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Mediazione obbligatoria e Arbitro Bancario Finanziario* - Judicium

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ERNESTO CAPOBIANCO

Mediazione obbligatoria e Arbitro Bancario Finanziario*

SOMMARIO: 1. La disciplina della mediazione obbligatoria e i contratti bancari e finanziari: l’ alternativa nella scelta del meccanismo di soluzione stragiudiziale delle controversie. - 2. L’Arbitro Bancario Finanziario e la sua ‹‹ibrida›› natura:

conseguenze sulla qualificazione della ‹‹decisione›› dell’organismo. - 3. Verifica delle condizioni di ‹‹alternatività››. Il carattere non assoluto dell’alternativa: limitazioni di tipo soggettivo, oggettivo, convenzionale e territoriale. 4. - Il possibile rapporto tra procedimento dinanzi all’Arbitro Bancario Finanziario e la disciplina della mediazione. Le relazioni col processo. 5. - Rilievi conclusivi, pronostici e proposte.

1. – La disciplina sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali (d.lg. 4 marzo 2010, n. 28), all’art. 5, comma 1, annovera tra i settori per i quali è obbligatorio il ricorso alla mediazione, quello dei contratti bancari e finanziari. Il carattere massificato di tali contratti e il progressivo aumento della litigiosità registratasi negli ultimi anni in materia costituiscono le ragioni poste a base della scelta legislativa dell’obbligatorietà1. La norma prevede anche che in dette materie sia possibile proporre, in alternativa alla mediazione prevista dal d.lg. n. 28 del 2010, ‹‹il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’art. 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385››2 e ciò sulla base del convincimento che ‹‹il settore dei contratti di servizi già vanta diffuse esperienze di composizione bonaria, che potranno essere messe utilmente a profitto anche nel nuovo procedimento di mediazione introdotto [… ] sul presupposto che gli organi ivi disciplinati offrano già oggi adeguate garanzie di imparzialità ed efficienza››3.

Sta di fatto, tuttavia che, mentre il procedimento di conciliazione previsto per le controversie concernenti i servizi e le attività di investimento dal d.lg. n. 179 del 2007 (e dal regolamento Consob del 29 dicembre 2008) è un vero e proprio procedimento di conciliazione (v. art. 4 d.lg. n.

179 del 2007, artt. 7-16 reg. Consob), il procedimento istituito in attuazione dell’art. 128-bis t.u.

*Il presente lavoro è destinato agli Scritti in onore di Lelio Barbiera.

(1) In questo senso la relazione illustrativa al d.lg. n. 28 del 2010, sub art. 5. La scelta dell’obbligatorietà è, nella medesima relazione, per questa, come per le altre materie interessate dall’art. 5, giustificata dalla circostanza che solo l’allargamento della condizione di procedibilità ad una vasta serie di rapporti ‹‹possa garantire alla nuova disciplina una reale spinta deflattiva e contribuire alla diffusione della cultura della risoluzione alternativa delle controversie››. Questi propositi rischiano tuttavia di essere disattesi qualora la Corte costituzionale dovesse ritenere fondata la questione di legittimità costituzionale posta da TAR Lazio, sez. I, 12 aprile 2011, in www.altalex.com/index.php?idnot=13920, il quale ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 24 e 77 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 del d. lgs. n. 28 del 2010, comma 1, primo periodo (che introduce a carico di chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa alle controversie nelle materie espressamente elencate l’obbligo del previo esperimento del procedimento di mediazione), secondo periodo (che prevede che l’esperimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale), terzo periodo (che dispone che l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d’ufficio dal giudice).

(2) Non sembrano dello stesso avviso A.V. GUCCIONE e C.A. RUSSO,L’Arbitro Bancario Finanziario, in Nuove leggi civ. comm., 2010, p. 476 i quali non pongono la questione in termini di alternatività ma di esclusività delle funzioni dell’organismo istituito ai sensi dell’art. 128 – bis. t.u. ai fini di quanto disposto dall’art. 5 d.l.g. n. 28 del 2010.

(3) Relazione illustrativa, cit.

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banc. è un procedimento a contenuto decisorio4. Sicché, mentre per quanto attiene alle problematiche relative alle controversie relative alle attività e ai servizi di investimento le possibili differenze tra il procedimento di cui alla normativa generale sulla mediazione e quello, più specifico, dettato dalla normativa settoriale, per il loro carattere omogeneo, possono essere più facilmente apprezzate e consentono una più facile comparazione in vista della scelta ‹‹alternativa›› ipotizzata dal legislatore, per quanto attiene a quelle destate dalle controversie relative a operazioni e servizi bancari e finanziari5 la comparazione e la scelta sono invece meno agili. Si rende quindi necessaria qualche riflessione al riguardo.

2. – Il sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie in campo bancario è stato attuato con modalità differenti da quanto è accaduto in quello, contiguo, dei servizi di investimento.

In quest’ultimo infatti la legge prevede la possibilità di ricorso sia al meccanismo della conciliazione sia a quello dell’arbitrato mediante l’istituzione di una Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob e l’adozione di due diversi procedimenti, l’uno conciliativo (artt. 4 d.lgs.

n. 179 del 2007 e 7-16 regol. Consob), l’altro arbitrale (art. 5-6 d.lg. cit. e 17-34 reg. cit.), destinato il primo a sfociare in una soluzione autonoma (accordo delle parti da documentarsi in apposito verbale: art. 14 reg. cit.), il secondo in una soluzione eteronoma, procedimentalizzata secondo il modello dell’arbitrato amministrato (lodo arbitrale sempre impugnabile per violazione di norme di diritto: art. 5, comma 4, d.lg. cit.)6.

Nel campo dei servizi bancari e finanziari il citato art. 128-bis t.u. banc. si è limitato, invece, ad una previsione, dal tenore piuttosto vago, in base alla quale ‹‹I soggetti di cui all’art. 115 t.u.

aderiscono a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie›› rimettendo al Cicr, su proposta della Banca d’Italia, la determinazione ‹‹dei criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie e di composizione dell’organo decidente, in modo che risulti assicurata l’imparzialità dello stesso e la rappresentatività dei soggetti interessati››. Il tutto senza pregiudizio per la possibilità di ricorso da parte del cliente ‹‹in qualunque momento a ogni altro mezzo di tutela previsto dall’ordinamento››. La previsione dell’art. 128 bis t.u. banc. è stata attuata attraverso la delibera Cicr 29 luglio 2008, n. 275 che ha dettato la disciplina dei sistemi stragiudiziali delineandone il campo di applicazione, la struttura e le fondamentali regole procedurali, demandando alla Banca d’Italia i compiti di nomina dei membri dell’organo decidente, di svolgimento di attività di supporto tecnico ed organizzativo, nonché di emanazione delle disposizioni applicative. Ad essa ha fatto seguito il provvedimento della Banca d’Italia del 18 giugno 2009 avente ad oggetto ‹‹Disposizioni sui sistemi di risoluzioni stragiudiziale delle

(4) Per un rapido sguardo d’insieme ai vari strumenti di risoluzione delle controversie in ambito bancario e finanziario cfr. E.

BRUSCHETTA,Le controversie bancarie e finanziarie, in Contratti, 2010, p. 422 ss.

(5) La delimitazione di criteri delle reciproche competenze tra la Camera di conciliazione e arbitrato istituita presso la Consob e il sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie di cui all’art. 128 – bis, non sempre facilmente praticabile, dovrebbe restare affidata a un protocollo d’intesa tra questi ai sensi dell’art. 4, comma 2, reg. Consob 29 dicembre 2008. Utili indicazioni in A.V.

GUCCIONE e C.A. RUSSO,L’Arbitro Bancario Finanziario, cit., p. 490 ss.

(6) In argomento A. COLOMBO, La Consob e la soluzione extragiudiziale delle controversie in materia di servizi di investimento, in Società, 2007, p. 8 ss.; N. SOLDATI, La camera arbitrale presso la Consob per le controversie tra investitori ed intermediari, in Contratti, 2009, p. 423 ss.

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controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari›› istitutivo dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF)7.

Si è detto che il procedimento di cui all’art. 128-bis t.u. banc. non è un procedimento conciliativo.

Prova ne è che l’art. 6, comma 4, del citato regolamento Cicr prevede l’interruzione dello svolgimento del procedimento qualora consti l’avvio di un tentativo di conciliazione. Sorge allora innanzitutto il dubbio se il richiamo all’art. 128-bis effettuato dall’art. 5 del d.lg. in materia di mediazione sia o meno dotato di effettività. Ed invero potrebbe trattarsi di un richiamo effettuato nella previsione che, in attuazione dell’art. 128-bis, il Cicr istituisca, sulla falsariga di quanto è avvenuto per i servizi di investimento, anche dei sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie basati su meccanismi di tipo conciliativo, sì chè la concreta operatività dell’alternativa ipotizzata dalla norma in materia di mediazione sarebbe destinata a prender vita solo con l’istituzione di siffatti ulteriori meccanismi di ADR. Una tale soluzione sembra però esclusa da un lato dal fatto che l’art. 128-bis, più o meno inconsapevolmente, non ha previsto la conciliazione nell’ambito dei ‹‹sistemi›› da esso contemplati. La norma, pur nella sua già sottolineata laconicità, appare infatti puntuale nell’individuare l’esigenza che la deliberazione attuativa del Cicr determini, oltre i criteri di svolgimento delle procedure, quelli di composizione dell’organo ‹‹decidente››, lasciando così poco spazio a interpretazioni che consentissero all’organo regolamentatore di prevedere l’istituzione di sistemi di tipo conciliativo nei quali non si ‹‹decide›› ma si ‹‹media›› in vista dell’obiettivo dell’accordo conciliativo. Lo stesso art. 5, comma 1, d.lg. 28 del 2010, sembra perfettamente allinearsi a tale conclusione nel momento in cui si fa carico di precisare che, mentre nel campo dei servizi di investimento alla mediazione ex art. 5 d.lg. n. 28 del 2010 è alternativo il solo procedimento della conciliazione previsto dalla l. n. 179 del 2007 (e non invece pure l’arbitrato da detta legge previsto), nel campo dei contratti relativi ai servizi bancari e finanziari ad esso è alternativo ‹‹il procedimento istituito in attuazione dell’art. 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia››.

In altri termini può dirsi che la condizione di procedibilità di cui all’art. 5 del d.lg. n. 28 del 2010 nel settore dei contratti bancari e finanziari può essere alternativamente soddisfatta attivando o il procedimento di mediazione previsto da detto decreto, oppure il ricorso all’ABF che è un procedimento che con la mediazione sembra aver poco a che fare visto che la controversia viene

‹‹decisa›› dal collegio di cui all’art. 3 della delibera Cicr il quale si pronuncia con ‹‹decisione motivata […] assunta sulla base della documentazione raccolta e delle previsioni di legge e regolamentari in materia, nonché dei codici di condotta cui l'intermediario aderisca›› (art. 6, comma 5, reg. Cicr).

Il procedimento dinanzi all’ABF, quindi: non sembra partecipi dei caratteri della mediazione e, diversamente da questa, appare privo di quella attitudine a comporre conflitti eliminando gli antagonismi tra le parti; non consentirebbe di ristabilire la relazione intersoggettiva tra le parti

(7) In argomento S. RUPERTO,L’‹‹Arbitro Bancario Finanziario››, in Banca, borsa, tit. cred., 2010, I, p. 325 ss.; F. CAPRIGLIONE,La giustizia nei rapporti bancari e finanziari. La prospettiva dell’ ADR, ivi, I, 261 ss.; G. GUIZZI,Chi ha paura dell’Abf? (una breve risposta a “La giustizia nei rapporti bancari finanziari. La prospettiva dell’ADR”), in Riv. dir. comm., 2010, I, 665 ss.; A.V.

GUCCIONE eC.A. RUSSO,L’Arbitro Bancario Finanziario, cit., p. 475 ss.; G. COSTANTINO, La istituzione dell’«Arbitrato Bancario Finanziario», in F. AULETTA, G.P. CALIFANO, G. DELLA PIETRA, N. RASCIO (a cura di), Sull’arbitrato. Studi offerti a Giovanni Verde, Napoli, 2010, p. , 301; E.QUADRI, L’«arbitro bancario finanziario» nel quadro dei sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, in Nuova giur. civ. comm., 2010, II, p. 305 ss.; F. AULETTA, Arbitro bancario finanziario e «sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie», in Società, 2011, p. 85.

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attraverso la loro conciliazione; l’atto risolutivo della controversia da parte di detto organismo non sembra favorire, in quanto condizionato dalla necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, soluzioni ‹‹atipiche›› della controversia non potendo investire diritti diversi da quello in contestazione8. Si tratterebbe allora di un procedimento che, non diversamente da un ordinario procedimento dinanzi al giudice, si propone di distribuire ragioni e torti9.

Sbaglierebbe tuttavia chi ritenesse che la decisione dell’ABF possa considerarsi, ad onta della definizione di ‹‹Arbitro›› dato dalla Banca d’Italia all’organismo, un lodo, come si trattasse di arbitrato, giacché che si tratti di un arbitrato è escluso dalla norma, per altro verso innanzi richiamata dell’art. 6, comma 4, della deliberazione Cicr, la quale prevede che ‹‹Qualora la controversia sia sottoposta all'autorità giudiziaria ovvero a giudizio arbitrale nel corso del procedimento, il collegio, verificato l'interesse del ricorrente alla conclusione di quest'ultimo, può dichiararne l'estinzione››, non essendo possibile ipotizzare la concomitante perduranza di due arbitrati sulla medesima controversia.

Che possa trattarsi di arbitrato è peraltro escluso dalla circostanza che, a differenza di quanto ad esempio previsto dalla disciplina della l. n. 179 del 2007 in materia di controversie relative ai servizi di investimento, né la legge (art 128 –bis t.u. banc), né la delibera Cicr del 2008, contengono richiamo alcuno alla natura di lodo della decisione, né tantomento all’art. 825 c.p.c.10

Il ‹‹mistero›› sulla natura della decisione dell’ABF è risolto dalla disposizione dei commi 6 e 7 dell’art. 6 reg. Cicr che, nello stabilire che ‹‹l'intermediario adempie alla decisione entro 30 giorni dalla comunicazione della pronuncia, ovvero nel diverso termine previsto dalla medesima›› e che

‹‹nei casi di inadempimento o di ritardo nell'adempimento della decisione ovvero nei casi di mancata cooperazione dell' intermediario, l'inadempienza è resa pubblica secondo le modalità stabilite dalla Banca d'Italia››, collega all’eventuale inadempienza dell’intermediario una mera conseguenza sanzionatoria di tipo reputazionale11. La pronuncia non produce allora alcun effetto giuridico tra le parti e l’intermediario non è obbligato in senso tecnico ad adempiere alla decisione12. Si tratterebbe quindi di una sorta di parere pro veritate mediante il quale l’organo esprimerebbe una valutazione sulla controversia in atto tra l’intermediario e il cliente13, salvo che sulla decisione dell’organismo vada a convergere la spontanea attuazione della stessa da parte dell’intermediario e

(8) In questi caratteri si rinvengono solitamente i vantaggi della mediazione rispetto a quelli offerti da altri sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie. Si veda al riguardo, tra gli altri, F.P. LUISO, La conciliazione nel quadro della tutela dei diritti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, p. 1201 ss.

(9) E di fare altresì ‹‹giurisprudenza›› se si considera che nella sez. IV, par. 2, delle disposizioni Bankitalia del 18 giugno 2009, si prevede che la struttura centrale di coordinamento presso la Banca d’Italia ‹‹gestisce e pubblica sul sito internet dell’ABF un archivio elettronico delle decisioni dei collegi che ha la funzione di facilitare la consultazione e la diffusione degli orientamenti seguiti dall’organo decidente››. Cfr. BANCA DITALIA,Sintesi dell’attività svolta dall’arbitro bancario finanziario (abf) al 31 marzo 2010, in Foro it., 2010, V, c. 279 con Premessa di G.COSTANTINO.Entrambe le funzioni, da un lato quella ‹‹autenticamente decisoria … da svolgersi in rigorosa applicazione delle norme di diritto›› dall’altro quella ‹‹in senso lato nomofilattica›› sono sottolineate nel provvedimento dell’ABF Napoli, 6 luglio 2010, in www.judicium.it (e ivi il commento di M. MAIONE,Profili ricostruttivi di una (eventuale) legittimazione a quo dei Collegi dell’Arbitro bancario Finanziario) con il quale quest’ultimo si è ritenuto legittimato, in quanto organo giudicante, a sollevare questioni di costituzionalità alla Corte Costituzionale

(10) Di soluzione aggiudicativa diversa dalla conciliazione e dall’arbitrato discorreT. GALLETTO,Il modello italiano di conciliazione stragiudiziale in materia civile, Milano, 2010, p. 33.

(11) In questo senso S. RUPERTO,L’‹‹Arbitro Bancario Finanziario››, cit., p. 332.

(12) S. RUPERTO,op. cit., 332 s.; AULETTA,Arbitro bancario finanziario e «sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie», cit., p. 87 ss.; M. MAIONE,Profili ricostruttivi di una (eventuale) legittimazione a quo dei Collegi dell’Arbitro bancario Finanziario, cit., p. 10 il quale sottolinea (a p. 12 ove ulteriori riferimenti) che il procedimento di cui all’art. 128-bis t.u.banc., pur non incidendo in maniera diretta sulle posizioni giuridiche delle parti rileverebbe in particolare sull’intermediario in virtù della sua appartenenza al settore creditizio che lo espone al potere pubblico di vigilanza della Banca d’Italia.

(13) S. RUPERTO,op. cit., 335.

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l’accettazione (anche tacita) del cliente: l’accordo così prodottosi darebbe vita ad un atto con funzione transattiva14.

Può convenirsi sulla circostanza che si tratti, in fondo, di una ‹‹creatura ibrida››15; ma di essa possono sin d’ora segnalarsi: a) da un lato la sua qualificabilità tra le ADR di tipo aggiudicativo non riconducibili all’arbitrato; b) la non esclusione del possibile rilievo in termini di atto di risoluzione della controversia di tipo ‹‹autonomo›› (con l’appropriazione della decisione da parte dei litiganti); c) la probabile16 attitudine della decisione a superare il pur previsto confine dell’applicazione delle sole ‹‹norme di legge e regolamentari in materia, nonché dei codici dei condotta cui l’intermediario aderisca›› visto che questa, ai sensi del (trascurato) disposto dell’art. 5, comma 5, delib. Cicr ‹‹può contenere indicazioni volte a favorire le relazioni tra intermediari e clienti››. Riguardato in questa prospettiva, l’istituto consegnatoci dall’art. 128 – bis t.u. banc., per il tramite delle sue diposizioni attuative, sembra riveli elementi di minore (se pur persistente) conflittualità con la mediazione di cui all’art. 5 l. n. 28 del 2010. Si può quindi tentare di collaudare la ‹‹tenuta›› delle diverse discipline (e le loro possibili intersezioni) fine di verificarne la possibile attitudine alla soddisfazione della condizione di procedibilità di cui al citato art. 5.

3. - Di completa alternatività tra il ricorso alla mediazione e il ricorso all’ABF in realtà non si può parlare giacché sussistono talvolta circostanze impeditive dell’esperibilità della procedura dinanzi a quest’ultimo organismo.

Una circostanza impeditiva può essere individuata nell’esclusiva legittimazione del cliente a ricorrere al procedimento di cui all’art. 128 – bis t.u. banc. Al riguardo, nel silenzio della norma, è l’art. 5, comma 1, delib. Cicr a stabilirlo integrando così la disciplina del t.u.17 Nel caso che chi intenda agire in giudizio sia quindi l’intermediario costui dovrà intraprendere il procedimento di mediazione.

Una ulteriore circostanza se non impeditiva, quantomeno limitativa dell’accesso alla procedura dinanzi all’ABF, attiene all’oggetto della controversia. All’ABF possono essere sottoposte ‹‹le controversie che vertono sull'accertamento di diritti, obblighi, facoltà, purché l'eventuale somma oggetto di contestazione tra le parti non sia superiore a 100.000 euro›› (art. 2, comma 4, delib. Cicr). Più esattamente, secondo le disposizioni della Banca d’Italia (sez. I, par. 4, che sotto questo profilo appaiono innovative rispetto alla delib. Cicr) all’ABF possono essere sottoposte ‹‹tutte le controversie aventi ad oggetto l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà, indipendentemente dal valore del rapporto al quale si riferiscono››; ma se la richiesta del ricorrente ‹‹ha ad oggetto la corresponsione di una somma di danaro a qualunque titolo, la controversia rientra nella cognizione dell’ABF a condizione che l’importo richiesto non sia superiore a 100.000 euro››. Richieste che debordino da dette previsioni possono quindi essere sottoposte solo agli organismi di mediazione.

Limitazioni attengono pure alle controversie relative a beni materiali eventualmente oggetto del contratto - come ad es. ai vizi del bene concesso in leasing o in operazioni di credito al consumo - o relative a servizi diversi da quelli bancari e finanziari, sulle quali la competenza dell’ABF è espressamente esclusa (art. 2, comma 5, delib. Cicr); così come al risarcimento dei danni ‹‹che non siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o della violazione dell’intermediario›› (disp.

ult. cit.), disposizione questa certamente poco chiara giacché non difforme dall’art. 1223 c.c., ma che, nell’ottica bancaria in cui si muovono le disposizioni in parola, potrebbe voler alludere alla necessità di restringere la cognizione sul danno nell’ambito delle strette competenze tecniche che caratterizzano l’organismo18. Soluzione, questa, criticabile per un organo che, dovendo, a quanto sembra, decidere le

(14) S. RUPERTO,op. cit., 336.

(15) T. GALLETTO,Il modello italiano di conciliazione stragiudiziale in materia civile, cit., p. 34.

(16) La questione è dubbia giacché secondo taluni si tratterebbe di una mera raccomandazione di carattere generale più che una indicazione fatta alle parti del procedimento: A.V. GUCCIONE eC.A. RUSSO,L’Arbitro Bancario Finanziario, cit., p. 501 s.

(17) Sul punto S. RUPERTO,L’‹‹Arbitro Bancario Finanziario››, cit., p. 329.

(18) L’ipotesi potrebbe essere quella della esclusione del danno non patrimoniale che consegua all’inadempimento di una obbligazione contrattuale, sulla quale, di recente, per la risarcibilità, Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26973, in Foro it., 2009, I, c. 120, che riconduce proprio nell’alveo delle perdite e delle mancate utilità di cui all’art. 1223 c.c. anche i pregiudizi non

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controversie ‹‹esclusivamente facendo applicazione del diritto››19, dovrebbe applicarlo nella sua interezza e senza limitazioni, e che favorirebbe la scelta della mediazione nell’ipotesi in cui il ricorrente intenda azionare un danno ‹‹ulteriore››.

Una ulteriore circostanza impeditiva potrebbe essere di origine convenzionale e consistere nella esplicita previsione nei contratti tra intermediario e cliente di una clausola di mediazione20 che, ferma restando l’operatività del rispetto della condizione di procedibilità in considerazione della particolare tipologia di rapporto, vincoli la parte a ricorrere alla mediazione piuttosto che all’ABF, oppure a un determinato organismo di mediazione, piuttosto che ad altro liberamente prescelto dall’istante (art. 5, comma 5, d.lg. n. 28 del 2010). Ci si potrebbe chiedere se, viceversa, sia consentita una clausola che impegni il cliente a prescegliere l’ABF piuttosto che l’organismo di mediazione non potendosi applicare a tale diverso sistema di ADR l’art. 5, comma 5, d.lg. cit. In linea di principio la soluzione non dovrebbe essere negativa, neanche qualora si tratti di un cliente consumatore, non trattandosi di clausola arbitrale ed essendo fatto salvo dall’art. 128 - bis t.u. banc. il diritto del cliente di ricorrere ‹‹in qualunque momento a ogni altro mezzo di tutela previsto dall’ordinamento›› (arg. ex art. 141 cod.

cons.). Nel caso di cliente consumatore, peraltro, si dovrebbe curare che la clausola individui una competenza territoriale dell’organismo in linea col c.d. foro del consumatore (art. 33, comma 2, lett.

u, cod. cons.)21; la qualcosa sarebbe facile per le clausole di conciliazione, un po’ meno per la clausola che prevedesse il ricorso all’ABF, avendo questo solo tre sedi in Italia (delib. Banca d’italia, sez. III, par. 1).

Le considerazioni che precedono evidenziano la maggiore flessibilità dello strumento della mediazione rispetto al ricorso all’ABF. In sede di mediazione, infatti, possono trovare svolgimento domande contrapposte delle parti mentre in caso di ricorso all’ABF la domanda può essere formulata solo dal cliente. Nel procedimento dinanzi all’ABF il cliente, diversamente da quanto accade in caso di mediazione, incontra limitazioni in termini di valore della controversia, di oggetto o e (probabilmente) di danni risarcibili. L’ABF, inoltre, ha una distribuzione territoriale non certo capillare.

4. - Quanto al procedimento va detto che quello dinanzi all’ABF è scandito da regole proprie. Il richiamo da parte del d.lg. n. 28 del 2010 (art. 5, comma 1) al ‹‹procedimento›› istituito in attuazione dell’art. 128 – bis t.u. banc. è chiaro in tal senso22.

In una corretta ottica di inserimento del procedimento dinanzi all’ABF nell’ambito del complessivo disegno del d.lg. n. 28 del 2010 diretto a realizzare il previo esperimento del ricorso a detto organismo quale condizione di procedibilità della domanda, è necessario tuttavia operare un

patrimoniali determinati dalla lesione dei menzionati diritti. Sul carattere ‹‹pleonastico e forse inopportuno›› del riferimento ai danni costituenti ‹‹conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento dell’intermediario›› v. i condivisibili rilievi di S. RUPERTO,op. cit., 343. Va detto, peraltro, che talvolta le discipline di ADR, più esplicitamente, tendono a limitare il ristoro del pregiudizio sofferto dal danneggiato facendo salvo il ricorso all’autorità giudiziaria per il risarcimento del danno ulteriore. Così ad esempio per i servizi di investimento, in caso di arbitrato amministrato dalla Consob, all’esito del quale può essere riconosciuto un semplice ‹‹indennizzo›› a favore dell’investitore, salvo il diritto di costui di chiedere al giudice il risarcimento del danno ulteriore (art. 3, commi 1 e 3, d.lg. n.

179 del 2007). Sull’efficacia deflattiva tuttavia di un sistema così concepito vi sarebbe da riflettere. Fortunatamente, nelle prime decisioni dell’ABF, l’organo appare orientato nel senso più ampio.

(19) Così testualmente l’ABF Napoli, 6 luglio 2010, cit.

(20) Al tema, con particolare riguardo all’ambito settoriale delle controversie in materia di servizi bancari e finanziari, è dedicato lo studio di M. TAMPONI, Le clausole contrattuali per la mediazione delle controversie in materia di servizi bancari e finanziari, in Bancaria, 2010, n. 9, p. 48 ss. V. pure la circ. ABI, serie legale n. 8 del 4 marzo 2011.

(21) Sull’art. 33, comma 2, lett. u cod. cons. cfr. E. CAPOBIANCO,Sub art. 33, in Codice del consumo annotato con la dottrina e la giurisprudenza, a cura di E.Capobianco e G. Perlingieri, Napoli, 2009, p. 174 s.; vigente l’art. 1469-bis. c.c. ID,Contrattazione bancaria e tutela dei consumatori, Napoli, 2000, p. 139 s. Potrebbe quindi risultare squilibrata la clausola che costringesse il consumatore ad es., ad adire l’ABF con sede in Napoli qualora costui possa più facilmente ricorrere ad un organismo di mediazione con sede in altra città del sud Italia ove risieda.

(22) E’ questa la norma che viene in rilievo piuttosto che quella di cui all’art. 3 d.lg. n. 28 del 2010 che richiama il procedimento di cui al regolamento dell’organismo di mediazione (richiamata invece da A.V. GUCCIONE e C.A. RUSSO, L’Arbitro Bancario Finanziario, cit., p. 503).

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doveroso tentativo di coordinamento tra la disciplina particolare dell’ABF e quella generale sulla mediazione.

Un primo aspetto che viene in rilevo riguardo al procedimento dinanzi all’ABF è quello relativo alla sua durata.

Il ricorso all’ABF deve essere preceduto da un reclamo all’intermediario e può essere proposto solo trascorsi trenta giorni dalla ricezione del reclamo senza che questo abbia avuto esito, oppure in caso di esito insoddisfacente per il cliente. Il ricorso può essere presentato purché non siano trascorsi dodici mesi dal reclamo. Entro trenta giorni dalla comunicazione del ricorso all’intermediario questi può trasmettere le proprie controdeduzioni. Il collegio si pronuncia entro sessanta giorni, ma il termine può essere sospeso per ragioni in senso lato ‹‹istruttorie›› (artt. 4 - 6 delib. Cicr; sez. VI, parr. 1-4 delib. Banca d’Italia). Trattasi, quindi, di un procedimento ragionevolmente destinato a superare il termine di quattro mesi di cui all’art. 6, comma 1, d.lg. n.

28 del 2010, sebbene non sia escluso che possa risolversi entro detto termine. Ci si potrebbe chiedere allora se il cliente sia onerato ad affrontare l’intero procedimento dinanzi all’ABF per sottrarsi all’eccezione del convenuto o al rilievo officioso del giudice sull’improcedibilità (art. 5, comma 1, d.lg. n. 28 del 2010). Sembra preferibile ritenere che anche in caso di ricorso all’ABF trovi applicazione il termine di quattro mesi di cui all’art. 6, comma 1, d.lg. n. 28 a condizione che entro detto termine siano presentati sia il reclamo che il ricorso all’ABF. A detta soluzione induce da un lato la considerazione dell’inserimento del meccanismo del ricorso all’ABF quale alternativo alla mediazione nell’ambito della previsione, per entrambi, di una condizione di procedibilità che ha ragion d’essere se contenuta in tempi che siano ragionevoli e certi, dall’altro l’esigenza di non considerare il cliente vincolato al procedimento potendo costui ‹‹in qualunque momento››, ai sensi dell’art. 128 –bis t.u. banc., far ricorso a ogni altro mezzo di tutela. Al riguardo non sarebbe inopportuno un esplicito chiarimento normativo.

Un secondo aspetto attiene alla decisione sulla controversia.

Si è detto che la decisione dell’ABF ha carattere aggiudicativo, sebbene non munita di efficacia vincolante. Il suo contenuto è apparso assimilabile a un parere pro-veritate con il quale l’organo esprime una valutazione sulla controversia in atto tra intermediario e cliente. Essa non appare quindi molto lontana dalla proposta aggiudicativa che può formulare il mediatore all’esito della procedura di mediazione ai sensi dell’art. 11, comma 1, d.lg. n. 28 del 201023. Ed infatti, così come la proposta aggiudicativa può essere rifiutata, così anche la decisione dell’ABF potrebbe essere rifiutata, sicchè potrebbe porsi il problema di verificare se essa, come la proposta del mediatore rifiutata, possa determinare conseguenze in ordine alle spese di lite, in caso di coincidenza tra decisione dell’ABF e provvedimento che conclude il processo; ciò in considerazione del possibile coordinamento che dovrebbe operarsi tra l’art. 5 d.lg. n. 28 del 2010 (che attrae nell’orbita della relazione col successivo processo non solo la mediazione, ma anche il meccanismo di cui all’art.

128-bis t.u. banc.) e gli artt. 11 e 13 d.lg. cit. Si tratterebbe di soluzione suggestiva ma non convincente non potendosi configurare in ordine al procedimento dinanzi all’ABF le fattispecie che determinano la produzione dell’effetto della proposta aggiudicativa (richiesta congiunta delle parti, ovvero scelta discrezionale del mediatore, informativa sulle possibili conseguenze in ordine alle spese) che appaiono strettamente pertinenti al procedimento di mediazione. Non sarebbe tuttavia incoerente col sistema ammettere l’applicazione degli artt. 91 comma 1, e 92, comma 1, c.p.c. a fronte della produzione della decisione dell’ABF nel processo.

5. – Le considerazioni innanzi formulate rendono evidente che, pur nella ipotetica pari alternativa tra il ricorso alla procedura di ABF e quella di mediazione, il primo sistema di risoluzione

(23) Tuttavia per l’esclusione della necessaria natura di parere pro veritate della proposta aggiudicativa sia consentito il rinvio a E.

CAPOBIANCO,Icriteri di formulazione della c.d. proposta aggiudicativa del mediatore, in www.judicium.it e in Dir. Proc. Form., n.

4, 2011, p. 6 ss.

(8)

www.judicium.it

stragiudiziale rischia di risultare meno ‹‹appetibile›› rispetto al secondo. Una delle ragioni di fondo delle difficoltà per la procedura dinanzi all’ABF di inserirsi nel complessivo ‹‹sistema›› disegnato dal d.lg. n. 28 del 2010 va rinvenuta nella circostanza che la disciplina di cui all’ABF è disciplina preesistente rispetto a questo e ‹‹pensata›› in una prospettiva di autonomia rispetto al processo piuttosto che in vista di una equilibrata relazione con esso24.

Il ricorso alla mediazione, specie se magari originato da una previsione pattizia che individui un organismo specializzato in ambito bancario e finanziario25, sembra quindi destinato a rappresentare sul piano concorrenziale con il sistema di tipo aggiudicativo di cui all’art. 128-bis t.u. banc., strumento preferibile e ciò anche in virtù della sua ‹‹maggiore duttilità rispetto ai reali interessi delle parti›› e della sua conseguente ‹‹maggiore accettabilità sociale›› (26). Non può non convenirsi, infatti, che uno strumento che si proponga di distribuire ragioni e torti appaia meno gradevole e accettabile rispetto ad uno strumento che si proponga il superamento delle situazioni di conflitto mediante il ripristino della relazione intersoggettiva tra le parti.

In attesa quindi di un’auspicabile limatura normativa delle asperità che il procedimento dinanzi all’ABF presenta, un tentativo di recupero della sua efficienza potrebbe essere condotto valorizzando il richiamo contenuto nell’art. 5, comma 5, delib. Cicr, secondo il quale la decisione dell’arbitro ‹‹può contenere indicazioni volte a favorire le relazioni tra intermediari e clienti››. La previsione si colloca nel medesimo capoverso che riguarda il contenuto della decisione in cui si afferma che ‹‹essa è assunta sulla base […] delle previsioni di legge e regolamentari in materia, nonché dei codici di condotta cui l’intermediario aderisca››27. Ne consegue che, lungi dall’apparire l’occasione per formulare mere raccomandazioni di carattere generale, la norma sembra indichi la possibilità che la decisione dell’ABF, che riguarda ‹‹le parti›› e non la generalità dei clienti e degli intermediari, possa (non necessariamente debba) anche porsi in una prospettiva di attenta rilevazione degli interessi in gioco e di possibile ricostruzione della relazione tra le parti in vista dell’applicazione di un diritto ‹‹mite›› che andrebbe a temperare i rigori dell’applicazione dello strictum ius che talvolta potrebbe in concreto tradursi in una sostanziale ingiustizia (28). Non sembra confligga con detta soluzione il particolare atteggiarsi della decisione dell’ABF: essa potrebbe essere accettata dalle parti e allora la relazione sarebbe definitivamente ristabilita; potrebbe essere rifiutata dal cliente, ma presumibilmente dovrebbe trattarsi di soluzione preferibile a quella del giudice operata sulla base dell’applicazione delle norme di legge; potrebbe essere rifiutata dall’intermediario e allora la sanzione reputazionale collegata a tale rifiuto si giustificherebbe

(24) La necessità che nella previsione di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie debba garantirsi un’equilibrata relazione col processo è stabilita, ad es., nell’art. 1 della Direttiva 2008/52/CE del 21 maggio 2008 relativa alla mediazione civile e commerciale della quale il d.lg. n. 28 del 2010 è normativa attuativa.

(25) Suggerisce tale soluzione M. TAMPONI, Le clausole contrattuali per la mediazione delle controversie in materia di servizi bancari e finanziari, cit., p. 56.

(26) In questo senso, espressamente, la relazione illustrativa al d.lg. n. 28 del 2010, sub art. 1.

(27) Occorre abbandonare l’idea del primato della legge quando si guarda al tema delle procedure di risoluzione delle controversie. In questa sede è normale che le parti possano riferirsi all’equità (art. 822 c.p.c. in materia di arbirtrato) o che si preveda per l’organismo

‹‹il tipo di regole su cui si fondano le decisioni dell’organo (disposizioni legali, equità, codici di condotta, ecc.)›› purché con mezzi adeguati a garantire la trasparenza della procedura (Racc. 98/257/CE del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di consumo, richiamata dalla Banca d’Italia, nella sez. I, par. 2 “Fonti normative”, delle Disposizioni 18 giugno 2009, sull’ABF).

(28) Con riguardo alla mediazione A.PROTO PISANI, Appunti su mediazione e conciliazione, in Foro it., 2010, V, 142. Sul diritto mite G.ZAGREBELSKY, Il diritto mite. Legge diritti giustizia, Torino, 1992.

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nell’ottica della sanzione al mancato suggerito ripristino della relazione tra le parti che costituisce peraltro obiettivo dichiarato della normativa sull’ABF29.

(29) V. esplicitamente le premesse alla Delib. Cicr. 29 luglio 2008, n. 275: ‹‹l’adesione degli operatori a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie costituisce un utile strumento per migliorare i rapporti con la clientela e la fiducia del pubblico nei prestatori di servizi bancari e finanziari, con effetti positivi anche sul piano del contenimento dei rischi legali e reputazionali delle banche e degli intermediari finanziari››.

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