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LA PREVENZIONE DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE DA ENDOSCOPIA

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LA PREVENZIONE DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE DA ENDOSCOPIA

Procedure cliniche e problemi medico-legal

i

Dr. G. I. Rocchietti

PREMESSA

L’introduzione degli endoscopi, nella pratica clinica, ha indubbiamente favorito la diagnosi e la terapia di numerose patologie, ma - come molti altri progressi tecnologici - ha aperto una serie di problemi legati sia alle caratteristiche tecniche degli strumenti sia alle loro condizioni di utilizzo.

In particolare gli endoscopi flessibili, che sono costituiti da materiale termolabile.

Questo ha posto e pone non poche difficoltà nell’individuare metodi di trattamento adeguati a garantire il controllo delle infezioni, diversi dalla sterilizzazione ad alta temperatura. Anche se il tasso globale delle infezioni trasmissibili con indagini endoscopiche risulta in letteratura alquanto limitato; il dato potrebbe però essere sottostimato per la difficoltà dell’individuazione dei casi sporadici.

Associazioni e organizzazioni internazionali addette al controllo delle infezioni ospedaliere hanno avviato numerosi studi e saggi microbiologici, nel tentativo di formulare e suggerire una procedura di disinfezione, ad alto livello, in grado di garantire strumenti endoscopici sicuri.

In tale contesto, che già di per sé implica continui aggiornamenti per le numerose variabili al processo di disinfezione, l’avvento dell’AIDS ha favorito l’introduzione, più spesso a livello locale, di modifiche in alcune delle tappe della procedura adottata o nuovi atteggiamenti comportamentali, dettati più spesso da reazioni emotive che da documentazioni scientifiche. Ciò ha talvolta comportato un’ulteriore diversificazione delle procedure tra i vari ospedali e tra le Unità Operative di uno stessa struttura ospedaliera.

Università degli Studi – Torino Medicina e Chirurgia Scuola di Specializzazione in Medicina Legale

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Tale processo di diversificazione è favorito, inoltre, dalle condizioni organizzative in cui le UO si trovano frequentemente ad operare. In particolare, l’elevato numero di indagini e/o la ridotta disponibilità di strumenti potrebbero lasciare poco tempo per attuare, tra un paziente e l’altro, un trattamento efficace e potrebbero, forse, non consentire al personale il rispetto delle misure di protezione raccomandate sia per il rischio biologico che per quello chimico, legato quest’ultimo all’eventuale impiego di un disinfettante tossico.

Allo scopo di controllare, ridurne e possibilmente azzerare le infezioni ospedaliere dovute all’uso di endoscopi, sarebbe necessario:

‰ rilevare le modalità di disinfezione e/o sterilizzazione delle attrezzature endoscopiche in uso nelle diverse UO di ogni Azienda Ospedaliera;

‰ confrontare le pratiche effettuate quotidianamente con le raccomandazioni proposte in letteratura;

‰ focalizzare gli interventi necessari per raggiungere uno “standard”

operativo efficace per il controllo delle infezioni.

DISCUSSIONE E PROPOSTE

In accordo con la classificazione di Spaulding, gli endoscopi sono classificati come strumenti:

‰ critici, quando penetrano in cavità sterili come gli artroscopi e i laparoscopi o sono impiegati nei tessuti sterili o nelle cavità corporee.

In tal caso è preferibile la sterilizzazione (procedura che inattiva tutti i germi, comprese le spore batteriche). Sono classificati “critici”

anche alcuni accessori, come le pinze per biopsia e gli aghi.

‰ semi-critici, quando vengono a contatto con le membrane mucose. In tal caso è sufficiente la disinfezione ad alto livello (procedura che inattiva i batteri vegetativi, i microbatteri, i funghi e i virus, ma non necessariamente tutte le spore batteriche).

Pur rimanendo la sterilizzazione il trattamento di elezione, molti Autori affermano che in entrambi i casi è accettabile una disinfezione ad alto livello. In effetti, sia per la tipologia degli strumenti sia per i tempi disponibili, la disinfezione rimane il trattamento più praticato negli ospedali.

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L’affidabilità della disinfezione ad alto livello è però condizionata dall’applicazione rigorosa delle raccomandazioni formulate per tutte le fasi che la compongono; in particolare deve essere garantita un’accurata pulizia, sempre importante per qualunque processo, sia esso di disinfezione sia di sterilizzazione.

La sterilizzazione resta in ogni modo consigliata per gli accessori che penetrano nelle mucose, come le pinze per biopsia.

Anche da molti studi emerge che la disinfezione ad alto livello con GT al 2% è il trattamento più diffuso.

I dati statistici mettono però in evidenza una variabilità nell’esecuzione delle varie fasi del processo, con effettuazione di procedure diverse da quelle raccomandate in letteratura.

In particolare appaiono critici:

‰ le modalità di lavaggio: la soluzione detergente, quando usata, non è sempre enzimatica, contrariamente a quanto raccomandato, e per lo più è preparata a temperature estreme, vanificandone l’efficacia;

‰ i tempi di disinfezione: i tempi di contatto con il disinfettante sono talora inferiori a quelli minimi previsti; tale comportamento sembra in relazione a breve intervallo di tempo a disposizione tra un paziente e l’altro, e alla carenza delle informazioni da parte degli operatori;

‰ le modifiche introdotte in una o più fasi del processo dopo l’utilizzo degli strumenti su pazienti definiti “infetti”: questo comportamento indica mancanza di fiducia nella disinfezione ad alto livello che deve, al contrario, essere applicata sempre correttamente, senza ricorrere a selezione o a “screening”.

In base a questi dati si ritiene prioritario ed urgente l’aggiornamento del personale coinvolto perché, attraverso le conoscenze delle più recenti acquisizioni in materia, possa operare con competenza, valorizzando la propria professionalità.

A tal fine dovrebbero essere preparate linee guida sulle modalità di trattamento degli endoscopi e fornite alle UO che, dovranno personalizzarle in base alle attrezzature impiegate e a tipo di tessuti con i quali gli endoscopi entrano in contatto. La disponibilità di un testo scritto in ciascuna UO dovrebbe rendere possibile il rispetto di accorgimenti e precauzioni efficaci nel trattamento degli strumenti.

Per l’aspetto organizzativo e ambientale, le Direzioni Sanitarie dovrebbero

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attivare specifiche competenze per adeguare il numero degli strumenti endoscopici alle reali necessità, per adeguare le scorte e guidare all’uso dei dispositivi di protezione individuale degli operatori e per introdurre modifiche ambientali che garantiscano la sicurezza degli operatori.

Nell’attesa che le ditte produttrici adeguino la strumentazione a procedure di sterilizzazione tradizionale, l’acquisto di nuove unità endoscopiche dovrà tenere conto anche dei problemi legati al loro trattamento e dovranno essere presi in considerazione sistemi alternativi alla disinfezione con GT, meno nocivi per i pazienti e per gli operatori.

Per un corretto approccio alla prevenzione delle infezioni legate all’endoscopia è importante, infatti, disporre delle risorse e degli strumenti necessari, ma è altrettanto fondamentale che tutte le figure professionali coinvolte siano pienamente consapevoli del rischio che può derivare dall’impiego di strumenti non correttamente trattati e rispettino, con atteggiamenti corretti, le raccomandazioni formulate per raggiungere il più alto livello qualitativo fino ad ora consentito.

ASPETTI MEDICO-LEGALI

Qualora venissero scrupolosamente seguite le condizioni operative per le esecuzioni delle endoscopie:

‰ protocollo scritto,

‰ corsi di aggiornamento,

‰ aggiornamento specifico,

‰ ventilazione dei locali (naturale e/o artificiale),

‰ barriere di protezione:

ƒ camici monouso,

ƒ guanti sterili,

ƒ occhiali

ƒ mascherine,

ƒ visiere,

e delle operazioni di trattamento degli endoscopi dopo l’uso:

‰ lavaggio,

‰ tipo di detergente,

‰ tipo di sterilizzazione e/o di disinfezione.

‰ tipo di disinfettante,

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‰ tempi di contatto,

‰ frequenza di sostituzione della soluzione,

‰ modalità e tipi di acqua usata nei diversi risciacqui,

‰ modalità di asciugatura,

‰ modalità di conservazione,

le possibilità di causare infezioni nosocomiali, anche dopo l’uso su pazienti cosiddetti “infetti”, portatori (sospettati o accertati) di microrganismi trasmissibili per via ematica (HIV, HBV, HCV), di micobatteri o di germi multiresistenti sono - dalla letteratura - definite praticamente trascurabili.

Se, invece, gli endoscopi non vengono correttamente disinfettati o sterilizzati possono introdurre nell’ospite microrganismi, trasmessi da un paziente all’altro o dall’ambiente inanimato, e causare infezioni nosocomiali anche gravi (“esogene”). Di particolare rilievo sono quelle sostenute dai micobatteri (tubercolari e non) e dai virus (tra i più temuti, i virus delle epatiti e della sindrome da immunodeficienza acquisita).

Meno frequenti e comunque meno facilmente prevenibili, sono invece le infezioni “endogene” dovute ai microrganismi che colonizzano le mucose del paziente stesso (ad es. apparato respiratorio e gastroenterico) e che, in conseguenza dell’intervento endoscopico, possono “mobilizzarsi” e raggiungere i tessuti circostanti e/o il torrente circolatorio.

Escludendo, a priori, di considerare la eventualità di un comportamento doloso da parte dell’operatore sanitario, e ricadendo i comportamenti imperiti e/o imprudenti in un’area marginale, il comportamento dell’operatore sanitario che, violando il dovere di diligenza attraverso una condotta disattenta nel trattamento degli endoscopi, quale:

‰ inosservanza delle procedure di pulizia,

‰ inosservanza delle procedure di lavaggio,

‰ incorretta diluizione del detergente enzimatico,

‰ impiego di soluzioni disinfettanti troppo diluite o scadute,

‰ mancato rispetto dei tempi di contatto con il disinfettante,

‰ scorrette modalità di e/o insufficiente risciacquo,

‰ insufficiente asciugatura,

‰ scorrette modalità di conservazione,

cagioni ad alcuno una lesione personale dalla quale derivi una malattia, costituisce certamente comportamento negligente, configurando condotta colposa penalmente sanzionabile anche a titolo di colpa lieve, e fonte di responsabilità

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civile.

Tabella I.

Tipologia delle procedure di trattamento degli endoscopi

(Procedure manuali)

N° ENDOSCOPI LAVAGGIO DISINFEZ. RISC.FINALE

Prodotto Temper. Prodotto Tempo

1)Broncoscopio NO C GT 20* SF

NO* F GT 20 SF

NE T GT 10-30 AC

DIS C GT 30 AC

DIS F GT+GTA 10/20* ADS

2)Gastroscopio E T GT 10/(120) AC

E T GT 20* AC

DIS C GT 30 AC

3)Duodenoscopio E T GT 10/(120) AC

E T GT 20* AC

E T GT 30 ADS

NE T GT 30 ADS

4)Coledocoscopio E T GT 10/(120) AC

E T GT 20* AC

E T GT 30 ADS

NE T GT 30 ADS

5)Colonscopio E T GT 10/(120) AC

E T GT 20* AC

E T GT 30 ADS

NE T GT 30 ADS

6)Laparoscopio E T GT 30 ADS

NE T GT 30 ADS

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NE* C GT 30 SF

7)Isteroscopio E T GT 30 ADS

NE T GT 30 ADS

NE* C GT 30 SF

8)Artroscopio E T GT 20 AC

AR F GT 20 ADS

AR F GT 20 ADS

9)Cistoscopio DIS C GT 30 AC

E T GT+GTA 30/(60)* ADS

10)Laringoscopio E F GT 20 AC

NE T GT 10-30 AC

11)Faringoscopio E F GT 20 AC

NE T GT 10-30 AC

12)Rinoscopio E F GT 20 AC

NE T GT 10-30 AC

13)Sonda Transesofagea NO T GT 20* AC

AR T GT+GTA 20 AC

AR T AR AR AR

14)Rettoscopio E T GT 20* AC

15)Uretrotomo E T GT+GTA 30/(60)* ADS

16)Uretero-Nefroscopio E T GT+GTA 30/(60)* ADS

17)Nefroscopio E T GT+GTA 30/(60)* ADS

18)Sonda Anulare AR C GT+GTA 30/(180) SF

19)Vitrectomo NE I GT AR ADS

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LAVAGGIO:

Prodotto: NO = nessun prodotto;

E = prodotto enzimatico;

NE = prodotto non enzimatico;

DIS = disinfettante o antisettico AR = altra risposta

Temperatura acqua: C = calda;

F = fredda;

T = tiepida

AR = altra risposta

DISINFEZIONE:

Prodotto: GT = glutaraldeide alcalina al 2%;

GTA = glutaraldeide acida al 2%

AR = altra risposta Tempo di immersione: minuti

AR = altra risposta

RISCIACQUO FINALE:

Prodotto: SF = soluzione fisiologica sterile;

ADS = acqua distillata sterile;

AC = acqua corrente AR = altra risposta

* La procedura viene modificata se il paziente è “infetto”

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