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L'ATTIVITA' DEL MEDICO DI CONTROLLO DELL'A.U.S.L.

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Academic year: 2022

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L'ATTIVITA' DEL MEDICO DI CONTROLLO DELL'A.U.S.L.

Dr. Giuseppe Ruggeri

Per "visita fiscale" s'intende "la prestazione medica che ubbidisce a precise procedure giuridiche ed è finalizzata all'accertamento di condizioni fisiche e psichiche indispensabili per il riconoscimento di un diritto, per l'acquisizione di una provvidenza, di un beneficio o di una concessione; per l'osservanza di doveri ovvero per l'esenzione da doveri. Essa quindi non ha finalità terapeutica e tende esclusivamente al controllo difatti inerente alla salute sub speciejuris".

La visita fiscale di controllo dello stato di salute del lavoratore in malattia tende ad accertare se il quadro morboso eventualmente riscontrato nel dipendente ne determini la completa inabilità temporanea alla peculiare attività lavorativa da lui svolta. Le Aziende U.S.L. svolgono tali controlli attraverso i propri Servizi di Medicina Legale e Fiscale, utilizzando dirigenti medici strutturati e medici dei servizi il cui compito istituzionale è di assicurare la verifica puntuale degli stati di malattia in relazione diretta con l'impedimento assoluto di svolgere specifiche mansioni lavorative. Si può bene arguire come si annidi in questo fondamentale concetto la ratio di un corredo di norme che prevedono il controllo medico-fiscale entro e non oltre lo stesso giorno della richiesta. Si capisce infatti che più giorni intercorrono tra la visita del medico curante e quella di controllo più facilmente possono insorgere divergenze clinico-prognostiche tra i due sanitari. L'emissione di una diagnosi, con relativa prognosi, è sempre condizionata da un certo grado d'imprevedibilità che aumenta col passare del tempo, non essendo nessuna malattia un'entità astratta bensì un evento individuale la cui natura ed evoluzione costituiscono variabili legate alla personale reattività del paziente. L'atto di controllo del lavoratore in malattia deve giocarsi in tale contesto all'interno d'un confronto tra due pareri medici che il meno possibile deve lasciar adito ad elementi di devianza quali quelli che possono scaturire quando il paziente viene osservato in momenti diversi.

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Ciò detto, va subito ribadita la posizione di privilegio goduta dal medico curante, conoscitore della storia clinica del lavoratore, rispetto al medico di controllo, il quale presumibilmente lo osserva per la prima volta e ha spesso troppo poco tempo per poter valutare attentamente le sue condizioni. Tanto la visita clinica quanto l'eventuale corredo documentale del visitando non possono mai essere sufficienti, infatti, a fornire notizie esaustive sul suo stato di salute, rispetto, almeno, a quanto già è stato a suo tempo acquisito dal medico curante. In ogni visita di controllo va quindi messo in conto anche un certo margine di fiducia professionale nei confronti del medico curante, considerato che, come si vede, è lui a certificare uno stato di malattia incompatibile con l'attività lavorativa del suo assistito. Il riscontro della realtà clinica del lavoratore, s'intende qui dire, che il medico di controllo intraprende sia attraverso dati obiettivi che eventuali attestazioni diagnostico-strumentali, non può essere ritenuto completo senza considerare anche la peculiarità individuale del soggetto, depositario della quale è solo il medico curante. Quest'ultimo soltanto può sapere, e perciò certificare, ad esempio, che una lombosciatalgia, il cui standard prognostico non dovrebbe superare i dieci giorni, nel suo paziente si discosta in misura maggiore o minore da tale norma. Presupposto tutto questo, scendiamo nel dettaglio e vediamo quali sono le situazioni che si rappresentano dinanzi al medico di controllo nel corso dell'espletamento del suo servizio.

1) Sussistenza di un quadro morboso la cui prognosi appare congrua al medico di controllo ai fini della reimmissione in servizio.

In questo caso il medico di controllo attesta che il lavoratore non è on condizioni di riprendere la propria abituale attività. Quanto certificato dal medico curante trova riscontro, in tale circostanza, con l'obiettività raccolta dal medico di controllo. Ne è un esempio una sindrome influenzale con prognosi di 4-5 giorni.

Vengono quindi confermate tanto la diagnosi quanto la prognosi del medico curante.

2) Sussistenza di un quadro morboso la cui prognosi, appare eccessiva al medico di controllo ai fini della reimmissione in servizio.

E' quanto avviene, ad esempio, per una frattura al dito mignolo della mano di in un impiegato contabile, quando il medico curante assegna una prognosi di venti giorni. Tale prognosi è essenzialmente clinica in quanto fissa la data presunta della guarigione, ma non lavorativa, dal momento che il soggetto può

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rientrare in servizio una volta esauritasi la fase algica acuta, e quindi sicuramente prima dei venti giorni. Viene in tal caso confermata la diagnosi ma non la prognosi del medico curante, la quale può essere ridotta di uno o più giorni.

3) Sussistenza di un quadro morboso la cui prognosi appare insufficiente al medico di controllo ai fini della reimmissione in servizio.

Sono circostanze, assolutamente rare e mai peraltro verificatisi nel nostro servizio, in cui il medico di controllo, una volta confermatane la diagnosi, può allungare la prognosi emessa dal medico curante. Di norma anche in questo caso, come nel precedente, si assiste a una discrepanza tra prognosi clinica e prognosi lavorativa.

4) Sussistenza di un quadro morboso diverso da quello indicato nel certificato del medico curante.

Si assiste, in questi casi, alla formulazione di una diagnostica differenziata tra medico curante e medico di controllo. Si tratta di circostanze, piuttosto infrequenti in verità, in cui il medico di controllo, onde non venir meno al dovere che si prefigge, ossia l'accertamento imparziale e rigoroso della verità, formulata la sua diagnosi, deve comunque riconoscere al lavoratore, quando essa vi sia, un'inabilità lavorativa.

5) Sussistenza di un quadro morboso in mancanza del certificato del medico curante.

Come si è già detto, spetta in prima battuta al medico curante emettere una diagnosi e una prognosi, le quali debbono essere verificate dal medico di controllo. In carenza di certificato del medico curante, tuttavia, il medico dì controllo, proprio in quanto medico, emetterà una diagnosi rimettendo comunque la prognosi al medico curante per i motivi di cui si è già detto (maggior conoscenza del paziente dal punto di vista clinico). Il medico di controllo esprimerà in tale circostanza una prognosi aperta, vale a dire l'incapacità lavorativa per giorni uno salvo complicazioni, in attesa che il lavoratore giunga in possesso del certificato del medico curante. Tale prognosi andrà comunque verificata con un'ulteriore visita di controllo richiesta dal l'amministrazione del lavoratore,

6) Dubbio sull'effettiva sussistenza d'un quadro morboso ovvero sulla durata d'una determinata prognosi.

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Avviene nei casi di prognosi lunghe quali quelle che si emettono ad esempio per alcune malattie psichiatriche. Il medico di controllo richiede allora una consulenza specialistica di struttura pubblica. Sarà dunque dal confronto tra certificato del curante, certificato specialistico e riscontro obiettivo del medico di controllo, che scaturiranno gli esatti dati diagnostico-prognostici del lavoratore.

7) Insussistenza di un quadro morboso.

Il medico di controllo dispone la reimmissione immediata in servizio o al massimo per il giorno dopo del lavoratore.

8) Assenza del lavoratore presso l'indirizzo comunicato al medico di controllo.

Se tale indirizzo corrisponde a una palazzina e non c'è nessuno in casa, il medico di controllo, a condizione che il portone principale sia aperto, lascia nella buca posta del lavoratore (o, eventualmente, al portiere dello stabile che, se accetta, firmerà per ricevuta) avviso di presentazione per il giorno successivo non festivo presso l'ambulatorio dell'Azienda U.S.L. Se trova qualcuno nell'abitazione del lavoratore, il medico di controllo lascerà a quest'ultimo, specificandone in tal caso il rapporto con il lavoratore (coniuge, figlio/a ecc.), l'avviso dopo averne naturalmente acquisito il consenso suggellato da firma per ricevuta in calce all'avviso stesso. Nel caso in cui la persona presente in casa non abbia raggiunto la maggior età, si lascerà comunque l'avviso nella buca della posta. Se trattasi invece di abitazione indipendente, il medico di controllo lascerà l'avviso in buca posta oppure, ove questa non esista, sotto l'uscio di casa. Nel modello verrà annotata l'ineffettuabilità della visita.

9) Non corrispondenza del domicilio del lavoratore all'indirizzo fornito al medico di controllo.

In questa circostanza il medico di controllo annoterà sul modello l'ineffettuabilità della visita per non corrispondenza l'indirizzo fornito col domicilio del lavoratore.

10) Indirizzo insufficiente o poco chiaro del lavoratore da sottoporre a visita di controllo.

Anche, in questo caso il medico di controllo dichiarerà l'ineffettuabilità della visita specificando i motivi per cui l'indirizzo fornito non è utile a rintracciare il lavoratore.

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In merito agli ultimi tre punti, va menzionata la sentenza n' 4216 del 14/05/97 della Corte di Cassazione - Sez. Lavoro, che ribadisce il dovere di cooperazione che grava sul lavoratore in malattia e che, oltre ad esigere che durante le fasce orarie di reperibilità egli non s'allontani dalla propria abitazione senza un giustificato motivo, prevede che lo stesso mantenga un comportamento tale da consentire al medico della struttura pubblica sia l'immediato accesso all'abitazione che la possibilità della visita di controllo. In quest'ultima fattispecie rientrano gli episodi di contestazione in cui il lavoratore, al medico di controllo che non ha trovato nessuno al suo domicilio, sostiene d'essere rimasto a casa, magari perché non ha sentito il campanello, e inoltre, tutte le circostanze in cui l'indicazione dell'abitazione del lavoratore non è sufficiente ai fini della sua individuazione, caso nel quale è sempre opportuno corredarla di utili punti di riferimento. Restano ovviamente esclusi, da tale contesto, eventuali refusi o errori di dettatura che sollevano il lavoratore da ogni responsabilità a riguardo. Esiste insomma una vasta tipologia di situazioni, suffragata tuttavia da un quadro normativo che, come peraltro già sottolineato dal collega Di Cara, si presenta scarno e lacunoso quando non addirittura contraddittorio. Vediamone almeno due motivi:

a) Secondo il D.M. dell'08/01/85 le visite domiciliari dovrebbero essere effettuate entro lo stesso giorno dalla richiesta, a garanzia, peraltro, d'una maggiore coincidenza tra la situazione morbosa riscontrata dal medico curante e quella obiettivata dal medico di controllo. Si deve però dire che non sempre tale richiesta viene effettuata fin dal primo giorno di malattia e così il medico di controllo si trova spesso di fronte a pazienti i quali stanno esaurendo il proprio periodo di malattia, a fronte di certificazioni del medico curante che risalgono anche a parecchi giorni prima della visita di controllo. Nel caso in cui invece la visita di controllo viene eseguita fin dal primo giorno di malattia, di contro, solo pochissimi lavoratori risultano in possesso del certificato del curante, per cui il medico di controllo può svolgere la sua funzione di verifica solo a metà.

b) Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, fissate dal superiore decreto dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, delimitano un arco di tempo eccessivamente ristretto ai fini dell'effettuazione delle centinaia e centinaia di controlli le cui richieste pervengono ai servizi di medicina fiscale e legale delle nostre Aziende U.S.L. Spesso, dunque, gli accessi ricadono al di fuori di tali

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fasce, con conseguente non obbligo del lavoratore a farsi reperire al proprio domicilio. Nutriamo a questo punto fiducia nel legislatore affinché il servizio di controllo medico-fiscale dei lavoratori in malattia si conforti sempre più di norme e provvedimenti al passo con i tempi, e, soprattutto, con le esigenze tanto dei committenti quanto dei sanitari incaricati. Un invito particolare va infine rivolto alla categoria dei medici curanti perché le certificazioni di malattia rilasciate siano il più possibile puntuali nel descrivere la diagnosi e la prognosi lavorativa specifica degli assistiti: ciò faciliterà il compito ai colleghi che effettuano i controlli e soprattutto eviterà spiacevoli diversità di valutazione medico-legale.

Grazie alla moderna ergonomia, peraltro, oggi diviene sempre più possibile individuare realtà occupazionali che, fatte salve le circostanze cliniche acute in cui si prescrive il riposo assoluto, riescono a essere compatibili con stati morbosi cronici sia pure di rilevante entità.

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