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Capitolo 1. Sistema Cardiovascolare

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Academic year: 2021

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Capitolo 1. Sistema Cardiovascolare

1.1 Gittata cardiaca

La Gittata Cardiaca (GC), è il volume di sangue eiettato da un ventricolo nell'unità di tempo, cioè in un minuto, ed è espressa in litri al minuto. Il Volume di Eiezione (VE) è invece il volume di sangue eiettato da un ventricolo ad ogni sistole ed è espressa in mL.

La relazione esistente tra la gittata cardiaca e il volume di eiezione è la seguente:

GC= VE x FC

dove FC indica la frequenza cardiaca (numero di contrazioni cardiache per minuto). Quindi la GC varia al variare della quantità di sangue pompata a ogni sistole ed al variare della frequenza cardiaca (Berne et al. , 2005). In un cane adulto a riposo la gittata cardiaca è in media 3,36 ± 1,35 L/min (Haskins et al., 2005).

L'afflusso ematico ai tessuti è garantito dalla gittata cardiaca e l'esigenza di irrorazione sanguigna di tutti i distretti corporei varia a seconda dello stato fisio-patologico del paziente, dunque, anche la gittata cardiaca non ha un valore fisso ma si adatta a queste variazioni. Ad esempio, nell'uomo, la gittata cardiaca si riduce di circa il 10% durante il sonno e può aumentare fino a 4-6 volte durante l'esercizio intenso (Levick, 2010).

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 la frequenza cardiaca, che subisce un controllo autonomico da parte del sistema simpatico e parasimpatico;

 il volume di eiezione, che è a sua volta influenzato da precarico, contrattilità cardiaca e postcarico;

 il precarico, ovvero la tensione a cui è sottoposta la parete del ventricolo a fine diastole, determinata dalla quantità di sangue che arriva al ventricolo durante la diastole e che va a costituire il volume telediastolico (VTD);

 la volemia, cioè la quantità di sangue presente nel circolo ematico, che influenza il precarico;

 il postcarico, ovvero la forza che si oppone all'accorciamento isotonico del miocardio ventricolare durante la sistole, rappresentata dalle resistenze che la circolazione sistemica offre al flusso sanguigno, determinato da:

◦ il tono arteriolare;

◦ la viscosità del sangue, determinata dall'ematocrito e dalla viscosità del plasma (quantità d'acqua e proteinemia);

 la contrattilità cardiaca. (Guyton & Hall, 2006).

Per comprendere meglio l'importanza del monitoraggio della GC e delle sue variazioni, andremo ad analizzare l'anatomia e la fisiologia cardiaca, la distribuzione di ossigeno (DO2), cioè la diffusione dell'ossigeno ai tessuti, e i fattori sopracitati che influenzano la gittata cardiaca.

1.1.1 Anatomia e fisiologia cardiaca

Innanzi tutto è importante specificare le peculiarità anatomiche del muscolo cardiaco in quanto esso differisce dai muscoli scheletrici per

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struttura e funzionalità. Le miofibrille cardiache sono interfacciate tra loro da dischi intercalari, a livello dei quali sono presenti le gap-junction, strutture che permettono il passaggio di correnti ioniche tra una cellula e l'altra e quindi la trasmissione dell'impulso elettrico tra miociti adiacenti. Gli ioni e il potenziale d'azione muovendosi facilmente da una cellula all'altra permettono la contrazione di tutte le cellule del sincizio simultaneamente (sincizio funzionale e non anatomico). Possiamo quindi dividere il cuore in un sincizio atriale e un sincizio ventricolare divisi dal tessuto fibroso degli anelli posti a livello delle valvole atrio-ventricolari (Guyton & Hall, 2006). Ogni battito cardiaco viene innescato e condotto da un sistema elettrico intrinseco al cuore, composto da miociti modificati che sono organizzati in un pacemaker costituito dalle cellule del nodo del seno atriale (NSA), da un “tessuto di conduzione” costituito dalle cellule del nodo atrio ventricolare (NAV), fascio atrio-ventricolare comune o fascio di His e fibre del Purkinje. Questo tessuto presenta diversa velocità di conduzione per garantire la ritmicità di contrazione nei tempi corretti e ciò permette di discriminare sistole e diastole atriale e sistole e diastole ventricolare.

L'eccitabilità cardiaca, in condizioni fisiologiche, nasce dalle cellule pacemakers del nodo del seno, a livello dell'atrio destro, determinando depolarizzazione degli atri (onda P dell'elettrocardiogramma) cioè la loro sistole. Le cellule del NSA hanno un potenziale di membrana instabile e scaricano spontaneamente a intervalli regolari per iniziare il battito cardiaco. La frequenza di innesco del potenziale d'azione puo' essere influenzata dai sistemi simpatico e parasimpatico. L'impulso prosegue verso il nodo atrio-ventricolare, che rappresenta l'inizio dell'unica connessione elettrica attraverso l'anello fibroso che isola elettricamente gli atri dai ventricoli. Qui la velocità di conduzione è ridotta, questo rallentamento dell'impulso garantisce che gli atri abbiano tempo

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sufficiente per contrarsi prima dei ventricoli. Durante questa fase si ha ripolarizzazione degli atri (diastole atriale) e nel momento in cui l'impulso passa al setto atrio ventricolare tramite il fascio di His, completa la propagazione determinando la sistole ventricolare (complesso QRS dell'elettrocardiogramma). La ripolarizzazione ventricolare corrisponde all'onda T dell'elettrocardiogramma e alla diastole ventricolare.

L'onda di eccitazione che attraversa il muscolo cardiaco determina una contrazione ritmica di tutte le sue parti. Ogni fase è caratterizzata da un certo intervallo di tempo, che può essere aumentato o diminuito (per esempio in caso di iperkaliemia) determinando così variazioni nel tracciato elettrocardiografico e nell'emodinamica.

Le variazioni del ciclo cardiaco determinano cambiamenti del precarico, post carico, della frequenza cardiaca, del volume di eiezione e quindi della gittata cardiaca (Berne et al. , 2005).

La contrattilità cardiaca può essere definita come una variazione della massima tensione isometrica per una data lunghezza iniziale delle fibre muscolari. La contrazione muscolare è determinata dallo scorrimento di due filamenti proteici presenti all'interno delle cellule: il filamento spesso o miosina e il filamento sottile o actina. Questi due filamenti sono in grado di interagire tra loro determinando la contrazione muscolare: le teste della miosina formano legami chimici rapidi e reversibili con le strutture globulari di actina, permettendo così lo scorrimento dei filamenti che andranno a sovrapporsi determinando l'accorciamento del muscolo. Affinché ci sia contrazione muscolare è necessario che la concentrazione di calcio all'interno della cellula aumenti . All'arrivo di un potenziale d'azione il calcio extracitoplasmatico entra nella cellula attraverso i canali lenti dei tubuli a T e favorisce un' ulteriore liberazione dello ione dai depositi intracellulari del reticolo sarcoplasmatico (rilascio

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di calcio-calcio indotto). Il legame del calcio con la troponina C determina interazione tra quest'ultima e la tropomiosina. Il complesso tropomiosina-troponina C nella miofibrilla a riposo, blocca i siti di legame dove avviene l'interazione tra actina e miosina, ma il legame degli ioni calcio alla troponina C provoca un cambiamento nella configurazione molecolare che permette la liberazione dei siti di legame e quindi la contrazione. Alla fine della contrazione questi legami verranno nuovamente resi inattivi, perché il calcio verrà richiamato dal reticolo sarcolasmatico e la troponina C non sarà più legata ad esso. Il grado di contrattilità del muscolo cardiaco varia sottostando a meccanismi fisiologici di regolazione. Incrementando il numero di legami tra actina e miosina, incrementa la forza della contrazione del miocardio. I due meccanismi attraverso i quali è possibile aumentare il numero di legami sono:

 l'aumento di ioni Ca++ in fase sistolica (da stimolazione simpatica) ;

 l'allungamento del miocita in diastole, che incrementa la sensibilità al Ca++.

A seconda del grado di contrazione del muscolo, varia la sovrapposizione dei filamenti e quindi l'accorciamento delle fibre muscolari. Questo è possibile grazie alla teoria dello scorrimento dei filamenti: la testa della miosina dopo essersi attaccata all'actina provoca profonde modificazioni delle forze intermolecolari nella struttura di legame della miosina stessa, la cui testa si flette trascinando con sé il filamento di actina. Subito dopo, questa si stacca e lega un altro sito attivo dell'actina posto più avanti lungo il filamento; si flette nuovamente facendo scorrere ulteriormente il filamento di actina e così via. Questo comporta uno scorrimento dei due filamenti uno sull'altro, portando all'accorciamento del muscolo (Guyton & Hall, 2006).

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Le cellule muscolari essendo elastiche possono essere allungata fino al 30-40 % della loro lunghezza e oppongono una resistenza proporzionale allo stiramento subito. Questo fenomeno di resistenza all'allungamento è necessario perché un eccessivo stiramento causa un allontanamento delle fibre di actina e miosina tale da impedirne il legame necessario alla contrazione.

In fase di diastole, è il precarico che determina l'allungamento delle cellule miocardiche (Figura 1.1)(Berne et al. , 2005).

Figura 1.1: Allungamento delle cellule muscolari cardiache a seguito dell'applicazione del precarico. (Da www.ventilab.org)

Il volume di sangue che riempie il ventricolo alla fine della diastole ventricolare, o volume telediastolico, determina uno stiramento delle fibre muscolari. Ad ogni grado di stiramento delle fibre corrisponde una certa forza contrattile (Figura 1.2). Aumentando l'allungamento delle fibre la contrattilità aumenta, ma solo fino ad un certo grado di

stiramento: oltre questo punto la contrattilità cardiaca diminuisce.Il massimo sviluppo di tensione si ha per sarcomeri di 2-2,4 micron a riposo poiché a questa lunghezza si ottiene una sovrapposizione ottimale dei filamenti sottili e spessi che permette di generare una forza contrattile

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maggiore. Questa lunghezza corrisponde ad una pressione intraventricolare diastolica sinistra di circa 12 mmHg.

A pressioni intraventricolari maggiori (anche 50 mm Hg) il sarcomero non si allunga in maniera proporzionale, ma raggiunge al massimo una lunghezza di 2,6 micron per via della resistenza offerta dalla componente non contrattile del tessuto cardiaco (tessuto connettivo) (Berne et al. , 2005).

Figura 1.2: Rapporto fra la lunghezza del sarcomero e la forza di contrazione (Da

www.ventilab.org).

Questi valori difficilmente vengono raggiunti durante il normale lavoro cardiaco perché la pressione intraventricolare in diastole varia tra 0-7 mmHg e la lunghezza media del sarcomero è di circa 2 micron (Berne et al. , 2005).

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1.2 Legge di Frank Starling

La legge di Frank-Starling è la relazione tra lo stiramento delle fibre ventricolari a fine diastole e la contrattilità del muscolo cardiaco.

La legge è graficamente illustrata nella Figura 3, dove l'asse delle ascisse rappresenta il volume telediastolico e l'asse delle ordinate il volume di eiezione. Questa legge mette quindi in evidenza il rapporto esistente tra le variazioni di volume telediastolico e le variazioni dello SV: all'aumentare del precarico, aumenta il volume di eiezione e quindi della gittata cardiaca.

Figura 1.3: Legge di Frank Starling: rapporto fra il precarico e il volume di eiezione (Da www.edwards.com)

Al cuore infatti arrivano quantità variabili di sangue in base all'entità del ritorno venoso. Maggiore è la quantità di sangue che raggiunge i ventricoli, maggiore sarà la distensione delle pareti e quindi la forza di contrazione e la gittata cardiaca.

Il cuore in un individuo sano a riposo e senza influenza del sistema nervoso può arrivare infatti a pompare fino a 2,5 volte il volume di sangue normalmente eiettato. Invece durante l'attività fisica o in caso di stimolazione orto-simpatica e/o inibizione dell'attività parasimpatica, si

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ha un aumento della gittata fino a 6/7 volte. Esiste però un limite oltre il quale l’aumento di riempimento ventricolare è controproducente, perché lo stiramento delle fibre miocardiche è eccessivo e non consente una corretta contrattilità (Guyton & Hall 2005). Fisiologicamente infatti l'attività cardiaca opera nel tratto ascendente della curva della legge di Frank Starling (Berne et al., 2005).

Patologie cardiache come la miocardiopatia dilatativa o fibrosi delle cellule dovuta all'invecchiamento invece, possono esitare in una riduzione della funzionalità cardiaca come pompa, in quanto alterano la relazione lunghezza-forza sviluppata e quindi la GC (Guyton &Hall 2005).

Queste adattamenti fisiologici sono i meccanismi intrinseci di regolazione della gittata cardiaca da parte del cuore e sono necessari in quanto essa ed il ritorno venoso sono strettamente interdipendenti: tranne che per ridotte e transitorie variazioni, il cuore sinistro non può pompare una quantità di sangue maggiore di quella che arriva al cuore destro tramite ritorno venoso (Berne et al. , 2005).

1.3 Determinanti della gittata cardiaca

1.3.1 Il precarico

Il precarico è la tensione a cui è sottoposta la parete del ventricolo a fine diastole, dipende dalla quantità di sangue che riempie le camere ventricolari e varia al variare del ritorno venoso.

A seconda infatti della pressione arteriosa media, della compliance venosa, della presenza di ostruzioni alla circolazione venosa o di stati patologici che influenzano la volemia (quali emorragie, vomito e diarrea,

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ustioni, ipoproteinemia), possiamo avere drastiche modificazioni del ritorno venoso (Agguggini et al., 2001).

La pressione atriale destra influenza la gittata cardiaca perché durante la sistole ventricolare essa si riduce e crea un effetto aspirante sul sangue venoso (meccanismo del piano valvolare). Al contrario se la pressione atriale destra aumenta, l'effetto aspirante diminuisce, determinando un gradiente pressorio sfavorevole al ritorno venoso. I suoi valori generalmente sono compresi tra 0-5 mmHg (Guyton & Hall , 2006). Un precarico insufficiente porta a una riduzione della gittata cardiaca e

quindi a un ridotto flusso di sangue eiettato nei vasi sanguigni. Fisiologicamente si ha una risposta del sistema simpatico che tramite stimolazione adrenergica induce aumento della frequenza cardiaca (tachicardia compensatoria) e vasocostrizione arteriolare e dei vasi di capacitanza. Un aumento del precarico determina riduzione della velocità di contrazione e della velocità di accorciamento delle fibre muscolari (Berne et al. , 2005).

1.3.2 Il postcarico

Il postcarico è definito come l'insieme delle resistenze che il cuore deve vincere durante la sistole, per pompare il sangue all'interno dei vasi. Da questa definizione è possibile evincere che i maggiori determinanti del postcarico siano le resistenze vascolari (SVR), la compliance dei vasi, la viscosità del sangue (che può essere aumentato per esempio in caso di disidratazione, iperproteinemia) e ostruzioni al passaggio di sangue come nel caso di valvulopatie (stenosi). Quando il cuore lavora con un post carico elevato si ha una ridotta contrazione ventricolare, ridotta velocità di contrazione e aumento della tensione necessaria a vincere le

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resistenze. Questo determina maggiore consumo di ossigeno da parte del cuore e riduzione del volume di eiezione (Berne et al. , 2005).

Questa situazione può' essere compensata o meno. In una situazione compensata la diminuzione del volume di eiezione è transitoria poiché c'è un aumento compensatorio della pressione ventricolare che porta all'aumento sia del volume telesistolico che del volume telediastolico. Dopo qualche battito cardiaco, per accumulo del volume sistolico residuo, si ha un maggiore precarico, maggiore distensione delle fibre e quindi maggiore forza contrattile secondo il meccanismo di Frank-Starling. In questa situazione il volume di eiezione è conservato, mentre la frazione di eiezione risulta diminuita (Guyton & Hall , 2006).

1.3.3 La contrattilità del miocardio

La contrattilità del miocardio è la capacità intrinseca del muscolo di contrarsi a prescindere dal precarico e dal post carico. Questa aumenta con l'esercizio fisico, farmaci inotropi positivi e catecolamine e diminuisce con l'ipotermia, ipossiemia, acidosi e farmaci inotropi negativi.

La contrazione del miocardio è determinata dall'aumento del calcio intracellulare.

Alte concentrazioni intracellulari di questo ione provocano contrazione cardiache di maggiore intensità.

Le catecolamine aumentano le concentrazioni di calcio intracellulare e accelerano sia la contrazione che il rilassamento del muscolo cardiaco. L'indice di contrattilità rappresentato dalla frazione di eiezione è il rapporto tra il volume di sangue espulso dal ventricolo sinistro ad ogni sistole(VE) e il sangue presente nel ventricolo a fine diastole(VTD):

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FE= VE/ VTD (Berne et al. , 2005).

La compliance cardiaca è la capacità intrinseca di allungamento delle fibre muscolari durante la diastole ed è influenzata dal precarico, dalla frequenza cardiaca e dalla resistenza che incontra il sangue per entrare nella camera ventricolare. Quest'ultima è rappresentata dal rapporto tra le variazioni di pressione e le variazioni volumetriche.

Possiamo infatti distinguere due componenti principali della compliance cardiaca: la componente di camera che risulta essere influenzata dal volume e una componente parietale che riflette l'elasticità del miocardio. La rigidità cardiaca rappresenta il rapporto stress-strain, ovvero, la capacità di deformazione della camera cardiaca. Questa capacità è influenzata dalla pressione intrapericardica o transmurale, determinata dalla differenza tra la pressione intracavitaria e la pressione pericardica. Secondo la legge di Laplace, durante l'eiezione si crea uno stress (tensione) sulle pareti ventricolari che è direttamente proporzionale alla pressione e al raggio della camera, mentre è inversamente proporzionale al doppio dello spessore parietale:

T= P x r / 2w

T = tensione o stress parietale, P = pressione intracavitaria, r = raggio della camera e w = spessore della parete.

La tensione quindi dipende dal volume di sangue presente nel ventricolo e dalla pressione che esso esercita sulle pareti (tensione passiva), dallo spessore delle camere cardiache e dalla curvatura della parete ventricolare. Lo stress di parete diastolico, nel miocardio a riposo, rappresenta il precarico e dipende dalla pressione telediastolica, dal

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raggio della camera cardiaca e dallo spessore di parete. La massima tensione si ha durante la sistole isovolumetrica (tensione attiva), momento in cui la camera ventricolare sviluppa la massima pressione con il massimo diametro (stress sistolico di picco) per vincere le forze del post carico. Questa tensione ventricolare sistolica corrisponde al postcarico e dipende dalla pressione arteriosa sistemica, dal raggio del ventricolo e dallo spessore di parete. Un ventricolo sottoposto ad una tensione soprafisiologica (es. in una situazione di elevazione cronica della pressione arteriosa sistemica), va incontro ad una risposta del miocardio che compensa il postcarico elevato tramite ipertrofia parietale data dalla disposizione in serie delle fibre cardiache (ipertrofia compensatoria). Maggiore sarà la pressione, maggiore sarà l'ipertrofia compensatoria (Santilli et al., 2012).

Questo fenomeno è evidenziabile in caso di stenosi aortica: un aumento del post carico implica una maggiore forza di contrazione, quindi una maggiore pressione intracavitaria e una maggiore tensione di parete. Al contrario un cuore che presenta dilatazione ventricolare è svantaggiato, poiché deve esercitare una tensione di parete nettamente maggiore per riuscire a mantenere una buona pressione intracavitaria e quindi un buona gittata cardiaca (Berne et. al, 2005).

1.3.4 La frequenza cardiaca

La frequenza cardiaca in un cane sano a riposo varia tra 60-120 bpm a seconda della taglia dell'animale. La frequenza cardiaca aumenta durante lo sforzo fisico per garantire il corretto afflusso sanguigno ai vari distretti. Nel caso in cui essa aumenti sopra i 130-180 bpm si ha una riduzione del tempo diastolico durante il quale avviene il riempimento

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dei ventricoli e quindi della gittata cardiaca. In caso di ipotermia, di somministrazione di farmaci anestetici o durante il sonno la frequenza cardiaca diminuisce (Berne et al. , 2005).

La frequenza cardiaca è regolata in gran parte dal sistema nervoso autonomo. Il nodo seno atriale è sottoposto all'influenza sia del parasimpatico che del simpatico e le variazioni da essi indotte sono collegate alla maggiore o minore azione di una delle due componenti. Fisiologicamente l'influenza del sistema parasimpatico sul cuore è più rapida della stimolazione simpatica, con un rapido on-set dell'effetto parasimpatico e una rapida risoluzione, in contrasto a un più lento inizio dell'effetto simpatico e un effetto residuo più duraturo. Le fibre parasimpatiche cardiache originano dal vago e determinano diminuzione della frequenza cardiaca. Le fibre che originano dal nervo vago di destra generalmente innervano il NSA mentre le fibre che originano dal nervo vago sinistro innervano maggiormente il tessuto di conduzione AV (la stimolazione di questa branca è responsabile di blocchi atrio ventricolari di diverso grado). L'attività depressoria del parasimpatico viene esplicata tramite liberazione di acetilcolina che si lega ai recettori muscarinici cardiaci. Le fibre simpatiche originano a livello degli ultimi due segmenti cervicali e dei primi 4-5 segmenti toracici, si portano quindi a livello dei gangli paravertebrali in prossimità della porzione parasimpatica mediastinica, con la quale si uniscono a formare una fitta rete nervosa efferente. Il sistema simpatico determina un effetto inotropo e cronotropo positivo grazie al legame tra noradrenalina e recettori В-adrenergici (Guyton & Hall , 2006).

La funzionalità cardiaca è regolata anche da fattori ad azione rapida, intermedia e lenta:

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 i barocettori arteriosi posti sul seno carotideo e sull'arco aortico, a seguito di un aumento della pressione arteriosa trasmettendo segnali al sistema nervoso centrale e da qui all’apparato circolatorio, per riportare la pressione a livelli normali. In particolare viene inibito il centro vasocostrittore bulbare ed eccitato quello vagale. Le conseguenze saranno: vasodilatazione e diminuzione della frequenza cardiaca e della forza di contrazione del miocardio;

 i chemocettori periferici (glomi carotidei e aortici) percepiscono variazioni di pH al di sotto di 7,4 e variazioni di PaO2 e di PaCO2, se queste rispettivamente diminuiscono al di sotto di 90 mmHg o aumentano al di sopra di 40 mmHg. Una volta stimolati, questi chemocettori stimolano l'area vasomotrice bulbare e il centro del respiro provocando vasocostrizione, aumento della frequenza cardiaca e aumento della frequenza respiratoria (Guyton & Hall, 2006);

 meccanismi ad azione intermedia:

 il Sistema renina angiotensina aldosterone (SRAA) deputato ad aumentare la pressione, si attiva a seguito di riduzioni pressorie percepite a livello renale con il risultato finale di aumentare la sete e la pressione e di aumentare la ritenzione di sodio e acqua per aumentare la volemia (Berne et al. , 2005);

 le prostacicline PGI2 vengono sintetizzate a livello vascolare ed hanno azione sistemica, determinano aumento dell'escrezione di sodio e rilascio della muscolatura liscia con conseguente riduzione della volemia e della pressione;

 le prostaglandine, hanno azione locale e con emivita breve, riducono la pressione.

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 Meccanismi ad azione lenta:

 a seguito di una eccessiva distensione delle pareti atriali percepita da recettori specifici, viene liberato il fattore natriuretico atriale con conseguente diminuzione della pressione e del volume ematico per aumentata filtrazione glomerulare e per una maggiore eliminazione di sodio causata dall'inibizione del rilascio di aldosterone da parte della corticale del surrene.

 ADH o vasopressina determina aumento della volemia e del tono vasale (Guyton & Hall, 2005).

1.4 Onda della pressione arteriosa

Per pressione invasiva si intende la misura della pressione arteriosa sistemica in modo diretto, attraverso l'utilizzo di un catetere arterioso in un'arteria periferica. Questa metodica permette di ottenere i valori di pressione sistolica, media e diastolica e la rappresentazione grafica della curva di pressione. La pressione invasiva rappresenta la metodologia più accurata e affidabile per ottenere valori più veritieri dello stato emodinamico del paziente. Generalmente la misurazione della pressione attraverso un metodo invasivo è indicata nei pazienti in stato di shock, pazienti che devono subire importanti chirurgie vascolari, toraciche e addominali, pazienti con instabilità emodinamica, ipotensione o emorragie. Con questo monitoraggio possiamo ottenere i parametri della pressione misurati in maniera continua tramite analisi dell'onda pressoria (Royal Prince Alfred Hospital Intensive Care, 2005).

In un animale sano la pressione media (PAM) è compresa tra 80-100 mmHg, la pressione sistolica tra 100-150 mmHg e la pressione diastolica

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(PAD) tra 60-90 mmHg (Berne et al. , 2005).

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Figura 1.4 Normale curva di pressione arteriosa (Da www. ericglen.com).

L'onda pressoria (figura 4) riflette la funzionalità meccanica del cuore e del sistema vascolare correlando la compliance, la contrattilità e la frequenza cardiaca al volume ematico e alle resistenze periferiche.

L'immagine rappresenta una normale onda pressoria dove possiamo riconoscere una fase sistolica, l'incisura dicrota e la fase diastolica.

La curva maggiore dell'onda, rappresenta la fase sistolica, e l'area sotto la curva rappresenta il volume di eiezione. La salita della curva, detta anacrotica, fornisce informazioni a proposito della velocità di eiezione, della contrattilità cardiaca, della compliance aortica e delle resistenza periferica. Per cui una curva che sale molto rapidamente può essere indice di ridotte resistenze periferiche e aumento dell'inotropismo cardiaco. Il picco massimo di quest'onda rappresenta la pressione sistolica. Dopo il picco si ha la discesa dell'onda che riflette la riduzione della pressione ventricolare fino alla chiusura della valvola aortica rappresentata dall'incisione dicrota. Questa divide la fase sistolica da quella diastolica. La posizione dell'incisura dicrota sul grafico dell'onda di pressione arteriosa indica la pressione arteriosa alla quale corrisponde la chiusura della valvola aortica. Il resto del grafico (porzione diastolica)

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è dovuto principalmente alle componenti vascolari del sistema circolatorio. In caso di elevato tono vascolare (vasocostrizione), l'incisura dicrotica appare più in alto sulla curva della pressione arteriosa, al contrario l'incisura appare più in basso sul grafico se il sistema arterioso periferico è vasodilatato. La curva più piccola rappresenta la diastole ventricolare, più lenta è la discesa della curva, maggiore sarà il tono vasale, più rapida è la discesa minore sarà il tono vasale e/o la volemia (Bufalari et al. 2012 ; McGhee&Bridges, 2002). Registrando l’onda pressoria a diversi livelli, la morfologia della curva si distorce (figura 5) per la variazione delle caratteristiche elastiche del letto vascolare, per la riflessione dell’onda di pressione e la perdita di parte dell’energia cinetica.

Il fenomeno alla base di queste modificazioni è l'amplificazione del polso distale e si enfatizza allontanandoci dall'aorta. Si ha infatti:

-aumento della ripidità del ramo ascendente e del valore di picco sistolico;

-aumento della prominenza dell’onda diastolica e riduzione della pressione di fine diastole;

-aumento della pressione differenziale (McGee&Bridges, 2002).

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Figura 1.5 Differenze morfologiche della curva di pressione arteriosa a seconda del vaso considerato (Da www. mednemo.it )

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A seconda dello stato volemico del paziente possiamo riscontrare delle variazioni nell'onda pressoria:

-in caso di ipertensione avremo una salita ripida della fase sistolica e una breve e precoce fase di contrazione sistolica.

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Figura 1.6 Onda di pressione arteriosa in caso di ipertensione (Da McGhee&Bridges, 2002)

-in caso di ipotensione per una diminuita contrattilità è possibile ottenere un segnale arterioso sovra smorzato, in cui la salita sistolica è più lenta e meno ripida e potremmo avere una incisura dicrotica meno marcata o assente, in quanto pressione sistolica e diastolica differiscono di poco.

Figura 1.7 Onda di pressione arteriosa in caso di ipotensione. (Da Royal Prince Alfred Hospital Intensive Care, 2005)

-in caso di stenosi aortica, il ventricolo sinistro dovendo lavorare maggiormente per riuscire a pompare il sangue nell'aorta impiegherà più tempo per riuscire a vincere il postcarico e la curva pressoria risulterà ridotta e ritardata. Inoltre l'incisura dicrotica non sarà ben definita per

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l'anormale chiusura della valvola.

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Figura 1.8 Onda di pressione arteriosa in caso di stenosi aortica. (Da Royal Prince Alfred Hospital Intensive Care, 2005)

Durante la ventilazione meccanica è possibile osservare, grazie alla pressione invasiva, le variazioni cicliche di pressione sistolica legate alla ventilazione, con un aumento dei valori pressori durante l'inspirazione e una loro diminuzione durante l'espirazione. Queste variazioni sono riferite rispetto al valore della pressione rilevato durante la pausa espiratoria.

!

Figura 1.9 Variazioni di pressione sistolica durante la ventilazione meccanica. (Da Royal Prince Alfred Hospital Intensive Care, 2005)

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1.5 Variazioni dell'onda di pressione arteriosa durante il

ciclo respiratorio

Normalmente durante la respirazione spontanea, in inspirazione, si ha una diminuzione della pressione intratoracica (alveolare e pleurica) a causa della retrazione elastica polmonare con riduzione del precarico sinistro. Questa diminuzione non supera i 5-10 mmHg ed è legata alla aumentata capacità del letto venoso polmonare che si accompagna all'aumento del ritorno venoso al cuore destro per un effetto di aspirazione. Durante l'espirazione al contrario, poiché viene restituita la forza elastica legata all'espansione della cassa toracica si ha un aumento delle pressioni intratoraciche sia alveolari che pleuriche. Queste variazioni pressorie (±3 mm Hg) agiscono anche sulle pressioni extracardiache e sui vasi, determinando un aumento dell'effetto pompa del cuore. Questo fenomeno è chiamato reverse pulsus paradoxus quando supera il valore di 10mmHg, ed è caratterizzato dalla scomparsa del polso durante l'inspirazione.

Durante l'anestesia, spesso è necessario ventilare meccanicamente il paziente. La ventilazione meccanica sospinge aria all'interno dei polmoni con una pressione positiva (fino a 20 cm H2O), determinando così un aumento delle pressioni intratoraciche durante l'inspirazione e una diminuzione durante l'espirazione. L'aria durante l'espirazione esce passivamente determinando una caduta di pressione intratoracica. Questo comporta rispettivamente un aumento e una diminuzioni della pressione arteriosa durante l'inspirazione e l'espirazione. Durante il picco inspiratorio si ha un incremento delle pressioni alveolari e di quelle pleuriche, che determinano un aumento della pressione atriale destra ma anche una maggiore compressione della vena cava, esitando in una diminuzione del precarico destro e un aumento del post carico. Tutto ciò

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comporta, per la legge di Frank-Starling a una riduzione della gittata cardiaca del lato destro del cuore. L'aumento delle pressioni alveolari determina uno schiacciamento dei capillari polmonari e un conseguente aumento di flusso verso il cuore sinistro, con un aumento del precarico sinistro e quindi della gittata sinistra (Michard, 2005).

Durante la fase inspiratoria dunque, la gittata risulta diminuita a destra e aumentata a sinistra. Nella fase espiratoria le differenze tra i due lati della circolazione si attenuano e i valori di gittata destra e sinistra tendono ad eguagliarsi. La disparità nel precarico, e quindi nella gittata dai due lati, dura solo qualche battito cardiaco perché il sangue eiettato nel circolo polmonare passa successivamente al cuore sinistro costituendo il precarico sinistro che verrà eiettato nella circolazione sistemica con un valore di gittata leggermente superiore durante la fase espiratoria (Kramer et al., 2004).

A parità di resistenze vascolari sistemiche, il volume di eiezione è uno dei determinanti maggiori della pressione arteriosa sistemica: la variazione ciclica di gittata in un paziente ventilato meccanicamente viene rilevata perifericamente dal segnale di pressione arteriosa invasivo come un'alternanza di onde più o meno elevate che segue il ritmo respiratorio (Monnet & Teboul, 2013).

1.6 Parametri Dinamici: SPV, PPV

Le variazioni pressorie riportate durante la ventilazione meccanica di un paziente anestetizzato sono indicate con il termine di parametri dinamici. Esistono diversi parametri dinamici in base alla componente dell'onda di pressione che viene considerata.

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systolic pressure variation (SPV) cioè variazioni di pressione sistolica

ciclica sincrona alla respirazione a pressione positiva. SPV viene definita

come la differenza tra il valore massimo di pressione sistolica in inspirazione e il valore minimo di pressione sistolica in espirazione.

SPV= massimum systolic pressure-minimum systolic pressure (during one respiratory cycle)

SPV= (pressione sistolica massima – pressione sistolica minima durante un ciclo respiratorio)

SPV è un parametro determinato dalla ventilazione meccanica e, ad ogni ciclo respiratorio, possiamo osservare variazioni di pressione sistolica, influenzate non solo dal volume di eiezione ma anche dalla variazione delle pressioni intratoraciche che agiscono sui vasi e sulle pressioni extracardiache (Michard, 2005).

Figura 1.10: Variazioni di pressione sistolica in relazione al ciclo respiratorio durante ventilazione meccanica. (Da Westphal et al. , 2010)

Un altro indice dinamico che viene influenzato dalla ventilazione meccanica e utilizzato per valutare le variazioni emodinamiche correlate, è la variazione della pressione di Polso (PPV) . La PPV è il delta della differenza tra la pressione sistolica e la pressione diastolica, massima e minima, durante un ciclo respiratorio. Questo parametro è direttamente proporzionale al volume di eiezione e inversamente proporzionale alla

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compliance arteriosa e, poiché l’aumento di pressione pleurica indotta dalla ventilazione meccanica influenza in maniera simile sia la pressione diastolica che quella sistolica, PPV non è direttamente influenzata dai cambiamenti ciclici nella pressione pleurica.

PP= pressione di polso (pulse pressure):

systolic pressure - preceding diastolic pressure pressione sistolica – pressione diastolica precedente

dopo aver calcolato il valore massimo (PPmax) e il valore minimo (PPmin) di PP durante un ciclo respiratorio è possibile calcolare PPV con la seguente formula:

PPV= (PPmax-PPmin)/[(PPmax+PPmin)/2]

ovvero la differenza tra valore massimo e valore minimo diviso la media

dei due valori, espresso in percentuale (Kramer et al., 2004).

Ad una determinata compliance aortica, PPV è influenzato unicamente

dal volume di eiezione (Michard, 2005) .

Lo stato volemico del paziente influenza le variazioni emodinamiche indotte dalla ventilazione in quanto un paziente ipovolemico che viene ventilato a pressione positiva subisce un maggiore collasso del compartimento venoso, in particolare della vena cava, e determina anche un aumento della pressione atriale destra maggiore rispetto ad un paziente con un buon ritorno venoso. Infine, i ventricoli sono più sensibili ai cambiamenti di precarico quando questi avvengono sulla parte ascendente della curva di Frank-Starling.

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dinamici descritti, tuttavia non rappresenta un indice del volume ematico del paziente, ma un indice predittivo della risposta a una espansione

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