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Sistemi di locomozione per dispositivi robotici ( inchworm, su ruote, su gambe)

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Academic year: 2021

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Capitolo 5 Principi e metodi

5.1 Introduzione

Nel primo capitolo sono state illustrate le principali motivazioni che spingono a sviluppare un robot endoscopico autonomo o semi-autonomo. Per la realizzazione di tale dispositivo, non si può prescindere dalle specifiche dipendenti dall’ambiente nel quale esso andrà a operare (dimensioni, coefficiente d’attrito, tensioni massime sopportabili, ecc), né dalle esigenze mediche esprimibili come performance dello strumento (tempo di permanenza nell’intestino, possibilità di operare senza fili, ridotta invasività, affidabilità, compatibilità con strumentazione per eseguire biopsie, ecc).

Dopo aver studiato le possibili soluzioni presenti in natura e nella letteratura scientifica al riguardo, è stato scelto il sistema di locomozione su gambe, come diffusamente trattato nei capitoli 2 e 4. Una volta definite le specifiche, si procede quindi all’analisi delle tecnologie disponibili e, in ultimo, alla realizzazione vera e propria del dispositivo (Fig. 5.1). La verifica sperimentale a seguire determinerà l’esito della ricerca, convalidando l’efficacia della scelta operata o riorientandola.

5.2 Caratterizzazione dell’ambiente

La progettazione di un dispositivo che debba muoversi all’interno dell’intestino richiede per prima cosa un’ adeguata conoscenza della sua anatomia, della struttura interna, delle proprietà meccaniche del materiale, delle forze agenti e delle condizioni al contorno imposte da organi esterni.

5.2.1 Definizione dell’intestino

Prende il nome di intestino quella porzione del canale alimentare che si estende dallo stomaco sino all'orifizio anale [9]. In esso si distinguono fondamentalmente due parti che si diversificano per morfologia e funzione: l'intestino tenue posto in diretta continuazione allo stomaco, e l'intestino crasso che rappresenta il tratto inferiore e terminale dell'intero tubo digerente

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Problema

Progettazione di una micro-capsula endoscopica dotata di locomozione

attiva

Studio dei possibili sistemi di locomozione

Sistemi di locomozione presenti in natura;

Sistemi di locomozione per dispositivi robotici ( inchworm, su ruote, su gambe);

Tecnologie

Attuatori disponibili;

Materiali;

Elettronica;

Sensori;

Ecc…

Verifica Sperimentale

No

Integrazione nella capsula.

Specifiche mediche

Breve tempo di permanenza nel TGI;

Wireless;

Possibili biopsie;

Scarsa invasività Ecc…

Prototipo del sistema di locomozione per la

capsula.

Si

Specifica Tecnica

Dimensioni d’ingombro;

Peso;

Velocità dispositivo;

Consumo energetico;

Ecc..

Scelta del sistema di locomozione

Motori passo-passo

Caratterizzazione ambiente

Dimensioni del TGI;

Proprietà meccaniche;

Proprietà tribologiche;

Ecc…

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5.2.2 Anatomia dell’intestino

5.2.2.1 Intestino tenue

L'intestino tenue, organo destinato alla chilificazione e all'assorbimento dei principi alimentari, è un tubo muscolo membranoso di sezione pressoché regolarmente cilindrica, lungo parecchi metri (circa 7 metri nell'adulto), che riposa, raggomitolato in anse, dentro la cavità addominale.

Il duodeno, il digiuno e l'ileo sono, nell'ordine, le porzioni da cui risulta costituito l'intestino tenue. Il duodeno non è altro che la prima ansa intestinale; misura circa cm 30 e si estende dalla valvola pilorica che lo separa dal lume gastrico alla parte laterale sinistra della seconda vertebra lombare.

Descrive grossolanamente un tragitto a forma di «U» portandosi da una posizione iniziale relativamente superficiale (giunzione gastro-duodenale) in profondità ed anteriormente alla colonna vertebrale. In esso si distinguono una prima porzione comprendente il bulbo duodenale, una porzione discendente per circa 8 centimetri, un piccolo tratto trasversale ed infine una porzione nuovamente ascendente che termina con la flessura duodeno - digiunale o angolo di Treitz.

Dalla flessura duodeno-digiunale o angolo di Treitz si diparte il digiuno-ileo o intestino tenue mesenteriale il quale, dopo un lungo decorso sinuoso sfocia nell'intestino crasso per mezzo di una valvola parzialmente completa, detta valvola di Bahuin o valvola ileocecale. Il digiuno - ileo costituisce da solo la porzione più estesa dell'intestino umano, potendo raggiungere nell'adulto m 5,80, e riempie la maggior parte della cavità addominale, dal mesocolon trasverso sino al piccolo bacino ed alle fosse iliache.

Per tutto il suo decorso è attaccato alla parete posteriore dell'addome da una piega peritoneale continua, che non è altro che una estroflessione del peritoneo parietale comune che in corrispondenza della colonna vertebrale si solleva ad abbracciare ciascuna ansa intestinale. Ne risulta che il digiuno - ileo è come sospeso nella cavità addominale a queste pieghe mesenteriali o «meso» che lo mantengono sì nella sua posizione fisiologica, ma sono anche sufficientemente lunghe da permettergli di compiere qualsiasi genere di movimento. La motilità infatti è uno dei caratteri dell'intestino mesenteriale, sicché esso può modificare la sua posizione di base sotto l'influenza dei più svariati fattori esogeni o endogeni, quali, contrazione delle pareti

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addominali, del diaframma, cambiamento di posizione dell'individuo, ingrossamento dell'utero in gravidanza, presenza di tumori, essudati, ecc.

Per quanto riguarda il decorso del digiuno-ileo, molto schematicamente si può dire che esso, con le sue innumerevoli circonvoluzioni che si portano alternativamente da destra a sinistra e da sinistra a destra, si dirige a partire dalla flessura duodeno – digiunale dapprima in avanti e a sinistra, indi piega verso destra portandosi con un andamento a zig-zag verso la fossa iliaca destra dove sfocia perpendicolarmente nel cieco.

Fig. 5.1: L'intestino è il tratto inferiore del lungo tubo digerente che dallo stomaco giunge all'orifizio anale, costituito da due porzioni fondamentali: intestino tenue (che si divide in duodeno, digiuno, ileo), a funzione digestiva e di assorbimento del cibo ingerito; intestino crasso (che comprende cieco, colon —ascendente, trasverso, discendente —, retto), a funzione espulsiva del materiale fecale (ma anche ad azione assorbente dell'acqua). Al cieco è annessa l'appendice, piccolo budello a fondo cieco simile a dito di guanto. (Sopra). Disegno semischematico dell'intestino osservato anteriormente. Tolto il grande omento sono visibili: 1) l'intestino tenue; 2) il colon ascendente; 3) l'appendice; 4) il colon trasverso; 5) il colon discendente. (Sotto). Intestino tenue sezionato in modo da renderne visibili i diversi strati di cui risulta costituito: 1) peritoneo viscerale; 2) strato muscolare esterno a fasci disposti longitudinalmente; 3) strato muscolare interno a fasci disposti circolarmente; 4) sottomucosa;

5) mucosa: sulla superficie interna sono visibili numerose pieghe disposte circolarmente o a spirale

5.2.2.2 Struttura macro e microscopica dell'intestino tenue

Questo organo cilindroide che si snoda nella cavità addominale per circa 6 metri e che possiede un aspetto esterno pressoché omogeneo, possiede, in realtà in ogni suo tratto

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una struttura definita che fa sì che esso risponda alle esigenze funzionali per cui è stato creato quali progressione, digestione e assorbimento dei principi nutritivi che ad esso pervengono. Considerando l'intestino in sezione e procedendo dall'esterno verso il lume interno distinguiamo quattro tuniche o strati: la sierosa, la muscolare, la sottomucosa ed in ultimo la tunica mucosa che è quella a diretto contatto con il contenuto intestinale.

La sierosa è un sottile foglietto trasparente dello spessore di pochi decimi di millimetro e rappresenta una continuazione diretta del peritoneo addominale. Ad eccezione del duodeno che è ricoperto dalla sierosa peritoneale per i suoi due terzi anteriori, la sierosa forma un rivestimento pressoché continuo su tutto il resto dell’Intestino tenue.

La tunica muscolare è composta da due piani o strati di cellule muscolari lisce: uno superficiale sottile, composto esclusivamente da fibrocellule muscolari disposte longitudinalmente, parallele cioè al maggior asse intestinale, ed uno strato muscolare profondo, più spesso in cui le cellule risultano perpendicolari ovvero concentriche al lume intestinale.

Fig. 5.2: A) Disegno anatomico dell'intestino tenue (1) nei suoi rapporti con il colon ascendente (2), trasverso (3), discendente (4), e con l'intestino retto (5). B) Rappresentazione semischematica della struttura della mucosa dell'intestino tenue. La superficie interna del tenue presenta numerosissime pieghe permanenti disposte circolarmente o a spirale (1), ed ha un aspetto vellutato, dovuto alla presenza di numerosissimi villi intestinali (2), rilievi conici che aumentano la superficie interna del tenue di ben cinque volte. C) Osservati in sezione longitudinale (a 100 ingrandimenti), i villi appaiono formati da un asse di tessuto connettivale (1), rivestito da un epitelio a strato semplice di cellule poliedriche (2), tra le quali si trovano numerose cellule caliciformi di tipo muciparo (3)

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I due piani insieme, formano uno strato continuo per tutta la lunghezza dell'intestino anche se tale strato va assottigliandosi man mano che ci si avvicina al cieco.

La tunica cellulare o sottomucosa è intimamente aderente alla tunica muscolare; è essenzialmente costituita da connettivo lasso e fibre elastiche. Nel suo contesto decorrono numerosi vasi e nervi. In corrispondenza del duodeno, contiene altresì i tubuli acinosi che costituiscono il corpo delle ghiandole di Brunner.

La tunica mucosa riveste in maniera uniforme tutto il lume intestinale ed è la struttura che assolve principalmente ai processi di digestione e di assorbimento che avvengono in seno all'intestino tenue. La mucosa intestinale ha uno spessore di 0,4-0,5 mm circa, è bianco-rosea e non si presenta uniformemente liscia come accade invece per la superficie esterna del canale intestinale.

Presenta al contrario delle ripiegature concentriche al lume intestinale, le valvole conniventi, che appaiono sulla porzione discendente del duodeno per scomparire nella parte terminale del tenue.

A queste formazioni vanno aggiunti i villi intestinali, piccole protuberanze che s'innalzano dalla superficie libera della mucosa intestinale che sono talmente numerose e ravvicinate da conferire alla mucosa stessa un aspetto quasi vellutato.

Fig. 5.3: (Sopra). Villi intestinali osservati in sezione trasversale. Ciascun villa si presenta come una formazione poligonale costituita dall'epitelio di rivestimento e da connettivo lasso, in cui decorrono vasi linfatici e capillari. Nel villa indicato dalla freccia è visibile il tessuto connettivo che fa da supporto all'epitelio di rivestimento. Le zone chiare corrispondono agli spazi liberi esistenti fra villa e villa. (A destra). Epitelio di rivestimento di un villa. L'epitelio è costituito da uno strato semplice di cellule poliedriche, con nucleo basale ed orsetto cuticolare; tra le cellule poliedriche si trovano numerose cellule caliciformi (A)

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I villi ricoprono senza interruzione tutta la mucosa intestinale ivi comprese le valvole conniventi e rappresentano dal punto di vista funzionale l'unità elementare dell'assorbimento intestinale.

Intercalati ai villi e alle valvole conniventi, si trovano inoltre sulla mucosa dei piccoli forellini rappresentanti altrettanti sbocchi ghiandolari, e delle formazioni linfoidi isolate o a placche.

Dal punto di vista strutturale, infine, nella mucosa ritroviamo uno strato epiteliale costituito da un ordine unico di cellule cilindriche; al di sotto di esso un corion formato da tessuto reticolare ed una muscolaris mucosae che segna il confine tra mucosa e sottomucosa. Nel contesto della mucosa ancora sono situate le ghiandole di Lieberkun, laddove nel duodeno prevalgono le ghiandole di Brunner le quali però a differenza delle prime sconfinano fin nella sottomucosa.

5.2.2.3 Intestino crasso

È il segmento terminale del tubo digerente; da un lato fa seguito all'ileo mentre dall'altro comunica con l'esterno a mezzo di un orifizio munito di sfintere, l'orifizio anale. È lungo circa m 1,50 contro 7 cm di diametro e possiede un decorso notevolmente più regolare del tenue.

Dalla sua origine alla sua terminazione distinguiamo: il cieco, specie di sacco situato nella fossa iliaca destra e recante un'appendice vermiforme detta più semplicemente appendice; il colon ascendente che ha un decorso quasi verticale, dalla fossa iliaca destra fin sotto l'ilo epatico; il colon trasverso dall'ilo epatico orizzontalmente sino alla regione splenica; il colon discendente dall'ilo splenico fino al piccolo bacino. Su quest'ultimo s'innesta il sigma ed il retto che termina al perineo con l'orifizio anale.

II colon riceve dalla parte terminale dell'ileo circa 1500 ml di chimo al giorno, la sua funzione è di assorbire la maggior parte dei sali e dell'acqua che in esso vi entrano; le contrazioni del colon mescolano il chimo e ne determinano il movimento lungo la superficie mucosa. La progressione del contenuto del colon è lenta, raggiungendo valori massimali di 5-10 cm/ora. Da una a tre volte al giorno si verifica un gruppo di contrazioni, chiamato movimento di massa, che è simile ad un'onda peristaltica durante la quale i segmenti contratti rimangono tali per parecchio tempo. Tali movimenti di massa hanno la funzione di sospingere in direzione longitudinale il contenuto presente in una notevole porzione di colon.

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La motilità del colon, così come quella delle altre parti del tratto gastrointestinale, è controllata da nervi estrinseci ed intrinseci, da ormoni, da neurotrasmettitori e dalle proprietà intrinseche della muscolatura liscia intestinale. La maggior parte delle contrazioni sono di tipo segmentario, cioè molto più adatte al mescolamento del contenuto intestinale che alla sua propulsione. L'azione del mescolamento facilita l'assorbimento di acqua e sali da parte dell'epitelio.

Fig. 5.4: Le principali suddivisioni dell'intestino crasso sono, come illustrato nella figura, il cieco, il colon ascendente, il colon traverso, il colon discendente, il colon sigmoideo, il retto ed il canale anale

5.2.2.4 Conformazione esterna e interna dell’intestino crasso

Come il tenue, l'intestino crasso è un organo cilindroide, anche se il suo diametro decresce dalla sua origine alla sua terminazione. Dal tenue però si differenzia per la minore lunghezza, per il maggior calibro, e per il suo decorso relativamente regolare. A prima vista, sulla superficie esterna del crasso sono visibili tre benderelle longitudinali o tenie del colon, che si stendono per tutta la lunghezza del crasso e che formano tre solchi pressoché equidistanti tra loro. A questi solchi longitudinali se ne aggiungono degli altri meno marcati e perpendicolari ai primi per cui la parete intestinale esterna si solleva tra di essi in numerosi rigonfiamenti irregolari.

Sulla superficie interna, ai solchi ed ai rigonfiamenti esterni corrisponderanno evidentemente delle protuberanze e delle tasche risultandone una immagine perfettamente negativa di quella vista all'esterno.

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5.2.2.5 Struttura dell’intestino crasso

Anche per l'intestino crasso distinguiamo quattro tuniche concentriche: sierosa, muscolare, sottomucosa e mucosa. Conviene qui considerare in particolare lo strato muscolare e la mucosa in quanto gli altri strati rivestono gli stessi caratteri che abbiamo visto per il tenue.

Lo strato muscolare consta di due ordini di cellule muscolari lisce; le prime disposte concentricamente al lume intestinale in un piano pressoché continuo ma molto sottile, le seconde invece sono quelle che si riuniscono a formare delle robuste benderelle longitudinali che in numero di tre percorrono tutto il colon.

La mucosa dell'intestino crasso si presenta di colorito bianco cinereo ed è più spessa e resistente di quella del tenue. La sua superficie esterna è regolarmente liscia e non presenta né le valvole conniventi, né i villi che si sono riscontrati numerosi nel digiuno- ileo.

L'epitelio si presenta più appiattito e sono presenti sulla superficie una serie infinita di piccoli orifizi cui corrispondono altrettanti sbocchi ghiandolari.

La struttura del tratto gastrointestinale varia notevolmente da regione a regione, il colon comunque mostra molti tratti in comune, nella loro organizzazione, ad uno schema in struttura laminare rappresentato in figura:

La mucosa è costituita dalla lamina vera e propria, dalla muscolaris mucosae e dall'epitelio, che cambia in maniera rilevante da una regione all'altra del tratto digerente. La lamina propria, costituita prevalentemente da tessuto connettivo lasso contenente fibrille di collagene e di elastina, comprende diversi tipi di ghiandole, linfonodi e capillari.

La muscolaris mucosae, lo strato più interno della muscolatura liscia intestinale, risulta costituito da due sottili strati di muscolatura liscia: uno strato interno circolare ed uno esterno longitudinale. Le contrazioni della muscolaris provocano la comparsa di pieghe e creste nella mucosa.

Fig. 5.5: Schema della struttura laminare del Colon

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La sottomucosa, che in alcune regioni contiene ghiandole, è costituita principalmente da tessuto connettivo lasso e da fibrille di collagene e di elastina.

Nella sottomucosa passano i vasi sanguigni di maggiori dimensioni della parete intestinale ed è contenuto il plesso sottomucoso (plesso di Meissner).

La muscolaris externa è tipicamente costituita da due strati distinti di cellule muscolari lisce: uno strato circolare interno ed uno strato longitudinale esterno. Tra questi due strati è situato il plesso mienterico (plesso di Auerbach), la cui funzione preminente è di coordinare l'attività contrattile della muscolaris externa. Le contrazioni della muscolaris externa sono responsabili sia del rimescolamento del contenuto del lume che dell'attività propulsiva che spinge in maniera coordinata il contenuto verso l'ano.

Lo strato muscolare longitudinale della muscolaris externa è concentrato in tre bande chiamate teniae coli, al di sotto delle quali il plesso mienterico è notevolmente sviluppato. Nelle regioni interposte tra le teniae coli, lo strato longitudinale è alquanto sottile.

La sierosa, o avventizia, è lo strato infine più esterno; è costituito prevalentemente da tessuto connettivo ricoperto da uno strato di cellule mesoteliali squamose. Contrazioni segmentate localizzate suddividono il colon in segmenti adiacenti di forma ovoidale, denominati austra; per tale motivo nel colon la segmentazione è denominata australiane. La più evidente differenza fra questa e la segmentazione che avviene nell'intestino tenue è la grande regolarità dei segmenti prodotti e la notevole lunghezza di intestino interessata.

5.3 Biomeccanica e Biotribologia del tratto gastro intestinale.

Lo studio delle proprietà biomeccaniche e biotribologiche del tessuto gastrointestinale [53] è di fondamentale importanza per lo sviluppo di una micro-capsula endoscopica, in quanto:

fornisce indicazioni utili per la progettazione delle micro-gambe, soprattutto per quanto riguarda la forma da dare alla loro estremità;

permette lo sviluppo di un modello teorico, da affiancare a quello sperimentale, capace di visualizzare il gait di locomozione della capsula e di calcolare il consumo energetico e le forze prodotte durante il suo spostamento. Il modello prevede la schematizzazione di un tratto di intestino come un tubo circolare di materiale viscoelastico, soggetto a tensioni e deformazioni puramente

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membranali. In figura 5.6 è raffigurata un prima simulazione realizzata mediante l’utilizzo di Matlab:

Fig. 5.6: Tessuto gastro-intestinale deformato da una capsula ad otto zampe

La figura mostra il tessuto gastrointestinale deformato dall’azione motrice di un’ipotetica capsula a otto gambe: le sferette nere rappresentano le estremità moventi delle gambe e le varie frecce la direzione della forze generate dal loro contatto con la parete del TGI. Il modello teorico è comunque ancora in fase di sviluppo al momento della stesura di questa tesi. Tra l’altro, uno dei risultati di questa tesi sarà proprio quello di fornire indicazioni per il miglioramento del modello teorico di locomozione, in modo da tener conto di fenomeni reali difficilmente simulabili.

Di seguito sono riportati gli esperimenti condotti in laboratorio (grazie alla collaborazione del Prof. Marc.O.Shurr, della Steinbeis University di Berlino, Germania) per determinare l’elasticità e il coefficiente di attrito della parete gastrointestinale. Tali esperimenti, oltre ad aver determinato la base di lavoro per la realizzazione del modello di locomozione teorico, sono di fondamentale importanza anche nella selezione dei parametri tipici di locomozione: massime forze tollerabili dal tessuto intestinale, tipici valori di attrito sviluppabili, etc.

5.3.1 Elasticità del TGI

L’elasticità del tessuto gastro-intestinale è stata determinata mediante prove di trazione condotte su provini di tessuto appositamente preparati. Essi consistono in brevi striscioline di tessuto porcino (larghe circa 1 cm) realizzate a partire dai corrispondenti organi naturali: esofago, intestino tenue e intestino crasso (vedi figura 5.7). Le striscioline sono state tagliate lungo la direzione longitudinale e trasversale delle fibre muscolari, in modo da caratterizzare completamente il materiale.

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Fig. 5.7: Set-up sperimentale per la caratterizzazione del tessuto gastro- intestinale Per ogni tipo di tessuto sono state ripetute un minimo di tre prove, durante le quali sono state misurate20 contemporaneamente la forza di trazione per unità di lunghezza e la deformazione percentuale del tessuto. I risultati ottenuti sono stati quindi utilizzati per la costruzione dei grafico mostrato in figura 5.7.

Fig. 5.8: Curve di elasticità di vari tipi di tessuti Dall’osservazione delle curve riportate si evince che:

l’elasticità trasversale del tessuto esofageo risulta più alta rispetto a quella longitudinale a causa della diversa architettura della parete nelle due direzioni;

la forza di rottura del tessuto esofageo risulta più elevata lungo la direzione longitudinale rispetto a quella trasversale;

20La forza di trazione è stata misurata con una cella di carico e la deformazione mediante l’utilizzo di una telecamera digitale.

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l’elasticità dell’intestino (tenue e crasso) risulta di poco variabile passando dalla direzione trasversale a quella longitudinale, denunciando una architettura della parete più omogenea rispetto a quella del tessuto esofageo.

l’intestino crasso arriva a rottura esercitando una forza maggiore rispetto a quella richiesta dal tenue.

5.3.2 Coefficiente di attrito del TGI

Analogamente a quanto sopra, sono stati condotti esperimenti su campioni di intestino tenue e di intestino crasso al fine di determinare il valore del coefficiente di attrito: esso risulta infatti di primaria importanza per valutare l’effettiva capacità di spostarsi all’interno del TGI, della micro-capsula con gambe.

Il set-up prevede l’utilizzo di una capsula mock-up provvista di otto gambe, l’estremità delle quali è stata sagomata a formare delle piccole sfere di due millimetri di diametro;

la configurazione è stata scelta in quanto permette di deformare la parete intestinale generando l’attrito necessario alla locomozione senza danneggiare il tessuto.

Fig. 5.9: Misurazione della forza di attrito sviluppata dalla capsula mock-up, all’interno dell’intestino tenue e crasso

Come mostrato in figura 5.10 la capsula è stata introdotta nel lumen dell’organo tubolare e tirata a velocità costante mediante una cella di carico: così è stato possibile misurare la forza necessaria al suo scorrimento all’interno del cilindro. La prova è stata ripetuta per differenti aperture delle gambe del mock-up in modo da valutare il legame esistente tra la forza tangenziale di scorrimento (Fa) e la deformazione del tessuto.

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In figura 5.10 sono mostrati i risultati sperimentali ottenuti:

Fig. 5.10: Risultati sperimentali ottenuti

Il primo grafico a sinistra mostra il valore della forza di attrito globale (Fa,tot) agente su tutte le gambe del mock-up: essa aumenta in maniera non lineare con la deformazione circonferenziale della parete gastro-intestinale.

Nel secondo grafico è illustrato il valore del coefficiente di attrito: esso è stato determinato mediante l’ausilio delle curve di elasticità mostrate in figura 5.8. Infatti la conoscenza del legame tra la deformazione trasversale del tessuto e la forza esercitata dalla parete in seguito a tale deformazione, permette di ricavare la forza normale (N)

agente sulla gamba e quindi il coefficiente di attrito ( ), una volta misurata la forza tangenziale di attrito (Fa):

N Fa µ=

dove Fa è la forza di attrito tangenziale ed N la forza normale.

Come è possibile osservare in figura 5.10 il valore del coefficiente di attrito calcolato risulta compreso tra 0.03 e 0.08 e tende a diminuire all’aumentare della deformazione del tessuto intestinale. Ciò è dovuto alla formazione di un film lubrificante prodotto dal liquido interstiziale che viene secreto dai villi intestinali in seguito all’applicazione di un carico tangenziale.

5.4 Specifiche

Al fine di sviluppare un meccanismo di locomozione integrabile in una capsula endoscopica, sono necessarie delle specifiche che tengano conto di diversi fattori:

Fig. 5.11: Meccanismo di secrezione del liquido interstiziale

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Biocompatibilità

Sicurezza

Ingombri

Velocità

Forza propulsiva

Consumo energetico

Tali fattori, che verranno esplosi nei paragrafi successivi, fanno riferimento al dispositivo finale, e non alla capsula modulare che è stata sviluppata dal candidato per supportare la realizzazione della capsula endoscopica a gambe. Nonostante ciò, è importante considerare questi aspetti anche nella realizzazione della capsula di prova in quanto alcuni fattori, se non opportunamente considerati in fase preliminare, possono condurre a conclusioni non corrette o non facilmente implementabili nel dispositivo finale.

5.4.1 Sicurezza.

Il dispositivo deve essere intrinsecamente sicuro, nel senso che una eventuale rottura o l'esaurimento dell'energia necessaria al moto non provochino il bloccaggio della capsula all'interno del TGI. La corrente elettrica che può, a causa di una rottura della pillola, venire a contatto con i tessuti deve essere di intensità e di frequenza tale da non indurre lesioni al tessuto o provocare la contrazione dei muscoli circostanti. In caso di guasto la capsula deve comunque poter essere espulsa in modo naturale.

5.4.2 Ingombri.

Poiché lo scopo ultimo è quello di produrre una capsula endoscopica ingeribile tramite una normale deglutizione, le dimensioni del dispositivo devono essere contenute in 30 mm di lunghezza per 10 mm di diametro. Nel caso di prototipi intermedi, wired, destinati all’esplorazione del colon e della prima parte del tenue (come in un endoscopia classica), il diametro del dispositivo non deve essere maggiore del diametro del colon (22-50 mm), e deve quindi essere contenuto entro i 20 mm.

Per permettere l’alloggiamento degli altri componenti della capsula (batteria, camera CCD, pinze, ecc), il meccanismo di locomozione deve svilupparsi interamente sulla superficie della capsula.

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5.4.3 Velocità.

La capsula endoscopica non ha particolari esigenze in termini di velocità di avanzamento: essa può attraversare il TGI in un tempo pari a quello impiegato in un normale processo fisiologico dall’ingerimento all’espulsione (circa 24 ore) senza causare particolari problemi al paziente. Non di meno, al fine di ridurre la durata degli esami endoscopici, la velocità di avanzamento dovrebbe essere tale da consentire la percorrenza del tratto gastro-intestinale in circa 6 ore; questo si traduce in una velocità di avanzamento del dispositivo di circa 0.4 mm/s.

5.4.4 Forza propulsiva.

La forza esercitata dalle gambe sul tessuto circostante deve essere tale da permettere l’avanzamento della capsula all’interno del TGI senza danneggiare le pareti. La forza massima potrà essere stimata solo in fase preclinica, valutando i possibili danni procurati alla mucosa intestinale. Il valore minimo della forza propulsiva, invece, è stato determinato mediante l’utilizzo di un set-up sperimentale appositamente realizzato. Tale sistema è composto da:

Fig. 5.12: Vista di insieme del set-up Fig. 5.13: Struttura superiore e motori

Fig. 5.14: Slitta con ruote teflonate Fig. 5.15: Micro-gamba Dado di regolazione

altezza

ruote teflonate

Micro-gamba

Organi di trasmissione Motori passo-passo

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una struttura portante, regolabile in altezza, contenente i motori passo-passo, gli organi di trasmissione e le gambe da movimentare (vedi figura 5.13 e 5.15);

una slitta su ruote teflonate ( figura 5.14) connessa a una cella di carico, su cui viene fissato il tessuto gastro-intestinale, porcino.

Il principio di funzionamento è il seguente: la gamba azionata mediante i motori passo- passo spinge il tessuto sottostante e quindi la slitta a cui esso è solidale; la cella di carico collegata alla slitta misura quindi la forza esercitata dalla gamba lungo la direzione longitudinale.

I motori passo-passo utilizzati per la movimentazione della micro-gamba hanno un passo minimo di 3.6° e una ampiezza massima di oscillazione di 120°. La distanza tra il supporto superiore e la slitta è regolabile mediante il dado indicato in figura 5.12.

Grazie ad un’interfaccia grafica, realizzata con LabView 7.0, è possibile regolare il numero di passi e la velocità di rotazione di ogni motore visualizzando, nel contempo, la forza esercitata dalla gamba sul tessuto circostante ( vedi figura 5.16).

I test sono stati condotti adottando due diverse tipologie di gambe:

1. la prima costituita da una gamba completamente rigida, avente come unico grado di libertà la rotazione attorno al proprio asse;

2. la seconda rappresentata da una gamba munita di ginocchio flessibile, ottenuto con un inserto in poliuretano morbido(vedi paragrafo 5.5.4.2 per maggiori dettagli).

I primi test sono stati condotti utilizzando la gamba completamente rigida: sono state utilizzate differenti velocità di rotazione (vedi grafico in figura 5.17) per ognuna delle quali è stata registrata la forza generata dalla gamba sul tessuto; la distanza tra la

Fig. 5.16: Interfaccia grafica di controllo e di visualizzazione

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struttura superiore e la slitta porta tessuto è stata stabilita in circa 10 mm (la misura nasce dal considerare il corpo della capsula di circa 10-15 mm con un diametro del colon di 30-35 mm). Le prove sono state ripetute più volte per diminuire l’errore sperimentale: in figura 5.17 sono mostrati i valori della forza registrata in funzione del tempo:

Fig. 5.17: Andamento nel tempo della forza esercitata dalla gamba rigida a diverse velocità di rotazione

Come è possibile osservare, la forza propulsiva massima generata dalla gamba varia indipendentemente dalla velocità di rotazione utilizzata tra i 20 g e 30 g.

In figura 5.18 sono riportate, a scopo esemplificativo, alcune delle sequenze filmate durante lo svolgimento dell’esperimento:

Fig. 5.18: Sequenze dell’azione di spinta esercitata dalla gamba rigida sul tessuto I test successivi sono stati condotti utilizzando la gamba semi rigida: in questo caso si è osservato una maggiore adattabilità della gamba al tessuto sottostante grazie alla deformazione che occorre in prossimità del ginocchio flessibile. Di contro la forza

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generata dalla zampa risulta molto minore rispetto al caso rigido, essendo compresa tra i 4 g e i 6 g (vedi figura 5.19).

Fig. 5.19: Andamento nel tempo della forza esercitata dalla gamba semi rigida a diverse velocità di rotazione

Analogamente a sopra in figura 5.20 sono mostrate alcune delle sequenze filmate durante la locomozione della gamba semi rigida:

Fig. 5.20: Sequenze dell’azione di spinta esercitata dalla gamba semi-rigida sul tessuto

5.4.5 Consumo energetico.

Nel caso di una capsula di prova (wired) realizzata per testare il sistema di locomozione scelto, l’alimentazione può essere fornita esternamente e quindi non sussistono

(20)

particolari problemi da un punto di vista energetico. L’energia richiesta per il funzionamento del dispositivo finale (wireless) deve essere invece fornita da una batteria interna, in grado di alimentare la capsula per tutto l’arco di tempo necessario all’attraversamento del TGI. Le specifiche fornite dal committente (IMC–Intelligent Microsystem Center, Seoul, Korea) fanno riferimento a una batteria di 2 Wh con una potenza di 2 W e con dimensioni massime di 8mm di diametro per 8 mm di spessore;

essa dovrà alimentare ogni sottosistema della capsula endoscopica completa, quindi il sistema di locomozione, quello di visione, di diagnosi e di terapia.

5.5 Descrizione della capsula per la valutazione della locomozione su gambe

5.5.1 Introduzione.

Fig. 5.21: Vista di insieme del dispositivo

In figura 5.21 è illustrata una vista di insieme del dispositivo realizzato per testare l’efficacia del sistema di locomozione su gambe all’interno del TGI; esso è composto da un corpo capsula e da sei “unità di locomozione”, ognuna delle quali è costituita da un

Unità di locomozione

Corpo capsula

(21)

supporto prismatico, da una micro-puleggia inserita all’interno del supporto, e da una micro-gamba solidale alla puleggia. I cavi esterni necessari all’azionamento delle gambe, con le relative guaine in acciaio, completano il sistema modulare di locomozione. La funzione e la forma dei componenti sopra elencati sono descritti in dettaglio nei paragrafi seguenti.

5.5.2 Corpo capsula

Fig. 5.22: Esploso del corpo-capsula

In figura 5.22 è mostrato un esploso del corpo capsula; esso ha una lunghezza di circa 40 mm ed un diametro di 20 mm. La parte centrale del corpo è costituita da due cilindri dentati in PEEK21, sulla cui superficie sono state ricavate le scanalature di alloggiamento per le unità di locomozione. Le scanalature sono sagomate in maniera tale da permettere tre diverse posizioni dell’unità: ciò rende possibile la regolazione

21Il PEEK – Polietereterchetone - è un polimero semicristallino con elevate caratteristiche meccaniche ( sn= 110 MPa) e termiche (le caratteristiche meccaniche si mantengono praticamente inalterate fino a 240°C).

2° cilindro dentato

1° cilindro dentato Slotper le unità di

locomozione

Coperchio anteriore

Coperchio posteriore

Molla

Disco porta-cavi

(22)

manuale della distanza longitudinale tra le micro-gambe anteriori e quelle posteriori, da una distanza massima di 11 mm ad una massima di 20 mm(vedi figura 5.23).

Fig. 5.23: Possibili posizioni longitudinali di un’ unità di locomozione

La regolazione angolare tra le gambe anteriori e le gambe posteriori è invece affidata alle due dentature alla base dei cilindri. I denti sono disposti lungo la circonferenza ad intervalli di 15° l’uno dall’altro e consentono di realizzare tre diverse configurazioni angolari delle unità di locomozione (vedi figura 5.24).

Fig. 5.24: Possibili posizioni angolari delle sei unità di locomozione

I due cilindri dentati sono tenuti insieme dall’azione di compressione di una molla posta coassialmente all’asse dei due cilindri: per effettuare la rotazione delle due metà del corpo capsula è necessario allontanare i pezzi vincendo l’azione della molla, quindi ruotarli e farli combaciare nuovamente, lasciando la presa. Tale operazione è ovviamente manuale e può essere effettuata anche con le sei unità di locomozione già inserite negli appositi slot. La possibilità di regolare la distanza longitudinale e angolare delle zampe è importante per valutare quanto la loro disposizione geometrica influisca sul gait di locomozione. Il corpo capsula è completato da due coperchi, uno sferico e l’altro conico, realizzati in PEEK: essi hanno lo scopo di ospitare il sistema di creazione dello spazio intraluminale, descritto dettagliatamente nel paragrafo 5.5.5.

1aposizione 2aposizione 3aposizione

1aposizione 2aposizione 3aposizione

(23)

5.5.3 Unità di locomozione

In figura 5.25 è raffigurato l’esploso di una delle sei unità di locomozione presenti nel dispositivo; ogni unità è composta da un supporto prismatico realizzato in PEEK, da una micro-puleggia in alluminio montata all’interno del supporto, dai cavi che permettono la rotazione della puleggia e dalle guaine metalliche di rivestimento .

Fig. 5.25: Unità di locomozione

La micro-puleggia in alluminio si inserisce all’interno del supporto prismatico mediante una lieve pressione esercitata dall’alto ed è mantenuta in posizione dall’interferenza esistente tra l’albero della puleggia e la scanalatura verticale del supporto prismatico. Il dimensionamento corretto del sistema di aggancio è stato studiato utilizzando Ansys.

Sono state infatti condotte le seguenti verifiche:

Fig. 5.26: Risultati della prima simulazione

Supporto prismatico Micro-puleggia

Guaina metallica Fori di passaggio, A e

B, dei cavi e relative battute circolari per le guaine metalliche

A B

Cavo in kevlar teflonato

(24)

a) verifica di rigidezza con lo scopo di valutare lo stato di tensione indotto nel materiale durante l’inserimento della puleggia. In figura 5.26 è mostrato lo stato di sollecitazione del supporto: come valore rappresentativo di tale stato di sollecitazione è stato assunto quello della tensione equivalente di Von Mises. I valori calcolati risultano compresi tra 40 MPa e 80 MPa: essi sono del tutto ammissibili essendo la tensione di snervamento del materiale di 110 MPa.

b) verifica di resistenza al fine di valutare la resistenza del materiale sotto l’azione delle reazioni vincolari (Rc e Rd) che nascono all’interfaccia tra l’albero della puleggia e la sede circolare del supporto prismatico (vedi figura 5.27). Tali reazioni sono state calcolate secondo il seguente schema di carico:

Fig. 5.27: Schema di carico della puleggia

Con riferimento alla figura 5.27 e considerando una forza resistente Ft agente sulla gamba di 0.30 N, è possibile scrivere le seguenti equazioni di equilibrio:

(Equilibrio alla traslazione lungo x) (Equilibrio alla rotazione lungo z)

=

+

=

= + +

0 0

l R l R h F

g F S F

R R F F

C D

f

f t

D C f t

(Equilibrio alla rotazione lungo y) da cui, con semplici passaggi, si ricava:

x y

z

(25)

+

=

=

=

2 1 2 1

gl Sh g

S R F

gl Sh g

S R F

g F S F

C t D t

t f

Sostituendo i valori numerici si ottiene finalmente:

=

=

=

33 , 4

48 , 1

41 , 6

N R

N R

N F

C D f

I risultati della simulazione Ansys, svolta utilizzando i valori di RC e RD appena determinati, sono mostrati in figura 5.28:

Fig. 5.28: Risultati della seconda simulazione

Il valore massimo di tensione trovato, risulta di circa 40 MPa e quindi inferiore alla tensione di snervamento del materiale di 110 MPa.

In figura 5.29 è mostrata la micro-puleggia in alluminio avente un diametro di 2.5 mm e una lunghezza di 6 mm:

Fig. 5.29: Immagine Pro-E (a sinistra) e reale (a destra) della micro-puleggia Scanalature

laterali

Canale centrale Foro laterale

(26)

Essa presenta:

un piccolo foro laterale con diametro di 0.2 mm, realizzato mediante elettroerosione a tuffo: attorno a esso viene annodato il cavo che permette la trasmissione della coppia motrice;

una serie di scanalature laterali che consentono l’avvolgimento e lo scorrimento del filo durante la rotazione del pezzo;

un canale centrale nel quale viene inserita la gamba da movimentare: esso è stato realizzato mediante elettroerosione a filo in modo da ricavare la sezione rettangolare richiesta per l’inserimento corretto della gamba (necessariamente a sezione rettangolare perché realizzata per elettroerosione a filo). Il percorso utilizzato dal filo per la lavorazione della cava centrale è mostrata in figura 5.30:

Fig. 5.30: Percorso fatto dal filo per la realizzazione della cava centrale

Come è possibile notare in figura, l’accesso del filo è avvenuto lateralmente, provocando una diminuzione della sezione resistente e della rigidezza del pezzo.

Per valutare la corretta funzionalità della puleggia in seguito alla lavorazione subita, è stata eseguita una simulazione Ansys che ha fornito i seguenti risultati:

a) la tensione equivalente di Von Mises risulta di 45 MPa (figure 5.31-a e 5.31-b) , quindi inferiore alla tensione di snervamento del materiale di 90 MPa.

b) le deformazioni in direzione x e in direzione z (vedi figure 5.31-c e 5.31- d) risultano del tutto trascurabili, essendo dell’ordine di pochi m.

In conclusione, il taglio trasversale, necessario all’esecuzione della cava centrale, non pregiudica il corretto funzionamento della puleggia

(27)

(a) (b)

(c) (d)

Fig. 5.31: Stato di sollecitazione e di deformazione della puleggia Il montaggio dell’unità di locomozione avviene nel seguente modo:

il cavo utilizzato per la trasmissione della coppia motrice viene avvolto e fissato attorno alla puleggia e quindi passato attraverso i fori praticati sulla superficie laterale del supporto prismatico (indicati con A e B in figura 5.25);

la micro-puleggia è fissata all’interno del supporto prismatico;

i cavi22sono passati attraverso le guaine metalliche: esse sono necessarie per una trasmissione istantanea della forza motrice e vengono fissate al supporto prismatico in corrispondenza delle due battute circolari coassiali ai fori A e B di cui sopra;

22 Cavo FIRELINE in kevlar rivestito in teflon prodotto dalla Berkley-Pure Fishing,-1900 18th Street, Spirit Lake, IA 51360-1099, sito web:www.berkley-fishing.com, 1-8000-237-5539. Sezione del filo 0.10 mm, resistenza massima a rottura 3.6 Kg.

Z

X Z

X

(28)

le estremità libere dei cavi sono finalmente collegati ai servomotori elettrici del gruppo di comando del dispositivo (vedi paragrafo 5.5.6).

Una volta montata (vedi figura 5.32-(a)), l’unità di locomozione è inserita nell’apposito slot del corpo capsula e quindi agganciata mediante l’inserimento di una spina laterale, come indicato in figura 5.32-(b):

(a) (b)

Fig. 5.32: (a) Unità di locomozione completa; (b) Spina di aggancio dell’unità di locomozione

5.5.4 Micro-gambe

Lo studio della forma e delle dimensioni da dare alle micro-gambe della capsula endoscopica riveste un ruolo di primaria importanza per una locomozione efficace all’interno del TGI. La gamba rappresenta infatti l’elemento di interfaccia tra il dispositivo robotico e l’ambiente circostante: la sua funzione principale è quella di generare la forza di propulsione necessaria alla locomozione della capsula. adattandosi alle diverse geometrie del TGI.

Per adempiere allo scopo è necessario realizzare una gamba avente le seguenti caratteristiche:

l’estremità a contatto con il tessuto sagomata in modo da generare una presa sufficiente a produrre lo spostamento della capsula;

una lunghezza tale da poter entrare in contatto con le pareti dell’intestino indipendentemente dalla loro geometria e senza deformarle eccessivamente;

Spina di aggancio

(29)

uno o più gradi di libertà, dal momento che un numero maggiore di gradi di libertà conferisce alla gamba una migliore adattabilità all’ambiente circostante anche se ciò comporta maggiori difficoltà di attuazione.

Di seguito sono descritte le varie soluzioni proposte per le gambe del dispositivo finale.

Tali gambe, sebbene disegnate per essere implementate nella capsula endoscopica finale, sono state testate nel dispositivo di prova in modo da evidenziarne limiti e potenzialità in vista della selezione e dell’integrazione finale.

5.5.4.1 Prima soluzione: gamba rigida

Come prima soluzione è stata realizzata la gamba rigida indicata in figura 5.33:

Fig. 5.33: Prima soluzione realizzata per le gambe della capsula

La gamba è stata realizzata prendendo ispirazione dai sistemi biologici: le proporzioni e la forma delle gambe sono state infatti ottenute osservando le dimensioni e la morfologia delle zampe degli scarafaggi.

Come evidenziato in figura 5.33, tre sono gli aspetti da sottolineare: la particolare struttura conferita all’estremità della gamba, l’alleggerimento in corrispondenza del ginocchio e il sistema elastico di aggancio.

1) Estremità sagomata della gamba

In figura 5.34 è mostrata l’estremità sagomata della zampa: essa presenta una serie di Estremità sagomata

Alleggerimento in corrispondenza del ginocchio della gamba

Attacco elastico

(30)

microuncini realizzati con lo scopo di aumentare il coefficiente di attrito durante il contatto tra gamba e tessuto.

Fig. 5.34: Estremità sagomata della gamba

Tale soluzione costruttiva è stata necessaria a causa del basso coefficiente di attrito offerto dalle pareti gastrointestinali: il suo valore, calcolato in base ai test sperimentali descritti nel paragrafo 5.3.1, risulta infatti di solo 0.03.

Un parametro che riveste particolare importanza nella progettazione della gamba è l’altezza da fornire ai microuncini; essa deve essere scelta in modo da:

evitare il danneggiamento delle pareti intestinali durante la penetrazione dei microuncini;

permettere una “presa” sul tessuto sufficiente a garantire lo spostamento della capsula;

La prima condizione risulta soddisfatta quando la penetrazione nel tessuto è tale da non superare lo strato della sottomucosa intestinale: in condizioni di tessuto sano ciò si traduce in una profondità di penetrazione inferiore al millimetro [54]. In presenza di patologie, invece, lo spessore della parete intestinale (e quindi della mucosa e della sottomucosa) decresce drasticamente fino ad arrivare a misurare pochi decimi di millimetro: per questa ragione l’altezza dei microuncini è stata fissata pari a 0.2 mm.

Per quanto riguarda la seconda condizione, l’efficacia dei microuncini è stata valutata mediante i test sperimentali descritti nel paragrafo 5.4.4: come già detto la gamba riesce a sviluppare una forza di circa 30 g , valore questo del tutto accettabile considerato che il peso della capsula si aggira attorno ai 15 g.

Da notare infine che i microuncini sono stato orientati in maniera da poter far presa sul tessuto solamente durante la rotazione oraria della gamba (fase di spinta) e di scivolare

(31)

su di esso durante la rotazione antioraria (fase di swing). Questo permette di avere una sorta di attrito differenziale che, combinato alla differenti posizioni iniziali delle gambe posteriori e anteriori, permette l’avanzamento della capsula lungo l’asse del TGI.

2) Alleggerimento della struttura della gamba

L’alleggerimento della struttura, in corrispondenza del ginocchio della gamba, è mostrato in figura 5.35.

Come si vede nel paragrafo successivo esso è stato realizzato per fornire alla gamba un ulteriore grado di libertà (passivo), in aggiunta alla rotazione rigida attorno all’asse orizzontale della puleggia.

3) Attacco elastico

Uno dei motivi fondamentali per cui si è sviluppato un prototipo di capsula wired, è stato quello di eseguire numerosi test sperimentali, in vitro, per valutare i parametri progettuali necessari allo sviluppo di un prototipo finale wireless.

Alcuni di questi parametri riguardano proprio lo sviluppo della gamba: l’idea era quella di testare diverse geometrie per individuare quelle ottimali per la locomozione in ambienti non strutturati. Si è manifestata quindi l’esigenza di sostituire velocemente le gambe montate sul dispositivo, tra una prova sperimentale e l’altra; di conseguenza, è stato pensato l’attacco elastico mostrato in figura 5.33, il cui principio di funzionamento è il seguente:

l’attacco elastico abbassandosi di 0.1 mm permette l’ inserimento della gamba all’interno del canale centrale della puleggia;

una volta inserita, la gamba è assicurata saldamente alla puleggia grazie al recupero elastico del sistema di aggancio: tale recupero occorre non appena la parte terminale dell’attacco fuoriesce dal canale centrale;

Fig. 5.35: Alleggerimento della struttura della gamba

(32)

la gamba può infine essere disinserita, spingendo leggermente verso il basso l’estremità dell’attacco accessibile dall’esterno.

La verifica di rigidezza del sistema di aggancio è stata eseguita con Ansys; i risultati ottenuti sono mostrati in figura 5.36:

Fig. 5.36: Verifica di rigidezza dell’attacco elastico

La simulazione ha permesso di valutare il corretto dimensionamento del sistema: la tensione massima calcolata risulta pari a circa 478 MPa, valore accettabile dato che il materiale utilizzato per la realizzazione dell’attacco elastico è un tipico acciaio armonico per molle, avente una tensione di snervamento di circa 600 MPa.

5.5.4.2 Seconda soluzione: gamba con inserto in poliuretano

Il secondo prototipo di gamba è mostrato in figura 5.37: esso presenta una geometria identica a quella adottata per la gamba rigida, con la differenza di un “ginocchio”

flessibile realizzato mediante un inserto in poliuretano morbido. Esso è stato ottenuto mediante colata in un apposito stampo: i segmenti da unire, ricavati dalla rottura della gamba rigida in corrispondenza dell’alleggerimento visto in figura 5.35; vengono posizionati all’interno dello stampo, in figura 5.38, e quindi ricoperti con poliuretano.

Fig. 5.37: Seconda soluzione realizzata per le gambe della capsula

(33)

La presenza del giunto flessibile conferisce alla gamba due gradi di libertà: la rotazione attorno all’asse orizzontale della puleggia e quella relativa ai due segmenti della zampa.

Questo tipo di soluzione è stata adottata per valutare l’effetto prodotto sulla locomozione dalla maggiore cedevolezza conferita alla gamba. I test svolti attraverso il test-bench descritto nel paragrafo 5.4.4 hanno dimostrato che l’utilizzo di una gamba con ginocchio flessibile permette una migliore adattabilità al tessuto rispetto a quella raggiunta da una completamente rigida; di contro, la forza generata dalla prima gamba risulta molto minore: 6 g anziché i 30 g prodotti dalla seconda. Tali risultati portano a pensare che la migliore soluzione sia un compromesso tra le due appena viste.

5.5.4.3 Terza soluzione: gamba semirigida in superelastico

Come ultimo prototipo è stata realizzata la gamba in superelastico mostrata in figura 5.39. La sua progettazione è stata effettuata prendendo in considerazione i risultati delle prove di locomozione su tessuto, svolte con le gambe precedentemente descritte. Il design della gamba è stato infatti ideato per coniugare gli aspetti positivi delle prime due soluzioni, ossia il valore sufficientemente elevato della spinta, prodotta dalla gamba rigida, e la maggiore adattabilità alle diverse geometrie della parete gastrointestinale, presentata da quella flessibile. A tale scopo la gamba è stata dotata del giunto flessibile mostrato in figura 5.37.

Fig. 5.39: Terza soluzione realizzata per le gambe della capsula Fig. 5.38: Stampo utilizzato per la realizzazione

del giunto flessibile in poliuretano

(34)

La sua particolare geometria permette alla gamba: 1) di piegarsi all’indietro, durante la fase di swing (vedi paragrafo 5.5.4.1), per adattarsi alle diverse dimensioni della parete intestinale; 2) di generare una forza analoga a quella di una gamba rigida, durante la fase di spinta, in quanto la rotazione in avanti è impedita dal contatto tra le due estremità frontali (indicate in figura 5.40 conA e B).

Il prototipo è stato realizzato in Shape Memory Alloy superelastico (nome commerciale NiTiNol [56]), in modo da poter sfruttare la capacità di questo materiale di subire grandi deformazioni senza arrivare a rottura. Il corretto dimensionamento del ginocchio flessibile è stato realizzato tramite simulazione Ansys i cui risultati sono indicati in figura 5.41. La simulazione ha dimostrato che il giunto è in grado di deformarsi senza rompersi ruotando fino a un angolo di 110° rispetto alla posizione iniziale; la tensione massima calcolata è infatti di circa 690 MPa quando la tensione di rottura del materiale deformato (struttura martensitica) è di oltre 1100 MPa.

Fig. 5.41: Risultati della simulazione Ansys

Per quanto riguarda l’estremità della gamba, alla geometria lineare di figura 5.31 è stata preferita quella circolare di figura 5.42: questa soluzione favorisce infatti lo scivolamento della gamba durante la fase di swing, evitando che il tessuto rimanga impigliato. Da notare comunque che la dimensione dei microuncini è rimasta invariata (0.2 mm) rispetto alle soluzioni precedenti.

Fig. 5.40: Ingrandimento al microscopio elettronico del giunto flessibile

A

B

(35)

Infine, come indicato in figura 5.43, l’attacco elastico è stato semplificato grazie alle proprietà superelastiche del materiale utilizzato.

Fig. 5.42: Ingrandimento al microscopio elettronico dell’estremità uncinata

Fig. 5.43: Ingrandimento al microscopio elettronico dell’attacco elastico

5.5.5 Sistema di creazione dello spazio intraluminale

La creazione dello spazio intraluminale è un requisito fondamentale per permettere la locomozione di una capsula endoscopica all’interno del TGI. In condizioni normali, infatti, il lumen degli organi digestivi è collassato o riempito di prodotti solidi della digestione: in queste condizioni quindi l’avanzamento del dispositivo è praticamente impossibile.

Per ovviare al problema è perciò necessario:

operare una pulizia del TGI mediante l’utilizzo di farmaci (lassativi) o lavaggi gastrici;

allargare le pareti collassate degli organi digestivi con opportuni sistemi meccanici, in modo da ricavare lo spazio sufficiente all’avanzamento della capsula.

Il problema della pulizia e della creazione dello spazio intraluminale non è un problema relativo alla sola capsula endoscopica, ma riguarda anche i metodi di endoscopia tradizionale.

Durante questi esami le pareti intestinali vengono dilatate mediante insufflaggio di aria dall’esterno: in questo modo si facilita l’avanzamento del colonscopio all’interno della cavità corporea e la corretta visualizzazione della superficie intestinale. Questa tecnica è molto utilizzata in quanto è semplice da realizzare e ben adattabile alle diverse

(36)

geometrie del TGI; l’unico svantaggio è rappresentato dal possibile dolore provocato al paziente dalla permanenza di aria all’interno del corpo.

A volte per ovviare al problema si utilizza l’anidride carbonica come gas di insufflaggio: essa infatti viene assorbita dalla mucosa intestinale e quindi automaticamente evacuata attraverso la respirazione polmonare.

Il sistema di creazione dello spazio intraluminale mediante insufflazione di aria o gas, benché efficace, non è implementabile a bordo di una capsula endoscopica autonoma, in quanto le ridotte dimensioni del dispositivo impediscono l’immagazzinamento del volume di aria necessario23 ad eseguire una colonscopia completa. Per questo motivo è stato proposto un meccanismo di dilatazione alternativo, basato sul gonfiaggio di alcuni palloncini disposti sul corpo capsula. Questa soluzione presenta il vantaggio di richiedere una quantità di aria minore rispetto alla prima, e di eliminare il problema dell’aria residua all’interno del corpo.

In figura 5.44 è mostrato il sistema di palloncini realizzato per la capsula di test:

Fig. 5.44: Sistema di creazione dello spazio intraluminale

Esso è costituito da:

un palloncino anteriore alloggiato sull’estremità frontale della capsula; esso viene realizzato mediante una membrana di lattice posizionata sopra il coperchio frontale del robot e fissata mediante l’azione di compressione di un o-ring (vedi figura 5.45);

23Per eseguire una colonscopia completa occorre una quantità di aria che va da un minimo di 10 ad un massimo di 30 litri, a seconda della durata dell’esame e dell’abilità dell’endoscopista.

Palloncini Posteriori Tubi per

l’adduzione dell’aria

Palloncino anteriore

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