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Comunità resilienti. Lecture di Rob Hopkins

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Academic year: 2022

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Rob Hopkins è stato ospite lo scorso 13 marzo presso la Fondazione Cariplo di Milano per parlare delle Transition Towns, e di come favorire la resilienza delle comunità. Il network delle Transition Towns è nato nel 2005, grazie anche all’impegno dello stesso Hopkins, per supportare gruppi di cittadini nel definire azioni collettive per la costruzione di comunità resilienti. In reazione alla difficile convergenza di situazioni di crisi – economica, etica, energetica, ambientale – che caratterizzano questa fase storica e che minacciano anche le attese future, il movimento Transition Towns si pone come obiettivo quello di affrontare problemi di “vecchia data”. Fin dagli anni Settanta, la scienza si è interessata a esprimere una serie di allarmi e di possibili proiezioni sul percorso che l’economia della “crescita” avrebbe seguito in assenza di una gestione oculata delle risorse, quindi delle relative ricadute sull’ambiente.

Tra i più importanti lavori svolti, ricordiamo il Club di Roma con il rapporto commissionato al MIT “The Limits to Growth” del 1972, un’autorevole intuizione dei possibili squilibri ambientali che oggi interessano la nostra epoca. È recente la pubblicazione del “V Rapporto IPCC” che attribuisce scientificamente la causa dei cambiamenti climatici alle attività umane.

Secondo Hopkins, la risposta da parte delle istituzioni a questa serie d’importanti appelli che si sono succeduti fino a oggi, si scontra con una discutibile risposta nell’attuazione, sia nei tempi sia nell’efficacia, delle azioni intraprese.

Punta molto l’autore durante il convegno, sulle responsabilità antropiche che oggi collocano l’emergenza climatica come la sfida del secolo, argomentando in maniera chiara e inequivocabile la possibilità di contribuire concretamente al contenimento del riscaldamento globale entro i due gradi e di ridurre le emissioni di CO2. Questo è possibile secondo Hopkins, integrando i metodi istituzionali con strategie e pratiche immediate che vedono protagonisti piccoli gruppi di cittadini, generando processi di riorganizzazione profonda degli stili di vita:

“Lavorare sulla domanda, riducendo la richiesta, tenendo in considerazione i limiti delle risorse naturali”. Durante il convegno sono state esposte una serie di slide molto chiare, che pongono in evidenza i risultati immediati delle attività della transizione, alle diverse scale d’influenza. Rob Hopkins spiega questi concetti anche nei suoi libri, non ultimo “The power of just doing stuff: how local actions can change the world”.

Il concetto di resilienza è uno dei principi cardini della filosofia Transition Towns: la capacità di un sistema socio-economico di saper tornare a svolgere le proprie funzioni vitali a fronte di un deficit ecologico – come quello di origine antropica. Un pensiero che potrebbe sembrare utopico e dove non mancano le critiche, ma che in realtà si concreta in scelte e azioni molto tangibili come da lui stesso riportato durante l’intervento. Sono numerose le buone pratiche disseminate nei cinque continenti dove il network è prosperato, la “transizione” infatti può adattarsi a realtà molto diverse.

Anche in Italia esistono già comunità che hanno intrapreso la transizione, sono circa trenta i comuni che vi aderiscono e altrettanti sono interessati a partecipare. Soprattutto nella provincia di Bologna – Monteveglio è la prima ad aver intrapreso nel 2007 la transizione. Le attività sono numerose, dal cambiamento delle proprie abitudini mediante singole azioni o collettive, che vedono coinvolte le pubbliche amministrazioni su diverse scale di partecipazione, dalla collaborazione a vere e proprie partnership strategiche.

Importante per il network di Hopkins è stato anche il contribuito con le idee innovative sviluppate nel “Bristol Energy Network” e nel “Transition Towns Totnes” per l’elaborazione da parte del governo britannico del primo Community Energy Strategy. Una rivoluzione nel settore dell’efficienza energetica, dove le comunità e i grandi investitori del settore energetico, nei loro rispettivi ruoli, incrementeranno la produzione diffusa di energie

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rinnovabili – fatte in casa - diminuendo così la dipendenza dalla rete della grande distribuzione. Per la prima volta a livello statale si è toccato con mano il potenziale delle iniziative locali e come queste possano incidere sulla sfera politica per affrontare al meglio le sfide del cambiamento climatico mediante l’approccio building blocks.

Il Patto dei Sindaci dell’UE potrebbe essere una buona base da cui far partire e veicolare processi di profonda transizione energetica e decarbonizzazione dell’economia, replicando gli ingredienti e adattando le ricette alle diverse specificità delle comunità locali interessate.

Come sottolineato da Piero Pelizzaro – Responsabile della Cooperazione internazionale del Kyoto Club – durante il dibattito finale, Copenaghen ha istituzionalizzato il concetto di resilienza su scala locale, così come richiesto ed evidenziato dalla Commissione Europea nella recente Strategia di adattamento ai Cambiamenti Climatici.

Se la vostra non è una città di transizione, ma siete interessati, sul portale del Transition Network potete trovare diversi strumenti per avviare questi processi, dove il cittadino diventa proattivo a livello governativo.

Così, come la citazione riportata nel portale di Transition Italia di Mark Twain: “Tra vent’anni non sarete delusi delle cose che avrete fatto, ma di quelle che non avrete fatto”.

Articolo di Marco Alongi (KyotoClub).

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