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Dispensa Marzio Nardi

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Academic year: 2021

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TESTO A CURA A MARZIO NARDI.

1 INTRODUZIONE

Lo scopo fondamentale della presente dispensa e delle lezioni che insieme affronteremo, è quello di analizzare le tecniche base dell’arrampicata su diversi terreni d’azione, cercando di evidenziare quali sono i principali elementi che le caratterizzano e che le differenziano, ma soprattutto cercando di dare dei logici punti di riferimento al loro insegnamento.

Lo scopo del presente documento e comunque lungi dallo sviscerare in modo minuzioso le mille e più sfaccettature dell’arrampicata su questi due tipi di terreno, il suo obbiettivo è pertanto quello di far luce sugli aspetti che io ritengo di maggior importanza, fornendovi alcuni elementi per poter intervenire in modo efficace nell’insegnamento dei fondamenti dell’arrampicata.

2 ARRAMPICATA SU PARETE VERTICALE E APPOGGIATA

Il punto di partenza, sarà quello di analizzare l’arrampicata su parete appoggiata e verticale partendo quindi dalla posizione base per l’inizio della progressione.

2.1 ANALISI DELLA POSIZIONE FONDAMENTALE

Prima di analizzare nei particolari come sono posizionate le varie parti del corpo su questo tipo di terreno, dobbiamo considerare come è disposto il corpo stesso in rapporto alla parete.

Possiamo quindi dire che il nostro piano frontale è parallelo alla parete con la quale ci confrontiamo, ed in particolare volgiamo a questa la nostra porzione anteriore. Questa in arrampicata viene detta “posizione frontale”, ed è quella che su di una parete non strapiombante ci consente di mantenere nel modo meno dispendioso l’equilibrio.

Come avremo modo di vedere, in questa posizione, il baricentro del nostro corpo cade dentro la sua base, ovvero nello spazio compreso tra i due piedi, realizzando in questo modo una situazione di equilibrio stabile. Sarà pertanto questa la posizione che l’arrampicatore principalmente assumerà nella sua progressione.

.L’analisi della posizione fondamentale da assumersi su questo tipo di terreno, andrà a questo punto dal basso verso l’alto osservando, prima di tutto, la posizione dei piedi i quali costituiscono, come abbiamo detto, l’estremità della nostra base d’appoggio Logicamente, la disposizione di questa, sarà in relazione alla disposizione degli appoggi, ma dal momento che il principio base della didattica è di considerare una progressione che parta da una condizione semplice per portare, progressivamente l’allievo verso il difficile, analizzeremo come posizione di base, quella più agevole per il nostro allievo, ovvero con i piedi alla stessa altezza.

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Premesso questo, potremmo dire che, le gambe risultano divaricate ad una larghezza pari a quella delle spalle, i piedi prendono contatto con gli appoggi a livello della superficie anteriore interna dell’avampiede, cercando di non interessare nell’appoggio la superficie corrispondente all’arco plantare I talloni sono rivolti in basso per cercare di aumentare il più possibile la superficie d’appoggio .

Man mano che la superficie d’appoggio si riduce, logicamente anche la superficie di contatto piede appoggio si ridurrà, e si sposterà sempre più verso la punta del piede ed in particolare verso l’alluce che risulta essere il dito più forte.

Su appoggi piuttosto piccoli, l’errore che sovente possiamo osservare, è quello relativo alla scelta del punto d’appoggio del piede. Infatti, molte volte, il principiante tende a prediligere il contatto a livello dell’articolazione del metatarso,(fig. 1 ) piuttosto che un caricamento sull’alluce. Questa scelta è dovuta soprattutto ad una mancanza di forza a livello delle dita dei piedi ed alla ricerca di una base d’appoggio

“più solida” Questo risulta essere un errore per diversi motivi: prima di tutto, l’appoggio del piede a livello dell’articolazione del metatarso, compromette la sensibilità nell’appoggio, pertanto non siamo in grado di accorgerci quando il piede tende scivolare, in secondo luogo riduce la lunghezza dell’estensione del piede, quindi risultiamo essere più bassi nei movimenti di spinta sui piedi ed infine

“l’indipendenza” nell’appoggio del nostro piede risulta essere ridotta rispetto ad un appoggio sull’alluce. Di quest’ultimo argomento avremo modo di dilungarci nei paragrafi successivi.

fig 1

appoggio a livello del metatarso

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appoggio a livello dell’alluce

Continuando la nostra analisi sulla posizione base, procediamo verso l’alto andando ad osservare la posizione delle gambe le quali risultano piegate. Di fondamentale importanza, risulta essere la posizione del bacino in quanto è a questo livello che viene localizzato il nostro baricentro, pertanto la sua posizione e disposizione nello spazio determina la nostra stabilità.

Per quanto riguarda la sua posizione, questa deve risultare il più vicino possibile alla parete e, come già accennato, risultare sulla perpendicolare della linea ideale che unisce i piedi, infatti è in questo modo che il peso può essere scaricato in modo ottimale sulla base d’appoggio. Nel nostro caso, il bacino risulterà al centro della nostra base d’appoggio, cosa che permetterà di distribuire equamente il peso su entrambe i piedi

. Come abbiamo precedentemente specificato, il bacino deve risultare vicino alla parete, pertanto retroverso, cosa che otteniamo contraendo i glutei ed addominali e spingendo il bacino in avanti. Tendo a specificare, che la posizione del bacino, dipende anche dalla posizione dei piedi ed in particolare dai talloni, infatti più i talloni sono in alto più la retroversione del bacino risulta essere più difficile, in quanto un innalzamento dei talloni determina infatti un’accentuazione della curva lombare e l’allontanamento del bacino (anteversione) dalla parete ed uno spostamento del peso fuori dalla base d’appoggio.

Per ciò che riguarda la posizione del busto, questa sarà distaccata dalla parete, pertanto con le spalle arretrate per poter osservare la disposizione degli appigli mentre le braccia sono distese per non essere troppo affaticate

Quella che abbiamo analizzato è quindi la posizione base da assumere su di una parete verticale o appoggiata ed è quella che ci consente la maggiore stabilità in condizioni ottimali, è pertanto una posizione statica.

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Andiamo ora ad osservare come questa posizione varia nel corso di una progressione lungo un itinerario d’arrampicata

IL MANTENIMENTO DELL’EQUILIBRIO DURANTE LA PROGRESSIONE Il concetto base che deve essere rispettato in tutte le espressioni motorie e quindi anche in arrampicata, è quello inerente al mantenimento costante dell’equilibrio, ovvero, la continua ricerca di questo, man mano che si procede verso una determinata direzione, sia questa verso l’alto oppure lateralmente

Partendo dalla posizione fondamentale analizzata, per procedere verso una determinata direzione dobbiamo ricorrere allo spostamento degli arti e quindi del nostro corpo in direzione di questa.

Ogni spostamento di uno dei nostri arti determina una variazione del nostro equilibrio, che dovrà essere pertanto, di volta in volta ripristinato prima di eseguire un ulteriore spostamento

Una volta assunta un posizione di equilibrio, la prima a spostarsi, sarà la mano in direzione degli appigli, azione seguita da uno spostamento del corpo per ripristinare l’equilibrio ed in particolare del bacino, che come abbiamo detto è il punto in cui viene localizzato il nostro baricentro.

Da quanto detto possiamo comprendere che prima di spostare una mano in direzione di un appiglio voluto, dobbiamo assumere la posizione di massimo equilibrio

Cerchiamo di individuare ora quali sono i principali canoni per poter mantenere il massimo equilibrio al momento della progressione

Partendo dalla posizione base, come abbiamo detto, il primo arto a muoversi, risulta essere la mano che si sposta in direzione dell’appiglio successivo, pertanto individueremo una mano ferma ed una che si sposta;

Per poter mantenere il maggior equilibrio, dovrò fare in modo, per quanto mi sarà reso possibile dall’itinerario, che la proiezione della mano ferma, cada dentro la base d’appoggio,. Ma l’azione fondamentale che mi permetterà di mantenere l’equilibrio,

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sarà quella di spostare il baricentro sulla perpendicolare dell’arto inferiore opposto, piegando pertanto la gamba e facendo gravare su questa la maggior quantità di peso possibile.

A questo punto potremo spostare la nostra mano in direzione dell’appiglio.(fig 2 ) Una volta raggiunto l’appiglio, il nostro equilibrio sarà variato e dovremmo procedere a ripristinarlo portando la nostra base d’appoggio sotto la mano che rimarrà ferma e successivamente sbilanciare il nostro baricentro verso l’arto inferiore opposto

Come abbiamo visto con entrambe le mani sugli appigli, ricerchiamo la nuova posizione di equilibrio, spostando i piedi e il bacino, dopodiché procediamo a spostare la mano in direzione dell’appiglio successivo.

Questo risulta essere un concetto di fondamentale importanza. La mancanza di equilibrio e quindi di stabilità del corpo nel raggiungere l’appiglio, determina un maggior dispendio energetico che molte volte nel principiante viene identificato come una mancanza di forza, mentre il motivo deve essere ricercato nell’errata disposizione del corpo in relazione agli appigli e appoggi.

fig 2

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Come possiamo vedere dalla foto, la proiezione della mano "ferma" (tratteggio verde) cade all'interno della base d'appoggio (tratteggio rosso) mentre il baricentro e sulla perpendicolare del piede che scarica la maggiorparte del peso (tratteggio nero)

L’INTERVENTO DELL’ISTRUTTORE

Il compito dell’istruttore, come possiamo bene intuire, è quello di trasmettere le nozioni fondamentali per consentire all’allievo di progredire. Questo suo compito, si concretizza molte volte durante l’impartizione di consigli utili all’allievo stesso , nel superare un certo passaggio.

Ma quali sono gli elementi indispensabili all’istruttore, per poter intervenire in modo efficace?

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1) sapere le condizioni ottimali grazie alle quali il corpo può essere mantenuto in equilibrio,

2) avere conoscenza di quali sono gli elementi a disposizione del nostro allievo per raggiungere quest’obbiettivo.

Soltanto alla luce di questo i consigli dell’istruttore potranno essere profiqui

Sempre a tal proposito, dobbiamo ricordare che l’intervento dell’istruttore dovrà essere il più efficace possibile. Questo potrà realizzarsi se gli interventi saranno rapidi e chiari, quindi se riusciranno a richiamare l’attenzione dell’allievo su concetti specificati in presedenza ed in condizioni più agevoli (allarga la base d’appoggio...

mano destra piede sinistro.. la mano dentro la base d’appoggio).ovvero in situazioni in cui l’allievo sia consapevole di ciò che sta svolgendo.

Per poter consigliare il nostro allievo nel superamento di un determinato passaggio, innanzitutto dobbiamo portarlo a posizionare correttamente il corpo in relazione agli appigli e agli appoggi.

Dovremo quindi far si che i canoni per il mantenimento dell’equilibrio, di qui abbiamo in precedenza parlato, vengano rispettati. Ovvero:

1) che la proiezione della mano che effettua il bloccaggio, cada possibilmente dentro la sua base d’appoggio,

2) che il suo baricentro sia portato sulla perpendicolare dell’arto inferiore opposto a quello che effettua il bloccaggio

dopodiché potremo passare alla correzione della posizione nell’appoggio dei piedi, alla posizione del bacino, busto, mani....

L’analisi del nostro allievo, deve quindi passare da una situazione generale, per passare successivamente ad una più particolare; é inutile insistere a richiamare l’attenzione dell’allievo su come appoggia i piedi, se neppure uno dei due canoni fondamentali che abbiamo analizzato risulta essere rispettato

GLI ERRORI PIÙ FREQUENTI E I METODI D’INTERVENTO PER LA LORO CORREZIONE

Come più volte specificato, il concetto fondamentale nella progressione in arrampicata è quello di raggiungere una situazione di massimo equilibrio prima di spostare l’arto superiore in direzione dell’appiglio successivo. Un esercizio molto utile al raggiungimento di questo obbiettivo, e il seguente:

Su di un muro artificiale, o su di una paretina bassa, il nostro allievo prende in successione gli appigli che noi gli indichiamo, ma prima di indicargli l’appiglio

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successivo, deve essere in grado di sollevare la mano che dovrà spostare senza perdere l’equilibrio. In questo modo costringiamo il nostro allievo ad acquisire la posizione di massimo equilibrio prima di raggiungere la presa successiva evitandogli cosi di “avventarsi” su questa prima di aver raggiunto l’equilibrio necessario. Inoltre dal momento che l’itinerario scelto non sarà eccessivamente impegnativo per l’allievo, potremo richiamare costantemente la sua attenzione sul modo in cui appoggia i piedi e su tutti i particolari che abbiamo già analizzato. Il passo successivo sarà di eseguire lo stesso esercizio su un itinerario più difficile.

Focalizzata quindi l’attenzione del nostro allievo sul concetto di mantenimento dell’equilibrio, dovremo andare a correggere gli eventuali ulteriori errori che questo presente durante la progressione.

Uno degli errori più frequenti, è quello che si evidenzia livello dell’appoggio dei piedi.

Come già accennato, nel principiante, questo molte volte si localizza a livello del metatarso, zona che, come abbiamo già spiegato, risulta poco sensibile e che, soprattutto, compromette l’indipendenza nell’appoggio.

Vediamo quindi che cosa si intende per indipendenza nell’appoggio del piede

.Questo, risulta essere un elemento di notevole importanza durante la progressione, in quanto consente un continuo spostamento del punto di caricamento del piede e di conseguenza del baricentro, senza che il piede perda sostanzialmente contatto con l’appoggio.

Molte volte, nella ricerca del nuovo equilibrio conseguente ad uno spostamento, il piede deve essere riposizionato sul medesimo appoggio con un’azione detta di macinamento (fig 3 ) Questo, molte volte, viene effettuato per poter lasciare spazio per un cambio di piede oppure per passare da un caricamento interno del piede ad un caricamento esterno spostando quindi la posizione del bacino (baricentro) nello spazio (fig 3 ).

Nel caso in cui il piede prenda contatto con l’appoggio a livello del metatarso, l’azione di macinamento tenderebbe a far scivolare il piede dall’appoggio. Per evitare quest’inconveniente si dovrebbe ricorrere ad un sollevamento del piede e ad un suo nuovo piazzamento, con conseguente dispendio energetico ed il rischio di un riposizionamento scorretto. Se il piede, invece risulta essere appoggiato a livello della porzione interna dell’alluce, l’azione di macinamento è più facilmente realizzabile.

Sarà infatti sufficiente abbassare il tallone, ruotare il piede, senza che questo perda contatto con l’appoggio, ed effettuare quindi il nuovo caricamento.

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fig 3 azione di macinamento: il piede pasa da una posizione di “appoggio interno” ad una di “appoggio esterno”

Appoggio interno Appoggio esterno

Nel principiante, l’azione di macinamento, eseguita per passare da un caricamento interno ad uno esterno, potrebbe risultare un elemento tecnico troppo evoluto, è infatti raro che su itinerari semplici possano essere presenti certe richieste tecniche. L’azione di macinamento del piede deve comunque essere imparata dal nostro allievo per diversi motivi. Innanzitutto perché possa acquisire progressivamente una certa indipendenza di tutti gli arti, ma soprattutto perché questa azione del piede è alla base di una delle tecniche di esecuzione di un corretto “cambio di piede”, Oltre ad essere fondamentale per poter riacquisire la posizione frontale nei confronti della parete, che nei principianti durante la progressione, viene persa di sovente .

Affrontiamo questi due argomenti con ordine, considerando per primo la perdita della posizione frontale ed il suo recupero.

Come abbiamo specificato all’inizio dei paragrafi, la posizione frontale, su questo genere di terreno, è quella che ci consente di mantenere nel modo più agevole l’equilibrio (come in tutto vi sono comunque le eccezioni). Vi sono casi in cui questa viene persa.

Questi, nel principiante, si verificano soprattutto quando l’itinerario presenta un tratto orizzontale, ovvero un traverso.

In questa situazione, l’allievo tende a volgere il suo piano frontale nella direzione dello spostamento, effettuando un incrocio delle gambe (fig 4 ).

Fig 4

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Non possiamo considerare questo come un errore, dal momento che è, comunque, un’azione avente come obbiettivo il recupero del equilibrio, a patto che, prima di spostare una mano in direzione dell’appiglio successivo, venga abbandonato l’incrocio di gambe che tende ad allontanare il bacino dalla parete, oltre riportare il piede, che per un istante ha visto un caricamento esterno, in appoggio anteriore interno tramite l’azione cosiddetta di macinamento. Se così non fosse il piano frontale non risulterebbe parallelo alla parete, bensì incidente compromettendo in parte la corretto posizione del baricentro, oltre ad un insufficiente caricamento del piede necessario alla progressione (piede portante), cosa che molte volte non consente al soggetto di raggiungere l’appiglio successivo (fig 5 )

fig 5

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Nella figura di sinistra, l'allievo non ha effettuato il macinamento sul piede destro pertanto il peso non può essere scaricato sull'arto inferiore sinistro. dopo l'azione di macinamento (foto di destra) si può osservare come il pesoviene portato sul piede sinistro (gamba sinistra piegata) e l'allievo riesce a raggiungere un punto più lontano (il punto rosso indica la posizione della mano prima di effettuare l'azione di macinamento)

Riguardo al “cambio piede” possiamo dire che questo elemento tecnico, ricorre sovente in arrampicata, ma risulta essere particolarmente importante negli itinerari che prevedono un traverso.

Il cambio di piede, ci consente nei casi di spostamento laterale, di evitare di incrociare le gambe, mantenendo quindi sempre una posizione frontale nei confronti della parete e quindi non incorrere negli inconvenienti prima descritti.

Nel principiante, il cambio di piede viene sovente eseguito effettuando un saltello, cosa che spesso è resa possibile dalle notevoli dimensioni degli appoggi e degli appigli sui quali si trova ad agire. Come sappiamo man mano che queste diminuiscono, questa azione deve essere sempre più controllata e correttamente eseguita. Come già detto vi sono varie tecniche per poter effettuare un cambio di piede senza il saltello. Una di queste, è quella che prevede l’azione di macinamento del nostro piede d’appoggio.

In Questo caso, il piede comincia a ruotare verso l’esterno, lasciando progressivamente spazio al piede che prenderà successivamente appoggio.

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Anche per il cambio di piede, dobbiamo prevedere un esercizio che possa consentire il suo apprendimento ed un esercizio che ne evidenzi l’utilità per il recupero dell’equilibrio.

Riferendoci alla prima necessità, un esercizio molto semplice ed utile, e quello di far eseguire al nostro allievo una serie di “cambio piede” sempre su di uno stesso appoggio che possiamo via via ridurre di dimensione in modo che l’esecuzione del gesto debba essere sempre più controllata. Per ottenere questo obbiettivo possiamo non solo ridurre le dimensioni dell’appoggio, ma anche quelle degli appigli su cui l’allievo si tiene per poter effettuare il “cambio piede”.

Come abbiamo detto, dobbiamo anche prevedere un esercizio che possa far comprendere l’utilità del cambio piede per il recupero dell’equilibrio. Per poter far questo dobbiamo mettere nuovamente il nostro allievo in una situazione coercitiva:

Partendo dalla posizione base precedentemente analizzata, facciamo eseguire al nostro allevo un traverso verso destra o verso sinistra, come sempre indicandogli le prese da utilizzare e facendo si che queste( logicamente una volta si ed una no) siano spostate rispetto alla sua base d’appoggio, invitandolo ad eseguire per ogni spostamento, un cambio di piede.

Con l’insegnamento del cambio di piede, abbiamo dato al nostro allievo, un elemento i più per poter recuperare di volta in volta l’equilibrio nello spostamento del corpo.

IL CORRETTO SFRUTTAMENTO DI APPIGLI E APPOGGI

La comprensione della disposizione del nostro corpo lungo un itinerario d’arrampicata, è alla base per poter capire come il baricentro debba essere spostato per mantenere l’equilibrio. Quest’importante concetto, vale logicamente per l’arrampicata su tutti i terreni.

Gli errori nella disposizione del corpo, sono dovuti quindi ad un errata distribuzione del peso sugli elementi che ci sono dati per procedere(appigli e appoggi). Dobbiamo pertanto essere in grado di leggere la conformazione e l’orientamento di quest’ultimi per poter disporre correttamente il nostro corpo su di essi.

In questa analisi, consideriamo prima di tutto gli appigli.

Questi, devono logicamente essere sfruttati nella loro direzione migliore per poter consentite una progressione economica. Per ogni appiglio dobbiamo essere in grado di individuarne la direzione migliore per il suo sfruttamento ed esprimere quindi la forza necessaria principalmente in quella direzione, Dobbiamo pertanto sensibilizzare il nostro allievo sull’esistenza di quest’aspetto, questo gli consentirà di meglio comprendere alcuni errori nella sua arrampicata ed agevolerà la loro correzione.

Per ciò che riguarda gli appoggi, un discorso analogo può essere fatto per l’entità del loro sfruttamento.

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La maggior difficoltà che presenta un arrampicatore poco esperto è quella di comprenderla “quanto e come” portare peso sugli appoggi.

La tendenza del principiante, è infatti quella di sovraccaricare gli arti superiori, arrampicando con gli arti inferiori quasi completamente distesi, anteversione del bacino (sedere infuori) e busto molto vicino alla parete dal momento che le braccia sono costantemente flesse, quindi contratte e mai rilassate. Quest’assetto, esasperato nella mia descrizione, è comunque più o meno accentuato a seconda del livello tecnico raggiunto dall’arrampicatore. Ad ogni modo la corretta distribuzione del peso, o meglio, dell’ottimale quantità di peso da scaricare sugli appoggi, è un concetto di non facile comprensione. La tendenza che infatti si ha, è quella di cercare di distribuire equamente il peso su entrambe i piedi pensando di essere in questo modo avvantaggiati, dimenticando che durante la progressione il baricentro deve essere portato sulla perpendicolare del piede che in prevalenza scaricherà il peso

Come specificato in precedenza, l’appoggio su cui deve essere scaricato la maggiorparte del peso, è quello relativo all’arto inferiore opposto rispetto alla mano che effettua il bloccaggio.

Questo importante concetto, sovente dimenticato, è alla base di molti errori .

Infatti molte volte, a costo di voler tenere entrambe i piedi su due appoggi, le gambe non risultano essere piegate abbastanza (fig 7 ) pertanto il peso non è adeguatamente scaricato sugli appoggi e le braccia contratte. Se ad ogni modo ci forzassimo nel piegare le gambe, assumendo la posizione a rana , a meno di non possedere una notevole mobilità articolare a livello delle anche, il nostro bacino non sarebbe più vicino alla parete ed il peso scaricato sugli appoggi risulterebbe piuttosto ridotto.

(fig 7)

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Figura 7

nell’immagine di sinistra il peso e distribuito su entrambe gli appoggi ma le braccia risultano essere contratte Facendo gravare il peso più su un appoggio e allineando il bacino con il piede portante le braccia vengono sgravate dal peso (immagine di destra)

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L’esercizio di seguito descritto, ha come obbiettivo il sensibizzare l’allievo, sulla necessità di portare il proprio baricentro sulla perpendicolare del piede che in prevalenza scaricherà il peso

L’allievo esegue su un itinerario prescelto, dei bloccaggi con un solo piede appoggiato, pertanto dopo aver acquisito la posizione d’equilibrio tra una presa e l’altra, prima di raggiungere l’appiglio successivo verifica di avere solo un piede appoggiato (Fig 8

Solo il piede sinistro viene appoggiato, mentre il destro è sollevato dagli appoggi. Questo fa si che il bacino sia portato il più possibile sulla perpendicolare dell'appoggio da caricare

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L’ARRAMPICATA SU PARETE STRAPIOMBANTE: ANALISI DELLA POSIZIONE FONDAMENTALE

Prima di affrontare questo argomento, dobbiamo fare un richiamo alla posizione base trattata nel precedente capitolo.

L’assetto del corpo precedentemente analizzato ,in una situazione statica, quindi con i quattro arti a contatto con la parete, è una posizione che può essere comunque mantenuta anche sul terreno d’azione che andremo ora ad analizzare. In una situazione di progressione, ovvero di spostamento in direzione di un appiglio, il mantenere la posizione frontale, richiede un maggior dispendio energetico a carico degli arti superiori; dovremo pertanto ricorrere ad una nuova elaborazione della posizione fondamentale, di modo che il dispendio energetico possa essere ridotto al minimo.

Come abbiamo avuto modo di analizzare, su di una prete non strapiombante, “la posizione frontale” risultava quella più vantaggiosa per poter realizzare una situazione di equilibrio stabile e far si che una buona parte del nostro peso potesse essere scaricato anche a livello degli arti inferiori alleggerendo quindi l’azione degli arti superiori che come sappiamo risultano essere i primi ad affaticarsi.

Su di una parete d’arrampicata che diviene via via sempre più strapiombante, il mantenimento della posizione frontale risulta essere sempre più faticoso, soprattutto quando questa posizione viene mantenuta durante la progressione.

Nel capitolo relativo alla progressione su parete verticale, abbiamo specificato come sia importante, spostare una mano verso l’appiglio successivo,solo dopo aver assunto la posizione di miglior equilibrio.

Come detto, questa situazione poteva essere raggiunta rispettando due importanti elementi Il più importante tra questi, era quello relativo alla posizione del baricentro, il quale doveva trovarsi possibilmente sulla perpendicolare dell’arto inferiore opposto alla mano che stava effettuando il bloccaggio.

A questo punto, se volessimo applicare questo concetto ad una progressione su parte strapiombante, gli arti superiori sarebbero chiamati maggiormente in carico. Infatti per poter portare il baricentro sopra l’arto inferiore interessato, non sarà sufficiente piegare la gamba, come nel caso di progressione su parete verticale, ma sarà necessario avvicinare totalmente il corpo alla parete stessa, accentuando la retroversione, ma soprattutto flettendo le braccia ed aumentando quindi il dispendio energetico (fig 9 ).

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Fig 9

Alla luce di quanto detto, dobbiamo quindi trovare, nella nostra progressione, una posizione di equilibrio che ci consenta uno sforzo minore rispetto alla posizione frontale

LA POSIZIONE LATERALE

La posizione laterale, che andremo ora ad analizzare, risulta essere l’assetto migliore da tenere durante la progressione su di una parete strapiombante. In questo caso, il nostro piano frontale non risulta essere parallelo alla parete , bensì incidente.

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Per poter semplificare la spiegazione, andiamo ad analizzare la posizione che dovrà essere assunta qualora sia il destro l’arto superiore da spostare durante la progressione.

Nel nostro caso sarà pertanto la mano sinistra che effettuerà il bloccaggio.

Partendo nella nostra analisi dal basso, diremo che il piede destro appoggia a livello della sua porzione anteriore esterna ed anche in questo caso il tallone sarà rivolto verso il basso. L’appoggio andrà via via ad interessare maggiormente la zona in prossimità del mignolo, qualora le dimensioni degli appoggi vengano a ridursi.

Per raggiungere la massima stabilità, l’appoggio per il nostro piede destro, deve essere ricercato sulla perpendicolare della mano sinistra o spostato a sinistra rispetto a questa. La gamba destra risulterà piegata del tanto che consentirà di mantenere il braccio che effettua il bloccaggio disteso.

La gamba sinistra deve risultare distesa ed il piede andrà a caricare, con la punta, un appoggio lontano. In questo modo sarà facilitata l’azione di avanzamento del ginocchio destro e di conseguenza del bacino, il quale si troverà in questo modo sulla perpendicolare dell’appoggio.

Come abbiamo detto il braccio sinistro risulta essere disteso e dovrà cercare di rimanere tale durante tutta l’azione volta al raggiungimento dell’appiglio successivo.

Quest’ultimo obbiettivo, viene raggiunto orientando la spalla destra in direzione dell’appiglio andando quindi a chiudere l’angolo busto braccio. A questo punto sarà sufficiente distendere la gamba destra, cosa che ci consentirà di raggiungere l’appiglio successivo, una volta raggiunto questo, ribalteremo tutto quanto descritto, sul lato opposto. (Fig 10)

Figura 10

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Da quanto ne risulta da questa descrizione, l’arrampicata su terreno strapiombante prevede un continuo cambio di orientamento del nostro corpo in rapporto alla parete.

Questo concetto alla base dell’arrampicata in strapiombo, è spesso di difficile comprensione per l’allievo, il quale per poter riacquisire l’equilibrio tra un passaggio e l’altro deve eseguire una serie d’azioni maggiore rispetto a quanto si trova a fare su una parete verticale o appoggiata.

Quello che dobbiamo far capire al nostro allievo, è pertanto la necessità di effettuare il cambio di fronte prima di portare la mano sull’appiglio successivo.

Anche in questo caso, questo obbiettivo lo possiamo raggiungere facendo eseguire al nostro allievo un esercizio.

Su una parete strapiombante, individuiamo due appigli e due appoggi posti possibilmente alla stessa altezza.

Partendo dalla posizione laterale destra (Quindi mano sx sull’appiglio) facciamo sollevare la mano destra al nostro allievo (il corpo e quindi in equilibrio).

A questo punto, dopo che questi avrà portato la mano destra sull’altro appiglio, chiediamo al nostro allievo di sollevare a mano sinistra.

Questo lo obbligherà ad effettuare il cosiddetto cambio di fronte

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Chiediamo a questo punto al nostro allievo di sollevare alternatamente la mano destra e la mano sinistra riacquistando ogni volta l’equilibrio necessario.

Al momento del cambio di fronte, per poter rivolgere alla parete il lato opposto, ci troviamo ad incrociare per un istante le gambe

(fig 11 )

Come nel caso dell’arrampicata su parete verticale, dobbiamo far si che questa fase sia soltanto una fase di passaggio, in quanto il bacino risulta notevolmente scostato dalla parete ed il peso non correttamente scaricato sull’arto inferiore più importante .

Per evitare che il nostro allievo possa incorrere in questo errore, dobbiamo ricordargli, che su questo genere d’arrampicata, ogni spostamento di mano è accompagnato da almeno tre spostamenti di piede

fig 12-

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Fig 12

fase1

fase 2

fase 3

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Come detto all’inizio, l’obbiettivo di questa dispensa era quella di far luce sulle principali componenti dell’arrampicata su due terreni sostanzialmente diversi.

Sicuramente le varianti delle situazioni che abbiamo analizzato sono molteplici, ma più o meno accentuatamente rispettano quelli che abbiamo considerato i punti fondamentali dell’arrampicata, risultando quindi delle variazioni sul tema degli argomenti che abbiamo fin ora descritto.

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