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Capitolo 1Le migrazioni in Italia: il Bel paese da punto di partenza adapprodo di fortuna

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Capitolo 1

Le migrazioni in Italia: il Bel paese da punto di partenza ad approdo di fortuna

“Cogli occhi spenti, con le guance cave, pallidi, in atto addolorato e grave, sorreggendo le donne affrante e smorte, ascendono la nave come s’ascende il palco de la morte” EDMONDO DE AMICIS - "GLI EMIGRANTI"

Flussi migratori in uscita: dal Sud al Nord e Oltreoceano

Fin dai primi istanti di vita della moderna Italia le migrazioni di connazionali verso paesi esteri hanno rappresentato un fattore di primaria importanza per lo sviluppo socio-economico del Paese. Solo a partire dagli anni Settanta del secolo scorso si è registrata una lenta ma costante inversione di tendenza che ha trasformato l'Italia da paese di partenza ad approdo di fortuna per migrazioni trans-continentali. Di seguito si propone un breve riassunto della storia migratoria italiana, che è possibile dividere in diverse macro-sequenze.

Il processo di unificazione del territorio nazionale mise in evidenza fin da subito il grave stato di arretratezza economica del Sud del Paese determinando movimenti migratori in partenza dal Meridione verso il Settentrione, ma anche il Nord del Paese non rimase immobile con

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movimenti migratori in partenza verso il Nord Europa.

L’esodo dei contadini meridionali fu caratterizzato anche dalla scelta di mete Trans-oceaniche con flussi, anche intensi, verso le Americhe che sfioravano il 48% del totale delle partenze nel 1900. I paesi scelti come mete per fare fortuna furono in prevalenza quelli del Sud America, in particolare Argentina e Brasile. Gli italiani in partenza erano contadini poveri e poco istruiti e spesso erano oggetto di disprezzo e ostilità nelle società di arrivo.

Nel 1913, con 900.000 espatri su una popolazione di 35 milioni di individui, si toccò il picco massimo di espatri della storia della migrazioni. Fino agli anni Venti l'Italia, come del resto tutti gli altri paesi dell'Europa Occidentale, adottò una politica liberale per quanto riguardava l'ammissione e il trattamento degli stranieri, in generale infatti era possibile entrare senza alcun obbligo di visto e il codice civile del 1865 riconosceva agli stranieri gli stessi diritti riconosciuti ai sudditi italiani. Nel periodo che si snoda tra i due confitti mondiali i flussi migratori registrarono una battuta d’arresto a causa da un lato delle restrizioni normative introdotte dal Regime fascista che giunse al potere, che aveva un forte interesse nell’impiegare gli italiani nelle colonie africane, dall’altro dalle limitazioni introdotte dai paesi di arrivo, come gli Stati Uniti, nei confronti degli europei. In questa fase furono altresì facilitati i rientri in patria, tuttavia la stagnante situazione economica costrinse il Regime a stringere un accordo con la Germania che portò allo spostamento Oltralpe

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di 500.000 operai e braccianti italiani durante la Guerra.

A partire dalla fine del secondo conflitto mondiale riprese vigore il movimento migratorio verso l’estero a causa della fragilità del sistema industriale e all’arretratezza del mondo agricolo. Intensi furono ancora una volta i flussi dal Sud verso il Nord, che faticava meno a riprendersi dalle rovine della guerra. Il 1961 fu l’anno del Secondo Dopoguerra con il maggior numero di partenze che raggiunsero quota 387.000 mentre nel 1962 si segnò il record per i rimpatri che furono 229.0001.

A causa del declino economico che colpì l’America Latina i migranti cominciarono a scegliere il resto d’Europa come meta per i loro spostamenti: in questo periodo furono firmati alcuni accordi bilaterali per la tutela dei lavoratori migranti, primo tra tutti quello con il Belgio, paese verso il quale gli italiani partivano per lavorare nelle miniere, e a seguire con Svizzera e Germania.

Il 1975 fu l’anno dell’ inversione di tendenza ed i rimpatri superarono gli espatri di ben 30.000 unità grazie all’accelerazione di cui l’Italia fu protagonista in campo economico, diventando una delle maggiori potenze economiche mondiali.

Dal 1975 ai giorni nostri: il flusso migratorio inverte la rotta

L’immigrazione in Italia cominciò ad essere un fenomeno tangibile a

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seguito del comparire di tre fattori che si verificarono nel corso di soli due decenni. Per primo il Paese registrò una forte crescita economica a partire dal secondo dopoguerra che provocò un balzo in avanti nei redditi pro-capite degli italiani e di conseguenza l’aumento della domanda di lavoratori stranieri a cui era possibile offrire redditi relativamente bassi per svolgere i lavori che gli autoctoni non volevano più svolgere, innescando un forte meccanismo di attrazione da parte dei paesi di accoglienza, detto pull factor.2 In secondo luogo negli anni della decolonizzazione si registrò una forte tendenza ad emigrare dai paesi in via di sviluppo alla ricerca di migliori condizioni di vita, detto push factor 3. Infine si verificò negli anni oggetto di analisi un’ importante crisi demografica che, iniziata con un crollo delle nascite negli anni Settanta, si tradusse in una mancanza di soggetti attivi nel mercato del lavoro negli anni Novanta. Dopo un’intensa attività di emigrazione, durante la quale lasciarono l’Italia 27 milioni di italiani, il flusso decrebbe drasticamente, dalle 387.000 partenze del 1961 si arrivò a registrarne meno di 100.000 nel 1975, dopo tale anno il numero di persone in uscita praticamente si arrestò. In questi anni il Censis parla di un fenomeno di rientro nel paese d’origine a seguito delle opportunità di lavoro generate dal macroscopico apparato pubblico di cui necessitava il sistema sociale all’italiana che spalmò nelle scuole e negli ospedali nazionali un importante numero di

2 Einaudi L. Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad oggi, edizioni Laterza, pag

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meridionali in cerca di occupazione4. A partire dagli anni Ottanta si registrano i primi arrivi di immigrati in Italia, che apparsero sulla stampa per la prima volta in un articolo di F.Calvanese su Il Manifesto5, in realtà già nel 1978 il Censis stima la presenza di 700.000 immigrati. E’ possibile individuare in questi anni dei flussi in entrata caratterizzati da diversi progetti migratori:il primo è quella degli studenti stranieri che si concentrarono principalmente nelle città universitarie di Bologna, Firenze, Roma e Perugia; provenivano dalle grandi città europee con un flusso considerevole in arrivo dalla Grecia, che offriva un sistema universitario molto chiuso e selettivo.

La seconda ondata è caratterizza da una femminilizzazione del fenomeno migratorio con l’arrivo massiccio di donne straniere, in arrivo dalle ex colonie africane, dalle Filippine, Bangladesh, India Pakistan e da Capoverde, da impiegare come colf. Tale presenza è rimasta una componente importante del modello italiano di immigrazione a causa del costante invecchiamento della popolazione spesso bisognosa di assistenza a fronte di politiche di welfare sempre più esclusive. Nel 2002, in occasione della sanatoria6 per il varo della Legge Bossi-Fini, furono presentate 340.000 richieste di regolarizzazione per colf e badanti e nel 2005 la collaborazione domestica rappresentava il 44% delle domande di assunzioni di lavoratori dall’estero. La terza ondata migratoria è quella dei

4 Pugliese E. 2006, L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, edizioni Il

Mulino, pag.17

5 Ibidem, pag.18

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tunisini che si recavano a lavorare nella Sicilia orientale e venivano impiegati nella pesca, nell’agricoltura e nell’edilizia, con permessi per turismo di tre mesi e che facevano rinnovare in Tunisia per ulteriori tre mesi. Si tratta soprattutto di lavoratori poco qualificati e scarsamente istruiti che accettavano salari molto bassi creando tensioni con i lavoratori autoctoni che temevano una situazione di sfruttamento a causa della forte competizione nel mercato del lavoro. Nel 1972 a Mazara del Vallo si costituirono dei comitati antistranieri con lo scopo di far sloggiare gli

arabi “pericolosi disturbatori dell’ordine pubblico7. La quarta ondata migratoria che vide protagonisti iugoslavi, egiziani e turchi diventò visibile attorno al 1977 e riguardò il settore industriale, nonostante si registrasse in quel periodo un aumento della disoccupazione interna che raggiunse il 7% a livello nazionale e il 10,3% al sud8. A proposito di tale divario la GCIL spiega che a fronte di un aumento della disoccupazione e della precarietà delle fasce più deboli della popolazione si assiste, a seguito di un innalzamento del livello di vita nel Paese, al rifiuto di lavori particolarmente pesanti o umilianti9.

Negli anni ’90 si crearono nuovi e intensi collegamenti tra l’Italia, i paesi dell’Est europeo e l’area dei Balcani. Dall' Albania, a seguito della caduta del regime di Henver Hoxha nel 1985, si formano flussi ingenti di albanesi

7 In Italia emerge un problema di emigrazione alla rovescia: gli arabi clandestini , in Corriere

d’Italia,5 ottobre 1972

8 Cresce sempre di più la disoccupazione ma importiamo lavoratori stranieri, in Il Fiorino, 1

aprile 1978

9 ECAP,GCIL,Centro studi emigrazione-immigrazione Considerazioni sul problema dei

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in fuga da un paese in preda ad una forte crisi economico- istituzionale, il cui approdo più vicino fu inevitabilmente il Salento, distante solo 60 miglia nautiche dal porto di Valona. Una cospicua parte dei migranti era costituita da rifugiati che arrivavano in massa su barconi fatiscenti, esemplare rimarrà nella memoria dell’opinione pubblica l’arrivo della nave

Vlora a Bari il 9 agosto del 1991, trasportando una cifra di persone molto

vicina alle 12.000 unità, stipate fino all’inverosimile e perfino aggrappate agli alberi della nave. Con la diffusione di queste immagini da parte dei mass media la solidarietà degli italiani si trasformò in paura di una imminente invasione, al punto che il governo decise di rimandare indietro l’enorme numero di albanesi con traghetti o con voli aerei, promettendo loro un trasferimento nel Nord Italia. Dopo tali ondate di arrivi si passò allo sviluppo di politiche di contenimento degli arrivi irregolari nel paese d’origine con l’invio in Albania di contingenti militari. Nel corso degli anni Novanta il numero degli stranieri in Italia è più che raddoppiato passando da 650.000 nel 1992 a un 1.380.000 nel 2000 per arrivare a quota 2.100.000 nel 2005. Gli sbarchi in Puglia si esaurirono lentamente a partire dalla fine della guerra del Kosovo nel 1999 mentre iniziarono ad essere visibili a Lampedusa e Pantelleria gli arrivi dalla Tunisia e dalla Libia.

Il 15 marzo 2001 l'UE adottò un regolamento10 che abolì per 43 paesi, tra cui Romania e Bulgaria, l'obbligo di visto e ingresso per soggiorni di durata

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inferiore ai tre mesi, in questo modo diventò meno costoso emigrare nel territorio dell'Unione Europea11. Anche a seguito di tale direttiva europea i flussi più recenti che hanno caratterizzato l'immigrazione in Italia hanno origine da gran parte dei nuovi dodici Stati membri dell’UE12. Nel 2011 le principali collettività di immigrati comunitari presenti sono così suddivise: Romania 997.000, Polonia 112.000, Bulgaria 53.000, Germania 44.000, Francia 34.000, Gran Bretagna 30.000, Spagna 20.000 e Paesi Bassi 9.000. Tra i soggiornanti europei non comunitari (1.171.163), gli albanesi sono i più numerosi (491.495). Seguono gli ucraini (223.782), i moldavi (147.519), i serbi e montenegrini (101.554); i macedoni (82.209); i russi (37.090); tra i 20 mila e 30 mila ciascuno, i bosniaci, i croati e turchi. Per quanto riguarda il continente africano, alla fine del 2011 i marocchini risultano essere la prima collettività, con 506.369 soggiornanti. Le altre grandi popolazioni africane provengono da Tunisia (122.595),Egitto (117.145), Senegal (87.311), Nigeria (57.011), Ghana (51.924), Algeria (28.081) e Costa D’Avorio (24.235). In totale i soggiornanti africani sono 1.105.82613.

Secondo l'indagine ISTAT14 Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente, riferita nel biennio 2013-2014 non solo aumenta il

11 Barbagli M.,2008 Immigrazione e sicurezza in Italia, p.154

12Tra il 1 maggio 2004 e il 31 dicembre 2006 sono diventati Stati membri dell’Unione europea:

Polonia, Repubblica Ceca, Cipro, Lettonia,Lituania, Slovenia, Estonia, Slovacchia, Ungheria, Malta. Dal 1 gennaio 2007 si sono aggiunti anche Romania e Bulgaria

13Caritas-Migrantes, 2012, XXII Dossier Statistico Immigrazione, “Non sono numeri”, 2012 14Fonte: ISTAT, Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente, anno 2013, 9 dicembre 2014

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numero degli italiani che fuggono all'estero in cerca di un futuro professionalmente più gratificante ma oltre il 14 per cento degli stranieri se ne va dall'Italia (circa 44mila emigrazioni sulle 125mila registrate nel 2013 riguardano infatti cittadini stranieri). La spiegazione di questi nuovi flussi in uscita sarebbe di natura economica: per quanto riguarda gli italiani, stando ai dati diffusi dall'Istat, nel 2013 sono state registrate 82mila emigrazioni (il più alto numero degli ultimi dieci anni, ben il 20,7 per cento in più rispetto al 2012) con percentuali sbilanciate a favore degli uomini (57,6 per cento). I Paesi stranieri scelti dagli italiani sono soprattutto Regno Unito (3.300 individui), Svizzera(2.400), Germania (2000) e Francia (1600), che accolgono oltre la metà dei flussi in uscita. Nel 2013, il saldo migratorio con l’estero degli italiani con almeno 25 anni mostra una perdita netta di residenti pari a 42 mila unità, di cui oltre 12mila laureati. In totale sono solo seimila i cittadini italiani in possesso di una laurea a rientrare nel Paese, contro gli oltre 19mila in uscita. Il quadro presentato dall'Istat sugli ingressi in Italia degli stranieri mostra come le immigrazioni dall'estero siano state 307mila, con un calo di 43mila persone rispetto all'anno precedente, con una contrazione anche delle iscrizioni dall'estero di cittadini italiani (da 29mila a 28mila unità). La comunità più rappresentata, seppur in calo rispetto al 2012, rimane quella romena con 58mila ingressi, seguita dalla comunità marocchina (20mila), cinese (17mila) e ucraina (13mila). In flessione il dato delle iscrizioni di cittadini ecuadoriani (-37%), ivoriani(-34%), macedoni (-26%) e polacchi

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(-24%).

Il quadro normativo nazionale in materia di immigrazione

Nel nostro Paese le politiche migratorie sono spesso al centro non solo del dibattito politico ma anche del conflitto sociale. Parlando di immigrati l'opinione pubblica rimane sopraffatta da molti interrogativi e alcuni stereotipi: Perché in Italia ci sono tanti immigrati irregolari? Perché tante persone arrivano sulle nostre coste stipate in fatiscenti barconi?(anche se in realtà è noto che la maggior parte degli arrivi avviene via terra). Perché persone nate in Italia da genitori stranieri non hanno diritto alla cittadinanza? Questi e altri interrogativi in materia per Colombo e Sciortino15 sembrano avere una sola risposta: “caratteristiche

comunemente attribuite ai flussi migratori sono da ricondursi alle politiche perseguite dallo stato italiano”.

Parlando di politiche migratorie è bene chiarirne fin da subito il significato: si parla di politiche degli ingressi o dell’ammissione quando gli Stati si trovano a dover decidere quali e quanti stranieri ammettere sul proprio territorio, quali caratteristiche debbano avere queste persone e quali requisiti debbano soddisfare; parlando invece di politiche

dell’integrazione si fa riferimento a tutti gli interventi che gli Stati devono

programmare in merito alle istanze che giungono da stranieri già presenti

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sul territorio nazionale.

A seguito della nascita della Repubblica Italiana, i legislatori recepirono la necessità di prevedere leggi in netto contrasto con le leggi razziali del fascismo e i trattamenti riservati agli ebrei durante tutta la Seconda Guerra Mondiale. Il testo costituzionale, profondamente liberale, all’art.10 com.2, prevede così che la condizione dello straniero sia regolata dalla legge, stabilendo inoltre al comma 3 che qualunque straniero che non veda riconosciuti nel proprio paese i diritti riconosciuti dalla Costituzione ai cittadini italiani possa chiedere asilo politico nel nostro paese16. Tali disposizioni sono però destinate a rimanere sulla carta per diversi decenni poiché i flussi migratori all’epoca erano principalmente in uscita.

Quando, nel 1954, l’Italia aderisce alla convenzione di Ginevra del 1951, conosciuta come Convenzione relativa allo status di rifugiato 17chiede e ottiene una “riserva geografica” in base al quale lo Stato garantisce la propria protezione solo a persone in fuga dal blocco sovietico. La riserva verrà abrogata nel 1990 con la Legge Martelli.

Nel 1975 l’Italia aderisce alla convenzione n.143 dell’Organizzazione internazionale del lavoro18 con lo scopo di contrastare le migrazioni irregolari e riconoscere ai lavoratori stranieri i medesimi diritti degli autoctoni, a seguito di tale adesione si rese necessaria una legislazione in materia che recepisse le linee guida della direttiva europea, per la quale si

16 Ibidem, pag51

17 https://www.unhcr.it/sites/.../assets/.../Convenzione_Ginevra_1951.pdf

18 www.cnel.it/Cnel/view_groups/download?file_path=/ , ratificata con la Legge 158 del 10

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dovrà comunque attendere un decennio, con conseguente moltiplicarsi di migliaia di posizioni irregolari e la necessità della prima sanatoria nel 1982. Fino ai primi anni ’80 nella società italiana prevalse un atteggiamento di neutralità nei confronti degli stranieri presenti, un sentimento che oscillava tra la pura curiosità e la totale indifferenza, in materia normativa erano ancora applicate le norme di pubblica sicurezza del 193119. Il 30 dicembre 1986 il Parlamento italiano approvò la legge n.943 denominata “Norme in materia di collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine”. Il termine extracomunitari contenuto nel titolo del provvedimento fu ben presto ripreso dalla società per indicare in senso spregiativo persone provenienti da determinate aree geografiche. La legge prese il nome di Legge Foschi e si occupava principalmente di aspetti lavorativi non regolando di fatto gli ingressi e i soggiorni, argomenti dei quali si occupò, seppur in modo parziale, la successiva legge 39/1990, detta Legge Martelli, dal nome del vice-premier Claudio Martelli deciso a proporre una legislazione più aperta di stampo europeista. Si trattò di una norma di ampio respiro che prese in considerazione un vasto ventaglio di fattispecie legate alla questione immigrazione. La legge, come detto sopra, prevedeva l’abolizione della riserva geografica per i richiedenti asilo; in materia di soggiorno vi erano contenute disposizioni sul rilascio dei permessi di soggiorno, sulla tipologia e sulle modalità del rinnovo e

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sull’iscrizione all’anagrafe comunale; per quanto riguarda la programmazione dei flussi veniva deciso di fissare periodicamente un numero di ingressi e i soggetti interessati da tale previsione.

In materia di lavoro si prevedeva l’estensione degli ambiti lavorativi anche alle cooperative e ai lavoratori autonomi; in materia di controllo dei flussi erano previste disposizioni sui controlli alle frontiere e le espulsioni; Infine in ambito sociale si prevedeva la creazione di un fondo per finanziare i centri di accoglienza, con previsioni di ripartizione del fondo alle regioni, equiparazione dei titoli di studio e assunzioni di assistenti sociali alle dipendenze del Ministero del Lavoro. La norma fu accompagnata dal varo di una sanatoria che coinvolgeva quanti fossero in grado di dimostrare di essere in territorio italiano entro il 1990, a prescindere da un rapporto di lavoro. I punti deboli della legge erano la scarsa dotazione dei fondi, che scomparirono lentamente, e la chiamata diretta come unica possibilità di ingresso regolare nel Paese, con il mancato coinvolgimento dei paesi di origine nella gestione della questione.

A seguito della caduta del Governo dell’ On. Silvio Berlusconi, si insediò un Governo tecnico guidato dall’ On. Lamberto Dini che con il decreto legge 489 del 18 novembre 1995, votato sia dalla destra che da gran parte degli esponenti sinistra, che lo identificavano come il male minore20, propose norme che si possono definire equidistanti tra il dovere dell’accoglienza, la tutela del lavoro e la regolarizzazione delle presenze, da una parte, e la

20 Dal Lago A., 2004, Non persone, l’esclusione dei migranti in una società globale”, Edizioni

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tendenza alla chiusura e all’inasprimento delle espulsioni dall’altra, recependo in tal modo gli stimoli che giungevano dai partiti di centro-sinistra e dalla Lega Nord, stigmatizzando i migranti come problema sociale, come nemici da cui la società italiana deve essere protetta21. Il decreto legge, che non venne convertito in legge nel termine di 60 giorni, secondo Alessandro Dal Lago ha sancito il princìpio della chiusura delle frontiere e delle espulsioni come risposta all'”emergenza immigrazione”. Il nuovo Governo di centro-sinistra, presieduto dall’ On. Romano Prodi, convalidò solo le disposizioni relative alla regolarizzazione e presentò sull’immigrazione una nuova legge a carattere organico che comprendeva alcune misure di integrazione e parificazione degli stranieri ai cittadini italiani. Nel 1998 una parte dei politici che avevano sognato per l'Italia la possibilità di avere frontiere aperte si resero conto, una volta giunti al Governo, che tale previsione era del tutto inadeguata alle questioni che l'immigrazione necessariamente sollevava22. La legge 6 marzo 1998, n. 40, recante il titolo “Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione

dello straniero”, si ispirava, seppur con alcune modifiche, al disegno di

legge governativo n. 3240, presentato il 19 febbraio 1997 alla Camera dei deputati. L'allora Ministro della Solidarietà sociale Livia Turco a proposito della legge sull'immigrazione, che porta anche il suo nome, scrisse:

E' sull'immigrazione che ho misurato sin da subito la differenza fra l'essere all'opposizione e l'essere al governo. Forse perché dei temi di cui 21 Ibidem

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dovevo occuparmi era il più nuovo, quello rispetto a cui la cultura politica dell'Ulivo era più fragile. I partiti dell'Ulivo avevano delegato questo tema all'associazionismo, ai sindacati, ai sindaci, alla Chiesa. L'ispirazione vera e profonda che ci animava era quella delle frontiere aperte. ”Scappano dalla povertà e dalla guerra, non possiamo che accoglierli”. Gli sbarchi continui di clandestini, i fenomeni di criminalità connessi all'immigrazione, lo sfruttamento cinico dei migranti da parte di trafficanti senza scrupolo erano dati di realtà rispetto ai quali quel sentimento e quell'approccio culturale si trovarono spiazzati. Mi trovai spiazzata anche io, nella mente e nel cuore23.

L'approvazione della legge subì un' accelerazione a seguito di tre casi di cronaca che si verificarono nell'agosto 1997 e videro come protagonisti degli stranieri, questi reati, statisticamente irrilevanti, divennero l'occasione per una campagna di allarmismo senza precedenti al punto che il sistema politico-mediatico cavalcò l'onda della paura creando una fantomatica “crisi immigrazione”, non sostenuta da alcun dato reale.24 La legge espresse la necessità di regolamentare la questione immigrazione in modo più preciso e puntuale, con il coinvolgimento dei paesi di emigrazione. Si delegò il Governo ad apportare entro due anni le correzioni necessarie per realizzare i princìpi della legge e assicurarne la migliore attuazione. Nel Testo Unico dell’immigrazione mancavano tuttavia delle nuove disposizioni sui richiedenti asilo e protezione umanitaria che si era ritenuto di dover affrontare in seguito in maniera più compiuta, mentre successivamente vennero varate disposizioni per la regolarizzazione degli immigrati presenti sul territorio nazionale senza autorizzazione. Molteplici

23 Ibidem, pag.114 24 Ibidem, pag.28

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furono le innovazioni cancellate successivamente dalle modifiche:

- in ambito lavorativo: diversificazione dei meccanismi di accesso all’occupazione e possibilità di venire in Italia per la ricerca di un lavoro, superamento del criterio di accertamento preventivo rispetto alla indisponibilità di italiani per i posti da occupare;

- in ambito sociale: garanzia del soggiorno dopo cinque anni, sostegno all’integrazione a carico del fondo nazionale per le politiche migratorie, diritto alla cura della salute e all’istruzione assicurato anche agli irregolari. Venne previsto inoltre il trattenimento degli irregolari fino a 30 giorni presso i Centri di permanenza temporanea (CPT), e il rinnovo del permesso di soggiorno subordinato alla certificazione di un reddito da parte dell’immigrato.

Dopo l’approvazione del regolamento di attuazione, la legge 40/1998 fu inserita nel Testo Unico dell’immigrazione, inclusivo anche delle norme precedenti non abrogate e tuttora in vigore.

Nella campagna elettorale del 2001 i partiti di centro-destra attaccarono aspramente la legge n.40 del 1998 accusandola di essere la causa principale dell'aumento di stranieri presenti nel nostro paese. Il governo guidato dall’ On. Silvio Berlusconi dopo la vittoria alle elezioni di maggio 2001, approvò, su proposta della Lega Nord e di Alleanza Nazionale, un disegno di legge decisamente restrittivo rispetto alla precedente normativa, che prevede le seguenti modifiche:

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all’esercizio di una attività lavorativa tramite il “contratto di soggiorno” e il rilascio di un permesso di soggiorno della durata fino a due anni per i rapporti a tempo indeterminato e fino a un anno negli altri casi;

- priorità per gli immigrati provenienti da Stati convenzionati con l’Italia in materia di riammissione o che hanno seguito corsi di formazione professionale organizzati dall’Italia all’estero;

- Restrizioni nella durata del permesso di soggiorno dei disoccupati (da 12 a 6 mesi);

- aumento degli anni (da 5 a 6 anni) necessari per ottenere la carta di soggiorno (il requisito verrà riportato a 5 anni a seguito del reperimento di una Direttiva europea);

- restrizioni in materia di ricongiungimenti familiari per genitori e parenti; - reintroduzione della priorità riservata alla manodopera locale a seguito dell’accertamento dell’ indisponibilità di lavoratori italiani adatti a tale mansione e abolizione dell’istituto della sponsorizzazione;

- restrizioni delle possibilità di tutela in caso di respingimento e aumento del periodo di trattenimento nei centri di permanenza temporanea da 30 a 60 giorni dei cittadini stranieri senza titolo di soggiorno;

- obbligo di rilevamento e registrazione delle impronte digitali al momento del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno;

- disposizioni per la regolarizzazione delle persone già presenti, per tutte le categorie di lavoratori;

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parte alcune disposizioni transitorie e rimaneva in piedi l’impostazione di base della legge 40/1998.

La presenza di irregolari, fatta emergere con una serie di sanatorie ravvicinate, indica che in Italia sussiste una richiesta di forza lavoro aggiuntiva dunque permettere l'ingresso ad un maggior numero di lavoratori in modo regolare significa non essere costretti a regolarizzarne migliaia a posteriori, come invece è avvenuto regolarmente nel corso dell'ultimo trentennio. Il primo provvedimento di regolarizzazione risale al varo della legge n.943 del 1986 e a seguire ci sono stati provvedimenti di sanatoria con la legge Martelli del 1990, il Decreto Dini del 1995, la Turco-Napolitano del 1998 e la Bossi -Fini del 2002.In Europa, seppur altri paesi abbiano fatto ricorso a sanatorie, l'Italia detiene il record massimo di regolarizzati, pari a 1 milione e 400mila individui.25 Possiamo concludere questo paragrafo affermando che la programmazione dei flussi favorisce l’integrazione, mentre la regolarizzazione rimane un intervento emergenziale: promuovendo la prima uno Stato può realizzare una vera politica migratoria, ricorrendo esclusivamente alla seconda si cerca solamente di porre riparo ai danni.

Stranieri in Italia: chi sono e che caratteristiche hanno secondo le rilevazioni dell’Istat

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In questo paragrafo si procederà ad una descrizione qualitativa e quantitativa del fenomeno immigrazione aggiornato ai giorni nostri rispondendo alle domande su quanti sono gli stranieri regolari in Italia, quali sono le nazionalità più rappresentate, quali zone del Paese ne registrano la maggiore presenza e in che condizioni economiche vivono, dando inoltre alcune connotazioni sulla presenza e la nazionalità degli irregolari. Secondo i dati Istat alla data del 1º gennaio 201426, risultavano regolarmente residenti in Italia 4.922.085 cittadini stranieri, l'8,1% della popolazione residente totale composta da 60.782.668 individui, con un incremento, rispetto all'anno precedente, del 12,18%, cioè 534.364 persone. L'incremento della popolazione straniera residente è dovuto sia ad un saldo migratorio (cioè la differenza tra il numero di coloro che partono e quello di coloro che tornano) positivo tra immigrati ed emigrati, sia ad un saldo naturale positivo tra nati e morti.

Il dato complessivo dei cittadini stranieri presenti nel territorio nazionale è stato corretto al ribasso in seguito al censimento generale ISTAT del 2011 della popolazione italiana, secondo il quale risultavano presenti 4.029.145 stranieri, 6,8% della popolazione, alla data del 9 ottobre 2011, valore triplicato rispetto a quello del precedente censimento dell'ottobre del 2001, quando i cittadini stranieri erano 1.334.889 (cioè il 2,3%). La differenza rispetto al precedente dato dipende generalmente da errori o mancanze nell'aggiornamento delle anagrafi comunali tra un censimento e

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l'altro.

Secondo il censimento della popolazione del 2011 gli stranieri naturalizzati italiani erano 607.394. Le acquisizioni di cittadinanza, a seguito del varo della Legge n.91 del 5 febbraio 1992 denominata Nuove disposizioni in

materia di cittadinanza, risultano in costante aumento, da 4.158 nel 1991,

a 10.401 nel 2001, a 65.383 nel 2012, sino a 100.712 nel 2013e 129.887 nel 2014, tuttavia nel 2012 le acquisizioni di cittadinanza in Italia sono state inferiori a quelle di Regno Unito (193.900), Germania (114.600), Francia (96.100) e Spagna (94.100). Tra coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel 2014, il 22,3% era precedentemente cittadino marocchino e il 16,4% albanese. Negli ultimi anni si è verificato un deciso incremento dei flussi provenienti dall'Europa orientale, che ha superato quelli provenienti dal Nord Africa, consistenti fino agli anni novanta. Tale dato deriva dal forte incremento della comunità rumena in Italia che nel 2007, per i motivo illustrati sopra, è raddoppiata, passando da 342.000 a 625.000 persone, diventando così la maggiore comunità straniera in Italia. Secondo i dati Istat27, al 1º gennaio 2015 risiedevano in Italia 1.131.839 cittadini rumeni, pari al 22,6% della popolazione straniera in Italia e circa l'1,7% sul totale della popolazione residente in Italia; Dunque in Italia risiede circa il 45% dei circa 2,5 milioni di cittadini della Romania espatriati, residenti nell'Unione europea. Accanto ai romeni le principali comunità straniere presenti in Italia sono quella albanese (9,8% della popolazione straniera),

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marocchina (9,0%), cinese (5,3%) ed ucraina (4,5%). Al 1º gennaio 2015 oltre il 50% dei residenti stranieri sono cittadini di un Paese europeo, i cittadini di Stati africani sono circa il 20% del totale, al pari dei cittadini di Stati asiatici28. La distribuzione dei cittadini stranieri sul territorio italiano è molto disomogenea: nel Nord-ovest vivono il 34,4% degli stranieri, nel Nord-est il 25,0%, nel Centro il 25,4% e nel Mezzogiorno e isole il 15,2%29. Tuttavia nel 2010 l'incremento della popolazione straniera è stato più elevato nel Mezzogiorno che nel Centro-Nord.30 Le condizioni economiche delle famiglie straniere in generale sono peggiori di quelle delle famiglie italiane. Le prime hanno a disposizione un reddito netto di 14.469,00 euro contro i 24.631 dei secondi. Le famiglie con un reddito netto più vicino a quello delle famiglie italiane sono quelle albanesi (70,1% del reddito medio delle famiglie italiane), filippine (68,3%) e cinesi (67,1%). Al contrario, quelle molto più povere delle famiglie italiane sono le famiglie ucraine (40,8%), moldave (48,6%) e romene (47,6%). Secondo i dati quasi la metà (49,1%) delle famiglie composte da soli stranieri è a rischio povertà (tale percentuale è il 17,4% per le famiglie di soli italiani). Come per gli italiani il rischio povertà è più elevato al Sud che al Centro o al Nord. Le condizioni economiche degli stranieri migliorano con l'allungarsi della permanenza in Italia, così il reddito di una famiglia di soli stranieri residente nel Paese da

28 http://www.istat.it/Bilancio demografico nazionale 29 http://www.istat.it/Bilancio demografico nazionale

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più di 12 anni è in media superiore del 40% rispetto a quello di una famiglia arrivata da soli due anni. Inoltre, le entrate delle famiglie straniere dipendono per oltre il 90% da redditi da lavoro, mentre per le famiglie italiane tale quota si attesta solo al 63,8%. Va precisato che i dati delle statistiche ufficiali non comprendono i numerosi stranieri che dimorano illegalmente sul territorio nazionale. La Fondazione Ismu-Iniziative e studi sulla multietnicità 31stima la presenza di stranieri irregolari presenti sul territorio italiano al 1º gennaio 2014 in 300.000 unità (pari al 6% in proporzione alla popolazione straniera regolare), ai minimi storici per effetto della crisi economica. L’immigrazione irregolare è alimentata dagli overstayers, ovvero persone che, entrati nel Paese regolarmente, restano dopo la scadenza del visto o dell'autorizzazione al soggiorno: il fenomeno avrebbe raggiunto - secondo dati ufficiali del Ministero dell'Interno32 - il 63% del totale degli stranieri irregolari nel primo semestre del 2006. Un altro 25% circa degli immigrati irregolari giunge illegalmente da altri Paesi Schengen, a seguito dell'abolizione dei controlli alle frontiere interne, infine soltanto il 15% dell'immigrazione irregolare proviene dalle rotte del Mediterraneo.

Per quanto riguarda il fenomeno degli sbarchi, a raggiungere le coste italiane attraversando irregolarmente i confini marittimi sono sia rifugiati, sia migranti economici. Dal 1º gennaio al 31 dicembre 2006 sono sbarcati sulle coste italiane 22.016 migranti, con una riduzione, rispetto allo stesso

31 http://www.ismu.org/wp-content/uploads/2015/03/Report-1-G.-Papavero-16.02.pdf 32 http://www.stranieriinitalia.it/news/viminale14ago2006.htm

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periodo dell'anno precedente, del 4,5%. La maggior parte degli sbarchi è avvenuta sulle coste siciliane, dove nel 2006 sono arrivati 21.400 migranti, nettamente inferiori quelli sbarcati in Puglia, dove sono stati solo 243, e in Calabria, dove sono stati 282. Di questi arrivi 8.146 sono di nazionalità marocchina, 4.200 egiziana, 2.859 eritrea e 2.288 tunisina.

Nel 2014 sono sbarcati sulle coste italiane 170.100 rifugiati e migranti33 su un totale di 220.194 che sono giunti nell’Unione europea attraversando irregolarmente il Mediterraneo nel 2014, con un incremento del 296% rispetto al 2013 ed anche rispetto al precedente picco del 2011 .

L’incremento negli sbarchi si deve sia al maggior numero di rifugiati provenienti in particolare dalla Siria a causa della guerra civile, sia alla maggiore facilità di partire dalle coste libiche a causa della situazione di precarietà legislativa a seguito della guerra civile in Libia. Il 2014 è stato, sia in Italia, sia nel resto d'Europa, un anno record per il numero di nuove richieste di asilo. In Italia sono state presentate 64.625 richieste di asilo ,rispetto alle 26.620 del 2013, su un totale di 625.920 richieste di asilo in tutta Europa ,rispetto alle 431.090 del 2013. Le prime cinque nazionalità dei richiedenti asilo in Italia nel 2014 sono state Nigeria (10.135), Mali (9.790), Gambia (8.575), Pakistan (7.150) e Senegal (4.675)[58]. Alla fine del 2014, nelle strutture di accoglienza per richiedenti asilo in Italia erano ospitate 66.066 persone34.

33 http://www.ismu.org/irregolari-e-sbarchi-presenze/

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La legge 125 del 2008 e la Legge 94/2009, ovvero il cosiddetto “pacchetto sicurezza”

La scelta da parte del Governo di legiferare sulla condizione giuridica dello straniero con disposizioni in materia di ordine pubblico e sicurezza rappresenta una scelta carica di un forte valore simbolico, a sottolinearlo è Grazia Naletto, Presidente dell'Associazione Lunaria 35che prosegue “E' la

retorica artatamente costruita(...) sulla “società della paura” e sul ruolo che in essa svolgerebbero i cittadini stranieri, a consentire l'adozione di norme così esplicitamente lesive dei loro diritti. A seguito della

manipolazione della realtà, attraverso un sistematico processo disumanizzazione dei migranti, che trasforma gli uomini, le donne e i bambini in non persone, il messaggio della Lega Nord, forza politica minoritaria, sarebbe dunque riuscito a trasformare le proprie idee in assi portanti delle politiche migratorie del paese.

La campagna sicurtaria, che individua gli stranieri come i principali nemici, ha ripreso vigore nell'autunno del 2007 a seguito di alcuni gravi fatti di cronaca con protagonisti cittadini stranieri, come l'omicidio di Giovanna Reggiani36 e l'uccisione di Vanessa Russo37. Secondo Marzio Barbagli38tra il novembre e il dicembre 2007 si è verificata in Italia

35 Naletto G.La legittimazione normativa delle discriminazioni e del razzismo in Rapporto sul

razzismo , edizioni Lunaria 2009 ,p.91

36 http://www.corriere.it/cronache/07_novembre_01/rom_accusato_omicidio.shtml

37 http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/04_Aprile/29/arrestate_donne_russo.shtml 38 Barbagli M.2008, Immigrazione e sicurezza in Italia, pag.154

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un'ondata di panico morale, riprendendo per tale concetto la definizione di Stanley Cohen del 1972:

Le società sono soggette, di quando in quando, a periodi di panico morale. In questi periodi, l'attenzione si concentra su una condizione, un episodio, una persona o un gruppo di persone, considerate come una minaccia ai valori ed agli interessi della società; la sua(o la loro) natura viene presentata in modo stilizzato e stereotipato dai mass media;barricate morali vengono erette dai giornalisti, dai vescovi, dai politici e da altri benpensanti;esperti socialmente accreditati propongono diagnosi e soluzioni”39

I provvedimenti del pacchetto sicurezza contengono al loro interno modifiche relative a diversi ambiti normativi, dagli interventi sulla normativa penale a quelli del codice della strada, di seguito si riportano le novità in materia di immigrazione.

Il primo intervento è quello della Legge 125/2008, Misure urgenti in

materia di sicurezza pubblica, che prevede:

1. Modifica del codice penale in tema di espulsione, che diviene obbligatoria in caso di condanna con pena superiore ai due anni di reclusione o a seguito di condanna per delitti contro lo Stato;

2. Introduzione dell'aggravante della “clandestinità” per quanto riguarda i reati commessi da un soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale, tale disposizione è stata censurata dalla Corte Costituzionale, con sentenza 249/2010, per contrasto con gli artt.3, co.1, e 25, co.2, Cost.

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3. Modifica all'art. 656 c.p.p. che disciplina l'esecuzione delle sanzioni detentive, l'articolo, nella parte in cui individua i reati per i quali la sospensione non può essere disposta, riportava il riferimento ai reati aggravati dalla condizione di irregolarità del colpevole. Dunque chi veniva condannato con l'applicazione dell'aggravante non poteva fruire della sospensione dell'esecuzione per poter accedere alle misure alternative alla detenzione. Anche tale previsione è stata cancellata dalla sentenza della Corte Costituzionale 249/2010;

4. Introduzione del reato commesso da chiunque alloggi o ceda a titolo oneroso un immobile ad un cittadino straniero irregolarmente presente sul territorio nazionale al fine di trarne un ingiusto profitto. L'articolo prevede la pena accessoria della confisca dell'immobile;

5. Trasformazione della denominazione dei Centri di Permanenza Temporanea in Centri di Identificazione ed Espulsione;

6. Introduzione nel Testo Unico degli Enti Locali, d.lgs 267/2000, di nuove competenze in capo ai sindaci per intervenire in materia di sicurezza urbana. L'eccezionale discrezionalità conferita alle autorità locali ha di nuovo richiesto l'intervento della Corte Costituzionale che, con la sentenza 115/2011, ha censurato la disposizione per contrasto con gli artt.23,97,3 della Costituzione.

Nella legge n. 94 del 15 luglio 2009, Disposizioni in materia di pubblica

sicurezza, sono state inserite ulteriori restrizioni nei confronti degli

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1. Aumento del periodo richiesto al coniuge, che sia straniero o apolide, di cittadino italiano per acquisire la nazionalità italiana. Al posto dei sei mesi previsti in precedenza adesso occorre un periodo di almeno due anni di legale residenza nel territorio della Repubblica Italiana, oppure dopo tre anni dal matrimonio se il coniuge risiede all'estero.

2. Modifica all'art.116, co.1 del Codice Civile, per cui lo straniero che voglia contrarre matrimonio in Italia deve esibire un documento che attesti il regolare soggiorno dello stesso. La norma è stata dichiarata costituzionalmente illegittima per contrasto agli artt.2,29,117 della Costituzione;

3. Introduzione del reato di ingresso e/o soggiorno illegale, con l’obbligo di pagare un’ammenda da 5.000 a 10.000 euro, che comunque non estingue il reato punibile con il carcere, su tale previsione c’è stato un pronunciamento negativo della Corte di giustizia europea.

4. Obbligo di dimostrare la condizione regolare del soggiorno ai fini dell’accesso ai servizi , esclusi quelli sanitari e scolastici, e per compiere gli atti di stato civile quali matrimonio, registrazione della nascita, riconoscimento del figlio naturale, registrazione della morte;

5. Obbligo, ai fini del ricongiungimento familiare, di certificazione da parte del Comune di residenza dell’idoneità abitativa dell’alloggio;

6. Introduzione del permesso a punti detto “accordo di integrazione”, per cui si prefigura il rischio di esaurire tutti i crediti disponibili in breve tempo e perdere l’autorizzazione al soggiorno;

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7. Rilascio del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo, con conseguente possibilità di accedere alle prestazioni sociali, condizionato al superamento di una prova di conoscenza della lingua italiana;

8. Introduzione di un contributo, compreso tra 80 e 200 euro, per ogni rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno;

9. Abolizione del regime di silenzio-assenso dopo 180 giorni ai fini del rilascio del nulla-osta da parte delle Prefetture, pur in un contesto di notevoli ritardi della macchina burocratica;

La norma inoltre prevede il prolungamento del periodo massimo di trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione da due a sei mesi; l'aumento del tempo necessario per poter presentare domanda di cittadinanza dopo aver contratto matrimonio, nonché della durata dell’arresto per lo straniero che non esibisce i documenti all’autorità di pubblica sicurezza; la riduzione dal quarto al secondo grado di parentela del requisito necessario per impedire l’espulsione dello straniero irregolare; l’obbligo per i titolari di agenzie che si occupano di money

transfer di fotocopiare e conservare per un decennio il permesso di

soggiorno dei loro clienti e di segnalare alla polizia i clienti che siano sprovvisti del permesso;

Ad aprile 2011, la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha bocciato il reato di clandestinità perché tale disposizione, comportando la pena della reclusione per gli immigrati irregolari, è in contrasto la direttiva europea (2008/115/CE del 16 dicembre 2008) sui rimpatri dei clandestini, recante

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norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri con la previsione della possibilità di rimpatrio volontario entro un termine compreso tra 7 e 30 giorni, mentre la detenzione in Italia sarebbe ostativa al rimpatrio. Inoltre inizialmente era prevista l'incapacità matrimoniale, ovvero l'impossibilità dello straniero privo di permesso di soggiorno di sposarsi, ma questa disposizione è stata dichiarata illegittima poiché viola l'esercizio di un diritto umano fondamentale, come sancito dalla Costituzione.

Al termine di questo excursus della normativa italiana in materia di immigrazione si ricorda il decreto legge n. 89 del 2011, che recepisce nell’ordinamento italiano due direttive europee (n. 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e n. 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di paesi terzi irregolari), che ha disposto l’espulsione immediata degli immigrati irregolari considerati pericolosi per ragioni di ordine pubblico, per la sicurezza nazionale o per il rischio di fuga, ed ha altresì disposto il prolungamento della permanenza nei CIE da 6 a 18 mesi e l’estensione da 5 a 7 giorni del termine entro il quale lo straniero deve lasciare il territorio nazionale su ordine del questore qualora non sia stato possibile il trattenimento presso i CIE.

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