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PROGETTAZIONE DI GRID SHELLS

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Academic year: 2021

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CONCETTI BASE ED ELEMENTI TEORICI

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LE STRUTTURE SPAZIALI LEGGERE

From the inside there will be uninterrupted visual contact with the exterior world. The sun and moon will shine in the landscape, and the sky will be completely visible, but the unpleasant effects of climate, heat, dust, bugs, glare etc. will be modulated by the skin to provide a Garden of Eden interior . . .

Richard Buckminster Fuller

Indice

1.1 Introduzione 10

1.2 Le grid shells 13

1.3 Evoluzione storica: dalle cupole alle free forms 15

1.3.1 Cupole e volte in pietra e laterizio 15

1.3.2 Gusci sottili continui 17

1.3.3 Grid shells: dalle greenhouses alle superfici free forms 19

1.4 Alcune realizzazioni significative 22

In questo capitolo introduttivo viene presentato un excursus sulle strutture spaziali leggere al fine di individuare, tramite un inquadramento storico e tipologico, la cate- goria di appartenenza dell’oggetto del presente lavoro. A partire dalla classificazione dei principali sistemi costruttivi, si andranno ad approfondire le strutture leggere com- presse, citando alcune delle principali opere architettoniche che si ritiene essere state determinanti per lo sviluppo delle grid shells.

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1.1 Introduzione

L’architettura, negli ultimi secoli, si è arricchita di una categoria di costruzioni com- plesse: le strutture spaziali leggere. Definirne una rigida classificazione non è possibile in quanto queste strutture hanno avuto, nel corso del tempo, un’evoluzione multiforme, legata al progresso tecnologico, alla disponibilità economica, alle richieste prestazionali sempre maggiori, al particolare gusto del tempo e, non ultimo, ai bisogni degli utilizza- tori. Queste costruzioni sono quindi composte da una moltitudine di elementi articolati in vario modo nello spazio, in maniera tale da permettere la fruibilità degli ambienti sot- tostanti senza il fastidio di appoggi intermedi. Tale esigenza, ad esempio, si richiede di essere soddisfatta per coperture industriali, edifici sportivi, grandi impianti, corti e co- perture civili ecc.

Tra le strutture spaziali risultano particolarmente interessanti quelle leggere, per le quali il requisito di leggerezza può essere riguardato come rapporto tra l’intensità dei carichi cui è soggetta la struttura, cioè i carichi permanenti (ovvero il peso proprio), e i carichi portati, come vento, neve e altre azioni ambientali. In base a tale rapporto può essere de- finita l’efficienza della costruzione: minore è tale parametro, tanto più la struttura risulta leggera ed efficiente, nonché complessa.

Per riassumere quanto detto in una definizione generale [24], si può dire che le strutture spaziali leggere sono quella famiglia di costruzioni caratterizzata da una disposizione spaziale di tipo tridimensionale e da un rapporto fra peso proprio strutturale e luce li- bera particolarmente ridotto. La superficie tridimensionale così definita individua una configurazione resistente, in cui la forma stessa è espressione di un equilibrio di forze e non solo un parametro meramente estetico. In definitiva, aspetti caratterizzanti di questa tipologia sono la relazione tra la forma e la struttura e il requisito di leggerezza.

Una possibile classificazione della strutture spaziali leggere è la seguente [18].

Sistemi strutturali lineari strutture composte da elementi costitutivi rettilinei, organiz- zate in modo tale che la distribuzione del carico avvenga per successivo fraziona- mento delle forze agenti secondo la loro specifica direzione. Gli elementi sono soggetti a regimi prevalentemente assiali, di trazione o di compressione. Ne fanno parte:

• Travature reticolari piane

• Travature reticolari curve

• Travature reticolari spaziali

Le prime due indicano un sistema definito in un piano principale, quindi bidimen- sionale, di aste variamente organizzate, più volte ripetuto. Le connessioni sono di tipo a cerniera o comunque semirigide, tali da garantire il comportamento re- ticolare e quindi sollecitazioni di solo sforzo normale negli elementi. Fuori dal

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piano saranno presenti opportuni sistemi di controventatura. L’ultima è l’evolu- zione tridimensionale delle precedenti e presenta sistemi reticolari articolati in più direzioni.

Sistemi strutturali resistenti per forma costruzioni non rigide, vincolate ad estremità fisse; sono configurate in modo tale da essere in grado di autosostenersi, di far fronte a una specifica condizione di carico nonché di coprire una determinata lu- ce. La distribuzione delle tensioni sarà dovuta alla particolare forma e alla sua stabilità. Alla categoria appartengono:

• Cavi o funi

• Archi

• Membrane e Gusci

Funi e archi possono essere riguardati come elementi strutturali duali. Infatti le funi, ammettendo la resistenza a sola trazione, assumono la forma della funicolare dei carichi, per tale motivo un arco, costruito a partire dall’inversione della forma di un elemento appeso privo di rigidezza flessionale (una fune appunto), risulterà semplicemente compresso sotto il carico proprio (principio di Hooke, fig.1.1).

Figura 1.1: Dualismo strutturale fune-arco: (a) arco generato dall’inversione della fune, Robert Hooke, 1675; (b) Analisi della cupola di S. Pietro in Roma, Giovanni Poleni, 1747, (p. 219, [1])

Membrane e gusci si rifanno entrambi alla teoria delle piastre curve sottili, in base alla quale gli sforzi presenti sono unicamente nel piano tangente alla super- ficie media, quindi rigidezza flessionale e torsionale risultano trascurabili (regime membranale).

Sistemi a sezione attiva sistemi composti da elementi rigidi lineari in cui vengono mo-

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bilitate forze di sezione al fine di scaricare i carichi agenti, sono:

• Strutture a travi

• Strutture a telaio

• Strutture a piastra

Sono essenzialmente le tipologie più comuni per le costruzioni e sono costituite da elementi vincolati in vario modo che risultano impegnati da una sovrapposizione di stati tensionali, azioni assiali, flessionali o torcenti. Gli elementi utilizzati sono quelli che i moderni codici di calcolo individuano con i nomi beam e shell.

Sistemi a superficie attiva Sistemi di piani rigidi o flessibili in grado di resistere a trazione, compressione, flessione e taglio, in cui il reindirizzamento delle forze avviene per mobilitazione degli sforzi di sezione. Tra questi sistemi si citano:

• Strutture a piastra

• Strutture corrugate

• Strutture a piastra curva (o gusci spessi) Tali elementi rispondono alla teoria delle piastre.

La distinzione tra le categorie non è così rigida come può apparire, in quanto il fun- zionamento strutturale di una costruzione è dipendente sia dalle proprie caratteristiche intrinseche, che dalle particolari condizioni d’uso, ossia le condizioni di carico agenti.

È altresì possibile definire una più sintetica classificazione (illustrata graficamente in fig.1.2) basata sul regime principale di sforzo cui sono soggetti gli elementi strutturali [11]:

Strutture spaziali compresse per molti secoli hanno rappresentato l’unica alternativa nel panorama delle strutture a grande luce, ad esempio volte, cupole in pietra o laterizio e gusci continui in calcestruzzo armato. A questa categoria appartengo- no sistemi resistenti per forma, che trasferiscono i carichi unicamente attraverso sforzi membranali, la cui traduzione in chiave moderna è rappresentata dai sistemi grid shell, variabile discreta del guscio continuo sottile, per il cui approfondimento si rimanda al prossimo paragrafo.

Strutture spaziali inflesse sistemi che si originano dall’evoluzione della piastra su più appoggi, utilizzati largamente nella progettazione di ponti. Non sono molto van- taggiose poiché anche nella variante a composizione spaziale di sistemi reticolari, tali strutture sono penalizzate da un massiccio utilizzo di materiale e quindi un peso superiore, nonché costi maggiori.

Strutture spaziali tese note anche col termine di tensostrutture, sono caratterizzate da forma prevalentemente anticlastica e regime di sforzo di trazione, con duplice vantaggio di eliminare i problemi di instabilità e ridurre gli sprechi di materiale.

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Lo svantaggio è quello di richiedere strutture di appoggio notevoli ed elementi di bordo assai resistenti a causa delle elevate sollecitazioni.

Figura 1.2: Classificazione delle strutture spaziali per sollecitazione (p. 58, [11])

1.2 Le grid shells

Le strutture grid shells sono una particolare categoria di strutture spaziali leggere, che uniscono al funzionamento strutturale del guscio (shell) la forma discreta del gra- ticcio (grid), andando a suddividere la forma morbida e sinuosa dei gusci in una maglia geometrica spaziale.

Frei Otto nel lavoro IL10 Gittershalen, realizzato in collaborazione con l’Istituto per le strutture leggere(IL) dell’Università di Stoccarda, fornisce la prima efficace definizione di questi sistemi strutturali: “Una grid shell è una struttura di barre, curve nello spazio.

Le barre formano una griglia piana con maglia rettangolare e distanza costante tra cia- scun nodo. La forma della grid shell è ottenuta per inversione della forma di una rete sospesa. Nello stesso modo in cui la forma inversa di una fune sospesa dà la curva ideale di un arco senza flessione, così l’inversione della rete conduce ad una forma funicolare nella quale la grid shell non presenta flessione” [8].

Coerentemente con la filosofia progettuale di quel periodo, Otto afferma che la genesi di una grid shell è basata sul principio di Hooke, cioè sull’inversione della forma funicolare di strutture non resistenti a flessione soggette al campo gravitazionale (tipicamente una maglia di funi); il processo mira alla creazione di un manufatto resistente per forma che si comprime sotto il peso proprio. Sfruttando quindi il dualismo fune-arco, l’architet- to tedesco introduce il primo metodo progettuale di determinazione della forma o della superficie ideale, il form-finding, che sarà il parametro più importante per strutture di

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questo tipo, in quanto la geometria trovata assicurerà leggerezza, efficienza ed economi- cità alla struttura e limiterà le sollecitazioni flettenti. È evidente il legame indissolubile delle grid shells con la propria forma.

Il comportamento membranale perseguito, però, rende le grid shells incapaci di resistere ad azioni fuori dal piano. Esse, infatti, necessitano di sistemi di irrigidimento e blocco dei gradi di libertà rotazionali, che assicurino, rispetto a questo scenario di carico, un comportamento a guscio rigido. L’esistenza di tutti questi aspetti rende la progettazione molto complessa e le scelte compiute assai influenti sulle prestazioni dell’opera (mate- riale, sezioni, maglia discreta utilizzata, grado di vincolo, elementi irrigiditori ecc).

Riassumendo, una grid shell è una complessa organizzazione di elementi, reticolati a formare delle ‘maglie’1e connessi mediante opportuni nodi, che approssima una super- ficie curva, elementare o complessa; tali strutture, non infrequentemente, ospitano dei pannelli, trasparenti o opachi, piani o curvi, la cui geometria dipende da quella della maglia. Allo stato attuale, e quindi per come sarà intesa in questo lavoro, una grid shell è progettata in modo tale che il suo telaio strutturale (metallico, ligneo ecc.) sia autopor- tante.

I vantaggi legati all’uso di un guscio discreto sono molti: in primo luogo l’assemblaggio in opera consente di risparmiare sulle casserature e semplificare le operazioni di cantie- re, inoltre permette un maggior controllo sugli elementi e non ultimo la possibilità di realizzare agevolmente maglie trasparenti.

In fig.1.3 vi è un esempio di una moderna grid shell con superficie a forma libera, struttura in acciaio a maglie triangolari e pannelli vitrei.

Figura 1.3: Copertura della DG-Bank, arch: Frank O. Gehry, ing: Schlaich Bergermann und Partner, 1998, Berlino, Germania [V]

1Si definisce ‘maglia’ il più piccolo raggruppamento di elementi connessi tra loro a formare una linea chiusa [11].

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1.3 Evoluzione storica: dalle cupole alle free forms

Le grid shells si originano dal ramo delle strutture leggere compresse, per tale motivo è doveroso fare un cenno ad alcuni sistemi costruttivi del passato prima di analizzare alcune realizzazioni contemporanee più importanti.

1.3.1 Cupole e volte in pietra e laterizio

Si ritiene che alcune caratteristiche peculiari delle strutture grid shell possano ricer- carsi addirittura nelle tipologie architettoniche preistoriche [5]. Alcuni critici e storici dell’architettura, quali Vitruvio e Viollet-le-Duc (fig.1.4), descrivono la ’prima abitazio- ne’ come una capanna composta da rami intrecciati: un guscio primordiale con un telaio principale di rami fissati nel terreno su cui poggia un ordito di altri rami intrecciati, ri- coperto di fogliame o paglia [31]. Altre abitazioni primigenie, tuttora esistenti, sono le stickdomeo wigwam (fig.1.5), sviluppatesi nel continente americano e africano, in cui dei rami venivano fissati al terreno, connessi ai nodi e successivamente curvati fino ad ottenere la forma stabile desiderata [5]. La struttura così composta veniva poi ricoperta con paglia.

Le affinità con le moderne grid shells sono evidenti, sia per quanto riguarda la tecnologia costruttiva, sia per la leggerezza e l’efficienza strutturale delle stesse.

Figura 1.4: La ’prima abitazione’ secondo Viollet-le-Duc (p. 19, [31])

Figura 1.5: Abitazioni primordiali:

Stickdome o Wigwam [5]

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Numerosi sono gli esempi di strutture a guscio realizzati nel corso dei secoli, ba- sti pensare agli igloo eschimesi o ai trulli pugliesi. Tuttavia la consacrazione di questo tipo di costruzioni avviene ad opera della Civiltà Romana, i cui costruttori hanno sa- puto impiegare sapientemente l’arco e le forme che da esso discendono per realizzare costruzioni assai ardite per il tempo; ciò permise di coprire agilmente grandi luci e rese le opere espressione di potere politico e simbolo religioso. Il miglior esempio di guscio giunto fino ai nostri tempi è sicuramente la cupola del Pantheon (fig.1.6), che, con i suoi 43, 44 m di diametro, è rimasta a lungo la più grande del mondo occidentale. Tale eccel- lenza si deve all’utilizzo dell’opus caementicium, un ancestrale calcestruzzo gettato tra un doppio paramento in muratura.

Notevole impulso alle strutture a grande luce è stato dato in seguito dall’architettura cri- stiana, in cui volte e cupole, inondate di luce e sapientemente decorate, rappresentavano la connessione con i cieli e il divino. La volontà di stupire il fedele ha spinto queste costruzioni sino al limite di impiego dei materiali. Si ricordano a questo scopo alcuni esempi di cattedrali romaniche, come S.Maria del Fiore del Brunelleschi (fig.1.7), e le cattedrali gotiche.

Figura 1.6: Vista interna del Pantheon, 118–128 AC, Roma (p. 21, [31])

Figura 1.7: Cupola di S. Maria del Fiore, Filippo Brunelleschi, 1420-1436, Firenze [II]

La cupola del Brunelleschi rappresenta il più grande guscio in laterizio tradizionale mai realizzato, invidiabile tutt’oggi per la genialità della soluzione tecnologica e costrut- tiva adottata. Realizzato in doppia calotta autoportante, con laterizio a spina di pesce e conci opportunamente sagomanti, presenta all’interno un sistema di costoloni che va

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a chiudersi in corrispondenza della lanterna. Alcune cattedrali gotiche, invece, mani- festano delle innovazioni in termini di stabilità e resistenza dei gusci: l’utilizzo delle nervature in pietra definiva più opportuni percorsi di scarico e alleggeriva il peso delle volte. Con la fig.1.8 si sottolinea chiaramente l’analogia tra il solaio a vela gotico e le moderne grid shells.

Figura 1.8: Volta del Mosteiro dos Jerónimos di Belim, 1502–1571, Lisbona, Portogallo (p.20, [31])

1.3.2 Gusci sottili continui

Il gotico, superando le soluzioni classiche, ha il merito di aver dato una grande spin- ta innovativa allo sviluppo delle strutture a grande luce compresse. Ciò nonostante è con l’avvento del calcestruzzo armato che sono state superate anche le difficoltà lega- te all’uso di materiali, sino ad allora, resistenti a sola compressione. Infatti le trazioni, sopportate delle barre di acciaio annegate nella pasta di cemento e aggregati, hanno per- messo di diminuire notevolmente gli spessori, con guadagni in termini di leggerezza e di costi.

Gli avanguardisti nel campo sono stati certamente Eduardo Torroja Miret e il suo allievo Felix Candela. Del primo si ricorda la più celebre opera, ossia il Mercato delle provviste di Algeciras (fig.1.9), un guscio sottile sferico ribassato di circa 48 m di diametro e 44 m di curvatura con uno spessore minimo di 8, 5 cm; invece del secondo, il Ristorante nella cittadina messicana di Xochimilco (fig.1.10), una struttura composta da otto paraboloi- di iperbolici, ciascuno ruotato di 60 rispetto al successivo, di dimensioni massime di 42, 4 m e pochi centimetri di spessore.

Altri esempi notevoli sono le costruzioni di Heinz Isler (fig.1.11), che ricordiamo come primo sperimentatore su modelli fisici per il form-finding dei gusci (fig.2.1), e l’opera di

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Figura 1.9: Mercato delle provviste, Eduardo Torroja, 1933, Algeciras [III]

Figura 1.10: Ristorante Los Manatia- les, Felix Candela, 1958, Xochimilco, Messico (p. 348, [1])

Eladio Dieste con gli arditi gusci sottili in laterizio armato (fig.1.12).

In Italia si ricordano le opere di Pier Luigi Nervi, come il celebre Palazzetto dello Sport in Roma (1957), un guscio a calotta sferica in calcestruzzo armato sostenuto da caval- letti a Y, e Sergio Musmeci per quanto concerne il campo delle strutture a grande luce (prevalentemente ponti) e la ricerca della forma.

Figura 1.11: Volte della stazione di servi- zio, Heinz Isler, 1968, Deitigen, Svizzera (p. 8, [8])

Figura 1.12: Chiesa dell’Atlantide, Ela- dio Dieste, 1958, Montevideo, Uruguay [IV]

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Nella seconda metà del Novecento sono stati compiuti notevoli sforzi nel campo della ricerca della forma e per il progresso tecnologico, tuttavia, la tipologia del guscio gettato in opera, nel giro di pochi anni, fu abbandonata a causa degli eccessivi oneri legati alla fase del getto (casseratura, carpenteria, cura nell’esecuzione ecc.), lasciando sempre più spazio alla variante discreta dei gusci sottili, prefabbricati e soltanto assemblati in opera.

1.3.3 Grid shells: dalle greenhouses alle superfici free forms

La naturale evoluzione dei gusci, grazie al progresso tecnologico avutosi in seguito alle rivoluzioni industriali, porta alla nascita delle grid shells nel XIX secolo. Si è soliti prendere come archetipo le greenhouses [31], nate con connotati di serre ma di fatto maestose oasi schermate dall’esterno, in cui venivano custodite essenze tropicali e in cui la nuova classe borghese europea trovava ristoro lontano dalle chiassose e inquinate metropoli (fig.1.13). Realizzate in ferro e vetro, queste strutture apparivano come un paradiso per i fruitori, dove, come riportato nell’epigrafe iniziale, si poteva godere del paesaggio, del sole, del cielo mentre la ‘pelle’ attenuava gli effetti climatici e i fenomeni atmosferici.

Figura 1.13: Palm house all’interno dei Bicton Gardens, John Claudius Loudon, 1843 circa, Devon, Regno Unito (p.1, [31])

Sfortunatamente queste costruzioni hanno poco delle grid shells moderne: rappre- sentano una mera trasposizione ‘tecnologicamente avanzata’ delle cupole in laterizio e pietra; tuttavia risulta ammirevole il progresso tecnico e l’esordio del vetro come vero e proprio materiale strutturale, che da questo momento si avvia a diventare protagonista nel campo delle strutture civili. Infatti, i pannelli di vetro fungevano da struttura di con- trovento per un telaio metallico assai deformabile, ai limiti della labilità.

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Con il nascere del gusto moderno, la richiesta di luce naturale, la trasparenza, l’abolizio- ne del confine interno-esterno e della rigida organizzazione degli spazi hanno accresciuto il desiderio di avere superfici spaziose, leggere e trasparenti. In particolare l’uso del ve- tro è divenuto sinonimo di ‘apertura’, ‘democrazia’, ‘modernità’ [31].

Il gradimento per questa tipologia costruttiva fu così elevato che essa venne rapidamente esportata anche in altri ambiti. Ad oggi, la fortuna delle grid shells non si è esaurita e la loro diffusione le ha portate a raggiungere ogni campo: coperture di cortili e spazi aperti, aeroporti, stazioni, edifici sportivi, centri commerciali ed edifici pubblici.

Al fine di organizzare e distinguere tra loro i manufatti, che nascono seguendo la linea tracciata dalle greenhouses, si può ricorrere a una comoda classificazione, proposta in [8], basata sulla genesi della forma.

Cupole e volte come accennato precedentemente, le prime superfici grid shells si sono sviluppate ricalcando volte e cupole storiche, inizialmente senza però instaurare un particolare legame con la forma o assicurare un regime di sforzo di tipo mem- branale alla superficie. Le greenhouses e le strutture geodetiche possono essere annoverate tra i primi esempi di realizzazioni simili. A questi sono seguiti nu- merosi manufatti: volte, padiglioni, cupole ecc., tra cui si può citare la Cupola della Swimming Arena (fig.1.14), una grid shell emisferica in acciaio e vetro con pannelli quadrati a curvatura sferica.

Superfici di traslazione e superfici omotetiche sono strutture con dominio spaziale ge- nerato dalla traslazione di una curva lungo una direttrice, nel primo caso, o sca- lando una curva lungo un percorso, nel secondo. La logica della creazione della forma, in generale e non solo in questa categoria di superfici, ha notevoli riper- cussioni sulla discretizzazione della superficie o pannellizzazione o, in gergo, me- shatura(dal termine mesh dei codici di calcolo): un problema non solo estetico e formale ma soprattutto tecnico, tecnologico ed economico, a cui i moderni in- dirizzi della ricerca intendono offrire una risposta. Un esempio di grid shell a superficie di traslazione è la Hippo House, ovvero la copertura in vetro e acciaio a maglie quadrangolari per la vasca degli ippopotami dello Zoo di Berlino, definita dalla traslazione di due parabole generatrici lungo una direttrice anch’essa parabo- lica e chiusa da una facciata conica che funge da separazione dalla zona visitatori (fig.1.15).

Superfici free forms nascono con Frei Otto (fig.1.16) il quale, a partire da un modello fisico in scala realizzato con fili, progetta nel Garden Exhibition di Mannhheim, in Germania, una imponente grid shell in legno su un perimetro prefissato. An- che se non è possibile dare una precisa definizione delle superfici a forma libera, si può certamente dire che una free form è una costruzione non scomponibile o riconducibile a solidi o superfici elementari e, quindi, non inquadrabile in una

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semplice proiezione ortogonale (esempio fig.1.17). È opportuno fare una distin- zione tra due tipologie di free forms [29]: si parla di Self-shaping architecture se, fissate le condizioni al contorno ed i vincoli di progetto, si giunge all’ottimizza- zione della forma (come nel precedente esempio); in antitesi si ha la Sculptural architecturequando la costruzione ha valenza principalmente estetica e iconica rimandando l’analisi della fattibilità ad un momento successivo, una tendenza più moderna che si riscontra ad esempio nelle architetture di Zaha Hadid, Frank Gehry o Massimiliano Fuksas.

Figura 1.14: Cupola della Swimming Arena, arch: Kohlmeier und Bechler, ing:

Schlaich Bergermann und Partner, 1989, Neckarsulm, Germania [XIV]

Figura 1.15: House of Hippopotamus, arch: J. Gribl, ing: Schlaich Bergermann und Partner, 1996, Berlino, Germania [VII]

Figura 1.16: Garden Exhibition, Frei Otto, 1968, Mannheim, Germania [X]

Figura 1.17: Yas Viceroy Abu Dhabi Ho- tel, Asymptote Architecture, 2009, Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti [XV]

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1.4 Alcune realizzazioni significative

Copertura della Queen Elizabeth II Great Court, British Museum

Committente British Museum

Progetto architettonico Foster and Parners

Progetto strutturale Buro Happold Engineering

Luogo Londra, Regno Unito

Anno 1994-2000

Figura 1.18: Copertura del British Museum, Londra: vista interna e vista dall’alto [VI]

Il progetto dello Studio Foster and Partners reinterpreta l’enorme spazio offerto dal- la corte quadrata del British Museum (oltre 6000 m2), eliminando le esistenti strutture archivistiche, sviluppatesi intorno alla sala lettura centrale, e recuperando uno spazio distributivo in precedenza non disponibile ai visitatori. L’ambiente è protetto da una co- pertura leggera in acciaio e vetro, installata tra il blocco della sala di lettura, interno alla corte, e i corpi perimetrali. I vincoli e la forma della struttura consentono di non gravare eccessivamente sugli edifici esistenti, come richiesto dalla committenza.

La soluzione adottata costituisce un esempio di Self-shaping architecture, in quanto i progettisti hanno cercato una superficie in grado di risolvere il problema della transi- zione da un perimetro quadrangolare a uno circolare in esso contenuto, sfruttando in modo ottimale le peculiarità delle free forms per creare una forma strutturalmente effi- ciente. Lo stato di conservazione delle strutture esistenti ha costituito un vincolo assai influente sull’intero progetto: le murature della corte non erano in grado di offrire ade- guate reazioni alle spinte orizzontali mentre la sala lettura circolare risultava già molto penalizzata da un carico accidentale elevato. L’ottenimento del tipico comportamento a membrana ricercato per le grid shells risultava quindi pregiudicato. Per questi motivi la scelta è ricaduta su un guscio rigido composto da elementi impegnati a flessione, saldati tra di loro e organizzati in maglie triangolari. In questo modo la spinta orizzontale sui paramenti esistenti della corte risulta minima, mentre il problema del tamburo centrale

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è stato risolto posizionando 20 colonne, opportunamente nascoste (fig.1.19), che assor- bissero i carichi della copertura.

I pannelli in vetro camera utilizzati sono trattati con un processo di serigrafia, che con- sente di filtrare opportunamente la luce. Il benessere termico è assicurato da impianti di ventilazione meccanica.

Figura 1.19: Copertura del British Museum, Londra: vista interna [VI]

Copertura della corte dell’Abbazia di Neumunster

Committente Administation del Bâtiments Publics de Luxembourg Progetto architettonico RFR

Progetto strutturale RFR

Luogo Lussemburgo, Lussemburgo

Anno 1999-2003

Figura 1.20: Copertura Abbazia di Neumunster, Lussemburgo, Lussemburgo [IX]

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L’Abbazia di Neumunster è un complesso monumentale situato nel quartiere Grund, ovvero la parte bassa, della città di Lussemburgo. Nato come monastero, poi divenuto stazione di polizia e poi ancora prigione, è oggi un centro culturale che ospita concerti, mostre, seminari ed esposizioni di opere d’arte. All’inizio dello scorso decennio, il biso- gno di sfruttare il chiostro interno per le esposizioni e come area di ristoro, e al contempo preservare la storia e l’architettura originale del complesso, ha portato alla realizzazione di un ‘tetto di vetro’ completamente trasparente, installato sul perimetro rettangolare del cortile stesso.

Il progetto di RFR, a partire dagli obiettivi di ottenimento dei requisiti funzionali quali il riparo dalle intemperie, il controllo climatico e l’adeguata illuminazione, si concretizza in una soluzione assai innovativa denominata ‘guscio ibrido’: una struttura principale, composta da archi in acciaio a sezione piena del diametro di 80 mm, di luce 19 m e orien- tati a 30rispetto al lato corto, è controventata da un doppio ordine di cavi da 16 mm in acciaio, uno in senso longitudinale e uno inclinato rispetto a questo di 60(fig.1.21). La superficie descritta è prossima a quella della funicolare dei carichi, perciò il funziona- mento è a guscio discreto in regime di sforzo membranale, invece per i carichi fuori dal piano entrano in funzione gli archi con un comportamento ‘in parallelo’.

La soluzione di utilizzare una maglia di cavi, al posto di un secondo ordito di barre, è ammessa purché ne sia assicurata la pretensione che consente il corretto fluire degli sfor- zi membranali e, inoltre, di sopperire al funzionamento in sola trazione di tali elementi.

In questo modo si ottiene la maglia ibrida triangolare mostrata in fig.1.22. La presolleci- tazione applicata ai cavi è differente per i due ordini: risulta di entità superiore in quelli più corti (trasversali) ed inferiore in quelli più lunghi (longitudinali); ciò consente di definire una gerarchia che lascia ai secondi solo il compito di dare continuità al sistema.

I pannelli vitrei utilizzati sono quadrangolari piani nella losanga centrale, mentre sono triangolari a doppia curvatura nelle vele di estremità.

Figura 1.21: Copertura Abbazia di Neumunster, Lussemburgo: vista dal cortile interno [IX]

Figura 1.22: Copertura Abbazia di Neumun- ster, Lussemburgo: particolare della maglia [IX]

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Nuovo Polo Fiera Milano

Committente Nuovo Polo Fieristico S.c.r.l.

Progetto architettonico Massimiliano Fuksas

Progetto strutturale Schlaich Bergermann und Partner

Luogo Rho (MI)

Anno 2002 - 2005

Figura 1.23: Nuovo Polo Fiera Milano, Rho (MI): vista d’insieme [XII]

Il nuovo polo fieristico dell’ente Fiera Milano denominato ‘Nuovo Polo Fiera Mi- lano’ o semplicemente ‘Fieramilano’, ultimato nel 2005, è un complesso imponente di circa un milione di m2di superficie costruita, organizzata in otto padiglioni.

Il collegamento tra questi avviene a mezzo di un percorso centrale, segnalato da una grande copertura in acciaio e vetro, lunga 1500 m e larga 32 m, denominata ‘Vela’, il cui andamento è caratterizzato da continue variazioni altimetriche che alludono al paesaggio naturale: crateri, onde, dune, colline.

La struttura di questa superficie a forma libera è costituita da un reticolo di profili in acciaio a T connessi con nodi rigidi, a cui i pannelli di vetro si appoggiano direttamente.

Si può far appartenere quest’opera al filone delle Sculptural architecture in quanto la geometria è fissata a priori da un rigido disegno architettonico. La sfida ingegneristica affrontata da Schlaich Bergermann und Partner è stata quella di trovare una discretizza- zione della superficie che fosse sia ottimale dal punto di vista meccanico, che leggera e trasparente dal punto di vista funzionale. Sono state perciò scelte delle maglie strut- turali, e di conseguenza dei pannelli, di forma quadrangolare nelle zone più regolari e triangolare nelle parti geometricamente più articolate, in cui le sollecitazioni aumentano.

Il passaggio da una mesh all’altra è visibile in fig.1.24.

La maglia triangolare è ottenuta dalla suddivisione di una quadrangolare tramite un con- trovento che è soggetto soltanto ad azioni assiali. La scelta di nodi rigidi garantisce

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stabilità nei confronti delle azioni fuori dal piano. Ulteriori appoggi per la superficie a forma libera sono le 180 slanciate colonne cave in acciaio al cui interno è previsto il deflusso delle acque meteoriche.

Figura 1.24: Nuovo Polo Fiera Milano, Rho (MI): particolare della Vela [XII]

Nella parte centrale della fiera, la copertura a forma libera del Centro Servizi, de- nominata ‘Logo’, è la struttura simbolo di tutto il complesso. La tecnica costruttiva è simile a quella della Vela, ma la superficie vetrata è inferiore al fine di ridurre i costi di climatizzazione. Con una forma ‘a pinna’, la copertura si innalza dal Centro servizi, fra le quattro torri che ospitano lo spazio uffici permanente del complesso, per piegare alla fine verso l’interno dove crea un cratere (figg.1.25, 1.26).

Il lavoro degli ingegneri, come nel caso precedente, è stato quello di cercare una discre- tizzazione della superficie tale da innescare il più possibile sollecitazioni di tipo mem-

Figura 1.25: Nuovo Polo Fiera Milano, Rho (MI): Logo, esterno [XII]

Figura 1.26: Nuovo Polo Fiera Milano, Rho (MI): Logo, vista dalla hall [XII]

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branale, evitando eccessive flessioni che avrebbero determinato elementi notevolmente più grandi, quindi pesanti e poco gradevoli esteticamente. Questo compito non è mai facile quando si ha a che fare con una forma generata senza considerazioni sui naturali percorsi dei carichi.

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PROGETTAZIONE DI GRID SHELLS

Ut pendent continuum flexile, sic stabit contiguum rigidum inversum

Robert Hooke

Indice

2.1 Caratteristiche e requisiti 30

2.2 Ricerca della forma 30

2.3 Ingegnerizzazione della superficie 31

2.4 Metodologie di analisi e di calcolo 35

2.4.1 Non-linearità 35

2.4.2 Instabilità 36

2.4.3 Imperfezioni 37

2.4.4 Alcune puntualizzazioni conclusive 39

In questa tesi non sarà affrontata la progettazione di una grid shell pertanto una trattazione approfondita dei metodi progettuali esulerebbe dal fine del lavoro. Tuttavia si ritiene opportuno richiamare nel seguente capitolo alcuni principi, necessari per la formulazione di ipotesi nella fase di analisi e per la comprensione e il commento dei risultati sperimentali.

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2.1 Caratteristiche e requisiti

A partire dalle prime sperimentazioni sui gusci sottili, prima continui e poi discreti, si è aperto un periodo di intensi dibattiti, in cui progettisti e studiosi si sono confrontati sulle tematiche più importanti riscontrate. Fra tutti, Heinz Isler, celebre per i suoi lavori nella progettazione dei gusci sottili, individua e propone diversi problemi principali [9]:

• funzionalità;

• forma;

• espressività architettonica e artistica;

• statica;

• altri - acustica, illuminotecnica ecc.

Seppur riferiti a scritti datati, questi requisiti sono rimasti sostanzialmente gli stessi si- no ai giorni nostri. La funzionalità è un requisito fondamentale di ogni costruzione e concerne l’adeguatezza della stessa ad assolvere la funzione cui è destinata oppure a soddisfare un’esigenza specifica. La forma di una grid shell è certamente il requisito più importante, da cui possono derivarsi tutti i successivi, e il processo di ricerca della forma rappresenta uno dei primissimi passi nella progettazione di tali sistemi. Direttamente collegati alla forma vi sono l’espressività artistica dell’opera e il suo corretto funziona- mento strutturale, volto a avvicinare il comportamento del guscio discreto a quello di una membrana, evitando regimi flessionali, per un uniforme e più corretto sfruttamento del materiale. Infine la lista si chiude con i requisiti di benessere igrotermico, illumino- tecnico, acustico e così via, anch’essi riguardanti le costruzioni in generale. Nonostante essi siano stati sottovalutati in passato, oggi sono fondamentali nella progettazione, tanto da avere ricadute importanti anche in campo strutturale.

2.2 Ricerca della forma

Il problema della ricerca della forma nei grid shell supera l’approccio tradizionale basato sull’utilizzo di geometrie prefissate e analiticamente semplici o note, come nel caso degli edifici intelaiati. I primi metodi di progettazione delle strutture a guscio parti- vano dalla definizione di una geometria, più o meno complessa, da cui derivava una par- ticolare risposta statica. Come visto nel capitolo precedente, agli albori della tipologia costruttiva, la genesi di una grid shell si aveva a partire dallo studio della funicolare dei carichi e nel rispetto del principio di Hooke, facendo uso di modelli ‘inversi’ (fig.2.1).

Si riconosce in Heinz Isler il padre fondatore di questa disciplina: molti dei principi da lui affermati hanno una validità sempre attuale. In particolare, egli vedeva il form- findingcome il primo passo per l’ottenimento di una struttura efficiente, sicura e grade-

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Figura 2.1: Studi di Heinz Isler: a sinistra modelli fisici per la determinazione della forma; a destra le new shapes for shells [9]

vole esteticamente. Ciò malgrado questo processo è solo la base della filiera progettuale e necessita della validazione da parte di approfonditi calcoli. A partire dagli studi del- l’ingegnere svizzero, si è sviluppata una vasta famiglia di metodi, sperimentali, analitici o computazionali, che forniscono al progettista un ottimo aiuto nella scelta della forma ideale. Nell’accezione moderna il form-finding è tipicamente un algoritmo ‘pilotato’, nel senso che, a partire da obiettivi prefissati, quali ad esempio l’ottimizzazione statica, e condizioni al contorno note, individua una superficie in grado di massimizzarne la ri- spondenza.

Oggi è stato sviluppato un numero enorme di metodi di form-finding, alcuni di essi inglo- bati in software di calcolo commerciali, ad esempio: Transient Stiffness Method, Force Density Method, Dynamic Relaxation Method, Trust Network Analysis ecc., per la cui trattazione si rimanda a testi specialistici.

2.3 Ingegnerizzazione della superficie

I problemi di form-finding investono, in particolare, le grid shell che hanno possibi- lità di assumere la forma più congeniale alle varie esigenze progettuali, ovvero le Self- shaping architecture. Negli ultimi anni però la tendenza è leggermente diversa, stiamo assistendo all’affermarsi e alla diffusione della Sculptural architecture che, acquisendo i connotati del design, presenta involucri con una forma iconica fissata a priori.

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Ciò che differisce tra una costruzione tradizionale e una a forma libera non risiede nei materiali o nella tecnologia costruttiva bensì sulla gestione della forma. È evidente che nel primo caso la concezione della forma si accompagna a considerazioni di corretto funzionamento strutturale della stessa, nel secondo, invece, questo ragionamento non è scontato. Infatti non di rado si incontrano strutture ingombranti e nodi tecnologicamente impegnativi, se non altro per la scarsa collaborazione tra le figure del processo proget- tuale, in particolare alla distanza tra il progetto architettonico e quello strutturale. Per tale motivo, il futuro ci spinge nella direzione dell’Architectural Geometry, un campo nuovo in cui conoscenze informatiche, matematiche, ingegneristiche e non ultime quelle tecnologiche, si incontrano nell’atto unico della creazione e progettazione del manufat- to.

Una panoramica completa del problema della progettazione di involucri free forms è pre- sente nell’articolo [16]: uno stato dell’arte in materia corredato di opportuni riferimenti bibliografici multidisciplinari, di cui ci si serve qui nel seguito per enunciare i concetti più importanti, utili alla lettura del presente lavoro.

Avendo a disposizione una forma, ottenuta con form finding classico o nel caso più gene- rale quella di un involucro complesso, si procede alla razionalizzazione della superficie, ossia la suddivisione in elementi discreti e la definizione di un sistema atto a portare i pesi della ‘pelle’. La maglia adottata, forma base della discretizzazione, l’anglosassone pattern, è in grado di influenzare il comportamento e l’efficienza della grid shell, oltre che l’estetica, la fattibilità tecnologica e quindi il costo. Il problema delle free forms nell’ultimo decennio viene affrontato e risolto dal punto di vista geometrico con l’au- silio di software, prefissando un pattern e in seguito un algoritmo di suddivisione della superficie. Ci si limita a riportare i pattern più diffusi (in riferimento alla fig.2.2) con le loro proprietà distintive, rimandando al più chiaro e completo [16] per la trattazione degli algoritmi in grado di generarli o al cap.7 del lavoro di tesi [24].

Come premessa a questa breve descrizione è possibile puntualizzare alcuni requisiti ricercati nella pannellizzazione:

• rispondenza al design superficiale iniziale;

• semplicità;

• economia;

• realizzabilità;

che si possono tradurre in:

• planarità o singola curvatura dei pannelli;

• semplicità costruttiva;

• alto grado di trasparenza (per le superfici vetrate, cioè superficie vetrata rapportata a quella occupata dai sostegni);

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Figura 2.2: Differenti pattern, a partire da sinistra: triangolare per la Admirant Entrance Building, Eindoven; quadrilatera per la Fermata Métro Saint Lazare, Parigi; poligonale per il National Aquatics Center, Pechino

• stabilità della maglia;

• buon grado estetico.

Pattern triangolare

È certamente la maglia più semplice da utilizzarsi e perciò molto diffusa; deve questo suo successo a due fattori: uno geometrico, in quanto la maglia (a tre nodi) è sicuramente piana e perciò permette di approssimare qualsiasi superficie; uno statico, in quanto la maglia triangolare è internamente rigida1.

A questi indiscussi vantaggi si associano però delle problematiche:

- estetiche, legate alla bassa trasparenza nel caso si usi un pannello vitreo;

- di eccessivo peso, la struttura ha alto impatto sul progetto;

- economici, per la fase di realizzazione e per il numero elevato di pannelli e di aste;

- nodi ad alta valenza, cioè in cui concorrono un elevato numero di aste (sei);

- nodi non ottimizzati, ossia con presenza di torsione dovuta al non allineamento tra gli assi dei profili concorrenti.

Pattern quadrangolare

Per questo pattern vantaggi e svantaggi del precedente sono all’incirca invertiti. Ha riscosso molto successo nel campo delle glazed grid shells, da un lato perché è dotato di una trasparenza superiore, data da un reticolo più leggero e meno presente, e dall’altro poiché la tecnica di taglio dei pannelli vitrei è più semplice, dato che gli angoli degli stessi sono più ampi rispetto a quelli triangolari.

Anche il nodo è meno complesso e la sua valenza si abbassa da sei a quattro, ciò mal- grado la cura progettuale richiesta è superiore: dal punto di vista geometrico la planarità del pannello non è più intrinsecamente ottenuta e dal punto di vista strutturale la maglia non è intrinsecamente isostatica.

1Si noti ad esempio che un triangolo di aste incernierate risulta isostatico nel proprio piano.

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Esiste un sistema ‘misto’ di maglie triangolari e quadrangolari, incontrato già nel Nuo- vo Polo Fiera Milano, che prevede l’utilizzo diffuso di maglie quadrangolari, con van- taggi nettamente superiori, e mesh triangolari nei punti in cui la complessità del dise- gno diviene così elevata da richiedere una pannellizzazione più fitta e una struttura più robusta.

Pattern poligonale

La necessità di avere superfici ad elevata trasparenza e in cui la struttura sia ridotta al minimo ha portato alla nascita delle mesh poligonali, in particolare a forma esagonale.

Un primo esempio di questa applicazione si può trovare nell’Eden Project (fig.2.3), in cui l’impatto del pattern sul progetto è molto evidente tanto da essere esso stesso protago- nista del disegno della superficie. Una caratteristica che può risultare un pregio, laddove si cerchi un effetto simile, o un difetto, se si preferisce un’installazione ‘più anonima’.

I vantaggi nell’uso di una mesh esagonale sono di due tipi interconnessi: estetici, in quanto legati all’ottenimento di una più ampia superficie trasparente alla luce, e di leg- gerezza della costruzione. I nodi, inoltre, risultano meno complessi e a bassa valenza (tre aste).

Il contro di questo pattern, che forse ne ha determinato lo scarso utilizzo, è la difficoltà di reperire strumenti computazionali di discretizzazione della superfici. Negli ultimi anni, però, sono stati messi a punto numerosi algoritmi di suddivisione per la mesh esagonale, tra questi lo “Statics aware Voronoi remeshing scheme”, un remeshing innovativo utiliz- zato per la pannellizzazione dell’oggetto di studio, per il quale maggiori dettagli saranno forniti nei successivi capitoli.

Figura 2.3: The Eden Project, arch: Nicholas Grimshaw, ing: Anthony Hunt and Associates, 1998-2001, Cornovaglia, Regno Unito (p.23, [31])

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2.4 Metodologie di analisi e di calcolo

Le tipologie costruttive classiche, quali il telaio o la struttura reticolare, assai diffuse, studiate ormai in ogni aspetto, possono contare su una solida base analitica e normativa, fondamentale per il progettista che si appresta alla realizzazione di tali opere.

La differenza con i grid shell risiede nella quasi totale assenza di riferimenti progettuali, che obbligano il progettista a ricorrere alle informazioni disponibili per le opere esistenti, a riferirsi ad altre tipologie costruttive (come i gusci continui, i ponti o ancora le strutture a telaio) o a disporre prove e indagini sperimentali su modelli fisici.

La progettazione delle grid shells è affetta principalmente da tre problematiche, l’insta- bilità, la deformabilità e la sensibilità alle imperfezioni; inoltre, ad aumentare il grado di complessità tutt’altro che basso, si aggiungono la concezione dei nodi, la disposizione degli elementi, l’identificazione dei vincoli.

Nel seguito ci si limita a richiamare i concetti utili ad affrontare l’analisi dell’oggetto di studio. Per un quadro completo si guardino i casi progettuali affrontati in [8], [11], [24]

e la trattazione teorica in [3, 4, 28].

2.4.1 Non-linearità

In un’analisi strutturale l’ipotesi di linearità è la semplificazione più grande che si possa fare per un sistema complesso di elementi: un assunto che può essere violato, per scelta o per necessità, con l’onere di introdurre nel calcolo non-linearità geometriche, del materiale o delle condizioni di bordo.

Le grid shell, quali strutture leggere, risultano assai deformabili e di norma sensibili agli effetti del secondo ordine; di conseguenza non è più possibile scrivere le equazioni riso- lutive del problema in condizione indeformata (ipotesi di piccoli spostamenti) e vanno condotte analisi geometricamente non lineari.

Per strutture con comportamento prossimo a quello membranale, all’aumentare del cari- co corrisponde un abbassamento della rigidezza, oltre che la mobilitazione di uno sposta- mento. In tali condizioni siamo al di là del campo lineare geometrico, tuttavia il regime di deformazioni risulta sufficientemente piccolo (e prevalentemente di natura estensio- nale) da permetterci di rimanere nel campo elastico lineare per il materiale.

A tal proposito si cerca conferma nel suggerimento dell’Eurocodice UNI EN 1993-1- 1:2005, che al 5.2.1 recita: “Si raccomanda che gli effetti della geometria deformata (effetti del secondo ordine) siano considerati se incrementano significativamente gli ef- fetti delle azioni o modificano significativamente il comportamento strutturale”[25]. Che implica, a livello pratico, di includere gli effetti del secondo ordine nella maggior parte dei casi.

Il comportamento strutturale di perdita di rigidezza, softening, risulta assai penalizzante

(30)

per il progettista, in quanto oltre all’onere di un’analisi più sofisticata necessita l’ado- zione di coefficienti di sicurezza più alti rispetto alle strutture a comportamento lineare.

Nel presente lavoro non si avrà un riscontro di questo tipo, ma è di fondamentale im- portanza comprendere l’entità dei margini di sicurezza che si devono mantenere nella progettazione delle grid shells.

2.4.2 Instabilità

Le grid shells, in quanto strutture prevalentemente soggette a sforzi di compressione, vanno verificate rispetto al requisito di mantenimento di una configurazione stabile. La particolare importanza data a tale aspetto si deve al fatto che queste strutture hanno modalità di crisi per instabilità affini sia alle aste, sia ai gusci continui, inoltre nel caso peggiore si può assistere a una combinazione delle due. Tali modalità sono:

• instabilità della singola membratura, legata all’abbandono della configurazione stabile da parte di un elemento o parti di esso, senza ripercussioni sul resto della struttura;

• instabilità locale, o snap through, si deve a un moto instabile di una parte della struttura che raggiunge un elevato stato di sforzo;

• instabilità globale, modalità di crisi tipica delle strutture a guscio continuo, può originarsi anche propagazione di moti instabili di forme iposcalari;

• combinazione delle precedenti, decisamente la più temuta a causa dell’imprevedi- bilità degli effetti di cui è accompagnata.

Lo studio dei problemi di instabilità si materializza nell’elaborazione di un modello agli elementi finiti, che, in corrispondenza di manifestazioni instabili per un dato caso di cari- co, mostra divergenza in fase di risoluzione. Un ulteriore suggerimento sulla trattazione dell’instabilità nelle verifiche strutturali viene fornito sempre in [25] al 5.2.2 (relativo alla stabilità dei telai): “Se secondo il punto 5.2.1 l’influenza delle deformazioni della struttura deve essere considerata, [. . . ] si raccomanda che la verifica della stabilità dei telai o di loro parti sia eseguita considerando le imperfezioni e gli effetti del secondo ordine. A seconda del tipo di telaio e di analisi globale, gli effetti del secondo ordine e le imperfezioni possono essere portati in conto mediante uno dei seguenti metodi: [. . . ]”.

In sostanza, il consiglio, oltre a quello di eseguire analisi in grandi deformazioni laddo- ve necessario, è quello di considerare, al fine della valutazione della sicurezza a fronte di comportamenti instabili, le imperfezioni che ogni struttura inevitabilmente possiede.

Tale aspetto è confermato anche nell’articolo [7].

Malgrado la trattazione riguardante le modalità di esecuzione delle verifiche di stabilità esuli da questo lavoro, si intende sottolineare una comune difficoltà riscontrata: la defi-

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nizione di un appropriato campo di spostamenti ‘imperfetti’2da assegnare alla struttura a monte della fase di analisi e di risoluzione. Ciò ha un’importante ripercussione sulle modalità di analisi e ancor più su quelle di verifica [8].

2.4.3 Imperfezioni

Le strutture con cui si lavora sono soggette inevitabilmente a imperfezioni dovute alla natura del materiale, alla ricorrenza di errori operativi o alla traduzione di ipotesi, approssimazioni e schematizzazioni introdotte nel calcolo. Nel testo di Carlucci [8] è presente una classificazione delle imperfezioni, che qui si riporta:

• imperfezioni del sistema (rigidezza di nodi, elementi, fondazioni ecc);

• imperfezioni strutturali (autotensioni, non omogeneità del materiale, tolleranze di sezione, difetti negli allineamenti ecc.);

• imperfezioni della distribuzione dei carichi (distanza tra le condizioni di carico ipotizzate e la loro effettiva distribuzione);

• imperfezioni geometriche.

In riferimento alla trattazione in [25]: “Si raccomanda che margini adeguati siano intro- dotti nell’analisi strutturale per trattare gli effetti delle imperfezioni, includendo in esse le tensioni residue e le imperfezioni geometriche quali mancanza di verticalità, man- canza di rettilineità, mancanza di planarità, mancanza di accoppiamento ed eccentricità maggiori delle tolleranze essenziali [. . . ] Si raccomanda che siano utilizzate imperfezio- ni geometriche equivalenti,[. . . ] con valori che rispecchino i possibili effetti di tutti i tipi di imperfezioni, a meno che tali effetti siano inclusi nelle formule di resistenza utilizzate per la progettazione delle membrature”.

Questo metodo si basa sull’introduzione di quelle che vengono comunemente indicate come ‘imperfezioni geometriche equivalenti’: chiaramente si tratta di un vettore spo- stamento geometrico in grado di tener conto di tutte le forme di imperfezione presenti.

Nella realtà bisogna sempre considerare che computare ogni difetto, oltre a essere un onere insostenibile, è scorretto dal punto di vista probabilistico, in quanto la probabilità che si verifichino contemporaneamente con il valore calcolato è molto bassa. Un ap- proccio molto corretto, proposto in [2], prevede una distribuzione di tipo stocastico di imperfezioni, tuttavia non ha avuto un buon riscontro pratico a causa dell’onerosità del calcolo.

L’inserimento delle imperfezioni quindi genera una duplice domanda: quale possa esse- re il campo di spostamenti più opportuno e quale la sua ampiezza. Infatti l’imperfezione geometrica equivalente è assegnata come un vettore, che rappresenta la distanza tra la

2Il campo dei metodo che si utilizzano per tradurre la presenza di imperfezioni è molto vasto ma solo pochi di essi possono essere definiti ‘ingegneristici’, ovvero scientifici e di rapida applicazione tecnica.

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configurazione ‘indeformata’ o ‘perfetta’ e quella ‘imperfetta’, da sommare alle quote nodali e di forma:

e= (e1,x, e1,y, e1,z, . . . ei,x, ei,y, ei,z)T (2.1) in cui x, y, z indicano le componenti del sistema di riferimento degli i nodi.

A nessuno dei due quesiti si può rispondere in modo certo, ma esistono varie metodo- logie per ovviare a queste difficoltà. In particolare i grandi studi di progettazione si sono dotati di strumenti e metodi, spesso definiti ad hoc, legati a una precisa esigenza o specifica opera da realizzare e caratterizzati dalla propria filosofia progettuale; tuttavia nessuno di questi metodi vale in senso assoluto. Per il primo problema, ovvero la ricerca della forma delle imperfezioni, si citano i metodi di:

• studio delle forme di buckling, ossia con un processo iterativo si valuta un campo di spostamenti da sommare alla ‘geometria perfetta’, ottenuta a partire dall’analisi di stabilità lineare (autovettore per il più piccolo autovalore calcolato);

• studio di due configurazioni di carico, una simmetrica e una asimmetrica, per cui si assume la deformata prodotta dal caso che produce più velocemente il buckling;

• studio delle forme di vibrazione naturale, basate su una matrice di rigidezza cal- colata per la struttura alla soglia dell’instabilità; tra le prime forme modali si sceglierà quella ‘più pericolosa’ (approfondimenti in [7]).

In genere è necessario che il progettista abbia una grande sensibilità ed esperienza nel campo poiché il problema presenta non poche incertezze. Anche dal 5.3.2 di [25] si ha un aiuto vago e tutt’altro che soddisfacente: “La forma ipotizzata delle imperfezioni globali e delle imperfezioni locali può essere derivata dal modo di instabilità elastica che la struttura esibisce nel piano di instabilità considerato”.

La risposta alla seconda problematica, riguardante l’ampiezza della forma, è soggetta anch’essa a incertezze di varia natura: in primis la scelta della norma, rispetto alla quale

‘normalizzare’ il campo di spostamenti trovato, e poi la dimensione, ovvero il valore di riferimento rispetto a cui scalare il campo di spostamenti.

La norma è calcolabile in vari modi, ad esempio la norma euclidea è espressa in forma:

||e||E = r

i

(e2i,x+ e2i,y+ e2i,z) (2.2)

La dimensione è solitamente pari a una frazione di una grandezza caratteristica della struttura (un parametro, anche questo, assai incerto) [7, 8, 24].

Dall’uguaglianza tra la norma e la dimensione si otterrà un fattore di scala che consentirà di applicare il vettore spostamenti normalizzato alla geometria perfetta.

Analizzando tutti i dati appena discussi emerge come la materia della progettazione delle grid shellsoffra ancora di notevoli incertezze.

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2.4.4 Alcune puntualizzazioni conclusive

Da questa breve discussione riguardante le principali problematiche riscontrate nella progettazione delle grid shells è doveroso sottolineare e ribadire alcuni punti fondamen- tali:

• il pannello è nella quasi totalità dei casi considerato un elemento portato, senza alcuna interazione con la struttura in termini di resistenza o rigidezza;

• l’analisi tipica per una grid shell è in grandi deformazioni, ossia geometricamente non lineare;

• non sono considerate non linearità del materiale, in quanto si resta nel campo di proporzionalità tra sollecitazione e conseguente spostamento;

• l’analisi di buckling è condotta considerando sia effetti del secondo ordine che imperfezioni.

(34)
(35)

ANALISI DINAMICA

Models are to be used, not to be belived. . .

Henri Thiel

Indice

3.1 Modelli dinamici 42

3.2 Richiami di analisi modale 43

3.2.1 Linearità 43

3.2.2 Sistemi a un grado di libertà 43

3.2.3 Sistemi a molti gradi di libertà 46

3.2.4 Forme modali reali e complesse 48

3.3 Fondamenti di analisi modale sperimentale 49

3.3.1 Introduzione 49

3.3.2 Finalità e applicazioni 50

3.3.3 Assunzioni 50

3.3.4 Strumentazione utilizzata 51

3.3.5 Metodi di analisi e di stima dei parametri modali 55

Nel seguente capitolo vengono forniti alcuni richiami alle analisi dinamiche, in rife- rimento ai sistemi strutturali in generale piuttosto che alle grid shells nella fattispecie.

Nel campo dinamico si parla usualmente di modelli, spaziali, modali o di risposta, ba- sandosi su un’astrazione della realtà fisica; pertanto non conta che la modellazione sia rigorosa e aderente al vero, piuttosto che possa cogliere uno specifico comportamento.

Saranno quindi presentati i più comuni sistemi dinamici e le loro modellazioni in modo tale da poter riguardare uno stesso problema sotto diversi punti di vista. La seconda par- te, conterrà fondamenti di analisi sperimentale: i principi base, gli strumenti operativi più comuni e i principali metodi.

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