Grave ipertrigliceridemia senza complicanza d’organo in un paziente alcolista non diabetico
M. Maioli¹, G.M. Pes², G. Piga¹, L. Puddu¹, S. Masala¹, A. Errigo¹, F. Tolu¹, G. Secchi¹, G. Delitala¹
1Istituto di Clinica Medica e Terapia Medica; 2Dipartimento di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Sassari, Italia
Caso clinico
Clin Ter 2009; 160 (3):217-221Corrispondenza: Prof. Mario Maioli, Istituto di Clinica Medica e Terapia Medica. Cattedra di Malattie Metaboliche e del Ricambio. Servizio di Diabetologia, Università di Sassari, Viale San Pietro 8, 07100 Sassari, Italia. Tel, +39.079.228240; Fax +39.079.228240.
E-mail: marimaio@uniss.it Introduzione
L’ipertrigliceridemia severa, caratterizzata da valori plasmatici superiori a 10 mmol/L (≈ 909 mg/dL), aumento delle VLDL e presenza pressoché costante di chilomicroni (1) è dovuta a cause genetiche o acquisite.
Solamente in una percentuale inferiore al 5% dei casi (2), l’ipertrigliceridemia è il risultato di vari difetti genetici implicati nel metabolismo delle lipoproteine ricche in tri- gliceridi. Oltre alle ben conosciute mutazioni a carico dei geni della lipoprotein lipasi (3) e dell’Apolipoproteina CII responsabili dell’iperlipoproteinemia di tipo I (4), e del- l’Apolipoproteina E implicata nell’iperlipoproteinemia di tipo III (5), recentemente mutazioni omozigoti a carico del gene dell’Apolipoproteina A5 sono state riportate respon- sabili di gravi ipertrigliceridemie (6).
Le forme secondarie, nelle quali una componente di suscettibilità genetica non è rintracciabile, prevalgono nella maggior parte dei pazienti. Tra le condizioni più Riassunto
Viene descritto il caso clinico di un paziente alcolista (>220 g/die), non diabetico, con grave ipertrigliceridemia (12.679 mg/dL) insorta dopo prolungata assunzione di alimenti ricchi di grassi saturi, senza complicanze pancreatiche e senza rilevabili fattori genetici responsabili di gravi dislipidemie. Dopo normalizzazione dei valori dei trigliceridi e del colesterolo in seguito a terapia nutrizionale parenterale priva di grassi l’abolizione del consumo di alcolici e una dieta equilibrata con percentuale di grassi saturi < 10% hanno consentito il mantenimento di un normale profi lo lipidico senza peraltro ricorrere all’assunzione di farmaci ipolipemizzanti. L’assenza di danno d’organo, nel caso riportato, è verosimilmente da attribuire alla breve durata dell’episodio di ipertrigliceridemia. Il trattamento di questa condizione non richiede necessariamente la LDL-aferesi ma può giovarsi della sola terapia parenterale purché in assenza di altri fattori di rischio. Clin Ter 2009;
160(3):217-221
Parole chiave: alcol, dieta iperlipidica, ipertrigliceridemia
Abstract
Severe hypertriglyceridemia without organ complications in an alcoholic non-diabetic patient
A case report of a non-diabetic alcoholic patient (ethanol intake
>220 g/d) who experienced severe hypertriglyceridemia (12.679 mg/dL) without pancreatitis or detectable genetic factors responsible for severe dislipidemia is described. Following the normalization of triglyceride and cholesterol levels, through lipid-free parenteral nu- trition therapy, a regimen of alcohol withdrawal and a well-balanced diet with less than 10% saturated fat maintained a normal lipid pro- fi le without requiring any lipid-lowering drug. The absence of organ damage in the patient is likely to be attributed to the short duration of the elevated triglyceride peak. The treatment of this disorder does not necessarily require LDL-apheresis but can be simply managed by parenteral therapy provided that no other risk factors are present. Clin Ter 2009; 160(3):217-221
Key words: alcohol, hypertriglyceridemia, rich-fat diet
frequentemente associate a valori elevati di trigliceridi, un ruolo centrale viene svolto dal diabete mellito di tipo 2, dall’obesità, dalla gravidanza, dalle malattie renali e da alcuni farmaci.
Alcuni studi inoltre hanno messo in evidenza che in talu- ni soggetti l’assunzione di grandi quantità di alcol determina un aumento dei trigliceridi e delle VLDL (7, 8).
Tuttavia non tutti i soggetti a parità di esposizione a fattori secondari di ipertrigliceridemia, verosimilmente per una differente suscettibilità genetica (di tipo monogenico o poligenico), sviluppano una forma di dislipidemia di uguale gravità.
Mentre l’ipertrigliceridemia di grado moderato è consi- derata un fattore di rischio cardiovascolare (9), i pazienti con ipertrigliceridemia severa sono ad alto rischio di pancreatite acuta (10).
Di seguito descriviamo un caso clinico di una grave forma di ipertrigliceridemia (>12.000 mg/dL), senza compli- canze pancreatiche, in un soggetto non diabetico, non obeso,
forte consumatore di bevande alcoliche e senza rilevabili fattori genetici responsabili di ipertrigliceridemia.
Caso clinico
M. M., maschio di 45 anni, operaio di offi cina meccanica, si è presentato al Pronto Soccorso di un’altra ASL della Sarde- gna per il riscontro di una grave forma di iperlipidemia mista (colesterolemia totale, 1.495 mg/dL e trigliceridemia 12.679 mg/dL), iperferritinemia ed anemia macrocitica, rilevata in occasione di esami ematochimici richiesti dal medico curante in quanto da circa 20 giorni accusava dispnea intensa per sforzi lievi, astenia e dolori in sede epigastrica dopo i pasti.
Dopo la conferma della grave iperlipidemia, il paziente è stato trasferito immediatamente presso il reparto di Clinica Medica dell’Università di Sassari per ulteriori accertamenti.
All’ingresso in reparto all’esame obiettivo il paziente presentava buone condizioni generali, era collaborante e con un buon orientamento spazio-temporale, non lamentava nausea o vomito né temperatura cutanea febbrile. La cute era normotrofi ca, non erano rilevabili xantomi tuberosi o piani, xantelasmi né xantomatosi eruttiva, si apprezzava una modesta lipemia retinalis. Il pannicolo adiposo era normalmente rappresentato e l’indice di massa corporea era di 23,2 kg/m²; la PA= 130/90 mmHg, FC= 98 bpm. Non era presente cianosi o clubbing, non alterazioni cardiache obiet- tivabili, FVT normotrasmesso, MV e SCP normopresenti, l’addome era trattabile, non dolente, senza masse palpabili;
il fegato debordava 4 cm dall’arcata costale e la milza era palpabile. Non reticoli venosi; Giordano e Murphy negativi.
Non edemi in sede periferica, polsi arteriosi normosfi gmici e forza muscolare conservata. Il tracciato ECG era nella norma, l’eco-doppler dei TSA mostrava piccole placche fi brocalcifi che emodinamicamente non signifi cative e la radiografi a del torace evidenziava un diffuso ispessimento della trama interstiziale su tutto l’ambito polmonare.
L’ecografi a dell’addome rivelava un aumento delle di- mensioni del fegato, marcata disomogeneità ecostrutturale associata ad una discreta iper-refl ettività diffusa del paren- chima da steatosi di grado elevato, peraltro senza lesioni focali. Inoltre non erano presenti calcoli a carico delle vie biliari e della colecisti. Anche le vie escretrici pancreatiche erano apparentemente pervie.
Dall’anamnesi emergeva una storia di “potus” da circa 20 anni (>220 g/die di alcol) e tabagismo (30-40 sigarette al dì, ridotte a 20 negli ultimi 30 gg). Il paziente negava l’assunzione di farmaci e l’uso di sostanze stupefacenti.
Riferiva inoltre di aver seguito negli ultimi 30 giorni un’ali- mentazione particolarmente ricca di grassi saturi. Tre anni addietro il paziente aveva manifestato un episodio di perdita di coscienza di breve durata attribuita da un medico consul- tato ad una crisi epilettica, trattata con oxcarbazepina per circa 2 anni. Tale diagnosi non venne confermata dall’esame EEG eseguito successivamente.
L’anamnesi familiare evidenziava che il padre, affetto da una forma di dislipidemia non ben precisata e da diabete mellito tipo 2, era deceduto a 79 anni per IMA, la madre di 70 anni e due fi gli godono buona salute.
Gli esami di laboratorio eseguiti all’ingresso in reparto (Tab. 1) hanno confermato la grave iperlipidemia, l’anemia macrocitica, un discreto aumento della ferritina e un modesto aumento delle ALT e γ-GT. Il siero era lattescente nell’infra- natante e cremoso in superfi cie (Fig. 1) e l’elettroforesi delle lipoproteine aveva messo in evidenza una notevole quantità di chilomicroni ed una scarsa separazione delle altre bande elettroforetiche (Fig. 2).
La concentrazione dell’apolipoproteina B era elevata e quella dell’apolipoproteina AI bassa.
Il paziente ha intrapreso terapia parenterale a base di soluzioni glucosate (al 5%) e soluzioni fi siologiche ed è stata praticata per via sottocutanea terapia a base di eparina a basso peso molecolare (Clexane) 4000 U/die per 5 gg, dal momento che non è stato possibile praticare un trattamento
Tabella 1. Caratteristiche cliniche e parametri di laboratorio del paziente M.M. al momento del ricovero, 1 mese e 6 mesi dopo la dimissione.
Parametro Valori di riferimento Ricovero
(11/01/2008)
1 mese dopo la dimissione
5 mesi dopo la dimissione
Indice di massa corporea (kg/m²) 18,9 – 24,9 23,2 23,2 25,2
Glicemia (mg/dL) 65 - 110 73 68 100
Creatininemia (mg/dL) 0,5 – 1,4 1,12 1,0 1,2
Colesterolo totale (mg/dL) < 200 1495 156 215
Colesterolo HDL (mg/dL) > 35 — 32 70
Trigliceridi (mg/dL) < 150 12679 82 109
Apolipoproteina AI (mg/dL) 117 - 205 80 120 —
Apolipoproteina B (mg/dL) 55 - 187 230 90 —
MCV (fL) 81 – 89 108,4 106,1 96
Sodio (mmol/L) 137 – 145 128 138 —
Potassio (mmol/L) 3,6 – 5,0 3,6 4,1 —
Bilirubina totale (mg/dL) 0,2 – 1,3 0,98 0,2 —
AST (UI/mL) 10 – 45 61 16 22
ALT (UI/mL) 10 – 55 19 23 24
γ-GT (UI/L) 8 – 78 1918 184 82
Amilasi (UI/mL) 30 – 110 30 52 —
Lipasi (UI/mL) 23 – 300 49 50 —
di LDL-aferesi. Tale trattamento non è stato eseguito nean- che il giorno successivo considerato che il paziente aveva già presentato un forte calo dei valori dei trigliceridi e del colesterolo e non erano comparsi sintomi o segni di com- plicanze d’organo.
La terapia parenterale è stata continuata nei giorni suc- cessivi fi no alla normalizzazione dei valori del colesterolo e dei trigliceridi senza l’aggiunta di farmaci ipolipemiz- zanti.
Successivamente, dopo aver determinato il bilancio azotato, il metabolismo basale mediante calorimetria indi- retta, la composizione corporea mediante impedenziometria bioelettrica ed il monitoraggio dell’attività fi sica con il multisensore SenseWear Armband™, al paziente è stato prescritto uno schema dietetico normocalorico, bilanciato, con una percentuale di grassi saturi inferiore al 10% e la completa abolizione delle bevande alcoliche. È stata inoltre suggerita la sospensione del fumo di sigaretta.
A distanza di 20 giorni dalla dimissione sono stati pra- ticati il profi lo lipidico che ha mostrato un ulteriore calo dei valori dei trigliceridi e del colesterolo totale e il test all’Intralipid® al 10% (1 ml/kg di peso) che non è risultato signifi cativamente differente da quello dei soggetti di con- trollo (Fig. 3).
Poiché il paziente aveva programmato di riprendere l’attività lavorativa è stato aumentato l’apporto calorico di circa 330 kCalorie che peraltro ha portato nel volgere di 5 mesi ad un aumento del peso di 6 kg. Il paziente purtroppo ha continuato a fumare circa 20 sigarette ogni giorno.
Discussione
È verosimile che nel caso clinico da noi riportato la grave ipertrigliceridemia, compatibile con una forma di iperlipo- proteinemia di tipo V per l’aspetto lattescente e cremoso del siero, sia attribuibile, dopo aver escluso forme secondarie ad assunzione di farmaci, al concorso dell’assunzione cronica di alcol in grandi quantità e di un eccessivo introito di alimenti ricchi di grassi saturi nel mese precedente il ricovero. Infatti
Fig. 1. Aspetto macroscopico del siero del paziente al momento del ricovero e a distanza di 20 giorni dalla dimissione.
Fig. 3. Risultati del test con Intralipid® 10% (1 mL/kg di peso) Fig. 2. Elettroforesi delle lipoproteine (Lipo Gel Bekman). Corsia
1: siero di controllo; corsia 2: siero del paziente al momento del ricovero; corsia 3: siero del paziente in 2° giornata; corsia 4: siero del paziente in 5° giornata; corsia 5: siero del paziente a distanza di 2 mesi dalla dimissione
il paziente, nonostante da alcuni anni assumesse mediamente oltre 220 g di etanolo al giorno, non aveva mai accusato in precedenza dispnea dopo piccoli sforzi, astenia e dolori addominali dopo i pasti. Ciò sembrerebbe dimostrare che il solo eccesso di assunzione alcolica non era stato suffi - ciente a scatenare la sintomatologia su descritta, ma risultò necessario il concorso di una alimentazione ricca di grassi saturi praticata durante e dopo il periodo natalizio per la manifestazione del quadro clinico.
L’effetto dell’assunzione di alcol sui livelli di trigliceridi e VLDL non è considerato univoco (11) e non è ancora chiaro se l’alcol di per sé aumenti la concentrazione dei trigliceridi anche in soggetti con ipertrigliceridemia (7-8, 12-17). Ciò è confermato dal fatto che la maggior parte degli alcolisti sani ha concentrazioni di trigliceridi a digiuno normali (18).
Pertanto, in base ai dati della letteratura, sembra improbabile che l’alcol di per sé possa determinare un forte aumento dei trigliceridi.
Al contrario molti studi concordano sul fatto che anche nei soggetti normali l’assunzione contemporanea di alcol e grassi determina valori plasmatici di trigliceridi superiori alla somma degli effetti dei grassi e dell’alcol consumati separatamente (19, 20) e che tale aumento è ancora maggiore nei soggetti dislipidemici (21).
Noi non abbiamo potuto appurare se il paziente in pas- sato abbia presentato un analogo severo aumento dei valori dei trigliceridi. Dalla storia clinica emerge che due anni orsono ha presentato un episodio di perdita di coscienza, che è stata attribuita ad una forma di epilessia, peraltro non confermata dal tracciato elettroencefalografi co, trattata con oxcarbazepina, che il paziente ha sospeso di sua iniziativa dopo circa un anno. Noi non possiamo affermare che tale sintomatologia possa essere attribuita ad una ipertrigliceri- demia severa in quanto in quella occasione non sono stati praticati esami ematochimici.
Purtroppo non abbiamo dati relativi al valore dei trigli- ceridi del paziente negli ultimi anni; nel mese di febbraio del 2006 è stato eseguito esclusivamente un esame del cole- sterolo totale (208 mg/dL) e delle amilasi (58 UI/L) e lipasi (50 UI/L) che sono risultati normali ed è emerso solamente un aumento delle AST (71 UI/L) e γ-GT (54 UI/L).
Per motivi etici dopo la dimissione dal nostro reparto clinico al paziente non abbiamo eseguito il test da carico di alcol a digiuno o dopo un pasto per appurare l’eventuale pre- senza di ipertrigliceridemie transitorie o durature. Comunque i dati ematochimici sembrano escludere che il paziente abbia presentato gravi iperlipidemie negli ultimi anni.
Lo studio molecolare di alcuni geni ha consentito di escludere la presenza di polimorfi smi dell’Apolipoproteina E e dell’Apolipoproteina A5 coinvolti nella predisposizione all’ipertrigliceridemia e di una mutazione del gene della lipo- proteinlipasi rilevata nella zona di origine del paziente (22);
inoltre il test all’Intralipid®, eseguito 2 mesi dopo la dimis- sione dal nostro reparto, è risultato non signifi cativamente diverso da quello di soggetti di controllo normolipidemici.
Per quanto concerne la sintomatologia clinica riteniamo degno di nota il fatto che il paziente, oltre all’epatomegalia e all’anemia macrocitica dovuta all’intossicazione alcolica, non abbia presentato un interessamento del pancreas eso- crino e non sia comparsa xantomatosi eruttiva, nonostante i valori molto elevati di trigliceridi, fumasse regolarmente
oltre 20 sigarette al dì e che inoltre non fossero presenti segni neurologici di polineuropatia clinicamente evidenti.
È noto che la pancreatite acuta si può manifestare quando i valori dei trigliceridi plasmatici sono superiori a 2000 mg/dL (23), peraltro sono descritti casi di grave ipertrigliceridemia senza pancreatite e a tutt’oggi non vi è consenso sui valori soglia dei trigliceridi per la comparsa della pancreatite. Ciò è stato confermato in uno studio re- trospettivo pubblicato recentemente da Linares et al. (24).
Questi autori hanno messo in evidenza che in una coorte di 129 pazienti ricoverati per ipertrigliceridemia severa, il 20%
aveva presentato almeno un episodio di pancreatite acuta e che tale sintomatologia era presente nel 85% dei pazienti con valore di trigliceridemia superiore a 3000 mg/dL. Inoltre mediamente i valori massimi dei trigliceridi erano più elevati nei pazienti con pancreatite acuta, mentre la percentuale di fumatori, di consumatori di alcol, di diabetici e di soggetti in sovrappeso non era differente rispetto al gruppo di pazienti ipertrigliceridemici senza pancreatite. Gli autori conclu- dono che, considerato il mancato riscontro di anormalità a carico delle vie del catabolismo delle lipoproteine ricche di trigliceridi, è possibile che la produzione delle VLDL endogene giochi un importante ruolo nella genesi della pancreatite acuta.
In base ai nostri dati ci sembra diffi cile attribuire un ruolo fondamentale nella genesi della pancreatite acuta alla aumentata sintesi di VLDL-trigliceridi, ma concordiamo con gli autori sulla incapacità di defi nire il valore soglia della trigliceridemia per l’induzione della pancreatite acuta. Infatti il nostro paziente, alcolista da molti anni, forte fumatore e con valori di trigliceridi elevatissimi non ha presentato alterazioni a carico del pancreas.
Considerato che i fattori di rischio di pancreatite, pre- senti nel nostro paziente, non hanno determinato il danno digestivo, altri fattori devono concorrere alla genesi della pancreatite.
Peraltro noi non possiamo escludere, in quanto non abbiamo dati anamnestici certi, che l’ipertrigliceridemia, quantunque severa, sia stata di breve durata e pertanto non abbia avuto un tempo suffi cientemente lungo per determi- nare gravi alterazioni a livello del tessuto ghiandolare del pancreas esocrino.
La terapia del paziente si è limitata alla sola sommini- strazione parenterale di soluzione fi siologica e di adeguate quantità di glucosio (circa 100 g/24 ore) ed alla sommini- strazione di piccole dosi di eparina a basso peso molecolare per via sottocutanea, in quanto non è stato possibile praticare la LDL-aferesi al momento del ricovero e, considerato il dimezzamento dei valori dei trigliceridi, si è preferito non praticare tale trattamento anche il giorno successivo.
Altri autori hanno somministrato eparina per trattare alcuni casi di pancreatite indotta dalla ipertrigliceridemia con buoni risultati (25, 26). Volutamente abbiamo escluso la somministrazione di eparina ad alto dosaggio per via endovenosa temendo che ad una alta liberazione precoce della lipoprotein lipasi seguisse una grave deplezione dell’enzima con successivo tardivo peggioramento della ipertrigliceridemia (27).
L’alimentazione parenterale con esclusione dei lipidi è proseguita per 8 giorni allorché i valori del colesterolo e dei trigliceridi sono rientrati nei limiti della norma. Successi-
vamente è stata consigliata una dieta bilanciata appropriata (limitazione dei grassi saturi, esclusione degli alcolici) sulla base del metabolismo a riposo rilevato con la calorimetria indiretta e sul consumo calorico richiesto per l’attività lavorativa che ha permesso di ottenere un ottimo controllo dell’assetto lipidico senza alcuna terapia farmacologica ipolipemizzante.
In base al presente caso clinico possiamo concludere che: (i) l’assunzione cronica di notevoli quantità di alcol associata ad una abbondante introduzione di grassi può de- terminare una grave ipertrigliceridemia; (ii) fattori genetici non ancora individuati possono concorrere alla genesi della ipertrigliceridemia grave; (iii) un solo episodio di grave ipertrigliceridemia non sembra suffi ciente a determinare una pancreatite in assenza di altri fattori predisponenti; (iv) non si può escludere che episodi di ipertrigliceridemia ripetuti e più duraturi possano causare una patologia pancreatica; (v) come gia riportato da altri autori, la completa sospensione dell’assunzione di alcol è suffi ciente a determinare una normalizzazione dell’assetto lipidico; (vi) il trattamento acuto della ipertrigliceridemia severa, senza gravi compli- canze, non richiede in maniera assoluta la LDL-aferesi, ma può benefi ciare della sola alimentazione parenterale con esclusione dei lipidi.
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