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1.1.1 3 Le aree di intervento della strategia di risanamento

Le principali determinanti del valore di una strategia di risanamento possono essere ricondotte a tre aree di intervento:

 il riposizionamento competitivo;

 la realizzazione di un nuovo modello organizzativo;

 la ridefinizione delle fonti e del costo del capitale;

Il successo della strategia di risanamento e dell'azienda dipendono dalla capacità di gestire in maniera sinergica le tre dimensioni sopra citate come è altrettanto importante la capacità di interpretare le interrelazioni tra queste dimensioni e le dinamiche di governo, difatti spesso la strategia di risanamento ricerca nuove fonti di finanziamento, consolida le passività già attive, si concentra sulla ridefinizione degli assetti proprietari cercando di dare vitalità al capitale di rischio ed una nuova configurazione sia al governo sia al soggetto economico. La situazione di crisi che avvolge l'azienda deve essere interpretata come una disfunzione patologica diffusa, la quale, per poter essere superata, richiede un radicale ed armonico intervento sui caratteri salienti della formula imprenditoriale. Solo attraverso il ripensamento dell'intera azienda si ha la possibilità di donare all'impresa un nuovo equilibrio economico destinato a durare nel tempo.

3.1 Il riposizionamento competitivo ed il valore competitivo

Affinché un’ impresa goda di buona salute necessita di un buon posizionamento in business attrattivi: questo è uno degli elementi più importanti ed è pertanto necessario avere un buon sistema competitivo per raggiungerlo. Ciò non vuol dire che la crisi non possa sorgere in aziende caratterizzate da sistemi competitivi ottimali, ma, nel caso ciò avvenisse, gli effetti prodotti sarebbero sicuramente minori di quelli generati in aziende che non godano di un’ideale posizione in business attrattivi.

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2

Un’azienda che non è soggetta ad uno stato di dissesto gode di una buona immagine e questo patrimonio le consente di creare valore per i clienti; inoltre ha a disposizione diverse opportunità per evitare lo stato degenerativo. Al contrario, quando un azienda è in crisi, la propria immagine viene deteriorata ed entra in un circolo vizioso dal quale difficilmente si è in grado di uscire se non tramite la definizione di un ottima strategia di risanamento.

Qual è pertanto il punto iniziale della manovra di risanamento?

Dato che l’ azienda produce per il mercato, è da questo che dobbiamo partire individuando come primo obiettivo l’identificazione di un’offerta che possa riconquistare la fiducia dei suoi clienti e, più in generale, dei suoi stakeholders, essendo quest’ultima stata incrinata dal peggioramento della situazione economico-finanziaria dell’ azienda.

Non è sufficiente fare una buona offerta in termini di prezzo/qualità, ma occorre che essa sia conforme alle esigenze del target dell’azienda e che sia tale da conquistare un posizionamento che le garantisca una redditività superiore a quella della media. Per far ciò l’azienda deve individuare quali siano i suoi clienti, che cosa possa offrire loro e in che modo possa attuarlo1.

Partendo dal presupposto che le strategie di risanamento sono orientate a ricercare una redditività adeguata a remunerare tutti i fattori impiegati nell’azienda, occorre precisare che non conviene orientarsi sulla redditività in generale, ma è necessario concentrarsi soprattutto su quella operativa, che fa riferimento al reddito prodotto dall’attività principale dell’impresa. La redditività operativa dipende dall’attrattività del business e dal posizionamento competitivo. L’azienda per aumentare la propria redditività nell’area caratteristica deve individuare i business in cui desidera porsi per generare tale rendimento con l’obiettivo di conquistare un posizionamento competitivo valido, inoltre deve fare una valutazione assai complessa, ossia deve scegliere se rimanere focalizzata sui business in cui è già attiva oppure se le convenga attivarsi su altri business.

1

D. F. Abell; Defining the Business: the Starting Point of the Strategic Planning; Prentice – Hall; Englewood Cliffs, N. J.; 1980. C. Markides; Strategic innovation; in “Sloan Management Review”; spring 1997. V. Coda; Le determinanti della redditività operativa; in G. Invernizzi (a cura di); Strategia e

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3

La definizione del business costituisce un momento importante dell’analisi strategica, in quanto va a definire l’oggetto della competizione ed i confini concorrenziali in cui l’azienda intende operare.

Nei vari business operano aziende con prodotti simili ed interdipendenti fra loro, però, non essendo uniformi al loro interno, rendono difficile individuare i soggetti di riferimento o le loro preferenze; pertanto possono essere suddivisi in segmenti, i quali sono costituiti da gruppi di clienti omogenei al loro interno e differenti rispetto agli altri segmenti. Più precisamente, ai fini della strategia competitiva non è sufficiente fare riferimento al settore o al mercato, in quanto il settore si pone ad un grado di aggregazione troppo elevato, mentre i segmenti risultano incapaci di cogliere l’ambito economico in cui si sviluppa la competizione aziendale e proprio per tale ragione si è individuata l’area strategica d’affari2, cioè un’unità elementare di riferimento per l’analisi strategica

che permette di migliorare il governo strategico dell’azienda3. L’ASA ha

un’autonoma strategia operativa, identifica il business dell’azienda e si presenta come omogenea ed unitaria. Suddetta unità è una porzione di mercato definibile attraverso la combinazione:

- prodotto: individuabile attraverso l’analisi dei bisogni e la funzione d’uso dei clienti

- mercato: definibile dal gruppo di clienti portatori del bisogno.

- tecnologia: ovvero i processi produttivi utilizzati per fabbricare quel prodotto

Una volta individuato il business di riferimento, questo deve essere analizzato per constatare se sussista una convenienza economica nel restare in quel settore; inoltre si deve individuare se esista la possibilità di entrare nel business di riferimento e quale siano le modalità per raggiungere nello stesso una posizione di successo. L’azienda dovrà estendere il proprio studio oltre all’analisi

2

M. Galeotti; S. Garzella; Governo strategico dell’azienda; Giappichelli; Torino; pag. 60

3

La teoria dell’ASA è stata elaborata da Abell partendo dalla constatazione che lo spazio competitivo dell’azienda è individuato attraverso combinazioni di prodotto e mercato, gli elementi di riferimento sono i clienti, la funzione d’uso è la tecnologia. A. Beretta Zanoni; Governo strategico dell’assetto

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dell’attrattività identificando le prospettive di sviluppo e le logiche competitive che lo caratterizzano. Per comprenderne i principali elementi di successo del business, l’analisi strategica deve esaminare:

- l’attrattività;

- le prospettive di sviluppo; - le logiche competitive.

Tale analisi dovrà condurre l’azienda a scegliere se rimanere focalizzata sui propri mercati o entrare in nuovi. In ciascuna delle due alternative si riscontrano sia lati positivi che negativi, in quanto la scelta di rimanere centrata sui business che la caratterizzavano precedentemente le consentirebbe di operare con maggior sicurezza e tranquillità grazie alla conoscenza approfondita del settore ed allo sfruttamento delle competenze già acquisite. Molto spesso, però, è proprio il core business ad essere in crisi, pertanto questa alternativa potrebbe decretare l’insuccesso della strategia di risanamento, mentre l’opzione di introdursi in nuovi mercati consentirebbe una ripresa più rapida rispetto all’alternativa precedentemente menzionata, anche se, risulterà possibile incappare nei rischi insiti nei modelli di business inesplorati o solo parzialmente conosciuti.

L’altro elemento fondamentale che l’azienda deve definire, poiché influisce sulla redditività operativa di un ASA, è il posizionamento competitivo, che è la risultante delle variabili interne ed esterne su cui l’azienda può agire con la propria strategia competitiva4. Invernizzi asserisce che il posizionamento va in base alle attitudini dell’azienda di realizzare attività diverse dai propri competitors5, dunque la strategia competitiva si occupa del posizionamento dell’azienda e fa leva sui quei fattori critici che le consentiranno di raggiungere quel vantaggio competitivo6.

I fattori critici di successo del mercato esprimono gli elementi determinanti per determinare la vittoria della competizione del settore e variano in base alla

4

M. Galeotti; Governo dell'azienda e indicatori di performance; Giappichelli; Torino; 2006; pag. 53.

5

G. Invernizzi; L’individuazione dell’assetto strategico dell’azienda; in G. Invernizzi (a cura di);

Strategia e politica aziendale: testi; McGraw – Hill; Milano; 2004; pag. 4.

6

A. A. Thompson; A. J. Strickland; J. E. Gamble; Crafting & Executing Strategy. The Quest for

Competitive Advantage: Concepts and Cases, XVI ed.; University of Alabama, Tuscaloosa; 2009; pagg.

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caratteristiche dei business, ma possono anche differenziarsi all’interno di uno di essi. Suddetti fattori risultano dalla combinazione di due componenti 7:

- le caratteristiche economiche e tecnologiche del mercato, facendo riferimento alla struttura dell’ASA, al comportamento d’acquisto dei clienti, alle caratteristiche sia di prodotto sia di processo ed allo studio dell’evoluzione del business;

- gli strumenti competitivi adottati dalle aziende, quali la rete di vendita, i vantaggi offerti ai clienti, le caratteristiche fondamentali del prodotto. In particolar modo i fattori critici di successo dovrebbero far riferimento alle caratteristiche del prodotto realizzato per soddisfare i bisogni e le attese del mercato; alle risorse ed alle competenze che si rivelano fondamentali per cogliere le necessità del mercato e rispondervi in maniera tempestiva ed efficace, alla capacità competitiva che l’azienda deve avere per poter far fronte alla concorrenza.

La strategia di risanamento punta ad ottenere un posizionamento strategico sostenibile la cui definizione presuppone scelte ben definite e, al tempo stesso, coerenti tra di loro e con l’oggetto dell’offerta, con le modalità di relazione con i clienti ed infine con le attività operative da svolgere per evitare di creare confusione fra i clienti, asincronie nei processi operativi e disfunzionalità tra le varie unità organizzative coinvolte. Queste scelte caratterizzano l’azienda e sono in grado di differenziarla dai propri competitors.

Il vantaggio competitivo deriva dalle attività generatrici di valore che l’azienda pone in essere per definire il proprio "sistema prodotto” e dalle attività dirette a metterlo a disposizione del mercato8. Soltanto con l’esecuzione di tali attività in maniera efficace ed efficiente rispetto ai concorrenti e focalizzandosi sui propri punti di forza, ovvero sulle risorse, sulle competenze distintive, sui fattori critici di successo del business, che sono strutturali e determinano la capacità di

7

C. Hofer; D. Schendel; Strategy Formulation: Analytical Concepts; West Publishing; St. Paul, MN; 1977; pag. 108.

8

M. E. Porter; Il vantaggio competitive; Piccola Biblioteca Einaudi; Torino; 2011; pag. 48; (tit. orig.: Competitive Advantage. Creating and Sustaining Superior Performance; Simon & Shuster Inc.; New York; 1995).

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sopravvivenza e di sviluppo dell’azienda, quest’ultima può raggiungere un vantaggio competitivo.

Il vantaggio competitivo è la condizione in cui l’azienda produce in modo continuativo nel tempo una redditività del capitale investito maggiore a quella media del settore. Ovviamente questa superiorità deve confrontarsi con l’ambiente e deve confermarsi come tale raggiungendo una posizione di dominanza nella propria arena competitiva.

Due sono le fonti di vantaggio competitivo:

- il vantaggio di costo: quando l’azienda ha costi per le attività generatrici di valore più bassi dei suoi concorrenti

- il vantaggio di differenziazione: quando l’offerta si contraddistingue da quella dei propri concorrenti per qualcosa di unico, che deve essere percepito del cliente.

Precisiamo che la creazione di valore per il cliente costituisce una condizione che è necessaria , ma non sufficiente a generare il vantaggio competitivo, poiché è necessario che l’azienda tragga a se tutto o la maggior parte del valore creato9

. La strategia di risanamento ha come fine quello di trovare le condizioni tali da ripristinare l’equilibrio economico durevole attraverso la conquista di un posizionamento strategico; l’obiettivo primario, quindi, è dato dalla ristrutturazione del sistema competitivo. Per prima cosa occorre definire quali business siano più attrattivi, poiché tale caratteristica influenza la redditività dell’azienda. Una volta individuato il mercato in cui intende inserirsi, l’azienda deve mirare alla conquista di un posizionamento superiore a quello dei competitors, conquistando il vantaggio competitivo, il quale a sua volta può essere perseguito attraverso il vantaggio di costo o di differenzazione. In una strategia di risanamento, prima di scegliere tra le due possibilità, occorre contemplare i risvolti negativi che potrebbero manifestarsi in un contesto affetto da situazioni negative, pertanto in prima analisi andremo ad analizzare le

9

M. E. Porter; Il vantaggio competitive; Piccola Biblioteca Einaudi; Torino; 2011; pag. 15; (tit. orig.: Competitive Advantage. Creating and Sustaining Superior Performance; Simon & Shuster Inc.; New York; 1995).

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variabili delle due strategie, in che cosa consistono le stesse e successivamente gli effetti che si potrebbero manifestarsi nella specifica situazione di risanamento. La strategia di costo si basa sia sulle capacità di produzione sia su quelle di distribuzione dell’azienda, richiede elevati investimenti in impianti, tecnologie e reti di distribuzione10 e punta al raggiungimento del vantaggio competitivo attraverso l’esecuzione delle attività operative ad un costo cumulativo minore rispetto a quello dei competitors ed a quello medio del settore11.

Tale condizione, che deve essere raggiunta senza che vi sia né un peggioramento percepibile delle caratteristiche del prodotto né una perdita di valore commerciale dello stesso, è richiesta, affinché l’effetto positivo della riduzione del costo non sia annullato da una diminuzione del prezzo di vendita, poiché il prodotto risulta inferiore rispetto a quello della concorrenza.

I principali vantaggi sono conseguiti come facilmente prevedibile dai leader di costo e dai second leader, ma anche i followers possono ricevere benefici sia pur in misura minore. Talvolta quest’ultima condizione non si verifica,\ poiché il problema sussiste quando a determinare il prezzo di mercato è il leader di costo, il quale, per ridurre la concorrenza, potrebbe spingersi a fissarlo poco più alto dei costi che egli ha sostenuto, spingendo i follower ad una redditività negativa. La posizione da leader è difficile da mantenere a lungo ed inoltre l’ascesa di un nuovo concorrente alla leadership di costo può avvenire soltanto a danno dell’attuale leader12

.

Il raggiungimento di tale status dipende dalla gestione delle attività aziendali e dalla posizione rispetto alle determinanti di costo delle singole attività, pertanto l’azienda potrà agire su due direttrici in modo separato o congiunto:

- riducendo i costi dell’attività attraverso il controllo diretto sulle relative determinanti;

10

G. Pelliccelli; Strategie d’impresa; 3a ed.;Egea; Milano;2010; pag. 471.

11

M. E. Porter; Il vantaggio competitive; Piccola Biblioteca Einaudi; Torino; 2011; pagg. 76 e 114; (tit. orig.: Competitive Advantage. Creating and Sustaining Superior Performance; Simon & Shuster Inc.; New York; 1995).

12

P. Russo; Le strategie incentrate sul vantaggio di costo; in G. Invernizzi (a cura di); Strategia e politica

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8

- riconfigurando le attività aziendali, ovvero individuando modalità alternative di concepire, produrre, distribuire e vendere il prodotto.

L’azienda orientata ad un vantaggio di costo dovrà focalizzarsi sulle determinati di costo, ovvero sulle cause strutturali dell’esistenza di tale componente negativa, le quali variano in base all’attività od al settore. Le principali sono13

:

- le economie di scala, che portano ad una riduzione dei costi unitari all’aumentare delle unità prodotte in caso di pieno impiego della capacità produttiva, sono determinate da efficienze nell’attività ad ampia scala o da un incremento inferiore a quello proporzionale dei costi infrastrutturali e delle spese generali al crescere dei volumi;

- il modello di utilizzo della capacità produttiva: all’aumento dell’utilizzo della capacità produttiva disponibile cresce l’efficienza, mentre l’incidenza dei costi fissi di struttura ed il personale diminuiscono, poiché si ripartiscono su un volume di produzione maggiore;

- i processi di apprendimento legati al know how acquisito con lo svolgimento delle attività portano ad un aumento dell’efficienza ed ad una riduzione dei costi di struttura, che può risultare rilevante in quanto potrebbe difendere il vantaggio conseguito, poiché è difficilmente identificabile ed imitabile;

- il fattore tempo: la scelta del tempo nel quale si decide di realizzare un’attività può incidere sui costi, come capita ad un’ azienda che per prima approda in nuovi business e sostiene nel tempo costi inferiori confronto ai suoi competitors; altre volte si può conquistare il vantaggio quando non si è i primi ad arrivare sul mercato, evitando di sostenere i costi di ricerca di base ed indirizzando tali risorse risparmiate ai miglioramenti incrementali che determinano una riduzione dei costi. - le interrelazioni: quando il costo di un’attività riflette anche le

interrelazioni tra le diverse unità. La condivisione di un’attività può portare ad un aumento della produttività ed una riduzione dei costi e come

13

M. E. Porter; Il vantaggio competitive; Piccola Biblioteca Einaudi; Torino; 2011; pagg. 83 - 89; (tit. orig.: Competitive Advantage. Creating and Sustaining Superior Performance; Simon & Shuster Inc.; New York; 1995).

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conseguenze si possono venire a creare economie di scala, miglioramento della curva di apprendimento, saturazione della capacità produttiva;

- l’integrazione può incidere sul livello dei costi delle attività aziendali in relazione alle tipologie ed alle caratteristiche degli input di riferimento, in quanto potrebbero non essere presenti in azienda risorse o competenze, costringendo così il management a valutare la possibilità di attuare processi di integrazione o di outsourcing, tenendo sempre in considerazione oltre ai costi anche i riflessi che tali scelte avrebbero sulla qualità del prodotto. Suddetta scelta dovrebbe essere perseguita soltanto qualora l’integrazione porti una sostanziale riduzione dei costi senza alterare la qualità del prodotto;

- i collegamenti: i costi di un’attività posso essere influenzati dalla modalità con cui sono svolte. I collegamenti si differenziano in orizzontale, ovvero di natura interna, in quanto riguardano attività svolte in azienda ed in verticale, di natura esterna quando, invece, riguardano le connessioni tra le attività dell’azienda e quelle dei fornitori a monte e dei distributori a valle. In caso di collegamenti orizzontali la riduzione del costo di un’attività è dovuta alle relazioni sistemiche e dinamiche che si realizzano tra attività. - la localizzazione geografica: la riduzione dei costi è connessa al rapporto

con la localizzazione dei fattori di produzione, difatti i costi di delocalizzazione geografica sono tra le principali variabili considerate sia in fase di start-up che in una qualsiasi altra fase.

- i fattori istituzionali: non sono controllabili dall’azienda, ma possono incidere in misura rilevante sul costo di attività, come avviene nel caso dell’incidenza del costo del lavoro o della fiscalità.

Per il raggiungimento del vantaggio di costo solitamente è necessario che vi sia più di una determinante, infatti è raro che esse operino in maniera autonoma. Le interrelazioni tra le determinanti possono assumere carattere di rinforzo reciproco ed in tal caso l’azienda deve operare mediante coordinamento o carattere di contrapposizione con un conseguente annullamento dei reciproci effetti, puntando all’ottimizzazione delle diverse

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determinanti. Entrambe queste tecniche devono essere attuate in vista di una diminuzione dei costi.

Talvolta l’azienda potrebbe non comprendere a pieno le determinanti e le relative interrelazioni, imbattendosi in errori strategici ed operativi, quali la focalizzazione sul costo di specifiche attività, ovvero il concentrarsi su attività ritenute le principali fonti di costo, trascurando le altre, l’incapacità di sfruttare i collegamenti, poiché non li si riconoscono come rilevanti al fine della riduzione dei costi, l’incoerenza nelle logiche di riduzione dei costi, poiché suddetta riduzione non viene operata in ragione di un quadro chiaro delle determinanti e delle loro interrelazioni, ma seguendo una logica casuale.

Si perviene come il vantaggio di costo sia improntato su un controllo di costi costante in quanto la riduzione non avviene a caso o automaticamente, ma è il frutto di una costante ricerca.

L’azienda attua una strategia di differenziazione quando presenta sul mercato un’offerta unica che si differenzia da quella dei competitor. Tale unicità può essere ricercata in qualcosa che abbia valore per i clienti e possa derivare dalle attività specifiche realizzate dall’azienda in ragione delle sue risorse, delle competenze e delle modalità di interazione con il cliente. Uno degli elementi fondamentali, per il perseguimento di tale vantaggio, è che tale valore aggiuntivo venga percepito e riconosciuto dai clienti14 e che non sia semplicemente diverso da quello dei concorrenti. Tale valore aggiuntivo si deve tradurre nell’applicazione di un premium price, ovvero di una maggiorazione di prezzo superiore a quella media praticata dal mercato e che sia maggiore dei costi sostenuti per attuarlo, ossia dei cosiddetti costi di differenziazione, che sono in funzione della posizione dell’azienda nei confronti delle determinanti di costo che consentono la differenziazione e che possono essere più o meno elevati15. Il perseguimento del suddetto vantaggio richiede uno studio approfondito dei

14

M. E. Porter; Il vantaggio competitive; Piccola Biblioteca Einaudi; Torino; 2011; pagg. 139 - 140; (tit. orig.: Competitive Advantage. Creating and Sustaining Superior Performance; Simon & Shuster Inc.; New York; 1995).

15

M. E. Porter; Il vantaggio competitive; Piccola Biblioteca Einaudi; Torino; 2011; pag. 149; (tit. orig.: Competitive Advantage. Creating and Sustaining Superior Performance; Simon & Shuster Inc.; New York; 1995).

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bisogni, delle aspettative e dei comportamenti del cliente al fine di individuare un’offerta unica che sia di valore per lo stesso16

ed ogni punto di contatto con essi rappresenti un’opportunità di differenziazione17

.

L’azienda può creare valore per il cliente attraverso la riduzione al minimo dei costi per il cliente, quali la consegna, l’installazione, l’assistenza e l’utilizzazione del prodotto; il miglioramento delle prestazioni nei confronti del cliente attraverso una maggior comprensione dei suoi desideri, dei suoi bisogni, delle sue aspettative, traducendole in specifiche di prodotto.

La posizione dell’azienda che applica la strategia di differenziazione rispetto ai competitor è data dalla posizione della stessa rispetto alle determinanti di costo, pertanto essa deve contemporaneamente generare unicità nell’offerta del prodotto il cui valore è riconosciuto dal cliente in modo da poter applicare un premium price; sorvegliare le determinanti di costo, affinché queste siano inferiori al premium price e gli altri costi non siano superiori a quelli dei concorrenti. Tale strategia mira a massimizzare il differenziale tra il valore creato per il cliente convertito in premium price ed i costi sostenuti per raggiungere tale unicità. Le determinanti del vantaggio competitivo di differenziazione, ovvero gli elementi su cui si basa, fanno riferimento

- ai fattori di scala, infatti l’unicità risale all’attitudine dell’azienda di operare su vasta scala ove ciò consente di realizzare attività non possibili a livello di scala inferiore;

- all’apprendimento ed alle sue ricadute, in quanto l’unicità dipende dall’apprendimento esclusivo che determina la raccolta di competenze nella realizzazione dell’attività;

- alle politiche aziendali, poiché l’unicità deriva dalle politiche aziendali riferite alle attività da svolgere e alle loro modalità come ad esempio alle scelte attinenti alle caratteristiche dei prodotti o il livello di assistenza;

16

A. A. Thompson; A. J. Strickland; J. E. Gamble; Crafting & Executing Strategy. The Quest for

Competitive Advantage: Concepts and Cases, XVI ed.; University of Alabama, Tuscaloosa; 2009; pag.

242.

17

M. E. Porter; Il vantaggio competitive; Piccola Biblioteca Einaudi; Torino; 2011; pagg. 154 - 156; (tit. orig.: Competitive Advantage. Creating and Sustaining Superior Performance; Simon & Shuster Inc.; New York; 1995).

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- al fattore tempo, perché l’unicità trae origine dal tempo in cui l’azienda ha iniziato a realizzare una data attività, come nel caso dei first movers, che sono i primi a realizzare una data attività generando differenziazione ovvero unicità;

- alle interrelazioni, infatti l’unicità discende dalla condivisione delle risorse e trasferimento di competenze sviluppate in un’esperienza in differenti mercati;

- ai collegamenti, poiché l’unicità dipende dai collegamenti con le attività aziendali, con i fornitori o con i canali distributivi. I collegamenti generano unicità se le modalità attraverso cui un’attività viene svolta determinano effetti diretti o indiretti sulle altre.

- alla collocazione geografica, in quanto l’unicità nasce dalla localizzazione di tutte o di parte delle attività in specifiche aree geografiche.

- ai fattori istituzionali solo qualora questi generino condizioni vantaggiose per l’azienda.

Tali determinanti, come quelle di costo, interagiscono fra di loro, agiscono difficilmente singolarmente, variano al variare dell’attività ed in base al business di riferimento. L’unicità è da intendersi in senso relativo, ovvero in confronto con quella generata dai competitors e prima di attuarla occorre individuare quali siano i clienti a cui si rivolge l’azienda per poter definire i loro bisogni e le loro aspettative18. L’azienda deve analizzare ogni area di unicità al fine di individuare le determinanti su cui poggia tale vantaggio,

La difficoltà principale di questa strategia deriva dalla continua ricerca e dalla capacità dell’azienda di soddisfare costantemente le mutevoli attese dei clienti. Anche questa strategia non è immune da rischi, i quali sono ascrivibili19:

- ai possibili cambiamenti nel tempo dei bisogni, delle preferenze e delle aspettative dei clienti dovuti sia a fattori esogeni che endogeni;

18

P. Mazzola; Costruire e sostenere un vantaggio competitivo di differenzizione; in G. Invernizzi (a cura di); Stategia e politica aziendale: testi; McGraw – Hill; Milano; 2004; pag. 112.

19

M. E. Porter; Il vantaggio competitive; Piccola Biblioteca Einaudi; Torino; 2011; pag. 183; (tit. orig.: Competitive Advantage. Creating and Sustaining Superior Performance; Simon & Shuster Inc.; New York; 1995). Thompson; Stickland; Gamble; 2009; pagg. 246-247

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- alla possibile imitazione da parte dei concorrenti in quanto il successo della differenziazione risiede anche nella difendibilità del vantaggio; - all’unicità non produttrice di valore;

- all’eccessiva o alla scarsa differenziazione che si ha quando l’azienda non possiede la piena comprensione dei meccanismi mediante i quali le sue attività incidono sul valore del cliente. In tal caso l’azienda corre il rischio di porre in atto una differenzazione ove non necessaria, in quanto può accadere che non producano valore per il cliente o, al contrario, che si caratterizzino per l’assenza di un netto distacco dai competitors, poiché gli elementi di differenziazione sono considerati marginali dai clienti;

- all’eccessivo differenziale di prezzo, il quale deriva dal fatto che il premium price dipende dal valore che il cliente attribuisce alla differenzazione ed alla sua sostenibilità nel tempo, ma il corretto vantaggio di prezzo per l’azienda dipende anche dai costi della differenziazione, che è possibile siano elevati e spingano il premium price ad un livello non accettabile per il cliente;

- alla scarsa valutazione data alla necessità di segnalare il valore, in quanto l’azienda tende soventemente a trascurare i segnali di valore che deve inviare al mercato, trascurando così un’attività che diviene fondamentale soprattutto quando la differenziazione si basa su elementi difficilmente percepibili dal cliente;

- alla non conoscenza del costo effettivo della differenziazione, che si verifica quando l’azienda non isola le determinanti di costo per sostenere tale strategia, non riuscendo ad avere chiara la dinamica dei costi di differenzazione e non può ricercare quegli elementi distintivi che, pur essendo a basso costo, incidono sulla percezione dei clienti incrementandone la soddisfazione;

- all’incapacità di riconoscere i segmenti di acquisto. I criteri di acquisto variano creando veri e propri segmenti, la cui esistenza implica che l’azienda deve basare la differenziazione su quei criteri di acquisto che risultano maggiormente valorizzati dai clienti.

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14

La descrizione delle due fonti di vantaggio competitivo consente di individuare gli elementi sui quali può puntare la strategia di risanamento per il raggiungimento di una di esse, pur rimanendo accorta sui diversi rischi generali che le affliggono.

Per poter effettuare una scelta consapevole e definire una strategia di risanamento vincente, occorre mettere in rilievo le ulteriori problematiche legate all’implementazione di una delle due strategie in una situazione di crisi.

L’attuazione della strategia di differenziazione in un contesto di crisi impone di prestare attenzione alle funzioni di comunicazione e di promozione del nuovo prodotto, poiché, essendo stata compromessa l’immagine dell’azienda, è difficile poter pensare ad un atto di fiducia da parte dei clienti volta a sostenere la nuova offerta. Pertanto occorre comunicargli gli elementi che contraddistinguono l’offerta e che la caratterizzano come appetibile. Il rischio che si potrebbe correre attuando questa strategia è che, a fronte di un incremento dei costi sostenuti per la differenziazione, non si incontri una domanda disposta ad accettare un prodotto ad un prezzo maggiore, da parte di un azienda non più credibile. Per conseguire tale strategia soventemente sono necessarie, per dare unicità all'offerta, risorse aggiuntive quindi l'impresa dovrebbe, in primo luogo, essere in grado di identificarle e, successivamente, essere nelle condizioni di poter sostenere l'acquisto, operazione, quest'ultima, scontata, ma difficile da realizzare per imprese che versano condizioni di crisi e, quindi, in una situazione finanziaria degradata.

La leadership di costo abbinata ad una politica di riduzione del prezzo, in situazioni di normale economicità, può portare ad effetti positivi sia in termini di quota di mercato sia di fatturato. Questa condizione è quella ricercata dai destinatari dell’offerta e quella che garantisce il successo all’impresa che applica questa strategia, ma che in situazione di crisi ha un risvolto tutt’altro che positivo, poiché alla riduzione di prezzo potrebbe essere attribuito un significato diverso. Si può quindi tranquillamente affermare che il prezzo rivesta un’importante funzione informativa non solo per quanto detto sino ad ora, ma anche per il fatto che molte delle decisioni di acquisto effettuate dal compratore

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vengano adottate in carenza di informazioni relative alle opzioni possibili e con un elevato grado di incertezza sugli attributi dei prodotti, pertanto egli, per una valutazione qualitativa del prodotto, ricorre all'unico indicatore possibile, ossia il prezzo, infatti se il valore di quest’ultimo è alto il target gli attribuirà una qualità elevata, al contrario la qualità attribuitegli sarà inferiore. L'applicazione di un prezzo inferiore da parte di un'azienda in crisi potrebbe inoltre condurre il consumatore ad interpretare tale ribasso come una svendita o una liquidazione anticipata con la conseguente ulteriore compromissione dell'immagine dell'impresa, già deteriorata dalla crisi. Quindi nel caso in cui si voglia perseguire tale strategia si consiglia di non ridurre il prezzo a seguito della riduzione della struttura dei costi, ma di destinare il maggior differenziale all’investimento in risorse destinate a migliorare i margini e la credibilità nei confronti dei diversi stakeholders oppure di sviluppare campagne di comunicazione o di acquisizione di risorse.

Guardandolo da un ottica diversa, il vantaggio competitivo può dipendere20 sia dal posizionamento sia da risorse e competenze dell’azienda. Nel primo caso, ossia quello in cui i vantaggi competitivi permettono di raggiungere performance elevate grazie ad un posizionamento di mercato superiore e difendibile, si può affermare che essi siano in funzione del contesto esterno dell’azienda. Le diverse forme di vantaggio possono essere ricondotte:

- al vantaggio di posizionamento derivante dalla struttura di business, in quanto è la struttura stessa ad apportare benefici all’azienda;

- al vantaggio di posizionamento derivante dall’eterogeneità del business, in cui è la particolare posizione dell’azienda nel business che genera vantaggio;

- al vantaggio di posizionamento derivante da un network di relazioni, dove il vantaggio è generato dai legami tra l’azienda e gli altri operatori.

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G. Saloner; A. Shapard; J. Podolny; Strategia d’impresa; Etas; Milano;2002; pag 50-58; (tit. orig.:

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Nel secondo caso invece la superiorità è in ragione della natura distintiva sia delle risorse sia delle competenze21 e, al contrario del precedente, il vantaggio dipende dal contesto interno. La presenza di tali elementi rappresenta una condizione necessaria, ma non sufficiente a costituire il vantaggio e proprio a tal fine è necessario che siano impiegate in uno specifico ambito competitivo, che risultino rispondenti ai fattori critici di successo e coerenti con quest’ultimi, che siano superiori rispetto a quelli detenuti dai concorrenti sia attuali che potenziali ed infine che si dimostrino difficilmente imitabili.

Questi due elementi che vanno a contribuire alla creazione del vantaggio competitivo, seppur siano stati trattati separatamente in questa sede, interagiscono tra di loro e soventemente si rafforzano nel produrre il vantaggio competitivo.

Diviene quindi importante la consapevolezza delle determinanti del vantaggio competitivo in quanto consente di valutare le varie opzioni. Questo è importante soprattutto nelle strategie di risanamento le quali, per un risultato efficace, hanno bisogno di effettuare scelte consapevoli. Ad esempio un’ impresa in crisi che scelga di rimanere nel business originario, mentre il suo vantaggio era strutturato sul posizionamento, sarà più predisposta ad investire sulla propria linea di prodotti mediante il riposizionamento o il potenziamento della gamma esistente; al contrario un’azienda che vuole puntare su un vantaggio competitivo basato sulle competenze e sulle risorse sarà orientata verso l’applicazione di esse in altre categorie. Pertanto, per avere un quadro più completo, tale ottica deve essere integrata con quelle delle strategie competitive precedentemente enunciate, aumentando le probabilità di successo.

Una volta definita la strada che si intende percorrere nella strategia di risanamento, occorre definire un piano di controllo allo scopo di monitorare che il percorso attuale sia in linea con quello previsto dalla strategia e, qualora fosse necessario, attuare azioni correttive in tempi ristretti in modo da limitare i danni. Per attuare tale tipo di controllo l’azienda deve individuare gli indicatori migliori

21

A. A. Thompson; A. J. Strickland; J. E. Gamble; Crafting & Executing Strategy. The Quest for

Competitive Advantage: Concepts and Cases, XVI ed.; University of Alabama, Tuscaloosa; 2009; pag.

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per adempiere a questo scopo, fra i quali, a livello generale, uno si identifica nel fatturato e permette di raffinare tale accertamento con la scomposizione nelle sue determinanti prezzo e volume. Attraverso tale analisi, da condurre necessariamente sia in termini relativi sia assoluti, è possibile indagare sia a livello spaziale che temporale: la prima tipologia definisce il confronto con le altre aziende del settore, mentre la seconda fa riferimento ad una osservazione in senso temporale, di trend storico e prospettico.

L'obiettivo principale della strategia di risanamento nella scelta del vantaggio competitivo risiede nel rapporto con i clienti e nel collocamento dei prodotti affinché generino ritorni finanziari, effetti positivi e liberino risorse che aiutino ad avviare altri processi che portino l'azienda ad autoalimentarsi.

1.1.2 Verso la rapida riconquista del vantaggio competitivo

La strategia di risanamento, per ripristinare una nuova posizione di equilibrio economico, può percorrere due direttive per la realizzazione di una nuova offerta dovuta a:

- miglioramenti incrementali del prodotto o servizi; - innovazioni radicali22.

La linea guida di tale scelta risiede nella volontà di ripristinare il più velocemente possibile la capacità di autofinanziarsi, poiché tale abilità permette di recuperare rapidamente la fiducia e la credibilità dei vari stakeholders ed esprime il ripristino dell’efficacia e dell’efficienza della combinazione produttiva.

In ottica di risanamento la seconda risulta la scelta migliore, poiché consentirebbe di ovviare al limite della prima opzione, ovvero alla necessità di ridurre i tempi d'attuazione affinché siano compatibili con l'urgenza decretata dallo stato di crisi avanzata. Entrambe le strategie però richiedono risorse difficilmente reperibili dall'azienda, poiché in tale stato è priva di risorse

22

Hamel e Prahalad spiegano che al fine di riuscire a “creare e dominare le opportunità emergenti è necessario: “1) capire in che modo lo scenario competitivo futuro potrà differenziarsi dall’attuale; 2) cercare di intuire e di comprendere quali siano le opportunità del domani; 3) saper infondere energia a tutti i livelli, dai più alti ai più bassi, per permettere all’azienda di intraprendere il lungo e difficile viaggio verso il futuro; 4)riuscire a superare i concorrenti e arrivare per primi al traguardo senza correre rischi inutili”. G. Hamel; C. Prahalad; Alla conquista del futuro; Il sole 24 ore; Milano; 1995; pag. 25 e segg.

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finanziare da investire correndo il rischio e, quindi, di attuare una strategia senza le risorse necessarie per farla funzionare. Nonostante quest’ultimo punto comune alle due soluzioni, la seconda opzione è da privilegiare in quanto il suo principale obiettivo sono le risorse già esistenti al fine di ridefinire i propri business consentendo risultati più rapidi ed incisivi. Le innovazioni radicali sono condizioni necessarie per il raggiungimento del successo23 e non solo permettono di creare liquidità, riattivando così il processo di autofinanziamento, ma anche di innescare un circolo virtuoso portando ad una riconfigurazione del processo di generazione del valore, ad un’armonizzazione del nuovo sistema con le relazioni che uniscono l’azienda alle altre organizzazioni ed infine alla ristrutturazione organizzativa.

Per rilanciare l'azienda nell'ambito competitivo occorre formulare un’offerta che sia in grado di riportare l'azienda alla posizione di leader nel mercato; per questo è necessario studiare il contesto in cui si collocherà nel futuro, ossia capire lo scenario competitivo futuro e in che modo esso si discosti da quello attuale, cercare di intuire e di comprendere le opportunità che andranno a configurarsi nel domani, per poterle sfruttare a proprio vantaggio.

Le innovazioni possono avere due origini distinte: il mercato o l’impresa. Quando l’esigenza di un nuovo prodotto proviene dal mercato, per esempio a seguito di un indagine di mercato che ha identificato un bisogno insoddisfatto o mal soddisfatto si dice market-pull. Questa indicazione derivata dal mercato viene trasmessa dalla funzione R&S, che cercherà di dare una risposta adeguata a tale bisogno insoddisfatto. L’altra fonte d’innovazione detta anche innovazione di rottura, ha origine in laboratorio o dalla funzione R&S che, in seguito a una ricerca di base applicata, scopre un nuovo processo, un nuovo prodotto o una nuova modalità organizzativa che permetta di soddisfare in maniera migliore il bisogno latente o di anticipare una domanda di cui non vi è attualmente consapevolezza nel mercato. Il bisogno latente fa riferimento a quelle necessità

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Normann rileva l’importanza di puntare all’innovazione e creatività per evitare che le dinamiche competitive si riducano ad “un gioco a somma zero”. Afferma infatti che quando “non è presente alcun rinnovamento che accresca la dimensione dell’intera torta, un mercato cresce solo se le altre si riducono”. R. Normann; Le condizioni di sviluppo; Etas; Milano; 1993; pag. 15 e segg.

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che non si sono ancora manifestate, ma dell’esistenza delle quali il cliente è consapevole. In questa sede il concetto di bisogno latente racchiude in se sia l’accezione assoluta, la quale fa riferimento ad un bisogno non ancora percepito, sia relativa ovvero quando fa riferimento ad un prodotto già esistente. Tale caratteristica di latenza viene immediatamente a mancare quando il bisogno si manifesta al mercato trasformandosi in necessità attesa. Sono molte le aziende che aumentano la loro concorrenzialità e scavalcano gli avversari creando innovazioni di rottura: si tratta di aziende trainate dalla tecnologia più che orientate ai bisogni del consumatore. Le innovazioni così introdotte nascono dalla creatività e dalla lungimiranza di scienziati ed ingegneri che applicano le loro scoperte nell’ambito tecnologico a prodotti radicalmente innovativi. L’innovazione, spinta dall’ impresa, in questo caso è detta tecnology-push24

: questa è la tipologia più conforme per attuare innovazioni radicali. Per attuare queste strategie occorre essere orientati al mercato e non solo al cliente in quanto, in quest’ultimo orientamento, vengono riscontrati alcuni limiti, quali la focalizzazione della soddisfazione dei clienti, che porta a trascurare le responsabilità economiche, a disinteressarsi ai bisogni collettivi ed ad essere focalizzati sull’innovazione di mercato piuttosto che su quella d’offerta, la quale potrebbe creare numerosi vantaggi. L’azienda in crisi dovrebbe adottare un orientamento al mercato in risposta all’evoluzione dell’ambiente, il quale è caratterizzato da tre cambiamenti: la globalizzazione dell’economia mondiale, la rivoluzione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, con il conseguente sviluppo del commercio elettronico ed infine l’emergere di nuovi valori che promuovono un’economia sociale di mercato orientata ad uno sviluppo sostenibile. Questa nuova logica porta ad analisi economiche che considerano i mercati di tutto il mondo come parti interconnesse di una sola economia, ha inoltre il pregio di mettere in evidenza la complessità dei mercati mondiali, ma possiede anche il difetto di avere un concetto tradizionale di marketing che restituisce una visione incompleta dell’economia.

Il fatto di concentrarsi esclusivamente sul cliente ignorando gli effetti degli altri attori principali del mercato può indurre a conclusioni sbagliate. Sapere cosa il

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consumatore desideri non aiuta se un prodotto di nuova concezione è troppo rivoluzionario o se già ci sono potenti concorrenti che lo stanno immettendo sul mercato. Lo stesso capita anche se i distributori più forti impediscono alle aziende di raggiungere i consumatori target del prodotto o se altre persone interessate decidono di boicottare la marca. L’orientamento di mercato si rivolge agli attori principali e quindi non solo ai clienti, ma anche a concorrenti, distributori, prescrittori ed alle altre persone interessate; esso inoltre non si limita al semplice modello market-pull, ma attua anche modelli di tipo tecnology-push. Infine, mentre l’orientamento al cliente è orientato all’azione, quello di mercato si basa su un nuovo paradigma “cultura-analisi-azione”.

In conclusione, indipendentemente dalla strategia si voglia percorrere, ovvero scegliere quella di miglioramenti incrementali piuttosto che quella da innovazioni radicali o ancora scegliere le innovazione pull oppure push, il rilancio e la conquista di nuove posizioni competitive richiedono enormi risorse finanziarie, quindi vi è la necessità che i vari stakeholders vengano coinvolti nel nuovo progetto di rilancio, cercando tra di essi un valido sponsor che possa sostenere l’azienda anche economicamente.

1.1.3 I fornitori come attori della strategia di risanamento

Le strategie di risanamento oltre ai clienti devono focalizzare l’attenzione su un'altra categoria di attori chiave: i fornitori, i quali giocano un ruolo molto importante nella catena produttiva. Se un fornitore non soddisfatto del rapporto con l’azienda bloccasse l’ordinativo, ci sarebbero ripercussioni notevoli, in quanto il ruolo dei fornitori è notevolmente cambiato, passando da essere una variabile insignificante, poiché facilmente sostituibili, a divenire parte integrante dell’impresa, sulla quale vengono basate le strategie di competizione. Avere un fornitore come partner potrebbe essere una combinazione in grado di garantire il raggiungimento di un posizionamento di superiorità rispetto ai propri competitors.

L’evoluzione del rapporto tra azienda e fornitori è stato stravolto con la politica del just in time, metodologia di gestione della produzione, il cui obiettivo

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principale è la riduzione degli “sprechi” fino alla riduzione delle attività che non generano valore aggiunto, come ad esempio i costi relativi al magazzino, i tempi di attesa o di inattività delle macchine.

Tale metodologia è stata introdotta per la prima volta in Giappone dalla Toyota negli anni sessanta per poi diffondersi in tutto il mondo.

Con la diffusione è emerso che tale modello è efficiente se tutto funziona al meglio ma che, al contempo, possa risultare estremamente fragile se sorge qualche problema; pertanto per il suo funzionamento ricerca un ambiente sia interno che esterno il più possibile affidabile.

Tale approccio ricerca una continua sincronizzazione tra produzione e mercato, la velocizzazione dei flussi materiali, l’affidabilità in termini qualitativi, quantitativi e temporali delle forniture.

Uno dei principi base di questa metodologia risiede proprio nell’approccio innovativo con i fornitori, che segna lo stacco con il sistema tradizionale. Quest’ultimo si caratterizza per il fatto che i fornitori venivano selezionati e valutati in base alle loro politiche di prezzo e con un corposo clichet di fornitori messi in competizione. Il rapporto era esclusivamente contrattuale e si richiedeva il rigoroso rispetto delle specifiche tecniche, sulla base delle quali avveniva il controllo di qualità delle forniture che poteva essere totali o parziali. Sulla base di tale rapporto gli ordinativi venivano effettuati in modo da contrastare le difficoltà incontrate dal fornitore ad adempiere agli obblighi contrattuali, sia in termini di tempistica e di qualità. Con l’introduzione del just in time il rapporto tra azienda e fornitori si è totalmente modificato: si è passato da un rapporto contrattuale ad uno di tipo collaborativo di lungo termine e questo è uno degli elementi essenziali affinché tale modello possa funzionare. Il numero di fornitori a cui si fa riferimento è ridotto e vengono ordinati in base alla loro importanza; è con i fornitori più rilevanti che è cambiato il rapporto e solo con codesti si tende a instaurare rapporti strategici. Il vantaggio competitivo del fornitore è sempre più legato alla capacità, interagendo con più clienti, per migliorare continuamente le sue modalità di lavoro, per ridurre il più possibile i costi, migliorare la qualità e contribuire allo sviluppo di nuovi prodotti. I fornitori non

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vengono selezionati solo in base al prezzo, ma in base alla capacità di collaborazione, alla compatibilità organizzativa e gestionale. La selezione di questi tipi di fornitori diviene importante e quindi si deve valutare sotto ogni punto di vista quali l’affidabilità delle consegne in termini di tempo, quantità e qualità, ma anche in base alla compatibilità culturale. Inoltre si tende alla selezione di fornitori localizzati a breve distanza in modo da consentire rapide e frequenti consegne.

Il fornitore diviene una componente attiva dell’azienda orientata verso il miglioramento continuo e in quest’ottica si parla di:

- integrazione organizzativa: si mettono a punto soluzioni interaziendali relative allo sviluppo si nuovi prodotti, alla programmazione della produzione, alla pianificazione delle consegne e garanzia della qualità; - integrazione informatica: si realizzano sistemi di collegamento

informatico che consenta uno scambio e condivisione di informazioni e conoscenze continuo

- integrazione culturali: diffusione di elementi culturali ad esempio con la formazione, il trasferimento di conoscenze oppure attività di consulenza da parte dell’azienda committente.

Si viene a creare un rapporto di quasi integrazione: da un lato l’azienda sposta all’esterno diverse attività del suo processo produttivo, dall’altro cerca di creare un integrazione organizzativa, informativa e culturale con i propri fornitori. In quest’ottica diviene importante sapere chi sono i fornitori e classificarli in base alla loro importanza relativa in:

- fornitori occasionali o di beni di limitato valore, che comportano ridotti rischi di approvvigionamento, con i quali non è conveniente lo sviluppo di relazioni più complesse di collaborazione e pertanto il rapporto con suddetti fornitori rimane di stampo tradizionale;

- fornitori strategici, cioè fornitori di beni e servizi che sono di un certo valore per l’azienda, pertanto si ricerca un rapporto più collaborativo e un percorso condiviso volto al miglioramento continuo. Solo con tali fornitori

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l’azienda attiva un sistema di valutazione per valutare la loro affidabilità sulle variabili di maggior interesse per l’azienda.

La logica del just in time ha aperto la strada ad una serie di logiche volte a ridurre le inefficienze e a puntare al miglioramento continuo come la total quality managemet e la time strategy based.

La necessità di coniugare innovatività di prodotto, flessibilità ed efficienza ha contribuito a rafforzare l’integrazione con i fornitori nei diversi aspetti della relazione, dando luogo a rapporti di comakership e di co-design.

I primi si configurano come una relazione interorganizzativa che coinvolge i diversi aspetti gestionali delle aziende interessate. La chiave di volta del rapporto risiede nella relazione di fiducia che è di per se dinamica e deve quindi essere reciprocamente costruita e confermata dalle azioni adottate. Si sviluppano soluzioni organizzative specifiche per le singole realtà aziendali ma che sembrano ispirarsi alla ricerca del conseguimento di alcuni obiettivi, quali:

- semplificazione organizzativa (riduzioni livelli gerarchici ed esternalizzazioni)

- riduzioni di tempi di produzione e di ogni tipo di spreco

- ricerca di elevata flessibilità in grado di far fronte alle mutevoli sollecitazioni del mercato

- ricerca della qualità totale

- enfasi sui concetti di miglioramento continuo, prevenzioni, apprendimento, responsabilizzazione.

I rapporti di co-design, invece, coinvolgendo i fornitori più critici per la definizione del nuovo prodotto, portano così ad una notevole riduzione di costi finali, perché nessuno meglio di loro conosce le diverse componenti e, quindi, i modi migliori non solo per realizzarlo, ma anche per progettarlo.

Il fornitore può portare all’interno del team di progettazione le sue conoscenze per individuare la migliore soluzione progettuale in termini di qualità, di riduzione dei costi, dei tempi di implementazione, ecc. Ciò è possibile grazie al networking tecnologico che collega l’azienda ai suo fornitori, di realizzare più

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facilmente eventuali modifiche del progetto condividendo in modo veloce e con bassa probabilità di errore questi cambiamenti con tutti i fornitori interessati. A questo punto abbiamo visto l’evoluzione del rapporto azienda e fornitori e l’importanza che quest’ultimi hanno assunto nel contesto odierno. La loro rilevanza risalta ancor di più nelle imprese in crisi che abbiano intrapreso la strada del risanamento in quanto, a causa della sua insolvenza e della scarsa affidabilità, l’azienda ha trasformato in una “bomba ad orologeria” pronta ad esplodere, il rapporto con i propri fornitori che in qualsiasi momento sono pronti a bloccare completamente le forniture. Questo è dovuto soprattutto alla posizione di quest’ultimi nei confronti dell’azienda che, a differenza delle banche, non hanno alcuna garanzia nei confronti dell’azienda debitrice. Pertanto l’azienda risanante, nel voler ripristinare il rapporto con questi attori divenuti parte integrante dell’azienda, dovrà domandarsi cosa potrà offrire loro e come potrà risultare credibile. Emerge nuovamente l’importanza della credibilità del piano di risanamento e delle potenzialità inespresse quale fattore di svolta e trasformazione della situazione di crisi. Un modo efficace e rapido per riconquistare la loro fiducia è coinvolgerli nella predisposizione e nella realizzazione del piano; inoltre è possibile trasformare l’assenza di garanzie come punto di forza ovvero convincerli che, se investiranno e crederanno sul risanamento, potranno non solo recuperare il loro credito, ma anche non perdere un cliente; questo è un elemento fondamentale oggigiorno, poiché i fornitori crescono con i loro clienti, quindi se questi ultimi migliorano la loro produttività o le loro condizioni, i riflessi positivi arriveranno anche ai fornitori. Come abbiamo accennato per poter attuare una strategia di risanamento vincente occorre puntare e “accudire” i cosiddetti fornitori strategici, poiché è anche da essi che dipenderà il successo di domani dell’azienda.

3.2 Riorganizzazione interna

Affinché i processi di cambiamento siano efficaci devono essere calati all’interno dell’organizzazione e vissuti nel migliore dei modi dalle risorse umane coinvolte,

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poiché il capitale umano oggi è riconosciuto come una delle risorse più importanti per l’impresa. Lo sviluppo dell’organizzazione deve, quindi, andare di pari passo con lo sviluppo delle competenze delle persone che vi lavorano, in quanto agire sui processi organizzativi implica un passaggio fondamentale, sollecitato soprattutto nei processi di risanamento dove è necessario non sottovalutare la valorizzazione di questa risorsa e renderla adeguata alla nuova formula strategica, che consiste nel capire se le persone all’intero dell’azienda siano adeguate sia in termini di competenze sia di conoscenze. Importante è il rapporto di coerenza tra la strategie perseguite, le soluzioni organizzative adottate e la modalità di gestione del personale, tra le quali esiste un rapporto di interdipendenza, in quanto la strategia di domani è il prodotto dell’attuale struttura e delle persone che hanno recepito e rielaborato gli stimoli provenienti dall’ambiente nella ricerca del miglioramento continuo, poiché l’organizzazione è un sistema che apprende e si evolve grazie all’azione di una pluralità di soggetti sia interni sia esterni che interagiscono con i cambiamenti ambientali.

Per molti anni gli studiosi hanno rivolto le loro analisi verso l’esterno dell’azienda per individuare i business attrattivi nei quali penetrare, successivamente l’attenzione è spostata sui fattori interni dell’azienda fino alla formulazione della “Resource Based Theory”24

, la quale mise in luce l’importanza dei fattori interni, quali la disponibilità di risorse in termini quantitativi e qualitativi, le competenze distintive, la struttura organizzativa e la struttura dei costi per la conquista di un vantaggio competitivo sostenibile e diede la possibilità di scegliere sulla base di tali elementi l’ambito competitivo entro il quale posizionarsi. Tale teoria vuole evidenziare che il successo di un’impresa non è determinato esclusivamente dal settore in cui si posiziona, ma dipende anche dal comportamento dell’azienda e dall’insieme di risorse e competenze che la rappresentano. Soprattutto negli anni novanta si diffuse lo studio sul comportamento strategico delle imprese, che, per l’appunto, individuava nelle risorse interne la principale fonte il vantaggio competitivo e, quindi, la capacità di generare valore. Questo fu un modello volto ad ovviare alle critiche volte

24

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all’analisi sul posizionamento strategico, focalizzato sulle dinamiche competitive e pertanto sui fattori esterni, trascurando quelli interni.

La formula della strategia ha inizio dalla definizione dell’identità e delle finalità dell’impresa, ossia attraverso l’esplicitazione della visione e della missione, che vanno attuate sulla base delle risorse e delle competenze interne di cui l’impresa dispone o di cui si doterà. L’approccio alla strategia fondato sulle risorse definisce l’impresa per quello che è in grado di fare grazie alle risorse ed alle competenze che possiede, piuttosto che ai bisogni del mercato che essa cerca di soddisfare25.

L’analisi dell’ambiente esterno permette di cogliere le opportunità di business che l’azienda può usare qualora le risorse e competenze in suo possesso le permettano di sfruttare suddette opportunità.

La Resourced Based Theory può riassumersi in tre fasi:

1. individuazione delle risorse e competenze distintive dell’azienda;

2. ricerca del mercato in cui quelle risorse e competenze possono essere sfruttate;

3. formulazione delle strategie per il raggiungimento di una posizione di vantaggio competitivo.

Suddetta teoria parte dal presupposto che ogni impresa è differente dalle altre in quanto possiede una combinazione di risorse specifiche e non riproducibili facilmente ed è proprio su tale differenza che si poggia la ricerca del vantaggio competitivo. Le risorse attraverso le quali le imprese realizzano prodotti o erogano servizi rappresentano assets osservabili, capacità, processi organizzativi, attributi, informazioni e conoscenze, controllati dall’impresa in grado di consentire la realizzazione di strategie che portino a miglioramenti sia in termini di efficienza sia di efficacia e che possono essere scambiati con altro valore aggiunto.

Tali asset possono distinguersi in26:

25

J. B. Quin; Intelligent Enterprise: A Knowledge and service Based Paradigm for Industry; The Free Press; New York; 1992. M. Bruni; A. Garzoni; risorse e competenze aziendali nella sostenibilità del

vantaggio competitivo; in E. Mollona (a cura di); Strategia a livello area d’affari; Egea; Milano; 1999

26

(27)

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- tangibili, come le risorse finanziarie ed i beni industriali, sono in grado di consentire la produzione di beni e servizi, si presentano facilmente individuabili e valutabili, ma contribuiscono in maniera minore a creare il vantaggio competitivo, poiché sono più facilmente riproducibili;

- intangibili, che ,come la tecnologia, la reputazione e la cultura aziendale, sono difficilmente individuabili e valutabili e quindi risultano un’ottima fonte di notorietà;

- umane, che hanno un forte impatto sul vantaggio competitivo, come le competenze, le coscienze specializzate, la capacità di analisi e di decisione, sono ricollegabili alle caratteristiche distintive ed alle conoscenze dei singoli individui che operano all’interno dell’azienda. Nel ultimi anni, le posizioni di vantaggio derivano non solo dalle risorse tangibili, ma soprattutto da quelle intangibili e da quelle umane , le quali, come queste ultime, assumono un ruolo sempre più importante nella gestione strategica27. Dal modello di impresa che caratterizza l’attuale contesto, contraddistinto dal fatto che pone al centro la capacità di gestire la complessità, la turbolenza e la ipercompetitività del contesto ambientale di riferimento emerge ancor di più l’importanza delle risorse immateriali28. La strategia dell’impresa

non deve limitarsi ad adattarsi al contesto competitivo dato, ma deve essere parte attiva di esso facendo leva sul proprio patrimonio immateriale di risorse.

Tenendo in considerazione quanto sopra, emerge che le strategie di risanamento, dopo aver individuato l’esistenza di quelle potenzialità inespresse in grado portare ad una nuova e valida strategia competitiva debbano provvedere ad armonizzare la struttura organizzativa. Le scelte relative a suddetta struttura determinano l’assetto strutturale interno dell’azienda, il quale comprende gli elementi materiali ed immateriali che caratterizzano l’impresa e formano le condizioni operative per differenziarla29.

27

H. Itami; Le risorse invisibili; Gea – Isedi; Milano; 1988.

28

F. Ancarani; Le nuove fonti del vantaggio competitivo nell’economia digitale; in Atti del Convegno AIDEA; “Processi di terziarizzazione dell’economia e nuove sfide al governo d’aziende”; McGraw – Hill; Milano; 2000.

29

(28)

28

L’allineamento tra la strategia e l’organizzazione è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, poiché la struttura deve permettere che gli obiettivi strategici vengano raggiunti30. Numerosi autori pronunciatisi sul rapporto tra strategia e struttura organizzativa possono essere suddivisi in tre linee principali:

- l’approccio lineare o classico, in cui la struttura organizzativa deve essere coerente con le scelte strategiche formulate. Prima viene definita la strategia e successivamente la struttura organizzativa, in modo da garantire la sua applicazione ed il raggiungimento dell’economicità31

. Questo tipo di relazione lineare ha dato luogo al paradigma “strategia- struttura”, in cui il problema organizzativo è racchiuso nella struttura. Tale modello rappresenta le nuove imprese in cui i manager hanno il privilegio di definire strategia ed assetti strategici, ma è in contrasto con quello delle imprese che vivono situazioni turbolente o complesse.

- Modello interdipendente, nel quale la strategia e la struttura organizzativa si influenzano reciprocamente ed il problema organizzativo non emerge solo al momento dell’implementazione, ma affiora già in fase di formulazione. La struttura organizzativa pertanto è parte integrante della strategia32, che è a sua volta influenzata dalla struttura organizzativa, in modo da precludere alcune scelte alle aziende concorrenti.

- Modello evolutivo, in cui la struttura organizzativa si relaziona con una pluralità di soggetti sia interni che esterni. Il modello organizzativo è collocato in un più ampio ambiente che include l’ambiente di riferimento con il contesto sociale, istituzionale e politico. La relazione tra organizzazione e vantaggio competitivo varia con l’evolvere del tempo, si ha la necessita di adattare costantemente sia la strategia che la struttura, la quale dovrà essere formulata in maniera tale da supportare i necessari

30

G. Saloner; A. Shepard; J. Poldony; Strategie d’impresa; Etas Libri; Milano; 2001.

31

A. D. Chandler; Strategy and Structure. Chapters in the History of the American Industrial Enterprise; The MIT Press; Cambridge, MA; 1962 ;(trad. it. Strategia e struttura: storia della grande impresa Americana; Franco Angeli; Milano; 1976).

32

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29

cambiamenti. Definire la strategia organizzativa, pertanto, significa definire decisioni tese a plasmare l’ambiente organizzativo in cui maturano e si realizzano le scelte strategiche sociali, finanziarie, di business e di portafoglio.

Considerate la complessità e la dinamicità ambientale, riscontrate nell’attuale contesto competitivo, si ricerca un apprendimento organizzativo che si impernia su una strategia organizzativa di base da affinare ed implementare con uno sviluppo di tipo incrementale. Non si vuole identificare le scelte migliori, ma creare un contesto organizzativo in grado di formulare e realizzare valide scelte strategiche. In tal modo sia le strategie di business, di portafoglio, sociali e finanziarie sia le strategie organizzative si perfezioneranno contemporaneamente con l’evoluzione della gestione e con il modificarsi dell’ambiente. In conclusione, il manager per le strategie organizzative delineerà in maniera specifica e puntuale le prime fasi e successivamente un processo di apprendimento per rispondere ai successivi cambiamenti.

Lo scopo principale della funzione organizzativa è la massima efficienza e produttività dei soggetti impegnati nell’attività aziendale, attraverso il coordinamento e la reciproca collaborazione, cercando di soddisfare al tempo stesso le aspettative degli stessi soggetti, con il fine ultimo di realizzare risultati globali superiori rispetto a quelli singolarmente conseguibili.

L’ambiente organizzativo si suddivide in elementi soft, come la leadership, stili di direzione, partecipazione, valori, cultura aziendale ed elementi hard come l’architettura della struttura organizzativa e meccanismi operativi.

I primi sono alla base di qualità strategicamente importanti come la spinta innovativa, la motivazione del personale e la cultura, mentre i secondi permettono di definire i livelli di responsabilità, il grado di accentramento o decentramento delle funzioni operative. È sugli elementi soft che la strategia di risanamento farà leva per poter definire una struttura organizzativa più idonea al nuovo contesto, la quale subirà le modifiche più rilevanti nell’ambito della cultura, della struttura e del sistema umano.

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