• Non ci sono risultati.

1. Perché il Regno Unito dovrebbe rinegoziare o lasciare l’Europa?

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1. Perché il Regno Unito dovrebbe rinegoziare o lasciare l’Europa? "

Copied!
30
0
0

Testo completo

(1)

166

Capitolo Quarto

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

1. Perché il Regno Unito dovrebbe rinegoziare o lasciare l’Europa?

Il Regno Unito aderì all’ Unione Europa nel 1973 mentre alla guida del governo vi

era il conservatore Edward Heath. Fin dal primo momento l’opposizione promise

un referendum sull’Europa se avesse vinto le elezioni. Quarant’anni dopo, la

situazione non è cambiata: in un atteso discorso del 23 gennaio 2013 il premier

David Cameron, ha annunciato che, in caso di vittoria dei conservatori alle

elezioni del 2015, tenterà di negoziare un nuovo accordo per il Regno Unito

nell’UE e il risultato sarà sottoposto ad un referendum popolare che si terrà nella

prima metà della prossima legislatura. Per molti, l’atteso discorso del primo

ministro è stato interpretato come un "colpo da maestro", uno stratagemma

ingegnoso per spegnere i malumori di molti deputati conservatori, delusi dal fatto

che il premier britannico non avesse permesso di votare sulla possibilità o meno di

rimanere in Europa già nel corso di questa legislatura. Alla base del malcontento

parlamentare ci sono due tipologie di motivazioni: da una parte l’autentico

euroscetticismo di molti esponenti del partito conservatore, dall’altra la paura di

molti parlamentari di perdere saggi alle prossime elezioni riguardo alla crescente

popolarità del partito per l’Indipendenza del Regno Unito (UK Independence Party

UKIP). A molti, l’iniziativa di Cameron è apparsa come un tentativo per

guadagnare tempo, di fronte alla decisione di rimandare un referendum

sull’Europa a una data successiva alle prossime elezioni e solo nel caso che il

partito conservatore vincerà nuovamente le elezioni. Così molti deputati desiderosi

di ottenere garanzie hanno iniziato a esercitare pressioni, 114 parlamentari

conservatori hanno votato a favore di una mozione che esprimeva rammarico per

l’assenza nell’elenco delle proposte di una legge che facilitasse la strada al

referendum sull’UE. Da parte sua il governo, per far fronte alle pressioni, ha

(2)

167

espresso il parere favorevole ad un disegno di legge che richiede une legge sul referendum prima delle elezioni del 2015. I conservatori euroscettici, si trovano in una posizione non facile, data l’opposizione del partito laburista e dei liberal- democratici, dunque il partito conservatore appare ora caratterizzato da più spaccature al suo interno, destinate ad aggravarsi in vista delle elezioni per il Parlamento Europeo del 2014, in cui non è remota la possibilità che il partito UKIP possa raccogliere ulteriori consensi. Non migliora la situazione sulle notizie che stanno circolando sul fatto che alcuni esponenti del partito conservatore stanno vagliando l’ipotesi di unirsi all’UKIP in vista delle prossime elezioni. Divisioni e dissensi sono presenti anche all’interno del partito Laburista in cui trenta esponenti hanno formato il gruppo Labour for referendum; Contrariamente, il suo esponente principale Ed Miliband che ha più volte affermato che l’interesse del Regno Unito è quello di rimanere nell’UE ed ha finora escluso di poter cambiare idea riguardo al referendum. Tra le tante ragioni alla base di questa posizione, vi è il fatto che il più importante donatore del partito, John Mills Presidente di "Business for Britain"

sia favorevole ad una rinegoziazione dei termini della membership britannica e poi

solo successivamente ad un eventuale referendum. La posizione di Milliband non

sarà facile nel momento in cui il leader del partito sarà chiamato a prendere parte

nei dibattiti televisivi preelettorali. Anche per Eds Ball appare difficile immaginare

come Miliband possa riuscire a far fronte alle pressioni destinate ad accrescere in

vista delle elezioni del 2015. All’interno del partito liberaldemocratico che

tradizionalmente racchiude esponenti meno euroscettici, non mancano coloro che

si sono più volte opposti alla eventualità di un voto sull’Europa. Tra questi, Nick

Clegg esponente del partito ha ammesso che un referendum sull’Europa, sarà

inevitabile anche se la legislazione vigente è sufficiente dal momento che prevede

la possibilità di un referendum nel caso in cui vengano estese le competenze

europee a sfavore delle prerogative nazionali.

(3)

168

2. Dal referendum del 1975 al referendum del 2017?

L'adesione inglese alla Comunità ha rappresentato sicuramente un evento storico.

Con essa la classe politica al potere sperava di rilanciare l'economia e rinvigorire il proprio prestigio internazionale, dopo anni di declino. Sebbene il prezzo pagato per entrare in Europa sia stato particolarmente elevato, ci si aspetta che l'apertura al mercato europeo porti maggiori benefici dei costi sopportati.

1

Tuttavia, i risultati sono ben diversi dalle aspettative. Con il senno di poi, potremmo dire che non ci sarebbe potuto essere periodo peggiore per entrare in Europa. La crisi petrolifera del 1973 aveva quadruplicato il prezzo del petrolio causando una recessione mondiale senza precedenti. Con la decisione di unirsi alla Comunità, oggi Unione europea, il Regno Unito aveva pensato di poter condividere la crescita economica sperimentata in Europa negli anni '60, per poi scoprire troppo tardi che negli anni '70 il "boom economico" era giunto al capolinea e non c'era molto da sperare in una ripresa dell'economia. Oltre al fatto che l’economia continentale stava andando incontro ad una fase di inflazione e recessione, il Regno Unito arriva in Europa abbastanza tardi e soprattutto nel momento sbagliato: le politiche comunitarie in atto da più di quindici anni non rispecchiano più gli interessi dei suoi membri. Ciò che era successo per la Germania e la Francia, negli anni immediatamente successivi all’istituzione della CEE, non accade per il Regno Unito. Le industrie del settore tecnologico, che avrebbero dovuto trarre i maggiori benefici dall'ingresso in Europa, registrano una lieve crescita in termini di produttività, di fatto inferiore a quella preventivata. Senza la crescita economica auspicata, risultano ancora più gravose le condizioni di adesione e i lati negativi

1 Le condizioni di ingresso, particolarmente gravose avevano riguardato il contributo al bilancio della Comunità per il primo anno, il suo ammontare venne alla fine nella misura dell’8,64%

rispetto al 3% offerto dal Regno Unito e il 10% chiesto dalla Comunità. Nel quinto anno, il contributo si sarebbe assestato al 18,92% rispetto al 15% del Regno Unito e il 20% della Comunità.

DE LEONARDIS M., op. cit., pag. 418.

(4)

169

della PAC. Le argomentazioni utilizzate in favore dell'Europa dalla classe politica conservatrice sono ora più difficili da sostenere. Durante il periodo di recessione, non mancano correnti di pensiero che si spostano nuovamente su posizioni anti- europeiste identificando come motivi della decadenza economica britannica sia le condizioni sfavorevoli di adesione sia l’ingresso stesso nella Comunità. In entrambe le elezioni del 1974 il partito laburista vince per pochi saggi le elezioni, facendo leva sulla promessa dell'impegno a negoziare le condizioni di adesione.

2

Per evitare un palese voltafaccia, il primo ministro inglese Wilson asserisce che il partito laburista non è di principio contrario all'Europa ma piuttosto alle condizioni poco soddisfacenti negoziate da Edward Heath.

3

Il nuovo governo laburista, in un primo momento evita un possibile confronto diretto con Bruxelles e cerca di ottenere l’appoggio politico all’interno della Comunità in modo da poter giungere alla rinegoziazione con un più ampio appoggio dei paesi membri. La negoziazione avrebbe dovuto vertere su due punti fondamentali la revisione della politica agricola e quella dei contributi comunitari, ma proprio per la mancanza di tale appoggio, le istanze inglesi sono meno decisive. Alla fine dei negoziati, si riesce ad ottenere una piccola riduzione del contributo britannico al bilancio comunitario, che apporta di fatto un vantaggio minimo all’economia inglese.

4

La realtà è palese:

2 Fin dalla bocciatura francese del 1967, la campagna elettorale Laburista si incentra su tematiche anti-Europa. WATTS, PILKINGTON, Britain in the European Union today, Manchester University Press, 2005, pag. 29.

3 Il Regno Unito era entrato a far parte della Comunità da solo 14 mesi e sarebbe stato molto difficile rompere la neonata relazione con l'Europa.

4 Sebbene Soames e Thomson esponenti rispettivamente del partito conservatore e del partito laburista riuscirono a persuadere il resto della classe politica sul fatto che fosse necessario rinegoziare le condizioni di adesione il termine "rinegoziazione" non fu intenzionalmente pronunciato a Bruxelles.La trattative intraprese con Bruxelles riguardavano in primo luogo la revisione degli oneri finanziari inglesi oltre alla revisione dell'accordo della quantità di burro che il Regno Unito avrebbe potuto importare dalla Nuova Zelanda negli anni successivi alla fine del periodo di transizione, in più era previsto qualche cambiamento alla GSP (Generalised Preference Scheme) per apportare miglioramenti ai paesi dell'comunque asiatico. D. HANNAY Britain's Quest for a Role: A Diplomatic Memoir from Europe to the UN Ed. Ib. Tauris 2013 pag.74

.

(5)

170

le profonde contraddizioni riguardo all'Europa permangono anche dopo l'adesione rendendo il Regno Unito particolarmente inviso agli occhi degli europei. Due schieramenti riguardano, da una parte alcuni esponenti della classe politica che hanno compreso l’importanza di creare una nuova collaborazione con l'Europa, dall’altra personalità di rilievo che credono che la Comunità avrebbe prima o poi danneggiato la sovranità nazionale. Su iniziativa del governo in carica, si decide di ispezionare ogni dubbio sulla volontà degli inglesi di continuare il loro cammino in Europa, attraverso un referendum popolare. Il referendum viene indetto per il giugno del 1975 e il risultato è un successo per il governo in carica: il 66% degli inglesi si esprime favorevole all'Unione europea contro il 34%. L'esito della decisione popolare fuga definitivamente ogni dubbio riguardo alla conversione post imperiale del Regno Unito all'Europa. Sembra quindi che si possano lasciare alle spalle i contrasti e i dissapori tra i vari governi inglesi e la Comunità, voltando definitivamente pagina. Gli anni a seguire sono caratterizzati dalla relativa tranquillità, James Callaghan primo ministro del governo laburista, prosegue il disegno del precedente governo di Wilson rafforzando il mantenimento dello stato sociale, tema da sempre al centro della politica laburista inglese; mentre per

5 Si assiste quindi ad un paradosso rappresentato dal passaggio dalla costante contrarietà negli anni

passati del Regno Unito nei confronti dell'apertura europea, all'apparente sostegno nei confronti di nuovi paesi membri.

6 Il Sistema Monetario Europeo (SME) costituisce un accordo per il mantenimento di una parità di cambio prefissata (stabilita dagli Accordi di cambio europei), che poteva oscillare entro una fluttuazione del ±2,25% (del ±6% per Italia, Regno Unito, Spagna e Portogallo), avendo a riferimento una unità di conto comune (l'ECU), determinata in rapporto al valore medio dei cambi del paniere delle divise dei paesi aderenti. Lo Sme è preceduto dal "serpente monetario europeo", costituito nel 1972, che si sciolse due anni dopo con l'uscita di Francia e Italia. Nel caso di eccessiva rivalutazione o svalutazione di una moneta rispetto a quelle del paniere, il governo nazionale doveva adottare le necessarie politiche monetarie che ristabilissero l'equilibrio di cambio entro la banda. Il sistema prescrive inoltre che ogni Stato membro conferisse a un fondo comune il 20% delle riserve in valuta e in oro.

(6)

171

quanto riguarda la politica estera si cerca anche di riallacciare la tradizionale relazione speciale con gli Stati Uniti consapevoli, adesso, che questo non possa più costituire una minaccia per il prosieguo della partecipazione britannica alla Comunità. L'adesione dei tre nuovi paesi sottintende anche la volontà inglese di evitare che l'Europa possa diventare un gruppo chiuso in se stesso oltre ad impedire il consolidamento dell'asse franco-tedesco come unico motore della Comunità.

5

Da semplice atlantista Callaghan comincia a risentire del carattere antiamericano della politica europea degli ultimi anni e il riallacciamento della relazione speciale con gli Stati Uniti svela l’intenzione di mantenere la tradizionale politica di sostegno della cooperazione con gli Stati Uniti, nonostante l'adesione all'Unione europea. Molto poco era cambiato dal referendum, la fine del governo laburista è caratterizzata dalla crisi economica e dall'assorbimento di tutti i lati negativi che aderire all'Unione europea comporta.

Tuttavia, dopo qualche anno di stasi, il 1979 si presenta come un anno denso di cambiamenti nella sfera politica interna ed internazionale:

• il sistema monetario europeo (SME) entra in operazione il 3 marzo 1979 e rappresenta il primo passo verso l'Unione economica e monetaria

6

• si assiste alla prima votazione diretta del Parlamento Europeo, un evento significativo per l'evoluzione della democrazia comunitaria

• le elezioni politiche nel Regno Unito segnano la vittoria del partito conservatore capeggiato da Margaret Thatcher inaugurando una fase di cambiamenti e aspri conflitti.

Il leader del partito conservatore vittorioso nelle elezioni del 1979 riprende la linea

politica già intrapresa dal suo predecessore Wilson, portando avanti una politica

basata sul rilancio della relazione speciale con gli Stati Uniti e sull'enfasi del ruolo

britannico contro la formazione di un super Stato europeo con la sua burocrazia

(7)

172

invadente. Tuttavia i principi ai quali si ispira il governo Thatcher sono maggiormente radicali, facendo del liberismo più accentuato, il punto focale su cui basare tutte le riforme. L'esaltazione dell'iniziativa privata e la riduzione dell'intervento pubblico nello svolgimento della libera concorrenza divengono estremamente importanti, durante il periodo delle riforme inaugurato dalla Thatcher. L'eliminazione di qualsiasi strumento di politica sociale in grado di ostacolare lo sviluppo della competizione tra gli individui non può che riflettersi anche sull'atteggiamento inglese verso l'Europa. Anzi in campo comunitario tale atteggiamento appare ancora più palese, dal momento che qualsiasi interferenza del governo nazionale sul mercato interno risulta poco gradita figuriamoci quella di una autorità esterna come quella della Unione europea. Roy Jenkins un ex ministro laburista e Presidente della Commissione in un primo momento aveva creduto che Margaret Thatcher sarebbe stata più ben disposta nei confronti dell'Europa rispetto al suo predecessore il Primo Ministro James Callaghan, in realtà si sbagliava. Come molti altri politici Jenkins aveva frainteso la Thatcher, la quale, più di una volta aveva dichiarato che si sarebbe opposta a qualsiasi compromesso e che sarebbe rimasta ferma nelle sue scelte politiche. Poche persone si sarebbero aspettate una tale risolutezza da parte del Primo Ministro tanto che non a caso le fu conferito l'epiteto di "Lady di Ferro". Una lady che non amava scendere a compromessi, fermamente convinta delle proprie idee al punto che la sua posizione in ogni discussione era quella di chi aveva sempre ragione e tutti gli altri erano in torto. L'idea thatcheriana dell'Europa si basa su una maggiore collaborazione e solidarietà tra paesi interessati e su un progetto di integrazione che deve riprodurre quell'ideale di libero mercato presente nella secolare concezione economica del Regno Unito seppure in una visione più allargata e soprattutto senza intaccare minimamente l'idea di sovranità nazionale.

La Comunità europea si identifica con una struttura in grado di esaltare le libertà

dei singoli paesi membri mettendo in evidenza le differenze di tradizioni, costumi

e identità ed appare quindi impensabile cercare di integrarle in un'unica

personalità. Questo atteggiamento era molto diverso dal modo in cui la Comunità

(8)

173

europea aveva basato in passato la sua relazione con il Regno Unito, la concezione europea della Thatcher trasforma il clima politico già esistente in un vero e proprio scontro diplomatico.

7

Poco incline ai compromessi e decisa a risolvere i problemi economico-politici che affliggono la delicata relazione tra Regno Unito e l'Europa la Thatcher incentra i suoi obiettivi soprattutto sul problema dei contributi inglesi al bilancio comunitario, per poi dedicarsi successivamente alla risoluzione dei problemi istituzionali. Sebbene i contributi inglesi al bilancio comunitario siano già stati notevolmente ridotti durante il governo Wilson, il Regno Unito è ancora fortemente penalizzato dal sistema comunitario che non compensa adeguatamente i finanziamenti erogati a favore dei paesi membri. A questo punto la Thatcher decisa più che mai a risolvere il problema economico, dopo un lungo ed aspro contenzioso, riesce a ottenere il risarcimento di una cospicua somma a titolo di rimborso dei contributi eccessivi pagati negli anni precedenti con la famosa frase '' I want my money back''.

8

Una volta risolto il problema economico adesso il governo inglese si può dedicare alla risoluzione dei problemi inerenti alle istituzioni comunitarie, esprimendo tutto il disappunto verso i progetti del

7 Roy Jenkins ben sintetizza la relazione tra il primo ministro e la Comunità europea in un resoconto in seguito all'incontro del Consiglio Europeo a Dublino nel 1979. La Thatcher sul evolversi dell'incontro apparse sempre più ardua, imputandosi sulle questioni a lei più care invece di dimostrarsi in grado di negoziare con i capi di Stato. Il suo errore più grande era quello di avere solo una delle tre qualità fondamentali richieste ad un avvocato in tribunale, aveva senza dubbio la determinazione e la fermezza d'animo ma le mancava la capacità di cambiare rotta se la realtà si fosse dimostrata contraria ai piani preventivati e la capacità di non tediare il giudice e la giuria, dal momento che aveva ripetuto i quattro punti a suo favore per ben 27 volte nel corso dell'incontro. R.

JENKINS European Diary 1977-1981, Collins 1989

8 Dal 1975 la Comunità fu dotata di risorse proprie il cui ammontare era determinato dalla tariffa doganale esterna, dai prelievi agricoli e dai prelievi sulla base dell’IVA dei singoli paesi membri.

Nel 1979 la Gran Bretagna, settima nella CEE per prodotto interno lordo, era la seconda come versamento netto al bilancio comunitario al quale partecipava per circa il 20% ricevendo soltanto l’8,7% delle uscite. Per di più, circa due terzi delle spese.

(9)

174

Presidente della Commissione europea Jacques Delors. Il Presidente francese ha in mente una serie di processi che senza dubbio si rivelano in contrasto con gli ideali della lady di ferro tra cui il rafforzamento della politica estera europea, il completamento del mercato unico con la relativa previsione di una banca centrale europea e lo sviluppo di un modello comune in materia sociale. La Thatcher d'altro canto, ha in mente riguardo all'Europa progetti molto diversi che prevedono una maggiore integrazione economica basata però sul modello del libero scambio, una cooperazione in materia di politica estera che tenga conto dell'alleanza atlantica e l'evoluzione verso organismi di tipo intergovernativo, tutto questo senza scalfire minimamente la sovranità britannica in materia sociale e mantenendo valido il proprio diritto di veto. La visione politica ed economica della Thatcher acquista rilievo nell'ambito della redazione dell'Atto Unico Europeo che costituisce la prima sostanziale revisione dei Trattati di Roma del 1957. Durante la relativa conferenza intergovernativa la Thatcher assume senza dubbio il ruolo di assoluta protagonista infliggendo un duro colpo al tentativo di adottare una soluzione federale, riuscendo dapprima a far escludere la presenza anche semplicemente in qualità di osservatori, dei rappresentanti del Parlamento europeo e della Commissione e poi grazie ad una oculata manovra inizia a stemperare ad uno ad uno tutti gli elementi federali all'origine del progetto presentato da Delors.

9

Solo due degli originali progetti proposti dal Presidente della Commissione europea vengono effettivamente realizzati: l'abbattimento di tutti gli ostacoli alla libera circolazione con l'obiettivo di perfezionare il mercato comune e per quanto riguarda invece la risoluzione dei problemi di politica estera, l'istituzione della

9 Politico ed economista francese, noto europeista, Presidente della Commissione Europea dal 1985 al 1995 svolgendo tre mandati consecutivi. Delors fu Presidente carismatico ed energico capace di rafforzare considerevolmente il ruolo e l'influenza della Commissione. Durante il mandato di Delors venne istituito il Mercato Unico, venne riformata la politica agricola comune e furono firmati gli accordi di Schengen e soprattutto il Trattato di Maastricht che istituì l'Unione Europea K. ENDO The presidency of the European Commission Under Jacques Delors: The Politics of Shared Leadership, St. Martin's press, 1999

(10)

175

politica di cooperazione europea utilizzando un metodo intergovernativo anziché sovranazionale. La Thatcher può dirsi soddisfatta dei risultati ottenuti tant'è che l'atteggiamento estremista ed intransigente nei confronti della Comunità viene riconfermato anche all'inizio degli anni ‘90 quando prende avvio un dibattito generale sulla trasformazione della politica comunitaria europea, la politica estera, la sicurezza comune e l'integrazione monetaria sono per la Thatcher, questioni astratte ed inconsistenti sui quali i paesi membri auspicano di raggiungere una posizione concorde quando invece nemmeno sull'unica politica comune esistente a livello europeo, quella agricola, riescono a trovare un accordo comune. Tuttavia questa è l'ultima riunione europea alla quale la Thatcher partecipa. Il partito conservatore in vista delle prossime elezioni avverte la necessità di recuperare l'appoggio dell'opinione pubblica che nell'ultimo tempo sembrava aver perduto, anche in virtù dell’eccessiva politica sociale intrapresa dalla Thatcher.

L'atteggiamento ostruzionistico che era riuscito a preservare l'indipendenza

nazionale del Regno Unito senza compromettere la sua partecipazione alla

Comunità provoca adesso l'effetto contrario, i contrasti maturati oltre che con i

partner europei anche all'interno della sua coalizione creano incertezze per tutta la

classe politica. Le dimissioni di due ministri quello degli esteri Howe e il

cancelliere dello scacchiere Lawson, entrambi convinti sostenitori dell'integrazione

monetaria e successivamente le dimissioni della stessa Thatcher sono fenomeni

sintomatici del cambiamento all'interno della classe politica. Con l'uscita di scena

della Thatcher termina uno dei periodi di maggior tensione tra il Regno Unito e

l'Europa. Il suo successore, John Major assume un ruolo delicato, portando avanti

la politica estera in un clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni europee,

ereditato dal precedente governo. La situazione non è migliore per quanto riguarda

la politica interna: la maggioranza parlamentare è risicata, conferendo maggiore

incertezza ad un clima politico di per sé poco propizio. John Major dimostra di

avere migliori capacità interlocutorie del suo predecessore e soprattutto dimostra

di essere meno rigido. Tuttavia la linea politica non cambia in seguito al nuovo

vertice di governo, il Regno Unito mantiene una posizione nazionalista, per cui

(11)

176

qualsiasi iniziativa che possa intaccare aspetti significativi dell'autonomia inglese viene prontamente bocciata. Si registra una situazione che va ben oltre la tradizionale divergenza del Regno Unito alle iniziative dell'Unione europea, infatti mentre prendono campo progetti che favoriscono l'Unione monetaria e la politica sociale, il governo inglese decide di non prendere parte ai progetti riguardo diversi ambiti, mettendo in pratica la clausola del 'opting out' cioè l’esenzione di alcune norme comunitarie in particolari settori come la politica sociale e la politica monetaria. Soprattutto in riferimento alla politica sociale, Major è intenzionato a non abbandonare la politica liberista iniziata dalla Thatcher e per questo ottiene l’esenzione dall’obbligo di applicare le nuove norme comunitarie, ottenendo un'assoluta autonomia decisionale. La prima apparente conquista europea, durante il governo Major sembra essere il Trattato di Maastricht che, su iniziativa del governo inglese, contiene poche intese peraltro precarie e numerosi compromessi, più o meno soddisfacenti.

10

In primo luogo si risolve in un miglioramento e potenziamento della cooperazione politica, sebbene siano discussi ambiziosi progetti tra cui affiancare all’integrazione monetaria anche quella politica, i risultati ottenuti contengono ancora molte inadeguatezze e numerose limitazioni.

Anche per il Regno Unito risulta essere un insieme di vittorie e di sconfitte.

Comunque, date le circostanze politiche, il governo Major esce positivamente dai negoziati. In primo luogo il Regno Unito, avvalendosi della clausola dell'opting out conserva in modo assoluto la propria sovranità in un insieme di settori come il

10 Il Trattato di Maastricht crea l'Unione Europea, una struttura originale e complessa. Tale struttura viene generalmente suddivisa in tre ''Pilastri'' ognuno dei quali raggruppa una serie di disposizioni.

Il Primo Pilastro costituito da norme che modificano e integrano i Trattati istitutivi delle tre Comunità CEE CECA ed EURATOM (d'ora in poi la CEE si chiamerà Comunità Europea avendo competenze non più solo economiche), il Secondo Pilastro prevede disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune PESC, il Terzo Pilastro regola la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni e a seguito del Trattato di Amsterdam del 1996 alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. A. CONVERTI Istituzioni di diritto dell'Unione Europea, Ed. HALLEY 2005 pag. 104

(12)

177

mercato interno, l’educazione, la ricerca e lo sviluppo, e in quello fondamentale della Politica Sociale. La Politica Sociale europea introduce nuove norme per garantire maggiori diritti ai lavoratori e coinvolgere in misura maggiore i sindacati nell’elaborazione della politica di previdenza sociale, tutte disposizioni che contrastavano apertamente con gli ideali della Thatcher e che l’attuale governo di Major si prefigge di perseguire. Il governo inglese può dirsi soddisfatto anche riguardo al fatto che l’idea di un’Unione federale, da sempre propugnata dagli europeisti, viene ritirata dai suoi promotori senza una valida controproposta.

L’accordo quindi è ancora una volta per il Regno Unito al livello massimo di

accettabilità, come era sempre accaduto fin dal momento dell’adesione. I risultati

ottenuti dal governo Major non si discostano molto da quelli ottenuti dalla

Thatcher in sede di discussione dell’Atto Unico Europeo. La differenza sostanziale

risiede però nel fatto che mentre la Thatcher era riuscita a trasformare il contenuto

federale dell’Atto in una semplice libera circolazione dei fattori produttivi,

portando l’intera negoziazione europea in suo favore, questa volta con il governo

Major il Regno Unito acconsente ad essere trattato come un’eccezione. Anche in

materia di politica monetaria, il fatto che il Regno Unito non riesca ad evitare che

gli altri paesi intraprendano tale cammino permette di decentrare ad una fase

successiva la decisione in merito all’opportunità o meno di sostituire la sterlina

con la moneta unica. Ad ogni modo, quella che sembra una vittoria schiacciante

per, come testimonia l’esclamazione di Major alla fine della conferenza «Game,

set and match for the Britain» cela una grave sconfitta, rappresentata proprio

dall’utilizzo della clausola dell’opting out. Questa, permettendo una diversa

applicazione delle regole già in vigore, oltre a creare un precedente estremamente

pericoloso per il funzionamento e l’equilibrio generale delle istituzioni

comunitarie, crea le premesse per un’Europa à la carte o a due velocità in campo

sociale. L’Europa a due velocità e l’intergovernalismo, costituiscono i principi

guida di cui Gran Bretagna si fa portatrice fino ai giorni nostri. Mentre

l’intergovernalismo è stato mantenuto inalterato fin dal momento dell’adesione,

l’Europa a due velocità è stata prontamente criticata anche dagli stessi governi

(13)

178

inglesi. Nonostante critiche e ammirazioni, l’Europa à la carte è divenuta nel

corso degli anni una necessità politica che ha ottenuto uno specifico

riconoscimento ed una espressa istituzionalizzazione da parte di tutti i paesi

membri. La consapevolezza delle profonde diversità che caratterizzano l’Unione

nella sua globalità ha infatti legittimato l’integrazione differenziata tra paesi

intenzionati a proseguire verso una maggiore cooperazione e quelli che invece

ritengono che un sufficiente grado di integrazione sia già stato raggiunto. Dopo

l’approvazione del Trattato in sede europea, il governo inglese avvia la normale

procedura della ratifica che si anticipa alquanto difficile, vista l’esigua

maggioranza di cui esso dispone e l’elevato numero degli euroscettici ancora

presenti tra le fila politiche. Per mettere l’opposizione di fronte ad un fatto

compiuto di fronte al quale sarebbe irrazionale sottrarsi, il governo decide di

attendere le ratifiche di tutti gli altri paesi membri prima di affrontare la

discussione in Parlamento. Tuttavia, la situazione si complica in seguito al

referendum danese contro la ratifica del Trattato. Il risultato riapre inevitabilmente

la disputa ideologica sulla Comunità europea e tutti i suoi difetti: si giudica con

particolare criticità la tendenza a legiferare anche in settori in cui risulta evidente

l’esclusiva competenza delle istituzioni nazionali. Simultaneamente però la

decisione danese fa emergere i dubbi sulle incognite emerse dal recente Trattato,

come il principio di sussidiarietà e la mancanza di trasparenza, di chiarezza e di

accessibilità per il cittadino europeo alle decisioni prese a livello comunitario. Ad

ogni modo, il secondo referendum danese termina con esito positivo, mettendo da

parte almeno per il momento i dubbi e le incertezze sul Trattato. Dopo un lungo e

duro scontro, tra le diverse posizioni inglesi il Trattato ratificato dapprima da parte

della Camera dei Comuni, viene poi sottoposto alla Camera dei Lord, dove però il

dibattito è quasi nullo. Archiviate le problematiche relative alla ratifica, dopo

l’ingresso in Europa di Svezia, Austria e Finlandia nel 1995 si assiste ad un

generale raffreddamento verso l’integrazione, per cui l’attenzione si rivolge quasi

esclusivamente alla risoluzione dei problemi interni piuttosto che alle relazioni

estere. In aggiunta alla persistente spaccatura all’interno della maggioranza di

(14)

179

governo, la crisi della cosiddetta mucca pazza provoca un acceso contrasto con Bruxelles, arrivando persino alle minacce del governo inglese su un possibile boicottaggio delle attività delle istituzioni dell’Unione europea. In politica interna le cose non vanno meglio, dopo un ultimo tentativo da parte del Premier Major di far ritrovare ai conservatori la compattezza per affrontare le elezioni del 1997 in un clima di relativa tranquillità, queste consacrano di nuovo la vittoria del partito laburista ma questa volta guidato da Tony Blair. Il nuovo premier farà del suo meglio per portare avanti il difficile ma non impossibile compito di ricucire lo strappo creatosi tra il Regno Unito e l’Europa dopo circa diciotto anni di governo conservatore. Una delle prime priorità del governo laburista è quella di ristabilire la posizione del Regno Unito in Europa. Dopo pochi giorni dall’aver assunto la carica di ministro degli esteri nel governo appena formato, Robin Cook persuade il governo a porre la firma alla politica sociale. Doug Henderson viene nominato come il primo ministro europeo all’interno del ministero degli esteri e si stabilisce che da questo momento in poi il Regno Unito sarà rappresentato da Henderson in qualità di ministro piuttosto che da un impiegato statale come era accaduto in precedenza con il governo conservatore. In poco meno di un mese Robin Cook si era spinto ben oltre qualsiasi altro precedente ministro degli esteri, nominando un membro del parlamento europeo (Henderson) come suo segretario privato, in modo da maneggiare al meglio la liaison tra il governo e il Parlamento europeo.

Questi cambiamenti, insieme con una maggiore predisposizione a negoziare e

accettare compromessi, sono visti –da parte dei paesi continentali– come i primi

segni che la Gran Bretagna sarebbe stata meno ostruzionista e più collaboratrice

nei confronti delle istituzioni europee rispetto ai governi precedenti. Infatti il

primo incontro di Tony Blair con il Consiglio Europeo a Noordwijk appare denso

di buoni propositi da entrambe le parti. Le trattative portano alla firma nel giro di

poco tempo del Trattato di Amsterdam considerato da Blair e dal suo governo

come un vero e proprio successo. Allo stesso modo, la capacità di ascoltare,

scendere a compromessi ed evitare l’utilizzo del veto del nuovo premier Blair sono

considerate doti eccezionali da parte degli altri ministri europei. Durante la

(15)

180

conferenza intergovernativa ad Amsterdam sono raggiunti vari accordi tra cui: un livellamento della legislazione in materia di sicurezza interna, immigrazione, asilo politico e armonizzazione della legislazione civile come ad esempio in materia di divorzio; il Regno Unito decide di far venire meno la clausola dell’opting out in materia della politica sociale (come già analizzato nel capitolo 3 paragrafo 5).

Infatti ad alcuni paesi con maggiore rischio terroristico come il Regno Unito e l’Irlanda è concesso di mantenere i controlli alle frontiere esterne. Dopo 10 anni in carica e dopo aver vinto tre elezioni consecutive, la leadership di Tony Blair lascia il posto a quella di Gordon Brown, esponente anch’esso del partito Laburista. Un momento molto atteso per il Regno Unito e l’Europa anche se questa fin dall’inizio espone le sue preoccupazioni verso un Capo di Stato che appare poco favorevole all’Europa. Gordon Brown segue per molti versi la linea di Blair dimostrando però di essere più pragmatico; entrambi i leader laburisti si dicono favorevoli all’ingresso della Turchia nell’Unione europea e si oppongono alla politica agricola comune dell'Unione (PAC): desiderano riformarla per sviluppare le politiche nei settori della scienza, dell'istruzione e delle infrastrutture.

Diversamente dal suo predecessore che si era dimostrato più eurofilo, Brown

critica il protezionismo europeo che danneggia i consumatori, i coltivatori e i Paesi

più poveri. Non approva la gestione del budget europeo. «Il fallimento della

riforma del bilancio impedisce i grandi cambiamenti economici di cui abbiamo

bisogno per far fronte alle sfide competitive della globalizzazione» ha dichiarato in

un discorso del 2005. Sebbene Brown si dimostri contrario fin dall’inizio alla

politica europea, soprattutto nei confronti della moneta unica, lo stesso leader

laburista desidera un’Europa forte dove l’Inghilterra possa avere un ruolo centrale

riguardo alla protezione ambientale e agli aiuti nei confronti dei paesi

sottosviluppati in Africa. Nonostante l’impegno dimostrato in una serie di

iniziative ideate per il bene del paese, Brown alla fine del suo mandato non sarà

annoverato tra i più brillanti primi ministri inglesi. Complice una crisi economica

disastrosa, iniziata nel 2008 negli Stati Uniti, il primo ministro decide di vendere

le riserve d’oro britanniche con un anno in anticipo rispetto al previsto, manovra

(16)

181

che si rivelerà deleteria per l’economia britannica. In questo modo, il leader britannico causa un grave errore per l’economia inglese che si stima abbia perso attorno a tre/quattro miliardi di dollari (il prezzo di un’oncia d’oro sale dal 2007 al 2009 da 275$ a 1100$). Oltre a questa manovra finanziaria, la popolarità di Gordon Brown viene ad essere messa in discussione in occasione della firma del Trattato di Lisbona. Due terzi della popolazione britannica, oltre che molti esponenti politici -tra cui il futuro primo ministro David Cameron- chiedono a gran voce che il popolo britannico si esprima apertamente sulle nuove limitazioni alla sovranità imposte da Bruxelles. Al contrario, il Primo Ministro si ostina a preferire la soluzione parlamentare per ratificare il Trattato, adducendo a sostegno della propria posizione l’argomento secondo cui la versione iniziale è stata modificata seguendo gli interessi di Londra. In uno Stato famoso per il suo euroscetticismo, il “no” che potrebbe emergere da un eventuale referendum popolare non solo metterebbe Gordon Brown in grande difficoltà sul piano politico, ma perturberebbe anche un processo di integrazione europea peraltro già indebolito. La risposta negativa a tale richiesta non fa altro che aumentare il senso di sfiducia dell’opinione pubblica nei confronti della classe laburista al potere, come testimoniano le elezioni del 2010 in cui il partito Conservatore prende nuovamente potere. Una volta assunto il potere, il leader conservatore, David Cameron, si dimostra alquanto critico nei confronti di progetti provenienti da Bruxelles e appare fin da subito il meno eurofilo tra gli ultimi tre leader britannici.

Mentre nel Regno Unito infuria il dibattito sull'Europa, dopo che due ministri Tory

hanno affermato che se si tenesse oggi un referendum voterebbero per l'uscita di

Londra dall'Unione, Cameron ha recentemente ribadito che lo ''status quo'' nell'UE

oggi sia "inaccettabile" e vada cambiato. ''Non credo che lo status quo nell'UE

oggi sia accettabile. Io voglio cambiarlo e una volta cambiato voglio porre ai

cittadini britannici un semplice quesito, dentro o fuori'', ha spiegato Cameron

nell’ambito di una conferenza negli Stati Uniti dove ha ribadito con forza il

proprio punto di vista sull’Europa. In risposta al dibattito che infuria in patria,

Cameron ha asserito che la sua strategia è quella di tentare di rinegoziare il

(17)

182

rapporto del Regno Unito con le istituzioni europee e di porre la questione con un referendum che si terrà prima della fine del 2017. In seguito al venir meno delle limitazioni imposte ai cittadini Rumeni e Bulgari che dal 1 gennaio 2014 hanno gli stessi diritti di lavorare e risiedere in qualunque altro paese dell'Unione europea compreso il Regno Unito, il famigerato referendum ‘dentro o fuori’ costituisce il dibattito centrale dell’opinione pubblica nei giorni di fine anno. Afferma il premier inglese «Dobbiamo ammettere che la libertà di movimento ha messo in moto vasti movimenti di popolazioni causate da enormi differenze di reddito. È tempo di un nuovo accordo, che riconosca che il libero movimento è un principio centrale della UE, ma non può essere completamente senza regole».

11

Tra i progetti che Cameron intende presentare a Bruxelles vi è la possibilità di richiedere che un paese raggiunga un certo reddito medio pro capite prima che sia consentito il libero movimento ai suoi cittadini. La reazione alle parole del premier britannico non si è fatta, di certo, attendere. Secondo la Vicepresidente della Commissione europea, Viviane Reding, la libertà di movimento delle persone non è negoziabile ed è il pilastro fondamentale del mercato unico, mercato di cui il Regno Unito si avvantaggia quando si tratta di libertà di movimento di capitali, beni e servizi ragion per cui ‘o si prende tutto o non si prende niente’. Anche il Presidente della Commissione, Manuel Barroso, ribadisce che la libertà di movimento sia ‘uno dei principi più importanti’. Studi recenti indicano che l'immigrazione crea ricchezza attraverso tasse e consumo e che gli stranieri non tolgono posti di lavoro ai britannici, casomai riempiono un vuoto. Cameron, cavalcando il populismo che scarica sugli immigrati la colpa della disoccupazione interna, tuttavia promette battaglia: «Noi metteremo ai voti le scelte sul nostro futuro in Europa». Il referendum ci sarà se il partito conservatore verrà confermato alla guida del paese, durante le elezioni del 2015 nel frattempo Cameron, sta cercando di rinegoziare i rapporti con Bruxelles. Oltre a questo, la paura che vinca il partito di Nigel Farage,

11 Fonte: La Repubblica 28 Novembre 2011

(18)

183

l'United Kingdom Indipendence Party (UKIP) alle elezioni amministrative spaventa molto la leadership conservatrice. Talmente tanto che ha deciso di rompere gli indugi e annunciare il referendum per l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea probabilmente prima di quanto anticipato: nel 2015, quando si terranno le politiche e l'UKIP con probabilità farà un grande risultato.

3. L’analisi dei costi e benefici: la decisione di non partecipare alla moneta unica nell’interesse nazionale

Il Regno Unito è tra i paesi europei il più riluttante. Dal momento in cui, è entrato

a far parte della Comunità Economica Europea, più di quattro decenni fa, la sua

adesione è stata contrassegnata da forti contrasti e occasioni mancate. Le

incomprensioni tra Londra e Bruxelles si sostanziano in una differente visione

sull’Europa: mentre il Regno Unito considera l’appartenenza al club europeo in

termini economici, Francia e Germania, considerano l’Unione europea un progetto

politico nato in seguito alle guerre mondiali e pertanto in continua evoluzione in

termini socio-politici. Queste divergenze si sono acuite in seguito alla crisi della

zona euro e alla rinascita del ruolo tedesco come potenza leader in Europa. In

gioco non c’è soltanto calcolo meramente economico dei costi e dei benefici. Far

parte dell’Unione europea contribuisce ad accrescere il prestigio del Regno Unito

nei mercati globali, enfatizza il ruolo di "collegamento" con gli USA ed amplia la

sua influenza in un mondo nel quale il potere economico si va spostando sempre

più ad oriente. I benefici oltrepassano le frontiere nazionali: grazie al mercato

unico, ogni cittadino britannico ha la possibilità di vivere, lavorare, viaggiare e

studiare liberalmente in tutta Europa. Molti paesi “terzi” come ad esempio il

Giappone sottolineano che gli investimenti nel Regno Unito e di conseguenza i

(19)

184

posti di lavoro che creano, sono legati a doppio filo alla possibilità di accedere ad altri mercati UE. L’allargamento a sud e a est dell’UE ha consolidato la democrazia, creato una zona di prosperità e pace in quell’Europa centrale e orientale che in passato era comunista. Certo l’UE è assai diversa da quella alla quale aderì il Regno Unito nel 1973, e molti tra i paesi europei sottolineano l’urgenza di attuare una riforma economica profonda in Europa coordinando in misura maggiore l’Unione monetaria con l’Unione economica e fiscale. Lasciare l’Europa, per molti economisti sarebbe un errore fatale, dal momento che il mercato unico è lo specchio dell’integrazione delle economie moderne. Le aziende moderne europee dipendono dalla creazione di regole e standard comuni oltre alla libertà di movimento che coinvolge beni, servizi, persone e capitali. In caso di uscita dall’UE, Londra sarebbe comunque costretta –in virtù degli interessi economici in gioco– a rispettare le regole dell’Unione, senza avere più voce in capitolo nel processo legislativo. Tuttavia molteplici sono le opinioni di coloro che ritengono che gli alti costi della politica europea superino i benefici, tra questi Wolfgang Münchau, autore del Financial Times.

12

Il fatto che l’Europa sia cambiata molto, dall’adesione britannica induce a pensare che possa esserci un cambiamento per quanto riguarda i termini di adesione. Gli obiettivi che sembravano comuni nel 1973 per l’Europa e Londra, con l’allargamento dell’Unione, sempre più ad Est sembrano essere in parte venuti meno. Da Bruxelles, si fanno sentire le voci di chi si oppone ai politici britannici, asserendo che far parte dell’Unione europea significa aderire in toto: si tratta di un impegno reciproco e come in un matrimonio ogni partner apporta energie e sacrifici affinché si possa beneficiare mutualmente; parlare di divorzio sarebbe

12 Ex corrispondente del Financial Times da Washington e Bruxelles, Wolfgang Münchau è tra i fondatori di Financial Times Deutschland, si occupa di analizzare le tendenze politiche ed economiche dell'Unione europea.

www.presseurop.eu

(20)

185

semplicemente contro produttivo. La difficoltà nel comprendere questo tipo di approccio sta nel fatto che fin dal 1973, i Trattati dell’Unione europea hanno subito cambiamenti continui, così come le circostanze politiche ed economiche. La storia delle nazioni è caratterizzata da un andirivieni di Trattati dal momento che gli interessi nazionali sono in continua evoluzione. La relazione con l’Unione europea è semplicemente un altro Trattato e perciò non deve essere considerato come un impegno indissolubile. Più che ad un matrimonio, la relazione britannica con l’Europa può essere paragonata ad una coabitazione al fine di collaborare reciprocamente in aree socio-economiche estremamente rilevanti. Molto spesso, i vari governi britannici hanno designato delle vere e proprie red lines al di là delle quali l’ingerenza da parte di Bruxelles sarebbe stata inaccettabile: i settori a cuore dei britannici sono: la difesa, la politica estera e il sistema tributario. Non è chiaro fino a che punto, la legislazione europea sia in grado di spingersi: quali settori saranno coinvolti e quali istituzioni acquisiranno maggiori poteri, per questo i cittadini britannici hanno più volte espresso la loro volontà di essere coinvolti e porre un freno alle politiche europee ipotizzando varie alternative all’Europa. In un recente studio condotto da Patrick Minford, sono state evidenziate sei aree in corrispondenza delle maggiori problematiche che riguardano l’adesione attuale e futura all’Unione europea.

13

Queste coincidono in primo luogo con i tre principali settori dell’economia: agricoltura, produzione e il settore terziario, in secondo luogo con l’area della moneta unica, l’armonizzazione ed infine il costo delle pensioni nel continente. Prima di tutto, la politica agricola comunitaria, di matrice altamente protezionistica ha degli alti costi, si stima infatti che la PAC incida con una percentuale dello 0.3-0.5% sul PIL nazionale del Regno Unito.

14

Per quanto riguarda il settore secondario, il Regno Unito importa più prodotti manifatturieri, del resto d’Europa. Com’è ormai ben noto, si tratta di un settore in declino nell’Europa Occidentale dal momento che le economie emergenti come la Cina

15 P.MINFORD Should Britain leave the EU Cardiff University 2005 pag.6

(21)

186

stanno prendendo il sopravvento nella produzione, si calcola che il costo per sostenere la politica europea a riguardo equivalga al 2-3% del PIL.

15

Il Regno Unito ha quindi optato per un incremento delle importazioni dai paesi extra-UE preferendo incentrare la propria economia nel settore terziario che coinvolge il settore bancario, assicurativo, dei trasporti e della comunicazione. Potrebbe essere –in teoria– uno dei più grandi benefici dell’adesione, dal momento che il Regno Unito conosce un primato in materia. Ipoteticamente i servizi britannici potrebbero essere esportati in tutta Europa, al livello pratico però le norme protezionistiche nazionali dei paesi europei impediscono a questa prospera realtà di realizzarsi.

Allo stesso modo i consumatori britannici, non sono agevolati dalla libera circolazione dei servizi in Europa perché disponendo di servizi altamente competitivi, sarebbe altamente controproducente importarli dal resto d’Europa. La

"quarta" area per l’analisi dei costi e benefici riguarda l’ipotetica situazione in cui il Regno Unito, adotti l’euro come moneta unica. Come ampiamente analizzato nel capitolo III paragrafo 11, i " Cinque Test Economici" condotti dall’allora Cancelliere dello Scacchiere e dal suo assistente Ed Balls hanno rivelato che i costi sarebbero maggiori dei benefici. In particolar modo l’economia britannica che concentra numerosi investimenti finanziari esteri sarebbe sottoposta maggiormente alle fluttuazioni euro/dollaro comportando una grave perdita per la stabilità della sterlina. Per quanto riguarda invece l’armonizzazione con la legislazione europea quest’ultima ha imposto una serie di norme a tutela dei lavoratori, per molti questo significherebbe tornare indietro di almeno trentacinque anni ovvero prima del 1979 quando il Partito Conservatore tolse potere ai sindacati, che in quel momento fungevano da freno allo sviluppo dell’economia del paese.

16

L’ultima area che Patrick Minford analizza nell’analisi dei costi riguarda il costo potenziale dell’insolvenza degli Stati europei nel pagamento delle pensioni. Si stima che, sul tema delle pensioni, il deficit in Germania sarà pari al 10% del PIL nel 2030,

16J. McLLROY The Trade Union in Britain Today, Manchester University Press 1995 pag.389

(22)

187

analoga posizione per l’Italia e Francia. Se il Regno Unito dovesse farsi carico del problema "pensioni" in Europa in modo da dividere equamente il carico sociale, si stima che dovrebbe contribuire per un quarto del totale che corrisponde al il 7%

del PIL. Ovviamente questa costituisce soltanto una previsione futura. Resta il fatto che i costi per sostenere la politica europea sono alti, lo stesso Minford stima che corrispondano al 3.2/3.7 del PIL annuale, costi che potrebbero scalare vertiginosamente qualora l’Unione monetaria, la tutela dei lavoratori e il problema delle pensioni diventassero settori condivisi a pieno titolo dal Regno Unito.

4. Possibili alternative all’adesione all’Unione europea

La relazione tra il Regno Unito e l’Europa si è sempre dimostrata difficile, molto spesso gli inglesi si sono interrogati sull’opportunità o meno di sacrificare l’autonomia domestica a favore dell’integrazione europea. Quando ad essere in gioco sono gli interessi comunitari parallelamente vengono chiamati in causa gli interessi nazionali. Il costo dell’UE supera –per molti politici– i benefici. Per esempio Black (2000) sostiene che un ritiro unilaterale dalla PAC potrebbe di per sé risultare in un cospicuo risparmio, da una parte le perdite subite per il taglio dei sussidi concessi agli agricoltori, sarebbero compensate da significativi risparmi per i consumatori che otterrebbero un abbassamento dei prezzi alimentari. Allo stesso modo Pain & Young (2004) suggeriscono che lasciare l’Unione europea comporterebbe un abbassamento dei prezzi alimentari del 20%.

17

Dal momento che l’Unione europea rappresenta una quota significativa del commercio britannico, pari al 48% del totale, si ritiene più conveniente per i Britannici

17 M. BAIMBRIDGE, P. WHYMAN Britain, the Euro and Beyond, 2008

(23)

188

pensare a possibili alternative rispetto ad una netta e quanto mai irrealistica chiusura verso l’Unione europea. Le possibili alternative individuate da Mark Baimbridge e Philip Wheyman sono:

• La posizione dello "status quo"

• La rinegoziazione dei termini di adesione

• La creazione dell’AEA

• L’adesione al mercato unico tramite l’EFTA e l’EEA

• Gli accordi bilaterali tra l’Europa e il Regno Unito

4.1 La posizione dello "status quo"

Costituisce un’alternativa valida, da prendere in considerazione per il breve termine, nel caso in cui il Regno Unito decida di conservare l’appartenenza all’Unione europea, prediligendo la facoltà di aderire o meno alle singole misure proposte da Bruxelles opt-in o opt-out. Numerosi a riguardo, sono i casi dei paesi membri che hanno continuato a perseguire i loro interessi nazionali sebbene fossero in contrasto con gli obiettivi comunitari, come l’Italia negli anni ’90 quando costretta ad una multa per il mancato rispetto delle quote del latte decise di bloccare l’aumento delle risorse comunitarie.

18

Lo stesso De Gaulle utilizzò la

18 Italia negli anni ’90 era stata condannata ad un’ingente multa per il mancato rispetto delle quote latte imposte da Bruxelles, così l’Italia decise di bloccare l’aumento delle risorse comunitarie, come strumento di pressione per risolvere a proprio favore la vertenza sulla multa. In base agli accordi presi dai Dodici al vertice di Edimburgo nel dicembre ' 92, con il consenso italiano, a partire da quest' anno le entrate del bilancio comunitario avrebbero dovuto essere aumentate di 596 milioni di Ecu (1.150 miliardi di lire), pari allo 0,01 del prodotto interno dell'Unione. (14 agosto 1994) - Corriere della Sera

(24)

189

politica della "sedia vuota".

19

Questo tipo di integrazione favorisce un’evoluzione europea a geometria variabile o a-la-carte in cui gli Stati Membri hanno la facoltà di procedere secondo differenti velocità e in direzioni diverse. Così un numero ristretto di Stati membri può stabilire una stretta collaborazione politica ed economica mentre gli altri Stati non sono obbligati ad aderire alla medesima iniziativa. Sebbene questa prospettiva goda dell’appoggio dell’opinione pubblica britannica, vedendo nella possibilità di stipulare accordi con i paesi della NAFTA o i paesi del Commonwealth un’alternativa valida all’UE, i federalisti europei hanno spesso sollevato critiche a riguardo, preoccupati per la diminuzione dell’azione comunitaria sul piano internazionale.

4.2 La ri-negoziazione dei termini di adesione

La seconda opzione riguarda la rinegoziazione delle obbligazioni imposte dalla adesione comunitaria che potrebbe portare alla risoluzione di molte problematiche legate agli alti costi imposti dalla politica comunitaria. In primo luogo, questo comporterebbe eliminare alcuni aspetti negativi, pur rimanendo all’interno dell’Unione. Gli ambiti oggetto della rinegoziazione potrebbero investire la politica agricola, la politica della pesca, il contributo economico, senza tuttavia

19 La "crisi della sedia vuota" apertasi il 30 giugno 1965 con la decisione del Presidente francese Charles De Gaulle di boicottare le riunioni del Consiglio dei ministri della CEE, di fatto bloccando l'attività della CEE. La decisione di De Gaulle fu una risposta alla proposta avanzata dalla Commissione della CEE nel 1965, che suggeriva modifiche alla politica agricola comune, un rafforzamento del Parlamento europeo e della Commissione e l'estensione del ricorso a votazioni a maggioranza qualificata (e non più all'unanimità) in seno al Consiglio dei ministri. La proposta della Commissione andava nel senso di un rafforzamento dell'integrazione europea e del carattere sovranazionale della CEE, a cui De Gaulle si opponeva.

(25)

190

rinunciare alla facoltà di "opt-out" in determinati settori quali l’UEM, la politica estera e sicurezza comune o la facoltà di opt-in nel settore della giustizia e nel riconoscimento reciproco delle giurisdizioni. Questa opzione ha già trovato applicazione in passato, si pensi a quando John Major ha preferito l’opt-out nella fase finale della Unione Economica e Monetaria (UEM) o ancora quando Margaret Thatcher ha costretto i partner europei alla rinegoziazione dei termini del "budget"

europeo in occasione della riunione del Consiglio europeo a Fontainebleau nel 1984. Sebbene possa apparire una soluzione condivisa anche da Svezia e Danimarca, questa ultima soluzione ha lo svantaggio che i paesi europei continuerebbero di fatto ad essere contribuenti diretti al budget comunitario.

4.3 La creazione dell’Associated European Area (AEA)

Una proposta interessante avanzata da un ministro del partito Conservatore, Bill

Cash riguarda la creazione di un’area in cui alcuni paesi sono liberi di dare vita

ad una duplice forma di collaborazione, più o meno stretta in base alle esigenze. Il

progetto prevede la creazione di un " Associated European Area " in cui un

numero di paesi ha la possibilità dare vita ad una sorta di Stati Uniti d’Europa, con

una moneta unica, la banca centrale ed una politica economica comune. Un nucleo

più ristretto di paesi ha la facoltà invece di sperimentare una collaborazione meno

rigida, in questo modo verrebbe meno l’accettazione dell’acquis communitaire,

enfatizzando in misura maggioritaria il ruolo dei parlamenti nazionali. Questo tipo

di approccio potrebbe rivelarsi un’esperienza altamente positiva per i paesi

accomunati dall’obiettivo di sveltire l’integrazione comunitaria e allo stesso modo

potrebbe costituire la soluzione più favorevole per i paesi meno propensi ad una

rigida integrazione comunitaria.

(26)

191

4.4 L’adesione al mercato unico attraverso l’EFTA e lo Spazio Economico

Europeo

Questa opzione prevede che il Regno Unito si ritiri formalmente dall’UE ed aderisca nuovamente all’EFTA (European Free Trade Association), attraverso quest’ultima associazione, il Regno Unito entrerebbe a far parte nuovamente dello Spazio Economico Europeo.

20

L’articolo 128 dello Spazio Economico Europeo stabilisce, infatti, che uno Stato membro dell’EFTA può chiedere di aderire allo Spazio Economico Europeo, tale accordo è sottoposto alla ratifica o approvazione di tutte le parti contraenti secondo le rispettive procedure. Il vantaggio consiste nel beneficiare del Mercato Unico, senza far parte a pieno titolo della Comunità europea. Oltre a questo il SEE non riguarda tutti i settori delle politiche dell’Unione europea: sono infatti escluse dal campo di applicazione dell’Accordo, la politica agricola comune (PAC) e la politica comune della pesca. Il SEE non prevede una politica estera e commerciale comune, né si applica alla tassazione diretta (IVA e accise). Di conseguenza lo SEE non istituisce un mercato completamente "senza frontiere", né una vera Unione doganale, ma offre il contesto per promuovere ulteriormente la libertà degli scambi. Sebbene continuino a esistere i controlli alle frontiere tra gli Stati, l’accordo in questione comporta notevoli facilitazioni. Più dell’80% della legislazione del mercato unico viene

20Lo Spazio Economica Europeo (SEE) nacque in seguito ad un accordo del1º gennaio 1994 tra 12 Stati Membri ed sette Stati dell’EFTA (Austria, Finlandia, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svezia e Svizzera) per permettere agli Stati Membri dell’EFTA di entrare a far parte del mercato interno dell’UE, ad esclusione dei settori di agricoltura e pesca. Lo SEE prevede, altresì, una più stretta collaborazione fra le Parti nei settori di ricerca e sviluppo tecnologico, ambiente, politiche sociale e dell'istruzione, statistica, turismo, diritto societario, protezione dei consumatori. L’articolo 128 dell’Accordo SEE stabilisce che qualsiasi Paese europeo che aderisca all’UE richieda di divenire Parte contraente anche dell’Accordo SEE; i termini e le condizioni di tale partecipazione formeranno oggetto di un Accordo tra il richiedente ed i Paesi SEE che sarà sottoposto a ratifica e approvazione di tutte le Parti contraenti secondo le rispettive procedure. K. LEANAERTS, P.VAN NUFFEL Constitutional Law of the European Union 1999, pag.682

(27)

192

applicata anche agli Stati Membri firmatari dell’accordo, così come la maggior parte della futura legislazione del mercato interno. Sebbene l’Accordo non si applichi alla politica commerciale comune, gli Stati SEE-EFTA hanno spesso concluso con i paesi terzi accordi commerciali paralleli a quelli dell’Unione europea. In termini generali, le disposizioni dell’Accordo SEE costituiscono la trascrizione delle norme relative alle quattro libertà sancite dal Trattato della Comunità europea con notevoli vantaggi per gli Stati membri che potrebbero non ottenere vantaggi dall’adesione alla Politica Agricola, alla Politica della Pesca e dall’applicazione della tassazione diretta.

4.5 Gli accordi bilaterali tra il Regno Unito e l’UE

Il venir meno all’adesione europea potrebbe essere sostituito da una serie di accordi bilaterali tra Regno Unito ed Unione europea, meglio conosciuta come l’"opzione svizzera". La Svizzera, in seguito ad un referendum popolare del 1992 ha deciso di non aderire all’Area Economica Europea, preservando una tradizione secolare, durata più di 700 anni di indipendenza dal resto d’Europa.

21

il Tuttavia, in seguito al referendum, il Consiglio Federale ha intrapreso una serie di negoziati bilaterali che si concretizzano con la sottoscrizione degli "accordi bilaterali I", il 21 giugno 1999, altri accordi sono portati a termine il 26 ottobre del 2006.

L'accordo sulla libera circolazione delle persone, concluso originariamente con i 15 paesi membri della UE, ha dovuto essere esteso ai 10 nuovi membri che si sono uniti alla UE nel 2004. Gli accordi hanno riguardato la cooperazione in materia di giustizia, sicurezza, diritto d'asilo, ambiente, lotta alle frodi. In seguito ad un

21 The Economist, 28 Novembre 1992

(28)

193

recente referendum, febbraio 2014, contro l’immigrazione di massa, il governo svizzero sta preparando un disegno di legge sull'immigrazione per limitare le quote di entrata. La Svizzera con la serie di accordi bilaterali sottoscritti con l’Europa e l’ampia autonomia in materia di immigrazione, sembra essere un "modello"

alternativo di relazione con l’Europa ampiamente preso in considerazione dagli inglesi. La Svizzera sta ottenendo innumerevoli benefici dalla relazione di dialogo con l’Europa, infatti i tassi di inflazione si sono mantenuti a livelli bassi, così come il livello di disoccupazione. La preoccupazione che potrebbe insorgere, qualora il Regno Unito decida di seguire l’esempio svizzero sta nel fatto che la legislazione europea, potrebbe decidere di imporre "barriere" di tipo legale per limitare le esportazioni svizzere: fenomeno che si sta in parte realizzando. La Svizzera importa il 71,5 % dei prodotti dall’UE a fronte delle esportazioni che rivestono il 58%. In aggiunta a ciò, la Svizzera come il Regno Unito sta incrementando le esportazioni verso aree in rapida espansione, come l’Asia e la dipendenza svizzera dal mercato europeo è destinata a rallentare in un futuro prossimo. Ipotesi che sarebbe ancora più concreta qualora, il Regno Unito dovesse condividere l’opzione

"svizzera", dal momento che la Svizzera costituirebbe il quinto più grande partner

commerciale per i Britannici una volta venuta meno l’adesione europea.

(29)

194

5. L’inevitabile connotazione politica del dibattito in corso

Dall’analisi della relazione attuale tra il Regno Unito e l’Unione europea emerge che gli oneri imposti dalla politica comunitaria superano di gran lunga i benefici.

Le industrie britanniche sono penalizzate dagli alti costi comunitari e dalla politica agricola e della pesca. La burocratizzazione e l’armonizzazione delle leggi degli Stati membri ha comportato una eccessiva regolamentazione a discapito della creazione del mercato unico che avrebbe dovuto facilitare gli scambi commerciali in Europa. In particolare verranno analizzate, in questo ultimo capitolo, le possibili alternative all’adesione europea facendo leva sul potere del Regno Unito di contrattare con Bruxelles condizioni più favorevoli. Tutto questo sembra essere un deja vu, infatti come era già avvenuto in passato dapprima con la Thatcher quando riuscì ad ottenere condizioni economiche più favorevoli rispetto agli altri paesi membri durante il congresso di Fontainebleau nel 1984, o ancora nel 1997 durante il governo di Tony Blair quando il Regno Unito espresse all’ultimo momento la volontà di non aderire alla moneta unica. Ovviamente le soluzioni prospettate in questo capitolo hanno lati positivi e negativi: da un’analisi comparatistica che include le opinioni di personaggi autorevoli appartenenti sia alle fila accademiche che politiche non emerge la volontà di eliminare ogni rapporto con l’UE e di conseguenza con il Mercato Unico ma le soluzioni prospettate includono una rinegoziazione dei termini di adesione in un senso più favorevole al Regno Unito.

Del resto, in vista della costruzione del mercato bancario e finanziario dell'Unione,

il Regno Unito è sempre stato un interlocutore che ha finito sempre per assumere

un ruolo dominante e trainante nel disegno delle regole e dato il peso della sua

piazza finanziaria. L’esclusione totale del Regno Unito dalla progettazione e

stipulazione delle regole comunitarie potrebbe soltanto essere uno svantaggio,

pertanto a mio avviso, i dibattiti sul referendum "o dentro o fuori" che stanno

imperversando nel Regno Unito negli ultimi mesi, hanno un forte connotato

politico in vista delle prossime elezioni in risposta anche al grande successo che il

Riferimenti

Documenti correlati

Socialisti e comunisti tentarono dal canto loro di praticare l’ostruzionismo parlamentare (senza successo), cogliendo l’occasione per una forte battaglia

La localizzazione più frequente della polimastia è a livello ascellare, soprattutto a sinistra, occasionalmen- te bilaterale (6), ma sono stati descritti casi di localiz- zazione

In Scozia, dove vige il citato sistema delle Scottish Vo- cational Qualifications (SVQ), gli studenti che optano per la formazione professionale, di solito seguono un corso fra il

Nel 1215 avvenne la fondamentale concessione della Magna Charta Libertatum, la prima costituzione della storia, che limitava il potere regio, firmata dal re Giovanni Senza Terra

Gli arcipelaghi più importanti sono a nord-ovest le Isole Ebridi e a nord-est le Isole Orcadi e le Isole Shetland.. Altri territori esterni sono Gibilterra, Sant'Elena, le

Il canale che separa le Isole britanniche dall'Europa.. Territorio inglese a confine con la

Il canale che separa le Isole britanniche dall'Europa [MANICA]6. Territorio inglese a confine con la Spagna

IL REGNO UNITO SI DIVIDE IN : GRAN BRETAGNA , IRLANDA DEL NORD E VARIE ISOLE SPARSE NEL MONDO..