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Screening di malattia coronarica nel paziente diabetico asintomatico: il cerchio si può stringere?

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Academic year: 2021

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Rassegna

Screening di malattia coronarica

nel paziente diabetico asintomatico:

il cerchio si può stringere?

RIASSUNTO

La selezione della popolazione e la scelta dei test sono fonda- mentali per dare a una campagna di screening le indispensabi- li caratteristiche di efficacia e sostenibilità.

Lo screening per malattia coronarica nei pazienti asintomatici necessita della selezione di una popolazione con prevalenza di malattia vicina al 50%. Tale obiettivo può essere raggiunto con l’utilizzo di “score” clinici e la documentazione di malattia atero- sclerotica in altri distretti. Ciò può essere fatto dal diabetologo senza il consulto con il cardiologo, al quale vanno poi inviati i pazienti asintomatici che superano le soglie di rischio così indi- viduate, o che non riescono a raggiungere i goal terapeutici.

Per la scelta del percorso diagnostico, che compete al cardiolo- go, l’ecocardiogramma da sforzo è preferibile rispetto all’ECG da sforzo: il costo aggiuntivo dell’ecocardiogramma è molto basso, e la maggiore accuratezza diagnostica limita il numero di coronarografie superflue ed è pertanto maggiormente cost- effective. L’alto valore prognostico consente da una parte di dila- zionare i tempi del follow-up strumentale dei pazienti con test negativo, dall’altra di selezionare i pazienti ad altissimo rischio per inviarli a un’eventuale rivascolarizzazione. L’ecocardio - gramma da stress farmacologico è utilizzabile con analoga effi- cacia per i pazienti non in grado di compiere il test da sforzo.

La metodica ecocardiografica, sia da sforzo sia da stress farma- cologico, è preferibile alle metodiche scintigrafiche per la mag- giore specificità, per l’assenza di radiazioni ionizzanti, il minor costo, la maggiore disponibilità.

I pochi studi randomizzati hanno dimostrato l’inefficacia e la non sostenibilità di uno screening nella popolazione diabetica non selezionata.

Sono auspicabili studi randomizzati di ampie dimensioni per verificare l’efficacia e la sostenibilità di uno screening con test ecocardiografici in una popolazione selezionata ad alta prevalen- za di malattia.

SUMMARY

Screening for silent coronary artery disease in the diabetic popu- lation: can we close the circle?

For an effective and sustainable screening campaign both the population and the most appropriate tests must be carefully selected. Screening for coronary heart disease in asymptomatic patients requires a prevalence of disease close to 50%. This can be achieved using “clinical scores” and documentation of athero-

M. Campana

Diagnostica non Invasiva, Dipartimento di Cardiologia, Fondazione Poliambulanza, Brescia

Corrispondenza: dott. Marco Campana,

Dipartimento di Cardiologia, Fondazione Poliambulanza, via Bissolati 57, 25127 Brescia

e-mail: [email protected] G It Diabetol Metab 2012;32:191-196 Pervenuto in Redazione il 09-09-2012 Accettato per la pubblicazione il 09-11-2012 Parole chiave: screening, diabete mellito di tipo 2, malattia coronarica silente, ecostress farmacologico, ecocardiogramma da sforzo

Key words: screening, type 2 diabetes, silent coronary artery disease, stress echocardiography,

exercise echocardiography

(2)

sclerotic disease in other districts and can be done by the diabe- tologist without consulting the cardiologist. The patient can then be sent to the cardiologist only when exceeding the risk thresholds identified this way, or when failing to achieve therapeutic goals.

Among the cardiologic diagnostic tools, exercise echocardio- graphy seems preferable to exercise ECG: the additional cost is very low, the greater diagnostic accuracy limits the number of unnecessary coronary angiographies, so the examination is pro- bably more cost-effective. Its high prognostic value means that patients with negative results can be seen less frequently, and very high-risk patients can be sent for revascularization.

Pharmacological stress echocardiography can be used for patients not able to do the exercise test. Exercise and pharma- cological stress echocardiography are both preferable to nuclear methods, on account of their higher specificity, the absence of ionizing radiation, the lower cost, and wider availability.

The few randomized trials have shown that screening in an unse- lected diabetic population is ineffective and non-sustainable. Large randomized trials to assess the effectiveness and sustainability of screening with echocardiographic tests in selected populations with a high prevalence of disease are therefore desirable.

Introduzione

La malattia coronarica condiziona negativamente la progno- si del paziente diabetico, con costi clinici, economici e sociali molto rilevanti: le complicanze cardiache sono responsabili di gran parte della morbilità e dei decessi nella popolazione diabetica

1-5

.

La strategia di prevenzione (primaria e secondaria) di tali complicanze prevede un adeguato e rigoroso controllo dei fattori di rischio e una terapia aggressiva delle manifestazio- ni cliniche della malattia coronarica

3-5

.

L’efficacia della rivascolarizzazione sulla prognosi sembra essere evidente, oltre che nei pazienti con manifestazioni cli- niche della malattia, nei pazienti con test d’ischemia “ad alto rischio” e con malattia coronarica estesa, a indicazione “chi- rurgica”

6,7

.

Non vi sono molti dubbi sul fatto che un paziente diabetico con sintomatologia toracica, anche atipica, o con segni stru- mentali (ECG o ecocardiografici) di cardiopatia ischemica, debba essere sottoposto a indagini diagnostiche per valutare l’eventuale indicazione a rivascolarizzazione miocardica.

In questi casi non è corretto parlare di screening, giacché si tratta di accertamenti diagnostici mirati.

Il termine screening dev’essere riservato all’individuazione dei pazienti con esami cardiologici a riposo nella norma e coronaropatia silente, i quali potrebbero giovarsi di un’eventuale terapia di rivascolarizzazione

3-5

. Tuttavia non vi è accordo sull’utilità dello screening, su quali pazienti e con quali test debba essere condotto

8-13

, poiché mancano studi randomizzati su vasta scala.

I diabetici asintomatici con esami cardiologici basali nella norma rappresentano infatti una popolazione troppo vasta, con prevalenza di malattia coronarica e numero di eventi troppo bassi per giustificare uno screening generalizzato.

In mancanza di singoli test con altissima sensibilità e specifi-

cità, le strategie di screening prevedono di utilizzare dappri- ma criteri di selezione molto sensibili seguiti da test sempre più specifici, possibilmente innocui e poco costosi, per arri- vare poi alla coronarografia, e individuare la coronaropatia meritevole di rivascolarizzazione.

Una disputa ben argomentata su questo punto è stata affron- tata da Frans Wackers

8

e Raymond Gibbons

9

. In questa dotta discussione, Wackers, in favore dello screening, parte dall’a- nalisi dello studio DIAD, di cui è coautore, e la cui popolazio- ne egli considera rappresentativa del “tipico paziente diabetico asintomatico” con le seguenti caratteristiche medie: 60 anni, 8 anni di malattia e indice di peso corporeo di 32 kg/m

2

, iperteso e magari ex fumatore, con LDL 150 mg/dl e HDL 32 mg/dl, con un rischio di eventi cardiovascolari a 10 anni del 33%. Un siffatto paziente, sostiene Wackers, richiede sicura- mente una valutazione diagnostica supplementare

9

. Ma i risul- tati dello studio dimostrano inequivocabilmente che sottopor- re a screening con scintigrafia miocardica una popolazione con queste caratteristiche non porta alcun vantaggio.

La popolazione dello studio DIAD, a ben guardare, non aveva un profilo di rischio elevato. L’età al momento dello studio era di 50-75 anni (media = 60 anni), e la durata media di malattia, come già detto, di 8 anni. I pazienti con almeno 2 fattori di rischio associati erano solo il 60%, l’arteriopatia periferica era presente solo nel 9%, il fumo nel 10%, la fami- liarità per cardiopatia ischemica nel 20%

14

. Il riscontro di ischemia silente, in questa popolazione, è stato del 22%, ovvero quello atteso in una popolazione di pazienti diabetici non selezionata. Questo valore si attesta al limite inferiore del range (20-80%) entro cui il valore aggiunto degli stress test diagnostici con “imaging” è statisticamente significativo e cli- nicamente utile, secondo il diagramma bayesiano

8,15

. Un’analoga percentuale (21%) di test positivi è stata riscon- trata nello studio di Faglia et al., in cui è stato utilizzato l’ecostress farmacologico con dipiridamolo

16

.

La prevalenza di ischemia inducibile nello studio di Rakhit et al., la cui popolazione era costituita da pazienti in grado di esegui- re un ecocardiogramma da sforzo, è stata invece del 14%

15

. L’utilizzo di uno stress test con sensibilità dell’80-90% e spe- cificità dell’80% in una popolazione con prevalenza di malattia tra il 20% e il 50% porta a percentuali di falsi positivi tra il 50%

e il 20%, inaccettabili per una campagna di screening. Data la numerosità della popolazione, ciò significherebbe un numero impressionante di coronarografie inappropriate. Per ottimizza- re i risultati dello screening, occorrerebbe selezionare una popolazione con prevalenza di malattia più vicina al 50%

8,15

. Va detto subito che ciò farebbe aumentare la percentuale di falsi negativi, ma le conseguenze di ciò sull’outcome clinico sarebbero molto probabilmente limitate, dal momento che i pazienti con test provocativi negativi hanno una buona progno- si, anche se più limitata nel tempo rispetto ai non diabetici

17-24

.

Come selezionare quindi i pazienti?

Al termine della sua accorata difesa dello screening,

Wackers

8

propone pertanto di sottoporre tutti i diabetici asin-

(3)

tomatici di età superiore a cinquanta anni a “TC cardiaca per il calcolo del calcium score”, e poi studiare con scintigrafia miocardica da stress (farmacologico) i pazienti con score di Agaston > 100, indipendentemente da altri criteri di selezio- ne clinica o strumentale, basandosi sui risultati di un lavoro di Anand et al.

25

.

Occorre qui considerare che costruire questo percorso di screening solo su metodiche radiologiche (TC, scintigrafia, coronarografia) comporterebbe un utilizzo di radiazioni ioniz- zanti che si scontra con le raccomandazioni delle società scientifiche internazionali. Diversi documenti di consenso indicano chiaramente che qualora la medesima informazione sia ottenibile con altre metodiche, quelle che utilizzano radia- zioni ionizzanti devono essere considerate di seconda scel- ta

26,27

. È questo senz’altro il nostro caso.

Lo studio DIAD inoltre ci dice: “…la ripetizione della scintigra- fia da stress è stata effettuata dopo 3 anni su 358 parteci- panti (su 561, cioè nel 64% dei pazienti arruolati nel braccio sottoposto a screening) e mediamente si è osservata una regressione dei difetti di perfusione…”

8,28

. Al di là dell’interes- sante dato scientifico (la reversibilità dell’ischemia inducibile), dobbiamo quindi considerare anche la concreta possibilità che il test di screening venga ripetuto nel tempo, con ulterio- ri esposizioni a radiazioni ionizzanti. In un documento sull’ap- propriatezza delle metodiche nucleari per lo studio della per- fusione miocardica, pubblicato nel 2005, viene infatti indica- ta come clinicamente “appropriata” non solo l’esecuzione della scintigrafia di perfusione per la stratificazione del rischio nei pazienti diabetici asintomatici, ma anche la sua ripetizio- ne a 2 anni di distanza da un precedente esame normale

29

.

Pertanto, la possibilità di dover ripetere periodicamente i test valutativi renderebbe indispensabile un’attenta riflessione e una maggiore prudenza anche su questo aspetto.

Nel documento di consenso della Società Italiana di Diabetologia del 2010

3

, si indicano molto chiaramente in una tabella (Tab. 1) i criteri utilizzabili per selezionare i pazienti ad alta probabilità di malattia coronarica silente. Essi sono in gran parte derivabili da informazioni cliniche già in possesso del dia- betologo. A completamento della valutazione potrà essere necessario sottoporre il paziente ad almeno un esame stru- mentale che possa rivelare/escludere la malattia ateroscleroti- ca in distretti non cardiaci. I più semplici, economici e diffusi sono: l’eco dei tronchi sovra-aortici (TSA) e l’indice braccio- caviglia, entrambi significativamente associati a malattia coro- narica ed entrambi prognosticamente significativi

30-33

. Diversi autori raccomandano di utilizzare al meglio i dati clini- ci e strumentali per restringere il numero di pazienti da sotto- porre a screening per malattia coronarica. Ali e Maron indi- cano, come criteri di selezione per lo “stress imaging”, l’età

> 60 anni o la durata di malattia > 15 anni, mentre suggeri- scono, per i pazienti con età < 60 e durata di malattia tra i 7 e i 15 anni, di far precedere il test d’ischemia dalla dimo- strazione di un certo grado di malattia aterosclerotica all’eco carotidea o un elevato punteggio al TC calcium score

12

. Bax suggerisce invece di sottoporre a screening solo i pazienti per i quali non si raggiungano i goal terapeutici o che abbiano un profilo di rischio molto elevato, utilizzando dap- prima criteri clinici e poi il TC calcium score

13

.

In accordo con la linea indicata dal documento della SID

3

, tro- viamo in letteratura un interessante lavoro di Rakhit et al.

Tabella 1 Elevata probabilità di coronaropatia silente. Il paziente che soddisfi i criteri riassunti in almeno uno dei riquadri sottoriportati presenta elevata probabilità di coronaropatia silente (modificata da: SID Gruppo di Studio Diabete e Aterosclerosi http://www.siditalia.it/linee-guida/474-17082010).

Macroangiopatia non coronarica avanzata/molto avanzata Sintomatica

• Precedenti eventi aterotrombotici

• Interventi di rivascolarizzazione Non sintomatica

• Arteriopatia periferica con ABI < 0,9

• Stenosi carotidea asintomatica > 50%

• Aneurisma aortico

Score di rischio coronarico (UKPDS) > 30% a 10 aa

Score di rischio coronarico (UKPDS) > 20% a 10 aa + almeno uno dei seguenti:

• Placche ateromasiche determinanti stenosi ≥ 20% del lume vasale in qualsiasi distretto

• GFR < 30 ml/min per 1,73 m

2

• Neuropatia autonomica cardiaca

• Disfunzione erettile

• Familiarità di I grado positiva per cardiopatia ischemica in giovane età (< 55 aa maschi; < 65 aa femmine) Score di rischio coronarico (UKDPS) > 20% a 10 aa + almeno due dei seguenti:

• GFR < 60 ml/min per 1,73 m

2

• Micro- o macroalbuminuria

• Retinopatia laser-trattata/proliferante

(4)

Questi autori hanno valutato l’utilità di diversi score di rischio da utilizzare nella selezione dei pazienti da sottoporre a eco- cardiogramma da sforzo, con il dichiarato scopo di ottimizza- re l’accuratezza del test provocativo. Su 199 pazienti asinto- matici con diabete mellito di tipo 2, la combinazione degli score clinici UKPDS (United Kingdom Prospective Diabetes Study) o DCRS (uno score clinico specifico per pazienti diabe- tici) con l’ecocardiogramma da sforzo sembrerebbe riuscire nell’intento, avvicinandosi ai valori teorici di accuratezza dia- gnostica ottimale e confermando il valore prognostico della stratificazione del rischio. L’ecocardiogramma da sforzo, infat- ti, è risultato positivo nel 14% dell’intera popolazione, con il 52% di falsi positivi, esattamente quanto atteso con tale pre- valenza di malattia. Nel sottogruppo con alto score clinico di rischio si osservava invece il 30% di positività del test, e si ridu- ceva al 30% la quota di falsi positivi (4/13)

15

.

Se ciò fosse vero su ampia scala, un simile protocollo limite- rebbe in misura importante sia il numero di stress provocati- vi sia la percentuale di falsi positivi, riducendo di conseguen- za anche il numero di coronarografie superflue.

Pur essendo stato portato a termine su pochi pazienti, questo studio rappresenta senza dubbio un approccio particolarmen- te attento e razionale: sia la scelta degli score clinici sia quella del test d’ischemia vanno entrambe nella direzione di uno screening sostenibile. Infatti, a parità di efficacia diagnostica dovremmo utilizzare il percorso più economico e sicuro, per evitare sprechi di risorse e potenziali danni ai pazienti.

Quale test utilizzare?

Una volta selezionata la popolazione, anche la scelta del test diagnostico diventa importante.

Lo stress fisico dovrebbe essere di prima scelta: sicuro e fisiologico, non richiede l’uso di farmaci, né la predisposizio- ne di approcci venosi e, soprattutto, fornisce informazioni prognostiche indipendenti basate sulla capacità di eserci- zio

18,27,34

.

L’elettrocardiogramma (ECG) da sforzo ha una specificità e un valore prognostico inferiori ai test di imaging

17

. Il suo uti- lizzo come test di screening in una popolazione asintomati- ca non selezionata richiederebbe l’utilizzo di uno stress test di secondo livello prima dello studio coronarografico, aumentando quindi i costi dello screening. Come sottolinea- to dal documento di consenso

3

, il solo aspetto angiografico non è sufficiente per giustificare una procedura di rivascola- rizzazione, pertanto è necessario documentare l’ischemia con un’accuratezza non ottenibile con il solo ECG da sforzo.

Oltre che per la sua ridotta specificità, l’ECG da sforzo non è raccomandabile neppure per la sua sensibilità, anch’essa cer- tamente inferiore a quella dei test di imaging. Nello studio di Faglia et al.

16

Settantun pazienti sono stati sottoposti a scree- ning con ECG da sforzo ed ecostress con dipiridamolo. Dei 15 pazienti con ecostress positivo, solo 3 avevano ECG da sfor- zo positivo. Sui 14 sottoposti poi a coronarografia, stenosi coronariche > 50% sono state evidenziate in 9 pazienti, 8 dei quali sono stati inviati a rivascolarizzazione. Pertanto, pur non

essendo possibile calcolare la sensibilità e il valore predittivo negativo dei due test (solo i pazienti con test positivo sono stati sottoposti a coronarografia), l’ECG da sforzo ha manca- to l’individuazione di almeno sei coronaropatie significative su nove (66%).

L’ecocardiogramma da sforzo ha invece un’elevata accura- tezza diagnostica, ed è in grado di individuare sede, esten- sione e soglia d’insorgenza delle alterazioni ischemiche con buona sensibilità e specificità

18,27,34

.

Esso ha inoltre un ottimo potere prognostico, con buon valo- re predittivo sia negativo sia positivo. I pazienti con normale ventricolo sinistro ed ecocardiogramma da sforzo massima- le normale hanno un rischio molto basso di eventi a distan- za e non necessitano di nuovi esami a meno che non si veri- fichino variazioni significative del quadro clinico

18

, anche se, nei pazienti diabetici, questo valore è più limitato nel tempo.

In una serie di 563 pazienti, l’incidenza di eventi cardiovasco- lari (morte o infarto non fatale) registrata da Elhendy et al. è stata, nei pazienti con ecocardiogramma da sforzo negativo, dello 0% a 1 e 2 anni, dell’1,8% a 3 anni, del 7,6% a 5 anni;

viceversa, tra i pazienti con test positivo, un altissimo valore prognostico è stato attribuito alla distribuzione multivasale delle alterazioni ecocardiografiche, con un’incidenza di even- ti cardiovascolari del 2,9% a 1 anno, del 7,9% a 2 anni, del 15,2% a 3 anni, del 25,8% a 4 anni e del 32,8% a 5 anni

20

. Proprio questa capacità prognostica potrebbe rivelarsi parti- colarmente utile nello screening dei pazienti asintomatici, da una parte per dilazionare nel tempo il follow-up dei pazienti con test negativo, dall’altra per individuare con ragionevole certezza i pazienti ad altissimo rischio da inviare a rivascola- rizzazione miocardica.

I test farmacologici possono essere utilizzati qualora il pazien- te non sia in grado di compiere un adeguato esercizio fisico, il che non è infrequente tra i pazienti diabetici. Sia la dobutami- na sia il dipiridamolo hanno dimostrato elevata accuratezza diagnostica e un alto valore prognostico

17,19,22-24,27

.

In generale, per la diagnosi di coronaropatia, la scintigrafia è più sensibile e meno specifica rispetto all’ecocardiografia, anche perché differente è il target utilizzato: i difetti di perfu- sione precedono, nella “cascata ischemica”, le alterazioni funzionali valutabili con l’ecocardiografia.

Anche nello studio DIAD la scintigrafia con adenosina ha confermato di essere un test sensibile e relativamente poco specifico per selezionare i pazienti da indirizzare a coronaro- grafia e rivascolarizzazione. Su 25 pazienti con test positivo (di cui 5 con difetti ampi) sottoposti precocemente a corona- rografia, soltanto 9 (36%) hanno avuto riscontro di coronaro- patia significativa trattata con rivascolarizzazione (6 con bypass e 3 con angioplastica)

14

.

Nello studio di Faglia et al., invece, in cui il test di screening era l’ecocardiogramma con dipiridamolo, ben 9 dei 14 pa - zienti (64%) con test positivo sottoposti a coronarografia avevano una malattia significativa, trattata poi in 4 casi con angioplastica, in altri 4 con bypass chirurgico, in un caso con terapia medica

16

.

Nel già citato lavoro di Rakhit et al., una coronaropatia critica

era presente in 9 pazienti su 13 (70%) nel sottogruppo con

elevato score clinico, e solo in 2 su 10 (20%) nel sottogruppo

(5)

con basso score clinico, evidenziando molto bene l’im - portanza di un’accurata preselezione clinica dei pazienti

15

. Il valore prognostico dell’ecostress è elevato anche nei pa - zienti diabetici, e la prognosi è generalmente peggiore, in caso di positività al test, rispetto ai pazienti non diabetici

17,19, 21-24

. Data la potenziale rapidità della progressione di malattia nei pazienti diabetici, una rivalutazione periodica del profilo di rischio richiederebbe una ripetizione del test con cadenza inferiore ai 5 anni, e anche più bassa, nei pazienti che non raggiungono i goal terapeutici o con ridotta capacità di eser- cizio

19,22

. L’alta specificità dell’ecocardiografia da stress, superiore a quella della metodica scintigrafica

17

, consentireb- be di limitare il numero di coronarografie superflue, e l’elevato valore prognostico del test positivo aiuterebbe a selezionare i pazienti ad altissimo rischio

18,20

, da sottoporre a rivascolarizzazione.

Secondo il documento SID, il test d’ischemia non dovrebbe infatti essere utilizzato per correggere la terapia medica o per motivare il paziente al controllo dei fattori di rischio, ma allo scopo di decidere la necessità di rivascolarizzazione

3

. Se facciamo nostra questa indicazione, dopo aver selezionato la popolazione a maggior probabilità di malattia, abbiamo bisogno di test con la massima specificità possibile, per indi- rizzare a rivascolarizzazione i pazienti ad altissimo rischio.

In sintesi, l’ecocardiogramma da stress (fisico o farmacologi- co) sembra essere il candidato ideale per una campagna di screening in sottogruppi selezionati di pazienti diabetici asin- tomatici. Lo stressor da preferire è senz’altro l’esercizio fisi- co per la completa non invasività e semplicità, ma anche perché fornisce informazioni prognostiche insite nella capa- cità di esercizio del paziente

17,18

. Gli stressor farmacologici si possono utilizzare con analoga efficacia qualora i pazienti non siano in grado di eseguire l’esercizio.

Le metodiche scintigrafiche dovrebbero essere riservate invece ai pazienti nei quali non è possibile eseguire un eco- cardiogramma da sforzo o da stress farmacologico.

I costi

Dato il gran numero di pazienti diabetici, il problema dei costi non dev’essere tralasciato.

Tra le metodiche strumentali suggerite per la selezione inizia- le dei pazienti, l’indice braccio-caviglia è il meno costoso, essendo eseguibile durante la visita ambulatoriale, seguito dall’eco dei tronchi sovra-aortici, che ha il vantaggio di poter diagnosticare simultaneamente un’eventuale stenosi caroti- dea, e dalla tomografia computerizzata per la misura del cal- cium score, sicuramente più costosa. Non esistono studi di costo/efficacia a noi noti che confrontino tra loro le tre meto- diche in un percorso di screening.

L’argomento del rapporto costo/efficacia dei test provocativi in una strategia di screening per malattia coronarica nella popolazione diabetica asintomatica è stato invece affrontato direttamente da Hayashino et al.

35

.

Gli autori hanno calcolato il rapporto incrementale costo/

efficacia (in dollari per anno di vita aggiustata per Qualità-

QUALY) di diverse strategie che includevano a) nessuno screening, b) ECG da sforzo, c) ecocardiogramma da sforzo, d) scintigrafia miocardica da sforzo in diverse coorti di pazien- ti asintomatici con dieci diverse possibili combinazioni di cop- pie di fattori di rischio associati al diabete. Essi concludono che il costo dello screening sarebbe socialmente accettabile se eseguito con ECG da sforzo o con ecocardiogramma da sforzo e applicato solo ad alcune coorti di pazienti, sottoli- neando ancora una volta l’importanza della preselezione cli- nica. Per esempio, nei diabetici fumatori e ipertesi di età pari a 60 anni, il costo dello screening con ecocardiogramma da sforzo è stato calcolato (costi riferiti al 2003) circa 40.000

$/QUALY (41.000 $/QUALY se eseguito con ECG da sforzo), mentre la metodica scintigrafica è risultata, in questo studio,

“dominata”, cioè più costosa e meno efficace

35

.

In conclusione, l’utilità e la sostenibilità dei percorsi di screen- ing per coronaropatia silente nei pazienti diabetici non sono ancora ben definite. Un’attenta selezione dei pazienti e l’individuazione di sottogruppi con alta prevalenza di malattia (il più possibile vicina al 50%) è di fondamentale importanza.

Si dovranno pertanto perfezionare sempre di più gli score cli- nici di rischio, ed è auspicabile che l’eventuale aggiunta di esami strumentali possa limitarsi a metodiche sicure e poco costose quali l’indice braccio-caviglia e l’ecografia carotidea, restringendo anche in questo campo l’utilizzo di metodiche più costose e potenzialmente dannose.

La scelta dei test d’ischemia è anch’essa di grande impor- tanza per rendere lo screening clinicamente efficace e social- mente sostenibile. La metodica ecocardiografica è preferibi- le rispetto alle metodiche scintigrafiche per i seguenti motivi:

– la maggiore specificità, potenzialmente in grado di ridur- re il numero di coronarografie superflue e di selezionare per la terapia di rivascolarizzazione i pazienti ad altissimo rischio;

– la maggiore diffusione e accessibilità della metodica che, insieme al minor costo, potrebbe assicurare la sostenibi- lità economica dello screening;

– l’assenza di rischio biologico.

Sono auspicabili studi randomizzati di ampie dimensioni per verificare l’efficacia e la sostenibilità di uno screening con test ecocardiografici in popolazioni selezionate ad alta prevalen- za di malattia.

Conflitto di interessi

Nessuno.

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