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in composizione monocratica nella persona del Dott. Filippo LAGRASTA alla pubblica udienza del 17/02/2021

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Tribunale di Vicenza – Sezione penale – Sentenza 20 aprile 2021 n. 173 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI VICENZA - Sezione Penale

in composizione monocratica nella persona del Dott. Filippo LAGRASTA alla pubblica udienza del 17/02/2021

ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA

(art. 544 3 comma C.P.P.) nel procedimento a carico di:

(...) nato il (...) a Vigevano (PV), residente a Colognola ai Colli (VR) via (...) - domicilio dichiarato;

libero - assente

con difensore di fiducia Avv. Al.Be. del Foro di Pavia;

PARTE CIVILE costituita all'udienza del 14.11.2018 Avv. Pa.Me. del Foro di Vicenza difensore e procuratore speciale di (...).

MOTIVI DELLA DECISIONE SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto di citazione diretta del 28/5/2018, (...) è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale di Vicenza per rispondere del reato riportato in epigrafe.

All'udienza del 10/10/2018 l'imputato è stato dichiarato assente, mentre alla successiva udienza del 14/11/2018 la persona offesa si è costituita parte civile per tramite del proprio difensore.

L'istruttoria ha preso avvio all'udienza del 7/5/2019 con l'esame testimoniale della parte civile (...) e di (...).

Tra l'udienza del 13/11/2019 e l'udienza del 23/9/2020 si è verificata una causa di sospensione del termine di prescrizione del reato a seguito dell'accoglimento della richiesta di rinvio formulata dal difensore dell'imputato.

Il dibattimento è proseguito all'udienza del 23/9/2020 con l'esame del teste (...). Infine, all'udienza del 27/1/2021, una volta ascoltate le dichiarazioni di (...), le parti hanno brevemente discusso presentando le conclusioni riportate in epigrafe; in assenza di repliche, all'udienza del 17/2/2021, il Tribunale ha pronunciato sentenza dando lettura del dispositivo.

PROVE RILEVANTI

I fatti che hanno originato l'odierna incolpazione devono essere ricostruiti sulla base:

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- della testimonianza della persona offesa (...), che in modo lineare e preciso ha riferito quanto accaduto il 7/6/2015 in località Maddalene (VI) durante la sagra del paese, riportando puntualmente le frasi offensive ricevute in tale occasione dall'imputato;

- delle dichiarazioni rese da (...), che ha sostanzialmente confermato la dinamica degli eventi raccontati dalla persona offesa, in particolare con riferimento alle frasi oltraggiose ricevute da (...) durante la serata del 7/6/2015;

- delle affermazioni di (...), che ha riferito del diverbio concitato nato tra l'imputato e (...) a margine della sagra del paese dove la stessa era impegnata come volontaria, tuttavia non ricordando le frasi specificamente pronunciate all'indirizzo della persona offesa;

- di quanto raccontato da (...) il quale, a seguito della richiesta di intervento della persona offesa, è intervenuto per individuare le persone coinvolte nel diverbio avvenuto durante la sagra, identificando (...) quale il soggetto che, anche in sua presenza, aveva offeso (...).

RICOSTRUZIONE DEL FATTO

Durante la sagra di paese che si stava svolgendo in località Maddalene (VI), la sera del 7/6/2015, intorno alle ore 20.30 circa, è sorto un dissidio tra (...) e (...), vice Brigadiere dei Carabinieri di Vicenza il quale, libero dal servizio, si stava recando alla festa con il proprio cane.

(...) si trovava insieme all'amico (...) presso l'entrata della sagra quando l'imputato - che teneva al guinzaglio un cane di grossa taglia - gli si è avvicinato chiedendogli in modo brusco di lasciarlo passare e iniziando ad alterarsi, nonostante l'uomo gli avesse ceduto il passo senza replicare.

A quel punto, (...) si è qualificato all'imputato quale appartenente all'arma dei Carabinieri, esibendogli anche il proprio tesserino di riconoscimento: ciononostante, (...) ha iniziato ad offenderlo con frasi come "non me ne fotte un cazzo che sei un Carabiniere, sbirro di merda", arrivando ad assumere toni velatamente minacciosi dicendo "se ci vediamo per strada non so come va a finire, posso stringerti la mano o menarti".

Dal momento che i toni tra i due non accennavano a calmarsi e intorno a loro si era riunita una piccola folla di curiosi, è stata allertata una pattuglia dei Carabinieri composta da (...) che, una volta intervenuta sul posto, ha proceduto ad identificare i presenti: anche in tale frangente, l'imputato ha continuato ad offendere (...), incurante della presenza degli operanti.

LA RESPONSABILITÀ DELL'IMPUTATO

Gli elementi istruttori raccolti nel corso del dibattimento non consentono di pervenire ad una pronuncia di condanna nei confronti di (...) in relazione al reato di oltraggio ascrittogli. Innanzitutto, sotto il profilo dell'elemento materiale delle fattispecie, occorre rilevare che la ricostruzione dei fatti trova essenzialmente fondamento nella testimonianza della persona offesa: le dichiarazioni di (...) sono risultate intrinsecamente chiare, lineari e circostanziate, prive di significative contraddizioni e sono perciò pienamente idonee a fondare la prova di quanto accaduto la sera del

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7/6/2015, secondo un ormai consolidato e condivisibile orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Cass. SS.UU., sent. n. 41461/2012; Cass. pen., sez. 1, sent. n. 13016/2020).

Sul punto, considerato che la persona offesa si è costituita parte civile all'udienza del 14/11/2018 - circostanza che impone un vaglio di credibilità particolarmente stringente della sua testimonianza, in ragione del diretto interesse patrimoniale dalla stessa vantato nella definizione del procedimento - è bene evidenziare che quanto riferito da (...) ha trovato pieno riscontro nelle altre dichiarazioni rese dagli altri testimoni ascoltati nel corso del dibattimento.

In particolare, i testi (...) e (...) hanno confermato di aver udito direttamente l'odierno imputato offendere (...) e rivolgersi alla parte civile con espressioni come "non me ne fotte un cazzo che sei un Carabiniere, sbirro di merda" e "se ci vediamo per strada non so come va a finire, posso stringerti la mano o menarti".

Allo stesso modo, la teste (...) ha riferito di aver visto un ragazzo con un cane di grossa taglia - successivamente identificato come (...) da parte di (...) - avvicinarsi in modo alterato ad un altro signore accompagnato da un cane più piccolo che invece cercava di far cessare il diverbio, così confermando la dinamica dei fatti rappresentata dalla persona offesa.

Ebbene, la condotta descritta dai testimoni non è di per sé idonea ad integrare la fattispecie prevista dall'art. 341 bis c.p. poiché, nel caso di specie, difetta almeno uno degli altri elementi di fatto necessari alla configurazione del delitto in questione.

Le parole pronunciate da (...) nei confronti di (...) presentano certamente un'intrinseca attitudine oltraggiosa, astrattamente idonea a recare nocumento a quella particolare forma di rispetto e di decoro che deve circondare coloro che esercitano una pubblica funzione, dal momento che l'obiettiva capacità offensiva di determinate espressioni verbali non può dirsi elisa dalla facilità e dalla frequenza con le quali esse vengono adoperate in un determinato periodo storico o contesto sociale (cfr. Cass. pen., sez. 6, seni n. 51613/2016).

Parimenti, la condotta dell'imputato presenta il carattere della pubblicità richiesto dalla norma incriminatrice, dal momento che è stata posta in essere in un luogo pubblico (quale può qualificarsi il piazzale nel quale si svolgeva la festa di paese teatro del diverbio tra (...) e (...)) e alla presenza di più persone (considerato che, quando è sorto lo screzio, i due si trovavano all'ingresso della sagra e vi erano molte persone presenti): in proposito, in modo condivisibile la giurisprudenza di legittimità ha osservato che, ai fini della configurazione del reato, non è necessaria la diretta percezione delle offese da parte di soggetti diversi dal loro destinatario, essendo sufficiente la mera possibilità che i presenti possano percepire l'offesa rivolta nei confronti del pubblico ufficiale (cfr. Cass. pen., sez. 6, sent. n. 47879 del 25/11/2019).

Tuttavia, la norma incriminatrice richiede che la condotta offensiva dell'onore e del prestigio sia indirizzata ad un soggetto passivo che rivesta la qualifica di pubblico ufficiale, proprio a causa del suo ruolo, mentre questi si trovi nell'esercizio delle sue funzioni ovvero sia impegnato nel compimento di un atto del proprio ufficio (cfr. Cass. pen., sez. 5, sent. n. 15367/2014). Con tale previsione, il legislatore ha compiuto una precisa scelta di politica criminale restringendo la

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punibilità delle condotte offensive che si rivolgono ad un soggetto che riveste la carica di pubblico ufficiale solo quando la qualifica esprime un alto grado di compenetrazione con l'azione della Pubblica Amministrazione, rappresentato dal concreto e attuale svolgimento di un atto dell'ufficio.

Il reato previsto dall'art. 341 bis c.p. sanziona quindi soltanto la condotta ingiuriosa che - in quanto connotata da una relazione diretta rispetto all'espletamento della pubblica funzione - sia idonea a minare la dignità sociale rivestita dal pubblico ufficiale e, attraverso di esso, la considerazione goduta dalla pubblica amministrazione che lo stesso impersona in quel preciso momento (cfr. Cass.

pen., sez. 6, sent. n. 26615/2018).

Nel caso in esame, non sussiste questo ulteriore elemento costitutivo della fattispecie contestata, dal momento che non può rintracciarsi alcun nesso funzionale tra la condotta ingiuriosa e l'attività svolta da (...) quale pubblico ufficiale: infatti, al momento in cui l'imputato ha iniziato ad offenderla, la persona offesa non si trovava in servizio e, come precisato da (...) stesso, si trovava alla festa di paese in qualità di semplice cittadino.

Sul punto, deve ritenersi del tutto ininfluente la circostanza che (...) si sia presentato all'imputato come pubblico ufficiale, esibendogli il proprio tesserino di riconoscimento e qualificandosi come Carabiniere.

Come precisato da un condivisibile orientamento della Cassazione, infatti, è necessario distinguere tra carattere permanente della funzione e concreto esercizio delle funzioni: solo il concreto e attuale esercizio di un atto dell'ufficio da parte del soggetto passivo è idoneo ad integrare l'elemento costitutivo del reato di oltraggio a pubblico ufficiale; diversamente, la n ozione di

"servizio permanente" comporta che il dipendente pubblico possa in ogni momento intervenire per esercitare in concreto i propri compiti ma non anche che egli in concreto li eserciti (cfr. Cass. pen., sez. 1, sent. n. 14811/2015; Cass. pen., sez. 1, sent. n. 21730/2001).

Di conseguenza, il fatto che (...) sia effettivamente un Carabiniere e si sia presentato come tale all'imputato, nel tentativo di farlo desistere dalla sua condotta oltraggiosa, non implica che egli stesse svolgendo un atto del suo ufficio al momento del fatto poiché nel caso concreto egli non ha esercitato alcuna delle funzioni derivanti da tale carica: prova ne sia il fatto che, per porre fine alle ingiurie di (...) ed identificarlo, la persona offesa ha dovuto avvalersi dell'intervento di una pattuglia di colleghi, essendo libero da servizio.

Considerata la ratio sottesa alla previsione incriminatrice, non può pertanto dirsi integrato nel caso di specie il reato contestato, poiché le espressioni ingiuriose rivolte a (...) dall'imputato non trovano origine da un atto d'ufficio che la persona offesa stava compiendo, con la conseguenza che la condotta offensiva di (...) non può porsi in relazione con il decoro e il buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Si impone pertanto nei confronti dell'imputato una pronuncia di assoluzione perché il fatto non sussiste, non potendosi procedere ad una riqualificazione del fatto contestato nel reato di ingiuria di cui all'art. 594 c.p., attesa la sua abrogazione in virtù del D. Lgs. n. 7/2016.

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In ragione del carico del ruolo monocratico, il deposito dei motivi della decisione è stato riservato al novantesimo giorno.

P.Q.M.

Visto l'art. 530 c.p.p.

assolve (...) dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste.

Visto l'art. 544, comma 3, c.p.p.

indica in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Vicenza il 17 febbraio 2021.

Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2021.

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