti escursioni termiche dell'aria impediscono la germinazione e lo sviluppo dalla maggior parte delle specie coltivate.

2. La scarsa disponibilità di acqua limita coltivazioni irrigue.

3. La scarsezza di popolazione e di insediamenti umani, condizione che determina lo svilupparsi soltanto di un'agricoltura di sussistenza, con unità a carattere di orti familiari. (Luzio, 1993)

Le seguenti informazioni, ove non diversamente specificato, sono tratte da Soils of the arid zone of Chile (Dìaz e Wright, 1965), studio che ha fornito i primi riferimenti riguardo alle risorse edafiche altipianiche, tuttavia non corredato da dati riguardanti le proprietà chimico-fisiche dei terreni presi in esame.

I suoli steppici dell'altipiano andino sono classificati come suoli debolmente alterati, poco o mediamente lisciviati, sviluppatisi in condizioni semi-aride fredde. Non vengono assegnati a nessuna classe del World Soil Group.

Derivano principalmente da ceneri vulcaniche, sabbie pumicitiche a grana fine o grossa che danno luogo a terreni uniformi per grandi estensioni; generalmente nessuno di questi suoli è sufficientemente alterato da avere un contenuto apprezzabile di allofane. Del tutto diversi sono i suoli originatisi lungo il corso delle sorgenti altipianiche, intorno alle quali si formano gli ecosistemi umidi dei bofedales: si tratta di

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suoli torbosi che, in alcuni casi, mostrano anche elevata alcalinità (pH = 8). Sono stati classificati da Alezerreca (2001) come histosoles.

Le zone depresse del paesaggio altipianico sono spesso occupate da laghi salati (salares), nelle vicinanze troviamo solonchaks (suoli con un alta concentrazione di sali solubili in certi periodi dell'anno) con orizzonti di tipo takyr (aventi una spessa crosta

superficiale a tessitura fine che forma fessure poligonali in seguito a disseccamento),

alcuni di questi salares sono ricchi in borace e in carbonati.

I processi di alterazione sono piuttosto deboli, a causa delle particolari condizioni climatiche, ma il processo di lisciviazione ha una certa rilevanza rispetto ai suoli più tipicamente aridi della zona costiera. Non è visibile un movimento verso l'alto dei sali, a dispetto della forte evaporazione dal suolo. Infatti, nella maggior parte dei suoli non organici i sali solubili appaiono essere completamente lisciviati dal profilo. Questo non si verifica per i suoli torbosi la cui superficie, nei periodi di aridità, può essere incrostata da depositi salini.

I processi di decomposizione della sostanza organica sono attivi, ma sotto le condizioni di basse temperature che prevalgono per la maggior parte dell'anno, i residui organici tendono ad accumularsi in forma pressoché non decomposta, tanto che alcuni suoli mostrano spessori superficiale di residui vegetali indecomposti di 1-3 cm e occasionalmente fino a 15 cm, intorno agli individui di Llareta (Azorella compacta Phil.).

Alle altitudini altipianiche non ci sono aree che presentino il sottosuolo permanentemente congelato, ma la maggior parte dei suoli comunemente congela fino ad una profondità di 4-8 cm duranti le notti invernali.

Per quello che riguarda il territorio del parco del vulcano Isluga, in cui è compreso il bacino del fiume Isluga, l'amministrazione CONAF (Enrique Miranda, CONAF, Arica, comunicazione personale) classifica i suoli della steppa altipianica andina in base alle unità fiosiografiche nei seguenti raggruppamenti:

• Pianure alluviali e/o colluviali: corrispondono ad aree dalla topografia piana o leggermente ondulata in cui il tipo di suolo è condizionato dalle caratteristiche fredde e xerofitiche dell'ambiente. I suoli quindi sono recenti e le variazioni di profilo per effetto della pedogenesi sono scarse. In generale si tratta di sabbia o ghiaia fine debolmente alterate. La loro litologia è eterogenea e corrisponde a una miscela di frammenti riolitici, andesitici e ghiaia pumicitica. La stratificazione che presentano è

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data principalmente da fenomeni alluviali e/o colluviali e, in minor misura, dalla influenza superficiale del vento. Possono essere classificati come suoli desertici da grigi a bruno-grigiastri in cui possono essere presenti inclusioni di carattere più rossiccio.

• Formazioni torbose: corrispondono a formazioni organico-torbose che si formano in condizioni di scarso drenaggio (idromorfismo). Nel territorio del parco hanno raggiunto uno sviluppo notevole in pianure chiuse o nel fondo delle gole.

Il profilo di questi suoli è costituito da una massa fibrosa di radici, talli e foglie di piante semi-acquatiche, vive o in diversi stadi di decomposizione, con materiale minerale incluso (sabbia e limo). Lo spessore del profilo organico può essere di 1 m o più al di sotto del quale si trova uno strato sabbioso da grigiastro a nero.

É questo tipo di suoli che sviluppa le dense comunità pratensi denominate bofedales. • Forme vulcaniche: le strutture vulcaniche poste ai margini dell'altipiano presentano i

seguenti tipi di suoli:

• Affioramenti rocciosi: litosuoli di sviluppo molto debole, pavimento di scorie, ghiaie e sabbie vulcaniche caratterizzati da forti pendenze e assenza di vegetazione alle altitudini maggiori.

• Parte intermedia dei versanti con forte pendenza: presentano suoli litosolici caratterizzati da scarso sviluppo, pavimento di ghiaie e sabbie vulcaniche e frequenti affioramenti rocciosi. Sono caratterizzati da una tessitura media e grossa, la cui copertura vegetale è costituita dalle formazioni di queñoales (Polylepis trapacana Phil.) e llaretales (Azorella compacta Phil.).

• Parte inferiore dei versanti a pendenza moderata (tra il 10 % e il 20 %): suoli fini, carattere colluviale (erosione di ghiaia) a e tessitura da media a moderatamente fine.

Caratterizzazione della risorsa idrica

Idrografia

I bacini che si collocano nella pianura altipianica sono di due tipi: areici ed endoreici. Nel secondo gruppo si incontrano i bacini dei fiumi Caquena, Lauca, Cancosa e Isluga-Cariquima, e nel primo i bacini dei laghi salati (salares) di Huasco, Coposa, Michincha, Ollagüe, Carcote y Ascotán (tab 1).

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Tab.1 : caratteristiche fisiografiche dei bacini (rielaborato da Balance hìdrico e Chile. D.G.A.,1987). Bacino Superficie (Km2) Quota media (m) Precipitazioni annue (mm) Rami principali

RIO CAQUENA (*)1268 4230 300-400 Caquena, Colpacagua e Cosapilla

RIO LAUCA (*) 2406 4295 150-400 Lauca, Guallatire e Desaguadero SALAR SURIRE 537 4150 250-300 Surire RIO ISLUGA

CARIQUIMA

(*) 2171 4200 150-300 Isluga, Cariquima, Mauque RIO CANCOSA (*) 502 4325 150-250 Cancosa, Ocachucho SALAR HUASCO 1374 4125 150-250 Piga, Collacagua SALAR COPOSA 1088 4000 150-200 Quebrada, Pabellon SALAR

MICHINCHA

298 4340 150-200 Q. Yabricayta, Q. Ujina SALAR OLLAGÚE (') 320 4050 100-200 Quebrada Amincha SALAR ASCOTAN 1435 4100 100-250

SALAR CARCOTE 525 4100 100-250 (') Bacini che drenano al di là del territorio cileno.

Come si vede la conca del fiume Isluga appartiene a un bacino che comprende anche il fiume Cariquima, i due corsi confluiscono in prossimità della frontiera e drenano in territorio Boliviano nella depressione del salar de Coipasa. E' stato stimato che circa il 60% delle acque del bacino drenano tramite il fiume Isluga, il resto tramite il Cariquima (D.G.A., 1987).

Il regime idrologico dei corsi d'acqua altipianici è fortemente influenzato dalle precipitazioni estive che, nei settori più elevati, si depositano prevalentemente in forma di neve, permettendo la continuità del regime idrologico durante tutto l'anno.

Le portate specifiche (portata per unità di superficie) mostrano una tendenza decrescente da Nord a Sud: da 3 l/s/Km2 (fiume Caquena), a 1,06 l/s/Km2 (fiume

Isluga), a 0,6 l/s/Km2 (fiume Cancosa). Risulta chiara in termini globali la maggiore

produttività di questi bacini rispetto ad alcune conche che drenano nel Pacifico e che ugualmente presentano scorrimento permanente lungo quasi tutto il loro corso, con una media di 0,23 I/s/Km2 per questi ultimi contro 1,1 I/s/Km2 (Salazar, 1993).

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Sulla base dei risultati della Dirección General de Aguas (D.G.A., 1987) è possibile rilevare che una alta proporzione della precipitazione media che entra nei bacini altipianici è consumata attraverso il processo di evapotraspirazione naturale, tale proporzione oscilla tra il 75% e il 90%. Da ciò si evince che il deflusso totale costituisce una frazione significamente minore, che varia quindi tra il 10% e il 25% delle precipitazioni che cadono sui bacini.

Nella tabella 2 sono elencate le componenti del bilancio idrico per i bacini della zona, realizzato sulla base di un periodo statistico di 20 anni (1961-1981) (D.G.A., 1987).

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Tab. 2: bilancio idrico di alcuni bacini altipianici. (rielaborato da Balance hìdrico e Chile. D.G.A.,1987) Bacino Superficie (Km2) Precipitazioni annue (mm) Deflusso (mm) Evapotraspirazi one (mm) Evapor azione (mm) CAQUENA e altri 1268 336 91 245 - LAGO CHUNGARA 257 341 0 215 86 RIO LAUCA 2.406 249 32 201 6 SALAR SURIRE 537 251 0 143 108 ISLUGA-CARIQUIMA 2.171 236 31 205 - RIO CANCOSA 502 190 19 171 - SALAR HUASCO 1.374 175 0 160 15 SALAR COPOSA 1.088 169 0 151 18 SALAR MICHINCHA 298 195 0 176 19 SALAR OLLAGÜE 320 184 30 154 - CARCOTE e ASCOTAN 2.019 162 0 124 30

Il bacino del fiume Isluga-Cariquima, come la maggior parte dei bacini altipianici, è contenuto in terreni vulcanici terziari e quaternari particolarmente favorevoli all'infiltrazione specialmente nei primi 10-20 (Salzar, 1993). Tali susbstrati presentano una permeabilità secondaria associata principalmente a processi di fratturazione, caratteristica che permette l'esistenza di processi di infiltrazione e trasmissione della risorsa idrica attraverso queste unità; l'entità di tali risorse sotterranee non è stata ancora quantificata con precisione (D.G.A., 1986). Per il bacino Isluga-Cariquima è stata stimata una percentuale piuttosto bassa di deflusso superficiale pari a circa il 10% delle piogge dell'anno, a causa congiuntamente degli importanti processi evapotraspirativi e di infiltrazione (D.G.A., 1986).

Qualità delle acque

Per quello che riguarda la composizione chimica delle acque di superficie i dati disponibili sono scarsi, molto distaccati nel tempo e localizzati. A partire dai valori dei parametri chimici di qualità si può valutare l'attitudine dell'acqua per un potenziale uso irriguo o potabile. Le acque del fiume Isluga sono state giudicate a questo proposito eccedenti, in relazione alla normativa vigente in Cile, nei parametri di conducibilità elettrica, solfati, sodio e boro, al contrario di altri bacini altipianici non è stato rilevato però eccesso di arsenico (Salazar, 1993).

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Flora, vegetazione e fauna dell'altipiano cileno

Le depressioni e le gole andine occupate da laghi, lagune e corsi d'acqua costituiscono habitat caratterizzati da condizioni molto diverse da quelle generali presenti nella cordigliera, costituendo vere isole ecologiche con fauna e flora peculiari, spesso endemismi, e ancora poco conosciute.

Flora e vegetazione

Sebbene la regione dell'altipiano nei Paesi limitrofi sia stata ampiamente investigata, la vegetazione del versante occidentale delle Ande cilene è relativamente poco conosciuta.

Dal punto di vista fitogeografico la flora della regione è stata inclusa da Cabrera (1973) nel dominio Andino-Patagonico (provincia della Puna, tra i 3400 e i 4500 m s.l.m., e Altoandina, sopra i 4500 m di altitudine) della regione fitogeografica Neotropicale.

Studi generali riguardo alle sequenza altitudinale delle formazioni vegetazionali nell'estremo nord del paese sono stati condotti da Schmithusen (1956, 1957) e da Pisano (1965), dei quali riportiamo le formazioni vegetazionali zonali riferite alle Ande cilene alla latitudine di Arica: (i) deserto e semi-deserto da 0 a 2400 m s.l.m. (deserto costiero), (ii) formazone arbustiva spinosa e nana da 2400 a 2800 m s.l.m. (Jaral desertico), (III) formazione di succulente da 2800 a 3700 m s.l.m. (formazione pre-andina di cactacee colonnari), (iv) formazione arbustiva mesofita da 3700 a 4000 m s.l.m. (tolar) e (v) formazione di graminacee di alta montagna da 4000 a 5800 m (pajonal).

Informazioni più recenti relative al settore cileno sono state riportate da Villagran (1981, 1983), che riporta l'esistenza di tre fasce altitudinali di vegetazione alla latitudine di 18-19° sud:

• formazione desertica (dai 1540 m ai 2800 m s.l.m.) caratterizzabile per una vegetazione bassa con scarso valore di copertura (tra 0.1 e 10%) e abbondanza di arbusti (Atriplex microphyllum) succulente colonnari (Browingia candelaris) e cespitose (specie del genere Opuntia).

Formazione di tolar (dai 3000 m ai 4000 m s.l.m.), secondo la denominazione regionale che indica una formazione ad alta copertura di vegetazione (tra 20% e 40%) con ricchezza di arbusti sempreverdi e caducifogli conosciuti dalle popolazioni locali con il termine generico di tola, da cui tolar. Le le specie dominanti tra gli

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arbusti sono Fabiana densa, Baccharis boliviensis, Diplostephium meyenii, Balbisia microphylla, Liphopappus tarapacanus e tra le erbacee Cardionema ramosissima e Eragrostis peruviana.

Formazione di pajonal (da 4000 m a 5200 m, limite altitudinale della vegetazione a queste latitudini), da pajas, denominazione generica che gli abitanti della regione conferiscono alle graminacee perenni dell'altipiano. Questa formazione si estende nell'altipiano propriamente tale e nei rilievi che emergono dal piano altipianico e raggiunge valori di copertura fino al 60%. Si osserva la dominanza di graminacee perenni, principamente Festuca ortophylla insieme a Parastrephia lucida, arbusto sempreverde dalle foglie squamose. Localmente si presentano le estese formazioni azonali di bofedales, boschetti discontinui di Polylepis tarapacana (queñoales) e raggruppamenti di Azorella compacta (llaretales), queste ultime due formazioni si trovano soprattutto sulle pendici rocciose con forte pendenza.

Alla latitudine di 18-19° S, prendendo in considerazione la vegetazione zonale dell'altipiano a partire dai 3000 m s.l.m., sono state descritte (Villlagran, 1981) le seguenti associazioni floristiche:

Associazione di Parastrephia lepidophylla e Baccharis santelicisAssociazione di Parastrephia lucida

subassociazione di P. Lucida e Festuca ortophylla

subassociazioni con Azzorella compacta e Polylepis tarapacanaAssociazione di Festuca ortophylla

Queste associazioni sono state riunite da Rivas-Martinez e Tovar (1982) nella classe Calamagrostietea vicunarum.

Comunità simili sono state descritte da Navarro (1993) nell'altipiano sud della Bolivia.

La vegetazione azonale, ovvero vegas e bofedales, è stata inclusa invece nella classe Plantagini rigida-Distechetea muscoidis (Rivas-Martinez e Tovar, 1982). Queste comunità si caratterizzano per la presenza e dominanza di elementi come Oxychloe andina, Distichia muscoides, Scirpus atacamensis, Puccinellia frigida e Arenaria rivularis (Troncoso, 1983).

Gajardo (1994) riporta invece come specie rappresentative di questi ecosistemi in ambito cileno Calamagrostis rigscens e Oxycloe andina, come specie accompagnanti Carex fuscula, Werneria spathulata, Werneria pygmaea, come specie comuni Bryopsis

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andicola, Gentiana prostrata, Hypochaeris thrincioides, Pratia repens (citata come Hypsela reniformis), Scirpus macrolepis, Werneria pinnatifida, come specie occasionali Azzolla filiculoides, Deyeuxia curvula, Distichia muscoides, Lilaeopsis andina, Myriophyllum acquaticum.

Non esistono studi specifici sulla flora e sulla vegetazione del bofedal di Isulga, sebbene informazioni sulla composizione floristica di quest bofedal siano state incluse in pubblicazioni riguardanti più ampie aree. In particolare Yanca (...) per il basso corso del fiume Isuga riporta la presenza delle seguenti specie: Carex sp., Catabrosa werdermanni, Deschampsia cespitos, Distichia muscoides, Oxychloe andina, Deyeuxia curvula, Deyeuxia chrysantha, Eleocharis sp., Festuca nardifolia, Pratia oligophylla (citata come Hypsela oligophylla), Hypocoeris sp., Lachemilla diplophylla, Lilaeopsis lineata, Miriophyllum quitense (citata come Mriophyllum aquaticum, Plantago barbata, Potamogeton strictus, Ranunculus sp. Phylloscirpus acaulis (citata come Scirpus acaulis), Werneria pygmaea, Sarcocornia pulvinata, Scirpus sp., Mimulus glabratus, Azolla filiculoides.

Per quanto riguarda le forme biologiche delle specie vegetali, i fattori determinanti dell'altitudine e del rilievo, contribuiscono insieme all'aridità relativa e al corto periodo vegetativo a determinare una fisionomia peculiare delle formazioni vegetali altipianiche. Si osserva quindi una grande omogeneità nelle forme biologiche, potendo rilevarne tre tipi fondamentali (Gajardo, 1994) :

(i) le piante pulvinate o a “cuscino”, dominanti nella vegetazione azonale,

(ii) le graminacee emicriptofite cespitose (pajas), facenti parte della vegetazione zonale,

(iii) le nanofanerofite e camefite (tolas), arbusti e arbusti bassi o pulvinati con fogliame ridotto, anch'essi appartenenti alla vegetazione zonale.

Le altre forme biologiche sono rappresentate in minor misura; Tellier (1998) riporta una percentuale pari al 1% per un area all'estremo sud della I regione, tra il 20 e il 21° di latitudine sud e i 3800 m e i 4700 m di altitudine.

Fauna dell'altipiano cileno

Le condizioni pedo-climatiche e del suolo del settore altipianico determinano ecosistemi classificati come fragili, e l'esistenza di una fauna adattata alla vita in altura (Cattan, 1993). Tuttavia questa fauna è molto varia, particolarmente nelle specie degli

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uccelli, che nella I Regione raggiungono la maggiore diversità di tutto il Cile. Questa regione riveste una speciale importanza poiché costituisce la parte più settentrionale di una “isola”, se si intende il Cile come tale, dal punto di vista biogeografico. Per questa ragione è possibile trovare specie che abitano altri macrohabitat sudamericani, ma che a causa delle barriere geografiche (deserto, cordigliera) sono rimaste isolate. Questo ha provocato alti livelli di endemismo nel biota terrestre della regione e del paese in generale (Simonetti et al., 1992).

Nella regione di Tarapacà sono state descritte: • 6 specie di anfibi di cui 2 endemiche

• 18 specie di rettili, di cui 8 endemiche • 239 specie di uccelli

45 specie di mammiferi terrestri di cui 1 endemica (Muñoz et al., 1996).

In particolare, nelle numerose depressioni occupate da laghi, salares o bofedales, si creano condizioni molto diverse da quelle generali della cordigliera, costituendo vere e proprie isole ecologiche con una flora e una fauna peculiari, come molte specie di uccelli (Raggi, 1993).

A titolo di esempio si citano le tre specie di fenicotteri presenti nel lago Chungará e nelle lagune Cotacotani e Salar de Surire; sono il fenicottero Cileno (Phoenicoparrus chilensis), il fenicottero andino (Phoenicoparrus andinus) e il fenicottero di James (Phoenicoparrus jamesi), il più raro tra le specie di fenicotteri del mondo.

Gli erbivori più abbondanti sono i roditori. Tra i grandi erbivori, i cervidi sono rappresentati dagli huemul (Hippocamelus antisensis), sebbene gli ungulati altipianici più tipici siano il guanaco (Lama guanicoe) e la vigogna (Vicugna vicugna), appartenenti alla famiglia dei camelidi, così come il lama (Lama glama) e l'alpaca (Lama pacos), che si conoscono soltanto allo stato domestico.

Tra i mammiferi predatori è incluso il puma (Felis concolor).

Molte delle specie citate si trovano anche all'interno del territorio del Parco Nazionale del vulcano Isluga ed alcune sono sono considerate vulnerabili o in pericolo di estinzione (tab.3 e tab.4) (Raggi, 1993).

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Tab. 3: alcune specie di animali altoandini in pericolo di estinzione esistenti nel Parco del Vulcano Isluga:

Nome comune Specie

Suri o Ñandú Pterocnemia pennata

Pato Cortacorrientes Merganetta armata

Guanaco Lama guanicoe

Gato Colocolo Felis colocolo

Puma Felis concolor

Tab. 4:alcune specie di animali altoandini vulnerabili esistenti nel Parco del Vulcano Isluga:

Nome comune Specie

Flamenco Chileno Phoenicopterus chilensis

Parina Grande Phoenicoparrus andinus

Parina Chica Phoenicoparrus jamesi

Tagua Gigante Fulica gigantea

Pato Puna Anas puna

Vicuña Vicugna vicugna

Taruca o Huemul del Norte Hippocamelus antisensis

Riguardo ai camelidi sudamericani, si sa che la loro relazione con l'uomo risale almeno a 6.000 anni fa. Delle quattro specie menzionate, tutte presenti nel Parco, due sono silvestri e due domestiche. Su queste ultime, sebbene domesticate da millenni, soltanto recentemente si sta formando interesse scientifico (Raggi, 1993).

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Caratterizzazione della componente antropica

Informazioni demografiche

Il bacino del fiume Isluga, per la parte cilena, si trova ubicato interamente nel territorio del comune di Colchane, appartenente alla provincia di Iquique.

La municipalità di Colchane è stata creata per Decreto Supremo il 26 novembre del 1980 con lo scopo di amministrare le risorse finanziarie destinate al benessere della popolazione e successivamente, dal 10 agosto 1986, amministrare e coordinare i servizi di educazione e salute (fonte: Municipalità di Colchane).

La superficie del comune abbraccia 3930 Km2 e le coordinate geografiche del

capoluogo del comune, Colchane, sono 68°-39' di longitudine O e 19°-15'-20'' di latitudine S.

I confini amministrativi sono: a nord con i comuni di Camarones e Putre, a sud con il comune di Pica, a est con la Repubblica di Bolivia e ad ovest con il comune di Camiña e Huara.

La popolazione comunale ammonta a 1626 abitanti (INE, 2000), dei quali il 97,2% si professa appartenente all'etnia Aymàra. La densità di popolazione è pari a 0,41 ab/ Km2,

molto bassa rispetto a quella della provincia e della regione, rispettivamente di 3,90 e 5,80 ab/Km2.

Nel territorio del comune esistono tre principali spazi geografici di insediamento umano, i quali posseggono ciascuno il proprio centro di convergenza per i servizi (scuola, anagrafe, poste...) e le proprie località convergenti.

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Tab. 5: principali insediamenti e popolazione residente. (Municipalità di Colchane, comunicazione personale)

Settore di convergenza Località convergenti

Enquelga (168 ab.) Panzuta, Chinchillane, Jalsure, Taipicollo, Caraguano, Aravilla, Chapicollo, Puchuldiza, Mauque, Ancuyo, Isluga.

Colchane (175 ab) Central Citani, Cotasaya, Escapiña, Pisiga Centro, Pisiga Choque, Pisiga Carpa.

Cariquima (226 ab) Chulluncane, Auncuaque, Chijo, Ancovinto, Panavinto, Quebe, Huaytane.

Esiste come si vede una certa dispersione della popolazione nel territorio del comune poiché nel capoluogo risiede soltanto il 10,7% della popolazione e nell'insieme dei tre settori di convergenza il 35%, il resto della popolazione risiede sparsa nei vari

insediamenti, distanti fino a 60 km dal capoluogo, che possono contare anche soltanto poche famiglie di abitanti.

All'interno della conca del fiume Isluga si trovano gli insediamenti che fanno capo a settore di convergenza di Colchane e parzialmente di Enquelga. Gli insediamenti considerati sono i seguenti: Central Citani, Cotasaya, Escapiña, Pisiga centro, Pisiga choque, Pisiga Carpa, Jalsure, Taipicollo, Caraguano, Aravilla, Isluga; oltre ai relativi centri di convergenza Colchane ed Enquelga per un totale di 1378 abitanti e circa 344 famiglie (Villaroel, comunicazione personale scritta, 2004).

Profilo socio-economico delle comunità

La popolazione del comune di Colchane è classificata interamente come rurale rispetto a una media provinciale della popolazione rurale del 5,8% e una media regionale del 6,48 % (INE, 1992).

Le principali attività economiche risultano infatti essere l'agricoltura e l'allevamento, con un 55,2% della popolazione che si dedica a tali attività, seguite dai trasporti e dal commercio con un 11%(municipalità di Colchane, comunicazione personale).

Esiste una popolazione economicamente attiva di 506 persone, corrispondente al 50,2% della popolazione al di sopra dei 15 anni, con un tasso di disoccupazione pari al 5,8%, più basso del valore regionale che è pari a 11,4% (INE, 2000).

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Sebbene il tasso di disoccupazione non sia elevato, il livello dei redditi per nucleo familiare è molto al di sotto della media provinciale e regionale. Infatti i redditi autonomi per famiglia, che comprendono stipendi e salari ma anche il valore di consumo dei prodotti agricoli prodotti dalla famiglia, le rendite da proprietà e i redditi provenienti da lavoro indipendente, interessi, pensioni o trasferimenti tra privati, raggiungono un valore medio di circa 160 US$ pari al 20,9% del livello di reddito autonomo della provincia e al 22,6% di quello della I regione.

Tale situazione del comune di Colchane è confermata dagli indici di povertà elaborati dall'Istituto Nazionale di Statistica (INE) cileno, ovvero la “linea di indigenza” e la “linea di povertà”.

Il primo è ricavato stabilendo il costo del paniere alimentare mensile pro capite, si definiscono quindi come indigenti le persone facenti parte di un nucleo familiare il cui reddito monetario mensile è inferiore a questo valore. Tali famiglie non sono quindi in grado di coprire adeguatamente le necessità alimentari dei propri membri, neanche investendo in alimenti tutti i propri redditi. Il secondo è ottenuto, per le zone rurali, incrementando del 75% il valore del paniere alimentare. Le famiglie in cui i redditi pro capite ricadono al di sotto di tale soglia sono quindi in grado di soddisfare le necessità alimentari, ma non l'insieme delle altre necessità di base e si definiscono come povere ma non indigenti. Il valori soglia dei due indici riferiti alle zone rurali per il 2000, anno del censimento sono rispettivamente 22 e 38 US$/mese.

Secondo questa classificazione è considerato come indigente il 38,5% della popolazione del comune e come povero non indigente il 19,5%, si tratta in tutto del 58% della popolazione, ovvero 942 persone su 1626.

Per completare l'analisi, si cita il risultato dell'inchiesta della Subsegreteria di Sviluppo Regionale e Amministrativo del Ministero degli Interni (SUBDERE, 1999), che classifica il comune di Colchane come territorio in condizioni di “isolamento critico”, classe di maggior isolamento, ovvero avente forti svantaggi rispetto ai comuni della stessa regione, in termini fisici, economici, demografici-culturali e amministrativi.

Gli indicatori utilizzati per tale classificazione possono essere caratterizzati come cause dell'isolamento, altri come conseguenze o manifestazioni di tale condizione. Tra le cause dell'isolamento sono stati considerati come indicatori l'aggressività del clima, la distanza dalla capitale regionale, l'accessibilità del luogo, la dipendenza dai sussidi statali per i comuni ecc...; tra le conseguenze: la mortalità, la densità e la dispersione sul

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territorio della popolazione, la presenza/assenza di servizi di base, l'isolamento dal mercato... Altri indicatori sono stati inclusi per la loro importanza strategica nello sviluppo di politiche di integrazione sociale ed economica, tra questi figura anche la percentuale di popolazione indigena.

Per il comune di Colchane, oltre all'alta percentuale di popolazione indigena, i fattori di maggior peso nel determinare l'isolamento sono l'avversità del clima, la scarsa accessibilità e la distanza dalla capitale provinciale, la dispersione della popolazione nel territorio del comune, la carenza di servizi fondamentali quali i servizi sanitari e l'elettricità (SUBDERE, 1999).

Agroecosistemi andini, colture e allevamento

Le specie coltivate nelle estreme condizioni climatiche dell'altipiano sono un ristretto gruppo di colture che ben si adattano alle basse temperature, all'aridità e in molti casi alla salinità dei suoli.

Tra le più importanti e diffuse la quinua (Chenopodium quinoa Willd.), una Chenopodiacea nativa delle pendici occidentali delle Ande, coltivata soprattutto in Bolivia e Perù, ma anche in Colombia, Argentina e appunto Cile (De la Torre, 1999).

La sua domesticazione da parte delle civiltà precolombiane risale al 4000 a.C. (De la Torre, 1999), ma, malgrado il suo alto valore nutritivo e la sua ampia diffusione tra le comunità preispaniche, è andata progressivamente scomparendo dall'agricoltura tradizionale a causa dell'inculturazione dei conquistatori spagnoli (De la Torre,1999). Lanino (1977) riporta che in Cile attualmente la quinua è confinata nell'altipiano andino e alle zone costiere del centro-sud. Secondo l'ultimo censo agricolo, fino al 1997 sull'altipiano cileno si coltiva su 176 ha (INE, 1997) superficie che è diminuita di un 30% attualmente (De la Torre, 1999).

Le seguenti informazioni, ove non diversamente specificato, sono tratte da (Mujica et al., 2001). La quinua è una pianta erbacea annuale. La specie presenta enorme variabilità e plasticità, nella sua morfologia, colorazione e comportamento, nelle differenti zone agroecologiche in cui si coltiva: dal livello del mare fino ai 4000 m s.l.m., in zone aride e in zone umide tropicali, in zone fredde e in zone temperate e calde. Inoltre presenta elevata tolleranza a fattori abiotici avversi, quali la siccità, le gelate, e la salinità del suolo.

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Il periodo vegetativo varia dai 90 ai 240 giorni. In quanto al fotoperiodo, la quinua mostra varie risposte: giorni corti richiesti per la fioritura in Ecuador, indifferenza al fotoperiodo in Cile e una serie di comportamenti intermedi. Cresce in un intervallo di precipitazioni compreso tra i 200 e i 2600 mm annui, si adatta a suoli acidi fino a pH 4.5 ed alcalini fino a pH 9.0, i semi germinano con una concentrazione salina fino a 56 mmhos/cm, si adatta a differenti tessiture del suolo, da suoli sabbiosi a argillosi. La colorazione della pianta è variabile con il genotipo e le tappe fenologiche, dal verde al rosso, passando al porpora, al giallo, all'arancio ecc... (Gallardo et al., 1997). L'altezza varia tra i 30 e i 300 cm, a seconda degli ecotipi e delle condizioni ambientali e pedologiche, per esempio gli ecotipi d'altura mostrano altezze minori rispetto a quelli delle valli. E' classificata come C3.

L'apparato radicale è fittonante, vigoroso, profondo e ramificato. La radice principale si origina dal periciclo, alla germinazione si allunga per prima la radichetta, che da luogo alla radice principale, che può raggiungere in caso di siccità fino a 1.80 m di profondità. Eccezionalmente si osserva allettamento a causa del vento, eccesso di umidità e soprattutto per il peso della pannocchia, la profondità della radice è in stretta relazione con l'altezza della pianta.

L'infiorescenza è una pannocchia tipica, costituita da un asse centrale, assi secondari e terziari e pedicelli che sostengono i glomeruli in cui si inseriscono i fiori. Questa può essere lassa (amarantiforme) o compatta (glomerulata), acquisendo anche forme intermedie tra le due. La lunghezza della pannocchia è variabile, a seconda del genotipo e dalle condizioni di fertilità del suolo, può raggiungere lunghezze dai 30 agli 80 cm, con diametri da 5 a 30 cm. Il numero di glomeruli per pannocchia varia da 80 a 120 e il numero di semi da 100 a 3000 (Erquinigo,1970).

Il frutto è un achenio che deriva da un ovario supero uniloculare di simmetria dorsiventrale, ha una forma cilindrico-lenticolare, nella zona ventrale dell'achenio si osserva una cicatrice che è l'inserzione del frutto nel ricettacolo fiorale. Il frutto è costituito dal perigonio, di aspetto membranaceo, che involve completamente il seme e contiene un solo seme di colorazione variabile con un diametro da 1.5 a 4 mm. Il frutto è indeiscente nella maggior parte degli ecotipi coltivati e il contenuto di umidità alla raccolta è di circa 14.5% (Gallardo et al., 1997).

Il seme, costituito dal frutto maturo senza il perigonio, è di forma lenticolare, ellipsoidale, conica o sferoidale, presenta tre parti ben definite che sono: episperma,

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embrione e perisperma. L'episperma è costituita da quattro strati: uno esterno dalla superficie rugosa, che si separa facilmente, in questa si trova la saponina che dà sapore amaro al grano e la cui aderenza al seme è variabile a seconda dei genotipi. Il secondo strato è fine e si osserva solo quando lo strato esterno è traslucido; il terzo strato è di colore giallastro e opaco. (Villacorta e Talavera, 1976).

Lanino (1977) riporta che gli agricoltori di Isluga utilizzavano un miscuglio di differenti varietà di quinua adattate a zone in asciutto e alle zone irrigue con differenze nel colore del seme. Carevic (1997) indica che nella località vicina di Cariquima attualmente si coltivano 20 ha di questa coltura mentre 24 anni fa questa superava i 200 ha. La diminuzione si è tradotta anche in perdita di varietà, infatti in passato esistevano nella zona fino a 12 varietà di quinua diverse, che si distinguevano per differenti caratteristiche, quali alti o bassi rendimenti, ciclo vegetativo breve o lungo, diversa colorazione del seme etc...(Lanino, 1977). Questa perdita si inquadra in una generale perdita delle tradizioni indigene intorno alla coltivazione, cui si è assistito in seguito all'inculturazione spagnola prima e al regime dittatoriale dopo (De la Torre, 1999).

Attualmente l'interesse nei confronti delle colture andine, in particolare della quinua, sta rinascendo anche in Cile, con un certo ritardo rispetto agi altri paesi andini, tuttavia per il momento in Cile non esistono ancora varietà definite, non è ben studiata la tolleranza di questa specie agli stress ambientali, e non esiste una banca del germoplasma.

Nell'alimentazione delle popolazioni andine è consumata sotto forma di granella, dopo essere stata sottoposta a lavaggi per eliminare il contenuto in saponina che le conferisce sapore amaro, sotto forma di farina che può essere panificata o consumata cruda o tostata, in forma di fiocchi, di semola etc... I residui della pianta e i sottoprodotti della raccolta sono spesso utilizzati come foraggio. Le foglie tenere sono anch'esse consumate come verdura o perché le si attribuiscono proprietà medicinali (Mujica et al., 2001) .

Le proprietà nutritive sono eccellenti: il contenuto in proteine varia a seconda delle varietà dal 10 al 13%, quello in grassi dal 4 al 8% e in carboidrati dal 65 al 69%. A titolo di esempio si riporta in tab.6 il confronto tra gli amminoacidi presenti nella quinua, e in altre fonti di proteine di buona qualità. La quinua non contiene glutine.

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Tab 6: Composizione in amminoacidi di proteine di origine animale di buona qualità e di quinua, grano e soia (mg de amminoacidi/g de proteina) (rielaborato da FAO, 1992).

Insieme alla quinua, soprattutto la patata (Solanum tuberosus L.), in numerose varietà ed ecotipi, e atri tuberi, complementano l'alimentazione delle popolazioni andine.

Oltre all'agricoltura l'allevamento di lama e alpaca costituisce la principale fonte di reddito della popolazione Aymàra, grazie alla produzione di fibra e di carne.

Generalmente, le pratiche di produzione tradizionali di una collettività sono il risultato della osservazione e della conoscenza dell'ambiente e delle risorse disponibili. Per questo qualsiasi strategia che si proponga di migliorare l'allevamento e lo standard di vita delle popolazioni altipianiche, deve essere accompagnata dalla conoscenza dei sistemi di allevamento in uso. E il sistema di allevamento che si è sviluppato nell'ambiente altoandino possiede caratteristiche proprie peculiari (Raggi, 1993).

Si tratta sostanzialmente di sistemi di tipo estensivo di cui le zone umide d'altura, vegas e bofedales, costituiscono l'asse principale. Gli animali (lama, alpaca, e in minor misura ovini) infatti vengono fatti pascolare per la maggior parte dell'anno nelle praterie naturali dell'altipiano bofedales, vegas o steppa, generalmente in zone diverse a seconda dei periodi dell'anno (Castro Lucic e Bahamondes, 2001).

In generale i cicli annuali di pascolo nell'area altipianica alle differenti latitudini non si possono spiegare senza dar conto della diversità esistente tra le varie zone umide, in

Amminoacidi (mg/g de proteina cruda) Uovo Latte vaccino intero Carne bovina Quinua Grano cariosside intera Soia seme Istidina 22 27 34 31 25 28 Isoleucina 54 47 48 53 35 50 Leucina 86 95 81 63 71 86 Lisina 70 78 89 64 31 70 Metionina + Cistina 57 33 40 28 43 28 Fenilalanina + Tirosina 93 102 80 72 80 88 Treonina 47 44 46 44 31 42 Triptofano 17 14 12 9 12 14 Valina 66 64 5 48 47 52

Totale inclusa istidina 512 504 479 412 375 458

Figura

Figura   1:   Schema   grafico   delle   zone   umide   presenti   nell'altipiano   andino   cileno (rieaborato da Yanca, 1987)
Tab.  2:  bilancio  idrico  di  alcuni bacini  altipianici. (rielaborato da Balance  hìdrico e  Chile
Tab. 4:alcune specie di animali altoandini vulnerabili esistenti nel Parco del Vulcano Isluga:
Tab. 5: principali insediamenti e popolazione residente. (Municipalità di Colchane, comunicazione personale)
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