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3.1 : CHE COS’E’ L’Iperplasia Prostatica Benigna

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Iperplasia Prostatica Benigna

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CAPITOLO----3 3 3 3

IPERPLASIA PROSTATICA IPERPLASIA PROSTATICA IPERPLASIA PROSTATICA IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA BENIGNA BENIGNA BENIGNA

3.1 : CHE COS’E’ L’Iperplasia Prostatica Benigna

L’iperplasia prostatica benigna (IPB) é una patologia che coinvolge il 90% degli uomini tra i trenta e i novanta anni, insieme al carcinoma prostatico (Kokontis e Catterjee, 1999). Dopo un lungo periodo di indifferenza scientifica, dall’inizio degli anni novanta, gli studi hanno ripreso e visto che il cane é l’unico animale domestico affetto da questo problema (Hamilton, 1990) é stato proposto più volte come modello di studio (Deklerk et al., 1979). Per questo motivo le scoperte e i successi ottenuti in campo medico veterinario vanno di pari passo a quelli ottenuti in campo umano.

Nell’uomo l’IPB interessa le cellule stromali all’interno del tessuto periuretrale, detta anche di zona di transizione e rappresentante il 5- 10% dell’organo; non sono interessate invece la zona centrale e periferica. In conseguenza a ciò il fenomeno iperplastico nell’uomo é localizzato e la ghiandola colpita assume un aspetto nodulare.

Al contrario nel cane si verificano sia iperplasia che ipertrofia con diffusa proliferazione ghiandolare ed un aumento globale del volume e del peso dell’organo (Olson, 1984; Ettinger, 2002).

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Iperplasia Prostatica Benigna

L’iperplasia é un aumento del numero di cellule in un tessuto (Cheville, 2003) e la caratteristica principale é che sono cellule del tutto normali ma aumentate di numero.

Per ipertrofia si intende invece soltanto un aumento di volume cellulare che porta, comunque, ad un aumento del volume dell’organo.

Nell’ IPB, come spesso succede negli organi ghiandolari, i due fenomeni si associano (Marcato, 1997) ed il risultato é comunque un aumento di volume; per tale motivo nel corso degli anni sono nati dei disaccordi nella definizione di questo fenomeno.

Alcuni Autori ancora oggi utilizzano indifferentemente i termini di

“ipertrofia” e “iperplasia” prostatica anche se si tratta di due alterazioni diverse sebbene spesso concomitanti; la scuola anatomo- patologica tedesca, per esempio, adotta il termine di “cosiddetta ipertrofia” prostatica (Roggia, 2001). Sulla stessa linea sono Reitano e Lanza (1967), per i quali il termine ipertrofia é inesatto dal punto di vista anatomo-patologico ma consacrato dall’uso. Walsh e colleghi (1988) e Bartsch (2000) sottolineano invece come, da studi scientifici, tale termine sia scorretto e si debba quindi parlare di fenomeno iperplastico.

Diversi lavori scientifici hanno messo in evidenza una diversa sensibilità agli stimoli ormonali delle cellule ghiandolari e sembra che le cellule duttali e basali acinari presentino maggiore sensibilità.

Da studi condotti da Cowan (1991) e altri successivamente, risulta che questa patologia interessi solo pochi soggetti sotto i 3 anni di età

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dei cani sotto i 5 anni e che si riscontra invece in oltre il 90% dei soggetti con età inferiore agli 8 anni evoluta in iperplasia cistica, anche se non sempre clinicamente manifesta. In studi effettuati presso il Murdoch University veterinari Hospital (Read e coll., 1995) l’iperplasia prostatica benigna rappresenta il 58% della totalità dei disturbi prostatici diagnosticati e nel 14% dei casi, all’ecografia, si riscontra la presenza di cisti il cui aspirato, per un 42% circa, é positivo all’esame colturale (Couto, 2004).

3.1.1 : ASPETTI MACRO/MICROSCOPICI

Abbiamo detto che nel cane l’IPB interessa tutta la ghiandola anche se in realtà sembra svilupparsi dalla periferia e quindi coinvolgere maggiormente il tessuto sottocapsulare rispetto alla zona vicino all’uretra (Mc Neal, 1984). Macroscopicamente si apprezza un aumento di volume che può andare da moderato a sostanziale, ma sempre omogeneo, senza deformazioni gravi del profilo; la prostata si presenta aumentata di volume, leggermente bozzellata in superficie, di consistenza aumentata in alcuni punti dove ha prevalso la crescita stromale e diminuita in altri dove si sono formate invece aree cistiche e/o focolai purulenti.

Secondo Marcato (2002) sono noti due tipi di iperplasia prostatica nel cane: l’iperplasia ghiandolare benigna e l’iperplasia complessa benigna.

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Microscopicamente l’iperplasia ghiandolare si instaura in modo progressivo , con aumento di numero e volume delle cellule dell’epitelio monostratificato di rivestimento degli alveoli, il quale si solleva in pliche con asse connettivale verso il lume alveolare, il quale talvolta può riempirsi di tessuto proliferativo ( IPERPLASIA ADENOMATOSA PAPILLARE DENDRIDICA). Questa forma si manifesta soprattutto nei soggetti con meno di 5 anni di età; la componente stromale é minima e la consistenza é pressoché mantenuta.

FIG 3.1.1.: IPB

L’iperplasia complessa comporta la comparsa contemporanea di un aumento dello stroma connettivale e muscolare, e di alveoli cistici dilatati per il ristagno di secreto, le cui cellule diventano più numerose con l’età. Più frequente nei cani adulti, é caratterizzata da zone con iperplasia ghiandolare alternate a zone con atrofia dell’epitelio ghiandolare. In questa forma si ha un costante aumento della componente stromale e della consistenza. L’iperplasia complessa spesso é accompagnata da un’infiammazione cronica ed é una diretta conseguenza della forma ghiandolare.

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A livello citologico si può osservare che nell’iperplasia le cellule alveolari aumentano di volume e numero, ma non cambiano sostanzialmente da quelle normali, possono apparire cubiche o appiattite, con citoplasma abbondante e nuclei ben differenziati con nucleoli rotondeggianti. Precisamente si osserva aumento di volume e anisocarisi con rapporto N:C che rimane inalterato (Baker e Lumsden, 2001) o talvolta elevato in cellule con nuclei tondi od ovoidali, cromatina granulare e citoplasmi che sembrano fondersi tra loro (Poli, 2007).

Ad una ghiandola iperplastica spesso si aggiungono processi infiammatori per cui, a livello citologico, si possono ritrovare infiltrati pericellulari, endotubulari, ma più spesso nello stroma interstiziale, linfociti, plasmacellule, granulociti neutrofili ed eosinofili.

FIG 3.1.2: IPB: piccolo cluster di cellule iperplastiche, con

moderato rapporto

nucleo/citoplasma, nuclei tondi od ovoidali, cromatina granulare (May.Grünvald Giemsa. Ob.100x)

La maggior parte delle volte in corso di iperplasia si sviluppano cisti da ritenzione come diretta conseguenza dell’abbondante connettivo muscolare formatosi e poi retratto, che determina compressione dei dotti escretori e su tutto il parenchima circostante. Il contenuto alveolare si accumula e si creano formazioni dai vari contorni e

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dimensioni, 0.7-1.2cm- 1.5-2.4cm, contenenti un fluido di colore chiaro-ambrato; la prostata affetta da questa condizione assume un aspetto a nido d’ape in sezione trasversale. Aumentando gradualmente le cavità cistiche tendono a confluire tra loro; questo é un fenomeno che spesso regredisce nei soggetto sottoposti a castrazione*.

3.1.2 : EZIOLOGIA

Il fenomeno principalmente responsabile dello sviluppo dell’iperplasia prostatica benigna é ritenuto essere l’alterato rapporto androgeni/estrogeni che si instaura nei cani anziani **.

Per tale motivo, secondo Poli (2007), si può parlare dell’IPB come un fenomeno fisiologico legato al normale invecchiamento della ghiandola, provocato da squilibri ormonali che inducono aumento di volume dell’organo per l’istaurarsi di fenomeni ipertrofici- iperplastici che portano ad un aumento del volume e del numero delle cellule.

* Questo tipo di risoluzione può essere chirurgica e pertanto definitiva, o chimica, mediante l’uso di sostanze discusse nel paragrafo “Trattamenti farmecologici”, dalla quale si può invece avere una ripresa della funzionalità ghiandolare, una volta sospesa la somministrazione.

** Molti Autori (Marcato, Couto, Ettinger, Poli, Thrall, Leave, Chatterjee et al.) indicano ormai questa come prima causa eziologica dell’IPB lasciando

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L’atrofia prostatica che segue la castrazione dimostra come gli androgeni siano essenziali per lo sviluppo ed il mantenimento della normale funzionalità ghiandolare. Il DHT mantiene inoltre l’equilibrio tra morte e proliferazione cellulare, in questo modo la ghiandola non va incontro né a supercrescita né ad involuzione.

In corso di IPB si nota invece una diminuzione serica di testosterone circolante*, ma un aumento di DHT intraprostatico; ciò viene spiegato con una più rapida metabolizzazione della frazione libera del testosterone ed un aumento della parte legata alla TeGB (Testosterone binding globulin) che porta la ghiandola iperplastica a presentare un aumento del contenuto assoluto e del rapporto diidrotestosterone/testosterone a favore del DHT, se confrontata con una ghiandola sana e matura. Secondo Matzikin Braf (1991) alla base di ciò ci potrebbe essere un aumento dell’attività sintetica della 5--reduttasi, non accompagnato da un aumento dei processi catabolici.

Agli androgeni in eccesso é attribuita l’iperplasia dell’epitelio ghiandolare, ma non sembra riferibile a questi l’insorgenza di tutto il fenomeno iperplastico; infatti per riprodurre sperimentalmente la patologia, (Rhodes et al., 2000), insieme agli androgeni, si devono somministrare estogeni, ai quali é imputabile la proliferazione dello stroma di sostegno alla porzione ghiandolare esuberante.

* Nelle cellule testicolari del Leydig, in cani affetti da IPB, é stata dimostrata la diminuzione del reticolo endoplasmatico; ciò suggerisce una diminuita attività cellulare con conseguente riduzione della produzione di androgeni (Jonhston et al., 2001).

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Con l’avanzare dell’età nel cane si ha, infatti, alterazione del rapporto tra estrogeni e androgeni a favore dei primi che sembrano determinare up-regolation dei recettori degli androgeni negli acini ghiandolari, portando dunque ad una maggiore captazione del testosterone circolante (Griffiths et al., 1994). Per questo motivo, seppur in presenza di concentrazioni più basse di tale ormone rispetto ad un soggetto giovane, nel cane anziano compare una nuova spinta proliferativa dell’organo che porta ad accrescimento e quindi al manifestarsi dell’IPB.

Ad ulteriore conferma dell’importante ruolo degli ormoni steroidei e dell’interazione stroma-epitelio ghiandolare, nell’insorgenza dell’iperplasia prostatica benigna, alcuni Autori indicano che: tra alterazione dell’equilibrio estrogeni/androgeni e riattivazione mesenchimale, si inserisce la mediazione dei fattori di accrescimento (GF= growth factor). La loro produzione da parte delle cellule stromali ed epiteliali ghiandolari é ormono-dipendente.

In particolare sembrano essere le cellule epiteliali basali la chiave della crescita normale e anormale della ghiandola prostatica, essendo considerate progenitrici delle cellule secernenti colonnari (Prins et al., 1996).

Attraverso immunoistochimica é stato infatti riscontrato che le cellule epiteliali basali aumentano con l’età, parallelamente allo sviluppo di IPB e diventano la componente cellulare maggiormente presente (Leav et al., 2001).

I fattori di crescita liberati sotto stimolazione ormonale sono cinque:

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1. IGF= insuline-like grow factor 2. KGF=keratinocyte grow factor 3. FGF= fibroblast grow factor 4. EGF= epidermal grow factor

Oltre a questi viene prodotto un fattore che ha invece l’azione di contenere la crescita determinando apoptosi e soppressione delle proteine coinvolte nella crescita cellulare :

5. TGF e β= trasforming grow factor

Queste sostanze agiscono sulle cellule vicine attraverso meccanismo autocrino, paracrino e apocrino. L’EGF é prodotto dall’epitelio prostatico normale sul quale ha effetto mitogeno e la sua azione é inibita dal TGFβ; le due sostanze hanno ruolo opposto nella crescita prostatica.

Il TGFβ ha azione di stimolare la crescita fibroblastica, inibisce l’attività dell’EGF e del KGF; la sua azione é diminuita dal FGF.

L’FGF ha una potente azione autocrina sulla proliferazione stromale dove é prodotto, stimola inoltre la crescita epiteliale tramite un meccanismo di tipo paracrino.

Il KGF ha azione mitogena sulle cellule epiteliali, mentre non ha effetto su quelle stromali.

Gli IGF (IGF I e IGF II) sono invece importanti moderatori della crescita prodotti nel fegato e nelle cellule stromali in risposta a stimolazione del GH. Essi stimolano la proliferazione e la differenziazione cellulare inibendone l’apoptosi; compaiono solo

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quando la crescita é massima e nella prostata presentano recettori a livello delle cellule basali.

3.2 : ITER DIAGNOSTICO

SINTOMATOLOGIA:

L’ipertrofia prostatica benigna é un’affezione che si sviluppa progressivamente nell’organo; per tale motivo non si ha la comparsa di una sintomatologia clinica finché la ghiandola non é notevolmente aumentata di volume e quindi spesso può essere subclinica nonostante la sua elevata incidenza nei soggetti anziani.

Le forme sintomatiche sono comunque caratterizzate da quadri clinici del tutto aspecifici, infatti Iannelli e Cucinotta (1991) affermano che le affezioni prostatiche pongono al veterinario problemi di diagnostica differenziale non sempre di facile soluzione.

E’stato coniato dunque il termine “prostatismo” per indicare un corteo sintomatologico univoco che esprime uno stato di sofferenza della ghiandola prostatica indotto da patologie talvolta diverse.

In corso di IPB si riscontrano prevalentemente manifestazioni a carico degli apparati gastroenterico e urinario. Nell’uomo il sintomo più frequente é la pollachiuria, dovuta presumibilmente alla localizzazione periuretrale dell’iperplasia e all’aumento della contrattilità della ghiandola (Olson 1984, Shapiro 1987, Hieble 1986);

nel cane invece i segni dipendono da fenomeni compressivi, per un

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aumento di solito omogeneo della ghiandola, sulle strutture circostanti.

Per quanto concerne l’apparato gastroenterico, aumentando di volume, la prostata va ad interferire con la progressione delle feci attraverso il colon distale ed il retto, determinando costipazione e tenesmo; uno dei sintomi, se non il primo in assoluto, più frequenti nei soggetti con IPB é proprio una defecazione difficoltosa, dunque ripetuta e talvolta dolorosa. L’aspetto delle feci é ovviamente modificato e possono apparire con diametro ridotto, con aspetto nastriforme “feci a nastro”e può essere presente diarrea per ritenzione della parte solida oppure, secondo Slatter (1990), per continui sforzi protratti.

Man mano che il volume aumenta le problematiche suddette diventano più visibili dal proprietario, inoltre la prostata viene sempre più sospinta dorso-caudalmente aumentando la tensione addominale e l’indebolimento dei muscoli del diaframma pelvico, che può cedere sotto i continui sforzi per la defecazione, determinando l’insorgenza di ernia perineale.

Il sintomo più comune a carico dell’apparato urinario é pollachiuria e/o disuria per l’aumento della pressione esercitata sull’uretra quando la ghiandola aumenta di volume e diventa più addominale, sporgendo in avanti sul bordo della pelvi. In caso di ritenzione urinaria cronica, la vescica si distende e diventa atonica ed il soggetto incontinente. Difficilmente nel cane affetto da IPB si ha stranguria, che può svilupparsi in caso di deficit cronici di svuotamento della vescica e conseguenti cistiti per il ristagno

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protratto di urina. Spesso stranguria si ha nell’uomo o in cani con neoplasie, cisti e ascessi prostatici. Altrettanto difficile è un ingrossamento tale da provocare anuria; nell’uomo invece i sintomi urinari sono molto più comuni e gravi per la sede in cui si sviluppa il fenomeno iperplastico e per la formazione di noduli sporgenti sulla mucosa uretrale. A livello del collo della vescica si possono instaurare fenomeni compressivi, determinando trascinamento e conseguente proiezione in cavità vescicale dell’orificio uretrale con problemi della sua chiusura; si può manifestare pertanto incontinenza.

L’aumentata irrorazione della prostata durante iperplasia può dare facilmente sanguinamento, che si manifesta con ematuria e/o scolo ematico in assenza di urinazione, intermittente o persistente e soprattutto in corso di iperplasia complicata.

L’IPB é difficilmente accompagnata da sintomi sistemici come febbre, tremori, dolorabilità addominale, facile irritazione del soggetto, vomito e scolo uretrale purulento se non associata a prostatite acuta o la presenza di ascessi, cisti, prostatiti croniche e neoplasie.

Può verificarsi invece ematospermia e scolo uretrale sieroso o sieroematico, che però normalmente non é significativo all’esame colturale (< 100.000 batteri/ml).

Alcuni Autori riportano, come reperti occasionali, una paresi vescicale dovuta a compressione del nervo sacrale da parte della prostata molto ingrandita e problemi di locomozione, più associabili

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invece a fenomeni di prostatiti. Per concludere, i soggetti affetti da iperplasia prostatica benigna sono in genere vivaci, attivi e afebbrili.

DIAGNOSI :

Come abbiamo detto all’inizio di questo capitolo, tutte le malattie prostatiche determinano una sintomatologia piuttosto simile e pertanto aspecifica; al fine di fare quindi una giusta diagnosi e non incorrere in terapie errate andranno messi in evidenza prima di tutto, attraverso l’esame fisico, quelli che sono i segni caratteristici delle varie affezioni, ai quali verranno affiancati successivamente metodi diagnostici più attendibili.

Si deve sospettare iperplasia prostatica benigna quando, secondo quello illustrato prima, vengono portati alla visita soggetti in cui riscontriamo tenesmo, scolo uretrale ematico o siero-ematico, ematuria o una combinazione di questi segni in un cane di media età o senile, intero e per il resto sano nel quale si può rilevare prostatomegalia più o meno marcata, simmetrica e generalmente non dolente.

3.2.1 : ANAMNESI

Il racconto anamnestico deve sempre essere approfondito e attento a raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sul soggetto.

E’ nostro compito farci spiegare dai proprietari da quanto é insorto

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il problema in questione, come si é evoluto o se é rimasto stazionario, quali sono da sempre e in questo momento le abitudini di minzione e defecazione del proprio cane, capendo se é presente scolo uretrale, ematuria, disuria, pollachiuria, tenesmo, dolore addominale durante la defecazione e come si presentano le feci: a nastro, ben conformate, liquide e altro.

Come detto in precedenza, l’IPB é difficilmente accompagnata da disturbi sistemici, quindi é importante chiedere ai proprietari dei nostri pazienti se notano un’alterazione nel comportamento dell’animale riferibile a malessere generale come abbattimento, disoressia/anoressia, irritabilità se toccato sul posteriore, zoppie o comunque difficoltà nella deambulazione; é inoltre sempre importante chiedere se il soggetto é affetto da altre patologie sistemiche e/o croniche, se lo é stato in passato, se ha subito interventi chirurgici e se ha fatto o sono in atto terapie.

La rassegna delle indagini diagnostiche da fare in corso di sospetta patologia prostatica é stata fatta nel capitolo precedente, dove abbiamo analizzato tutti i metodi di cui possiamo avvalerci per arrivare alla diagnosi definitiva.

A questo punto saranno dunque descritti, più specificatamente, i segni da rilevare nelle diverse metodiche di ausilio diagnostico se l’affezione in questione é IPB.

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3.2.2 : ESAME CLINICO

L’esame clinico comprende sempre l’ esame obiettivo generale (EOG) per una valutazione d’insieme del soggetto in questione e che in corso di iperplasia prostatica benigna la maggior parte delle volte é caratterizzato da pazienti afebbrili, con un normale sviluppo scheletrico, un buono stato di nutrizione e tonicità muscolare, vigili senza segni o atteggiamenti particolari, che presentano un buon colore delle mucose apparenti e privi di linfoadenomegalia e/o alterazioni a carico dell’apparato tegumentario, nella norma rientrano anche i valori quali polso e frequenza respiratoria.

L’unica domanda a cui si ha infatti una risposta positiva dei proprietari é quella sul mantenimento delle grandi funzioni organiche. Come abbiamo descritto ampiamente nel paragrafo 3.2. , fra tutti i sintomi, in assenza di altro l’ IPB determina: tenesmo, feci alterate nella forma e conformazione, a “nastro” o diarrea, disuria con o senza presenza di sangue e scolo ematico o sieroematico in assenza di urinazione, tutto ciò in pazienti normalmente geriatrici interi.

Siccome però i segni clinici sono sufficienti per la localizzazione di un processo patologico , ma no possono differenziare le varie affezioni (Nelson e Couto, 2002), per tale scopo é necessario ricorrere a test integrativi quali l’esplorazione digito-rettale (DRE) e la palpazione transaddominale dell’organo. Secondo Barsanti (1998) la manovra migliore é di eseguire DRE e con la mano controlaterale sospingere la prostata caudalmente, perché se l’organo é molto

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aumentato di volume e si trova oltre il margine del bacino, é la mano che palpa l’addome caudale che può renderlo raggiungibile per via rettale e quindi apprezzabile nel suo insieme.

In questo modo si valuta forma, volume approssimativo, mobilità, consistenza, superficie e dolorabilità. L’IPB non complicata é caratterizzata da:

 Forma regolarmente simmetrica e superficie regolare

 Aumento di volume da moderato a sostanziale

 Consistenza e mobilità mantenute

 Assenza di dolorabilità

É sempre opportuno, in corso di patologie prostatiche e soprattutto se si sospetta iperplasia, la palpazione dei testicoli per valutare anche di questi forma, dimensioni, dolorabilità e consistenza*.

3.2.3 : ESAME RADIOGRAFICO

In corso di presunta IPB si può eseguire un esame radiografico dell’addome posteriore in proiezione laterale.

* Neoplasie come il Sertolioma e Lydigoma a carico del testicolo determinano un aumento della produzione di ormoni steroidei sessuali, possono pertanto

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Se é presente l’affezione si evidenzia l’aumento delle dimensioni della ghiandola**, che oltrepassa il margine craniale del bacino, spesso associato a dislocamento ventro-craniale della vescica, i contorni appaiono netti e regolari, a volte irregolari e l’aspetto é tondeggiante o ovalare; si tratta però di reperti estremamente aspecifici correlabili a diverse patologie prostatiche.

URETROCISTOGRAFIA RETOGRADA E

PNEUMOCISTOGRAFIA: esaltando la vescica si ottiene la

visualizzazione di un profilo dettagliato della prostata e dell’uretra.

In questo modo non solo si differenziano effettivamente prostata e vescica, che a volte risulta difficile, ma si hanno informazioni anche sui restanti organi pelvici e sull’azione compressiva che esercita la prostata su di essi.

In caso di IPB infatti questi esami possono mettere in evidenza chiaramente un eventuale restringimento uretrale, reflusso uretro- prostatico, la vescica spostata cranio-ventralmente ed il retto dislocato dorsalmente con vari gradi di costipazione.

Sebbene più utile nella diagnosi, queste tecniche comportano possibili conseguenze come ematuria, predisposizione all’insorgenza di infezioni ascendenti delle vie urinarie e possibile rottura della vescica.

** E’ indice di prostatomegalia la condizione in cui le dimensioni dorso-ventrali della ghiandola superino il 70% della distanza tra margine cranio-ventrale dell’osso sacro e apice del pube.

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FIG 3.2.3.1:

pneumocistografia che evidenzia lo spostamento craniale della vescica per aumento del volume prostatico

FIG 3.2.3.2:

prostatomegalia; la ghiandola oltrepassa il margine del bacino e sposta cranialmente la vescica

3.2.4 : ESAME ECOGRAFICO

l’ecografia si presta molto bene nello studio delle patologie prostatiche, il cui esame risulta semplice dal momento che la ghiandola non é situata in profondità nel canale pelvico (Burk e Ackerman, 1998).

Le caratteristiche ecografiche generali dell’iperplasia usualmente consistono nell’aumento uniforme di volume della ghiandola,

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infatti anche se a volte la porzione dorsale può subire un maggiore aumento rispetto alla parte inferiore, o viceversa, questo é sempre simmetrico da destra a sinistra (Trhall, 2002). In questo modo si conserva una distribuzione uniforme di echi granulari interni al parenchima, più spessi con l’avanzare dell’età, ad ecogenicità omogenea (Bertoni et al., 2005).

Con l’evoluzione della patologia aumenta il grado di disomogeneità parenchimale ed é possibile riconoscere focolai iperecogeni di fibrosi. Si rilevano inoltre, con una certa frequenza, piccole aree rotondeggianti , di pochi millimetri di diametro, anecogene riferibili a cisti.

FIG 3.2.4.1: prostata aumentata di volume, struttura nella norma ed ecogenicità leggermente disomogenea;

quadro riferibile ad IPB.

L’immagine della capsula nella prostata iperplasica é normalmente conservata, solo in presenza di ingrossamento molto accentuato appare meno definita.

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3.2.5 : ESAME DELLO SCOLO URETRALE

Abbiamo detto che uno dei segni clinici caratteristici dell’iperplasia prostatica benigna é lo scolo uretrale ematico o siero-ematico. Se presente si fa un esame colturale del materiale raccolto, che deve risultare con numero di microrganismi non elevato (< 100.000/ml).

3.2.6 : ESAME DELLE URINE

Dato che i soggetti colpiti da IPB, anche se di solito non gravi, presentano problemi nella minzione, le analisi delle urine dovrebbero far parte della raccolta dei dai per la diagnosi come in corso di tutte le patologie prostatiche. In realtà se si sospetta davvero un fenomeno iperplastico sappiamo che il sanguinamento può essere dovuto: ad aumentata irrorazione della ghiandola (Huggins e Clark, 1940), sovradistensione vescicale e ostruzione uretrale, ma che se l’affezione non é complicata non c’é presenza di cellule infiammatorie.

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3.2.7 : ESAME EMOCROMOCITOMETRICO E PROFILO BIOCHIMICO

Un esame emocromocitometrico ed un profilo biochimico si eseguono in soggetti che presentano segni clinici sistemici e/o in soggetti molto anziani nei quali si voglia escludere altre patologie occulte.

In presenza di IPB tali valori non sono alterati; il contrario deve far suggerire un’altra origine del problema. Si possono ricercare eventualmente markers specifici prostatici, quali arginina esterasi e fosfatasi acida trattati più avanti, che però non sono indici specifici di IPB.

3.2.8 : ESAME DEL FLUIDO PROSTATICO

L’analisi del fluido prostatico prevede la raccolta dell’eiaculato e successivo esame citologico; é stata descritta precisamente nel capitolo 2 la tecnica del massaggio prostatico e prelievo citologico con spazzolino, che attualmente sembra essere il più valido metodo per ottenere campioni rappresentativi da analizzare, oltre all’agoaspirazione. In corso di iperplasia benigna il liquido prostatico può presentare variazioni di colore da chiaro a rosso-

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marrone e l’esame citologico rilevare un amento degli eritrociti e forse lieve infiammazione; generalmente non si ha traccia di sepsi, gli esami colturali non sono infatti significativi, o presenza di cellule neoplastiche.

Molti Autori concordano ancora che, nonostante il grande aiuto dell’ultrasonografia, dell’agoaspirazione ecoguidata e della tecnica di massaggio e lavaggio prostatico con spazzolino, la diagnosi definitiva di patologia prostatica sia ancora da lasciare all’esame istopatologico dei campioni bioptici .

3.2.9 : ESAME BIOPTICO

la biopsia determina precisamente il tipo di patologia presente e soprattutto é importante per dare conferma diagnostica di neoplasia prostatica, visto che nel fluido raramente si ritrovano cellule neoplastiche e peraltro non é ben distinguibile dal fenomeno iperplastico all’ecografia (Zambolin et al., 1992).

Come descritto nel capitolo 2 tra gli ausili diagnostici in corso di patologie prostatiche, la biopsia attualmente si esegue con approccio transaddominale durante ecografia. In questa maniera si preleva il materiale più precisamente nell’area che appare alterata, non solo avendo maggiori probabilità di campioni rappresentativi, ma anche riducendo al minimo i rischi di conseguenze. Nella diagnosi di

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della ghiandola con tale affezione; epitelio eterogeneo (cubico, cilindrico, pseudostratificato), dilatazioni cistiche, nuclei disposti su più file e rilievi papillari nel lume ghiandolare che stanno ad indicare proliferazione.

Oggi grazie all’ecografia i rischi post-bioptici si sono ridotti e hanno fatto questa metodica estremamente più sicura, l’unico problema che ancora rimane per procedere con meno riserve alla biopsia é l’obbligo di anestetizzare il soggetto.

FIG 3.2.9.1:

Istologia; IPB:

caratteristica proliferazione dell’ep.

Ghiandolare con formazione di strutture tubulo alveolari ramificate, sorrette da trama fibroconnettivale ispessita per fibroplasia ed infiltrata da una popolazione di cellule infiammatorie con prevalenti elementi linfoplasmacellulari.

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3.2.10 : MARKERS SPECIFICI PROSTATICI

La secrezione prostatica é incolore e contiene zinco, acido citrico, fibrolisina, proteasi coinvolte nella liquefazione dello sperma, fosfatasi acida e antigene prostata specifico (PSA). Nell’uomo questo antigene gioca un ruolo fondamentale nella diagnosi di IPB, in quanto attraverso immunoistochimica con anticorpi specifici, é stata evidenziata reattività a livello delle cellule duttali e acinari di ghiandole normali, iperplastiche, con neoplasie o altre affezioni. Ciò sembra spiegarsi, secondo Roggia (2001), nella fuoriuscita dai dotti prostatici del PSA in seguito a citolisi causata da processi patologici e suo successivo passaggio nei linfatici e quindi nel circolo sanguigno. Tanto é che il dosaggio del PSA unito all’ecografia transrettale e all’esplorazione DR , costituiscono l’iter per la diagnosi di IPB.

Nel cane il liquido prostatico contiene due possibili marker da utilizzare come ausili diagnostici: l’arginina esterasi ( 90% delle proteine totali del liquido (CPSE)) e la fosfatasi acida (AP). La quantità di arginina é androgeno-dipendente e riflette quindi anche alterazioni ormonali, ma la sua validità diagnostica in corso di malattie prostatiche é ancora dubbia; non lo é invece nell’uomo. Il rilievo dei marker é un lavoro che nel cane richiede ancora tempo perché servono gli strumenti adatti; si é cercato comunque di misurare, nel siero e nel plasma seminale, le quantità di AP, CPSE e

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Iperplasia Prostatica Benigna

di PSA ottenendo come risultati che: la CPSE é alta nei cani con IPB e carcinoma, e comunque aumentata anche in corso di prostatiti.

Per quanto riguarda il PSA é stato impossibile per adesso misurarlo nel siero di soggetti sia sani che malati, però con tecniche immunoistochimiche, lo si é ritrovato nelle prostate sane, affette da IPB e neoplastiche, anche se in piccolissime quantità.

In fine per quanto riguarda la AP é stato visto, che a differenza dell’uomo in cui in corso di malattie prostatiche aumenta significativamente nel siero, nel cane non si ha tale corrispondenza;

aumenti di AP sono infatti indice, sebbene aspecifico, di patologia prostatica ma non é vero il contrario.

3.3 : TRATTAMENTI FARMACOLOGICI USATI NELL’IPB

L’iperplasia prostatica benigna é considerata da molti Autori come un processo fisiologico che si sviluppa nel paziente anziano come conseguenza di squilibri ormonali (Poli e Ciorba, 2007), pertanto é ritenuto giusto non somministrare alcun tipo di terapia a soggetti in cui, sebbene diagnosticata, decorra in via subclinica.

Per i cani in cui la sintomatologia é invece manifesta, la terapia deve avere come scopo primario quello di una diminuzione del volume ghiandolare, che consecutivamente, determinerà scomparsa di tutta la costellazione di segni secondari. A questo proposito la scelta

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Iperplasia Prostatica Benigna

terapeutica é in base alla vita del soggetto unita all’efficacia, priva di conseguenze, del farmaco usato:

chirurgica chirurgica chirurgica

chirurgica = = = ORCHIECTOMIA =

TERAPIA TERAPIA TERAPIA TERAPIA

farmacologica = ◊ farmacologica = ◊ farmacologica = ◊

farmacologica = ◊ SOSTANZE AD AZ.

ORMONALE

◊◊◊ SOSTANZE AD AZ. ◊ NON ORMONA LE

3.3.1 : ORCHIECTOMIA

Da molti Autori (Ettinger, Feldmann, Nelson, Couto, 2002) é ancora oggi considerato il trattamento d’elezione. L’involuzione della ghiandola inizia pochi giorni dopo l’intervento e in tre settimane é già dimostrabile una riduzione del 50%; dopo nove settimane si ha riduzione ulteriore fino al 70% che si completa entro dodici settimane dopo l’eliminazione dell’origine degli androgeni (Barsanti, 1997). In quattro settimane generalmente si risolve anche il sanguinamento prostatico.

Tuttavia la castrazione, determinando infertilità permanente, non é

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Iperplasia Prostatica Benigna

3.3.2 : ESTROGENI

Gli estrogeni usati nella terapia dell’IPB sono stati il dietilstilbestrolo (DES), 0,2-1,0 mg/giorno per via orale per cinque giorni, o estradiolo cipionato, 0,1 mg/kg fino a un massimo di 2 mg, per via iniettabile.

Gli estrogeni inibiscono la secrezione delle gonadotropine ipofisarie attraverso meccanismo di feedback negativo e conseguente declino delle concentrazioni seriche di testosterone. Tuttavia la terapia con estrogeni per ridurre l’iperplasia prostatica benigna, pur essendo inizialmente efficace, non é raccomandata, in quanto basse dosi ripetute o sovradosaggi possono indurre metaplasia squamosa, ingrossamento ulteriore della ghiandola per crescita dello stroma fibromuscolare, stasi secretoria e accentuare le alterazioni cistiche intraparenchimali (Ettinger e Feldmann, 2002), predisponendo l’organo ad infezioni ascendenti (Freshman, 1991); inoltre l’effetto tossico dose-dipendente e idiosincrasico degli estrogeni sul midollo osseo* nel cane sono ben noti (Nelson e Couto, 2004). E’ stato provato un composto anti-estrogeno, il tamoxifen, in corso di IPB che sembra avere effetti sul diminuire le dimensioni prostatiche, ma comunque inefficace sulla proliferazione stromale estrogeno- indotta.

Un altro effetto degli estrogeni é la ginecomastia.

* Si può assistere infatti, nel corso di trattamento con estrogeni in soggetti sensibili, ad anemia, leucopenia e trombocitopenia (Funke et al., 1982).

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3.3.3 : ANALOGHI DELL’LH-RH (luteinizing hormone- releazing hormone)

Agiscono inibendo la liberazione delle gonadotropine ipofisarie e determinando quindi riduzione del tasso di testosterone circolante.

In corso di terapia con LH-RH si ha una diminuzione del 40%

dell’epitelio ghiandolare e del 20% della componente stromale;

quest’ultima azione é determinata da una ridotta attività delle aromatasi per mancanza di testosterone.

Purtroppo questi farmaci trovano poco impiego nella pratica clinica, poiché determinano effetti collaterali sulla riproduzione quali perdita della libido, impotenza, riduzione della fertilità e ginecomastia.

3.3.4 : ANALOGHI DEL GnRH

Studi condotti nel 1986-1987 da Peters e Walsh, ( Matzkin e Braf, 1991), hanno dimostrato che il trattamento con queste sostanze porta ad una diminuita sintesi degli ormoni steroidei e alla diminuzione del peso degli organi sessuali accessori.

La loro attività é di inibire il rilascio di gonadotropine a livello ipofisario, desensibilizzando i recettori per l’LH-RH, e quindi bloccare la produzione di testosterone nei testicoli. Con la

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diminuzione del testosterone circolante si ha minore produzione di DHT, con riduzione del 50-60% del peso e volume prostatico.

3.3.5 : INIBITORI DELLA 5--REDUTTASI

Gli inibitori della 5--reduttasi sono efficaci in corso di IPB in quanto sopprimono la conversione del testosterone in DHT con diminuzione delle dimensioni prostatiche e conseguente risoluzione della sintomatologia; mentre però il Clormadinone acetato ha effetto di ridurre la fertilità dei soggetti in cui viene usato, la Finasteride non sembra creare problemi sulle capacità riproduttive.

La Finasteride é usata in campo umano in soggetti colpiti dalla stessa affezione alla dose di 5 mg/die , mentre nel cane la dose più adeguata per il trattamento dell’iperplasia é ancora da definire (Tekezawa e Shimizu, 1995).

Studi riportano che dosi tra 0,1-0,5 mg/die o 5 mg/die riduzione della sintomatologia già dopo una settimana e le dimensioni si riducono notevolmente dopo quattro settimane di trattamento; il massimo dell’involuzione si ha intorno alle sei-nove settimane (Nelson e Couto, 2002) e comunque la diminuzione delle dimensioni ghiandolari sembra essere correlata positivamente alla dose e alla durata del trattamento.

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Preparati istopatologici mettono in evidenza atrofia della componente stromale ed epiteliale, inoltre sembra che l’involuzione sia conseguente a fenomeni di apoptosi e non di necrosi cellulare.

Per quanto riguarda la sospensione del trattamento e la durata degli effetti del farmaco si hanno pareri discordanti: secondo alcuni infatti (Iguer-Ouada e Versen, 1997) dopo sette settimane dalla fine del trattamento la prostata torna alle dimensioni pre-trattamento; altri sostengono invece (Nelson e Couto, 2002) che si ha regressione delle variazioni indotte dalla Finasteride dopo sei mesi, senza tornare però alle dimensioni iniziali.

Per quanto riguarda la funzione riproduttiva, invece, tutti concordano che questo farmaco determina diminuzione della produzione di fluido prostatico, con conseguente aumento della concentrazione dello sperma, ma ciò non influenza la capacità fecondante, né tanto meno la libido. In uno studio con femmine accoppiate a soggetti trattati con 0,1 mg/kg/giorno per 21 giorni, tutte sono risultate gravide. Nei pazienti umani é comunque sconsigliato procreare durante trattamento, mentre nel cane, cuccioli nati da soggetti in terapia, erano sani; é comunque un farmaco teratogeno a cui devono prestare attenzione le donne in gravidanza.

La Finasteride non é registrata per il cane negli Stati Uniti.

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3.3.6 : KETOCONAZOLO

Il ketoconazolo é un farmaco antifungino con proprietà antiandrogenica se somministrato tutta la vita; la sua azione é assimilabile ad una castrazione chimica (Mc Connell, 1990) e quindi non presenta vantaggi rispetto alla castrazione chirurgica.

3.3.7: SERENOA REPENS

Per trattare alcuni dei sintomo da ritenzione urinaria dell’iperplasia benigna nell’uomo é stato usato l’estratto delle bacca di Serenoa Repens, conosciuto anche come Saw Palmetto, venduto come prodotto da banco negli Stati Uniti. Studi condotti sul cane non hanno dato, per adesso, grandi risultati sulla riduzione della sintomatologia e di volume dell’organo (Barsanti, Finco et al., 2004);

per quanto riguarda la ritenzione urinaria in corso di IPB, invece, non é un sintomo ricorrente nel cane. Comunque dato che tale sostanza non sembra avere effetti collaterali sulla libido e sulla qualità del seme, sicuramente saranno approfondite le conoscenze sul suo utilizzo, in associazione o meno, a sostanze ormonali che spesso invece determinano effetti secondari.

Questo prodotto non é ancora in commercio in Italia.

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3.3.8 : PROGESTINICI

I progestinici possiedono effetti antiandrogeni, ma ad alte dosi deprimono la spermatogenesi, la motilità spermatica aumentando i difetti morfologici e abbassano i tassi ematici di testosterone, pur non avendo effetto sui livelli di LH.

A dosaggi controllati però, secondo molti Autori, sono in grado di diminuire le concentrazioni seriche di progesterone, inibire l’attività della 5--reduttasi, ridurre il numero di recettori androgenici e inibire competitivamente il legame del DHT ai recettori intracellulari; tutto ciò senza determinare cambiamenti nella libido,consistenza testicolare e sul numero totale di spermatozoi.

Gli effetti sulla sintomatologia clinica si apprezzano dopo 4-7 settimane di trattamento, con risoluzione pressoché completa.

Normalmente però, dopo 10-24 mesi, i sintomi si ripresentano.

Progestinici usati nell’IPB sono:

 Megestrolo acetato alla dose di 0.5 mg/kg per via orale una volta al giorno per 10 giorni/ 4 settimane. Non ha effetti sulla fertilità, ma si deve tenere in considerazione che non é stato valutato l’impiego a lungo termine (Ettinger e Nelson, 2002).

 Delmadinone acetato alla dose di 1.5 mg /kg per via sottocutanea alle settimane 0, 1 e 4. Questo farmaco può determinare soppressione surrenalica che perdura 21 giorni dopo la fine del trattamento, senza però riscontri sulle concentrazioni di glucosio o dell’ormone della crescita. Non é

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 Medrossiprogesterone in unica dose sottocutanea di 3 mg/kg sembra determinare alleviamento della sintomatologia senza alterare la funzione riproduttiva. Come per il megestrolo acetato non sono stati studiati gli effetti a lungo termine.

Nella somministrazione di progestinici , oltre ai probabili effetti indesiderati sulla riproduzione , é importante considerare anche le conseguenze del loro utilizzo sulla funzione surrenalica, sulla secrezione dell’ormone della crescita e dell’insulina e sull’omeostasi del glucosio (Nelson e Couto, 2002).

L’uso di queste sostanze non é stato approvato negli Stati Uniti.

3.3.9 : FLUTAMIDE E IDROSSIFLUTAMIDE

Sono progestinici antagonisti dei recettori degli androgeni che agiscono legandosi competitivamente al testosterone intracellulare ed ai recettori AR nelle cellule epiteliali prostatiche (Ettinger, 2002).

Queste sostanze non steroidee sono molto selettive e pertanto vengono definiti anche antiandrogeni puri*; la loro azione antiandrogena si esplica inoltre a livello ipotalamico, esercitando feedback negativo su di esso.

La deficienza di androgeni che determinano induce quindi rilascio di LHRH, con sintesi di LH e testosterone che aumentano in circolo.

* Da diversificare dai progestinici antiandrogeni steroidei che interagiscono anche con i recettori progestinici e glucocorticoidi.

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Iperplasia Prostatica Benigna

In conseguenza a ciò studi fatti riportano che: a livello ipofisario si ha aumento delle cellule che producono gonadotropine; nel testicolo iperplasia delle cellule del Leydig.

Alla dose di 2,5-5,0 mg/kg al giorno per via orale, la Flutamide, determina notevole diminuzione delle dimensioni prostatiche in 6-7 settimane (Cartee et al. 1990; Barsanti e Finco, 1995). La ghiandola va incontro ad atrofia nella sua componente epiteliale ghiandolare con diminuzione dei granuli secretori.

Sembra che non abbiano effetto sulla libido, sullo sperma e sulla fertilità; il suo utilizzo non é registrato nel cane negli Stati Uniti.

3.3.10 : CIPROTERONE ACETATO (CPA) E CLORMADINONE ACETATO (CMA)

Ciproterone acetato e Clormadinone acetato fanno parte degli ormoni antiandrogeni steroidei progestinici, derivanti dal 17- idrossiprogesterone, la cui azione é quella di prevenire l’espressione e l’attività degli androgeni a livello degli organi bersaglio. Questa azione avviene attraverso:

inibizione del rilascio di gonadotropine ipofisarie.

interferenza della biosintesi del testosterone e/o DHT.

blocco della sintesi proteica e dei processi mediati da androgeni.

competizione di legame con i AR.

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Iperplasia Prostatica Benigna

queste due molecole, a differenza degli antiandrogeni puri descritti sopra, interagiscono anche con i recettori progestinici e per i glucocorticoidi, inducendo una riduzione dei livelli serici di LH e testosterone.

Il Clormadinone acetato ( CMA ) ha azione di feedback negativo sull’Ipofisi, determinando ridotta sintesi di LH e FSH, e sul testicolo, competendo per il legame con i AR; la sua attività di agonista parziale é maggiore di quella del CPA.

Il CMA determina una diminuita attività trascrizionale dei recettori degli androgeni e, di conseguenza, una diminuita attivazione di tali ormoni (Tèrouanne et al., 2002).

Studi effettuati sulla sua attività antiandrogenica e comparazioni con il CPA, attualmente farmaco d’elezione per la terapia dell’IPB nel cane, hanno osservato che: somministrazioni quotidiane orali di CMA portano dopo alcune settimane ad un’atrofia degli alveoli ghiandolari (Murakoshi, 2000-2001), diminuzione delle proiezioni papillari intraluminali e del materiale d’accumulo nel lume alveolare.

Esami immunoistochimici hanno evidenziato diminuzione dei recettori per gli androgeni anche nelle cellule stromali (Nirde et al., 2001).

Alte dosi causano però diminuzione del numero di spermatozoi, diminuita motilità e riduzione della percentuale di cellule morfologicamente normali.

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Iperplasia Prostatica Benigna

Il Ciproterone acetato ( CPA ) é, come il precedente, un derivato dell’Idrossiprogesterone ed é anche l’antiandrogeno più indicato, ad oggi, nella cura dell’iperplasia prostatica benigna nel cane qualora non si possa/voglia effettuare castrazione del soggetto.

Molecola sintetizzata nel 1962, é rapidamente assorbita dall’apparato gastroenterico ed escreta per un 30% con le urine ed un 58% con la bile, dopo esser stata metabolizzata a livello epatico, e si completa nei due giorni consecutivi alla sospensione dell’assunzione.

FIG 3.3.10.1: struttura chimica dell’Idrossiprogesterone e dei suoi derivati, Ciproterone acetato e Clormadinone acetato, sopra trattati.

La massima concentrazione ematica viene raggiunta dopo poche ore dalla somministrazione, l’emivita é di 1,5 ±0,6 giorni e un equilibrio fra assunzione ed escrezione si raggiunge dopo 5-8 giorni di

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Iperplasia Prostatica Benigna

Come il precedente inibisce le funzioni degli organi regolati dagli ormoni steroidei poiché induce ridotta produzione di androgeni da parte del testicolo, inibisce la produzione di LH ed FSH ipofisarie e blocca l’attività degli androgeni a livello cellulare comportandosi come agonista parziale ed antagonista selettivo sui AR. L’attività di antagonista puro dei AR é maggiore di quella esercitata dal Clormadinone, come più efficace é il potere d’inibizione della loro espressione.

Berrevoets e altri (2002) hanno dimostrato che il CPA si lega ai AR inducendo modificazioni conformzionali, simili a quelle date dagli androgeni, determinando una diminuita attività trascrizionale dei recettori (più efficiente del CMA); inoltre interferisce negativamente nel legame androgeno-recettore.

Per quanto riguarda gli effetti sulla sintomatologia, il CPA induce remissione dei sintomi dopo poche settimane di somministrazione a dosaggi di 0,5-2 mg/kg al giorno per via orale. La sua azione é paragonabile alla castrazione chirurgica e all’ipofisectomia.

Dal punto di vista microscopico induce riduzione del diametro dei lumi ghiandolari, del numero delle cellule epiteliali, ma anche della componente fibromuscolare, anche se in percentuale minore poiché estrogeno-dipendente.

Deklerk e Coffey (1979) hanno stimato una riduzione della componente epiteliale del 90% e del 22% dello stroma.

Attraverso istochimica é stata inoltre messa in evidenza, nella ghiandola sotto trattamento, una diminuita capacità di sintetizzare fosfatasi acida, aminopeptidasi, zinco, DNA e soprattutto dell’RNA

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Iperplasia Prostatica Benigna

cellulare; soprattutto la fosfatasi , indice di attività funzionale prostatica, può azzerarsi in trattamenti prolungati.

Gli effetti secondari sono lievi, non ha azione epato-tossica, si può osservare una riduzione di emoglobina e dell’ematocrito essendo gli androgeni attivatori dell’eritropoietina, ma non é la regola; é buona abitudine comunque valutare i parametri ematici ed epatici all’inizio della terapia e monitorarli periodicamente, soprattutto in soggetti molto anziani.

Per quanto riguarda la funzione riproduttiva, determina diminuzione della produzione di fluido prostatico, potendosi ridurre fino a zero, si ha inoltre un calo della libido* e inibizione della spermatogenesi.

* Trova infatti impiego nella terapia comportamentale veterinaria per il trattamento dei disturbi aggressivi legati ai conflitti gerarchici del cane.

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