• Non ci sono risultati.

Prime note su PCT e processo di cognizione - Judicium

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Prime note su PCT e processo di cognizione - Judicium"

Copied!
19
0
0

Testo completo

(1)

www.judicium.it

ROBERTO BELLE

Prime note su pct e processo di cognizione

Sommario: 1. Elencazione delle fonti – 2. La notificazione degli atti introduttivi. – 3. Il controllo della notificazione telematica eseguita dall’avvocato. – 4. (segue): il regime dell’invalidità delle notificazioni telematiche. – 5. Le comunicazioni telematiche di cancelleria. – 6. Notificazioni telematiche di atti cartacei in corso di procedimento. - 7. Il deposito degli atti: cartaceo e telematico. – 8.(segue): nullità per violazione di forme telematiche. – 9. (segue): gli atti a firma congiunta. – 10. Le produzioni documentali: principi e criticità. – 11. Il verbale di udienza: prova testimoniale, interrogatori ed altri incombenti con partecipazione di terzi.

1. Elencazione delle fonti

In forza dell’art. 16-bis d.l. 179/2012 (conv. con mod. in l. 221/2012), a partire dal 30.6.2014 diviene obbligatorio il deposito in forma telematica degli atti processuali successivi a quelli di costituzione in giudizio per i processi iniziati davanti al Tribunale dal 30 giugno 2014, mentre per i processi anteriori l’obbligo ha effetto dal 31.12.2014 (art. 44, co. 1, d.l. 90/2014, conv. con mod. in l. 114/2014)1.

Parimenti, a decorrere dal 30 giugno 2015 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi alla corte d'appello, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche (art. 16-bis, co. 9-bis d.l. 179/2012, come integrato dall’art. 44, co. 2 d.l. 90/2014, conv.

con mod. in l. 114/2014).

1 il regime della fase transitoria di introduzione del PCT è in realtà oggetto di diversità di vedute tra gli interpreti. L’art.

44, co. 1, d.l. 90/2014, conv. con mod. in l. 114/2014, ha chiarito con certezza che l’obbligatorietà dei depositi telematici a partire dal 30 giugno 2014 si riferisce soltanto ai nuovi processi e procedimenti, mentre per quelli pregressi tale obbligatorietà si avrà a decorrere dal 31 dicembre 2014. Ciò posto, secondo una prima posizione (V. Di Giacomo, L’architettura del processo telematico, in www.cosmag.it, 2014, 6), anche nei procedimenti e per le fasi (quella introduttiva e di costituzione) in cui l’obbligatorietà non vi sarebbe, sussisterebbe comunque la possibilità facoltativa di procedere in via telematica. Una diversa opzione limita tale facoltà a quei Tribunali o Uffici Giudiziari presso i quali la vigenza del sistema telematico sia stata anticipata ai sensi dell’art. 16-bis, co. 5, d.l. 179/2012, dovendosi negli altri casi ritenere che quanto non regolato in termini di obbligatorietà dall’art. 16-bis, cit., resti regolato esclusivamente dal c.p.c.

e dunque dalle forme cartacee in esso previste, salvo specifiche norme che già abilitino (ad es. scambio informatico di comparse conclusionali su autorizzazione del giudice ex art. 170, co. 4, c.p.c.) alla forma telematica. In ogni caso, dal 30 giugno 2014, deve svolgersi in forma esclusivamente telematica la fase monitoria del processo per ingiunzione (art.

16-bis, co. 4, d.l. 179/2012), mentre la fase di opposizione resta regolata, sotto il profilo della possibile o necessaria utilizzazione delle forme telematiche, negli stessi termini del processo di cognizione ordinario di primo grado.

(2)

www.judicium.it

Già dal 1.1.2013, peraltro, le comunicazioni e le notifiche a cura della cancelleria sono effettuate (art. 16, co. 4, d.l. 179/2012 cit.) in via telematica. Inoltre il d.l. 193/2009 (conv., con mod., in l.

24/2010) introducendo l’art. 149-bis c.p.c. ha regolato la possibilità per gli ufficiali giudiziari di procedere a notificazione telematica e dall’art. 16-quater d.l. 179/2012 cit. (attraverso l’introduzione di un art. 3-bis della l. 53/1994) è stata parimenti prevista e regolata, con effetto dal 24.5.2013 (v. il co. 4, dell’art 16-quater, cit., in relazione al d.m. 3.4.2013, n. 48, in G.U. del 9.5.2013), la facoltà per gli avvocati di dare corso in proprio a tale forma di notificazione degli atti.

Le innovazioni complessivamente così apportate sollecitano alcune riflessioni di fondo su vari aspetti inerenti l’impatto della disciplina con gli istituti del processo civile e con alcuni principi civilistici inerenti il regime delle prove.

A base dell’intero sistema, sotto il profilo delle fonti, vi è la normativa primaria del c.p.c. e delle relative disposizioni di attuazione, nonché quella degli artt. 16 e 16-bis, ter, quater, quinquies e sexies d.l. 179/2012, cit. e della l. 53/1994, per ciò che attiene alle notificazioni a cura degli avvocati. La normativa primaria fa rinvio a disciplina regolamentare di dettaglio, contenuta nel D.M. 44/2011 e, per rinvio dell’art. 34 del medesimo d.m., da ulteriore normativa di rango inferiore, contenuta attualmente nel Provvedimento 16.4.2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero di Giustizia, recante regole tecniche integrative. Parallelamente a tale disciplina prettamente processuale particolare rilievo assumono, tra le altre, la normativa riguardante la p.e.c. (d.p.r. 68/2005, emesso a norma dell’art. 27, co. 3, l. 3/2013) e quella inerente più in generale l’attività telematica della Pubblica Amministrazione (d. lgs. 82/2005, Codice dell’amministrazione digitale, in seguito C.A.D.).

2. La notificazione degli atti introduttivi.

L’introduzione del PCT, prevedendo inizialmente l’obbligatorietà delle forme telematiche per i soli atti di parte e depositi successivi alla costituzione in giudizio propone alcune questioni proprie di questa fase, per così dire ibrida, in cui cartaceo e telematico sono destinati a convivere.

E’ in proposito utile la distinzione dei processi sorretti da citazione, rispetto a quelli sorretti da ricorso.

(3)

www.judicium.it

Nei processi introdotti con citazione, l’elaborazione di essa in forma cartacea può accompagnarsi alla notificazione in forme ordinarie a mezzo ufficiale giudiziario, come anche nelle forme telematiche, a mezzo ufficiale giudiziario (art. 149 bis c.p.c.) o da parte dell’avvocato.

La notifica telematica mediante ufficiale giudiziario postula l’attribuzione a tali uffici degli strumenti elettronici, allo stato non scontata. Nella fase iniziale del PCT l’originale sarà di regola cartaceo e dunque l’Ufficiale Giudiziario dovrebbe estrarne ex art. 149-bis,co. 1, c.p.c. copia informatica (ovverosia, ai sensi dell’art. 1 lett. i-bis C.A.D., attraverso la formazione di un documento informatico avente contenuto identico a quello del documento analogico da cui è tratto) o copia telematica “per immagine” (art. 1, lett. i-ter C.A.D.) probabilmente corredandola di firma digitale (arg. ex art. 111 d.p.r. 1229/1959, in correlazione all’art. 22, co. 3, Codice amministrazione digitale).

In questa fase iniziale del PCT, la parte dovrebbe peraltro richiedere che le copie degli atti notificati, quale che fosse la forma dell’originale, gli siano rilasciate in forma cartacea, come non appare precluso nonostante il disposto dell’art. 149-bis, u.c., c.p.c. e ciò al fine di procedere alla corrispondente costituzione (cartacea) in giudizio; oppure, simulando la vecchia costituzione c.d.

con velina2, si può ipotizzare che sia ammissibile il deposito di copia analogica informe degli atti di notifica trasmessi dall’ufficiale giudiziario e pervenuti al notificante in via telematica, utilizzandoli per la costituzione in giudizio e riservandosi al prosieguo ogni migliore prova, se del caso anche in via di informativa giudiziale presso gli stessi ufficiali giudiziari.

Ciò a meno che, in forza di quanto implicito del neo-introdotto art. 9 co. 1-ter, l. 53/1994 non si possa ritenere che, se il difensore sia in possesso di atti informatici di notificazione, anche se non da lui formati, essi possano essere trasmessi alla cancelleria in via telematica, per la costituzione integralmente telematica in giudizio, profili tutti su cui si dirà subito di seguito.

Per procedere a notifica in proprio l’avvocato dovrà in effetti formare copia telematica della citazione, dare corso a notificazione secondo le regole di cui all’art. 3-bis l. 53/1994, conseguentemente trasmettendo le risultanze in cancelleria in via telematica (arg. ex art. 9, co. 1-ter,

2 sulla legittimità della costituzione con “velina”, v. per il primo grado, Cass. 20 luglio 2012, n. 12724; Cass. SS.UU. 18 maggio 2011, n. 10864; analogamente per l’appello, v. Cass. 20 luglio 2012, n. 12724; Cass. SS.UU. 18 maggio 2011, n. 10864.

(4)

www.judicium.it

l. 53/1994, come modificato dall’art. 46 d.l. 92/2014, nel testo introdotto con la legge di conversione 114/2014) unitamente ai restanti documenti, cartacei o telematici, nel secondo caso potendosi ipotizzare come già valida una costituzione in giudizio originaria integralmente telematica. Oppure, qualora il deposito telematico della citazione notificata non sia possibile (o non lo si ritenga possibile – o lo si ritenga giuridicamente rischioso, in questa fase iniziale del PCT, in cui l’uso delle forme telematiche secondo un’interpretazione non potrebbe aversi neppure in forma facoltativa per gli atti di costituzione in giudizio3), il difensore estrarrà copia cartacea delle risultanze del proprio sistema elettronico, con attestazione della conformità di essa a quanto risulta dal sistema stesso (art. 9, co. 1-bis, l. 53/1994): così potendo ultimare, insieme con il deposito dei restanti documenti necessari, l’iter della costituzione in giudizio in forma cartacea ai sensi dell’art.

165 c.p.c.

Nei processi retti da ricorso, poiché il deposito di tale atto già comporta la costituzione in giudizio della parte, potrà darsi corso a deposito telematico degli atti di notificazione.

Se dunque si proceda in via telematica mediante ufficiale giudiziario, il rilascio di copia telematica degli atti di notifica da parte di quest’ultimo (art. 149 bis, u.c., c.p.c.) consentirà l’utilizzazione di tale copia per la costituzione in giudizio, attraverso la trasmissione telematica all’ufficio giudiziario.

Può invece essere che il legale, formato e depositato il ricorso cartaceo, intenda procedere a notificazione telematica in proprio.

Rispetto a tale ipotesi incidono ancora le modifiche apportate dal d.l. 90/2014, conv. con mod. in l.

114/2014. Il neo-introdotto co. 9-bis dell’art. 16-bis d.l. 179/2012 stabilisce infatti che il difensore può estrarre ed autenticare come conforme la copia dei provvedimenti contenuti nei fascicoli informatici, laddove poi anche le copie, anche per immagine (pdf o simili), “presenti” nei predetti fascicoli, “equivalgono” all’originale, anche se prive della firma digitale del cancelliere. L’unica condizione tecnica, aggiunta dalla l. 114/2014 di conversione del d.l. 90/2014, è che il duplicato informatico deve “essere prodotto mediante processi e strumenti che assicurino che il documento

3 v, supra, nota 1.

(5)

www.judicium.it

informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine”.

Restano dunque superate le norme del d.m. 44/2011 che prevedevano la necessità di firma digitale del cancelliere al momento dell’inserimento della copia telematica di provvedimento analogico nel fascicolo informatico (art. 15, u.c.) e che imponevano analoga firma digitale nel caso di rilascio di copia informatica di documento analogico (art. 21, u.c.).

Il sistema, pur se nel rispetto della condizione tecnica di identità della sequenza dei bit, finisce quindi per allinearsi al principio, che può dirsi comune in ambito appunto di notificazioni, secondo cui chi vi procede può sempre estrarre copia conforme degli atti (ed anche delle copie conformi) da notificare: così l’art. 111 d.p.r. 1229/1959 che autorizza l’ufficiale giudiziario ad estrare copia conforme anche di copia conformi di atti a lui sottoposti per la notificazione a terzi, con regola in qualche misura ripresa anche dall’art. 149-bis, co. 1, c.p.c.

Quindi, cartaceo o telematico che sia il decreto di fissazione di udienza, esso verrà inserito dalla cancelleria, insieme alla copia per immagine del ricorso introduttivo cartaceo, nel fascicolo informatico, con il che anche le copie per immagine saranno “equivalenti” agli originali cartacei. Il difensore potrà quindi attestare la conformità delle copie da lui estratte dal fascicolo informatico alle copie degli originali cartacei presenti nel medesimo fascicolo4, allegando tale attestazione al plico informatico attraverso cui procederà alla notificazione alla controparte degli atti introduttivi (ricorso e decreto)5.

3. Il controllo della notificazione telematica eseguita dall’avvocato.

Il controllo sulla notificazione eseguita dall’avvocato si rende necessario in vari momenti del processo: dichiarazione di contumacia o sua revoca; controllo sul rispetto dei termini a comparire, decisione in appello sulla nullità del processo di primo grado per invalidità della notifica degli atti introduttivi etc.

4 Il che, secondo un’opinione (M. Gualtieri, Sulle notifiche in proprio dell’avvocato tramite posta elettronica certificata, in Riv. dir. proc., 2014, 1091), non determinerebbe neppure un problema di evasione dell’imposta di bollo, in quanto non è il cancelliere a rilasciare la copia conforme.

5 mentre ovviamente potrò procedere direttamente con la copia il duplicato informatico dell’atto telematico, se il decreto di fissazione udienza sia predisposto in formato digitale.

(6)

www.judicium.it

Intanto va detto che la notificazione si perfeziona, rispetto al destinatario di essa, allorquando il Gestore di posta del destinatario rilascia la Certificazione di Avvenuta Consegna (RdAC), con cui si attesta l’immissione del messaggio nel sistema elettronico del destinatario stesso (art. 3-bis, co. 3, L. 53/1994).

In sostanza l’ordinamento non richiede, per il perfezionamento della notificazione, la lettura effettiva del messaggio, ma la possibilità che tale lettura abbia corso.

Il fatto che il perfezionamento derivi esclusivamente dal pervenire del messaggio nella disponibilità informatica del destinatario, a prescindere dalla visione effettiva di esso e senza diversi avvisi, come invece accade allorquando vi sono notificazioni ai sensi dell'art. 140 c.p.c. o a mezzo posta, senza consegna diretta del piego, non rende la disciplina inadeguata ed eventualmente illegittima dal punto di vista costituzionale, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost.6

E’ vero che, nell'irreperibilità (relativa e temporanea) del destinatario, il piego inviato a mezzo posta è depositato presso la casa comunale con affissione di avviso sulla porta ed ulteriore avviso in raccomandazione (art. 140 c.p.c.) oppure posto in giacenza presso l'Ufficio Postale, con trasmissione di ulteriore avviso in raccomandazione (art. 8, co. 2, L. 890/1982). Non può però dirsi che da ciò derivi l’esigenza generale che, allorquando, come è nel caso di notificazione telematica, la comunicazione si perfezioni a prescindere dal fatto che il destinatario abbia visione reale dell'atto, vi sia necessità di un ulteriore avviso a mezzo posta.

Infatti la comunicazione presso una casella elettronica certificata ha caratteristiche di conoscibilità assai diverse da quelle delle altre tipologie di notificazione in quanto essa mette stabilmente l'atto a disposizione diretta del destinatario; come non è invece negli altri casi sopra esaminati in cui il piego giace altrove, sicché è ragionevole che vi siano specifici ed ulteriori avvisi, onde evitare che il destinatario, ove resti ignaro per qualunque ragione ignaro dell’accesso dell’ufficiale giudiziario o dell’ufficiale postale, finisca per restare definitivamente all’oscuro della notificazione. Rischio che non si corre con la notificazione o comunicazione telematica, visto che il messaggio resta, come detto, in costante disponibilità del destinatario, purché questi acceda al proprio sistema informatico.

In sostanza si tratta di forme di comunicazione del tutto diverse, che non si prestano come tali ad estensioni di disciplina o a reali comparazioni, tutto restando rimesso alla discrezionalità del

6 in senso più dubitativo, v. invece, M Gualtieri, Sulle notifiche in proprio, cit., 1103

(7)

www.judicium.it

legislatore che, nel caso qui in esame, non può dirsi esercitata in modo manifestamente irragionevole, in quanto appunto l'atto da comunicare viene immesso nella piena e costante reperibilità informatica da parte del destinatario ed in quanto la consultazione dei mezzi informatici da parte del difensore, tanto più allorquando attraverso essi ormai si attuano molti incombenti processuali, è comportamento doveroso7.

In via fisiologica la notificazione telematica da parte dell’avvocato consiste nell’invio di un messaggio di posta elettronica con una serie di allegati, consistenti nell’atto da notificare, nella procura alle liti (ove si tratti di atti introduttivi), nella relata di notifica ed ove necessario, di documenti8.

Per comprovare la regolarità della notificazione, l’avvocato dovrà trasmettere copia telematica dei corrispondenti atti di notificazione (art. 9, co. 1-ter, l. 53/1994) oppure, quando ciò non sia possibile, potrà estrarre copia cartacea di quanto risultante nel suo sistema telematico, attestando, ai sensi dell’art. 9, co. 1-bis, L. 53/1994, la conformità di tale copia alle predette risultanze.

L’asse della notificazione si fissa quindi, da un primo punto di vista, sulla relata di notifica (che attesta chi abbia proceduto alla notificazione e che cosa egli abbia fatto a tal fine) e sull’attestazione di conformità degli atti (che fa constare quanto risulta sul sistema informativo dell’avvocato).

Il controllo della relata può riguardare tutti gli elementi di cui all’art. 3-bis, co. 5 L. 53/1994, tra cui particolare rilievo possono avere9 la verifica che il registro da cui è stato estratto l’indirizzo elettronico presso il quale si è eseguita la notificazione sia tra quelli pubblici presso i quali ciò possa

7 v. sul punto, Cass. 2 luglio 2014, n. 15070, ove la precisazione che “ogni avvocato, dopo la comunicazione del proprio indirizzo di PEC al Ministero della Giustizia attraverso il Consiglio dell'Ordine di appartenenza, diventa responsabile della gestione della propria PEC, nel senso che se non la apre ne risente le conseguenze” (caso in cui il difensore adduceva di non avere potuto consultare la Pec per non avere ancora ricevuto la password, “inconveniente” che è stato ritenuto dalla S.C dipendere “esclusivamente da problemi di gestione della PEC da parte del relativo titolare (destinatario della comunicazione), come tali del tutto ininfluenti sulla validità della comunicazione stessa”.

8 si osserva che, poiché le produzioni dei documenti devono avvenire mediante deposito in cancelleria (sostituito dalla trasmissione alla cancelleria in forma elettronica, per il PCT) o in udienza, la eventuale notificazione di essi in una con gli atti introduttivi, eventualmente con attestazione di conformità ai sensi dell’art. 3-bis, co. 2, L. 53/1994, sicuramente possibile, non ha di per sé valore di produzione nel processo.

9 il riscontro in merito all’esistenza del provvedimento di autorizzazione alle notifiche da parte dell’Ordine di appartenenza, non è necessario, in quanto il d.l. 90/2014, conv. con mod. in l. 114/2014, ha abrogato la necessità di un tale titolo abilitativo.

(8)

www.judicium.it

avvenire10 e l’attestazione di conformità, ai sensi dell’art. 3-bis, co.2, L. 53/1994 degli atti cartacei eventualmente notificati con gli originali in possesso del difensore.

Il controllo sui documenti informatici di notifica (art. 9, co. 1-ter, l. 53/1994) o sull’attestazione del difensore resa ai sensi dell’art. 9, co 1-bis, L. 53/1994 consentirà di prendere atto di quando il piego informatico è stato accettato dal Gestore di posta del destinatario (che, per quanto occorrer possa, attesterà il momento perfezionativo della notificazione per il mittente11) e, soprattutto, di verificare, attraverso la Certificazione di Avvenuta Consegna, quando la notificazione è stata messa nella disponibilità informatica del destinatario (che, come detto, fissa il momento di perfezionamento della notifica per il destinatario, che è ovviamente quello di maggiore rilevanza).

Ai sensi dell’art. 16-septies d.l. 179/2012 (introdotto dalla l. 114/2014, di conversione del d.l.

90/2014) la notificazione, “quando è eseguita dopo le ore 21 (…) si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo".

In sostanza il procedimento notificatorio consta di una pluralità di momenti, di cui il primo nel pieno controllo dell’avvocato e consistente nell’intera fase di invio della notificazione; il secondo da svolgersi nell’attestazione da parte del Gestore di Posta del mittente in merito al pervenire presso di esso del piego informatico, momento cui si riconnette il perfezionamento della notificazione per chi l’ha inviata (art. 3-bis, co. 3, L. 53/194, in relazione all’art. 6, co.1, d.p.r. 68/2005); il terzo consistente nella certificazione di accettazione del piego informatico da parte del Gestore di Posta Elettronica del destinatario (art. 3-bis, co. 3, L. 53/194, in relazione all’art. 6, co.2, d.p.r. 68/2005);

in sede di controllo sulla notificazione vi è infine un ulteriore momento, ricadente nuovamente nella responsabilità del difensore, consistente nell’attestazione di conformità delle risultanze informatiche delle precedenti operazioni alla copie cartacee che di esse si estraggono.

10 v. in proposito anche l’art. 16-ter d.l.179/2012, secondo cui sono pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni di cui al PCT “quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12” del medesimo d.l. (inerenti rispettivamente il domicilio digitale che il cittadino abbia facoltativamente eletto e l’indirizzo per comunicazioni e notificazioni alle pubbliche amministrazioni); dall'art. 16 del “decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 e dall'articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (inerenti i recapiti elettronici delle imprese e dei professionisti), nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia (c.d. ReGIndE, su cui v. art. 7 d.m. 44/2012).

11 è dato acquisito in giurisprudenza quello in merito ai diversi momenti di perfezionamento per il notificante (al fine di escludere decadenze non riconducibili a suoi comportamenti, qualora la notifica si perfezioni per il destinatario in tempi sensibilmente successivi) e per il destinatario (al fine di avere per rispettate le esigenze di difesa di quest’ultimo).

(9)

www.judicium.it

Rispetto ai profili notificatori rientranti nella diretta responsabilità del legale (relata di notifica;

eventuale attestazione di conformità delle copie cartacee dell’intero iter notificatorio) è indubbio che si trovi di fronte ad atti capaci di prova fino a querela di falso. Difatti la normativa (art. 6 L.

53/1994) qualifica espressamente l’avvocato come “pubblico ufficiale ad ogni effetto” rispetto proprio alle predette attività che, avendo natura certificatoria, integrano in sostanza la fattispecie propria dell’art. 2699 c.c., ovverosia dell’atto formato da pubblico ufficiale “autorizzato” ad attribuirgli pubblica fede, idoneo a fare prova “fino a querela di falso” ai sensi del successivo art.

2700 c.c.

Più complessa è la ricostruzione della natura della Certificazione di Avvenuta Consegna da parte del Gestore di Posta Elettronica del destinatario.

Si tratta di atto a firma digitale automatica (art. 9 d.p.r. 68/2005) che ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. e con onere della prova – e quindi dell’eventuale querela di falso - in capo al mittente della non riferibilità a sé della comunicazione (art. 21, co. 2, C.A.D.).

Quindi siamo al di fuori dell’ambito degli atti pubblici, che postulano una formazione umana e non automatica e piuttosto si deve ragionare nei termini di una particolare forma di scrittura privata certificatoria.

Se così è, sotto il profilo probatorio, si deve probabilmente distinguere quanto attiene al contenuto

“estrinseco” dell’atto, ovverosia ciò che riguarda la provenienza di esso dal Gestore, per ritenere che, data la particolare portata certificativa12, un tale documento fa prova fino a querela di falso, da proporsi a cura dello stesso mittente, della provenienza appunto dal predetto Gestore.

Viceversa, non vi è prova fino a querela di falso rispetto al c.d. “intrinseco”, ovverosia in relazione alla veridicità dell’attestazione di messa a disposizione del piego informatico presso l’apparato informatico del destinatario.

Tuttavia l’intero sistema è da consentire di costruire una presunzione iuris tantum di veridicità della Certificazione: ciò sul presupposto che la stessa normativa attribuisce valore legale (arg. Ex

12 così come accade, secondo la giurisprudenza, per le scritture private provenienti da terzi, le quali di regola non sono liberamente valutabili, ma che invece fanno prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni qualora siano dotate di “incidenza sostanziale intrinsecamente elevata”: così, Cass. SS.UU. 23 giugno 2010, n. 15169

(10)

www.judicium.it

art. 4, co. 1, d.p.r. 68/2005) ad essa13 e che l’esercizio dell’attività di Gestore del servizio di posta soggiace ad un rigoroso regime di requisiti e controlli, finalizzato ad assicurare capacità rispetto al servizio (v. art. 13 ss. d.p.r. 68/2005; art. 27 ss. C.A.D.) e piena funzionalità ai sistemi.

Presunzione che non consente di aprire istruttorie sulla base della mera contestazione dell’effettività della consegna elettronica o di istanze meramente esplorative, postulando invece, quella prova contraria, la specifica deduzione e prova di malfunzionamenti, il cui raggiungimento consentirà a quel punto eventuali approfondimenti peritali.

4. (segue): il regime dell’invalidità delle notificazioni telematiche.

La struttura delle notificazioni telematiche è destinata ad incidere sensibilmente sul regime di validità delle stesse.

La Certificazione di Avvenuta Consegna è effetto di un’attività comunicativa documentabile che, se comprovata, assorbe in sé essenzialmente tutta la portata conoscitiva della notificazione.

Ciò consente di ridurre a meri vizi di nullità (e non di inesistenza) le irregolarità o carenze delle altre fasi comunicative, ivi compresa la relata di notifica (v. anche art. 11 L. 53/1994).

Con la conseguenza in diritto che, per i predetti vizi, troveranno applicazione le regole di cui all’art.

291 c.p.c., con possibilità di rinnovazione della notificazione, e dell’art. 156, co. 3, c.p.c., con possibilità di sanatoria per raggiungimento dello scopo, ove sia certa la ricezione del documento presso il sistema informatico del destinatario e sia comprovabile l’assenza di fondati dubbi sulla sua provenienza.

5. Le comunicazioni telematiche di cancelleria.

Le comunicazioni telematiche di cancelleria, per effetto del disposto dell’art. 16, co. 4, d.l.

179/2012 (conv. con mod. in L. 221/2012) devono ora avere corso in via telematica.

La nozione processuale di “comunicazione” si coglie dal disposto dell’art. 136 c.p.c. e consiste nel dare notizia alle parti di un determinato evento processuale attraverso biglietto di cancelleria. Tale

“comunicazione”, proprio per la portata meramente notiziale (“forma abbreviata di comunicazione”, afferma l’art. 136 cit.) che la caratterizzava, è sempre stata ritenuta attuabile, in

13 sul valore presuntivo delle certificazioni v. Cass. 2 marzo 2012, n. 3253.

(11)

www.judicium.it

passato, in qualunque forma idonea a quello scopo e dunque certamente, mediante notificazione, come anche con altre modalità14.

Attualmente, tuttavia, per effetto della novella all’art. 45 disp. att. c.p.c. apportata con l’art. 16, co.

3, lett. b) d.l. 179/2012, il biglietto di cancelleria, nonostante non sia stato modificato l’art. 136, co.

1,, c.p.c. non può più realmente dirsi una forma abbreviata di comunicazione, dovendo esso contenere “in ogni caso (….) il testo integrale del provvedimento comunicato”. In coerenza con ciò,il d.l. 90/2014, , conv. con mod. in l. 114/2014, ha modificato l’art. 133 c.p.c., prevedendo che la pubblicazione della sentenza avvenga mediante biglietto “contenente il testo integrale della sentenza”15.

E’ al contempo da rilevare la sempre maggiore rilevanza che va assumendo, per ragioni di celerità processuale, la comunicazione di cancelleria, essendo in alcuni casi previsto (art. 669-terdecies, c.p.c., sul reclamo cautelare; art. 18, co. 4, l. fall., in relazione alla comunicazione di cui all’art. 17 l.

fall., sul reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento da parte del fallito; art. 1, co. 58 L.

92/2012 sul reclamo contro la sentenza emessa nel c.d. rito “Fornero”) che i termini per impugnare l’atto di cui viene data notizia decorrano appunto (anche) dalla comunicazione di esso.

In proposito si è giustamente ritenuto in giurisprudenza che la comunicazione non integrale del provvedimento, in violazione dell’art. 45 disp. att. c.p.c., impedisca la decorrenza del termine, sicché la sentenza resta impugnabile, ove sia prevista la sola comunicazione come dies a quo (art. 1, co. 58 L. 92/2012) nel termine lungo di cui all’art. 327, co. 1, c.p.c.16. Trovando invece ed ovviamente applicazione il termine a decorrere dalla notificazione a cura di parte, ove anch’esso sia

14 Cfr. Cass. 19 febbraio 2008, n. 4061 (sulla comunicazione via e mail con ricevute di risposta); Cass. 16 giugno 2004, n. 11319, sulla comunicazione mediante visto “per presa visione”.

15 ovviamente il fatto che la cancelleria provveda a comunicazione integrale del provvedimento, in genere denominata dal sistema telematico “notificazione”, non vale, salvi i casi di cui è menzione nel testo, a far decorrere i termini brevi di impugnazione ex art. 325 e 326 c.p.c. Ciò in quanto la “notificazione” cui ha riguardo l’art. 326 c.p.c. è quella della parte, che con essa intima alla controparte, in una sorta di costituzione in mora processuale, di decidere, nel termine breve di rito, se impugnare o meno il provvedimento stesso. Ciò è ora espressamente sancito dal disposto dell’art. 133 co. 2, c.p.c., come integrato dall’art. 45 co. 1 lett. b d.l. 90/2014, conv. con mod. in l. 114/2014, nel senso che la comunicazione – ora doverosa – del testo integrale della sentenza a cura del cancelliere “non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'articolo 325” c.p.c.

16 Corte d'Appello di Milano, Sezione Lavoro,3 marzo 2014, n. 224.

(12)

www.judicium.it

individuato dalla disciplina come referente temporale a quo per l’impugnazione (così è dunque ad es. per l’ipotesi dell’art. 669-terdecies c.p.c.).

Dal punto di vista tecnico, la comunicazione telematica di cancelleria consiste in una e-mail di posta certificata, trasmessa presso l’indirizzo Pec del legale del destinatario (v. anche artt. 7 e 16 d.m.

44/2011).

La normativa non prevede alcuna firma digitale qualificata dell’atto di comunicazione (art. 16 d.m. 44/2012), accontentandosi della riferibilità digitale c.d. debole che deriva in sostanza dall’accesso con credenziali al computer da cui la trasmissione viene effettuata (art. 21, co. 1 C.A.D.) e che fornisce una prova sulla provenienza liberamente valutabile dal giudice, tenuto conto del contesto entro cui l’invio della comunicazione è avvenuto, verosimilmente mai tale da apportare smentite rispetto alla genuinità dell’invio.

Quanto contenuto nella corrispondente “Ricevuta Telematica” ha poi in sostanza il valore di relata di notifica (art. 16, co. 4, d.l. 179/2012) contenendo il riepilogo delle attività comunicative svolte dalla Cancelleria e riportandosi in essa la Certificazione di Avvenuta Consegna presso il destinatario.

Il controllo sulla comunicazione, di cancelleria, quando necessario, seguirà, mutatis mutandis, le regole proprie della verifica in ordine alla notificazione telematica degli atti, di cui si è detto al § 3.

Essa consisterà essenzialmente nella verifica della provenienza della e-mail dall’ufficio giudiziario e del pervenire dei file nella disponibilità del sistema informatico del destinatario, attraverso la Certificazione di Avvenuta Consegna o nella rappresentazione di essa che è contenuta nella menzionata “Ricevuta Telematica” con valore di relata17.

17 secondo Cass. 20 giugno 2012, n. 10143, con l’introduzione dell’obbligo di comunicazione telematica da parte della cancelleria “esigenze di coerenza sistematica e d'interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell'art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 cod. proc. civ. per gli atti di parte e dall'art. 366 cod. proc. civ. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine”.

Coerentemente a tali principi, secondo Trib. Milano 10 aprile 2013, non è valida la comunicazione presso la cancelleria ai sensi dell’art. 51, co. 3 d.l. 112/2008 (conv. con mod. in l. 133/2008) al procuratore domiciliatario che non abbia indicato l’indirizzo Pec, qualora il “dominus” avesse viceversa indicato tale indirizzo, destinato a prevalere per la comunicazione delle ordinanze del giudice.

(13)

www.judicium.it

Ove necessario, i corrispondenti atti potranno essere trasmessi in via telematica dall’ufficio di primo grado a quello di secondo grado, oppure la verifica potrà avvenire sulla base della trasmissione da parte della cancelleria del giudice di primo grado delle necessarie copia cartacee delle proprie risultanze informatiche.

I mezzi di contestazione dei vari passaggi notificatori sono poi sovrapponibili a quelli (querela di falso per le attestazioni dei pubblici ufficiali; prove idonee a superare la presunzione di conoscibilità, ove si faccia riferimento alla Certificazione di Avvenuta Consegna) già esaminati rispetto alle notificazioni telematiche ad opera dei difensori, per cui ancora si rinvia, per ogni maggiore dettaglio, al § 3.

Infine, nei pochi casi in cui la legge prevede notificazioni a cura della cancelleria (art. 192 c.p.c.;

art. 420, penultimo co., c.p.c.) qualora esse debbano essere eseguite presso un indirizzo contenuto nei registri pubblici, ad esse provvederà in via telematico direttamente il cancelliere stesso18.

6. Notificazioni telematiche di atti cartacei in corso di procedimento.

Vari sono gli atti che, ove formati in originale cartaceo, devono poter essere notificati in copia conforme a vari fini processuali: così accade per le ordinanze resa in udienza ammissive dell’interrogatorio formale del contumace o di un ordine di esibizione ad un terzo, così è anche per la sentenza resa in passato in forma cartacea o, nella medesima forma, pur dopo l’entrata in vigore del processo telematico, che venga notificata al difensore della controparte per provocarne il passaggio in giudicato.

In questi casi opereranno le regole esaminate al § 2, con riferimento alla notifica telematica di un ricorso introduttivo già depositato in forma cartacea, per le quali si rinvia quindi a quanto ivi meglio precisato.

7. Il deposito degli atti: cartaceo e telematico.

Una prima, generalissima, questione attiene alla trattazione dell’ipotesi in cui gli atti da trasmettere in via telematica siano invece depositati in forma cartacea.

18 B. Fabbrini, Il processo civile telematico, tra interpretazione del vigente e future evoluzioni, in Il giusto processo civile, 2013, 301.

(14)

www.judicium.it

La normativa è assolutamente chiara nel sancire che gli atti successivi alla costituzione in giudizio debbano esser depositati “esclusivamente” in forma telematica e le uniche eccezioni sono date dall’autorizzazione del Presidente del Tribunale o del giudice di disporre il deposito cartaceo quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti (art. 16-bis, co 4 e 8 d.l.

179/2012) o, del singolo giudice, di disporre analogamente “per ragioni specifiche” (art. 16-bis, co.

9) ed evidentemente, come tali, eccezionali e motivate.

E’ quindi indubbio, per il rigore delle espressioni normative, che il mancato rispetto del disposto comporti la nullità del deposito cartaceo non autorizzato.

Si deve tuttavia stabilire se tale nullità possa essere ritenuta sanata per il raggiungimento dello scopo.

Il punto è centrale, perché se così fosse, ne verrebbe integralmente minata alla radice l’operatività del PCT, in quanto nessuna reale sanzione vi sarebbe per la parte che procedesse a depositare l’atto in forma non telematica.

In realtà le norme costruiscono chiaramente il deposito in cancelleria come forma eccezionale ed il sistema telematico come “luogo” di accesso delle parti al processo (al di fuori dell’udienza). Con la conseguenza che il deposito cartaceo, quando non sia eccezionalmente autorizzato, non raggiunge lo scopo di portare l’atto all’interno di quel luogo virtuale ove sono destinati esclusivamente a vivere gli atti processuali successivi alla costituzione in giudizio. In sostanza, dal punto di vista processuale, in tali casi, il deposito cartaceo in cancelleria equivale all’ipotesi in cui un atto processuale fosse, nel regime cartaceo previgente, depositato presso altra amministrazione o presso un ufficio del Ministero di Giustizia non destinato a funzioni giudiziarie. La cancelleria per i processi a trattazione telematica non ha più rilievo come ufficio nella sua fisicità, se non nei casi in cui ciò sia espressamente previsto: viceversa ha rilievo soltanto il fascicolo telematico e l’area virtuale di accesso e trasmissione elettronica degli atti.

Quindi, non si può sostenere che il deposito cartaceo non autorizzato, in aperta violazione della normativa, sia idoneo al raggiungimento degli scopi propri dell’incombente inerente il deposito degli atti di parte.

Quanto al momento in cui si ha per avvenuto il deposito telematico degli atti, esso è fissato dalla normativa, coerentemente ai momenti perfezionativi di notifiche e comunicazioni, con quello in cui

(15)

www.judicium.it

viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia (art. 13, co. 2 d.m. 44/2011), ovverosia allorquando l’atto è posto nella disponibilità informatica dell’ufficio giudiziario, a prescindere da quando vi sia effettiva accettazione o visione di esso.

Con il d.l. 90/2014, conv. con mod. in l. 114/2014, è stato infine stabilito che “il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza” (e cioè entro le ore 24 della corrispondente giornata), con applicazione altresì della regola per cui la scadenza del termine in giorno festivo o di sabato comporta la proroga di diritto al primo giorno seguente non festivo (art. 155, co. 4 e 5 c.p.c.).

8. (segue): nullità per violazione di forme telematiche.

Il deposito telematico degli atti di parte avviene, ai sensi dell’art. 13 d.m. 44/2012, attraverso comunicazione alla cancelleria di una e-mail contenente un atto in formato pdf (art. 12 Provvedimento del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia in data 16 aprile 2014) sottoscritto con firma digitale e derivante dalla trasformazione di un documento testuale. Non è invece ammessa la scansione di immagini.

L’atto non deve quindi consistere in un’immagine pdf, ma di un atto che, formato eventualmente in altro programma, sia salvato con formato pdf, onde renderlo non modificabile, almeno con mezzi correnti, e che sia sottoscritto con firma digitale.

Problema che potrà quindi porsi è quello del valore da attribuire al deposito telematico non di un originale, ma della sola immagine pdf di un atto.

Una posizione più estrema potrebbe essere quella di ritenere nullo l’atto processuale, salva sanatoria ex tunc per raggiungimento dello scopo, ma evidentemente con il rischio della maturazione di decadenze.

In realtà sembra che il principio di raggiungimento dello scopo (art. 159, co. 3, c.p.c.) vada qui valutato in combinazione con le caratteristiche del mezzo telematico utilizzato.

In sostanza, provvedendo al deposito di un immagine pdf è come se si procedesse al deposito di una fotocopia dell’atto.

(16)

www.judicium.it

Se quindi la fotocopia reca la sottoscrizione (in caso contrario l’atto sarà inesistente19) varrà il principio giurisprudenziale per cui anche in ambito processuale trova applicazione l’art. 2719 c.c., sicché anche la fotocopia dell’atto sarà idonea, a meno che la controparte non la disconosca nella prima difesa20 e salva la possibilità di dimostrare la conformità all’originale, provvedendo all’esibizione o al deposito (questa volta in forme telematiche regolari) dell’atto. D’altra parte, l’e- mail contenente l’atto irregolare è pur sempre di provenienza sufficientemente certa, in quanto trasmessa dall’avvocato a ciò interessato e dunque è impossibile non riconoscere il pieno raggiungimento, per tale via, degli scopi processuali rilevanti.

9. (segue): gli atti a firma congiunta.

Il sistema non consente la doppia firma digitale di un medesimo atto telematico.

Si pone dunque il problema degli atti che provengano congiuntamente da più difensori, come ad esempio nel caso di istanza concordata di rinvio di udienza o di integrazione di un provvedimento istruttorio o di correzione di errore materiale della sentenza.

Una prima ipotesi è quella dell’accordo per il deposito contestuale di distinti atti di identico contenuto, ciascuno contenente la firma digitale di un difensore.

Una seconda ipotesi, che si può sorreggere su di una lettura più aperta della regolarità informatica delle copie immagine pdf (su cui v. supra, § 8), è quella della formazione di un atto con sottoscrizioni congiunte, scannerizzato e trasmesso in copia; oppure, analogamente, quella della trasmissione di un atto firmato digitalmente da un difensore, con allegata la copia immagine del consenso dell’altro difensore.

10. Le produzioni documentali: principi e criticità.

La produzione dei documenti segue le regole di cui all’art. 87 disp. att. c.p.c. e dunque essa deve avvenire attraverso deposito in cancelleria oppure in udienza.

La produzione mediante deposito in cancelleria è ora sostituita, per i processi ove trova applicazione la forma telematica, dalla trasmissione informatica.

19 Cass. 20 gennaio 2011, n. 1275; Cass. 22 marzo 2001, n. 4116.

20 Cass. 24 ottobre 2013, n. 24068; Cass. 2 febbraio 2009, n. 2590.

(17)

www.judicium.it

Poiché le produzioni iniziali hanno luogo al momento della costituzione in giudizio (art. 165 c.p.c.;

art. 414-415 c.p.c.) esse possono essere eseguite in forma cartacea21 e verranno inserite nel fascicolo informatico a cura della cancelleria (art. 14, c. 2, d.m. 44/2011).

Le produzioni successive, se non attuate in udienza, devono essere trasmesse in via telematica alla cancelleria e, con l’ingresso di esse nel fascicolo informatico vi è automatico avviso, valido ex art. 87 disp. att. cit., alle controparti22.

La produzione in via informatica, se riguardi documenti originali (nativi) telematici, del cui file sia in possesso il difensore, avrà di regola per oggetto un duplicato (art, 1 lett. 1-quinquies e art. 23 C.A.D.) degli stessi, ovverosia un documento informatico in tutto e per tutto identico all’originale23. Rispetto ad una tale produzione, ove contenente una scrittura privata, dal punto di vista probatorio valgono le regole generali di cui all’art. 21 C.A.D. Per cui essa sarà liberamente valutabile, anche in relazione alla provenienza, se munita di firma elettronica c.d. debole (art. 21, co. 1 C.A.D.), mentre, se si tratti di firma digitale (art. 21, co. 2, C.A.D.) essa farà invece prova fino a querela di falso della provenienza, con onere di prova contraria – e quindi della proposizione della querela di falso - in capo all’apparente firmatario.

Se invece la produzione riguardi documenti analogici, essa in via telematica viene eseguita inevitabilmente mediante riproduzione meccanica informatica ex art. 2712 c.c. La conseguenza è che se la controparte disconosce, nella prima difesa24, la conformità alla versione analogica in possesso di chi ha prodotto il documento, quest’ultimo è onerato della prova, svincolata peraltro

21 sulla notifica telematica delle produzioni alla controparte, v. supra, nota 6.

22 si rammenta in proposito che la produzione documentale non è soggetta ad un regime di ammissione nel corso del processo, ma solo di utilizzabilità al momento della decisione (Luiso, Diritto processuale civile, II, 2013, 84), secondo le regole proprie della tempestività e non preclusione: non potendosi tra l’altro tali profili essere valutati, se non dopo che la produzione è stata eseguita, il che rende inevitabile far dipendere l’ingresso dell’atto nel processo solo dall’iniziativa di parte, senza che sussistano poteri di rifiuto o di espunzione, talora menzionati nella prassi e ciò anche perché lo stesso controllo, nelle fasi impugnatorie successive, delle valutazioni giudiziali in merito all’utilizzabilità dell’atto non può essere svolto se non avendo lo stesso a disposizione. L’ingresso nelle produzioni nel fascicolo informatico rende inoltre le stesse disponibili stabilmente, nelle fasi di impugnazione, a prescindere dall’inerzia o meno della parte, come può invece accadere allorquando la disponibilità dei documenti dipenda, come è nel processo cartaceo, dall’attività della parte.

23 M. Gualtieri, Sulle notifiche in proprio, cit., 1096.

24 Cass. 4 febbraio 2014, n. 2374; Cass. 17 luglio 2008, n. 19680.

(18)

www.judicium.it

dalle regole della verificazione25, della conformità al documento che si intendeva produrre, che potrà essere facilmente fornita mediante esibizione in sede di udienza.

Peraltro in questo ambito, il documento prodotto può consistere sia in un vero originale, sia una copia conforme, sia un copia fotostatica.

Pertanto, una volta ottenuta prova della congruenza tra l’atto in possesso e quello prodotto in via telematica (prova che può aversi anche solo per il mancato disconoscimento altrui o, in caso di disconoscimento, mediante esibizione dell’originale) resta aperta la possibilità della controparte di procedere alle contestazioni proprie del tipo di produzione e dunque: disconoscimento della sottoscrizione o querela di falso rispetto alla scrittura privata (art. 2702 c.c.); regolarità dell’attestazione di conformità in caso di copia conforme o querela di falso, ove si tratti di copia conforme alterata; disconoscimento di congruità con l’originale ove si tratti di produzione fotostatica (art. 2719 c.c.).

Contestazioni queste ultime che, evidentemente, qualora sia già nota ab origine la natura dell’atto in possesso della parte (scrittura privata; copia conforme di atto pubblico; fotocopia) per (opportuna) precisazione in tal senso fattane dalla parte che provvede alla produzione, potrebbero avere corso anche fin da subito, anche senza l’incidente intermedio del disconoscimento ex art. 2719 c.c.

11. Il verbale di udienza: prova testimoniale, interrogatori ed altri incombenti con partecipazione di terzi.

Il d.l. 90/2014, modificando l’art. 126, co. 2 e l’art. 207, co. 2, c.p.c., ha eliminato la parte di tali norma da cui derivava la necessità di sottoscrizione del verbale da parte dei testimoni, delle parti interrogate (liberamente o formalmente) e degli altri soggetti intervenuti in una qualche veste nel processo. Ciò dovrebbe agevolare la possibilità di redigere i verbali con mezzi informatici, anche se, come si è visto, non è possibile la doppia sottoscrizione digitale del medesimo atto, in questo caso da parte del giudice e del cancelliere, come per legge dovrebbe essere (art. 130, co. 2, c.p.c.), sicché può solo ipotizzarsi la formazione informatica e la firma analogica, con inserimento di copia per immagine nel fascicolo informatico, oppure altre analoghe soluzioni alternative.

25 Cass. 21 novembre 2011, n. 24456; Cass. 21 aprile 2010, n. 9439.

(19)

www.judicium.it

A meno di non ritenere, come parrebbe e come per prassi è finora avvenuto, che la mancata firma del cancelliere sia (nell’insussistenza di una sanzione espressa di nullità) una mera irregolarità26. Il che consentirebbe la firma da parte soltanto del giudice, con buona pace della riorganizzazione operativa anche in relazione alla partecipazione all’udienza del cancelliere, che potrebbe derivare dalla formale previsione dell’istituzione di un ufficio del processo (art 16-octies, d.l. 179/2012, come introdotto dal d.l. 92/2014, conv. con mod. in l. 114/2014).

In ogni caso, allo stato della tecnica e proprio per l’impossibilità di raccogliere in un solo atto più firme digitali (oltre che per l’ancora limitata diffusione del mezzo tra i cittadini), dovrà avere formazione analogica il verbale di conciliazione27, che, una volta firmato da tutti potrà essere inserito attraverso copia per immagine anche nel fascicolo informatico.

26 Cass. 3 settembre 2003, n. 12828; per analoghe conclusioni rispetto all’intervento in udienza di altri soggetti del processo, v. (per la parte), Cass. 18 aprile 2011, n. 8874, (per il difensore) Cass. 19 dicembre 1991, n. 13671, (per il c.t.u.) Cass. 23 novembre 1996, n. 10386.

27 in questo senso, v. anche Circolare Ministero Giustizia 27 giugno 2014.

Riferimenti

Documenti correlati

Non può pertanto sostenersi che, nell’attuale contesto di diffusione degli strumenti informatici ed in ogni caso delle telecomunicazioni con tali mezzi, la dotazione di

quanto al secondo motivo, è di lampante evidenza che non può integrare violazione dei doveri di lealtà e probità una condotta che si è mantenuta nel pieno rispetto

[r]

La doglianza, ammissibile in quanto il ricorrente dice chiaramente (alle pp. 2-3 del ricorso) quale è stata la domanda proposta davanti al Giudice di appello (ossia: un

2645 bis c.c., rispetto al quale la questione posta dal ricorso non risulta essere mai stata affrontata in sede di legittimità, pare opportuno occuparsi della questione

non può ricavarsi una voluntas legis tendente ad escludere il termine lungo: «in realtà, a ben guardare, la norma specifica non tende ad escludere il termine lungo, bensì

Per la verità, per quanto riguarda le parti costituite, quantomeno in linea generale, la norma maggiormente rilevante è quella contenuta nell'articolo 136, la quale prevede

Se questo è vero, vorremmo anzitutto evidenziare l’esigenza che di tale tecnica sia data una più compiuta, se possibile univoca, valenza legislativa, tanto più in