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4° Libro Bianco sulla legge Fini-Giovanardi

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Academic year: 2021

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LIBRO BIANCO SULLA LEGGE

FINI-GIOVANARDI

FUORILUOGO.it

Illustrazione e commento dei dati sulle conseguenze penali, sulle sanzioni amministrative e l’impatto sul sovraffollamento nelle carceri

4 °

Con l’adesione di

Magistratura Democratica

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4° LIBRO BIANCO

sulla legge Fini-Giovanardi

Indice

INTRODUZIONE pag. 3

Franco Corleone e Stefano Anastasia

SETTE ANNI DI APPLICAZIONE DELLA LEGGE ANTIDROGA (2006-2012):

UNO SGUARDO D’INSIEME SUGLI EFFETTI PENALI E SANZIONATORI pag. 7 Grazia Zuffa

LE MISURE ALTERNATIVE E LA LEGGE SULLE DROGHE pag. 13 Alessio Scandurra

SCHEDA pag. 18

La legge antidroga (49/2006): i principali contenuti

Appendice I

L’incostituzionalità della Legge Fini-Giovanardi pag. 19 Appendice II

Droghe, Carcere e Diritti Umani: 3 leggi per la giustizia e i diritti pag. 89

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Abbiamo deciso la pubblicazione del quarto Libro Bianco su- gli effetti della legge Giovanardi sulle droghe non solo per ribadire i danni collaterali di una normativa repressiva e cri- minogena, aggravata dal carattere classista della legge Cirielli sulla recidiva, che salva gli incensurati e bastona i poveri cristi (cioè proprio i tossicodipendenti e gli emarginati); ma soprat- tutto per porre al nuovo Governo e al nuovo Parlamento i ter- mini che legano la questione droghe con il sovraffollamento del carcere. Anche se è difficile sperare in una discontinuità profonda nelle politiche sul carcere e in particolare in quelle sulle droghe: l’esperienza del Governo Monti e dei ministri Severino e Riccardi si è rivelata assai deludente, soprattutto considerando le fiduciose aperture di credito.

Le carceri sono strapiene di poveracci e la denuncia del so- vraffollamento rischia di costituire un alibi per non fare nul- la, per il timore di dover affrontare il nodo che determina la quotidiana violazione dei diritti umani nelle prigioni, cioè la legislazione antidroga.

Sono passati sette anni dall’approvazione della legge 49 del 2006 che con un colpo di mano di dubbia legittimità costi- tuzionale portò indietro le lancette dell’orologio cancellando l’esito del referendum del 1993 (che aveva sancito la depena- lizzazione della detenzione di stupefacenti per uso persona- le). La nuova legge introdusse la tabella unica delle sostanze e quindi la parificazione delle pene per tutte le droghe, leggere e pesanti, con la previsione di pesanti sanzioni (da sei a venti anni di carcere) per la detenzione illecita, l’aggravamento del- le sanzioni amministrative per l’uso personale e una commi- stione ricattatoria tra cura e pena. Infine la legge introduceva per la detenzione di sostanze stupefacenti una soglia quanti- tativa al di sopra della quale sarebbe valsa la presunzione di spaccio; così si è realizzata l’incriminazione di molti consuma- tori per il semplice possesso anche di una quantità minima in eccedenza rispetto a quanto fissato da un decreto del mi- nistero della Sanità successivo all’approvazione della legge.

Si è così realizzato il paradosso di una visione farmaceutica

del diritto che ha stabilito illegittimamente un reato per via amministrativa!

Il primo Libro Bianco fu presentato nel 2009 in occasione della Conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope, convocata dall’allo- ra zar antidroga italiano, il sottosegretario Carlo Giovanardi.

Gli effetti negativi dell’inasprimento penale cominciavano a emergere con nettezza, nonostante le incertezze interpretative della nuova normativa e le conseguenze positive determina- te dall’uscita dal carcere di circa 27.000 detenuti in seguito all’approvazione dell’indulto nel luglio del 2006.

La Conferenza, blindata e chiusa a ogni libero confronto, eluse provocatoriamente proprio il dettato della legge: essa infatti prescrive che le conclusioni della Conferenza debbano essere comunicate al Parlamento anche al fine di individuare even- tuali correzioni alla legislazione antidroga dettate dall’espe- rienza applicativa.

Già l’anno scorso, il Presidente del Consiglio avrebbe dovuto convocare una nuova Conferenza, che non avrebbe potuto eludere la discussione sul fallimento della “guerra alla droga”

dopo molti autorevoli pronunciamenti in tal senso: da quel- lo della Global Commission, presieduta da Kofi Annan e altre personalità di livello internazionale, per arrivare alle prese di posizione per una politica globale alternativa in seno alla Conferenza degli Stati Americani. In questo quadro di decisa spinta al rinnovamento, spiccano l’azione della Bolivia che è riuscita ad ottenere il riconoscimento internazionale della legalizzazione della foglia di coca e il risultato di due recenti referendum per la legalizzazione della produzione e consumo di cannabis negli stati americani di Colorado e Washington.

Nel Terzo Libro Bianco pubblicato l’anno scorso, le conseguen- ze tragiche della svolta punitiva erano testimoniate dalle cifre.

Aumentava il numero delle operazioni di polizia ma calavano i sequestri di sostanze, a dimostrazione di come la repressione

INTRODUZIONE

La politica delle droghe a metà del guado,

tra sovraffollamento penitenziario, riduzione dei servizi

e questioni di legittimità costituzionale

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“puntava al basso”; cresceva il numero delle persone segna- late all’autorità giudiziaria; aumentava in maniera impressio- nante il numero delle sanzioni amministrative (più che rad- doppiate dal 2006 al 2011); aumentava la percentuale dei tossicodipendenti in carcere sul totale dei detenuti e quella sul totale degli ingressi. Soprattutto aumentava in maniera espo- nenziale il numero dei ristretti per violazione della normativa antidroga, specie dell’art. 73, il doppio dal 2006 al 2011.

Anche l’idea molto propagandata da Giovanardi, secondo cui la recrudescenza penale sarebbe stata compensata dalla dilatazione delle misure alternative al carcere, si dimostrava fallace, tanto è vero che gli affidamenti terapeutici continua- vano ad essere inferiori nel 2011 rispetto a quelli del 2006.

E’ importante notare che con la nuova legge si è invertita la tendenza di lungo corso (sin dagli anni novanta) che vedeva la maggioranza degli affidamenti riconosciuta a soggetti pro- venienti dalla libertà: al contrario, attualmente la gran parte ottiene la misura alternativa provenendo dal carcere. Il quadro che emergeva era allarmante e fuori controllo: l’esplosione delle pendenze giudiziarie, la diminuzione degli interventi so- cio-sanitari e delle presenze in comunità, le difficoltà dei ser- vizi di riduzione del danno che subiscono la crisi del sistema di welfare.

I dati del 2012 che presentiamo in anteprima, analizzati da Grazia Zuffa, confermano il quadro d’insieme degli ultimi anni, con alcune criticità nuove che rendono non facile l’analisi e la valutazione delle politiche sulle droghe. In particolare il passaggio dell’assistenza sanitaria in carcere al Servizio Sani- tario Nazionale ha prodotto una differenza tra i dati raccolti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e quelli raccolti dalle Regioni. Per di più, l’anno scorso il Dipartimento Antidroga ha imposto un nuovo sistema di rilevazione dei sog- getti tossicodipendenti, la cui complessità e arbitrarietà ha già prodotto dati contraddittori tra i soggetti diagnosticati “dipen- denti” e i soggetti qualificati come “assuntori o consumatori di sostanze stupefacenti”. Come tre anni fa la Relazione pubblica- ta sotto la responsabilità scientifica del dottor Serpelloni fece discutere per l’annuncio clamoroso di un crollo del 25% dei consumi life time di cannabis, suscitando una vera incredulità nella comunità scientifica anche internazionale, così sospettia- mo che la diminuzione del numero dei detenuti tossicodipen- denti appartenga alla categoria dei miracoli della propaganda.

Quel che a noi interessa di più è il dato fornito dal Ministero dell’Interno e dal DAP sulle persone segnalate all’Autorità Giu- diziaria per violazione degli articoli 73 e 74 (spaccio e traffico), sugli arrestati e sulle presenze in carcere per questi reati.

Altra cifra significativa è rappresentata dalle segnalazioni alle prefetture per semplice consumo e dalle conseguenti sanzioni amministrative irrogate.

Un dato fondamentale che il Ministero della Giustizia colpe-

volmente non rileva è la percentuale di persone condannate e ristrette per “fatti di lieve entità” (condannate in base al quin- to comma dell’art. 73 con una pena da 1 a 6 anni di carcere).

La questione è rilevante perché questa rilevazione permette- rebbe di capire l’impatto repressivo sui consumatori/piccoli spacciatori: la famosa platea di “poveracci” che tutti a parole vorrebbero al di fuori delle mura delle prigioni. La carenza di questo elemento, assieme alla non differenza normativa tra le diverse sostanze, rende inevitabilmente opaco il quadro d’in- sieme.

Forum Droghe, che con la Fondazione Michelucci aveva con- dotto nel 2010 una ricerca sui danni collaterali della lotta alla droga in Toscana, sta conducendo una nuova analisi appro- fondita sul peso del quinto comma tra i detenuti nelle carceri toscane.

Infine presentiamo un affresco (assai deludente) della conces- sione di misure alternative, in particolare per i soggetti tossico- dipendenti, elaborato da Alessio Scandurra.

Le organizzazioni che presentano questo Libro Bianco, da anni impegnate sul terreno dell’intervento sociale e culturale, chie- dono oggi una riforma profonda. A tal fine offrono una pro- posta di interventi legislativi urgenti per limitare il flusso di entrata e liberare i tossicodipendenti dal carcere. I testi sono stati depositati come proposte di legge di iniziativa popolare, che stanno raccogliendo molte adesioni e l’entusiasta adesio- ne dei giovani. Una soluzione normativa del genere, accom- pagnata da una drastica riduzione del ricorso alla carcerazione preventiva come richiedono le Camere penali, dimezzerebbe il numero dei detenuti e consentirebbe di discutere seriamen- te di un modello di carcere capace di affrontare la sfida dell’art.

27 della Costituzione sul senso della pena.

Queste proposte sono all’attenzione anche del Governo e del Parlamento, che entro il prossimo mese di maggio 2014 do- vranno ottemperare agli obblighi imposti dalla Corte europea dei diritti umani. Il Governo si è già impegnato a varare un de- creto che, al momento in cui mandiamo in stampa questo libro bianco, ancora non conosciamo nei suoi dettagli. Anche alla luce delle dichiarazioni del Ministro Cancellieri sui due tempi dell’intervento governativo, temiamo che nel decreto-legge non vi sia nulla riguardo alla revisione della legislazione sulla droga. Eppure, proprio da questa revisione può venire un ef- fetto durevole nella riduzione degli ingressi e delle presenze in carcere. Aspettiamo quindi che i successivi passaggi politici e parlamentari già preannunciati dal Ministro affrontino in ra- dice questa questione.

D’altra parte, fino a questo momento il Governo non ha attri-

buito la delega per la politica sulle droghe, e quindi riteniamo

che l’impegno di legge per la convocazione della Conferenza

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nazionale sulle tossicodipendenze slitterà ancora. Per que- sto motivo, le associazioni promotrici di questo Libro Bianco, assieme ad altre organizzazioni, hanno deciso di promuove- re una propria conferenza per la riforma della politica delle droghe per il prossimo mese di novembre a Genova, presso la Comunità di San Benedetto al Porto di don Andrea Gallo, recentemente scomparso.

C’è un’altra prospettiva aperta: la decisione della Corte Costitu- zionale sulla incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi, per le modalità abnormi della sua approvazione, avvenuta con un colpo di mano contro il Parlamento. La questione, elaborata da un gruppo di lavoro della Società della Ragione coordinato da Luigi Saraceni è già stata sollevata dalla Terza sezione penale della Cassazione, dalla Corte d’Appello di Roma e da Tribunale di Viterbo. E’ anche all’esame della Corte d’Appello di Firenze e del tribunale di Tolmezzo.

Occorre abbandonare la strada che produce decine di migliaia di vere e proprie vittime della guerra alla droga. Il primo passo sarebbe di prendere consapevolezza del carattere emergen- ziale delle leggi antidroga, per ristabilire le regole dello stato di diritto che la war on drugs ha travolto.

La recrudescenza della repressione nelle piazze, nei luoghi di aggregazione giovanile e nei contesti del divertimento va di pari passo con l’esasperazione dei “controlli” generalizzati tra- mite i test antidroga. La prevenzione è stata sostanzialmente abbandonata, lasciando il campo alla criminalizzazione degli stili di vita non omologati. La campagna di epurazione con- dotta a Roma dall’ex sindaco Alemanno, tramite l’Agenzia Ca- pitolina per le Tossicodipendenze, contro le organizzazioni che hanno garantito fino ad ora servizi di alto livello, dalla bassa soglia alle strutture di comunità, è stato un esempio di arro- ganza e di clientelismo che deve far riflettere sulla mancanza del senso del limite (e della legalità) e sulla violenza di chi vuol far prevalere a tutti i costi il settarismo.

Le azioni giudiziarie di pura valenza ideologica sono tante, da quella contro il Centro Sociale Livello 57 di Bologna a quella contro il festival reggae Rototom di Udine, dai processi ai ven- ditori di semi di canapa a quelli contro i coltivatori di piantine di marijuana. Per non parlare delle tragedie che costituiscono una catena intollerabile di vite perdute. Stefano Cucchi, Fede- rico Aldrovandi e Aldo Bianzino sono solo i nomi di tre storie che hanno rotto il muro dell’omertà.

In conclusione. Il sovraffollamento nelle carceri si è stabiliz- zato sulla presenza di 66.000 detenuti: la metà di questi sono tossicodipendenti o consumatori o piccoli spacciatori. E’ una vergogna non più tollerabile: da anni chiediamo misure stra- ordinarie per liberare le carceri da persone che non dovreb-

bero essere recluse in spazi angusti e fatiscenti, dove la rie- ducazione e il reinserimento non rappresentano neppure una evocazione di stile, ma si riducono a una grottesca giaculatoria.

Insistere a mettere in galera chi fa uso di droghe illegali rap- presenta un errore grossolano dal punto di vista sociale ed educativo (e perfino terapeutico, per i tossicodipendenti). Ma è anche una ferita alla giustizia propria di una visione da sta- to etico. Per troppi anni abbiamo assistito ad una progressiva involuzione dello stato sociale in uno stato autoritario. Il “pan- penalismo” è un virus che ha infettato in profondità la nostra società.

La politica delle droghe in Italia pare fuori dall’agenda della politica ufficiale (lo è stata a lungo per la destra, e terremo sot- to attenta osservazione il Governo Letta). Pensiamo che sia un errore. La politica delle droghe è invece una chiave per com- prendere i rapporti internazionali e molte questioni di geopo- litica. In termini simbolici, essa rappresenta un indicatore sul funzionamento della giustizia e sul carattere dei diritti.

Siamo convinti che una nuova stagione della politica debba fondarsi su una ricostruzione del senso comune e questo può davvero essere un terreno di sperimentazione sociale, a mag- gior ragione in tempi di crisi dell’economia.

Il 2014 sarà un anno decisivo, perché esattamente nel mese di maggio, scadrà il tempo a disposizione dell’Italia per uscire dall’illegalità per le condizioni delle carceri e il primo di aprile dovranno essere chiusi gli Opg.

Il tempo delle decisioni si avvicina.

La democrazia richiede solidarietà ma deve essere anche illu- minata dalla ragione.

Stefano Anastasia

Franco Corleone

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SETTE ANNI DI APPLICAZIONE DELLA LEGGE ANTIDROGA (2006-2012): UNO SGUARDO D’INSIEME SUGLI EFFETTI PENALI E SANZIONATORI

Grazia Zuffa

L’impatto della legge sul carcere: aumentano in percentuale gli ingressi in carcere per violazione dell’art.73 della legge antidroga (Produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti)

Se l’obiettivo del legislatore del 2006 era il contenimento dei comportamenti connessi alle droghe illegali attraverso l’inaspri- mento punitivo, questo non è stato raggiunto.

Un detenuto su tre entra in carcere ogni anno per la violazione dell’art. 73 D.P.R. 309/1990.

Sono significativi i dati degli ingressi in carcere per violazione della legge antidroga in rapporto al totale degli ingressi. Nel 2006 gli ingressi in carcere in violazione dell’art. 73 (detenzione di sostanze illecite) della legge antidroga sono stati 25.399 (su un totale di 90.714); nel 2012 sono state incarcerate 20.465 persone (su un totale di 63.020).

La diminuzione in termini assoluti degli incarcerati per violazione della normativa antidroga è in relazione alla consistente di- minuzione degli ingressi complessivi. Tuttavia, si registra l’aumento in percentuale che è costante e consistente dal 2006 in poi:

il 28,03 % nel 2006, il 29,84% nel 2007, il 31,11% nel 2008, il 32,21% nel 2009, il 30,87% nel 2010, il 31,75 nel 2011. Nel 2012 si registra un picco percentuale: il 32,45 del totale delle persone entrate in carcere era accusato di violazione dell’art.73 della legge antidroga.

Tab.1 Ingressi in carcere per violazione art. 73 DPR 309/90 rispetto al totale

Ingressi negli istituti penitenziari per

qualsiasi reato Ingressi per reati in violazione dell’art.73 DPR 309/90

Percentuale reati in violazio- ne dell’art. 73 DPR 309/90

sul totale ingressi Anno Italiani Stranieri Totale Italiani Stranieri Totale Percentuale

2005 49.281 40.606 89.887 15.670 10.107 25.777 28,68%

2006 47.426 43.288 90.714 15.074 10.325 25.399 28,00%

2007 46.581 43.860 90.441 15.392 11.593 26.985 29,84%

2008 49.701 43.099 92.800 16.564 12.301 28.865 31,10%

2009 47.993 40.073 88.066 15.909 12.460 28.369 32,21%

2010 47.343 37.298 84.641 15.695 10.446 26.141 30,88%

2011 43.677 33.305 76.982 14.226 10.226 24.452 31,76%

2012 36.014 27.006 63.020 11.376 9.088 20.465 32,47%

Fonte: Dipartimento Amministrazione Penitenziaria- Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato-Sezione statistica

Presenze in carcere: quattro detenuti su dieci sono ristretti per violazione dell’art.73

Al 30 giugno 2012 erano 26.061 i detenuti ristretti in violazione dell’art.73, pari al 39,17%, mentre al 31 dicembre erano

25.269, pari al 38,4%. Se si analizzano i dati in sequenza, si osserva un trend consolidato rispetto alla composizione della

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popolazione carceraria dal 2006 ad oggi: circa quattro detenuti su dieci sono ristretti per violazione dell’art.73. La tabella sot- to riportata ci offre il quadro immediato delle ragioni del sovraffollamento carcerario. Per dare un’idea dell’aumento, si può ricordare il dato del dicembre 1993, dopo il referendum che modificò la legge del 1990 (Jervolino-Vassalli) depenalizzando il consumo: i ristretti per art.73 erano 15.820, pari al 31,42%.

Tab. 2 Presenze in carcere per violazione art. 73 DPR 309/90 rispetto al totale

Data rilevazione Detenuti presenti Ristretti art.73 Perc. art.73 rispetto ai presenti

31/12/2006 39.005 14.640 37,53%

31/12/2007 48.693 18.222 37,42%

31/12/2008 58.127 22.727 39,10%

31/12/2009 64.791 26.052 40,21%

31/12/2010 67.961 27.294 40,16%

31/12/2011 66.897 26.559 39,70%

31/12/2012 65.701 25.269 38,46%

Fonte: Dipartimento Amministrazione Penitenziaria- Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato-Sezione statistica

Per riassumere…

Tab. 3 Detenuti con ascritti reati di cui agli articoli 73 e 74 DPR 309/1990

Articoli Presenti al 31/12/2012 Entrati nel 2012

Solo 73 19.891 19.287

Solo 74 761 250

73 e 74 5375 1178

Totale 26.027 20.715

Fonte: Dipartimento Amministrazione Penitenziaria- Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato-Sezione statistica

L’art.74 punisce “l’associazione finalizzata al traffico illecito”. L’enorme divario fra i reati dell’art.73 (detenzione) e quelli del 74 (relativi al grande traffico) rende evidente che la legge è stata costruita (ed è applicata) per colpire indiscriminatamente i “pesci piccoli”, se non i semplici consumatori in possesso di quantità ritenute a fini di spaccio.

Le denunce

Non sono ancora pubblici i dati relativi al 2012 delle persone segnalate all’autorità giudiziaria per reati previsti dal Dpr 309/90.

Possiamo fare riferimento alla Relazione semestrale della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Ministero dell’Interno che dà notizia di 17.316 casi (in decremento dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente); 15.608 soggetti per fatti relativi all’art. 73 e 1708 per fatti relativi all’art. 74. La denuncia in stato di arresto ha riguardato 14.144 persone.

Nel 2011 il totale delle denunce era stato pari a 36.796 delle quali 28.552 in stato di arresto. Per quanto riguarda le sostanze,

il maggior numero di denunce riguarda la cocaina, 6.311 casi,(-13,35 rispetto al primo semestre 2011) ma se si sommano le

denunce per hashish (4.230, -1,17), per marijuana (2.686, +5,17) e per le piante di cannabis (390, -24,71) si raggiunge la cifra

di 7.306 casi che equivale al 42,5%, superiore di un punto a quella del 2011 e di due punti rispetto al 2010. Le denunce per

eroina sono 2.912 (-26,48) e quelle per droghe sintetiche sono 222 (+37,04).

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Il peso sulla giustizia: i soggetti sottoposti a procedimento penale per violazione della legge sulle droghe

La tabella seguente illustra efficacemente la criminalizzazione indotta dalla legge Fini-Giovanardi: a decorrere dalla sua appro- vazione è rilevabile un incremento prima costante, e poi una stabilizzazione alla soglia di oltre 220.000 persone sottoposte a procedimento penale per i principali reati previsti dalla normativa (detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e associa- zione a delinquere).

Tab. 4 Soggetti con procedimenti penali pendenti per violazione degli artt. 73 e 74 del DPR 309/90 al 31.12.

Anni 2005 – 2011

2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Art.73 146.599 158.361 176.191 180.610 177.567 178.472 177.621

Art.74 38.081 39.373 43.675 44.562 46.537 46.287 46.909

Totale 185.111 197.734 220.536 225.692 224.104 224.759 224.530

Fonte: Ministero della giustizia, Dipartimento per gli affari di giustizia

Tossicodipendenti che entrano in carcere: circa uno su tre

Fino al 2010 si è registrato un aumento del numero di consumatori/tossicodipendenti sul totale degli ingressi dal 2006 in poi: dal 27,1% nel 2006, al 28,3% nel 2010, con un picco del 29,5 nel 2008. I dati del 2012 (28,9%) segnano una leggera flessione rispetto al picco 2008, ma nell’insieme si riconferma il dato di fondo: ogni tre persone entrate in carcere, una è tossicodipendente.

Tab. 5 Numero di ingressi complessivi negli istituti penitenziari e percentuale di soggetti tossicodipendenti.

Anni 2006 - 2012

Anno Ingressi Tossicodipendenti %

2005 89.887 25.541 28,41

2006 90.714 24.637 27,16

2007 90.441 24.371 26,95

2008 92.800 27.397 29,52

2009 88.066 25.106 28,51

2010 84.641 24.008 28,36

2011 76.982 22.432 29,14

2012 63.020 18.225 28,92

Fonte: Dipartimento Amministrazione Penitenziaria- Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato-Sezione statistica

Tossicodipendenti presenti in carcere: uno su quattro

Quanto alle presenze di detenuti tossicodipendenti nelle carceri italiane, il quadro è più complesso essendo intervenuto l’in- dulto. Alla metà del 2006, subito prima dell’approvazione dell’indulto, i tossicodipendenti in carcere erano 16.145, il 26,4%

della popolazione detenuta. Poco dopo l’indulto, com’era da aspettarsi, il numero si è dimezzato e la percentuale è scesa al

21,4%. Questo calo ha avuto vita breve. Già alla fine del 2007, la percentuale di tossicodipendenti in carcere aveva raggiunto e

superato i livelli precedenti, attestandosi al 27,5%. Alla fine del 2009, i tossicodipendenti in carcere erano in flessione: 15.887

(24,5%). Da allora sono rimasti in numero e percentuale pressoché stabili (16.364 pari al 24,4% nel 2011; 15.663 pari al

23,8% nel 2012).

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Tab. 6 Tossicodipendenti presenti in carcere al 31.12. Serie storica 2006-2012

Anno Detenuti tossicodipendenti Percentuale sui presenti

2006 8363 21,44

2007 13424 27,57

2008 15772 27,13

2009 15887 24,52

2010 16245 23,90

2011 16364 24,46

2012 15663 23,84

Fonte: Dipartimento Amministrazione Penitenziaria- Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato-Sezione statistica

Il computo dei tossicodipendenti in carcere, ovvero come svuotare i numeri senza che un solo dete- nuto esca da quelle mura

Il passaggio della sanità in carcere al Servizio Sanitario Nazione sta comportando alcune “conseguenze indesiderate”, come si usa dire. Fra queste, il problema della rilevazione dei dati delle persone tossicodipendenti, che in precedenza era a carico dell’Amministrazione Penitenziaria. Infatti, dal 2011 in poi, la rilevazione avviene attraverso le Regioni, tramite i Sert presenti in carcere.

Non si tratta però di una mera questione di riorganizzazione dei flussi informativi, bensì di un cambiamento dei criteri di classificazione dei detenuti tossicodipendenti. Infatti, seguendo le linee di indirizzo del Dipartimento Politiche Antidroga, la classificazione avviene adesso attraverso diagnosi, utilizzando un unico strumento diagnostico (ICD IX): per “uniformare” le procedure –si è detto- ed avere maggiore “omogeneità”.

Per vedere se davvero tale “uniformità diagnostica” abbia portato la sperata omogeneità, abbiamo esaminato i dati degli istituti toscani. I risultati sono sorprendenti: si passa dagli istituti in cui quasi tutti gli assuntori sono diagnosticati dipendenti (come Sollicciano, con 192 dipendenti su un totale di 209; e Lucca, con 59 dipendenti su 68); alla casa di reclusione di San Gimi- gnano, dove solo la metà sono dipendenti (70 dipendenti su 135); al carcere di Prato, dove le persone dipendenti sono una minoranza rispetto agli “assuntori senza dipendenza” (98 dipendenti su 243).

Poiché le caratteristiche della popolazione carceraria sono sostanzialmente le stesse negli istituti della stessa regione (così come i modelli di consumo non cambiano certo da città a città della stessa regione), una tale consistente disomogeneità non può che farsi risalire ai differenti criteri diagnostici utilizzati. In altri termini, le linee guida del Dipartimento Antidroga sembra- no aver portato maggiore incertezza, mettendo probabilmente in (giusto) imbarazzo gli operatori.

Molte sono le ragioni per criticare le linee guida del Dipartimento. In primo luogo, il restringimento degli strumenti diagnostici risulta ingiustamente invasivo dell’autonomia professionale degli operatori, che peraltro sono titolari della certificazione della dipendenza, di cui rispondono anche penalmente. Per di più, specie per soggetti che vivono in condizioni anomale di costrizio- ne, la diagnosi è più complessa perché a maggior ragione va tenuta presente la storia della persona.

Tuttavia, l’obiezione principale alla nuova suddivisione fra “dipendenti” e “assuntori senza dipendenza” è un’altra (e forse è anche quella che più mette in difficoltà l’operatore): un conto è promuovere un affinamento della diagnostica per fini esclusi- vamente sanitari e terapeutici; questione diversa è l’indicazione di procedure finalizzate alla classificazione dei detenuti, con ripercussioni sul piano giudiziario: ossia con la possibile conseguenza di restringere l’accesso alle misure alternative ai soli assuntori classificati “dipendenti”.

Se l’iniziativa del Dipartimento Antidroga avesse solo finalità d’ordine sanitario, sarebbe oltretutto incongrua, perché l’affi- namento diagnostico-terapeutico non abbisogna della standardizzazione delle procedure. Anzi: meglio sarebbe mettere in campo una pluralità di strumenti, assecondando l’autonomia professionale degli operatori e la loro capacità di “individualizza- zione” dei percorsi terapeutici.

Si tratta allora della seconda ipotesi: ottenere una diversa classificazione dei detenuti tossicodipendenti per incidere sulle

politiche giudiziarie e carcerarie. In altre parole, dietro lo schermo della “scientificità” e del “rigore diagnostico”, emerge il vero

obiettivo politico: celare per quanto possibile il fallimento di quello che era stato propagandato come il punto forte della legge

del 2006: ottenere la diminuzione dei tossicodipendenti in carcere, tramite le norme che ampliano i termini temporali di pena

(13)

per l’accesso alle alternative terapeutiche.

Oltre all’ingiustizia, la beffa: se non si possono far uscire i tossicodipendenti dal carcere in carne e ossa, si possono però togliere i numeri scomodi dalle statistiche.

Non pare che il Dipartimento Antidroga si renda ben conto di un’altra conseguenza indesiderata, dal suo punto di vista. Rico- noscere che esistono i semplici assuntori di sostanze illegali, senza fenomeno di dipendenza, è uno straordinario argomento a favore del superamento della proibizione. Se è vero che le droghe illegali non sono più pericolose delle droghe legali, perché allora proibirle, col conseguente disastroso impatto sul sistema penale e carcerario? Anche l’argomento per cui “non sono dipendenti, dunque sono criminali/spacciatori che meritano la giusta punizione” mostra tutta la sua debolezza: è davvero equa una punizione così dura per sostanze pericolose quanto o anche meno delle droghe legali?

E’ perciò ingiusto e paradossale che da un lato si inasprisca la repressione in nome del pericolo-droga e dipendenza; dall’altro, si neghi ai consumatori l’accesso alle alternative terapeutiche, con la motivazione che (secondo i più raffinati criteri diagnostici),

“non hanno bisogno di terapia”.

L’impatto punitivo sul consumo: il 75,8% delle segnalazioni alla Prefettura è per cannabis

Le segnalazioni delle forze dell’ordine alle Prefetture per uso personale di sostanze stupefacenti (ex art.75) sono di difficile let- tura, perché, a detta dello stesso Ministero dell’Interno, i dati sono da considerarsi consolidati solo a distanza di oltre due anni

1

. Dunque, seguendo la stessa rilevazione (con riserva) del Ministero Interno, le segnalazioni avrebbero raggiunto nel 2007 il picco di 47.932, per poi progressivamente scendere a 35.762 nel 2012, numero che rimane tuttavia di notevole impatto. An- cora più impressionante è il circuito repressivo intorno alla cannabis: nel 2012, 28.095 segnalazioni (su 35.762) riguardano la cannabis (ovvero il 78,5%). La percentuale di segnalazioni per cannabis è in costante ascesa: dal 73% del 2009, al 74% del 2010 fino al più recente 78,5% relativo al 2012.

Tab. 7 PERSONE SEGNALATE AI SENSI DELL’ARTICOLO 75 T.U. N.309 - Anno 2012 - Distribuzione delle sostanze per sesso

Descrizione Maschi Femmine Totale

EROINA 2337 287 2624

METADONE 190 25 215

MORFINA 16 1 17

ALTRI OPPIACEI 30 2 32

COCAINA 5015 343 5358

CRACK 148 13 161

ANFETAMINE 74 15 89

ECSTASY ED ANALOGHI 149 12 161

ALTRI STIMOLANTI 9 0 9

BENZODIAZEPINE 3 0 3

ALTRI IPNOTICI E SEDATIVI 11 2 13

LSD 5 3 8

ALTRI ALLUCINOGENI 18 1 19

INALANTI VOLATILI 21 3 24

CANNABINOIDI 26516 1579 28095

ALTRE SOSTANZE ILLEGALI 78 8 86

Fonte: Servizio Statistica Ministero dell’Interno. Data di elaborazione : 17 maggio 2013

1 Relazione Annuale al Parlamento 2011, p.306

(14)

Punizione dei consumatori in consistente aumento

Quanto alle sanzioni amministrative erogate, queste crescono in maniera notevole, dalle 11.850 del 2007, fino alle 16.205 del 2012 (con picco di 17.266 nel 2009). Se si considera però la diminuzione delle segnalazioni, la probabilità per i consumatori di incorrere nella punizione cresce considerevolmente: nel 2007, il 24,7% dei segnalati riceveva sanzioni, contro il 45,3% del 2012. Da notare che nel 2006, prima della legge, le segnalazioni erano state 8.180: dunque, in sei anni, le sanzioni sono raddoppiate.

Crollo dei programmi terapeutici: dai 6713 del 2006, ai 340 del 2012

Contemporaneamente, crollano le richieste di programma terapeutico. E’ una discesa repentina: 6713 nel 2006, 3008 nel 2007, 1646 nel 2008, 903 nel 2009, 518 nel 2010, 418 nel 2011; per arrivare alle 340 richieste di terapia nel 2012.

Sulla caduta dei programmi terapeutici per le persone segnalate alla Prefettura per uso personale (ex art.75) ha influito la modifica della Fini Giovanardi: il programma terapeutico non sospende più l’erogazione della sanzione, come avveniva nella normativa del 1990. Dunque, il programma si presenta agli occhi del consumatore come un “onere”, se non una punizione, “in aggiunta” a quelle già pesanti comminate.

Tab. 8 TREND DELLE SEGNALAZIONI EX ART. 75 D.P.R. 309/90 COME MODIFICATO DALLA LEGGE 49/2006 (v.a.)

Anno Persone segnalate Totale

segnala- zioni

formale invito

richiesta program- ma tera-

peutico

archiviaz. sanzioni con

colloquio senza

colloquio totale colloqui

maschi femmine totale minori

2007 44866 3066 47932 3729 47932 18815 3008 4808 11850 9115 2735 31578

2008 43943 3150 47093 3665 47093 22255 1646 3285 15504 11762 3742 36038

2009 36041 2582 38623 3058 38623 30116 903 2690 17266 10860 6406 30116

2010 30369 2206 32575 2629 32575 15967 518 2211 16154 10591 5563 27166

2011 31752 2212 33964 2778 33964 15192 418 1589 16743 10962 5781 26619

2012 32284 2142 34426 2993 35762 15814 340 1618 16205 10687 5518 26869

Fonte: Servizio Statistica Ministero dell’Interno.

Affidamenti in prova: perlopiù dopo aver assaggiato il carcere

2

Nonostante le norme del 2006 prevedano l’ampliamento delle possibilità di affidamento terapeutico (ottenibili con pene o residuo pena fino a 6 anni, rispetto ai 4 della normativa precedente), l’affidamento terapeutico ha visto un crollo, e non solo per le ragioni contingenti legate all’indulto del luglio 2006. Al 1 gennaio 2006, risultavano in affidamento 3852 tossicodipendenti, al 1 gennaio 2007 (dopo l’indulto) si contavano 708 tossicodipendenti affidati, al 1/1/ 2009 iniziava la risalita con 1113 affidi.

Ma la lenta ripresa non ha portato alla situazione precedente, tanto che al 31/12/2012 erano affidati 2777 tossicodipendenti.

Al di là dei numeri complessivi, c’è stato un mutamento strutturale nelle misure alternative: è enormemente cresciuta la deten- zione domiciliare (il 173% rispetto ai dati 2006), mentre sono diminuiti gli affidi in prova (il 70% di allora) e dimezzate le semi- libertà (il 49% rispetto ai dati 2006). Inoltre, mentre prima del 2006 la gran parte delle persone andava in misura alternativa senza passare dal carcere, negli ultimi anni il rapporto si è invertito: la maggioranza dei tossicodipendenti trascorre un periodo in carcere prima di transitare nel circuito alternativo.

Delle 3852 persone affidate al 1/1/2006, ben 2901 provenivano dalla libertà. Al contrario, delle 2777 persone affidate al 31/12/2012, la gran parte (1811) sono state in precedenza incarcerate.

2 Per un’analisi più approfondita dei dati relativi alle misure alternative, si rimanda allo scritto di Alessio Scandurra in questo stesso fascicolo.

(15)

Per valutare l’impatto della disciplina delle droghe sul sistema penitenziario italiano, ed in particolare gli effetti della legge Fini-Giovanardi, non si può non considerare anche l’andamento delle misure alternative in questi anni, utilizzando i dati del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Direzione generale dell’esecuzione penale esterna – Osservatorio delle misu- re alternative). A lungo questi dati sono stati pubblicati sommando i casi pervenuti agli Uepe, gli Uffici dell’esecuzione penale esterna (ex Cssa) nel corso dell’anno, ed i casi in carico al 1° Gennaio dell’anno stesso.

Si trattava di un dato di difficile comprensione, indicativo in qualche misura del complesso dei casi affrontati nel corso dell’an- no, ma che ad esempio non teneva conto del numero dei casi che nello stesso anno venivano chiusi. Il dato inoltre non poteva essere messo in relazione con il numero dei detenuti, solitamente rappresentato dalle presenze in carcere in un dato giorno, ovvero in questo caso da un dato “istantaneo” e non di “flusso”. Per questo motivo, da tempo abbiamo scelto di presentare le misure alternative indicando il numero di misure in corso al primo gennaio dell’anno.

Recentemente questa modalità di pubblicazione dei dati è stata adottata anche dall’Amministrazione penitenziaria, prendendo però a riferimento il 31 dicembre, e questo spiega perché nella Tabella 9 a pag. 14 i dati sono al 1 gennaio fino al 2009, e dal 31 dicembre dal 2009 in poi.

Come si vede il numero più alto di misure alternative in Italia è stato raggiunto all’inizio del 2006, prima dell’indulto concesso con la L. 241 del 2006. In quella occasione il numero dei detenuti passò dai 61.264 del 30 giugno 2006, un numero mai così alto prima, a poco più di 38.000, ma il numero delle misure alternative ebbe un calo ancora più drastico, venendo pressoché azzerato. Come si vede da allora il numero delle misure ha ripreso a crescere, ma ad un ritmo decisamente più lento rispetto alla popolazione detenuta. Oggi il numero complessivo delle misure in corso ha superato le 22.000 unità, a fronte delle oltre 23.000 dell’inizio del 2006. Siamo quasi arrivati ai numeri del 2006 dunque, ma c’è voluto molto tempo, ed intanto il numero complessivo delle persone detenute, che oggi sono circa 65.800, ha ampiamente superato i numeri del 2006.

Ma come si spiega questa crescita lenta delle misure alternative, che prima dell’indulto crescevano invece a ritmo assai soste- nuto? Una analisi attenta dei dati riportati nella Tabella 9 (a pag. 14) consente alcune considerazioni.

Anzitutto rispetto al rapporto tra le diverse misure alternative. Come mostrano i dati riportati nella tabella, e meglio ancora il Grafico 1, l’andamento delle diverse misure alternative in questi anni è stato disomogeneo. Se nel complesso abbiamo quasi raggiunto i numeri dell’inizio del 2006, i soli Affidamenti in prova sono fermi al 70% rispetto ad allora, le Semilibertà sono in effetti dimezzate (49%), ed al contrario le Detenzioni domiciliari sono notevolmente cresciute (173%).

In pratica il crollo degli affidamenti e delle semilibertà è compensato dalla crescita delle detenzioni domiciliari, che sembrano essere ormai la misura alternativa che più piace alla magistratura di sorveglianza. Tale è infatti diventata la predilezione dei giudici per questa misura che, quando a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale per le condizioni di sovraffollamento delle carceri (Dpcm 13 gennaio 2010) il legislatore ha finalmente ritenuto di introdurre misure urgenti per fronteggiare il sovraffollamento, ha previsto una nuova forma di detenzione domiciliare, prima per gli ultimi 12 mesi di pena (L. 199/2010), poi estesa agli ultimi 18 (L. 9/2012), destinata a restare in vigore fino al 31 dicembre 2013. Una nuova forma di detenzione domiciliare dunque, che ha dato peraltro fino ad oggi un esito modesto, ma che comunque, unendosi alla no- tevole crescita delle detenzioni domiciliari ordinarie, contribuisce all’andamento riportato sopra, e che fa si che la detenzione domiciliare, misura meramente contenitiva e dal contenuto trattamentale e risocializzante praticamente inesistente, si appresti a diventare la misura alternativa alla detenzione più diffusa.

LE MISURE ALTERNATIVE E LA LEGGE SULLE DROGHE

Alessio Scandurra

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16

CASI IN CARICO 1/1/2001

CASI IN CARICO 1/1/2002 CASI IN CARICO 1/1/2003 CASI IN CARICO 1/1/2004 CASI IN CARICO 1/1/2005 CASI IN CARICO 1/1/2006 CASI IN CARICO 1/1/2007 CASI IN CARICO 1/1/2008 CASI IN CARICO 1/1/2009 CASI IN CARICO 31/12/2009 CASI IN CARICO 31/12/2010 CASI IN CARICO 31/12/2011 CASI IN CARICO 31/12/2012

CASI IN CARICO 30/05/2013 AFFIDAMENTO IN PROVA AFFIDATI TOSSICODIPENDENTI DALLA LIBERTA' 2.7592.6662.6992.7032.6222.9014394065007129329209661033 AFFIDATI TOSSICODIPENDENTI DALLA DETENZIONE 7838178047868219512694016138851.5941.8171.8111.890 AFFIDATI TOSSICODIP. DALLA DET. DOMICILARE O ARR. DOMICILIARI- - - - - - - 1 106234357- - AFFIDATI DALLA DETENZIONE 1.7881.8612.0592.0382.1182.2355048081.0251.1882.0992.3482.4052.490 AFFIDATI DALLA LIBERTA'6.4737.4658.1709.3499.5729.464613 1.0612.1292.8434.1364.4994.3985.114 AFFIDATI DALLA DETENZIONE DOMICILARE O ARRESTI DOMICILIARI- 52565037531 3 250401- - - - ALTRO126- - - - - - - - - - 368409431 Tot. 11.92912.86113.78814.92615.17015.6041.8262.6804.6236.2639.1189.9529.98910.958 SEMILIBERTA' SEMILIBERTA' DALLA DETENZIONE 1.6071.6671.6801.5271.4071.474627671707740802820793819 SEMILIBERTA' DALLA LIBERTA' 16022828830826631921317197112966561 Tot. 1.7671.8951.9681.8351.6731.793648702778837914916858880 DETENZIONE DOMICILIARE DETENZIONE DOMICILIARE DAL CARCERE1.3491.4951.5701.5601.5191.6686326599661.3442.1213.6314.4274.725 DETENZIONE DOMICILIARE LIBERTA' 2.2562.7973.0733.4493.3053.4657167131.0871.5032.0832.6772.7273.437 DETENZIONE DOMICILIARE PROVVISORIA 4304946638541.0088642941652833851.5261.9931.9232.175 ALTRO- - - - - - - - - - - 706269 Tot. 4.0354.7865.3065.8635.8325.9971.6421.5372.3363.2325.7308.3719.13910.406 TOTALE MISURE17.73119.54221.06222.62422.67523.3944.1164.9197.73710.33215.76219.23919.98622.244

Tab . 9 Misur e alternative anni 2001-2013

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Grafico 1. Andamento delle misure alternative anni 2001-2013

Il numero degli affidamenti è dunque complessivamente calato, ma su questo torneremo in seguito. Preme ora segnalare un’altra radicale novità dell’assetto attuale del sistema delle misure alternative nel nostro paese, evidenziata dal grafico 2, e relativa al rapporto tra misure alternative concesse dalla detenzione e misure concesse dalla libertà.

Grafico 2. Andamento delle misure alternative anni 2001-2013

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Come si vede al momento della approvazione dell’indulto la gran parte delle persone che andava in misura alternativa non pas- sava prima dal carcere. In effetti, la notevole crescita delle misure alternative nel nostro sistema nel corso degli anni ’90 è dipesa in larga parte dalla crescita delle misure dalla libertà, mentre quelle dalla detenzione sono rimaste a confronto relativamente stabili. Il fenomeno era sostanzialmente dovuto alla approvazione della legge cd. Simeone-Saraceni nel 1998 (L. 156/1998), che prevedeva un meccanismo automatico di sospensione dell’ordine di esecuzione delle condanne brevi. È questo meccani- smo che ha notevolmente contribuito alla crescita delle misure alternative, ed è la messa in crisi di questo meccanismo per i recidivi (ed in carcere come tutti sanno i recidivi sono moltissimi) da parte della cosiddetta legge Cirielli (L. 251/2005) che fa si che oggi le cose non stiano più così. Sono sempre più quelli che in misura alternativa ci vanno passando prima dal carcere, per periodi più o meno lunghi, di fatto contribuendo al sovraffollamento da record che caratterizza oggi le carceri del nostro paese.

Il legislatore del 1998, mosso dalla convinzione dell’inutilità, quando non dell’effetto criminogeno, delle detenzioni brevi per reati non gravi, aveva predisposto un meccanismo per andare in misura alternativa direttamente dalla libertà. Il legislatore del 2006, pur in totale assenza di dati che mettessero in discussione questa scelta, l’ha revocata, a coronamento di una delle stagioni più scellerate per le politiche penali e penitenziarie del nostro paese.

Un commento merita infine l’andamento degli affidamenti in prova dei condannati tossicodipendenti. Come si vede dalla Tabella 1, il numero complessivo è decisamente sceso, dai 3.852 dell’inizio del 2006 alle 2.816 di oggi (-26,9%). Questo calo diventa ancora più preoccupante se si considerano separatamente gli affidamenti concessi dalla libertà e quelli concessi dalla detenzione, mostrati nel Grafico 3. Così facendo infatti si scopre anzitutto come, per la prima volta, gli affidamenti terapeutici concessi dal carcere, che sono sempre stati decisamente meno degli affidamenti dalla libertà, dall’inizio del 2009 hanno ormai superato questi ultimi.

Grafico 3. Andamento degli affidamenti terapeutici anni 2001-2013

Come già detto, a maggio 2013 l’insieme degli affidamenti equivaleva al 70% di quelli che erano in corso all’inizio del 2006, prima dell’indulto. Se si guarda al numero dei soli affidamenti terapeutici, questo è fermo al 73% rispetto ad allora. Ma se si leggono i dati separatamente, si scopre che gli affidamenti terapeutici concessi alle persone in detenzione sono cresciuti enor- memente, ammontando ormai quasi al doppio di quelli del 2006, mentre quelli concessi dalla libertà sono addirittura fermi al 35,6% rispetto ad allora.

Come abbiamo visto questa tendenza è comune a tutte le misure alternative, ma per gli affidamenti terapeutici il fenomeno

è ancora più netto, e le conseguenze ancora più gravi. Se in generale infatti un passaggio breve dal carcere, per fatti di scarsa

(19)

gravità, magari anche lontani nel tempo, comporta una rottura inutile e dannosa della relazioni sociali, lavorative ed affettive di chi entra in carcere, per le persone tossicodipendenti questo può avere un impatto deleterio anche sui percorsi terapeutici intrapresi, e magari portati a compimento con successo, può rompere equilibri precari, che magari una misura alternativa avrebbe preservato.

Il quadro complessivo dell’andamento delle misure alternative dal 2006 ad oggi mostra dunque come anche per queste sia tornata ad affermarsi la centralità del carcere, dato che per accedervi il passaggio dalla detenzione è sempre più frequente, e le conseguenze sono disastrose. La recidiva di chi sconta la propria pena in carcere è infatti enormemente maggiore di quella di chi sconta la propria pena in misura alternativa, i costi finanziari e sociali della detenzione sono incomparabilmente superiori a quelli delle misure alternative, ed intanto le carceri del nostro paese restano le più sovraffollate d’Europa.

Ma se certamente alla legge ex Cirielli va imputata sia la lenta crescita delle misure alternative, sia il minor ricorso alle misure alternative dalla libertà, e se quasi nessuno sembra voler rimuovere dal nostro ordinamento questa legge, con tutti i suoi docu- mentati disastrosi effetti, non bisogna però illudersi che nel frattempo la normativa sulle droghe abbia spinto per la de-carce- rizzazione almeno dei tossicodipendenti, come aveva roboantemente promesso. Tutt’altro.

La legge Fini-Giovanardi infatti, oltre ad aver equiparato il trattamento sanzionatorio relativo a droghe pensanti e droghe leg- gere, comportando un notevole aggravamento di pena per i reati connessi a queste seconde, modificando l’art. 94 del DPR 309/90 ha reso più stringente e complesso l’accertamento della condizione di tossicodipendenza, ed ha previsto che il benefi- cio dell’affidamento terapeutico non possa essere concesso più di due volte, limite che non esisteva prima e che non esiste per l’affidamento ordinario. Modificando l’art. 89 del DPR 309/90 la Fini-Giovanardi ha inoltre reso più difficile per i tossicodipen- denti la possibilità di sostituire alla custodia cautelare con misure cautelari non detentive di tipo terapeutico. Insomma, uno degli intenti dichiarati della legge, ovvero quello di indirizzare verso le comunità i consumatori, sembra osteggiato dalla legge stessa.

Con queste norme e in questo clima non c’è da stupirsi se la magistratura di sorveglianza concede meno misure alternative che in passato, e se le ASL pagano meno volentieri le rette ai detenuti, concentrando le scarse risorse disponibili su altri pazienti meno “malvisti”.

A questo proposito merita un commento anche la modifica, introdotta dalla Fini-Giovanardi, al limite di pena per l’accesso all’affidamento terapeutico, innalzato addirittura fino a 6 anni. Questa norma, che pur sembra andare nella giusta direzione, favorendo l’accesso alle misure alternative, ha in effetti una efficacia molto modesta. La condizione drammatica nota a chi frequenta le carceri riguarda i moltissimi stranieri, tossicodipendenti e piccoli spacciatori condannati a pene brevi o in carcere in misura cautelare, la cosiddetta microcriminalità di strada, e non chi sconta le condanne più lunghe. In questo senso l’innal- zamento a 6 anni del limite di pena per l’accesso alle misure alternative ha poca efficacia, mentre ne avrebbe molta di più ad es. l’innalzamento del numero massimo di concessioni per l’affidamento terapeutico, la previsione del fatto di “lieve entità”

(comma 5 dell’art 73) quale fattispecie autonoma di reato, e non quale attenuante, potenzialmente inapplicabile, a causa della

legge ex Cirielli, ai recidivi, o infine la rimozione degli ostacoli all’accesso alle alternative al carcere introdotti con le modifiche

citate sopra all’art. 94 o all’art, 89 della legge sulle droghe. Si tratta di interventi urgenti, imposti dai numeri citati sopra e solle-

citati da più parti, ultimamente anche dalle giurisdizioni internazionali, davanti alle quali però la politica fino ad oggi è rimasta

scandalosamente inerte. Anche per questo queste stesse modifiche, assieme a molte altre, sono al centro della “Campagna per

tre leggi di civiltà: Tortura, Carcere, Droghe” (www.3leggi.it) promosse, tra gli altri, anche dalle organizzazioni che curano questo

rapporto.

(20)

La legge 49/2006 “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza” è intervenuta modificando il precedente D.P.R. 309/1990 negli articoli fondamentali, in particolare nelle disposizioni sanzionatorie, di natura penale e amministrativa, dettate per la “repressione delle attività illecite” dagli artt. 73 e seguenti.

I punti chiave rispetto alla legge del 1990 (modificata dal referendum del 1993).

• Introduzione del “limite quantitativo massimo”. Contro l’esito referendario, la legge 49/2006 reintroduce una soglia quantitativa destinata a distinguere fra il consumo e lo spaccio. Questa soglia è chiamata “limite quantitativo massimo riferibile ad uso esclusivamente personale” (le quantità -in principio attivo- sono state stabilite in 500 mg per la cannabis, 250 mg per l’eroina, 750 mg per la cocaina)

1

. Di conseguenza, la persona colta in possesso di un quantitativo di sostanza al di sopra del “limite quantitativo massimo” sarà considerato uno spacciatore “virtuale”.

• Inasprimento delle pene e riclassificazione della cannabis. Le pene previste dall’art. 73/74 (produzione, spaccio, traf- fico) per la detenzione di droga al di sopra della soglia quantitativa prefissata sono inasprite per effetto dell’abolizione della distinzione fra sostanze “leggere” e “pesanti”: da 6 a 20 anni di incarcerazione per tutte le sostanze. Mentre la legge del 1990 stabiliva pene diverse a seconda delle tabelle (da 2 a 6 anni per la cannabis, in tabella II; da 8 a 20 anni per le droghe “pesanti” in tabella I), la legge del 2006 introduce un sostanziale aumento di pene attraverso la riclassificazione della cannabis nella tabella I

2

.

• Le pene per i reati di “lieve entità”. La legge del 2006 conserva la previsione di pene meno gravi per i reati di “lieve entità”, quando la persona è trovata in possesso di quantità leggermente al di sopra della soglia: in tal caso le pene vanno da 1 a 6 anni di incarcerazione, ma anche in questo caso si riscontra un notevole aumento di pena perché nella legge precedente per la cannabis la pena prevista era da sei mesi a quattro anni. Non si tratta però di un articolo specifico, ma solo di una circostanza attenuante relativa alla previsione principale (comma 5 dell’art.73). Di conseguenza, in presenza di quantità al di sopra del “limite quantitativo massimo”, l’accusa è sempre riferita all’art. 73 nel suo insieme (e la circostanza attenuante può essere applicata dal giudice solo al momento del verdetto finale). Il risultato è che le persone colte in possesso di quantità superiori alla soglia sono più facilmente soggette alla custodia cautelare di quanto non lo sarebbero se il comma 5 fosse una previsione autonoma. In più, la circostanza attenuante può non essere applicata in presenza di circostanze aggravanti, come ad esempio la recidiva. Ad esempio, con la norma che impedisce di applicare le attenuanti alla seconda reiterazione del reato, anche una persona in possesso di una quantità di poco superiore alla soglia può essere condannata alla pena piena di 6 anni di carcere.

• Le alternative al carcere. Al fine di mitigare l’impatto dell’inasprimento delle pene, ai tossicodipendenti con una condan- na inferiore ai 6 anni (o con un residuo pena inferiore ai 6 anni) possono essere applicate le misure terapeutiche alternative (il limite era di quattro anni nella legge precedente).

• Le sanzioni amministrative per l’uso personale (art.75). Si riconfermano le sanzioni già esistenti (sospensione della patente, sospensione del passaporto), ma la durata è allungata sensibilmente (da un mese-un anno mentre in precedenza da due-quattro mesi). Inoltre si introduce il ritiro immediato della patente o del certificato di idoneità tecnica per i ciclomo- tori, con conseguente fermo amministrativo di questi ultimi per 30 giorni. Inoltre sono introdotte sanzioni particolarmente afflittive, erogate dal questore nei confronti di soggetti già condannati per reati contro la persona, o il patrimonio, o la normativa antidroga quando dal consumo “possa derivare pericolo per la sicurezza pubblica” (come l’obbligo di presen- tarsi almeno due volte agli uffici di polizia, obbligo di rientrare a casa ad una determinata ora etc.) (art.75 bis). Ancora più importante, qualora il consumatore si sottoponga ad un programma terapeutico, questo non interrompe l’erogazione della sanzione, come avveniva in precedenza. Di fatto perciò, i programmi non sono più alternativi alle sanzioni, ma si aggiun- gono ai provvedimenti sanzionatori.

E’ da notare che l’inasprimento della normativa italiana è intervenuto negli anni in cui in Europa si affermava la strategia dei

“quattro pilastri” (prevenzione, terapia, riduzione del danno, repressione), caratterizzata da un riequilibrio, di enfasi e di risorse, dal pilastro “repressione”verso i pilastri sociosanitari. Al contrario, l’allora governo Berlusconi ha scelto di rafforzare il pilastro della legge penale.

1 Le quantità sono state fissate da un decreto del ministero della Sanità nell’aprile del 2006. Nel testo presentato dal governo, i limiti erano di 250 mg per la cannabis, 200 mg per l’eroina, 500 mg per la cocaina (in principi attivi)

2 Com’è ovvio, con pene più severe il semplice consumatore trovato in possesso di quantitativi superiori di droga sarà ancora di più ingiustamente punito.

SCHEDA

La legge antidroga (49/2006): i principali contenuti

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Appendice I

L’incostituzionalità della Legge Fini-Giovanardi

INDICE

UN PROVVEDIMENTO FRUTTO DI UN COLPO DI MANO pag. 21

Franco Corleone sul Manifesto del 12 giugno 2013.

PERCHÈ LA LEGGE FINI-GIOVANARDI È INCOSTITUZIONALE pag. 23 Intervento di Luigi Saraceni al convegno

Lotta alla Droga. I danni collaterali. Udine 1 giugno 2012

QUESTIONE DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DI DISPOSIZIONI DEL DECRETO-LEGGE 30 DICEMBRE 2005 N. 272, CONVERTITO CON LEGGE 21 FEBBRAIO 2006 N. 46,

SOSTITUTIVE DI OMOLOGHE DISPOSIZIONI DEL TESTO UNICO 309/90. pag. 27 ISTANZA SU QUESTIONE DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE

EX ART. 23 L.11 MARZO 1953/N.87 pag. 41

Avv. Alessandro Gamberini, Avv. Simona Filippi

MEMORIA DIFENSIVA, EX ART.121 C.P.P. pag. 47

Avv. Michele Passione

ECCEZIONE DI INCOSTITUZIONALITÀ DELL’ART. 73 COMMA 1 DPR 309/90 pag. 51 Avv. Marco Valerio Mazzatosta, Avv. Ilaria Di Punzio, Dott.ssa Barbara Fubelli, Dott. Fabrizio Ceccarelli

ORDINANZA CORTE DI APPELLO DI ROMA III^ SEZIONE PENALE pag. 57

ORDINANZA TRIBUNALE DI VITERBO pag. 65

ORDINANZA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, TERZA SEZIONE PENALE pag. 67

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Un provvedimento frutto di un colpo di mano

Franco Corleone sul Manifesto del 12 giugno 2013.

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione non salva nulla della Fini-Giovanardi. E’ una buona notizia, finalmente, che premia chi non ha mollato nella denuncia ossessiva di una legge che dispiega da sette anni i suoi effetti collaterali sul funzionamento della giustizia e sulla condizione delle carceri.

Era il 27 gennaio 2006 quando Fuoriluogo, il mensile supple- mento del Manifesto, uscì con un appello a Ciampi, Presiden- te, dica di no!, perchè non promulgasse la legge frutto di un colpo di mano senza precedenti e di uno stupro istituzionale.

E’ necessario ricordare che la riforma punitiva e proibizionista non era riuscita a imporsi nel confronto parlamentare ed era destinata a morire con la fine della legislatura. L’allora sotto- segretario Carlo Giovanardi ordì una trama senza pudore, in- serendo nel decreto legge sulle Olimpiadi invernali di Torino un maxi emendamento con tutto il peggio contenuto nei 106 articoli della proposta di Gianfranco Fini che risaliva al 2003.

Il decreto passò, in un Parlamento già sciolto, solo grazie a due voti di fiducia alla Camera e al Senato, senza reale discussione e confronto. Questi sette anni, un periodo troppo lungo, hanno visto aggravarsi lo stato di illegalità e aumentare l’invivibilità degli istituti penitenziari. La denuncia del sovraffollamento e del carattere di discarica sociale delle prigioni è stata incessan- te e si è concretizzata con la pubblicazione di tre Libri Bianchi con la denuncia puntuale delle conseguenze nefaste sui gio- vani e sui soggetti più deboli.

Già allora ponemmo alcune questioni di legittimità costitu- zionale, in quanto per la prima volta il legislatore annullava la volontà espressa direttamente dai cittadini, attraverso la cancellazione del risultato chiaro e inoppugnabile del referen- dum abrogativo del 1993 che depenalizzava la detenzione di sostanze stupefacenti finalizzata ad uso personale.

In un seminario internazionale organizzato dalla Società della Ragione a Siracusa nel febbraio 2012 discutemmo in maniera approfondita su una proposta illustrata da Luigi Saraceni re- lativa alla incostituzionalità della legge in relazione ai criteri dettati dalla Corte Costituzionale per la approvazione dei de- creti legge, che hanno stabilito il divieto per il Parlamento (e a maggior ragione per il Governo) di inserire disposizioni estra- nee all’oggetto e alle finalità del testo originario.

Alla fine del 2012 presentammo a Udine in occasione dell’i-

nizio del processo contro Rototom, l’associazione animatrice del famoso festival reggae, uno studio assai approfondito e argomentato. Era uno strumento offerto ad avvocati e magi- strati per presentare ricorsi in modo che la Corte Costituzio- nale potesse essere investita del caso. Ora le venti pagine dell’ordinanza della Cassazione costituiscono ci danno ragione e costituiscono un vero macigno che schiaccia l’abuso che fu compiuto con furba arroganza.

Questa decisione non deve essere letta come l’ennesimo epi- sodio di supplenza della giustizia rispetto alla latitanza della politica. Infatti il Cartello di associazioni che ha promosso la campagna per le tre leggi di iniziativa popolare su tortura, carcere e droghe rappresenta una espressione chiara della vo- lontà dei cittadini per il cambiamento. La condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo deve spingere il Parlamento e il Governo a provvedimenti che aggrediscano il nodo strutturale del sovraffollamento determi- nato da quella legge: su 66.000 detenuti oltre 25.000 (38%) sono consumatori o piccoli spacciatori e 16.000 (24%) sono tossicodipendenti.

Il Governo Letta non ha ancora affidato la delega per la politica

delle droghe; è una decisione grave. E’ l’ora della discontinuità

e di una nuova direzione del Dipartimento antidroga, ancora

diretto da un uomo di fiducia di Giovanardi.

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verno scopre la urgente necessità di eliminare le intollerabili iniquità perpetrate pochi giorni prima dalla sua stessa mag- gioranza a danno dei tossicodipendenti recidivi

Cogliendo l’occasione della emanazione del decreto legge (30 dicembre 2005 n. 272) diretto a fronteggiare le spese e le esigenze di sicurezza delle imminenti Olimpiadi invernali, il governo inserisce nel decreto stesso l’art. 4 (intitolato “Esecu- zione delle pene detentive per tossicodipendenti in program- mi terapeutici”), giustificandolo con la seguente premessa:

“Ritenuta altresì la straordinaria necessità ed urgenza di garantire l’efficacia dei programmi terapeutici di recupero per le tossodipendenze anche in caso di recidiva”.

Il suddetto art. 4 del decreto disponeva quindi:

a) la soppressione del citato art. 94 bis introdotto dall’art. 8 del- la legge 251/05;

b) la modifica della lettera c) aggiunta dall’art. 9 al comma 9 dell’art. 656 del c.p.p., nel senso di ripristinare la sospensione della esecuzione della pena fino a 4 anni per i tossicodipen- denti con programma terapeutico in atto, anche se recidivi.

Come si vede, il decreto conteneva, secondo l’enunciato inse- rito nello stesso titolo, soltanto le suddette “disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi”. Il suo ogget- to si limitava alla mera elisione, per i tossicodipendenti recidi- vi, delle perniciose conseguenze della legge emanata pochi giorni prima. Così come le ragioni giustificatrici enunciate in premessa erano dichiaratamente riferite alla necessità ed ur- genza di garantire i programmi terapeutici dei tossicodipen- denti stessi.

Ma a questo punto, nel corso dell’iter di approvazione della legge di conversione del decreto, irrompe sulla scena il “ma- xiemendamento Giovanardi”, costituito da un sostanzioso stralcio dell’originario ddl Fini, che tra le indignate proteste delle opposizioni dentro e fuori del parlamento, viene appro- vato, con le agevolate procedure previste dai regolamenti par- lamentari per le leggi di conversione e con due voti di fiducia, prima dal Senato e poi dalla Camera.

La legge di conversione (21 febbraio 2006 n. 49) accoglie inte- gralmente il “maxiemendamento” e, dopo avere annunciato nel suo titolo “modifiche al testo unico delle leggi in materia di stupefacenti”, trae pretesto dal limitatissimo oggetto del decreto – che si limitava ad abrogare la odiosa norma postic- cia contro i tossicodipendenti recidivi – per inserire nel testo unico n. 309/90 una nuova, articolata, diffusa disciplina. In pratica, una radicale riscrittura dell’intero testo, mediante una Qualche cenno sul contesto politico parlamentare in cui è ma-

turata l’approvazione della legge.

Nasce nel 2003 (16.11) con l’approvazione da parte del Con- siglio dei Ministri del disegno di legge che porta il nome di Fini, allora vicepremier e leader di AN.

Fini nel novembre 2004 diventa ministro degli esteri e lascia la gestione del suo disegno di legge a Giovanardi, ministro dei rapporti con il Parlamento.

Ma, nonostante l’attivismo di Giovanardi, il disegno di leg- ge si trascina stancamente nelle Commissioni parlamentari (Giustizia e Sanità), registrando perplessità e critiche anche all’interno della maggioranza.

Fallisce anche il tentativo di avere il sostegno della Conferen- za Nazionale sulle droghe, che, dopo un ritardo di due anni rispetto alla sua scadenza naturale (ogni tre anni secondo la legge; l’ultima, la terza, si era tenuta a Genova nel 2000), si tiene a Palermo dal 5 al 7 dicembre del 2005.

La possibilità di approvare la legge prima della fine della legi- slatura, che scade nella primavera del 2006, sembra tramon- tata.

Ma il fronte proibizionista della maggioranza scalpita, in particolare AN pretende un trofeo da spendere sul mercato elettorale delle prossime elezioni e c’è anche il sostanzioso business su cui vogliono mettere le mani le Comunità di Ac- coglienza più intransigenti sulle politiche repressive.

A questo punto si presenta sulla scena politico-parlamentare una propizia occasione.

Proprio mentre a Palermo si svolgeva la IV Conferenza, a Roma veniva approvata una delle tante leggi ad personam (5 dicembre 2005 n. 251, c.d. ex Cirielli) che, in contrapposizio- ne ai privilegi accordati ai diretti beneficiari, si accaniva contro i recidivi, non risparmiando, nel suo furore repressivo, nean- che i tossicodipendenti che avessero in corso un programma terapeutico di recupero.

In particolare:

a) l’art. 8, aggiungendo l’art. 94 bis al testo unico 309/90 su- gli stupefacenti, riduceva da 6 a 3 anni, per i recidivi, la pena massima che consentiva l’affidamento in prova finalizzato all’attuazione del programma terapeutico;

b) l’art. 9 aggiungeva la lettera c) al comma 9 dell’art. 656 del c.p.p., escludendo dalla sospensione della esecuzione della pena i recidivi, compresi i tossicodipendenti che avessero già in corso un programma terapeutico.

Pochi giorni dopo l’approvazione della legge ex Cirielli, il go-

Perchè la legge Fini-Giovanardi è incostituzionale

Intervento di Luigi Saraceni al convegno Lotta alla Droga. I danni collaterali.

Udine 1 giugno 2012

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