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L’ipertrofia prostatica benigna (IPB) è una patologia in costante crescita sia per l’aumento della vita media dell’uomo sia per una diagnosi sempre più precoce e tempestiva.

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INTRODUZIONE

L’ipertrofia prostatica benigna (IPB) è una patologia in costante crescita sia per l’aumento della vita media dell’uomo sia per una diagnosi sempre più precoce e tempestiva.

Quando la terapia medica fallisce, una valida opzione terapeutica è quella chirurgica che, grazie alle nuove tecniche operative, è sempre più mininvasiva ed efficace anche per ghiandole prostatiche molto voluminose.

Scopo dello studio è quello di valutare i risultati dei pazienti operati dall’U.O. di Urologia

presso l’Istituto Clinico Città Studi (ICCS) di Milano e sottoposti ad enucleazione laser

prostatica transuretrale con laser Thulium (Thulep).

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CENNI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL BASSO TRATTO URINARIO

Le vie urinarie maschili sono costituite da vescica, prostata e uretra. Il sistema urogenitale è anatomicamente extraperitoneale, in particolare nella sua parte alta è retroperitoneale mentre nel tratto inferiore è sottoperitoneale.

La vescica

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è un organo cavo, muscolomembranoso, impari e mediano che funge da serbatoio per l'urina ed il cui svuotamento avviene con l’atto della minzione.

Quando è vuota si localizza dietro la sinfisi pubica e al davanti del retto ed ha forma triangolare. Superiormente ha una forma concava verso l'alto ed è rivestita da peritoneo mentre inferiormente si localizza a livello del pavimento pelvico ed ha una forma convessa verso il basso. Quando presenta un certo grado di riempimento la parte superiore si fa convessa, assume un aspetto globoso e si distinguono: la base in basso e indietro, il corpo con una faccia anteriore, una posteriore e due laterali e l'apice su cui si attacca il legamento ombelicale.

La vescica è mantenuta in sede dalle seguenti strutture :

• la sierosa peritoneale che, quando il viscere è vuoto, la riveste fino alla sinfisi pubica dove si riflette per portarsi verso l'alto, delimitando così il cavo parietovescicale, mentre posteriormente si riflette sul retto determinando il cavo rettovescicale. Quando la vescica è piena si delimita anteriormente il cavo pubovescicale.

• la fascia vescicale è un addensamento di tessuto connettivale sottoperitoneale

difficile da isolare, posteriormente è rafforzata dalla fascia rettovescicale mentre

anteriormente delimita la fascia prevescicale. Assieme alla fascia trasversale che

riveste l'addome, circoscrive lo spazio prevescicale del Retzius mentre

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superiormente le due fasce si fondono ad altezza dell'ombelico, dietro la sinfisi, a formare lo spazio retropubico. Lateralmente si continua a formare lo spazio perivescicale delimitato dalla parete della piccola pelvi e la vescica mentre inferiormente è chiuso dal muscolo trasverso profondo del perineo.

• i legamenti ombelicali sono due: il mediano che va dalla cicatrice ombelicale all'apice della vescica e quello laterale, residuo embrionale delle arterie ombelicali, che vanno dalla cicatrice ombelicale fino alla faccia laterale della vescica.

• i legamenti vescicali sono anch'essi due: gli anteriori collegano la faccia posteriore della sinfisi pubica con la base della vescica mentre quelli posteriori collegano la base della vescica con il retto.

La vascolarizzazione arteriosa è data dalle arterie vescicali superiori e inferiori che anastomizzandosi tra di loro formano la rete perivescicale. I vasi venosi formano il plesso perivescicale che dall'apice va alla base e si scaricano nel plesso pudendo e nel plesso vescicoprostatico.

La parete vescicale è costituita da tre tipi tissutali. Il più esterno è quello connettivale, segue il tessuto muscolare liscio detto “detrusore” formato da una rete di fibre muscolari lisce disposte in tre strati: quello esterno ed interno hanno un andamento longitudinale mentre quello intermedio è circolare-obliquo. Infine più internamente troviamo la mucosa vescicale, sollevata in pieghe atte a consentire la distensione della mucosa ed è impermeabile così da impedire il riassorbimento dell’urina. Nella vescica confluiscono i due ureteri che trasportano l'urina prodotta dai reni con i relativi sbocchi ureterali ed il meato uretrale interno che permette l'accesso all’uretra.

I due meati ureterali e quello uretrale costituiscono il trigono vescicale, la cui base è

rappresentata dalla barra interureterica che unisce idealmente i due meati ureterali.

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del detrusore e che si continuano in alto sino alla muscolatura liscia ureterale ed in basso sino al complesso uretro-trigonale.

L'uretra maschile ha una lunghezza di circa 20 cm, origina dall'apice anteriore del trigono vescicale, percorre il pene e si apre nella sua parte libera attraverso il meato uretrale esterno. Si divide in segmenti che sono l'uretra prostatica, corrispondente al tratto iniziale e lunga 3 cm circa, quella membranosa lunga 1,5 cm e la peniena lunga 15 cm avvolta da un manicotto di tessuto erettile, per poi aprirsi nel meato uretrale esterno.

Il lume uretrale presenta delle riduzioni di calibro e delle dilatazioni fisiologiche. I primi si riconoscono a livello del meato uretrale interno,nel tratto membranoso e nel meato uretrale esterno, mentre i secondi si trovano nel tratto prostatico, nella fossa del bulbo dell'uretra a livello della spongiosa e nella fossa navicolare.

Nella parete posteriore dell'uretra prostatica vi è il collicolo seminale da cui origina la cresta uretrale che superiormente termina a livello del meato uretrale interno e inferiormente nell'uretra membranosa. Sulle pareti laterali del collicolo seminale si aprono i dotti eiaculatori; gli orifizi delle ghiandole prostatiche si aprono nelle pareti laterali dell'uretra prostatica mentre nell'uretra spongiosa troviamo gli orifizi delle ghiandole uretrali.

L'uretra è provvista di due sfinteri:

• quello interno è uno sfintere funzionale, risultato della fusione anatomica fra le strutture muscolari, del detrusore e del trigono.

• quello esterno si trova all'apice della prostata ed è costituito da fibre muscolari striate ed ha una motilità volontaria.

La vascolarizzazione arteriosa è a carico dell'arteria rettale media, prostatica e pudenda

interna mentre quella venosa è di pertinenza del plesso pudendo, plesso vescicoprostatico e

le vene profonde del pene.

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La prostata è un organo impari e mediano posto tra la vescica e il diaframma urogenitale, è attraversata dall'uretra prostatica dove riversa il suo secreto durante l'eiaculazione.

Convenzionalmente ha una consistenza teso elastica con morfologia paragonata a quella di una di castagna con base superiore e apice inferiore. Si possono distinguere tre pareti:

l'anteriore, la posteriore e la laterale.

Le dimensioni standard nel maschio adulto sono: altezza di 3 cm, larghezza 4 cm e lunghezza 2,5 cm con uno peso complessivo di 20 g.

La base prostatica si appoggia sul collo vescicale, l'apice prostatico si inserisce sull'uretra membranosa che si continua con il suo segmento prossimale, all'interno della ghiandola stessa.

Talvolta la base prostatica protrude all'interno della vescica, dislocando il trigono, formando così una struttura aggettante detta lobo medio.

La faccia anteriore ha un decorso quasi verticale, a differenza di quella posteriore che è quasi obliqua. E' attraversata da un solco longitudinale, detto anche commesura, che consente di distinguere la ghiandola in due lobi: il destro e il sinistro.

La ghiandola è avvolta da un involucro fibroso e contrae rapporti con gli organi e strutture circostanti:

• anteriormente con il muscolo sfintere dell'uretra e i legamenti puboprostatici,

• lateralmente con i muscoli pubococcigei del muscolo elevatore dell'ano,

• posteriormente con il retto attraverso l'interposizione della fascia rettoprostatica, i dotti deferenti e le vescicole seminali,

• la base con il trigono vescicale e il meato uretrale interno,

• l'apice con il diaframma urogenitale.

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La vascolarizzazione arteriosa è di pertinenza delle arterie vescicali inferiori, pudende interne, rettali medie e otturatorie, quella venosa confluisce nel plesso vescicoprostatico che si apre nella iliaca interna.

Le vie urinarie inferiori

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svolgono funzione essenziale nel ciclo minzionale caratterizzato da due fasi:

• riempimento e contenimento: la vescica adatta la propria compliance al crescente riempimento mantenendo una bassa pressione intracavitaria secondo la legge di La Place. Questo fa si che in condizioni fisiologiche per bruschi aumenti della pressione intraddominale non ci siano perdite di urina.

• svuotamento: si realizza grazie a una contrazione coordinata ed adeguata della muscolatura vescicale con riduzione delle resistenze a livello dei due sfinteri.

L'apparato urinario inferiore

3,4,5

è innervato dal plesso perivescicale, costituito da una componente parasimpatica e ortosimpatica.

Il nervo pelvico è di pertinenza parasimpatica ed è costituito dai neuroni pregangliari che dai segmenti sacrali midollari S2-S4 vanno ai gangli del plesso pelvico sino alla parete vescicale, da cui originano stimoli eccitatori per il muscolo detrusore, mentre al trigono vescicale e allo sfintere interno giungono impulsi inibitori che favoriscono la minzione.

La catena del sistema simpatico origina dai segmenti spinali T11-L2 e, coinvolgendo il nervo ipogastrico, va a inibire il muscolo detrusore ed eccitare la zona del trigono e dello sfintere.

L'innervazione simpatica origina dai neuroni pregangliari posti nei segmenti spinali T11-L2

per poi continuarsi con i neuroni postgangliari, che decorrono lungo il nervo ipogastrico,

terminando a livello della vescica e dell'uretra. A livello del muscolo detrusore l'azione della

noradrenalina con i recettori β determina un effetto inibitorio mentre a livello del trigono e

dello sfintere ci sono i recettori α che determinano uno stato eccitatorio.

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Dal Nucleo di Onuf, localizzato nei segmenti midollari S2-S4, originano i motoneuroni deputati all'innervazione dei muscoli del pavimento pelvico e dello sfintere uretrale esterno che decorrono all'interno del nervo pudendo.

La minzione non è altro che il risultato del riflesso minzionale controllato dal centro di Barrington, localizzato a livello pontino. Quando questo viene raggiunto da stimoli afferenti provenienti dalla vescica si attiva il riflesso spino-bulbo-spinale che fa si che vengano mandati impulsi eccitatori per la componente nervosa parasimpatica e si riduca l'attività della componente ortosimpatica. Quando la minzione termina, gli stimoli afferenti sullo stato di tensione della parete vescicale si interrompono, determinando anche l'interruzione dell'attività pontina, mentre favoriscono la ripresa dell’attività simpatica vescicale che induce nuovo accumulo di urina.

E' importante ricordare che il centro minzionale pontino manda informazioni anche alla

corteccia che a sua volta con stimoli inibitori sul centro può ritardare l'atto e far si che il

soggetto minga in luoghi e tempi appropriati.

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IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA (IPB)

L’ IPB è dovuta ad un iperplasia della componente epiteliale e stromale della ghiandola prostatica, che prende origine a livello della zona di transizione e della regione periuretrale, provocando nel tempo un ostruzione responsabile della sintomatologia

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. Le cause e la patogenesi di questa crescita però non sono ancora note con esattezza anche se è stato osservato che nei pazienti affetti vi è un aumento tissutale, nella aree iperplastiche, di diidrotestosterone (DHT), metabolita del testosterone dopo la conversione ad opera delle 5alfareduttasi, che svolge un ruolo chiave nella crescita del tessuto prostatico.

Gli estrogeni hanno un ruolo nella crescita del tessuto, in quanto è stato osservato un aumento di tali ormoni rispetto al testosterone libero in pazienti affetti con IPB, con una maggiore sensibilità tissutale agli estrogeni e meno al DHT.

La prolattina (PRL) aumenta l’attività tissutale delle 5alfareduttasi determinando così un rialzo di DHT prostatico che favorisce la crescita del tessuto.

Oltre al ruolo degli ormoni, svolgono un ruolo chiave anche i fattori di accrescimento.

L’Epidermal Growth Factor (EGF) svolge un ruolo nella sintesi e rilascio dagli androgeni infatti è stata notata una riduzione di tale fattore nel tessuto prostatico in pazienti in terapia con inibitori delle 5alfareduttasi che riduce sia l’apporto degli androgeni che l’EGF stesso. Il Fibroblast Growth Factor (FGF) ha un ruolo chiave nello sviluppo embrionale della prostata mentre la sua forma beta stimola l’accrescimento della componente stromale della ghiandola nell’adulto e raggiunge altissime concentrazioni della zona periuretrale, mentre l’insulin-like Growth Factor (IGF) tipo 1 e 2 stimolano la proliferazione delle cellule epiteliali prostatiche.

Nel giovane adulto in assenza di IPB possiamo dire che vige un equilibrio tra le concentrazioni

tessutali ed ematiche di androgeni, estrogeni e fattori di crescita mentre con l’avanzare

dell’età tale equilibrio tende a venire meno ed ha inizio la proliferazione di cellule epiteliali

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prostatiche con formazioni di micro noduli nella zona di transizione e periuretrale; con il tempo i noduli diventano macronoduli con proliferazione della componente stromale fino a che tale crescita non si rende evidente con la sintomatologia nota dell’IPB

7,8,9

.

Per IPB

10

si intende quindi una malattia caratterizzata da un ingrossamento della prostata

che comporta sintomi delle basse vie urinarie che interferiscono sulla qualità di vita dei

soggetti di sesso maschile.

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SEGNI E SINTOMI DELL’IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA

L’IPB

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è responsabile dei sintomi del tratto urinario inferiore (LUTS) che sono l’indicatore soggettivo della condizione clinica del paziente e che lo porta pertanto a rivolgersi allo specialista.

I sintomi possono essere:

• relativi alla fase di riempimento: aumentata frequenza minzionale diurna e notturna (nicturia), impellenza ed improvviso stimolo minzionale (urgenza minzionale), incontinenza urinaria determinata dall’iscuria paradossa.

• relativi alla fase di svuotamento: flusso intermittente, getto bifido, riduzione del flusso, esitazione minzionale e minzione con sforzo.

• relativi alla fase post minzionale: gocciolamento terminale e sensazione d’incompleto svuotamento.

• sintomatologia dolorosa durante la minzione avvertito nella zona sovra pubica, a livello uretrale, scrotale e a livello pelvico.

Per oggettivare la sintomatologia riferita dal paziente è utile far compilare un diario minzionale ove si chiede di registrare gli orari della minzione, il volume vuotato, eventuali perdite urinarie, di segnalare episodi di urgenza minzionale ed eventualmente anche l’introito idrico giornaliero. Tale diario viene compilato nell’arco di tempo di un giorno così da poter caratterizzare i segni che indicano una disfunzione del tratto urinario inferiore.

Vi sono anche i due questionari dedicati ai pazienti con IPB che sono IPSS (International

Prostate Symptom Score) e QoL (Quality of Life) atti ad oggettivare la sintomatologia

minzionale e la qualità di vita .

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DIAGNOSI

Per la diagnosi di IPB è fondamentale raccogliere anzitutto un’adeguata anamnesi del paziente

12

.

Valutare eventuali patologie, traumi ed interventi chirurgici a carico del tratto genitourinario, episodi di ematuria, episodi di ritenzioni urinaria ed escludere patologie neoplastiche a carico dell’apparato urinario. E’ importante anche valutare la presenza di comorbilità, ponendo l’attenzione su patologie quali obesità, diabete, malattie cardiovascolari come insufficienza cardiaca e scompenso cardiaco, disturbi del sonno, patologie neurologiche, psichiatriche e relative terapie assunte dal paziente.

Si chiede al paziente di compilare il questionario International Prostatic Symptoms Score (IPPS)

13,37

unico validato in lingua italiana, che attraverso una serie di domande oggettiva, con un punteggio, la sintomatologia urinaria del paziente affetto da IPB e sempre attraverso un punteggio si chiede di giudicare la sua attuale qualità di vita (Qol) così da poter classificare la sintomatologia come lieve, media e severa e capire quanto questa influisca nello stile di vita del soggetto.

Deve essere eseguita un’opportuna esplorazione rettale per valutare il tono dello sfintere anale, le dimensioni dell’organo ed eventuali anomalie di morfologia e di consistenza che ci potrebbero orientare verso una patologia infiammatoria prostatica o nodularità tali da richiedere ulteriori indagini che escludano una patologia neoplastica.

Il paziente deve eseguire un esame delle urine con urinocoltura per escludere eventuali

patologie infettive responsabili della sintomatologia, nel caso in cui ci sia il sospetto di un

coinvolgimento dell’alta via escretrice è bene dosare anche la creatininemia.

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Si deve eseguire il dosaggio dell’antigene prostatico specifico (PSA) in quanto esiste una relazione tra il volume prostatico e il PSA inoltre esistono studi che affermano come questi due parametri siano buoni indici predittivi di ritenzione urinaria acuta (RUA)

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.

Come imaging per l’IPB si utilizza l'ecografia prostatica transrettale per oggettivare la volumetria esatta dell’organo. Tale dato è importante qualora il paziente sia candidato per una terapia chirurgica in quanto dalla morfologia e dalla volumetria dell’organo dipende la scelta della tecnica chirurgica più opportuna. Qualora non fosse possibile eseguire tale esame si può ovviare eseguendo un’ecografia sovrapubica con misurazione dei diametri prostatici.

Si farà eseguire anche un’uroflussometria con valutazione del residuo post minzionale in quanto è importantissimo conoscere il tipo di flusso del paziente, la velocità massima del flusso, il tempo di minzione, se presente esitazione minzionale, gocciolamento terminale e se al termine della minzione vi è ancora urina residua. Tale esame viene utilizzato come primo step per caratterizzare il paziente con IPB e nei controlli successivi per valutare miglioramenti o peggioramenti nel quadro clinico dopo aver intrapreso un’adeguata terapia.

Va comunque chiarito che l'uroflussometria oltre per caratterizzare quadri di IPB è molto importante per lo specialista perché permette di orientare anche verso altre patologie urologiche.

In alcuni pazienti con LUTS la causa dei sintomi potrebbe non essere l’IPB ecco perché sempre più spesso vengono sottoposti, ove necessario, ad un esame invasivo di secondo livello quale l’esame urodinamico. Tale esame permette di identificare eventuali alterazioni nella fase di riempimento, di svuotamento o di entrambi ascrivibili ad altre patologie, per esempio neurologiche

15

.

I pazienti vengono sottoposti nello specifico a uno studio di pressione/flusso che valuta la

fase di riempimento mediante la cistomanometria così da evidenziare alterazioni della

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sensibilità vescicale, della compliance ed eventuali contrazioni detrusoriali disinibite

sinonimo di iperattività detrusoriale; si valuta poi la fase di svuotamento che potrebbe

evidenziare ostruzioni cervicouretrale ed eventuali ipocontrattilità detrusoriali. Lo specialista

deve essere in grado di interpretare dai tracciati la presenza di contrazioni detrusoriali

disinibite durante la fase di riempimento, definire se l’iperattività sia “bagnata” , segnalando

fughe di urina, o “ asciutta”, e valutare nella fase di svuotamento i parametri flussometrici.

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TERAPIA MEDICA

La terapia medica è il primo step che lo Specialista adotta nella risoluzione dei sintomi da IPB sia per una maggiore compliance del paziente, per il rapido meccanismo d’azione e per non ricorrere subito all’opzione chirurgica.

Gli alfa litici

16,17,18

a disposizione sono l’alfuzosina, doxazosina, terazosina e tamsulosina che differiscono tra di loro per la struttura chimica. Gli effetti di tale molecole sulla sintomatologia del paziente è pressoché immediato infatti il paziente riferisce un netto miglioramento della qualità di vita, oggettivato anche dai valori dell’uroflussometria con un miglioramento del flusso urinario dovuto alla riduzione delle resistenze allo svuotamento pari ad un incremento di 2-3 ml/sec rispetto ai valori uroflussometrici prima dell’inizio della terapia.

Va sottolineato però che uno dei motivi di abbandono della terapia sono gli effetti collaterali, maggiori con le molecole di doxazosina e terazosina, che può dare tale terapia ovvero l’ipotensione ortostatica e l’eiaculazione retrograda.

Gli inibitori della 5αreduttasi (5ARI)

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hanno la funzione di ridurre la sintesi di DHT; le molecole usate appartenenti a questa classe sono il Finasteride ed il Dutasteride.

Entrambe offrono un miglioramento della qualità di vita del paziente, un incremento del

flusso urinario che varia da 0,8 ml/sec a 1,8 ml/sec, una riduzione del volume prostatico di

circa 20 % in 12 mesi di terapia soprattutto in ghiandole voluminose e riducono il progredire

della crescita della ghiandola. L’effetto collaterale che spesso causa l’abbandono della terapia

è una riduzione della libido inoltre i primi benefici della terapia possono essere apprezzati

solo dopo mesi.

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L’associazione tra alfa-litico e 5 ARI è risultata efficace nel prevenire la progressione IPB a lungo termine e va considerata per pazienti con sintomatologia importante e con volumi prostatici notevoli , in quanto in questi casi è elevato il rischio di progressione della malattia.

E’ possibile, nelle fasi iniziali di IPB, somministrare al paziente fitofarmaci

21,22

, che presentano una certa efficacia sul flusso urinario e un lieve miglioramento nella sintomatologia riferita. Tra tutti il più utilizzato nell’IPB è la Serenoa Repens, una pianta della famiglia delle Arecaceae. È una palma nana endemica nel sud-est degli Stati Uniti i cui estratti sono ricchissimi di acidi grassi e fitosteroli. Tale estratto può essere data in monoterapia, nei casi più lievi, o in associazione alla terapia farmacologica.

Le perplessità sull’uso dei fitofarmaci nasce dal fatto che ancora non è ben chiaro il loro

meccanismo d’azione esatto ma si suppongono numerosi effetti per esempio quello

antinfiammatorio, l’inibizione della 5alfareduttasi, l’inibizione dei fattori di crescita,

l’inibizione dell’aromatasi, l’alterazione del metabolismo del colesterolo, la diminuzione della

globulina legante gli ormoni sessuali, l’aumento della funzionalità detrusoriale, il blocco dei

recettori alfa-adrenergici, la cattura dei radicali liberi ed altri vari effetti antiandrogeni ed

antiestrogeni. Inoltre la frequente associazione di più principi attivi in svariati prodotti rende

difficile una valutazione precisa della loro efficacia.

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TERAPIA CHIRURGICA

L’opzione chirurgica viene presa in considerazione qualora la terapia medica fallisca nella cura della sintomatologia da IPB. Negli anni passati per la risoluzione dell’ostruzione cervicouretrale da IPB si poteva scegliere tra la chirurgia a cielo aperto, adenomectomia prostatica per adenomi molto voluminosi, oppure la chirurgia transuretrale, di gran lunga preferita per la sua minore invasività rispetto alle tecniche “open”.

Attualmente la chirurgia convenzionale è sempre più sostituita da nuove tecniche chirurgiche minivasive che offrono notevoli vantaggi in termini di risparmio economico-sanitario e di ripresa della vita attiva del paziente.

Tuttavia la scelta della procedura rimane sempre condizionata dall’esperienza dell’operatore, dalle dimensioni della ghiandola prostatica, comorbilità del paziente e dallo strumentario a disposizione del chirurgo.

Le indicazioni alla terapia chirurgica sono determinate principalmente dalla presenza delle seguenti condizioni patologiche legate alla ostruzione cervicouretrale: IPB con LUTS resistenti alla terapia medica e con grave peggioramento della qualità di vita del paziente, episodi di ritenzione urinaria acuta, elevati residui post minzionali, pazienti portatori di catetere vescicale a permanenza per IPB.

Qualunque sia la tecnica chirurgica scelta in questa patologia lo scopo è quello di eliminare

l’ostruzione responsabile della sintomatologia e condizionante la qualità di vita del paziente

stesso.

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RESEZIONE TRANSURETRALE DI PROSTATA (TURP)

La TURP

23

ha lo scopo di asportare il tessuto adenomatoso prostatico che è responsabile dei sintomi ostruttivi del paziente. Per l’esecuzione di tale tecnica chirurgica è necessario avere ben chiari i punti di repere di sicurezza che dovranno essere rispettati sia per ridurre al minimo le complicanze sia per avere un maggiore successo dell’intervento.

E’ importante, oltre all’esecuzione della perfetta tecnica chirurgica e all’abilità dell’operatore, arruolare pazienti con un adenoma prostatico che non superi un peso stimato di 70 grammi circa in quanto per adenomi più voluminosi sarebbe opportuno optare per un intervento a cielo aperto per ridurre sia i tempi operatori, le complicanze date da un prolungarsi dell’intervento e per ottenere risultati più soddisfacenti.

Per l’esecuzione della procedura l’anestesia può essere sia spinale che generale, il paziente è posto in posizione litotomica con le gambe ben divaricate e come liquido di irrigazione si usa soluti a base di glicina o mannitolo.

Una volta introdotto il resettore se il lobo medio è di dimensioni medio piccole la resezione inizierà dal lobo laterale mentre se il lobo medio è voluminoso si resecherà per primo in quanto ostacola la visione dell’operatore. E’ fondamentale avere ben chiari e visibili i punti di repere di sicurezza che sono :

• canale uretrale: che non deve essere leso durante l’introduzione dello strumento, che è rigido, e potrebbe creare delle false strade, ecco perché si utilizza il mandrino.

• Veru montanum: ben visibile dall’operatore posteriormente mentre lateralmente è spesso nascosto dai lobi prostatici ipertrofici.

• Sfintere striato e la parte di uretra posta tra il veru e lo sfintere.

• Meati ureterali : spesso dislocati in IPB voluminose.

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Si inizia quindi la resezione sul versante prostatico del collo vescicale portandosi verso il basso fino al veru, ottenendo un vallo il cui fondo sarà costituito dalla capsula prostatica che si differenzia dal tessuto adenomatoso prostatico, biancastro ed uniforme, in quanto ha un aspetto fibroso. Si procede poi nella resezione di un lobo laterale che inizia dall’alto a livello del collo vescicale e si continua a raso della capsula verso il basso così che il lobo resecato tende a cadere verso la linea mediana. Si procede alla resezione del lobo medio e poi si procede a “scolpire” il veru montanum.

Nel caso in cui il paziente avesse un lobo medio molto voluminoso la TURP inizia resecando anche solo in parte il lobo medio per permettere una visuale ottimale all’operatore e poi prosegue la resezione secondo la tecnica abituale.

Durante tutta la durata dell’intervento l’operatore deve avere sempre una visualizzazione ottimale del campo operatorio ecco perché è necessario porre particolare attenzione nell’emostasi .

Le complicanze di tale procedura possono essere :

• Sanguinamenti arteriosi e venosi.

• Perforazione della capsula con il concreto rischio di un riassorbimento del liquido di irrigazione che si manifesta con cefalea, ipertensione arteriosa, emodiluizione e iponatriemia.

• Sclerosi del collo vescicale.

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INCISIONE TRANSURETRALE DELLA PROSTATA (TUIP)

La TUIP

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è una tecnica endoscopica preferita nei pazienti giovani affetti da IPB con un volume prostatico fino a 30 grammi; si preferisce sia perché riduce l’incidenza di eiaculazione retrograda sia in quei casi ove le comorbità sono così importanti da richiedere tempi operatori minori e ridotte perdite ematiche.

La tecnica chirurgica prevede l’incisione della prostata dal collo vescicale fino al veru montanum con una profondità tale da raggiungere la capsula prostatica. Se l’incisione è unilaterale viene effettuata ad ore 6 mentre se è bilaterale viene eseguita ad ore 5 e 7 così da permettere in entrambi i casi un’apertura del collo vescicale.

Tale tecnica non prevede asportazione di materiale per esame istologico.

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ADENOMECTOMIA PROSTATICA TRANSVESCICALE (ATV)

Quando il volume prostatico stimato supera i 70 g è opportuno prendere in considerazione l’opportunità di eseguire un intervento chirurgico a cielo aperto quale l’ATV

24

.

Tale tecnica operatoria prevede l’enucleazione dell’adenoma prostatico, per via sovrapubica, eseguito attraverso un’incisione extraperitoneale della parete anteriore della vescica.

Previa anestesia spinale o generale, si posiziona il paziente supino e si esegue un incisione sottombellico pubica lungo la linea alba e si procede alla preparazione dello spazio prevescicale. Si esegue una cistotomia verticale fino a un centimetro dal collo vescicale così da avere una visione ottimale del collo vescicale e della prostata. Si posiziona un divaricatore per la trazione superiore e, con un piccolo retrattore posto inferiormente, si valuta ove eseguire l’incisione del collo vescicale previa localizzazione dei meati ureterali. Si incide circolarmente la mucosa che ricopre l’adenoma prostatico e si procede all’enucleazione dello stesso digitalmente. Si procede ad un accurata emostasi e si esegue una sutura emostatica ad ore 5 e 7, in prossimità del collo vescicale. Si posiziona il catetere vescicale a tre vie con il palloncino gonfiato in loggia prostatica di un volume all’incirca pari a quello dell’adenoma rimosso a scopo emostatico e si procede a sutura della parete vescicale con prove di tenuta della sutura. A ridosso della cistotomia si inserisce un drenaggio e successivamente si suturano i piani anatomici incisi .

Tale tecnica può anche essere eseguita per via retopubica dove si esegue l’enucleazione dell’adenoma prostatico attraverso un’incisione della capsula prostatica oppure può essere eseguita per via perineale mediante un incisione curva a livello della rima anale, seguita da un incisione dell’uretra membranosa prolungata fino alla vescica e completa enucleazione dei lobi prostatici.

Le complicanze dell’intervento di ATV:

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• Emorragia post operatoria

• Infezioni della ferita chirurgica ed orchiepididimiti postoperatorie in meno del 5% dei casi e per lo più in pazienti portatori di catetere a permanenza prima dell’intervento

• Incontinenza urinaria

• Fistole urinarie

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LASER TERAPIA

L’applicazione dei laser

25,26

nella patologia dell’IPB ha permesso una riduzione dei tempi operatori, delle perdite ematiche nonché una rapida ripresa del paziente con risultati molto soddisfacenti. I laser impiegati in questa tecnica chirurgica sono diversi ma tutti si basano sul principio che devono essere efficaci sia nella vaporizzazione del tessuto prostatico sia nella coagulazione dei vasi presenti.

L’energia laser è infatti una radiazione elettromagnetica che non richiede mezzo di trasporto ed interagisce con il tessuto venendo riflessa, assorbita, rifratta o trasmessa. Si definisce profondità di penetrazione del raggio laser il punto in cui si deposita più del 90% di energia laser e deve corrispondere al punto in cui il chirurgo pone la sua attenzione. Non tutta l’energia laser viene assorbita infatti quando questa interagisce con i tessuti e le cellule parte di esse viene riflessa ,rifratta o trasmessa ed è fondamentale conoscere anche queste interazioni per prevenire non solo i danni tissutali e cellulari sul paziente ma anche eventuali insulti allo strumentario e al personale utilizzatore.

L’enucleazione laser della prostata (LEP) è una procedura transuretrale che utilizza diversi tipi di laser per dissecare l’adenoma prostatico responsabile dei sintomi minzionali del paziente. I laser utilizzati sono l’Holmium (HoLEP), Thulium (ThuLEP), Greenlight (GreenLEP) e Diode (DiLEP)

25

.

A seconda della fibra utilizzata i dispositivi laser possono essere :

• Laser per contatto ad angolo retto sotto controllo endoscopico (vaporizzazione trans

uretrale della prostata , TEVP) vaporizza il tessuto utilizzando energie maggiori, da 80

a 100 W, ma con emissioni di durata più breve. In tal caso il tessuto superficiale

diventerà plasma mentre il tessuto profondo non subisce alterazioni. In caso di

sanguinamento è possibile passare alla modalità coagulazione per eseguire

(23)

l’emostasi. Si indirizza il laser prima sul collo vescicale fino a che non si visualizzano le fibre circolari del collo poi si eseguono dei solchi sui lobi laterali ad ore 2,4,8 e 10. Si ottiene la vaporizzazione del tessuto tenendo la fibra a contatto con esso e retraendola ad intervalli di 1 cm per 20 secondi circa di energia rilasciata; durante la retrazione la fibra viene ruotata di 15° a destra ed a sinistra così da ottenere un solco ampio e minore possibilità di sanguinamento.

• Laser non per contatto ad angolo retto sotto controllo endoscopico. (ablazione laser visiva della prostata, VLAP). Le fibre utilizzate sono quelle ad emissione laterale che inducono una necrosi coagulativa utilizzando basse energie e una maggiore durata del tempo di emissione.

Le emissioni del laser devono essere di 1 cm di distanza dal veru montanum e dal collo vescicale. Si posiziona la fibra sul versante di prostata da trattare ad una distanza massima dal punto selezionato di 0,5 cm. L’emissione dura circa 60 secondi e la potenza deve essere tra 30 e 50 W.

Il laser inizialmente viene diretto verso il lobo medio o laterale con metodica a 8

quadranti dove si esegue l’irradiazione ad ore 1,3,5,7,9,1. In questo caso il tessuto

interessato aumenterà di temperatura, si decolorerà la mucosa uretrale fino ad

ottenere l’eliminazione del tessuto stesso.

(24)

• Enucleazione prostatica con laser Greenlight (GreenLEP)

Il Potassium Titanyl Phospate (KTP)

30

è il laser applicato in questa tecnica che viene denominata Greenlight per il colore verde emesso.

Tale laser ha una lunghezza d’onda di 532 nm, con elevata affinità per l’emoglobina, con un potere di penetrazione tissutale di 0,8 mm e di profondità di coagulazione di 1-2 mm.

La tecnica chirurgica prevede una vaporizzazione selettiva del tessuto prostatico responsabile dell’ostruzione e nello stesso tempo è in grado di eseguire un accurata emostasi del campo operatorio. La fibra laser possiede un meccanismo di puntamento a proiezione laterale “side-fire” che consente di colpire il tessuto bersaglio molto precisamente e di modellare il canale uretrale a seconda dell’

anatomia prostatica di ogni paziente. La luce laser viene facilmente assorbita dal

sangue contenuto nel tessuto prostatico che viene surriscaldato a tal punto da essere

vaporizzato. L’ applicazione del laser viene proseguita fin quando tutto il tessuto

prostatico in eccesso è stato vaporizzato e viene esposta la capsula prostatica. Il laser

a luce verde possiede la capacità sia di vaporizzare il tessuto sia di coagulare i vasi

sanguigni rendendo possibile una perdita di sangue molto minore. Attraverso lo

studio prospettico randomizzato multicentrico GOLIATH

33,

che pone a confronto

l’enucleazione prostatica con Greenlight e la TURP, la prima si è dimostrata più

efficace in termini di minor tempo di cateterizzazione dei pazienti, ridotti tempi di

degenza e più veloce ripresa delle condizioni di salute; inoltre nei pazienti sottoposti

a intervento con il Greenlight si sono registrate meno complicanze correlate a

sanguinamento rispetto alla TURP. Bisogna però sottolineare che tale tecnica

chirurgica è ottimale per piccoli volumi prostatici (nello studio 19,2 cc): infatti è stato

(25)

dimostrato che per volumi prostatici superiori a 70 mL

34

la TURP rimane sempre la

tecnica chirurgica migliore in termini di efficacia

(26)

• Enucleazione prostatica con laser Olmio (HoLEP)

L’Olmio

26

ha una lunghezza d’onda di 2140 nm, un’elevata affinità per l’acqua ed ha un fascio di penetrazione di 0,4 mm.

La tecnica operatoria prevede due incisioni longitudinali ad ore 5 e 7 con l’enucleazione del lobo medio attraverso le incisioni che vanno dal veru montanum fino al collo vescicale. Si individua il piano di clivaggio e si procede alla lussazione dell’adenoma del lobo medio fino a farlo cadere in vescica. Si procede poi ad enucleare i lobi laterali eseguendo una commisurotomia anteriore e ricongiungendo le sue estremità basali e apicali con le commissurotomie posteriori mediante incisione semi-circonferenziale dalle ore 5 alle ore 12 per il lobo sinistro e dalle ore 7 alle ore 12 per il lobo destro facendo poi cadere i lobi resecati in vescica. Eseguita un accurata emostasi si procede alla morcellazione che consiste nella frammentazione del tessuto prostatico attraverso un apposito strumento così da poter estrarre i frammenti dell’adenoma prostatico. Durante questa fase l’operatore deve prestare attenzione a non danneggiare la mucosa vescicale, i meati ureterali e la stessa capsula prostatica ecco perché è di fondamentale importanza mantenere ben distese le pareti vescicali ed aver eseguito precedentemente un’adeguata emostasi per avere un a visibilità ottimale.

Dai dati disponibili in letteratura

26,27,28

tale tecnica può essere preferita alla TURP

anche per volumi prostatici elevati per minore rischio di complicanze perioperatorie,

minori tempi di degenza e di cateterizzazione del paziente mentre i miglioramenti

uroflussometrici a 24 mesi dimostrano un efficacia sovrapponibile per entrambe le

tecniche.

(27)

• Enucleazione prostatica con laser Thulium (ThuLEP)

Il Thulium

25

è un laser continuo con una lunghezza d’onda di 2013 nm e un potere di penetrazione inferiore a 0,4 mm e viene assorbito dall’acqua. Genera un laser continuo con meno effetti meccanici e un maggiore potere di generare calore continuo così da avere un’elevata efficienza emostatica. La tecnica operatoria dell’enucleoresezione prostatica con il laser Thulium prevede, previa identificazione degli osti ureterali, di eseguire un incisione a ore 5, partendo dal collo vescicale fino al veru montanum. Si continua con la stessa incisione ad ore 7. Quando il lobo medio è separato dai lobi prostatici lateralmente e dal veru montanum distalmente e si può iniziare l’enucleazione dell’adenoma del lobo medio. Si esegue un accurata emostasi, si procede all’enucleazione dei lobi laterali partendo distalmente con tre incisioni ad ore 12 ad ore 4 ed ore 8, così da delimitare l’apice prostatico. Si esegue un’accurata emostasi e si procede poi alla morcellazione dei lobi prostatici in vescica.

Tale tecnica

31

può essere una valida alternativa alla TURP o alla prostatectomia a cielo aperto in quanto può essere utilizzata anche per volumi prostatici elevati con una rimozione completa dell’adenoma e con un basso tasso di complicanze.

Comparando la sua efficacia

39

con procedure quali HOLEP e TURP risulta molto più efficace in termini di degenza ospedaliera, cateterizzazione e perdita di emoglobina inoltre risulta essere tra le metodiche laser quella più versatile, veloce come tempi di resezione e a maggiore potere coaugulativo.

Dall’esperienza dell’ ICCS i piani ottenuti con il laser Olmio sono fini ed irregolari tali

da rischiare di perdere il giusto piano di enucleazione mentre con il Thulium grazie ad

una migliore visibilità dei piani è più facile, ove necessario, riprendere l’enucleazione

(28)

sintomi irritativi nei primi tre mesi dopo l’intervento che condizionano in modo

importante la qualità di vita .

(29)

SCOPO DELLO STUDIO

L’obiettivo della tesi è quello di valutare prospetticamente una serie di 87 pazienti con ostruzione cervicouretrale da IPB, sottoposti ad intervento di THULEP (Thulium Laser Enucleation of Prostate) analizzando i dati preoperatori e postoperatori ottenuti nel follow- up a 3 e 6 mesi dall’intervento.

I parametri valutati sono stati l'esame ematocritocitometrico, l'uroflussometria, il dosaggio del PSA ed i questionari IPSS (International Prostate Symptom Score) e QoL (Quality of Life).

Sono state inoltre valutate le complicanze e le perdite ematiche in funzione del volume

prostatico resecato, delle comorbilità del paziente e della terapia cronica con

antiaggreganti/anticoagulanti per la definizione del profilo di sicurezza.

(30)

MATERIALI E METODI

Nel nostro studio prospettico sono stati valutati 87 pazienti con IPB sintomatica e trattati chirurgicamente nell’U.O. di Urologia dell’ICCS con THULEP nel periodo che va da Maggio 2012 a Febbraio 2017. L’età media dei pazienti è di 67,93 anni con un range che va da 51 a 82 anni.

Tutti sono stati sottoposti ad attenta valutazione delle comorbilità attraverso il Charlson Comorbidity Index (CI)

35,36

; tale indice considera 19 patologie quali l’infarto del miocardio, l’angina pectoris, patologie cardiovascolari, la demenza, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), le connettiviti, patologie gastrointestinali, epatopatie lievi o severe, il diabete mellito complicato o meno, neoplasie, leucemia, linfomi, metastasi secondarie e l’AIDS.

Ad ogni patologia viene attribuito un punteggio compreso tra 0 e 6 ed il punteggio totale esprime l’indice di severità della comorbilità così da poter valutare preoperatoriamente l’impegno clinico del paziente durante la degenza. Il CI rappresenta una metodica facilmente applicabile per la valutazione preoperatoria delle comorbilità nei pazienti che devono sottoporsi ad intervento chirurgico ed è quindi uno strumento importante per migliorare la cura e la gestione del paziente durante la sua degenza. Nel nostro studio abbiamo suddiviso i pazienti con CI pari a 0, quindi senza alcuna comorbilità degna di rilievo, pari a 53, e quelli con CI maggiore o uguale a 1 pari a 28, di cui quelli con CI pari a 4 e 5 sono 3.

Al momento dell’intervento 31 pazienti erano portatori di catetere vescicale a permanenza dopo episodio di ritenzione urinaria acuta dovuta ad IPB.

Tutti i pazienti preoperatoriamente hanno effettuato dosaggio del PSA (0.1-18) con un valore

medio di 2.84 ng/mL ed esame emocromocitometrico, con valore medio di emoglobina di

(31)

Hanno eseguito esame urine preintervento 53 pazienti, di questi 13 pazienti avevano un esame positivo per leucociti e batteri e 10 di questi erano portatori di catetere vescicale.

L’esame urodinamico invasivo è stato eseguito in 25 pazienti in quanto tale esame e la metodica principe per documentare l’ostruzione cervicouretrale data dall’IPB inoltre permette di evidenziare, ove presente, la presenza di iperattività detrusoriale. Questa potrebbe essere una conseguenza dell’IPB, in quanto il muscolo detrusore in risposta all’ostacolo ostruttivo dato dalla prostata aumenta la sua capacità contrattile per superare le resistenze createsi così da determinare alla lunga uno scompenso del muscolo detrusore stesso. Esistono casi in cui l’iperattività potrebbe anche essere indipendente dall’IPB ed il paziente deve essere informato preoperatoriamente di tale condizione perché non solo l’intervento potrebbe non essere risolutivo ma addirittura potrebbe aggravare la sua condizione slatentizzando una sintomatologia da urgenza.

Nella nostra casistica 14 pazienti erano affetti da iperattività detrusoriale preoperatoria e di questi 5 erano portatori di catetere vescicale a permanenza; 11 pazienti invece non presentavano segni di iperattività detrusoriale e di questi 3 erano portatori di catetere vescicale a permanenza. In entrambi i casi i pazienti presentano una pressione detrusoriale massima media superiore a 90 cmH

2

O.

Sono stati sottoposti prima dell’intervento ad uroflussometria con valutazione del residuo post minzionale 56 pazienti; il flusso massimo (Qmax) ha un valore medio di 9.31 ml/sec (range 2.6 -16) e residuo post minzionale (PVR) medio di 160 ml (range 0 -1200) .

Sono stati sottoposti a misurazione ecografica del volume prostatico 85 pazienti, il valore medio era di 59.81cc (range 20-140) mentre la misurazione ecografica dell’adenoma prostatico era disponibile in 65 pazienti, con un volume medio di 38.42 cc (range 5 – 112).

Tutte le ecografie sono state eseguite dal medesimo operatore presso la struttura.

(32)

Tutti i pazienti hanno compilato il questionario International Prostatic Symptoms Score (IPPS)

37

unico validato in lingua italiana, che attraverso una serie di domande oggettiva la sintomatologia urinaria del paziente affetto da IPB; IPSS preoperatorio ha un valore medio di 23 (range 15-35) con un Qol di 5 (range 3-6).

La quantità del tessuto prostatico rimosso ed inviato ad esame istologico ha un valore medio di 21,41 grammi (range 1 - 200).

Tutte le procedure sono state eseguite dal medesimo operatore e con un tempo medio di 62,4 minuti (range di 20-120).

Tutti i nostri pazienti sono stati sottoposti a profilassi con eparina a basso peso molecolare (EBPM) , come da linee guida

38

, per ridurre il rischio di trombosi venose profonde (TVP) ed embolia polmonare (EP).

Al termine dell’intervento tutti i pazienti sono stati sottoposti a posizionamento di catetere vescicale a tre vie e lavaggio continuo.

I pazienti hanno ripreso la propria autonoma dinamica minzionale, eccetto 4 per i quali è stata necessaria la dimissione con il catetere vescicale, poi rimosso ai successivi controlli.

Sono stati sottoposti a controlli ambulatoriali a 3 mesi e a 6 mesi 60 pazienti per valutare l’efficacia dell’intervento chirurgico. Durante tali controlli ambulatoriali il paziente compilava il questionario IPSS e Qol, eseguiva un dosaggio del PSA e si sottoponeva ad esame uroflussometrico.

Nel nostro studio abbiamo analizzato le medie con metodo statistico t-student test.

(33)

RISULTATI

Sono stati sottoposti ad intervento di THULEP 87 pazienti con IPB sintomatica, la loro età media è di 67,93 anni con un range che va da 51 a 82 anni. I dati preoperatori sono evidenziati nella Tabella 1.

Tabella 1. Dati preoperatori dei pazienti sottoposti a Thulep.

Poniamo attenzione sulla perdita ematica dei pazienti sottoposti a tale procedura e possiamo dire che questa risulta essere statisticamente omogenea in tutta la popolazione anche suddividendo la stessa in vari sottogruppi, per esempio in base al CI, alla terapia antiaggregante/anticoagulante assunta o meno ed al volume prostatico.

n° pz = 87 Hb preop g/dL

Hb postop g/dL

Differenza

deviazione standard

P t-Student

val. medio 14,2 12,55 1,65 1,166726189 <0,0001

val min-val max 10,2-18,8 8,9 - 17

Tabella 2 : confronto valori dell’emoglobina preoperatori e postoperatori.

Tutti i pazienti prima della dimissione sono stati sottoposti ad esame emocromocitometrico ed il valore medio dell’emoglobina è di 12.55 g/dl (range 8.9-17), con una riduzione di 1,65 g/dL rispetto al dato preoperatorio (Tabella 2).

n° pz 87 Età (anni)

CI Q max (ml/s)

RPM (ml)

Pdet (cmH2O)

PSA (ng/mL)

PV (cc)

TZV (cc)

QoL IPSS Hb preop (g/dL) val.

medio 67,93 1 9,31 160 94,58 2,84 59,81 38,42 5 23 14,2

val min-

val max (51-82) (0-5) (2.6-16) (0-1200) (40-171) (0,1-18) (20-140) (5-112) (3-6) (15-

35)

(10,2- 18,8)

(34)

Tabella 3 : confronto valori dell’emoglobina preoperatori e postoperatori in relazione al CI.

Tutti preoperatoriamente sono stati sottoposti a valutazione del CI; i pazienti con CI pari a 0 sono 53 mentre quelli con CI maggiore o uguale ad 1 sono 28. I pazienti con CI pari a 0 avevano un emoglobina preoperatoria con valore medio di 14,71 g/dl (10,6 – 18,8) mentre quelli con CI >= 1 avevano un valore medio preoperatorio di 13,24 g/dl (10,2 – 16,5). Alla dimissione tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un nuovo dosaggio dell’emoglobina; quelli con CI pari a 0 avevano un valore medio di emoglobina postoperatorio pari a 13.11 g/dL (9,1 – 17) con una differenza di valore rispetto al dato preoperatorio di 1,6 mentre quelli con CI maggiore o uguale ad 1 all’ingresso presentavano un valore di emoglobina postoperatorio pari a 11,42 g/dl (8,9-15,7) con una differenza di 1,82 (Tabella 3).

Abbiamo valutato i pazienti che al momento del ricovero non assumevano alcuna terapia antiaggregante/anticoagulante, pari a 63, e presentavano un valore preoperatorio di emoglobina di 14,44 g/dL mentre quelli che assumevano terapia antiaggregante/anticoagulante, pari a 24, avevano un valore medio preoperatorio di

Hb pre g/dl

Hb post g/dl

Differenza

deviazione standard

P t-Student

CI 0 (57) 14,71 13,11 1,6 1,13137085

< 0,0001

val min - val max 10,6-18,8 9,1-17

CI >= 1 (30) 13,24 11,42 1,82 1,286934342

< 0,0001

val min - val max 10,2-16,5 8,9-15,7 P

t-Student Hb post

CI 0- CI >=1 < 0,0001

(35)

emoglobina di 13.58 g/dL. Alla dimissione i pazienti che non assumevano terapia avevano un valore di emoglobina di 12,69 g/dl con una riduzione di 1,75.

I pazienti che assumevano terapia antiaggreganti/anticoagulante presentavano alla dimissione un valore medio di emoglobina di 12,1 g/dl ed una riduzione di 1,48 rispetto al dato preoperatorio (Tabella 4).

Tabella 4: confronto valori dell’emoglobina in relazione alla terapia antiaggregante/anticoagulante.

Osservando i dati dei sottogruppi appena analizzati possiamo giustificare la perdita ematica con il fatto che tutti i pazienti sono stati sottoposti a profilassi antitromboembolica, per ridurre il rischio di EP e TVP come da linee guida, anche se tale profilassi aumenta il rischio concreto di sanguinamento .

Abbiamo confrontato la perdita ematica in relazione al volume prostatico preoperatorio stimato ecograficamente, dato disponibile in 83 pazienti.

Facendo una mediana del valore del volume prostatico dei nostri pazienti si sono creati due sottogruppi : 40 pazienti appartenevano al gruppo con volume prostatico inferiore a 55 ml e

Hb pre g/dl

Hb post g/dl

Differenza

deviazione standard No Tp antiagg/anticoag

(63) 14,44 12,69 1,75 1,237436867

val min - val max 10,6-18,8 9,1-17 In Tp antiagg/anticoag

(24) 13,58 12,1 1,48 1,046518036

val min - val max 10,2-16,5 8,9-15,9

(36)

dimissione il valore medio è di 12,61 g/dL con una riduzione del valore di 1,47. I pazienti con volume prostatico maggiore o uguale a 55 ml avevano un valore di emoglobina preoperatorio di a 14,3 g/dL mentre alla dimissione il valore medio è di 12,52 g/dL con una differenza di 1.78 (Tabella 5).

Tabella 5: valori dell’emoglobina in relazione al volume ecografico prostatico.

n° paz sottoposti ad esame urodinamico

=25

Iperattività detrusoriale

Pdet cmH20

Qmax preop ml/sec

PVR preop

cc

Qmax 3 mesi ml/sec

PVR 3 mesi ml/sec

Qmax 6 mesi ml/sec

PVR 6mesi ml/sec SI (14) di cui 5

portatori di CV a dimora

96,23 10,08 153,25 23,31 13,46 27,08 8,46

val min - val max 43-154 5-14 30-300 15-50 0-40 18-35 0-80

NO (11) di cui 3 portatori di

CV a dimora 92,44 10,33 248,7 21,3 16,6 26,1 8

val min - val max 66-159 8-14 50-1200 5-50 0-40 10-45 0-20

P t-Student

Qmax preop- 3 mesi < 0,0001

P t-Student

Qmax preop- 6 mesi < 0,0001

P t-Student

PVR preop- 3 mesi 0.0009

P t-Student

PVR preop- 6 mesi 0.0006

Tabella 6: dati urodinamici preoperatori e uroflussometria di controllo a 3 e 6 mesi.

n° pz con ecografia prostatica preop = 83

Hb pre g/dl

Hb post g/dl

Differenza deviazione standard

P t-Student

< 55 (40) 14,08 12,61 1,47

1,039446968 < 0,0001

val min - val max 10,2-18,8 8,9-17

>= 55 (43) 14,3 12,52 1,78

1,258650071 <0,0001

val min - val max 10,6-17,1 9,4-15,7

(37)

L’esame urodinamico invasivo è stato eseguito in 25 casi e di questi 14 pazienti erano affetti da iperattività detrusoriale preoperatoria all’esame urodinamico e 5 di loro erano portatori di catetere vescicale a permanenza; 11 pazienti invece non presentavano segni di iperattività detrusoriale e di questi 3 erano portatori di catetere vescicale a permanenza. In entrambi i casi i pazienti presentano una pressione detrusoriale massima media superiore a 90 cmH

2

O.

Confrontando i dati urodinamici preoperatori e i dati dei controlli a 3 e 6 mesi di distanza dall’intervento si può osservare che il Qmax preoperatorio in tutti i casi è 10 ml/sec mentre al controllo a 3 mesi e a 6 mesi è superiore a 20 ml/sec, indice di un netto miglioramento della minzione. Dopo l’intervento nessuno dei pazienti è portatore di catetere vescicale e solo due di loro, che manifestavano iperattività detrusoriale preoperatoria, hanno utilizzato terapia medica con anticolinergici per qualche settimana dopo l’intervento (Tabella 6).

A distanza di 3 mesi 60 pazienti sono stati rivalutati alla luce di un nuovo dosaggio del PSA , esecuzione di uroflussometria e somministrazione del questionario IPSS e Qol (Tabella 7).

n° Pz 60 controllo a 3 mesi

PSA (ng/mL)

QoL IPSS Q max

(mL/sec)

PVR (cc)

val. medio 1.80 1 3 21.93 16,98

val min-val max 0,04-13,15 0-5 0-17 4-50 0-115

Tabella 7 : risultati della visita di controllo a 3 mesi dall’intervento.

Il PSA dosato evidenzia un valore medio post intervento di 1.80 ng/mL (range 0,04-13.15)

(38)

All’uroflussometria il Qmax ha un valore medio di 21.93 ml/sec (range 4 -50) con un miglioramento del flusso rispetto al dato preoperatorio di 12,62 mL/sec mentre il valore medio del residuo post minzionale è di 16.98 cc ( 0-115) con un miglioramento rispetto al dato preoperatorio di 143.02 cc . L’IPPS ha un punteggio medio di 3 (range 1-17) e Qol medio di 1 (range 0-5), dati in netto miglioramento rispetto al dato preoperatorio di 20 per l’IPPS e di 4 per il Qol.

Inoltre nessun paziente è più portatore di catetere vescicale al controllo di 3 mesi.

Alla visita di controllo a 6 mesi di distanza dall’intervento, possiamo notare che IPSS presenta un ulteriore diminuzione di 1 punto mentre il Qol è uguale rispetto al controllo dei 3 mesi (Tabella 8) .

n° Pz 60 controllo a 6 mesi

PSA

ng/mL QoL IPSS Q max

(mL/sec)

PVR (cc)

val. medio 1,55 1 2 25,73 12.01

val min-val max 0,05-15,38 0-5 0-14 6-50 0-100

Tabella 8 : Risultati controllo a 6 mesi dall’intervento.

Il PSA ha un valore medio post intervento di 1.55 ng/mL (range 0,05 -15.38) con una riduzione di 0.25 rispetto al dato del controllo di 3 mesi.

All’uroflussometria il Qmax ha un valore medio di 25.73 ml/sec (range 6 -50) con un miglioramento del flusso rispetto al dato di tre mesi di 3.8 ml/sec.

Il valore medio del residuo post minzionale è di 12.01 cc (range 0-100) con differenza di 4,97

cc rispetto al controllo di 3 mesi quindi i due valori sono del tutto sovrapponibili tra di loro.

(39)

n° Pz 60 PSA preop ng/mL

PSA 3 mesi ng/mL

PSA 6 mesi ng/mL

Q max preop (mL/sec)

Q max 3 mesi (mL/sec)

Qmax 6 mesi (mL/sec)

PVR preop

(cc)

PVR 3 mesi

(cc)

PVR 6 mesi

(cc)

val. medio 2,84 1.8 1.55 9,31 21.93 25,73 160 16.98 12.01

val min-val

max 0,1-18

0,04- 13,15

0,05-

15,38 2.6-16 4-50 6-50

0-1200 0-115 0-100

Differenza Valore preop – Valore 6 mesi

1.29 16.42

147.99

P t-Student

valore preop- 6

mesi

0.0038 < 0,0001

< 0,0001

Tabella 9: confronto PSA e dati uroflussometrici preoperatori a 3 e 6 mesi dopo l’intervento.

Ponendo a confronto i dati uroflussometrici ed il PSA preoperatori e quelli a 6 mesi possiamo notare una riduzione del valore del PSA di 1,29 ng/ml mentre il Qmax a 6 mesi presenta un miglioramento di 16,42 ml/sec con un RVP quasi assente a 6 mesi rispetto al dato preoperatorio di 147.99 cc (Tabella 9).

Confrontando i dati preoperatori e quelli a 6 mesi dell’IPPS e Qol possiamo notare che i

pazienti riferiscono un netto miglioramento del Qol di 4 punti mentre IPPS presenta un

miglioramento di 21 punti (Tabella 10).

(40)

n° Pz 68 IPPS preop

IPPS 3 mesi

IPPS 6 mesi

Qol preop

Qol

3 mesi Qol

6 mesi

val. medio 23 3 2 5 1 1

val min-val

max 15-35 0-17 0-14

3-6

0-5 0-5

Differenza Valore preoperatorio

– Valore 6 mesi

21 4

P t-Student valore preop-

6 mesi

< 0,0001 < 0,0001

Tabella 10 : Confronto IPSS e Qol preoperatori, a 3 e 6 mesi dopo l’intervento

Per quanto riguarda le complicanze dell’immediato post operatorio si segnala che solo 1

paziente è stato sottoposto a revisione endoscopica a scopo emostatico. Durante la degenza

1 paziente (1%) ha manifestato un infezione da Klebsiella, 1 paziente (1%) ha evidenziato una

flebite dell’arto inferiore entrambe risoltasi dopo terapia medica mirata; 5 pazienti (6 %)

hanno avuto necessità di emotrasfusioni per anemizzazione.

(41)

DISCUSSIONE

Nel nostro studio abbiamo confermato i dati già presenti in letteratura che evidenziano come la THULEP sia una tecnica efficace e sicura per la terapia dell’IPB sintomatico.

Dalla valutazione statistica dei dati preoperatori e postoperatori emerge una perdita ematica che risulta statisticamente significativa. Questo significa che nella popolazione globale la THULEP determina un certo grado di anemizzazione. Questo dato non corrisponde con lavori analoghi riportati in letteratura dove la perdita ematica viene correlata prevalentemente con l’elevato volume prostatico

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identificando in quella con volumi prostatici elevati la popolazione a maggior rischio di sanguinamento. Suddividendo la nostra popolazione per comorbidità, per terapia antiaggregante cronica e per volume prostatico non abbiamo identificato una sottopopolazione a rischio maggiore. Probabilmente l’estensiva profilassi antitromboembolica con utilizzo di eparina a basso peso molecolare, come da indicazioni delle linee guida, determina una inevitabile anemizzazione.

Questa tuttavia non si traduce in una alta percentuale di trasfusioni. Solo 5 pazienti infatti (6%) hanno richiesto almeno una trasfusione di emazie concentrate. Di questi pazienti tutti erano in terapia antiaggregante cronica, presentavano un volume prostatico medio di 58,6±27 (range 30-100) e 3 avevano un CI elevato.

Quindi i pazienti in terapia antiaggregante cronica, ad elevata comorbidità e con volume prostatico elevato costituiscono senz’altro una popolazione ad alto rischio di sanguinamento clinicamente significativo.

Importante anche il dato urodinamico, che nei nostri casi era disponibile ben in 25 pazienti,

perché ci permette di inquadrare preoperatoriamente quei pazienti che oltre all’IPB

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presentano una componente iperattiva che potrebbe compromettere la resa dell’intervento e peggiorare la qualità del vita dei pazienti.

Nella nostra casistica 14 pazienti erano affetti da iperattività detrusoriale preoperatoria all’esame uro dinamico; questa può essere considerata una conseguenza della ostruzione

14

. Nei nostri pazienti solo 2 hanno avuto sintomi da vescica iperattiva che ha richiesto terapia, peraltro temporanea, con anticolinergici. La diagnosi di iperattività detrusoriale quindi non dovrebbe essere una preclusione all’intervento disostruttivo anche se sarebbe buona norma informare il paziente di una possibile sequela.

Dal momento che l’intervento di Thulep è stato sempre eseguito dal medesimo operatore, abbiamo così analizzato i dati a nostra disposizione per valutare la velocità media di resezione espressa in unità di grammi/minuto.

La velocità di resezione media espressa in grammi al minuto è pari a 1.01 g/min. Questo dato è confrontabile con i dati presenti in letteratura

40

.

Confrontando la letteratura possiamo affermare che la THULEP ha un alto potere disostruttivo anche nei pazienti portatori di catetere vescicale. Infatti oltre al miglioramento statisticamente significativo di tutti i parametri funzionali preoperatori, tutti i pazienti con scompenso detrusoriale completo hanno recuperato una normale minzione.

Tale miglioramento è confermato dal grado di soddisfazione del paziente, oggettivato somministrando nel follow up il questionario IPSS e Qol.

Confrontando i nostri dati con quelli disponibili in letteratura possiamo ribadire l’efficacia e la sicurezza del trattamento chirurgico dell’IPB mediante Thulep.

Nello studio di Vartak et al.

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si evidenzia la sicurezza e l’efficacia della THULEP comparate

con altre tecniche chirurgiche quali la HOLEP e la TURP. In questo studio si analizza una

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casistica di 236 pazienti che sottolinea come la THULEP , rispetto alle altre opzioni chirurgiche, abbia minori tempi di degenza, minore caduta dei valori di emoglobina, minori tempi di cateterizzazione post intervento e minori tempi operatori. Lo studio quindi asserisce che il Thullium è il laser più sicuro ed efficace in termini di perdita di sangue, rapidità nell’esecuzione della procedura, minori tempi di degenza e di cateterizzazione post operatoria.

Nello studio di Zhu et al.

41

si esegue una metanalisi su 7 studi clinici, di cui 4 sono studi randomizzati controllati e 3 studi randomizzati non controllati, dove si confrontano i risultati post operatori di pazienti sottoposti a intervento di TURP e di THULEP. E’ stato osservato che THULEP e la TURP hanno un’efficacia simile in termini di IPPS, QoL, Qmax e RPM mentre in termini di tempi di cateterizzazione post intervento, trasfusioni, giorni di degenza e riduzione della discesa del sodio la THULEP è nettamente superiore rispetto alla TURP. La TURP mostra invece tempi operatori minori rispetto alla THULEP ma come osservano gli autori in questa metanalisi la procedura chirurgica non è stata eseguita dallo stesso operatore ma da operatori diversi e con curve di apprendimento diverse tra loro , quindi possiamo ritenere trascurabile questo dato.

Un’interessante studio italiano di Saredi et al.

42

che valuta 177 pazienti sottoposti a THULEP da due diversi operatori e rivalutati con un follow up di 4 e 8 mesi dopo l’intervento.

Lo studio dimostra un miglioramento percepito della capacità minzionale dei pazienti

valutata mediante IPPS (preoperatorio 21.12±5.81, a 4 mesi 3.14±3.16) e del Qol

(preoperatorio 5.41±0.69 e a 4 mesi 0.57±0.84). A conferma di ciò ci sono i dati

uroflussometrici che evidenziano un netto miglioramento del Qmax da 8.35±3.56

preoperatorio a un Qmax postoperatorio 28.44±10.22.

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