• Non ci sono risultati.

CAPITOLO IV

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAPITOLO IV"

Copied!
17
0
0

Testo completo

(1)

CAPITOLO IV

I REPERTI CERAMICI

L’intervento stratigrafico nell’area dove sorgeva la chiesa di S. Lorenzo in Chinzica ha portato alla luce una cospicua quantità di reperti estremamente frammentari. La sequenza indagata copre un arco cronologico abbastanza ampio, compreso tra XI e XX secolo.

Il lavoro svolto sui materiali è consistito in un’operazione di quantificazione su un totale di 3286 frammenti ceramici, inquadrati all’interno di sei diversi periodi cronologici individuati durante lo scavo. Di ogni reperto è stata identificata la classe tecnologica e quella ceramica, il tipo di decoro (ove presente), la sua funzione (mensa, dispensa, cottura, etc.), il numero di frammenti, il numero minimo di individui, a quale parte del manufatto corrispondeva ( ad es. se si trattava di un frammento dell’orlo, di una parete, di un fondo, etc.), il tipo di forma (aperta o chiusa), il luogo di produzione e la datazione.

Un grosso limite del campione esaminato è costituito dalle condizioni di giacitura dei materiali, infatti molti di essi risultano essere in giacitura secondaria. Questo è dovuto al fatto che nel corso dei secoli l’area è stata pesantemente intaccata da diverse attività antropiche che hanno danneggiato irrimediabilmente le unità stratigrafiche. Tale situazione è maggiormente documentabile soprattutto dopo il 1784 (IV periodo), data della sconsacrazione dell’edificio, quando l’area fu completamente risistemata. A tale proposito, va detto che nei bottini postmedievali delle abitazioni sorte nella chiesa a partire proprio da questa data, sono stati rinvenuti molti manufatti in frantumi, riferibili a pratiche di smaltimento dei rifiuti domestici gettati negli scarichi.148

Nonostante questi fattori, e il conseguente ed inevitabile alto indice di residualità dei reperti, i materiali rinvenuti possono apportare interessanti dati

(2)

e nuove conoscenze utili ad approfondire lo studio e la circolazione dei manufatti ceramici a Pisa ed in Toscana.

Di seguito sarà analizzata la situazione dei contesti ceramici all’interno dei diversi periodi individuati, precisando, per quanto riguarda la prima fase di vita dell’edificio (fine XI - prima metà XIII secolo), la totale assenza di reperti ceramici all’interno di essa.

1- I contesti ceramici per periodi

I periodo: fine XI-prima metà XIII secolo

All’interno di questo arco cronologico va segnalata la totale assenza di reperti ceramici in fase, mentre alcuni frammenti rinvenuti in contesti di periodi successivi, e quindi da ritenersi residuali, possono essere con certezza collocati cronologicamente in questo periodo.

Si tratta per lo più di piccoli frammenti di maiolica provenienti dall’attuale Tunisia o da altre regioni del mondo islamico.

(3)

II periodo: fine XIII-XIV secolo

Questo periodo vede una consistente presenza di ceramica priva di rivestimento associata a quantità minori di ceramica ingobbiata (graffita arcaica savonese), smaltata (costituita esclusivamente da maiolica arcaica pisana) e da un unico frammento di ceramica invetriata.

E’ proprio dai primi decenni del XIII secolo che inizia a Pisa la produzione delle maioliche arcaiche, fabbricate senza soluzione di continuità per più di due secoli. Pisa fu proprio uno dei primi centri del Mediterraneo non islamizzato ad introdurre la tecnica della smaltatura stannifera, elemento principale di questa classe ceramica. La maiolica arcaica fu alla base di un profondo rinnovamento degli aspetti della vita quotidiana, tale da poter essere considerato, come scrive Graziella Berti, «un vero e proprio processo, non indifferente, di acculturazione».149

93,2% 3,2% 3,2% 0,5% priva di rivestimento smaltata invetriata ingobbiata

Fig. 26 Distribuzione della ceramica nel II periodo

Come si può leggere dal grafico, si tratta di un periodo in cui non è stata riscontra alcuna residualità, in quanto le unità stratigrafiche non sembrano essere state intaccate da attività antropiche posteriori.

Su un totale di 190 frammenti, 177 sono costituiti da ceramica priva di rivestimento, in grande maggioranza depurata. Questa classe ceramica è

149 Berti 1997, p. 36

(4)

rappresentata da una prevalenze di forme chiuse, generalmente boccali e brocche di produzione locale.

Significativo è il rinvenimento dell’unico frammento di ceramica con invetriatura verde. Si tratta di una lucerna, di probabile produzione siciliana, che trova confronti provenienti da alcuni scavi medievali siciliani, in particolare da Monte Iato.150 Proviene da uno strato di carboni e tracce di bruciatura, molto probabilmente connesso all’incendio che colpì l’edificio alla fine del XIV secolo.

Sporadici frammenti di ceramica ingobbiata sono costituiti da graffita arcaica savonese. Si tratta di piccoli frammenti sui quali è soltanto visibile un leggero strato di ingobbio, in quanto la vetrina, in genere poco aderente, è andata persa.

Tav. 9 Alcune delle forme attestate nel II periodo (a: lucerna invetriata, XIII-XIV secolo; b: brocca monoansata priva di rivestimento, fine XIII-inizi XIV secolo)

150 Vedi SCHEDE, n. 1

(5)

Fig. 27 Due frammenti di ceramica grezza: il reperto a destra mostra evidenti segni di cottura dovuti ad incendio

Fig. 28 Frammenti di boccali di maiolica arcaica (1210-1280)

III periodo: XV secolo-1784

Le associazioni relative a questo arco cronologico corrispondono al periodo in cui le notizie storiche, incrociate con i dati archeologici, hanno fornito maggiori informazioni rispetto ai periodi precedenti.

(6)

E’ questo il periodo in cui l’edifico fu caratterizzato da significativi lavori di trasformazione al suo interno fino al 1784, data della sconsacrazione e della conseguente defunzionalizzazione.

I materiali provenienti da questo terzo periodo sono ancora costituiti, in maggioranza, da ceramica priva di rivestimento di produzione pisana, relativa per lo più al XV secolo. Da segnalare, all’interno di questa classe tecnologica, il gran numero di forme chiuse, oltre ad alcuni frammenti dei cosiddetti “catini figlinesi”, con decorazione a linee spezzate su registri sovrapposti.

Queste ceramiche basso medievali costituiscono per lo più le ultime attestazioni di una produzione iniziata nei secoli precedenti e che, a partire dalla seconda metà del XV secolo, saranno sostituite dalle produzioni smaltate di Montelupo e di altre aree extraregionali che caratterizzeranno le fasi postmedievali.

Fig. 29 Lucerna postmedievale priva di rivestimento di XVII secolo (?). Si tratta di uno dei rari manufatti non frammentari rinvenuti nello scavo

Per quanto riguarda le ceramiche rivestite, una buona percentuale è rappresentata da smaltate ed invetriate. Le prime sono costituite per lo più da

(7)

maiolica arcaica e da produzioni di Montelupo ma, seppur in quantità minime, sono presenti anche prodotti di importazione spagnola (area valenzana) e albisolesi.

Montelupo svolse un ruolo di primissimo piano nella produzione ceramica medievale e postmedievale, diventando uno dei centri principali a livello europeo, favorito da un lato dalla sua posizione nella valle dell’Arno ricca di depositi argillosi, e dall’altra dalla sua vicinanza con Firenze. Iniziando da una fase di intensa imitazione delle maioliche provenienti dalla Spagna meridionale, i vasai di Montelupo arrivarono ben presto ad elaborare un lessico decorativo originale, associato ad un arricchimento della tavola cromatica e ad una pressoché completa copertura del supporto.151

L’estrema frammentarietà dei reperti recuperati dallo scavo, riferibili a boccali, piatti e scodelle, ha reso difficile l’identificazione dei tipi di decorazione. Tra quelli identificati, vanno segnalati quelli tipici della produzione montelupina: “alla porcellana”, “penna di pavone”, “bleu graffito” e alla “foglia di cavolo”.

Figg. 30-31 Ceramica di Montelupo databile a differenti fasi del XVI secolo

151 Berti F. 1986, p. 9

(8)

Fig. 32 Maiolica arcaica pisana della prima metà del XV secolo

Sulla ceramica invetriata da cottura è da segnalare una buona presenza di produzioni basso valdarnesi di XVII-XVIII secolo e sporadici frammenti di slip

ware, ceramica invetriata dipinta ad ingobbio sotto vetrina.

L’attestazione dei rinvenimenti e dei centri produttivi di questa classe ceramica, appare concentrata nell’Italia centro-settentrionale. La Toscana risulta particolarmente interessata dalla diffusione di tale classe, come dimostrato dall’esistenza di numerosi centri produttivi e dai cospicui rinvenimenti di reperti, particolarmente significativi nella parte settentrionale della regione. Significativi sono stati gli scavi (effettuati sul finire del secolo scorso) e lo studio dei materiali ceramici provenienti da Pescia (PT), che hanno riconosciuto questo abitato urbano come uno dei principali centri di produzione delle ceramiche invetriate ed a slip ware nei contesti postmediavali della Toscana settentrionale.152

152 Milanese, Quiròs Castillo 1997, p. 210

(9)

Fig. 33 Ceramica invetriata postmedievale

Fig. 34 Slip ware

Accanto alle smaltate ed invetriate sono stati rinvenuti una trentina di frammenti di ceramica ingobbiata, sia monocroma che graffita a punta ed a stecca, ma anche ceramiche “marmorizzate” e produzioni maculate basso valdarnesi della prima metà del Settecento. A proposito dell’ingobbio va detto che tale tecnica viene introdotta a Pisa, ed in altri centri della Toscana, nella prima metà del Quattrocento, per essere utilizzata fino alla metà del XVII secolo e oltre.153

153 Berti 1997a, p. 355

(10)

Fig. 35 Ingobbiata policroma graffita a punta Fig. 36 Ingobbiata “marmorizzata”

Da evidenziare infine una modica percentuale di frammenti residuali che, come si avrà modo di vedere per i periodi successivi, sarà una componente sempre più rilevante.

38,1% 27,2% 5,6% 23,6% 5,6% priva di rivestimento smaltata ingobbiata invetriata residuale

(11)

Tav. 10 Alcune delle forme documentate nel III periodo (a, c: maiolica arcaica, scodelle, prima metà XV secolo; b: lucerna priva di rivestimento, XVI-XVIII secolo; d: pignatta invetriata a slip ware, XVII-XVIII secolo; e: boccale in maiolica, inizio XVI secolo; f: piatto in maiolica, inizio XVI secolo)

IV periodo: 1784-primi decenni XX secolo

Come accennato in precedenza, la ceramica appartenente a questa fase è caratterizzata da un elevato indice di residualità in quanto i numerosi lavori di risistemazione, che interessarono l’ormai ex chiesa di S. Lorenzo, danneggiarono pesantemente le stratigrafie di quest’epoca.

Come si può leggere dal grafico relativo, ben il 72.5% dei reperti è residuale. All’interno di esso figurano numerose produzioni di smaltate (maiolica arcaica pisana e produzioni montelupine), ceramiche prive di rivestimento medievali e di XVI-XVII secolo, ed un buon numero di produzioni graffite.

Passando ora ad un’analisi della ceramica in fase, bisogna menzionare l’elevato numero di terraglie di produzione industriale, in particolar modo con decorazione a decalcomania ad imitazione delle terraglie inglesi, che risultano di grande importanza per cercare di fornire nuovi dati sulla circolazione di questi prodotti in ambito regionale e non solo, ma anche per gettare luce su alcuni aspetti della vita quotidiana tra Ottocento e Novecento. La gran parte di questi frammenti proviene dal riempimento di uno dei bottini postmedievali (A50, US 713), in uso dalla fine del XIX secolo.154

154 Vedi pagina 63

(12)

Rimane comunque complessa l’attribuzione di questi prodotti a manifatture italiane a causa dell’assenza di marchi di fabbrica.

18,8% 72,5% 3,5% 3,7% 0,3% 1,3% invetriata smaltata priva di rivestimento ingobbiata residuale non determinabile

Fig. 38 Classi tecnologiche documentate nel IV periodo

Tav. 11 Alcune delle produzioni di terraglia documentate nel IV periodo

(a: tazzina; b, f: piatti con decorazione dipinta; c, d, e, g: piatti con decorazione a decalcomania; fine XIX-inizi XX secolo)

(13)

Fig. 39 Terraglia. Fondo di piattino con marchio di fabbrica «Ginori»

Fig. 40 Terraglia

Un’altra classe ceramica documentabile in questo periodo è quella indicata come invetriata “à taches noires”, letteralmente “a tocchi neri”, per via della sua particolare decorazione.

Prodotta nel centro manifatturiero di Albisola dalla metà del XVIII secolo sino al primo decennio del XIX, si presenta come una terracotta invetriata, con

(14)

decorazioni dipinte in bruno manganese, sotto una vetrina di colore arancio o marrone.155

Fig. 41 Invetriata a “taches noires”

Per quanto riguarda la decorazione, il Cameirana nel Convegno di Albisola del 1977, individuò tre tipologie fondamentali: a “colature”, a “diagrammi” e quello più diffuso a “bordi”. Nelle forme aperte è stato però riscontrato l’uso di un decoro che non risulta inseribile in nessuna tipologia e che potrebbe essere indicato come “informale”, in quanto i tratti non rispecchiano alcuno schema, probabilmente a causa dell’incredibile quantità di pezzi prodotti nelle fabbriche di Savona e Albisola. Su piatti e ciotole veniva proposto un decoro non molto documentato, detto a “raggiera”, costituito da una serie di linee irregolari che dal bordo si incrociano al centro.156

Fu una produzione di grande successo e larga diffusione, esportata in quelle aree interessate dal commercio ligure in età moderna quali Sardegna, Toscana settentrionale e basso Piemonte. Ritrovamenti al di fuori dell’Italia sono documentati in Spagna, Tunisia ma soprattutto in Francia. Proprio legata al commercio francese è la presenza di questa classe ceramica in alcuni contesti canadesi e nell’America del Nord.157

155

Milanese, Biagini, Ventura 1997, p. 337

156 Milanese, Biagini, Ventura 1997, p. 342 157 Milanese, Biagini, Ventura 1997, p. 344

(15)

L’enorme fortuna di questa produzione, portò infine all’imitazione dei manufatti albisolesi in due regioni italiane quali il Piemonte e la Toscana settentrionale, ma anche oltralpe, nell’area provenzale.

Tav. 12 Altre forme attestate nel IV periodo (a: barattolo ingobbiato, XIX secolo; b: piatto decorato “à taches noires”, seconda metà XVIII-inizi XIX secolo; c: catino ingobbiato e maculato, seconda metà XVIII secolo)

V-VI periodo: primi decenni XX secolo-età contemporanea

A questa fase corrisponde la totale trasformazione dell’area, con la demolizione dell’edificio ecclesiastico e la destinazione dello spazio a mercato, fino alla realizzazione dell’attuale piazza Gambacorti.

La ceramica recuperata mostra ancora un alto indice di residualità, proprio a causa di tutte queste attività antropiche. L’alta concentrazione di maiolica arcaica e di maiolica di Montelupo, associata a produzioni di ingobbiate di età moderna, ben testimoniano questa situazione.

Significativi sono invece le attestazioni di ceramica invetriata del tipo “Alpi Marittime”. Questa classe ceramica, prodotta tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo e impiegata per la cottura dei cibi, comporta ancora agli studiosi qualche problema di classificazione per via della presenza di ingobbio nella superficie interna e di un rivestimento vetroso nero-marrone all’esterno. Le distinzioni tra le produzioni liguri e toscane di questa ceramica non risultano essere ancora attendibili e chiare, anche per il crescente commercio delle

(16)

medesime materie prime (di origine provenzale), utilizzate in diversi centri di produzione.158

Fig. 42 Invetriata tipo “alpi marittime”

Qualche produzione di ceramica ingobbiata è invece da mettere in relazione con alcune delle più importanti fornaci basso valdarnesi tra XIX e XX secolo. In particolare il centro ceramico di S. Giovanni alla Vena, attestato come tale già dal XIV secolo, si rese protagonista sulla fine del XIX secolo di un’importante produzione di catini maculati verdi, che ancora agli inizi del XX secolo erano esportati lungo le coste tirreniche.159

Caratteristiche costanti di questa produzione sono la forma del corpo tronco-conica, l’orlo estroflesso e ingrossato verso l’esterno, il margine superiore dell’orlo arrotondato, pareti oblique e fondo piano. Il rivestimento piombifero e la schizzatura erano presenti soltanto all’interno del manufatto, che veniva ingobbiato, sottoposto a cottura una prima volta, rivestito con un bagno di vetrina piombifera, “schizzato” con verde ramina e cotto infine una seconda volta.160

Altri contesti all’interno di questo periodo hanno inoltre evidenziato la presenza di altri manufatti in terraglia e rari frammenti di porcellana.

158

Milanese 2004, p. 354

159 Milanese 1997a, p. 82

(17)

11,0% 85,1% 0,2% 3,3% 0,5% invetriata porcellana residuale non determinabile ingobbiata

Fig. 43 Ceramica attestata nel periodo V

Figura

Fig. 25  Ceramica invetriata di tipo islamico
Fig. 26  Distribuzione della ceramica nel II periodo
Fig. 28  Frammenti di boccali di maiolica arcaica (1210-1280)
Fig. 29  Lucerna postmedievale priva di rivestimento di   XVII secolo (?). Si tratta di uno dei rari manufatti non   frammentari rinvenuti nello scavo
+7

Riferimenti

Documenti correlati

Sono note due varianti: la A, databile alla seconda metà del IV secolo, è contraddistinta da un orlo dritto o svasato, con rigonfiamento interno, e anse con attaccatura

Casi come quello della tomba C 322 di Decima, della metà dell’VIII secolo a.C., o quelli di Satricum e Caracupa, del III periodo, pur non godendo della monumentalità di sepolture

Nel riprendere l’argomento della presenza e del commercio di schiavi a Verona si è scelto di circoscrivere l’indagine alla prima metà del xV secolo e poco oltre, un periodo per

L‟educazione in Scozia è diventata obbligatoria per la prima volta nel XV secolo e ha iniziato a svilupparsi come sistema nazionale autonomo prima della sua unione con

Sappiamo inoltre che a metà del XVI secolo, la città passò alla mensa vescovile di Castro ed a questo periodo deve riferirsi la costruzione di un’originaria chiesa