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1.1 L’umanità nomade pag. 10

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SOMMARIO

INTRODUZIONE pag. 4

Capitolo 1

IL FENOMENO MIGRATORIO: Migrazioni e migranti pag. 10

1.1 L’umanità nomade pag. 10

1.2 I migranti: chi sono, quanti sono, le tendenze attuali pag. 12 1.3 Gli attori in gioco e le cause delle migrazioni pag. 16

Capitolo 2

L’APPROCCIO TRANSNAZIONALE pag. 21

2.1 Che cosa è il transnazionalismo pag. 21

2.2 Alcuni concetti chiave:

network, capitale sociale, embeddedness pag. 22

2.3 All’interno della prospettiva transnazionale pag. 25

2.4 Il transnazionalismo economico pag. 27

2.5 Il transnazionalismo politico pag. 30

2.6 Il transnazionalismo socio culturale pag. 35

2.7 Transnazionalismo e diaspora pag. 36

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2.8 Forme di transnazionalismo e processi di identificazione pag. 38 2.9 Critiche e novità del transnazionalismo pag. 40

Capitolo 3

L’INDAGINE SUGLI STUDENTI STRANIERI ISCRITTI AI CORSI DELL’UNIVERSITA’ DI PISA pag. 44

3.1 La ricerca: obiettivi e metodo pag. 44 3.2 Il questionario e le categoria analitiche pag. 47 3.3 I risultati della ricerca pag. 52

3.3.1 Dati anagrafici pag. 53

3.3.2 Storia migratoria pag. 57

3.3.3 Integrazione – dimensione strutturale pag. 59 3.3.4 Integrazione – dimensione socio-culturale pag. 63 3.3.5 Pratiche transnazionali verso connazionali

nel paese di origine e verso connazionali all’estero pag. 68 3.3.6 Identificazioni transnazionali pag. 73 3.3.7 Orientamento al co-sviluppo pag. 81

CONCLUSIONI pag. 86

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI pag. 92

APPENDICE

- Copia del questionario proposto agli studenti stranieri iscritti

all’Università di Pisa

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“[…] ma tu vai invece lontano per cercare un lavoro e migliorare la tua situazione economica e parti senza poter tornare se non dopo un certo tempo.

Arrivato nell’altro paese devi organizzare la tua vita e il tuo paese diventa il luogo dove torni per le vacanze e visiti parenti e amici.[…]

La paura di perdere l’identità rafforza la lotta per conservare i propri valori.[…]

Però ogni cultura in qualche modo ti contagia e quindi tu sei diverso per le persone che incontri di nuovo nel tuo paese di origine e sei diverso anche nel paese che ti ospita.

C’è un cambiamento del carattere e del comportamento. Quando ritorni per 15 giorni in vacanza fai fatica a rientrare perché ti senti diverso. Ti accorgi che certe abitudini le vedi come errori, osservi e cominci a giudicare anche le piccole cose mentre gli altri vedono in te cambiamenti dei quali non ti eri resa conto.[…]”

Fatima Zahra Rhim (mediatrice interculturale di origine marocchina residente a Genova da 16 anni)

“[…]- da una parte, si desidera che l'emigrato [...] rimanga sempre un emigrato [...]. E dall'altra parte, si desidera che l'immigrato rimanga sempre un immigrato, per quanto permanente e continua possa essere la sua presenza [...]"

Abdelmalek Sayad (“La doppia assenza” – 2002)

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INTRODUZIONE

“Ci sono oggi più migranti che mai e il loro numero è certamente destinato a crescere in futuro. Quasi ogni paese sulla terra ha e continuerà ad avere migranti”

(Koser, 2009:13). Nel mondo si possono stimare oggi circa 200 milioni di migranti: 42 milioni sono stati costretti alla fuga da guerre e persecuzioni, fra questi 16 milioni sono rifugiati e richiedenti asilo per lo più insediati nei paesi in via di sviluppo e spesso senza prospettive di ritorno (come ad esempio nei casi di Afghanistan, Sudan, Somalia, Eritrea) (IOM, 2008).

E’ quindi evidente la connessione delle migrazioni con altri importanti fenomeni globali, quali lo sviluppo, la povertà e i diritti umani, a dimostrazione dell’interdipendenza tra quanto succede nelle diverse aree del mondo. “Una stretta interdipendenza di elementi economici, produttivi e finanziari, che rappresenta l’attuale fase storica dello sviluppo capitalistico, e che si può denominare globalizzazione – o mondializzazione” (Bianco, 2004:157).

“Il processo di globalizzazione pone in contatto, e spesso in collisione, ciò che

originariamente è molto distante e non si appartiene, lasciando che le fonti di

identità e di appartenenza, quali razza, genere, religione, si radichino, anziché

ridurre lo iato tra loro” (Bianco, 2004:160), “soprattutto nei paesi ricchi,

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caratterizzati da cittadini sempre più vecchi, da angusti localismi, da un ottuso capitalismo e dalla paura del nuovo” (Caritas/Migrantes, 2009:16).

Verso i paesi ricchi si sposta una “popolazione mobile di salariati che persegue attivamente la ricerca dei mezzi di sussistenza economici, vendendo il proprio lavoro sui mercati del lavoro nazionali ed internazionali” (Massey, 2002: 29).

Sono proprio l’intraprendenza e la dinamicità dei migranti, che hanno amplificato in numero, distanze e frequenze il proprio migrare, grazie alle nuove facilità di comunicazione e trasporto dell’era moderna, a far sì che il fenomeno migratorio sia sempre più rilevante e complesso e necessiti, a vari livelli, di analisi approfondite per una maggior comprensione.

Nell’ambito degli studi sociali sulle migrazioni internazionali molteplici sono gli approcci che ne hanno provato a delineare le cause e le motivazioni. Risposte sono state date in termini di strutturalismo (o teorie macro-sociologiche) e di individualismo (o teorie micro-sociologiche), ma con gli ultimi venti anni si sono affermati “migration studies” che si collocano ad un livello intermedio fra macro e micro registrando convergenze significative. E’ in questo “crucial meso-level”

(Faist, 1997) che si inserisce anche l’approccio del “transnazionalismo” che vede la figura del migrante come un attore sociale ricco di iniziativa e promotore di mutamenti economici, culturali e sociali.

Studi inerenti il transnazionalismo dei migranti sono affiorati dai primi anni ’90 negli Stati Uniti, prima in ambito antropologico e poi in ambito sociologico, e si sono successivamente diffusi, ampliati e differenziati, anche con studi empirici, coinvolgendo altre branche di ricerca e di analisi (economia, psicologia, etnografia).

Che cosa significa descrivere il transnazionalismo dei migranti? Riprendendo la

definizione probabilmente più accreditata e citata in letteratura del direttore del

CMD (Center for Migration and Development) di Princeton, significa descrivere

ed analizzare le “occupazioni e attività dei migranti che richiedono, per

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essere realizzate, contatti sociali regolari e prolungati nel tempo attraverso i confini nazionali” (Portes e altri, 1999:217).

Significa quindi focalizzare l’attenzione sui molteplici fenomeni sociali transnazionali di cui i migranti possono essere in varia misura protagonisti o partecipanti, a seconda di una serie di variabili che la globalizzazione ha contribuito ad estendere come ampiezza ed intensità. Nella realtà attuale infatti sia i trasporti che le tecnologie della comunicazione rendono possibili contatti regolari e frequenti attraverso i confini nazionali consentendo ai migranti di partecipare in maniera duratura e frequente alla vita economica, politica e culturale dei propri Paesi: questo non era possibile alle generazioni dei migranti precedenti. Ed è ciò che emerge dallo studio comparativo sull’organizzazione transnazionale dei migranti condotto da Portes, Escobar e Radford (2007) e riferito ad alcune comunità latino-americane presenti negli Stati Uniti d’America.

Anche nel nostro paese si sono affermati, negli ultimi anni, studi sociali sul tema delle migrazioni in un’ottica transnazionale condotti anche da organizzazioni specializzate come ad esempio il CeSPI di Roma. In una ricerca sulla diaspora senegalese in Europa, Ceschi afferma che “l’intensificarsi degli scambi e delle comunicazioni facilitano il dispiegarsi di attività attraverso i confini degli stati che rimandano ad una nuova modalità di vivere e gestire le vicende e le identità migratorie e di riorganizzare, a livello pratico come a livello simbolico, appartenenze e pratiche di vita connesse alla propria mobilità” (Ceschi, 2006a:

4).

Il transnazionalismo come nuovo approccio alle migrazioni internazionali va ad implementare e ad utilizzare alcuni concetti già presenti nell’analisi sociale e li reindirizza sul fenomeno migratorio.

Ad esempio il concetto delle reti migratorie è riproposto come elemento di

studio, nei reticoli parentali, nei clan di villaggio e di quartiere, nelle comunità

non solo all’interno delle società riceventi ma tra le due sponde delle migrazioni.

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Oppure il concetto di capitale sociale diviene un elemento fondante del nuovo migrante, il “transmigrante”, che valorizza al massimo le risorse socio-relazionali in maniera funzionale rispetto ai propri obiettivi ed attività, utilizza la riserva di valori, fiducia, reciprocità, riferimenti simbolici e informazione, che circolano nell’interazione sociale, nella direzione dell’accesso a opportunità di vita strategiche per la sua condizione, in genere caratterizzata da un ritardo di mezzi economici e politici rispetto al cittadino autoctono (Portes, 2003; Vertovec, 2004).

In questi termini “significa superare, o almeno fluidificare, le tradizionali categorie di “emigrante” e “immigrato”, e cessare di concepire la migrazione come un processo che ha un luogo d’origine e un luogo di destinazione”

(Ambrosini, 2008:45).

Pur avendo avuto una ricezione contrastata, come vedremo più avanti, sia come prospettiva teorica, sia negli aspetti metodologici della ricerca, il transnazionalismo ha assunto “un forte carattere innovativo di analisi dei fenomeni migratori perché partendo dai vissuti soggettivi dei migranti e dalla struttura di opportunità a loro accessibile, può arrivare ad evidenziare, più in generale, i processi di mutamento sociale dei contesti di partenza e di destinazione” (Boccagni, 2007:110-111).

Oggi gli studi sul transnazionalismo migratorio sono estesi ai diversi aspetti della vita sociale degli individui (Portes, 2003; Ambrosini, 2008):

- l’aspetto economico, dall’invio di rimesse ai parenti rimasti in patria, agli investimenti in case, terreni, piccole attività sempre nella madre patria, all’ethnic business;

- l’aspetto politico, che esplora l’attaccamento dei migranti agli eventi

politici della madre patria (sostegno a favore di partiti politici,

partecipazione alle elezioni dall’estero), la promozione nella comunità

locale dei diritti dei migranti, l’accesso alla doppia cittadinanza;

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- l’aspetto socioculturale, dall’identificazione sociale prevalente con i connazionali all’estero alla partecipazione o sostegno di iniziative sociali o culturali promosse in relazione alla madre patria.

L’appartenenza più o meno rilevante ad una comunità transnazionale incide fortemente sull’identità del migrante, sul suo capitale sociale ed in generale sulla rete migratoria formatasi tra la società ricevente e la comunità di partenza.

Sono scaturiti così modelli teorici inerenti i processi di identificazione dei migranti in base all’intensità e all’ampiezza delle attività e delle relazioni sociali tenute sulle due sponde della migrazione, fra cui una scala proposta da Maurizio Ambrosini (2009b:27) che, partendo da un livello minimo di identificazione (assimilazione), culmina nella definizione di un transnazionalismo riflessivo, dove il migrante è pienamente consapevole della bifocalità, sia nel senso di appartenenza che nelle pratiche effettive.

L’obiettivo di questo lavoro è verificare l’effettiva consistenza pratica di questa scala delle forme di transnazionalismo.

Per fare ciò il punto di partenza è stato l’utilizzo dei risultati di un’analisi empirica condotta su cittadini migranti presenti nel nostro paese: l’indagine del 2008 sugli studenti stranieri iscritti ai corsi dell’Università di Pisa, condotta dal professor Gabriele Tomei.

Nell’indagine sugli studenti stranieri iscritti ai corsi dell’ateneo pisano sono stati

misurati vari aspetti della vita sociale (consistenza delle pratiche economiche,

politiche e socio culturali), per andare ad analizzare la propensione individuale a

sviluppare legami transnazionali con la propria comunità di origine (in patria o

all’estero) che si identificherebbe, evidenziando una certa consistenza e

significatività del legame, come una comunità transnazionale. A fianco di

questa direttrice sono stati anche analizzati i legami con la comunità dei propri

connazionali che vivono nel paese di destinazione e con quella dei nativi

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residenti (la comunità pisana) per paragonarne la consistenza con i connazionali in patria e all’estero.

Volgendo inoltre la ricerca anche a “dimensioni più espressive, quotidiane ed informali come il senso di appartenenza alla comunità, l’identificazione dei membri con questa ed il potenziale di aiuto e prestigio che ai membri deriva dall’appartenere e dall’essere riconosciuti appartenenti alla comunità” (Tomei, 2008:6) l’indagine ha mirato ad analizzare se la comunità transnazionale di riferimento possa essere identificabile anche nel senso di Diaspora.

Un’ultima parte della ricerca era stata invece indirizzata ad indagare l’orientamento al cosviluppo degli studenti stranieri, ipotizzando un’associazione positiva di questo con l’evidenza di una forte intensità delle relazioni transnazionali.

Dopo una generale ricognizione rispetto alle cause, agli attori e alle teorie relative al fenomeno migratorio (cap. 1) ed una presentazione delle componenti dell’approccio transnazionale allo studio sociale delle migrazioni (cap. 2), nell’ultima parte (cap. 3) si è analizzata la ricerca on line sugli studenti stranieri, approfondendo ed analizzando le risposte al questionario inviato.

Nella conclusione sono stati poi incrociati i risultati della suddetta ricerca con lo

schema teorico sui processi di identificazione e delle forme di transnazionalismo

proposto da Ambrosini per verificarne l’effettiva valenza.

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