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14CAPITOLO ILA VITA, SPERSA NELL'UNIVERSO E NEL TEMPO

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Academic year: 2021

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CAPITOLO I

LA VITA, SPERSA NELL'UNIVERSO E NEL TEMPO

Per dare uno schema approssimativo, all'inizio di ogni capitolo indicherò il tema centrale attorno al quale di volta in volta svolgerò il discorso.

In questo primo capitolo mi avvicinerò all'oggetto del nostro interesse, cioè alla vita, partendo – come talvolta fa Boncinelli – da lontano: dal cosmo e dall'inorganico, da cui tutto quanto, probabilmente, ha avuto origine.

In questo capitolo il concetto di vita è da intendersi strettamente come vita organica, che non è separabile dall'evoluzione biologica, la quale ne ripercorre la storia e a cui sarà dedicato il secondo capitolo.

In quelli successivi, in un progressivo avvicinamento, descriverò, tappa dopo tappa, ciò che ha portato alla nascita dell'uomo e di un altro tipo di evoluzione, quella culturale, che ha preso origine da quella biologica, ma se ne è sempre più sganciata fino a diventarne autonoma.

Durante tale percorso, lo stesso concetto di vita inevitabilmente cambia, da una parte configurandosi sempre più come fatto individuale, in cui assume rilevanza massima la coscienza mentale, ma dall'altra, proprio all'apice del suo progresso - costituito dalla scienza - dando origine a fenomeni di tipo collettivo. In un caso come nell'altro assistiamo ad una progressiva “frantumazione della materia”, tanto che Boncinelli definisce

“transmateriali” sia la la coscienza fenomenica che il Collettivo.

La logica di questo percorso va individuata nella crescente segregazione dell'informazione (o della forma) dalla materia, che forse inizia quando per la prima volta il nucleo si

distingue dalla cellula.

LA VITA E IL COSMO

L'evoluzionismo è per Boncinelli talmente imprescindibile da costituire il concetto unificante di tutta la biologia1.

Egli tende a definire i termini che usa, secondo i dettami del metodo scientifico, e della vita dà una definizione articolata elencandone le caratteristiche essenziali. È "materia organizzata, limitata nel tempo e nello spazio, capace di metabolizzare, riprodursi ed evolvere"2. Dunque il concetto di evoluzione è compreso nella stessa definizione di vita, perché ne costituisce una caratteristica essenziale. Non c'è vita senza evoluzione e viceversa, perciò quando si parla di "evoluzione chimica o prebiotica" si usa il termine in senso improprio.

Infatti l'evoluzione è legata al genoma e ne rappresenta la sua storia; in conclusione l'evoluzione è la stessa storia della vita organica 3 e delle trasformazioni del suo genoma.

Perciò non si può fare biologia senza essere, magari inconsapevolmente, evoluzionisti. Le critiche serie – e questo per lui significa scientifiche - che sono state rivolte a questa teoria anziché minarla l'hanno rafforzata, perché sono state via via inglobate dall'evoluzionismo, che anche in virtù di questi contributi è passato da una versione iniziale darwiniana ad una neodarwiniana, che ha una maggiore potenza di spiegazione dei fenomeni.

1 Pag. 26 di "Perché non possiamo non dirci darwinisti".

2 Questa definizione è tratta da “La scienza non ha bisogno di Dio”, pag.37, ma la si trova sostanzialmente inalterata fin dalle sue prime opere (vedi “Prima lezione di biologia” a pag. 4) e continuamente ripetuta (ad es. “Lo scimmione intelligente” pag. 25 ).

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Grazie come abbiamo detto alla sua formazione di fisico, affronta questo discorso da lontano, inquadrando la vita all'interno dell'universo, come per darne le

coordinate spazio-temporali.

Molti dei concetti-chiave che usa per raccontarci la storia del cosmo li ritroveremo quando ci parlerà della materia vivente, dell'evoluzione biologica, dello sviluppo organico e perfino dell'evoluzione culturale. Tutto ciò non può stupire, perché è coerente col suo fondamentale riduzionismo e monismo, in quanto tutto nasce e si fonda a partire dalla materia, e ciò che vale per gli strati più antichi vale anche – come vedremo – per quelli più recenti e sofisticati, ma non viceversa.

IN ORIGINE ERA LA SIMMETRIA

Ci descrive l'universo alla sua origine, una quindicina di miliardi di anni fa, come omogeneo, simmetrico, soggetto a leggi semplicissime, esclusivamente potenziale.

Ipotizza che le quattro forze fondamentali della natura (forza gravitazionale, forza nucleare cosiddetta debole, forza elettromagnetica e forza nucleare cosiddetta forte) costituissero in origine un tutt'unico, che dette luogo all'una e all'altra di esse col progressivo diminuire della temperatura4. Rubbia negli anni '60 ha infatti dimostrato che la forza nucleare debole e quella elettromagnetica sono riconducibili ad un'unica forza, detta elettrodebole. In un'intervista del '99 di Pietro Greco5, Boncinelli afferma che sebbene non sia dimostrato che l'interazione elettrodebole si unifichi a sua volta a quella nucleare forte, molti fisici, e lui con quelli, pensano che siano un tutt'uno. Più difficile è unificare la gravità con le altre tre forze, ma ciò sarebbe possibile forse ad altissime temperature, vicine a quella del Big Bang ; se ci si riuscisse, si metterebbero d'accordo la meccanica quantistica con la gravità, che sfugge per il momento ad ogni tentativo di quantizzazione. Questa conciliazione è possibile ed egli prevede che tale compito verrà assolto dalla fisica del XXI secolo.

Il monismo che caratterizza per lui tutto l'universo non può che rispecchiarsi anche nelle discipline scientifiche, perché fisica, chimica e biologia studiano la stessa identica e unica realtà, per quanto a temperature sempre più basse.

All'inizio di tutto, racconta, ci fu il Big Bang, avvenuto quattordici o quindici miliardi di anni fa, a cui seguirono, in maniera progressiva, espansione e raffreddamento.

Forse all'inizio tutta la materia era concentrata in un unico punto di densità infinita, ma noi siamo “relativamente sicuri” solo di ciò che è successo “dopo qualche secondo”, quando l'universo cominciò ad espandersi, perché questo è “un limite di validità che le teorie di oggi non possono valicare”6. Se è soltanto a partire dall'espansione che il discorso diventa scientifico, allora questa descrizione che ci fa dell'universo alla sua origine, come omogeneo, simmetrico e soggetto a leggi semplicissime non può essere considerata

scientifica. Ma sappiamo che, nonostante il rifiuto nei confronti delle "chiacchiere" sganciate dai fatti, Boncinelli riconosce il contributo che alla scienza talvolta apportano alcune "idee" ancora non dimostrate.

Tuttora l'universo si espande e non sappiamo se lo farà per sempre o ricomincerà a contrarsi. Tale espansione è una conseguenza necessaria della teoria della relatività generale, di cui Boncinelli in varie occasioni riassume in maniera molto chiara i contenuti, ed in cui tempo, spazio, massa e gravità si fondono in un'unica equazione.

4 "Il cervello, la mente e l'anima", pagg. 23 e 25. 5 “Il trionfo della genetica” del 2.10.'99.

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Qualcuno sostiene che l' espansione sia la causa dell'irreversibilità del tempo e degli eventi, che non deriva dalle leggi della fisica. Essa sarebbe dunque alla base del tempo lineare, asimmetrico e irreversibile. Ciò comporta necessariamente l'esistenza di una forza più grande di quella di gravità e bisogna ipotizzare la presenza di un 90-95% di materia in più, che, siccome non la possiamo vedere, l'abbiamo definita "oscura", e non sappiamo neanche se è simile o no alla materia che conosciamo. È stato poi il raffreddamento a dare origine alle cose – vale a dire agli oggetti individuali - e alle loro relazioni: le particelle elementari prima, gli atomi e le molecole poi, infine i loro aggregati in corpi solidi o liquidi.

In molti casi si osserva che le relazioni delle nuove entità non sono riconducibili alle relazioni delle entità precedenti, così come la liquidità non è contenuta nelle molecole che la compongono; si parla perciò di “proprietà emergenti”, che è uno dei concetti-chiave del suo pensiero. Perfino il tempo sarebbe una proprietà emergente della materia, affiorata dal Big Bang, per cui tutto ciò che l'ha preceduto sarebbe collocato fuori dal tempo7.

Ciò che accade, come ad esempio l'insorgere di una proprietà emergente, avviene per “caduta o rottura di simmetria” - altro concetto-chiave - che comporta il passaggio dalla potenzialità all'atto e che rappresenta una forma di "scelta" che esclude irreversibilmente tutte le altre.

Che ogni evento sia originato da una rottura di simmetria è ben rappresentato – come osserva Bottazzini 8- nell'affresco della Cappella Sistina, in cui Michelangelo simboleggia l'atto della creazione mediante la mano destra di Dio che crea, per asimmetria, la sinistra di Adamo.

Riprendendo Pierre Curie, è proprio la dissimmetria che crea il fenomeno, e, secondo Boncinelli, l'esistere è già “una violazione della simmetria tra l'esistere e il non esistere”9 che rappresenta anzi la primissima caduta di simmetria della storia dell'universo10. Ad essa seguì quella che distinse la materia dall'antimateria e che è all'origine dell'universo; infatti "non c'è ragione di ritenere che all'inizio del tempo ad ogni particella non corrispondesse un'antiparticella"11, mentre oggi la materia fa parte del nostro mondo, e l'antimateria esiste sì, ma "chissà dove".

Una rottura di simmetria si verifica quando una situazione, che si può sviluppare in un senso o nell'altro - e non è assolutamente prevedibile cosa succederà - assume una direzione specifica tra quelle possibili. Si è di fronte ad una biforcazione, in cui imboccare una strada o l'altra dipende probabilmente dal “caso”.

Dunque il concetto di rottura di simmetria trascina con sé il concetto di caso. Quest'ultimo è un termine davvero importante nel pensiero di Boncinelli, che egli sottolinea continuamente, e che continuamente ci spiega, senza mai arrivare ad una definizione esaustiva, perché è complesso ed ambiguo, e su di esso tornerò dunque a varie riprese. Per illustrarlo egli usa molte metafore, tra cui quella di una pallina in cima ad una vetta, che non è possibile prevedere da che parte cada, o del congelamento dell'acqua, in cui le molecole assumono una sola tra le infinite configurazioni possibili. Ma una volta che la simmetria è rotta in un determinato senso, tale "scelta" s'impone definitivamente diventando necessaria e universale e provocando una catena di eventi a cascata.

Tutto ciò è reso icasticamente incisivo dall'esempio che ci fa Bottazzini, in colloquio con Boncinelli, di una tavola rotonda imbandita, in cui ciascun commensale non sa se il suo piatto è quello alla sua sinistra o alla sua destra; ma una volta che il primo di loro prenderà “a caso” l'uno o

7 "Tempo delle cose, tempo della vita, tempo dell'anima", pag. 24. Al concetto di tempo Boncinelli ha dedicato varie pubblicazioni, anche perché il mutamento che caratterizza la vita lo comporta necessariamente. Purtroppo nella presente tesi per ragioni di spazio l'ho soltanto sfiorato, accennandone solo nella bibliografia.

8 “La serva padrona", pag 145. 9 Pag. 201 de "La serva padrona". 10 Pag. 47 di “Prodigi quotidiani”. 11 "Il cervello, la mente e l'anima", pag.26.

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l'altro, imporrà tale ordine a tutti gli altri12 .

Una caduta di simmetria comporta l'esclusione di potenzialità mediante l'attualizzazione di una soltanto tra di esse, ed è fonte di irreversibilità e di novità impredicibili13.

La simmetria attiene alla potenzialità del mondo, la rottura di simmetria alla sua attualità14. In conseguenza cioè a quelle "scelte", sostanzialmente arbitrarie, che sono le rotture di simmetria, spesso irreversibili, si verifica una discontinuità, si passa cioè da uno stato iniziale, in cui tutto avrebbe potuto svilupparsi in una direzione o nell'altra, in cui la potenzialità era totale, in cui tutto era simmetrico, omogeneo, semplicissimo, ad una molteplicità carica di asimmetrie.

Ma, ancor più che nell'inorganico, le rotture di simmetria sembrano caratterizzare, in maniera più specifica e frequente, la vita organica.

Sono proprio le piccole rotture di simmetria che rappresentano gli snodi importanti dello sviluppo dell'embrione - come vedremo - e la successione di tali rotture ne costituisce la storia, riassunta nel genoma, che dunque è storia di rotture di simmetria. Altrettanto importanti esse sono all'interno dell'evoluzione, che consiste proprio nella storia di tali eventi.

In natura, è tutto un trionfo dell'imperfezione”15. La simmetria perfetta comporta immobilità, mentre la vita non è mai perfetta, è simmetrica in maniera imperfetta e quindi è mutevole nel tempo e capace di imprevedibili cambiamenti. Somiglia a un cristallo sì, ma capace di duplicarsi

commettendo continuamente qualche piccolo errore che diventa la base della sua storia e del suo sviluppo. Dunque “la vita è … la rottura di simmetria, da cui ha origine un evento. Non lo ripeteremo mai abbastanza, anche perché questa è la notizia più importante che ci riguardi.”16 Perciò la vita è per definizione evento e storia.

Affinché un evento, per quanto casuale in origine, provochi una catena di eventi necessariamente conseguenti deve inserirsi però nelle maglie di meccanismi rigidamente ripetitivi e deterministici, propri della fisica e della chimica, che lo trasformano in “necessità”. Riprendendo un termine di

Stephen Gay Gould, Boncinelli chiama “accidente “(o più spesso “incidente”) un simile evento, aggiungendovi il termine “congelato” per indicarne la coriacità17: dunque “incidente

congelato”(frozen accident in inglese), che però non deve essere inteso come un errore, perché la selezione in tal caso non lo avrebbe fatto passare18. Ecco che troviamo, in omaggio a Monod, un altro concetto fondamentale: la necessità. È dunque dall'incontro del caso con la necessità che nasce la vita, che comporta cambiamento, evento, storia, evoluzione. Nella sua opera Boncinelli sottolinea con enfasi soprattutto il ruolo del caso, anche se la necessità rappresenta la conditio sine qua non perché esso s'imponga. Caso e necessità dunque, con un riferimento d'obbligo che puntualmente Boncinelli fa sia a Democrito che a Monod, rappresentano infatti la dinamica dell'intera esistenza.

LA VITA COME UNICA FIAMMA

Fu un'altra rottura di simmetria nella materia che provocò l'insorgere come qualità emergente -della materia organica, distinguendola da quella inorganica: "a un certo momento -della storia del

12 Si tratta di una storia a sua volta raccontata dal fisico Abdus Salam; vedi a pagg. 150-151 di "La serva padrona". 13 Pag. 50 de "Il tempo delle cose, il tempo della vita, il tempo dell'anima".

14 Pag. 202 de "La serva padrona".

15 “Prodigi quotidiani”, pag. 155. 16 “Prodigi quotidiani”, pag. 44.

17 “Lo scimmione intelligente”, pagg. 20 e 21.

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mondo si è rotta un'ennesima simmetria e gli esseri animati si sono separati da quelli inanimati"19. Molte volte afferma che la vita è qualcosa che è emerso dalla storia della materia inorganica, in maniera non necessaria, forse non ripetibile, attraverso un meccanismo che ci è sconosciuto, ed avrebbe potuto assumere forme diverse da quella che ha assunto. Altre volte è invece più circospetto, oscillando nel tempo tra affermazioni differenti, perché su questa che egli chiama la “domanda di grado zero”20, l'opinione riduzionista non è per il momento dimostrabile.

"La vita nel suo complesso", ci dice in "Biologia dello sviluppo", pag. 15," può essere vista

come una delle tante turbolenze che si originano e si perdono all'interno dell'enorme

pentolone costituito dal pianeta Terra posto sul fornello della stella Sole. Questa turbolenza è instabile e si agita nel tempo. Ogni organismo superiore nasce, cresce, si sviluppa e muore e gli organismi nel loro complesso evolvono incessantemente."

Vale a dire che la vita è un continuo cambiamento, che per avvenire ha bisogno di un continuo dispendio di energia. Boncinelli la paragona la vita alla Regina Rossa di Alice, che deve

incessantemente correre per poter restare ferma: la vita si mantiene cambiando. Ciò che rimane più o meno stabile è la forma, mentre la materia viene continuamente sostituita21; se questa continua sostituzione cessasse, la vita verrebbe immediatamente ingoiata nel nulla. C'è uno sforzo continuo che la vita fa per replicare se stessa, per assumere le più differenti sembianze, per emergere nelle più differenti condizioni, per cambiare in tutte le possibili direzioni, senza il quale essa si

arrenderebbe all'entropia (ecco un nuovo termine-chiave). Nietzsche l'aveva perfettamente capito, visto che nel "Così parlò Zaratustra" affermò che la vita gli aveva confidato il suo segreto: "io sono il continuo, necessario superamento di me stessa."22

A questo proposito Boncinelli cita Aristotele, che parla di essere vivente come sinolo o sintesi di materia e di forma23. Ma di questi due termini è soprattutto la forma, o meglio la forma dinamica - che è data dall'informazione e quindi dal genoma - che per lui contraddistingue i viventi.

Nell'inorganico infatti la forma esiste, ma non cambia continuamente ed è come “congelata”24. La vita è un continuum 25che a quanto sembra dura da tre miliardi e ottocento milioni di anni,

paragonabile ad una unica fiamma, che dà origine ad infinite forme contingenti, vegetali e animali, che si passano il testimone; deve restare sempre accesa, perché è probabile che sia nata una sola volta, magari solo sulla Terra, e che se sparisse non rinascerebbe.

L'evoluzione è la storia di questa fiamma, che però prende di volta in volta forme diverse, contingenti e individuali: la forma della mia vita, di quella di un cane, di quella degli alberi...; ciascuna di queste cose è un capitolo della stessa storia. "Questo, a pensarci bene, è molto di più della semplice teoria evoluzionistica darwiniana, che pure tanto colpì ai suoi tempi. Non solo deriviamo tutti dallo stesso gruppo di organismi viventi originari, ma questo avviene per derivazione fisica diretta"26.

Anche Monod27

descrive la vita in maniera analoga quando parla di biosfera: non si tratta di una classe di eventi ma di un evento unico e perciò, come per Boncinelli, non è prevedibile. Per entrambi come vedremo essa è compatibile ma non

19 Pag. 26 de “il cervello, la mente e l'anima”.

20 “Perché non possiamo non dirci darwinisti”, pag. 29. 21 “La scienza non ha bisogno di Dio”, pag. 21

22 "E ora?", pag. 132. 23 "Io sono, tu sei", pag.31.

24 "La scienza non ha bisogno di Dio", pag. 54. 25 "L'etica della vita", pag 12.

26 "La scienza non ha bisogno di Dio", pag. 126.

27 Vedi l'ultimo paragrafo del capitolo II, intitolato "La biosfera: un evento strano non deducibile dai primi principi", pag-51 de "Il caso e la necessità".

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deducibile dai primi principi, in quanto non è necessaria ma puramente contingente. La vita nelle sue innumerevoli forme non riparte mai da zero, perché porta in sé il "riassunto delle puntate precedenti", rappresentato dal genoma, e si tratta di una continuità non solo genetica ma fisica. È dunque il genoma, che ha una comune origine per tutti i viventi, che

rappresenta questa unica fiamma, perché esso è il tramite di un'informazione collettiva che si trasmette da individuo a individuo e da specie in specie

tramandando anche le trasformazioni che molto lentamente esso stesso subisce. La storia delle mutazioni del genoma, la storia della trasmissione e della

trasformazione della forma organica costituisce l'evoluzione.

Da un punto di vista spaziale, la vita esiste probabilmente solo sulla Terra, anzi soltanto sulla biosfera - cioè su quella specie di mantello che avvolge la Terra e che è poco più spesso di vénti chilometri, compresi aria e fondali marini 28 - e rappresenta dunque un'eccezione minuscola

all'interno del cosmo. Boncinelli non ci parla d'infinito, che per lui non esiste29, ma ci racconta degli spazi immensi, in cui si trova la Terra. Per farci capire l'enorme distanza dalla stella più vicina, paragona la Terra ad un bottoncino da polso e ci dice che in proporzione tale stella sarebbe a quaranta chilometri da noi!

Nonostante la grandezza straordinaria del cosmo, è improbabile che la vita esista su altri pianeti, perché le sue condizioni d'esistenza sono talmente limitative, dal punto di vista atmosferico e climatico da renderla del tutto eccezionale. Occorre infatti una temperatura tra -10 e +30/40°, affinché l'acqua non geli o non evapori. Ma se anche esistessero esseri viventi in altre galassie, la distanza è tale che non potremmo mai entrarci in contatto, se è vero che la velocità della luce non può essere superata30.

Mentre l'universo è fatto di atomi leggerissimi, prevalentemente di idrogeno e di elio, noi siamo differenti, perché abbiamo atomi di carbonio, che sono abbastanza grandi e che forse provengono dall'esplosione di qualche stella, a dimostrazione che esistiamo in quanto esistono l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande. Ma occorre osservare che tali atomi sono gli stessi della materia inorganica, terrestre o stellare che sia. Proprio il carbonio permette che tutti i cambiamenti organici, a partire dal metabolismo, avvengano a bassissimo costo energetico, quasi in modo invisibile e sotterraneo31.

La vita è dunque un fatto contingente, non necessario e assolutamente casuale; potrebbe essere l'unica eccezione nell'ambito dell'universo; è nata per caso e per caso può scomparire. Se quell'unica fiamma che la rappresenta si spengesse, sarebbe altamente improbabile la sua ricomparsa.

La vita ha regole proprie, che sono quelle della biologia e dell'evoluzione, vale a dire il caso e la selezione (la quale lavora grosso modo con criteri di necessità opposti al caso), ma non fa eccezione alle leggi dell'universo e deve obbedire ai vincoli di carattere fisico e chimico, che

28 "Prima lezione di biologia", pag. 52.

29 "La serva padrona", pag.73.Tratterò l'argomento nel capitolo dedicato alle nozioni innate, da pag. 122. 30 In una conferenza universitaria dal titolo "Raccontare la scienza", pubblicata su Youtube nell'ottobre 2011, su

domanda di uno degli studenti presenti, Boncinelli risponde che non ha finora commentato la presunta scoperta sui neutrini più veloci della luce perché questa innanzitutto non è chiara. Invita tutti ad essere cauti, ad aspettare per vedere se se ne parlerà ancora in futuro o se la cosa si smonterà da sola – tanto gli errori nella scienza saltano fuori, basta aspettare- . In ogni caso, non si tratterebbe di rivoluzione, come qualcuno dice, perché l'asserzione di Einstein che la velocità della luce non può essere superata non è sperimentale, ma è un postulato, paragonabile a quelli di

Euclide, cioè una pura ipotesi e quindi, come è stato fatto per il V postulato di Euclide, può essere sostituito.

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ne determinano la fondamentale conservazione32. Non può dunque contrastare le leggi che regolano il mondo inorganico.

Eppure la vita – quella biologica così come quella mentale33- mal si concilia, almeno in apparenza, col Secondo Principio della Termodinamica. Uno dei problemi che assilla Boncinelli è infatti come si possa conciliare questo principio, che stabilisce in tutto il mondo l'inesorabile legge dell'aumento dell'entropia e che domina incontrastato nell'inorganico, con l'aumento di ordine che la vita crea e che con sordo accanimento costruisce e ricostruisce, pur rischiando continuamente di essere ringoiata nel nulla. Mentre cioè nella storia degli organismi superiori e dell'uomo in particolare si verifica, sia a livello di sviluppo che di evoluzione, un progressivo accumulo di ordine e di elementi distinti, questa legge prevede una tendenza alla disgregazione degli oggetti (e quindi di ciò che è individuale), a vantaggio dell'uniformità, e una degradazione continua di energia.

L'entropia è perdita di ordine e perdita d'informazione, mentre la vita rappresenta il trionfo

dell'informazione e della lotta contro l'entropia. L'informazione è infatti l'opposto dell'entropia. La vita è dunque già sorprendente che esista, perché sembra un' eccezione rispetto a tutto il resto dell'universo. Dobbiamo dunque pensare che la fisica e la chimica che regolano la materia

inorganica non regolino allo stesso modo anche quella organica? Per quanto gli scienziati abbiano cercato leggi esclusive del mondo organico, finora non le hanno trovate34.

La risposta al quesito è arrivata soltanto negli anni '60 e consiste nell'osservare che tale presunta eccezione è puramente apparente o per meglio dire locale, perché l'aumento di ordine nella vita è largamente compensato da un maggior disordine nell'ambiente circostante35. Ma tale soluzione, che Boncinelli prospetta fin dai suoi primi scritti, sembra non soddisfarlo profondamente, visto che ancora nel 201036 confessa di porsi questo problema "da quarant'anni".

Osteggiando esplicitamente il vitalismo di Driesch, scrive: "Nessuno oggi sostiene che la materia vivente obbedisca a leggi diverse da quelle ordinarie della fisica e della chimica. Gli organismi sono sistemi complessi aperti costituiti di macromolecole allo stato colloidale. Le loro straordinarie caratteristiche sono da ascrivere in sostanza alle proprietà chimico-fisiche degli stati condensati, un capitolo delle scienze fisiche ancora in gran parte da esplorare."37 Dunque la sorprendente specificità della vita è dovuta al suo stato di proprietà emergente, che pur non sottraendosi alle leggi della fisica e della chimica ne crea di nuove e di specifiche.

Ma è la stessa definizione che Boncinelli dà del concetto di vita che fa i conti con la morte, quindi con l'entropia, perché ci dice che prima o poi sparirà, in quanto si tratta di "materia limitata nel tempo". La questione riguarda evidentemente sia il singolo organismo, cioè la morte individuale, sia la vita in generale. La vita è "l'ora d'aria" di chi è condannato

inesorabilmente a morte, è "l'ora d'ordine", l'eccezione o la parentesi di un disordine e di un caos cosmico ineluttabile, perché rappresenta una vacanza o una deroga dal Secondo Principio della Termodinamica. Prima o poi verrà ringhiottita nell'inorganico. Proprio l'entropia, secondo

32 Pag. 113 di "Le forme della vita". 33 "Il male", pag. 160.

34 Pag. 92 di “La scienza non ha bisogno di Dio”

35 È un'osservazione quasi ovvia per un animo ambientalista: ci chiediamo quanto possa durare la

forsennata attività dell'uomo che comporta un'inevitabile distruzione dell'ambiente, a meno che non si riesca a colonizzare – e a cominciare a distruggere!- qualche altro pianeta abitabile alternativo alla Terra. Non è così per Boncinelli, animato da uno spontaneo ottimismo, da un'incrollabile fiducia nella razionalità, nella scienza e, soprattutto, nell'impermeabilità dell'ecosistema che non gli sembra scalfibile dalle avventure dell'uomo.

36 "Le tre età della mente", da Micromega n°7 del 2010, pag.110. 37 "Biologia dello sviluppo, pag. 65.

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me, sembra obbligare la materia vivente ad un cambiamento continuo come condizione per sopravvivere, ad un continuo lavoro che necessita di un grande dispendio di energia, quasi per ingannare la morte. Il cambiamento - dunque prima di tutto il metabolismo - appare come la conseguenza necessaria dello scontro tra entropia e vita. A tale compromesso si potrebbe forse dare un nome:

sopravvivenza. Mi pare che la sopravvivenza consista proprio in questo sforzo di cambiamento continuo attraverso cui la vita gattopardescamente riesce a

mantenere se stessa ingannando la morte.

A dimostrazione del fatto che morte e vita sono interconnessi e interdipendenti, Boncinelli osserva che spesso lo sviluppo degli organismi avviene proprio grazie a meccanismi biologici che si basano sulla morte cellulare. La morte è dunque in funzione essa stessa dello sviluppo e della vita. Infatti l'apoptòsi, cioè il suicidio programmato delle cellule, avviene per esempio per separare le dita negli organismi che non sono palmipedi o per separare l'ulna dal radio. Nelle prime fasi dello sviluppo cerebrale infantile si osserva un meccanismo dello stesso tipo, in cui viene ingaggiata tra i neuroni una specie di corsa a chi prima arriva piazzando il suo assone; dal 15 al 60% di tali neuroni muore perché non arriva in tempo al bersaglio, che è il solo che ne assicura la sopravvivenza mediante sostanze come l'NGF scoperto dalla Montalcini.

Così come la vita è strettamente correlata alla morte, vedremo che anche la malattia, il cancro in particolare, per Boncinelli non è che" l'altra faccia della vita"38ed esiste in quanto esiste la vita. Nella storia del cosmo e in quella dell'evoluzione si osserva un aumento progressivo di complessità: quella del mondo animato è maggiore che in quello inanimato, e tra gli organismi viventi aumenta man mano che si sale nella scala evolutiva ed è un portato del relativo genoma, che riassume secoli di storia. "La sorprendente peculiarità della vita è davvero questa: conservare, anzi talvolta incrementare, la complessità.39" La complessità è, come vedremo, soprattutto di tipo informativo e negli organismi è sintetizzata dal genoma, che costituisce il riassunto fisico, la memoria, delle varie rotture di simmetria o “scelte” che, con una forte componente di casualità, si sono susseguite nel tempo sia dal punto di vista

individuale che filogenetico. Essa è la traccia e il riassunto di tutti questi percorsi, che spesso non sono logici e conseguenti, ma procedono per tentativi ed errori. Questo concetto di complessità è talmente importante per Boncinelli da costituire una delle distinzioni fondamentali, come vedremo, della materia.

Asimmetria e irregolarità caratterizzano la vita accanto alla casualità, che va intesa innanzitutto come mancanza di progetto. Quando Boncinelli ci parla di caso vuole in primo luogo escludere ogni possibile intenzionalità dall'evoluzione e dalla vita. Non c'è nessuna necessità che il codice

genetico, cioè la corrispondenza tra i nucleotìdi del DNA e le basi azotate delle proteine, sia quel che è; avrebbe potuto essere benissimo diverso. Ma una volta che è diventato, per puro caso, quel che è, in base ad una prima casuale rottura di simmetria, si è poi imposto definitivamente

diventando universale. È questo solo un esempio, anche se il più spettacolare, di “incidente

congelato”. Se altrove nell'universo esiste un'altra forma di vita, avrà certamente un codice genetico diverso, ci dice Boncinelli, oppure tutta questa teoria è sbagliata40. Infatti il caso è un postulato fondamentale, e se la vita altrove fosse simile a quella che esiste qui, pur avendo un'origine diversa, ciò implicherebbe una necessità che invece egli non riscontra.

38 Quest'espressione è già presente nelle sue primissime opere, per esempio a pag. 127 di “Biologia dello sviluppo”, che è del 1994.

39 "Verso l'immortalità, pag. 100.

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"Questa è la vita. Un'avventura senza una trama precostituita. una rappresentazione che va in scena senza neppure un'ora di prove41". Noi siamo per definizione impreparati a vivere, perché molte cose che dobbiamo affrontare esistono solo da adesso, in quanto la vita essendo un continuo mutamento prospetta situazioni e difficoltà sempre nuove. Ma attenzione: non tutto ciò che avviene nella vita è casuale, come dimostra l'esistenza della selezione naturale, che opera secondo un criterio direzionale "tutt'altro che casuale" e che, accanto al caso, è uno dei due pilastri dell'evoluzionismo. Cambiamenti e trasformazioni poggiano sul terreno ben solido di una continuità e di una permanenza di fondo e non sarebbero possibili senza questa. Se non esistessero i meccanismi della ripetizione, le mutazioni non potrebbero imporsi. A fondamento dell'evoluzione, accanto al caso c'è infatti la selezione, che rappresenta la necessità nel biologico, così come su un piano diverso e più generale ci sono le leggi fisiche e chimiche, che sono universali e necessitanti, e che abbiamo visto che sono la condizione perché un fatto casuale diventi importante e fonte di necessità. Boncinelli cercherà però di arginare e limitare al massimo, come

vedremo, il potere della selezione, per dare la maggior rilevanza possibile al caso. MATERIA, ENERGIA, INFORMAZIONE

Cartesio aveva distinto la realtà in res cogitans e res extensa. Perché mai - si chiede Boncinelli - fare dell'estensione la caratteristica specifica della materia? Semmai lui sceglierebbe la divisibilità, perché materia ed energia, che si trasformano l'una nell'altra, sono entrambe divisibili, e

rappresentano due parametri fondamentali, assieme all'informazione, della realtà. Dunque propone di distinguere tra res dividua e res individua42. Inoltre, la materia che oggi la scienza ci ha

permesso di conoscere si è infatti sempre più “frantumata”43, tanto da non essere più caratterizzata necessariamente dall'estensione. Sappiamo oggi che esistono la materia oscura e l'energia oscura, rispetto alla quali la materia tradizionale non è che il 3%. Nel subatomico essa è disgregata in parti che appaiono sempre più immateriali, in componenti fatte prevalentemente di vuoto e che godono di proprietà molto particolari. Ma anche nelle dimensioni a noi più familiari troviamo qualità

emergenti, che non sono cioè comprese nei loro costituenti, come la capacità di riprodursi e la coscienza, che sono caratterizzate ben poco dalla materia, ma piuttosto dalla forma e

dall'informazione. Occorre osservare però che quest'ultima per Boncinelli fa anch'essa parte delle

res dividua44. E allora cos'è res individua? Che senso ha questa divisione? Il monismo

fin qui affermato sembra trasformarsi stranamente in dualismo, e il riduzionismo pare ammettere eccezioni....45

Il reale, sia animato che inanimato, è infatti costituito, per Boncinelli come per gran parte della scienza attuale, da materia, energia ed informazione, che hanno una natura corpuscolare e discreta46. Con questi tre parametri la scienza spiega moltissime cose, e la vita vi è immersa e ne rappresenta il flusso continuo. Il che non esclude, afferma, che ci sia dell'altro, che però non è necessario a

spiegare la realtà47.

Ma il fatto stesso che ci siano per lui le res individua lascia presagire che il discorso non si concluda qui, anche se molto probabilmente si conclude qui per la scienza e

41 Così termina, a pag. 175, "Prodigi quotidiani". 42 “Lo scimmione intelligente”, pag. 14.

43 “L'universo e il senso della vita”, pag. 51.

44 Espressamente mi pare che lo dica solo nella mia intervista, a pagina 208. 45 Tratterò questo argomento nel capitolo "Monismo col buco", da pag. 169. 46 "Tempo delle cose, tempo della vita, tempo dell'anima", pag. 51.

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per uno studio oggettivo.

Einstein ha unificato la materia e l'energia, così come ha unificato spazio e tempo, dimostrando che

il tempo è in funzione dello spazio. La sua celebre formula E=mc², che soltanto coll'avvento del nucleare è stata verificata, modifica il principio di Lavoisier che va corretto: è la "materia-energia" che si conserva, cioè che non si crea né si distrugge.

Ma la materia è sempre la stessa all'interno della biosfera e si ricicla continuamente, mentre l'energia arriva dal sole e poi se ne va nello spazio (sembrerebbero dunque dare luogo rispettivamente ad un tempo ciclico e ad uno lineare).

L'informazione è spesso sottovalutata, non le si dà il giusto rilievo, anche se è fondamentale oggi nella nostra vita quotidiana, soprattutto nell'informatica; è anzi la grande protagonista della nostra epoca, così come l'energia lo è stata per il XIX secolo. Per chiarirci le idee su ciò che dobbiamo intendere per materia, energia e informazione, Boncinelli fa l'esempio del telefono cellulare, che come ogni altro oggetto è fatto di materia, ma che per funzionare ha bisogno di essere caricato elettricamente, e nel quale la Sim card rappresenta l'informazione.

Nella cellula, che è alla base di ogni organismo vivente, l'informazione è data dal DNA, che è lo stesso in tutte quante le cellule di uno stesso individuo, ma che viene diversamente attivato nelle une e nelle altre, dando luogo a cellule di tessuti differenti e con caratteristiche ben diverse. Dunque, visto il ruolo fondamentale che il genoma ha per la vita, capiamo sùbito la grande rilevanza dell'informazione in tutto ciò che è organico. L'informazione, dunque la forma, è alla base della vita e trionfa in essa, e ancor di più trionfa, come vedremo, con la civiltà umana e con l'evoluzione culturale, dove essa viene costruita in un modo nuovo: consapevolmente. Quest'osservazione ci anticipa la centralità della coscienza nei fenomeni mentali. SCALE DIMENSIONALI DIVERSE E CARATTERISTICHE DIFFERENTI DELLA MATERIA 1. IL MONDO DEI QUANTI O MICROMONDO

Le particelle elementari della materia, quelle del mondo subatomico, cioè elettroni, protoni, neutroni, come c'insegna la fisica quantistica, sono tra loro indistinguibili, non hanno individualità.

L'individualità è un altro concetto importante; si tratta anche in questo caso di una qualità

emergente della materia, che compare soltanto ad un certo momento del suo sviluppo quantitativo, che fa parte del nostro mondo e anche di quello infinitamente grande del cosmo, ma non esiste nel micro. Tale assenza nelle particelle del microcosmo è poi ciò che rende possibile alla materia di aggregarsi; infatti alla base dei "legami covalenti", che in biologia sono i più frequenti, c'è il fatto che gli atomi stanno insieme quando hanno in comune una coppia di elettroni48.

L'elettrone inoltre, grazie alla sua natura corpuscolare e discreta, non si muove mai spesso e

neppure a casaccio, ma tra posizioni prefissate; finché sta fermo non perde né irradia energia; se si sposta in posizione più vicina al nucleo emette un tot di energia, un "quanto" appunto, mentre se se ne discosta ne assorbe un quanto49. Se non fosse così, perderebbe inevitabilmente energia con l'andare del tempo e precipiterebbe sul nucleo, così che la materia scomparirebbe. Dunque, ciò che tiene insieme la materia è proprio la sua natura corpuscolare e discreta, composta cioè di quanti, come l'energia (e dunque anche la natura specifica dei suoi legami).

Queste particelle del micromondo non hanno “memoria”, cioè non conservano i segni degli eventi; è vero che possono trovarsi in stato di eccitazione, ma quando questo è passato non ne rimane traccia. Memoria, storia e individualità caratterizzano infatti solo il nostro mondo e il megamondo del cosmo e appaiono dunque strettamente interconnesse.

48 Da "Io sono, tu sei", pag. 16.

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La fantasia medievale e quella fantascientica ci descrivono l'atomo come un pianeta in miniatura intorno a cui circolano elettroni come fossero satelliti. Oppure immaginano il nostro pianeta come un atomo che un megascienziato osserva al microscopio. Democrito parlava infatti di "Antropos

micròs còsmos", in cui l'uomo è rappresentato come un universo in miniatura. Tutto ciò è

suggestivo, ma profondamente errato, perché non possono esistere individualità al di sotto di una certa soglia dimensionale50! Sono quindi le leggi della fisica che impediscono alla realtà di essere molto diversa da ciò che è, e questo avviene anche nel mondo organico, dove ad esempio è impossibile ad un insetto di essere più grande di qualche centimetro.

Nell'infinitamente piccolo crolla oltre al principio di identità anche quello di causalità. Nel mondo degli atomi "il futuro è aperto"51, vale a dire che non è prevedibile, perché non è retto dalle leggi deterministiche del nostro mondo (anche se come vedremo il determinismo nel mondo organico viene sempre più limitato e sostituito dalla contingenza).

Non c'è permesso per esempio di conoscere contemporaneamente in maniera esatta la velocità e la posizione oppure l'energia ed il tempo di queste particelle, come afferma il principio di Heisenberg; infatti devo applicare un fotone di luce che, se mi permette di vedere, dà però una spinta alla

particella che ne altera la velocità. Ammette Boncinelli che non sappiamo se ciò dipenda dalla non misurabilità di queste particelle o se derivi dall'inadeguatezza dei nostri strumenti. Ma tutto questo non significa impotenza conoscitiva, tutt'altro: a differenza di quel che sostengono taluni, questo principio non solo non afferma che la realtà è inconoscibile, ma misura con straordinaria esattezza i margini di imprecisione della nostra conoscenza. Inoltre, se è vero che non posso prevedere il percorso di una singola particella, posso però prevedere benissimo quello di una manciata di tali particelle. Vale a dire che devo soltanto passare dai principi deterministici, che dominano la fisica del nostro mondo e di tutto il cosmo, ai principi probabilistici, ma questo non significa che non posso studiare e conoscere!

Tale difficoltà di misurazione – va inoltre osservato - esiste solamente nel mondo subatomico, perché la spinta della luce non altera certamente la condizione di un oggetto macroscopico per quanto piccolo come un piccolo sasso; dunque per il nostro mondo, quello delle grandezze ordinarie, continuano a valere i criteri deterministici della fisica classica.

Tutte queste caratteristiche del mondo infinitesimale non sono intuitive, sono al contrario “controintuitive”(altro concetto importante e ricorrente), perché noi e il nostro intuito siamo fatti per vivere adeguatamente nel nostro mondo quotidiano, in mezzo ad oggetti di dimensioni ordinarie. Ma che le affermazioni apparentemente incredibili della fisica quantistica siano vere, ci dice Boncinelli, è dimostrato dalle grandissime e straordinarie52 applicazioni

tecnologiche che esse hanno reso possibili, dalle tv alle radioline ai cellulari, che ne costituiscono l'incontrovertibile riprova. Vediamo qui una particolare accezione del concetto di verità per Boncinelli (oltre a quello pragmatico e prioritario di “ciò che funziona”che,

vedremo, è finalizzato alla sopravvivenza) : è ciò che, seppure incredibile, in

contrasto cioè con la nostra intuizione, viene attestato dalle verifiche sperimentali. Dell'intuizione dunque – capiamo già - non è sempre bene fidarsi, perché non sempre è veritiera.

Se poi passiamo alle dimensioni ancora più piccole, sotto l'elettrone, a livello di "lunghezza di

Planck" c'è bisogno di ulteriori correzioni, di nuove teorie, come la "teoria delle stringhe", della

supersimmetria, della supergravità, etc.

50 "Io sono, tu sei", pag. 23.

51 "L'avventura della scienza sperimentale", pag. 28. 52 "Io sono, tu sei", pag.19 e seguenti.

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Per quanto Einstein non fosse persuaso dalla meccanica quantistica, tanto che disse che Dio non gioca a dadi ( e su ciò, afferma Boncinelli, aveva torto marcio, evidentemente perché in tal modo Einstein disconosceva la rilevanza del caso), tuttavia ha suggerito l'esperimento dell'entanglement, in cui si dimostra che quando divido ed allontano nello spazio due elettroni o due fotoni che siano stati insieme per un certo tempo, ciò che faccio su uno dei due si ripercuote

sull'altro. Dunque c'è un legame speciale e misterioso tra particelle subatomiche anche molto distanti53 per cui si dice che la fisica quantistica è "non locale".

Altra caratteristica speciale di queste particelle minuscole è che non invecchiano, rimanendo sempre uguali a se stesse. Inoltre possono passare da un luogo all'altro, "come gli angeli", senza percorrere i punti intermedi; quindi un elettrone può trovarsi in molte posizioni diverse e con livelli energetici diversi.

Un altro effetto, chiamato "effetto-tunnel", consiste nel fatto che un elettrone lanciato contro una parete insormontabile può finire dall'altra parte della parete stessa. Ciò non accade, come ben sappiamo, con gli oggetti macroscopici, anche se la possibilità anche in questo caso non è mai esattamente zero.

2. LO SPAZIO COSMICO O MEGAMONDO

Quando si passa alle grandezze cosmologiche, anch'esse certamente si basano sulla fisica

quantistica, dal momento che tutta la realtà è composta da particelle infinitesimali, e come abbiamo detto ciò permette alla materia di stare insieme e di non collassare. Ma ciò che colpisce a tale ordine di grandezza è qualcosa di completamente diverso.

In base alla teoria ristretta della relatività, il tempo dipende dalla localizzazione, così che due eventi che sono contemporanei per un osservatore possono non esserlo per un altro e hanno "un

palcoscenico spazio-temporale" che li rende quadridimensionali. (Questo concetto di quadridimensionalità Boncinelli lo userà a proposito della vita, perché questa, avendo una dimensione dinamica, può essere inquadrata solo

spazio-temporalmente.) La serie dei punti di questo spazio quadridimensionale che un oggetto occupa successivamente nello spazio-tempo ne costituisce la sua "linea di universo". Quando infatti guardo una stella sto osservando non la sua realtà presente, ma il suo passato. Quindi passato, presente e futuro sono regioni dello spazio-tempo, e la loro distinzione, come disse Einstein, è "un'illusione, per quanto tenace e dura a morire". Il mondo quindi "non accade, ma semplicemente è", come disse il matematico Hermann Weyl, citato da Boncinelli. Le conseguenze di tutto ciò vengono però arginate dal principio di causalità che impedisce a ciò che è un effetto di trovarsi (e di

interferire) nel passato della propria causa, come invece avviene nella fantascienza. Potrò dunque viaggiare nel passato, se mai la tecnologia me lo permetterà, ma non potrò impedire ciò che è già accaduto, e l'irreversibilità del tempo non è posta in discussione54.

Come sappiamo poi dalla teoria della relatività generale, negli spazi interstellari una massa deforma lo spazio-tempo incurvandolo; è per questa ragione - perché l'orbita cioè diventa obbligata - che un pianeta gira intorno alla sua stella; la fisica in tal modo sembra quasi ridursi a geometria. Quando una massa poi è molto grande incurva talmente lo spazio che ogni oggetto che vi passa vicino vi precipita dentro e non ne esce più, compresa la luce; è così che si forma un "buco nero", che è forse al centro di ogni galassia.

53 "L'avventura della scienza sperimentale", pagg. 41-42. 54 Vedi da pag. 35 di "L'avventura della scienza sperimentale".

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L'oggetto risucchiato magari non si accorge di niente, ma gli osservatori esterni lo vedono sparire, e Boncinelli ci dice già ne "La magia della scienza" a pag.44, facendosi portare più da una vena poetica che da considerazioni scientifiche, che accade "un po' forse come chi muore: gli altri vedono morire il suo corpo, ma la sua coscienza individuale non dovrebbe rilevare niente di strano, in eterno..." Mi pare che in questo testo del 2006 si delinei già quel "monismo col buco", cioè l'apertura a qualcosa che non fa parte né della materia né

dell'energia né dell'informazione, di cui riparleremo.

3. IL MESOMONDO

Tra le dimensioni dell'infinitamente grande dell'universo, che lui chiama "megamondo" o

"gigacosmo" e quelle infinitamente piccole del mondo dei quanti, che lui chiama "micromondo" o "nanocosmo", il nostro mondo, o "mesomondo", si trova proprio nel mezzo. L'uomo è

leggermente più spostato verso i valori grandi, perché sotto di noi ci sono trentacinque ordini di grandezza, mentre sopra di noi ce ne sono ventisei; esattamente al centro si trova invece la cellula, di cui è fatto ogni organismo vivente.

Riassumendo quel che si è detto fin qui, siamo dunque, noi esseri viventi, irrilevanti da un punto di vista spazio-temporale, immersi come siamo e spersi in un universo gigantesco ed antichissimo. Ma se non esistessero l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo, noi non potremmo esistere. Sappiamo che il carbonio che ci compone, e che è alla base dell'energia che ci permette il

cambiamento, deriva probabilmente da esplosioni stellari. Inoltre, se l'universo fosse più piccolo, per la legge dell'espansione sarebbe anche più giovane, così che la vita non avrebbe avuto il tempo di nascere, in quanto le condizioni della sua esistenza necessitano di una storia lunghissima. Quanto all'infinitamente piccolo, è già dentro di noi, afferma Boncinelli, a partire da ciò che accade nella sterminata quantità delle nostre sinapsi55 .

Nonostante che il nostro intuito e il nostro cervello si siano costruiti in rapporto al nostro "mondo di mezzo", noi siamo riusciti a conoscere le leggi che regolano non solo il nostro mondo ma anche quello dell'infinitamente piccolo e dell'infinitamente grande. Tutto ciò è stato possibile grazie all'uso della razionalità e soprattutto della nostra capacità di renderla collettiva e di fare scienza, che sono le caratteristiche che Boncinelli ammira di più nell'uomo, che più lo stupiscono, che egli definisce "prometeiche" e che costituiscono "la magia più grande".

Meccanica quantistica e teoria della relatività sembrano incompatibili, non si applicano allo stesso oggetto, perciò molti cercano di trovare una teoria che le unisca. Ma esiste un "principio di

corrispondenza" che permette di passare dalla realtà a scala infinitesimale della fisica quantistica a quella normale della fisica classica e che traduce la prima nella seconda e viceversa.

Nonostante tale apparente inconciliabilità, fisica classica, relatività e teorie dei quanti convivono invece perfettamente, dal momento che hanno sfere di applicazione diverse per dimensioni o per velocità; nessuna di esse infatti ha la pretesa di spiegare tutto il reale.

Questa è una caratteristica distintiva della scienza, che per essere tale deve circoscrivere il proprio raggio di applicazione, autolimitandosi. Non pretende cioè di spiegare tutto, delimita i propri oggetti di studio e non cerca verità assolute. La presunzione olistica, tipica di certe conoscenze che non hanno niente di scientifico, è al contrario per lui un chiaro indice d'impotenza conoscitiva.

Nel nostro mondo di mezzo assume un rilievo straordinario il concetto di individuo, e si può dire

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che l'evoluzione biologica e ancor più quella culturale siano storia di progressiva individuazione56 , che trova la sua massima espressione nel fenomeno della coscienza individuale.

L'ORIGINE DELLA VITA

Quanto all'origine della prima forma di vita, come abbiamo già accennato, Boncinelli fa nel tempo affermazioni diverse e contrastanti.

Da una parte sostiene che la biologia e l'evoluzionismo non possono occuparsene, perché è appunto fuori dal loro raggio di competenza. Riferisce che per qualcuno nasce dall'inorganico, anche se di ciò non c'è nessuna evidenza57; cita perciò numerose volte gli esperimenti di Stanley Miller ancora studente per cui sembra che la vita si origini da scariche elettriche su gas primordiali. Qualcun altro, ci racconta, immagina che sia arrivata come un seme dagli spazi siderali (teoria della panspermia)58.

In "Verso l'immortalità"(scritto però a quattro mani con Galeazzo Sciarretta) a pagina 77 si afferma:

"Per onestà intellettuale va detto che la convinzione che prima o poi la scienza arriverà a

fornire una spiegazione anche di questi eventi (si è potuto affrontare seriamente il problema solo da una decina d'anni) non attiene al metodo scientifico, ma rappresenta un atto di fede: appunto, di fede nella scienza stessa".

Altrove 59 invece Boncinelli si dichiara fiducioso che la scienza, propriamente la chimica e la fisica,

potranno un giorno venirne a capo, a riprova della sua incrollabile fiducia nelle facoltà razionali.

A più riprese del resto afferma, come abbiamo già in parte visto, che la vita è una proprietà emergente, cioè è qualcosa che deriva dalla materia, evidentemente inorganica, ma solo a

determinate condizioni (di temperatura etc) per quanto difficilmente riproducibili. In conclusione, su tale questione la scienza "non è ancora riuscita a darci delle buone teorie empiricamente controllabili"e perciò, per spiegare il passaggio dall'inorganico all'organico60, qualcuno trova ancora lo spazio per ricorrere all'intervento divino, che per il resto dell'evoluzione non è affatto necessario. Ma nel suo penultimo libro, in cui già il titolo afferma che "la scienza non ha bisogno di Dio", sostiene che perfino questo spinoso passaggio “non ha nulla di misterioso”61, come gli

esperimenti di Craig Venter e di altri ancor prima di lui sembrano dimostrare.

Le proprietà emergenti sono l'altra faccia della medaglia rispetto al riduzionismo, perché se cerco le conseguenze degli eventi ne faccio una lettura emergentista, mentre se al contrario ne cerco le cause ne faccio una lettura riduzionista62. Occorre forse a questo punto anticipare che i nessi di causalità del biologico sono di un tipo particolare, non sono cioè necessari, logici e stringenti ma sono assolutamente contingenti e dunque anche il concetto di

riduzionismo che ne deriva mi pare di un tipo particolare, non propriamente

deterministico. Solo la conoscenza di ciò che è realmente e storicamente successo, e che poteva benissimo non accadere o che avrebbe potuto accadere in maniera diversa, ci permette di

individuare le cause effettive tra le tante potenziali.

La vita somiglia ad un labirinto disegnato su una rivista di enigmistica. Si può cercare di venirne a capo sia partendo dall'inizio che dalla fine, ma tutti e due

56 “Io sono, tu sei”, pag. 75.

57 "Tempo delle cose, tempo della vita, tempo dell'anima", pag. 93. 58 "Verso l'immortalità", pag. 77.

59 Per esempio in "Perché non possiamo non dirci darwinisti", pag. 176. 60 "Lo scimmione intelligente", pag. 25.

61 A pag. 35 .

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questi dati non possono essere ignorati. Il passaggio da una tratta all'altra lo si trova per esclusione dei molti passaggi che portano a vicoli ciechi, ma non esiste una connessione intrinseca e necessaria tra un passaggio e l'altro.

In "Io sono, tu sei" cerca di ricostruire, da pagina 40, la prima volta che le istruzioni del genoma, sotto forma di DNA o più probabilmente di RNA, entrarono nelle future cellule che erano ancora semplici molecole. Queste avranno sùbito cercato di replicarsi con una serie di tentativi inutili: "Una quantità enorme di tali cellule saranno morte nei primi convulsi istanti di questo processo"(mi domando però come si possa parlare di morte prima ancora che ci sia la vita...). C'immaginiamo che le primissime cellule fossero procariotiche, senza un nucleo identificabile, come gli attuali batteri. Poi di lì deve essere iniziata tutta la lunga storia della vita, che consiste in una continua e progressiva segregazione dell'informazione. Ecco dunque un altro concetto-chiave: l'intera evoluzione può anche essere definita infatti come storia di questa progressiva “segregazione dell'informazione”. Dapprima il genoma si dev'essere cioè isolato all'interno del nucleo, separandosi e distinguendosi da esso; poi gli organismi da unicellulari saranno diventati pluricellulari; le loro cellule si saranno poi differenziate in germinali e somatiche; con la cefalizzazione il cervello ha finito col prendere il controllo dell'intero corpo; infine la

corteccia si è isolata dal resto del cervello... Ma che cosa significa questo processo se non segregazione dell'informazione rispetto alla materia? Dunque si assiste ad un

progressivo differenziamento della forma rispetto alla materia, che possiamo immaginare originariamente unitarie. L'informazione si è dunque man mano

separata dalla materia, fino a rendersene perfino autonoma, come vedremo, e tale processo si è svolto contemporaneamente all'emergere dell'individualità, soprattutto attraverso la storia

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