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Lo spazio delle rivolte

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Academic year: 2021

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CAPITOLO I

Lo spazio delle rivolte

1. La Siria

1.1 L’origine del termine «Siria»

Fin dall’antichità ci fu un ampio dibattito sulla possibile connessione linguistica tra «Assiria» e «Siria», cioè se quest’ultimo termine derivasse effettivamente dal primo o andasse considerato come autonomo.

Rollinger1 ha riassunto la discussione iniziata già dal 1617: il centro del problema, ovvero la definizione dei confini entro i quali entrambi i termini si muovono, consiste nell’ambiguità con cui i parlanti greco fanno uso di essi. Per gli storici greci infatti «Siria» e «Assiria» sembrano essere totalmente intercambiabili, cosa che sarebbe difficile credere se invece i due termini derivassero da due radici diverse2 e dunque indicassero due luoghi geografici distinti.

Infatti il termine Siria sembra usato per indicare il territorio corrispondente all’antica estensione dell’impero assiro.

Un problema altrettanto importante per la critica moderna resta comunque l’identificazione della popolazione corrispondente al termine «Siriani». Se, ad esempio, Frye3 credeva che i Greci usassero questo vocabolo in relazione ai parlanti aramaico (dando dunque una sfumatura etnolinguistica), Nöldeke4 e Schwartz5 gli attribuivano un carattere più politico (o almeno geografico).

Rollinger ha apportato una novità alla ricerca analizzando per la prima volta il termine alla luce non di una fonte greca, bensì di un’iscrizione bilingue in luvio geroglifico e fenicio.6 In

questa epigrafe sarebbe dimostrato che anche i Luvi usavano i due termini come diverse

1 Rollinger (2006) pp. 283-284.

2 Tesi proposta da John A. Tvedtnes in The Origin of the name Syria, JNES 40 (1981): 139-140. 3 Frye (1992).

4 T. Nöldeke, Assurios, Surios, Suros, Hermes 5 (1881): 443-68.

5 E. Schwartz, Einige über Assyrien, Syrien und Koilesyrien, Philologus 86 (1931): 373-99.

6 R. Tekoğlu, A. Lemaire, La bilingue royale louvito-phénicienne de Çineköy. Comptes rendus de l’Académie

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versioni dello stesso nome. Dunque non solo per i Greci le due parole avevano lo stesso significato.

1.2 Il territorio

È Strabone nella Geografia a offrirci una descrizione dettagliata della Siria (XVI, 2, 1-2):

1. ῾Η δὲ Συρία πρὸς ἄρκτον μὲν ἀφώρισται τῇ Κιλικίᾳ καὶ τῷ Ἀμανῷ· ἀπὸ θαλάττης δ᾽ ἐπὶ τὸ ζεῦγμα τοῦ Εὐφράτου στάδιοί εἰσιν (ἀπὸ τοῦ Ἰσσικοῦ κόλπου μέχρι τοῦ ζεύγματος τοῦ κατὰ Κομμαγηνὴν) οἱ τὸ λεχθὲν πλευρὸν ἀφορίζοντες οὐκ ἐλάττους τῶν χιλίων καὶ τετρακοσίων· πρὸς ἕω δὲ τῷ Εὐφράτῃ καὶ τοῖς ἐντὸς τοῦ Εὐφράτου Σκηνίταις Ἄραψι· πρὸς δὲ νότον τῇ εὐδαίμονι Ἀραβίᾳ καὶ τῇ Αἰγύπτῳ· πρὸς δύσιν δὲ τῷ Αἰγυπτίῳ τε καὶ Συριακῷ πελάγει μέχρι Ἰσσοῦ. 2. Μέρη δ᾽ αὐτῆς τίθεμεν ἀπὸ τῆς Κιλικίας ἀρξάμενοι καὶ τοῦ Ἀμανοῦ τήν τε Κομμαγηνὴν καὶ τὴν Σελευκίδα καλουμένην τῆς Συρίας, ἔπειτα τὴν κοίλην Συρίαν, τελευταίαν δ᾽ ἐν μὲν τῇ παραλίᾳ τὴν Φοινίκην, ἐν δὲ τῇ μεσογαίᾳ τὴν Ἰουδαίαν. ἔνιοι δὲ τὴν Συρίαν ὅλην εἴς τε Κοιλοσύρους καὶ Σύρους καὶ Φοίνικας διελόντες τούτοις ἀναμεμῖχθαί φασι τέτταρα ἔθνη, Ἰουδαίους Ἰδουμαίους, Γαζαίους, Ἀζωτίους, γεωργικοὺς μέν, ὡς τοὺς Σύρους καὶ Κοιλοσύρους, ἐμπορικοὺς δέ, ὡς τοὺς Φοίνικας.7

1. La Siria è delimitata a nord dalla Cilicia e dall’Amano; dal mare fino al ponte dell’Eufrate (dal golfo di Isso fino al ponte della Commagene) gli stadi, che pongono i confini del lato detto, non sono meno di mille e quattrocento. A est dall’Eufrate e dall’Arabia Sceniti al di qua dell’Eufrate; a sud dall’Arabia Felix e dall’Egitto; a ovest dal Mar Egiziano e Siriano fino a Isso. 2. Riteniamo sue parti, partendo dalla Cilicia e dall’Amano, la Commagene e la cosiddetta Seleukìs di Siria, poi la Celesiria, come ultima sulla costa la Fenicia, nell’entroterra invece la Giudea. Alcuni, dividendo tutta la Siria in Celesiriani, Siriani e Fenici, dicono che a questi si siano mischiati altri quattro popoli, Giudei, Idumei, Gazei e Azoti, essendo alcuni contadini, come i Siriani e i Celesiriani, altri mercanti, come i Fenici.

7 Seguo l’edizione di H. L. Jones, The Geography of Strabo, vol. VII, books XV-XVI, Cambridge, Massachusetts, London, 1961³.

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Siria è dunque quel territorio delimitato a nord dalla Cilicia e dalle montagne dell’Amano, a est dall’Eufrate e dall’Arabia Sceniti (che resta sul lato occidentale dell’Eufrate), a sud dall’Arabia Felix e dall’Egitto e infine a ovest dal Mar Siriano ed Egiziano. Fanno parte della Siria la Commagene, la Seleukìs, la Celesiria, la Fenicia e la Giudea.

Le montagne dell’Amano (ovvero gli attuali monti Nur) sono considerate come una propaggine meridionale della catena montuosa del Tauro, e più esattamente della parte orientale ed esterna di esso. Il Tauro può essere infatti diviso in tre parti: la parte occidentale, la parte centrale e la parte orientale (interna ed esterna), ed è quest’ultima a fornirci un riferimento fondamentale per la separazione tra l’Asia Minore e la Siria.

In moltissime fonti, tra cui due epigrafi che avremo modo di vedere successivamente,8 il Tauro è presente come segno di forte demarcazione territoriale. Il riferire che qualcuno sia giunto «al di là del Tauro» è indicazione sufficiente a sottolineare l’importanza dell’impresa di un re.9

I confini meridionali della Siria, invece, furono quanto mai instabili a causa delle guerre siriache combattute contro i Tolomei; qui ci occuperemo solo del territorio settentrionale della Siria e in ogni caso solo del territorio a nord del fiume Eleutero.

Del territorio settentrionale della Siria sappiamo molto poco prima dell’arrivo di Alessandro Magno, ovvero nel periodo Achemenide; possiamo però in parte immaginare come fosse il territorio all’arrivo di Seleuco I:

When Seleukos Nikator acquired north Syria in 301, therefore, there existed in his new territory one Phoenician city, Arados, with its mainland offshoot at Marathos, possibly towns at Bambyke, Thapsakos, and Myriandros, and a new and unfinished Greek city at Antigoneia. Along the coast there were several small communities which included Greeks among their inhabitants, but none were larger than villages or small ports, such as al Mina-Sabouni, Ras Shamra or Tell Sukas. These settlements were basically those which had existed before Alexander, with the addition of Antigoneia. There were also other places where Greeks and Macedonians had settled down since Alexander’s conquest.10

8 Per il Tauro in OGIS 219 v. pp. 20-21, 36-38 e 45; per OGIS 229 p. 20.

9 Per un dettagliato elenco delle fonti che testimoniano quest’utilizzo del termine, Cohen (2006) p. 22. 10 Grainger (1990) pp. 38-39.

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A differenza dell’Asia Minore, dove non c’è sicura evidenza di fondazioni da parte di Alessandro Magno, per alcune delle città che tratteremo abbiamo, se non la sicurezza della fondazione, la testimonianza della sua presenza.11

Sicuramente la prima fondazione importante in Siria fu Antigoneia, fondata da Antigono.12 Ma sarà Seleuco I ad avere un ruolo fondamentale nell’urbanizzazione della Siria, riuscendo, di fatto, a renderla il territorio su cui la dinastia regnò più a lungo (ovvero per 237 anni, da Ipso all’annessione romana).

1.3 L’importanza della colonizzazione di Seleuco I

Poiché la nostra ricerca si basa principalmente sulle città fondate da Seleuco Nicatore, vogliamo qui riportare l’analisi effettuata da Grainger riguardo al valore di queste fondazioni. Lo studioso dedica quasi la metà del suo libro «The cities of Seleukid Syria» alla sola opera di Seleuco, arrivando a sostenere che la sua azione fu a tal punto ampia e precisa, da apparire come un chiaro disegno politico.13

Si potrebbe dividere l’azione del sovrano in tre differenti fasi:14 durante la prima egli fondò, dopo aver distrutto Antigoneia, le quattro città principali (Antiochia, Seleucia, Apamea e Laodicea) e Seleucia Zeugma, denominandole con il proprio nome e con quello dei propri

11 Ad esempio per Antiochia (p. 23) e per Apamea (p. 28). 12 Per Antigoneia pp. 24 e 26.

13 Già prima di lui troviamo questa idea formulata in un articolo di Seyrig (1970) pp. 310-311. Inoltre v. anche Capdetrey (2007) pp. 73-76.

14 Grainger (1990) p. 53. App. Syr. 57, 295-298. In realtà la divisione fornita da Appiano appare più come qualitativa che temporale. Per le fonti riguardo alle città di Antiochia, Seleucia, Apamea e Laodicea, vedi sotto le sezioni specifiche ad esse dedicate (pp. 23-30). Calcide e Cirro sono due città da cui, secondo Grainger (1990) pp. 40-41, in seguito sarebbe derivato il nome delle due regioni (Calcide e Cirrestica). In particolare la Cirrestica compare nella descrizione di Plutarco dello scontro tra Seleuco Nicatore e Demetrio Poliorcete del 285 a.C. e questo fa pensare che la città esistesse anche da prima. Per quel che riguarda Beroia non abbiamo chiari segni della sua fondazione e dunque l’attribuzione a Seleuco I si basa sul nome, la posizione geografica e il fatto che compaia nella lista di città assegnate a Seleuco I da Appiano (nel passo citato sopra). Per Grainger (1990) p. 52 comunque, è probabile che in realtà la città fosse da attribuire già ad Antigono, in base allo studio di C. F. Edson: The Antigonids, Heracles and Beroea, Harvard Studies in Classical Philology 41 (1934), 213-246. La città di Oropo sembra essere citata da Stefano di Bisanzio, Ethnika s. v. Oropos come fondazione di Seleuco I; il nome esatto della città non è citato ma, poiché non abbiamo nessuna notizia dell’esistenza di un Oropos, è possibile che si tratti di un errore di Stefano di Bisanzio o della sua fonte. In ogni caso anche questa città è verosimile che esistesse già in periodo pre-seleucida (presumibilmente sotto Antigono). Per quanto riguarda Nicopoli, è Appiano (nel passo citato sopra) a dirci che fu fondata per commemorare le vittorie di Seleuco: l’occasione potrebbe essere stata la vittoria su Demetrio nel 285 sulle montagne dell’Amano. In questo caso la fondazione sarebbe seguente a questa data. Il fatto che Bambice fosse un luogo già occupato al tempo della conquista di Alessandro Magno, è provato dalle testimonianze numismatiche. È Eliano (De natura animali XII, 2) a dirci che fu rinominata Ierapoli da Seleuco I.

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familiari; nella seconda fase confermò e consolidò lo status delle due città greco-macedoni che aveva già trovato sul territorio (Calcide e Cirro) e di due città di origine precedente (Beroia e Oropo); infine fondò Nicopoli per commemorare la sua vittoria contro Demetrio nel 285 e rinominò Bambice Ierapoli.

La forte spinta data alla fondazione di città sarebbe stata appunto una calcolata azione politica in risposta ad alcuni problemi che Seleuco dovette affrontare sul territorio siriano.15 Seleuco non solo si trovò a dover fronteggiare Tolomeo per il possesso dei territori della Fenicia e della Palestina, ma anche a proteggersi da Demetrio che ancora costituiva un avversario pericoloso. Infatti alcune città risalivano al periodo precedente a Seleuco ed erano state popolate dai vecchi soldati di Antigono, dai quali ci si poteva aspettare che mantenessero la fedeltà al sovrano precedente. Inoltre Tiro e Cipro erano ancora possedimenti di Demetrio, che godevano di una posizione strategica, utile per un possibile attacco. La soluzione quindi fu, da una parte, la conciliazione con Demetrio tramite un’alleanza matrimoniale, dall’altra quella di creare delle nuove città che attirassero nuovi cittadini, in modo da diluire la presenza dei veterani di Antigono. Anche la distruzione di Antigoneia ebbe un ruolo importante in questo processo. Il successo dell’opera fu subito chiaro quando nel 286-285 Demetrio attaccò la Siria sopra i monti dell’Amano: Seleuco si rifiutò di scontrarsi con lui, lo fece prigioniero e non volle scusarlo per quest’invasione.

La disposizione delle città fu in questo senso fondamentale. Seleucia in Pieria e Laodicea furono fondate sulla costa e dotate di un porto artificiale: a differenza della costa meridionale, in possesso dei Tolomei, questa parte della Siria infatti non aveva porti naturali. Entrambe le città avevano il porto da un lato e l’acropoli arroccata sulle montagne dall’altro. Antiochia e Apamea invece erano nell’entroterra a controllo del principale asse di comunicazione nord-sud. Se queste quattro città occupavano circa metà della Siria, l’altra parte (tra Antiochia e l’Eufrate) era anch’essa, in base allo schema di Seleuco, divisa in quattro città (Cirro, Calcide, Beroia e Seleucia Zeugma).16 Poiché però queste ultime quattro erano più piccole, ad esse si aggiunsero Ierapoli e Nicopoli. La difesa militare di questa parte

15 Grainger (1990) pp. 54-55.

16 «Zeugma» significa in greco «ponte»; questa città infatti era posta lungo l’Eufrate e rappresenta effettivamente un ponte con l’altra parte del fiume e quindi dell’impero. L’unica altra città a trovarsi un una posizione tanto orientale come Seleucia Zeugma era Ierapoli; questa si trovava più a sud di Zeugma ma in linea con essa, dunque non era posta sull’Eufrate, che in quel punto fa una curva verso destra. Le altre tre città (Cirro, Beroia e Calcide) erano invece poste in linea (da nord a sud) nella zona tra l’Oronte e l’Eufrate. A differenza di queste, Nicopoli invece si trovava alla pendici dei monti dell’Amano, circa sullo stesso parallelo di Seleucia Zeugma.

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della Siria era meno necessaria e questo spiegherebbe la costruzione più tarda delle città e la loro minore grandezza.17

Non solo la struttura di tutte le città è espressione dell’esigenza difensiva (nessuna acropoli è completamente incorporata nella città, ma rimane a lato) ma tale esigenza è resa ancor più esplicita dal controllo operato dalle istituzioni stesse. In questo senso Grainger ipotizza che gli

epistates – di cui abbiamo notizia a Laodicea in Media e Seleucia in Pieria all’inizio del II

a.C. – siano risalenti all’epoca di Seleuco I. Il re avrebbe reso più stabile il suo controllo tramite questi governatori che fungevano da rappresentanti del suo potere nelle città.18

L’opera di Seleuco I non troverà eguali nel corso della storia dell’impero e, nonostante i pochi anni in cui venne compiuta, riuscì a dare una base solida all’impero.

1.4 Le fondazioni in Siria: città o poleis?

Un problema fondamentale nell’analisi delle città della Siria, ed in particolare delle città che più ci interesseranno (Antiochia, Seleucia, Apamea e Laodicea), consiste nella scarsissima quantità di fonti che di esse ci sono giunte.

Senza un adeguato numero di testimonianze dirette o indirette19 è molto difficile dire quali istituzioni fossero presenti nella città e, dunque, quali edifici.

Naturalmente, come testimonianza diretta, lo studio della numismatica è fondamentale per questa zona e le coniazioni di Antiochia, Seleucia e Laodicea in epoca ellenistica sono ricche; tuttavia in questo contesto ad interessarci sono più quelle fonti tramite le quali potremmo avere un’idea delle istituzioni presenti nella città, ovvero le epigrafi, i papiri (provenienti dall’Egitto) e gli scavi archeologici.

Durante l’analisi delle singole città, avremo occasione di vedere meglio di quali istituzioni ci sia testimonianza; in generale, tuttavia, la nostra conoscenza al riguardo è scarna e trova una delle pochissime conferme della presenza di istituzioni greche in un papiro egiziano (P. Gurob).20 In esso troviamo informazioni sulle città di Antiochia e Seleucia nel corso della III guerra siriaca. Tra la folla che accoglie Tolomeo a Seleucia sono presenti preti, arconti,

17 Grainger (1990) p. 60. 18 Grainger (1990) p. 62.

19 Per una rassegna sulla situazione delle fonti vedi Cohen (2006) pp. 3-13; Sartre (2001) pp. 17-33; Downey (1961) pp. 24-45.

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cittadini e membri dell’esercito (tra cui generali) mentre ad Antiochia satrapi, generali e membri dell’esercito, preti, magistrati, giovani del ginnasio e il popolo.

Anche le fonti epigrafiche sono alquanto scarne, soprattutto a causa delle difficoltà degli scavi ad Antiochia, Seleucia e Laodicea, siti completamente coperti dalle città moderne.21 Il corpus delle iscrizioni non è molto ampio e per una città importante come Antiochia possediamo un solo decreto pubblico.22

Per quanto riguarda le evidenze archeologiche invece, colpisce il fatto che in Siria non ci sia alcuna traccia di teatri risalente all’epoca ellenistica: vista la relativa indistruttibilità di questo tipo di edifici, questo potrebbe essere prova del fatto che effettivamente non ce ne fossero.23

Possiamo in ogni caso affermare che queste città, in quanto colonie, ebbero con ogni probabilità tutti gli attributi per essere considerate, se non propriamente indipendenti come le

poleis greche della madrepatria, almeno dotate di un certo grado di libertà: «This new wave of

colonization was also carried into effect through the medium of the city, and each city (so far as we can tell) had the old attributes of indipendence – magistrates, walls, acropolis, boule, assembly and so on»24

Alla definizione di queste città come poleis Grainger, come molti altri, decide di non rinunciare, in quanto essa porta con sé il richiamo ad un certo grado di grecità, di potere, di governo proprio.

Utilizzando il termine polis dobbiamo dunque avere in mente questo fondamentale cambiamento di prospettiva: le città ellenistiche, pur avendo mantenuto alcune delle istituzioni presenti in Grecia e la maggior parte delle tradizioni culturali, sono inserite all’interno di una macro struttura, quella della monarchia, che ha naturalmente una notevole influenza su di loro.

21 Millar (1987) p. 117.

22 Si tratta di IGLS 992, in Jalabert/Mouterde (1953) pp. 533-538. Le iscrizioni ritrovate ad Antiochia sono in Jalabert/Mouterde (1950) IGLS 750-875, per la zona limitrofa ad Antiochia OGLS 876-988; in Jalabert/Mouterde (1953) sia per la zona di Dafne OGLS 989-1105 che per Seleucia in Pieria (OGLS 1115-1182 e per la zona limitrofa OGLS 1183-1203). Laodicea sul mare (OGSL 1254-1294) e Apamea (OGSL 1311-1375bis) sono invece in Jalabert/Mouterde (1955).

23 Millar (1987) pp. 117-118 che cita a questo proposito Frézouls E. in Recherches sur les théatres de l’Orient syrien, Syria 36: 202-27.

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2. Seleukìs: una definizione problematica

Nelle prime pagine della sua opera, Bikerman25 affronta un problema fondamentale per lo storico che si accinga a lavorare sull’impero dei Seleucidi: un problema legato ai nomi.

«L’Etat que nous appelons l’Empire des Séleucides ne semble pas avoir porté ce nom chez les Anciens […]. En effet, les pays soumis à un Séleucide, c’était, pour les Anciens, simplement “le royaume d’un tel”, βασιλεία».26 Anche per quel che riguarda lo stato come insieme dei

diritti del governante e doveri dei sottoposti, continua Bikerman, esso è definito semplicemente come τὰ πράγματα.

Se dunque, anche ufficialmente, lo stato viene sentito principalmente come un’entità collegata al re più che a una determinata estensione spaziale, va da sé che una chiara idea dei confini dello stato, dell’origine dei nomi utilizzati, della correlazione tra nomi di satrapie o regioni geografiche e i luoghi stessi non è assolutamente facile.

Il termine Seleukìs è usato per indica una realtà geografica (e forse amministrativa) a partire dal regno di Seleuco I. La parola stessa è etimologicamente collegata al nome del sovrano ed è utilizzata per definire una regione della Siria;27 tuttavia per alcuni studiosi,

quando usata in un altro contesto, essa può essere collegata alla sola satrapia di Seleucia in Pieria.28 Nell’analisi che segue ci soffermeremo solo sulla valenza più ampia del termine ed in particolare sulla sua estensione geografica nel III secolo a.C. Proprio perché siamo di fronte ad una realtà politica infatti, le dimensioni ed i confini che essa delinea variano sensibilmente nel corso dei secoli.

Se abbiamo deciso di prendere in considerazione solo questo spazio temporale, è proprio perché in una delle fonti del III secolo che analizzeremo – OGIS 219 –29 abbiamo l’unica menzione di una rivolta che interessa quest’area.

Le sole due testimonianze dirette dell’utilizzo del termine nel III secolo sono entrambe epigrafiche: si tratta di OGIS 219 e di OGIS 229. Mentre la prima nomina la regione in

25 Bikerman (1938) pp. 3-4.

26 Bikerman (1938) p. 3. A riflettere sulla definizione dell’impero seleucide in relazione alle fonti letterarie antiche è Edson (1958), il quale sottolinea che gli storici definiscono questo territorio come «impero macedonico», cosa che invece non succede mai per quanto riguardo i Tolomei. Questo dunque non può significare che l’aggettivo «macedonico» venisse usato perché la dinastia in origine era macedone, perché essa aveva preso avvio dall’opera di Alessandro o perché l’esercito era organizzato alla macedone, altrimenti anche i Tolomei sarebbero stati definiti nello stesso modo.

27 Sulla differente interpretazione di Sokoloff (1904) n. 45 p. 38; per il significato estensivo fornito da Musti (1966) vedi pp. 16-17 e in particolare n. 38 p. 17.

28 Musti (1966) p. 63 segue Kahrstedt (1926) p. 47.

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riferimento ad una ribellione stroncata con successo da Antioco I,30 la seconda ha come soggetto Seleuco II e la cita solo in quanto il sovrano va oltre quest’area per affrontare il nemico.31

Per quanto riguarda le fonti indirette invece, le due principali su cui si è soffermata la critica sono Strabone (XVI libro della Geografia) e Appiano (XI libro della Storia romana, ovvero

De rebus Syriacis).

Il problema dell’identificazione dell’esatta zona circoscritta da questo termine, consiste in più elementi: in primo luogo le epigrafi menzionano solamente il territorio senza fornire nessuna ulteriore informazione al riguardo; in secondo luogo l’interpretazione da parte della critica del passo di Strabone non è univoca; infine il passo di Appiano presenta un utilizzo del termine completamente diverso da quello non solo di Strabone ma anche degli storici successivi.

Lasciando da parte per il momento l’analisi delle epigrafi, ci concentreremo innanzitutto sulla testimonianza di Appiano. Lo storico infatti, Syr. 55, 280-1 dice:

«[…] Καὶ ὁ Σέλευκος τότε τῆς μετ’ Εὐφράτην Συρίας ἐπὶ θαλάσσῃ καὶ Φρυγίας τῆς ἀνὰ τὸ μεσόγαιον ἄρχειν διέλαχεν. (281) Ἐφεδρεύων δὲ ἀεὶ τοῖς ἐγγὺς ἔθνεσι καὶ δυνατὸς ὢν βιάσασθαι καὶ πιθανὸς προσαγαγέσθαι ἦρξε Μεσοποταμίας καὶ Ἀρμενίας καὶ Καππαδοκίας τῆς Σελευκίδος λεγομένης […]».32

«E Seleuco ottenne allora in sorte di governare sulla Siria ciseufratica sul mare e sulla Fenicia dell’entroterra. (281) Poiché tendeva sempre agguati alle popolazioni vicine ed era sia capace di usare la violenza sia convincente nell’attirare a sé, comandò sulla Mesopotamia e l’Armenia e la Cappadocia detta di Seleukìs».

Nell’elencare le acquisizioni di Seleuco dopo la morte di Antigono, Appiano inserisce all’inizio la Siria ed in seguito fa menzione anche della «Cappadocia detta Seleukìs». Questa definizione di Cappadocia non ci è testimoniata da nessun’altra fonte e grammaticalmente presenta una variazione nell’uso del termine: qui Seleukìs è un attributo di Cappadocia mentre, in tutte le altre testimonianze, il termine è usato come un aggettivo sostantivato «cui forse poteva all’origine sottintendersi μερίς»33. Proprio a causa di questo inusuale utilizzo

30 Il problema riguardo all’attribuzione dell’epigrafe ad Antioco I o ad Antioco III verrà affrontato con l’analisi dell’epigrafe, pp. 31-39.

31 OGIS 229 ll. 1-2: «[…] ὁ βασιλεὺς Σέλευκος ὑπερ|έβαλεν εἰς τὴν Σελευκίδα […]».

32 Appien, Histoire romaine. Tome VI, livre XI, Le livre syriaque; texte établi et traduit par Paul Goukowsky, Paris 2007 (=Goukowsky 2007).

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della parola, c’è chi ha pensato di modificare il testo34 inserendo un καὶ prima di τῆς

Σελευκίδος in modo da separare i due termini e restituire a Seleukìs il suo utilizzo tradizionale.

Ma come giustamente sottolinea Musti,35 la menzione della Siria nella sezione precedente dovrebbe essere sufficiente per dissuadere chiunque voglia intervenire sul testo: l’area della Siria è già stata menzionata all’inizio, dunque non c’è motivo per cui in quest’elenco essa debba comparire due volte. È più probabile che il termine si riferisca qui ad una divisione delle satrapie dell’impero precedente alla battaglia di Curupedio, periodo durante il quale dovremmo allora supporre uno scontro per la Cappadocia tra Lisimaco e Seleuco.36

Unica voce dissonante riguardo alla testimonianza di Appiano è, per quanto riguarda la critica moderna, Musti, il quale è convinto che quest’utilizzo del temine sia una spia di un significato originario che attribuiva alla Seleukìs un’ampiezza territoriale molto maggiore:

Il termine Seleucide, come regno di Seleuco I, dové probabilmente la sua origine alla necessità, sentita innanzi tutto fuori del regno stesso, di trovare una denominazione unitaria per un dominio che non si copriva con nessuno dei tradizionali termini geografici o geografico-politici, come Asia, […] o Siria, che, come designazione dell’impero seleucidico […] dovette diffondersi soprattutto dopo Apamea […].37

Se da una parte questo ragionamento ci riporta molto vicini alle giuste affermazioni di Bikerman citate all’inizio del capitolo, non crediamo che questo sia sufficiente per estendere il significato di Seleukìs a tutto il territorio coperto dall’opera di colonizzazione di Seleuco I negli anni dopo Curupedio.38

Passando invece a Strabone vedremo che, pur restando ambigua sotto molti aspetti, la sua definizione di Seleukìs è completamente diversa; a fronte della testimonianza da lui

34 Tra gli altri Sokoloff (1904) p. 105 e Piejko (1991) p. 30, il quale fornisce un’ampia casistica di altri elenchi di luoghi nei quali cade una congiunzione per errore.

35 Musti (1966) p. 65 n. 8. 36 Goukowsky (2007) p. 149. 37 Musti (1966) pp. 79-80.

38 Musti (1966) p. 79 inserisce come esempi di regioni che potrebbero essere incluse all’interno di questa denominazione Susiana, Mesopotamia e Cilicia. Dura critica a Musti è quella di Orth (1977) pp. 62-63 n. 66, il quale sottolinea che effettivamente in nessuna delle fonti a nostra disposizione ci sia una prova di questa valenza estensiva del termine Seleukìs. A questo proposito è giusto ricordare una precisazione che Orth fa in merito all’interpretazione di Musti del termine Seleukìs in OGIS 219. Per quest’ultimo (p. 69) il termine verrebbe usato allo stesso modo di ἡ βασιλεία (ll. 3 e 11), di πράγματα (ll. 6, 7 e 10) e di πατρώια ἀρχή (l. 8), come una sorta di

variatio. A nostro avviso Orth ha ragione nel sottolineare che Seleukìs non può essere assolutamente considerata

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offerta, tutti gli studiosi a cui ci riferiremo nelle prossime pagine non tengono in considerazione il passo di Appiano nel dare una delimitazione spaziale del territorio.

Dopo un primo paragrafo (XVI, 2, 1) dedicato alla definizione geografica della Siria, a XVI, 2, 2 Strabone elenca le parti che la compongono ovvero la Commagene, la Seleukìs, la Celesiria, la Fenicia e la Giudea. Ad ognuna di queste parti egli dedica una trattazione più o meno lunga.

Nell’incipit della sezione dedicata alla Seleukìs (la cui totalità del testo copre XVI, 2, 4-15) Strabone parla di questa parte in questi termini (XVI, 2, 4):

Ἡ δὲ Σελευκὶς ἀρίστη μέν ἐστι τῶν λεχθεισῶν μερίδων, καλεῖται δὲ Τετράπολις καὶ ἐστι κατὰ τὰς ἐξεχούσας ἐν αὐτῇ πόλεις, ἐπεὶ πλείους γέ εἰσι· μέγισται δὲ τέτταρες, Ἀντιόχεια ἡ ἐπὶ Δάφνῃ καὶ Σελεύκεια ἡ ἐν Πιερίᾳ καὶ Ἀπάμεια δὲ καὶ Λαοδίκεια, αἵπερ καὶ ἐλέγοντο ἀλλήλων ἀδελφαὶ διὰ τὴν ὁμόνοιαν, Σελεύκου τοῦ Νικάτορος κτίσματα· ἡ μὲν οὖν μεγίστη τοῦ πατρὸς αὐτοῦ ἐπώνυμος, ἡ δ᾽ ἐρυμνοτάτη αὐτοῦ· αἱ δ᾽ ἄλλαι, ἡ μὲν Ἀπάμεια τῆς γυναικὸς αὐτοῦ Ἀπάμας, ἡ δὲ Λαοδίκεια τῆς μητρός. Οἰκείως δὲ τῇ τετραπόλει καὶ εἰς σατραπείας διῄρητο τέτταρας ἡ Σελευκίς, ὥς φησι Ποσειδώνιος, εἰς ὅσας καὶ ἡ Κοίλη Συρία, εἰς μίαν δ᾽ ἡ Μεσοποταμία.39 ἔστι δ᾽ ἡ μὲν Ἀντιόχεια καὶ αὕτη τετράπολις, ἐκ τεττάρων συνεστῶσα μερῶν.40

La Seleukìs non è solo la migliore delle parti dette, ma viene anche chiamata, ed è, Tetrapolis a causa delle eccellenti città in essa, che sono molte; ma le maggiori sono quattro, Antiochia vicino Dafne e Seleucia in Pieria e Apamea e Laodicea, fondazioni di Seleuco Nicatore, le quali anche venivano definite sorelle per via della concordia tra loro; la più grande prese il nome di suo padre, la più fortificata il suo, le altre poi una, Apamea, di sua moglie Apama, Laodicea invece della madre. In conformità alla Tetrapolis anche la

Seleukìs, come dice Posidonio, era divisa in quattro satrapie, in altrettante era divisa

anche la Celesiria, in una soltanto invece la Mesopotamia. Anche Antiochia stessa è Tetrapolis, essendo composta da quattro parti.

39 Il riferimento alla Mesopotamia non è chiaro agli editori, che di conseguenza congetturano il passo. Non avrebbe senso infatti riferirsi ad una regione che esce dalla trattazione schematica interna alla Siria. C. G. Groskurd (Strabons Erdbeschreibung in siebenzehn Büchern, voll. III, Berlin-Stettin 1833) suppose che Strabone avesse piuttosto scritto che «la Commagene, come la Mesopotamia, formava una satrapia»; la regione dunque sarebbe stata citata solo per fare un parallelo con la Commagene. In ogni caso questo problema testuale non preclude la comprensione della parte precedente.

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Il testo ci presenta dunque la regione senza tuttavia dare una descrizione tecnica e amministrativa del territorio. Sappiamo che essa è formata da molte città e che le più grandi sono quattro, ma se esse siano a capo ognuna di una satrapia non è scritto chiaramente.

Il primo problema resta quello di definire i confini territoriali della regione (e principalmente quello di considerare o meno la Calcide e la Cirrestica come facenti parte di quest’area), a cui si aggiunge il fatto che non sappiamo se dare alle quattro città un valore anche amministrativo.

Su questi punti si è dunque scontrata la critica, schierandosi di fatto su tre fronti differenti. Beloch41 considera la Seleukìs come un’ampia area all’interno della quale vanno considerate sia la Calcide che la Cirrestica e che ha come capitali delle quattro satrapie in cui è divisa Antiochia, Seleucia, Apamea e Laodicea. Condivide la sua opinione anche Bikerman.42

Il problema di considerare queste quattro città come capitali delle satrapie, consiste nel fatto che, rispetto all’estensione della Seleukìs che i due storici appena menzionati considerano, le città sarebbero tutte concentrate in un’unica zona.

Pur non essendo del tutto chiari i confini di Calcide e Cirrestica (il problema anche qui è cercare di capire se fossero nomi di aree geografiche o piuttosto di distretti amministrativi) possiamo dire che le due regione coprivano l’area tra le montagne dell’Amano e l’Eufrate. La Cirrestica confinava a sud con la Calcide mentre a nord con Cilicia e Commagene.43

Le capitali dell’area sarebbero dunque, considerando quest’estensione territoriale, tutte concentrate nella parte centro occidentale del territorio.

Per evitare quella che a Niese44 e a Kahrstedt45 sembrava un’assurda suddivisione amministrativa, essi preferirono considerare la Cirrestica come esclusa dalla Seleukìs. Le capitali sarebbero così distribuite in modo più uniforme.

Il terzo gruppo, più numeroso, è composto dagli studiosi che si rifanno alla tesi formulata per la prima volta da Jones,46 secondo la quale non è possibile considerare la Cirrestica fuori dalla Seleukìs. Il problema della presenza della quattro città tutte in un angolo della Seleukìs si pone anche per questo autore, che tuttavia lo risolve in un altro modo: le 41 Beloch (1925) pp. 356-357. 42 Bikerman (1938) pp. 201-202. 43 Cohen (2006) p. 29. 44 Niese (1963) p. 94. 45 Kahrstedt (1926) pp. 46-47. 46 Jones (1971²) pp. 241-242.

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quattro satrapie non corrisponderebbero alle quattro città più grandi, bensì ad Antiochia, Apamea, Cirrestica e probabilmente Calcide.

La tesi dello studioso verte sul fatto che Strabone, dicendo «οἰκείως δὲ τῇ τετραπόλει», non stia citando Posidonio ma stia dando un’interpretazione della sua fonte. In Posidonio ci sarebbe stato allora solamente scritto che la Seleukìs era divisa in quattro satrapie e non, come aggiunse Strabone, che le capitali delle satrapie erano le quattro città citate sopra. L’individuazione delle «nuove» capitali non può essere sicura, eppure egli formula l’ipotesi che Antiochia dovesse esserlo a priori, che Apamea fosse la seconda (sarebbe un’epigrafe a confermarlo),47 mentre Cirrestica e Calcide è semplicemente probabile che lo fossero.

Seguono la sua opinione Frézouls48 e Grainger49.

Contrariamente a Jones tuttavia, Frézouls preferisce dare una sfumatura meno forte a «οἰκείως δὲ τῇ τετραπόλει» piuttosto che considerarla aggiunta di Strabone (elemento questo in ogni caso non verificabile). L’avverbio non creerebbe allora un legame diretto tra le città e le satrapie ma il suo significato sarebbe qui più vicino alla sua radice (οἶκoς): non quindi «in modo appropriato alla Tetrapolis» ma «familiarmente alla Tetrapolis». Quest’ultima traduzione risulta sicuramente eccessiva e nemmeno Frézouls la propone direttamente; lo studioso vorrebbe piuttosto sottolineare una sfumatura più orientata nella direzione della familiarità che in quella della consequenzialità logica.

Un’analisi del testo attenta, secondo Frézouls, mostra che non ci sia nessun motivo per considerare le città come capitali: esse sono citate per la loro grandezza, non per il loro ruolo amministrativo.

Grainger inoltre sottolinea che questa estensione spaziale della Seleukìs dovrebbe essersi imposta tra il 301 e il 294, data in cui Seleuco acquisì la Cilicia, spostando i confini più a nord. In seguito infatti tale divisione delle satrapie non avrebbe avuto più nessuna funzione strategica, essendosi espanso il dominio fino al Tauro.

Strabone infatti usando l’espressione «Σελεύκου τοῦ Νικάτορος κτίσματα» sembra sottolineare l’importanza della fondazione delle città operata da Seleuco I avvenuta esattamente in questo periodo.50 La definizione di Strabone dunque sarebbe da riferire ad un

47 Jones però non specifica a quale epigrafe si riferisca. 48 Frézouls (1961) pp. 223-234.

49 Grainger (1990) pp. 40-41

50 Musti (1966) p. 62 la considera come una: «specificazione che ha l’aspetto di una motivazione del termine

Seleucide». In ogni caso questo non implica che come Seleukìs si debbano interpretare solo le quattro grandi città

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periodo precedente rispetto alla nostra fonte (OGIS 219 viene datata attorno al 280 a.C.), per la quale dovremmo dunque probabilmente includere il territorio fino al Tauro.

Un’analisi critica interessante del testo di Strabone è quella di Downey.51 Lo storico analizza il brano partendo dal passo subito seguente rispetto a quello che abbiamo citato. Strabone, dopo aver detto che Antiochia era divisa anch’essa in quattro quartieri, sostiene che non solo ognuno di essi era fornito di mura proprie, ma che essi erano anche tenuti insieme da un’unica cinta, dato, questo, che lo storico contesta come falso in quanto non terrebbe conto – per prendere un esempio tra i molti argomenti forniti – che uno dei quattro quartieri era un’isola.

Cercando di spiegare il perché di questa falsa affermazione di Strabone, lo storico individua la ragione nel bisogno, più letterario che storico, di creare degli equilibri numerici. Il fatto dunque che quattro fossero le città maggiori, quattro le satrapie, quattro i quartieri di Antiochia, soprattutto alla luce della falsità di quest’ultima affermazione, sarebbe solo un tentativo di dare un equilibrio armonico alla composizione.

Se da una parte l’affermazione dell’esperto di Antiochia non pare irragionevole ed anzi è ricordata sia da Cohen52 che da Grainger,53 resta il fatto che la nostra unica evidenza riguardo

alla divisione in satrapie della Seleukìs rimane Strabone e a questo numero, il quattro, ci dobbiamo affidare nel tentativo di operare una ricostruzione.

Un’ultima considerazione riguarda l’epigrafe OGIS 219. Abbiamo visto che in questa epigrafe compare il termine Seleukìs in relazione ad una rivolta avvenuta alla morte di Seleuco I. Secondo Grainger l’espressione « “the city of Seleukis” […] appears to mean the cities of Syria».54 Così formulata la frase ci pare fuorviante, soprattutto poiché presenta, come prova della sua validità, un rimando al passo di Strabone che abbiamo analizzato; l’affermazione non risulterebbe vera nemmeno se considerassimo che con Siria l’autore intenda in realtà la Siria del nord55 come totalità del territorio siriano in mano ai Seleucidi. Se

51 Downey (1941) pp. 85-95. 52 Cohen (2006) p. 98. 53 Grainger (1990) p. 41. 54 Grainger (1990) p. 142.

55 Sempre Grainger (2010) p. 74, analizzando le guerre siriache, riprende OGIS 219 dando questa volta una definizione più puntuale: «[…]he had [Antioco] to ensure the obedience of both Seleukis – that is, north Syria – and Asia Minor». La specificazione sembra voler correggere la generalizzazione di vent’anni prima. Se è vero che Grainger in questo passo non si pone come obbiettivo quello di dare una definizione di Seleukìs, la mancanza totale di chiarezza può portare confusione. Nella sua analisi storica sulle guerre siriache il termine Seleukìs ricorre altre cinque volte oltre al passo citato (pp. 58, 106, 158, 167 e 323) ma esso è sempre e solo riferito alle quattro principali città nominate da Strabone. In questo senso si può affermare che, nonostante i due utilizzi più

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infatti seguiamo Strabone, come Grainger stesso suggerisce di fare, vediamo che la Seleukìs rappresenta solo una parte della Siria sottoposta ai Seleucidi e non abbiamo nessuna fonte che testimoni un uso estensivo del termine. Possiamo, e dobbiamo, solamente considerare che è probabile che l’estensione della Seleukìs descritta da Strabone risalga a Seleuco I e che dunque in OGIS 219 si tratti di una porzione di territorio più ampia, che probabilmente raggiungeva il Tauro; tuttavia questa è una supposizione non verificabile.

Nel paragrafo che segue, analizzeremo in modo generale le quattro città di Antiochia, Seleucia, Apamea e Laodicea. Pur trovandoci d’accordo con l’interpretazione della Seleukìs fornita da Jones – riconoscendo dunque che non necessariamente queste quattro città si trovassero ad essere capitali delle singole satrapie – dobbiamo pur sempre considerare che esse vengono descritte come le più grandi e dunque le più importanti. Prime tra le città fondate da Seleuco I nella sua ampia opera di colonizzazione, avranno comunque un posto importantissimo nella storia dell’impero.

3. Le principali città del nord della Siria

Se riteniamo fondamentale, a questo punto, dare un quadro generale delle città di Antiochia, Seleucia, Apamea e Laodicea, ovvero della fondazione, della struttura e posizione delle città, del loro ruolo strategico e delle poche istituzioni di cui abbiamo notizia, è perché queste quattro città sono direttamente coinvolte nelle ribellioni che analizzeremo.

La storia di Antiochia è la più fortemente collegata alle ribellioni interne e alle invasioni nemiche: degli undici episodi che analizzeremo nel nostro lavoro, ben nove coinvolgono Antiochia, mentre uno solo l’intero territorio della Seleukìs.

Per quanto riguarda Seleucia, essa compare in quattro occasioni, ma mai da sola; in due casi la troviamo all’interno di ribellioni generali: la prima è quella della Seleukìs e, molto più tardi, in occasione dell’accoglienza della Siria a Tigrane. È insieme ad Antiochia, come luogo di calorosa accoglienza di Tolomeo III nel 246 a.C. ed infine è luogo di rifugio per Stratonice, in fuga dal nipote Seleuco II, attorno al 235 a.C.; in quest’ultimo caso la città, pur non essendo protagonista della ribellione in sé (che ebbe luogo ad Antiochia), può forse essere considerata ampi che l’autore fa del termine, anch’egli lo collega fondamentalmente ai quattro principali centri urbani fondati da Seleuco I.

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come complice. Stratonice infatti vi si rifugia trovando l’accoglienza di Tolomeo, il quale possiamo di conseguenza credere che avesse qualche interesse nella ribellione di Antiochia. Per quel che concerne Apamea la città compare, oltre che nelle ribellioni generali già ricordate, come teatro dell’uccisione dei familiari di un funzionario di Antioco III nel 220 a.C. Infine Laodicea, accanto alle occorrenze comuni a tutte le altre città, appare come protagonista di un altro episodio nel 128 a.C., episodio tuttavia controverso poiché non è chiaro se la Laodicea citata sia effettivamente questa,

3.1 Antiochia (vicino Dafne)

Il territorio dell’antica Antiochia corrisponde approssimativamente a quello dell’odierna città turca di Antakya.

Secondo una testimonianza di Libanio (Or. XI, 72-75) già Alessandro Magno avrebbe pianificato di fondare una città nel luogo della futura Antiochia. Un’evidenza di questa testimonianza si potrebbe considerare l’insediamento di Bottia, ritenuto villaggio greco pre-alessandrino56 o insediamento voluto da Alessandro stesso per i suoi veterani.57 Nello stesso luogo c’era un altare dedicato a Zeus Bottiaios dove pare che sia Alessandro58 sia Seleuco59

avessero fatto sacrifici.

Secondo Grainger60 tuttavia, bisogna innanzitutto tenere presente che le fonti che ci riportano questa fondazione alta sono in realtà molto tarde e che è possibile che l’elaborazione di una tradizione secondo la quale Antiochia aveva origini molto antiche potesse rispecchiare la volontà dei cittadini di dare alla loro città il prestigio della capitale avversaria, Alessandria. In ogni caso per l’autore non ci sono evidenze di una fondazione della città precedente a Seleuco I.

Sappiamo che Antigono Monoftalmo aveva fondato in Siria una città chiamata Antigoneia. Non sappiamo esattamente quando essa sia stata costruita e in che posizione: è probabile che fosse localizzata in una zona interna sul fiume Oronte (ma una parte della

56 Downey (1961) pp. 53-54. 57 Downey (1961) p. 55. 58 Lib. Or. XI, 76. 59 Malala VIII, 200.

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critica suppone che fosse sulla costa, in corrispondenza della futura Seleucia in Pieria) e che attorno al 302 a.C. la sua costruzione fosse, se non ultimata, a buon punto.61

Quando Seleuco I acquisì la Siria del nord nel 301, il primo atto che portò a compimento fu appunto quello di distruggere l’unica città greca della regione, Antigoneia.62

Secondo il racconto di Malala, il sovrano avrebbe fondato prima Seleucia ed in seguito, distrutta Antigoneia, Antiochia. Al contrario, Diodoro Siculo afferma che la fondazione di Seleucia avrebbe seguito la distruzione di Antigoneia.63 In entrambi i casi – afferma Grainger –64 le fonti sottolineano la correlazione tra la distruzione della città del rivale Antigono e la

fondazione delle due nuove città.

La complessa cerimonia di fondazione è narrata da Malala: mentre Seleuco I faceva sacrifici all’aria aperta, un’aquila avrebbe preso una parte della carne; il figlio di Seleuco, Antioco, avrebbe quindi seguito il volo dell’uccello per vedere dove fosse diretto. Sul luogo dove l’aquila si appoggiò venne allora deciso il sito della nuova città.

La popolazione, al momento della fondazione, doveva contenere i veterani di Seleuco,65 gli abitanti deportati dalla distrutta Antigoneia66 ed inoltre Cretesi, Argivi, Ciprioti,

Eraclidi e discendenti di Triptolemos.67 Il numero degli abitanti è difficile da precisare:

Cohen,68 basandosi sulla testimonianza di Malala secondo cui il numero di Ateniesi e Macedoni trasferiti da Antigoneia ad Antiochia era di 5.300 persone, ipotizza una popolazione di circa 18.000 - 25.000 persone.

Come abbiamo visto, secondo Strabone69 la città era divisa in quattro quartieri di cui il primo fondato da Seleuco I, il secondo formato da una moltitudine di coloni, il terzo fondato da Seleuco II e il quarto da Antioco IV. Soprattutto in relazione al secondo quartiere, si pongono dei problemi di interpretazione: se Downey70 pensa che con «moltitudine di coloni» si intenda «Siriani», dunque parlanti aramaico, Grainger71 ritiene che non ci sia nessun motivo per credere che Strabone non si riferisca qui a Greci e Macedoni. Nell’atto della fondazione,

61 Diod. Sic. XX, 47, 5. 62 Malala VIII, 201. 63 Diod. Sic. XX, 47, 6. 64 Grainger (1990) p. 48. 65 Lib. Or. XI, 91.

66 Lib. Or. XI, 92; Malala VIII, 201. In generale per l’analisi di Libanio e Malala in relazione alla fondazione di Antiochia e alla figura di Seleuco I v. Primo (2009) pp. 263-286.

67 Lib. Or. XI, 91; Malala VIII, 201; Strab. XVI, 2, 5. 68 Cohen (2006) p. 81.

69 Strab. XVI, 2, 4. 70 Downey (1961) p. 94. 71 Grainger (1990) p. 98.

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infatti, è verosimile pensare che Seleuco abbia volontariamente insediato nell’area una popolazione che riteneva gli fosse fedele.

A differenza delle altre città, Antiochia ebbe un incremento del numero degli abitanti ed esso fu dovuto non tanto alla sua posizione, quanto piuttosto a conseguenze politiche.72 Antiochia cominciò ad essere considerata come capitale dell’impero solo in un periodo tardo della dinastia seleucide e il suo sviluppo non fu definitivo se non dopo il 188 a.C., ovvero con la perdita dell’Asia Minore. Come avremo modo di vedere infatti, luogo di residenza reale fu anche Efeso e in generale si può dire che i re durante il primo secolo di vita del regno non ebbero una residenza fissa.73 In questo senso Grainger74 critica il tentativo di identificare una «capitale» del regno perché, prima del 188 a.C., il concetto stesso di capitale non esisteva.75 Antiochia aumenta molto di importanza a partire dalla presa di Seleucia da parte di Tolomeo nel 246 a.C.: la città rimarrà in mano egiziana fino ad Antioco III. Tra il 246 e il 244 a.C. anche Antiochia sarà probabilmente rimasta sotto il controllo dei Tolomei ma, a differenza della città vicina, questa sarà solo una breve parentesi nella sua storia.

Come abbiamo visto, sotto Seleuco II e Antioco IV la città avrà delle ulteriori fasi di espansione, ma è solo sotto quest’ultimo che essa diventerà veramente rivale di Alessandria d’Egitto.

Nonostante questa particolare storia di Antiochia, non concepita appunto sin dall’inizio come capitale del regno, per quel che concerne il versante culturale possono essere rilevate al suo interno numerose figure di intellettuali: la vita di corte può essere considerata alla pari di quella di Pergamo o Alessandria.76

Per quanto riguarda l’organizzazione e l’amministrazione della città è possibile dare solo un quadro generale.77 Delle cariche pubbliche menzionate dal Papiro di Gurob abbiamo già parlato.78 Nella descrizione della grande processione di Antioco IV del 167 fornita da Polibio,79 vengono menzionati ambasciatori (πρέσβεις) e messi sacri (θεωρὸυς) che vennero

72 Grainger (1990) p. 122. Questo non significa che la città si trovasse in una posizione poco strategica. Essa, come Apamea, era situata in modo tale da controllare la strada principale che andava da nord a sud (idem p. 58). 73 Grainger (1990) p. 122.

74 Grainger (1990) p. 122 n. 10.

75 Per una trattazione più ampia del concetto di capitale v. Seleucia pp. 26-27.

76 Primo (2009) pp. 51-52 sostiene che è a causa della povertà di ritrovamenti nell’area che la critica si è formata un’idea un po’ distorta della vita della capitale. A sostegno delle sua tesi cita anche M. Austin: Krieg und Kultur im Seleukidenreich, in K. Brodersen (a cura di), Zwieschen West und Ost. Studien zur Geschichte des

Seleukidenreichs, Hamburg 1999, pp. 129-165.

77 Cohen (2006) p. 83. 78 V. pp. 13-14.

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mandati a Emilio Paolo per annunciare gli agoni che lui stesso avrebbe tenuto a Dafne. Nel corteo della processione erano presenti anche ottocento efebi (XXX, 25, 12) e vengono menzionati un Dionisio capo della cancelleria (ἐπιστολιαγράφου) e il ginnasio (XXX, 26, 1). Sappiamo inoltre che Epifane costruì un bouleuterion; questo ci consente di dire che nel II secolo ci fosse un’assemblea. Nel 203 a.C. infine Teos concesse la politeia al demos di Antiochia (e lo stesso avvenne per Laodicea e Seleucia in Pieria).

3.2 Seleucia in Pieria

La città prende l’appellativo «in Pieria» per richiamare la regione montuosa omonima che si affacciava sul mare in Macedonia.80 Seleucia in Pieria si trovava non lontano da Antiochia sulla costa, pochi chilometri a nord rispetto alla foce del fiume Oronte.81 Oggi, in prossimità

dell’antico sito, sorge la città turca di Samandağ.

Come abbiamo già accennato, Seleucia fu fondata poco dopo la vittoria di Seleuco su Antigono Monoftalmo. Le modalità di fondazione (ovvero la scelta del luogo preciso in base a un’aquila) sono descritte in modo simile a quelle di Antiochia.82 Anche per quanto riguarda la

popolazione originaria, abbiamo già accennato che secondo Diodoro Siculo83 essa era composta anche dagli abitanti di Antigoneia, in quanto lo storico credeva che questa città, e non Antiochia, fosse stata fondata dopo la distruzione della città nemica.

Seleucia cadde sotto il dominio tolemaico nel 246 a.C., durante la terza guerra siriaca, e vi rimase fino al 219 a.C.: la permanenza dei nemici è ampiamente testimoniata dalle fonti e dalla numismatica. Certamente la città era un importante porto sul Mediterraneo (di fatto porto di Antiochia) e in questo senso fondamentale a livello strategico; tuttavia il fatto che Tolomeo III abbia mantenuto Seleucia come unico possedimento di quelli conquistati durante la terza guerra siriaca, ha fatto pensare alla critica che la città avesse un’importanza maggiore di Antiochia, ovvero che rivestisse il ruolo di capitale.

80 Grainger (1990) p. 42.

81 Più precisamente Strab. XVI, 2, 7 ci dice che essa si trovava a 40 stadi verso nord rispetto alla foce del fiume. 82 Strab. XVI, 2, 5.

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Se parlando di Antiochia ci siamo rifatti solo all’affermazione di Grainger, secondo cui la ricerca di una capitale nel vero senso della parola non ha ragion d’essere, è qui necessario soffermarsi sulle principali argomentazioni della critica pro e contro Seleucia.84 Il fatto che la città sia stata fondata tra le prime, porti il nome del sovrano che la fondò e sia stata il suo luogo di sepoltura (nel Nikatoreion),85 sembra suggerire un suo ruolo centrale nell’impero.

Un problema fondamentale rimane quello della coniazione di monete.86 Per Marinoni87 non è possibile pensare che la coniazione delle monete sia stata spostata direttamente da Antigoneia a Seleucia88 ma al contrario essa aveva trovato il suo nuovo centro ad Antiochia. Questo sarebbe provato dal fatto che quest’ultima città, al contrario di Seleucia, produsse monete d’oro (previlegio da capitale),89 dal fatto che il numero di monete di bronzo prodotte ad

Antiochia fu maggiore di quello di Seleucia e che inoltre queste portano quasi tutte il nome del sovrano mentre quelle di Seleucia hanno il nome più generico dei Seleucidi. D’altra parte però, una parte della critica ritiene che la coniazione di monete a Seleucia sia stata non solo più numerosa ma anche più varia.

Grainger stesso ammette che «If there ever was an intended capital, Seleukeia has a better claim than Antioch»90 anche considerando che Polibio(V, 58, 4), riproducendo il dibattito che si ebbe prima della riconquista di Seleucia nel 219 a.C., fa dire ad Apollofane, nativo di Seleucia, che non aveva senso cercare di conquistare la Celesiria finché Seleucia «ἀρχηγέτιν οὖσαν καὶ σχεδὸν ὡς εἰπεῖν ἑστίαν ὑπάρχουσαν τῆς αὑτῶν δυναστείας» era in mano a Tolomeo.

A proposito delle istituzioni presenti a Seleucia, alcune sono già state menzionate parlando del Papiro di Gurob.91 Altre informazioni ci vengono fornite dalle epigrafi: in RC92 45 (= IGLS 1183), lettera di Seleuco IV a Seleucia in Pieria preceduta da un decreto per la

84 Per un’analisi completa v. Cohen (2006) pp. 128-130. 85 App. Syr. 63, 336.

86 Problema discusso da E.T. Newell in Western Seleucid Mints, New York 1977².

87 Marinoni, E.: La Capitale del regno di Seleuco I, Rendiconti Istituto Lombardo 106 (1972): 579-616.

88 Come invece pensa Downey (1961) pp. 56-61 seguendo E. Honigmann, Historische Topographie von Nordsyrien im Altertum, ZDPV 46 (1923): 149-193; 47 (1924): 1-64.

89 La coniazione di monete d’oro non può essere definito completamente come privilegio della capitale, come il catalogo di Houghton/Lorber (2002) mostra. Se prendiamo come punto di riferimento l’epoca di Seleuco I infatti, vediamo che a coniare delle monete d’oro sono, ad esempio, anche Tarso, Carre, e la Babilonia.

90 Grainger (1990) p. 122. 91 V. pp. 13-14.

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città, troviamo un epistates, degli archontes, un grammateus, un demos (Olympios), una

phulé (Laodikis). Di boule e demos si parla invece in RC 72.

3.3 Apamea

Apamea si trovava su un altopiano che si affaccia sulla valle del fiume Oronte, dove sorge l’odierna città di Qalʻat al-Mudiq, a 130 km in direzione sud-ovest rispetto a Beroia (antica Aleppo).93

Seleuco fondò la città in un luogo che portava già il nome macedone di Pella.94 Il sito è però collegato anche ad un altro nome persiano, Pharnake.95 È possibile che l’insediamento avesse preso il nome macedone sotto Antigono Monoftalmo o sotto Alessandro Magno;96 la stessa denominazione sull’Assio (invece che sull’Oronte), che a volte si trova in riferimento alla città, si ricollega alla tendenza di chiamare i luoghi con toponimi presenti nella madrepatria. In questo caso l’Assio era infatti il fiume principale di Macedonia.97

Le informazioni che abbiamo sulla fondazione della città sono più scarse rispetto ad Antiochia, Seleucia e Laodicea. Inoltre, la testimonianza di Diodoro secondo cui al momento dell’imprigionamento di Demetrio nel 286 a.C. la città era chiamata anche Pella, ci fa pensare che il nome Apamea non fosse a quell’epoca ancora del tutto accettato.98 Tuttavia il nome che porta ci suggerisce una datazione abbastanza alta: come infatti ad Antiochia era stato dato il nome del padre e a Seleucia il nome del sovrano stesso, così Apamea portava il nome della moglie di Seleuco.99

Poiché sappiamo che il sovrano si era risposato nel 298 a.C., questo implica che la fondazione della città debba essere precedente a questa data, dunque compresa tra il 301 e il 298.100

93 Per i risultati degli scavi ad Apamea vedi, per esempio, J. Balty e J.-C. Balty (a cura di), Fouilles d’Apamée de

Syrie: Miscellanea, Fasc. 6, 7, 13 Apamée de Syrie: Bilan des recherches archéologiques, 1965-1968,

1969-1971, 1973-1979 (Brussels, 1969, 1972, 1984).

94 Diod. Sic. XXI, fr. 34 Goukowsky (2006) [= XXI, 20 Walton]. 95 Malala VIII, 203.

96 Cohen (2006) pp. 94-95. 97 Grainger (1990) p. 42. 98 Grainger (1990) p. 49. 99 Strab. XVI, 2, 4.

100 Così Grainger (1990) p. 49 e Cohen (2006) p. 99 che però data il matrimonio al 299 e dunque la possibile fondazione tra il 301 e il 299. In ogni caso Cohen (2006) pp. 97-98 n. 4 ritiene che il fatto che la città continuasse ad essere chiamata Pella non esclude che fosse stata rinominata come Apamea. Infatti anche Plutarco (Demetr. 50-52) si riferisce alla città dove venne imprigionato Demetrio Poliorcete come il Chersoneso siriano, in quanto Apamea, come il Chersoneso, era posizionata su una collina che era una penisola tra l’Oronte e

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La posizione di Apamea era particolarmente strategica dal punto di vista militare.101

Sotto Antioco III la città divenne di fatto centro amministrativo e di gestione della sua campagna militare.102 In questo senso, la città si può definire la maggiore rivale di Antiochia: la sua forza era tale che un attacco da parte di Tolomeo non fu mai tentato e che, al contrario, da lì partirono le spedizioni contro gli Egiziani.103

A differenza delle due precedenti città, la produzione di monete ad Apamea è del tutto marginale.

Anche le nostre informazioni riguardo alle istituzioni presenti nella città sono nulle. Sappiamo solo che, come Antiochia, aveva un calendario macedone.104

Per quel che concerne la nostra ricerca, Apamea compare, oltre che nella ribellione della

Seleukìs, come teatro dell’uccisione dei familiari di un funzionario di Antioco III nel 220 a.C.

3.4 Laodicea sul mare

Laodicea sorgeva sulla costa in corrispondenza dell’odierna Latakia (Siria). La città fu chiamata così in onore della madre di Seleuco e fu anch’essa fondata nel periodo successivo al 301 a.C.

Come Seleucia, Laodicea era una città sul mare e per questo dotata di un ampio porto artificiale da una parte e di un’acropoli che dominava la costa dall’altra.

La città venne costruita in un sito che già conteneva due villaggi: Ramitha e Mazabda.105 La sua evoluzione urbana fu probabilmente limitata nel III secolo dalla presenza pressante di Tolomeo, come accadde anche a Seleucia,106 mentre la sua prosperità ed espansione crebbero nel corso del secolo successivo.

La coniazione di monete è meno prolifica che ad Antiochia e Seleucia ma in ogni caso notevole.107

un lago. Dunque potrebbe essere che, come in questo caso, la denominazione popolare avesse avuto la meglio su quella ufficiale.

101 Strab. XVI, 2, 10. 102 Pol. V, 58, 2.

103 Grainger (1990) p. 126.

104 Attestato in periodo romano (ad esempio IGLS 1363 [134 d. C.], 1318 [469 d. C.]).

105 Stefano di Bisanzio, s. v. Laodikeia dice che la città era originariamente chiamata Leuke Akte ed ancora prima Ramitha, mentre Malala (VIII, 203) menziona il nome di un villaggio precedente, Mazabda. Secondo Grainger (1990) p. 111 il sito è abbastanza grande perché si possa pensare che contenesse due villaggi. L’origine del villaggi è probabilmente fenicia.

(23)

Come Antiochia e Seleucia la città ottenne la politeia da Teos nel 203 a.C., inoltre le iscrizioni riportano l’esistenza di epistates e archontes108.

107 Per la coniazione reale v. E. T. Newell, The Coniage of the Western Seleucid Mints from Seleucus I to

Antiochus III, New York 1977, pp. 1202-39; G. Le Rider, Antioche de Syrie sous les Séleucides, Paris 1999, pp.

33, 39, 56-57; Houghton/Lober (2002) pp. 1, 36-37, 357-58, 926, 1069-76. 108 Cohen (2006) p. 112.

(24)

CAPITOLO II

Le fonti sulle ribellioni e le sommosse

nel corso del III secolo

1. Decreto di Ilio in favore di Antioco (OGIS 219)

1.1 Contesto storico

La prima testimonianza di una ribellione della Σελευκίς1 ci è stata tramandata da un’epigrafe riportante un decreto onorifico per un Antioco figlio di Seleuco.

Il problema fondamentale, per chi voglia analizzare il contesto storico della fonte, risiede nel fatto che nell’epigrafe non è specificato se si tratti di Antioco I, figlio di Seleuco I, o di Antioco III, figlio di Seleuco II.

Per quanto possa sembrare che questo percorso ci allontani eccessivamente dall’analisi vera e propria della fonte, è in questo caso impossibile rinunciare a ripercorrere la storia della critica. Nella sua pubblicazione Chishull2 attribuì l’epigrafe ad Antioco I e la sua tesi venne accolta dagli editori Dittenberger3 e Frisch4 così come da Droysen,5 Wilcken6 e Tarn7 nei loro contributi al riguardo. Il primo a sostenere che si trattasse invece di Antioco III fu Sokoloff;8 la sua opinione fu tuttavia tenuta in poca considerazione sul momento, mentre al contrario trovò il favore generale la tesi di Otto.9 Lo studioso collegava gli eventi descritti dall’epigrafe

1 Sul significato del termine e sulla collocazione territoriale v. pp. 15-22. 2 Chishull, E.: Antiquitates Asiaticae, Londinium 1728 (= Chishull 1728).

3 Dittenberger, W.: Orientis Graeci inscriptiones selectae: supplementum Sylloges inscriptionum Graecarum, vol.I, Lipsiae 1903.

4 Frisch, P.: Die Inschriften von Ilion, Bonn 1975, pp. 84-91; nel suo testo l’epigrafe è IvIlion 32. 5 Droysen (1953) [1843] p. 164 e p. 165 n. 165.

6 Wilcken in Pauly A./Wissowa, G. (1893-1980) Paulys Real-Encyclopädie der classischen

Altertumswissenschaft (= RE), A. Pauly, G. Wissowa, W. Kroll, K. Mittelhaus, K. Ziegler (a cura di), Stuttgart,

vol. I-2 p. 2452. 7 Tarn (1926). 8 Sokoloff (1904).

9 Otto (1928). Di fatto la sua interpretazione entrò a far parte della maggior parte dei manuali di storia greca antica.

(25)

alla da lui definita «Syrische Erbfolgekrieg»10 che si sarebbe svolta tra Antioco I e Tolomeo II dopo la morte di Seleuco I (ma in un momento precedente alla prima guerra siriaca, ovvero prima del 274 a.C.). Il primo ad aver ipotizzato che dietro l’aggressore non nominato ci potesse essere Tolomeo II era stato però Droysen;11 Otto di fatto riprese e diede forma a quella supposizione.

Orth,12 pur avendo analizzato in modo convincente tutti i punti a favore di Antioco III, rese ancora più credibile l’ipotesi che si trattasse di Antioco I; criticò però le altre conclusioni a cui Otto era giunto.

In direzione totalmente contraria si posero i contributi degli anni novanta di Piejko13 e Mastrocinque,14 seguiti da Huß:15 secondo i tre studiosi non ci sono dubbi che si tratti di Antioco III. Ancora Jones16 e Ma,17 quest’ultimo specialmente cercando di rispondere alle critiche avanzate da parte degli autori precedenti, ripresero e consolidarono la tesi di Antioco I, tesi che infine hanno sostenuto anche Ehling18 e Mittag,19 i due principali autori da cui parte

la nostra analisi sulle ribellioni e i subbugli nella Seleukìs e separatamente ad Antiochia, Seleucia, Apamea e Laodicea. Non mancano naturalmente autori che hanno preferito giudicare la questione irrisolta senza abbracciare nessuna delle due ipotesi.20

Pur ammettendo che molte delle prove a favore di Antioco III siano storicamente fondate,21 la tesi seguita dalla maggior parte degli studiosi pare la più convincente. Bisogna però rassegnarsi all’idea che la tradizione indiretta non concorda e perciò non ci aiuta come potrebbe: «[…] so scheint das Ergebnis unausweichlich, dass man eher eine sachliche Unvereinbarkeit mit verstreuten Notizien des Memnon-Exzerptes und des Iustin in Kauf nehmen wird als dass man sich über die zusammenhängende Darstellung des Polybios hinwegsetzen könnte».22

Se dunque il decreto si riferisce ad Antioco I, abbiamo una testimonianza delle tensioni scatenatesi nella Seleukìs alla morte di Seleuco I.

10 Su questo pp. 36-37. 11 V. cap. II n. 5. 12 Orth (1977) pp. 61-72. 13 Piejko (1991). 14 Mastrocinque (1993). 15 Huß (2001) p. 261 n. 60. 16 Jones (1993). 17 Ma (1999 a e b). 18 Ehling (2003) p. 301, n. 5. 19 Mittag (2000) p. 410 e p. 415. 20 Ager (2004) p. 37.

21 Per l’analisi approfondita v. pp. 37-38 e in particolare p. 38 nn. 44 e 45. 22 Orth (1977) p. 70.

(26)

Sappiamo che Seleuco aveva riportato nel febbraio del 281 a.C. un’importante vittoria a Curupedio contro Lisimaco. Ciò gli aveva permesso – almeno fino al settembre dello stesso anno, quando venne assassinato a tradimento da Tolomeo Cerauno – di ricostruire gran parte dell’originale regno di Alessandro.

Stando dunque alla testimonianza della fonte, Antioco I, fin dai primi anni della sua ascesa al potere, si trovò in grosse difficoltà: tra il 281 e il 278 dovette fronteggiare con le armi non solo la rivolta della Seleukìs, a cui la nostra fonte si riferisce, ma anche delle insubordinazioni in Asia Minore.23 La situazione non era meno caotica in Macedonia e in Tracia, dove Tolomeo Cerauno si era proclamato re al posto di Lisimaco e Seleuco. Nel 278 a.C. si ebbe una doppia svolta: Tolomeo Cerauno cadde in battaglia contro i Celti, mentre Antioco I e Antigono Gonata riuscirono a trovare un accordo grazie al quale il rapporto tra le due dinastie si mantenne a lungo pacifico.24

Negli anni seguenti (277-275 a.C.) fu Antioco I a doversi impegnare nella lotta contro i Celti penetrati in Asia Minore; vinse lo scontro grazie alla «battaglia degli elefanti».

Un esame più approfondito degli eventi non può prescindere dall’analisi del testo; nel corso di essa vedremo anche di affrontare le possibili interpretazioni a seconda che si tratti di Antioco I o di Antioco III. Vedremo che, anche decidendo di optare per la prima possibilità, la spiegazione degli avvenimenti da parte degli studiosi non è univoca.

Un’ultima precisazione è necessaria prima di analizzare il testo: non ci deve stupire il fatto che la descrizione degli eventi fornita dal decreto sia piuttosto vaga. Non solo ci troviamo a Ilio, dunque molto lontani dalla Seleukìs, ma soprattutto l’intento è quello di onorare il re, non quello di ricordargli dettagliatamente spiacevoli eventi di insubordinazioni.25

1.2 Il testo

Il testo dell’iscrizione consta di una cinquantina di righe (più precisamente 48), per lo più ben conservate, se si esclude la mancanza dell’angolo in basso a destra, la cui caduta ha causato la

23 Per la ricostruzione dei fatti: Gehrke (1990) pp. 43-44. Abbiamo volontariamente omesso che nella sua ricostruzione dei fatti Gehrke ammette che i disordini nella Seleukìs siano dovuti a Tolomeo II. Lo studioso, Gehrke (1990) pp. 163-164, pur sottolineando l’impossibilità di avere una datazione sicura di OGIS 219, ritiene fondamentali le osservazioni di Otto (1928), accettando dunque nella sua ricostruzione dei fatti l’esistenza della «guerra di successioni siriaca».

24 Sul dibattito riguardo a questa pace p. 36. 25 Ehling (2003) p. 302.

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